LE CODE D`ERNANI Nella corrispondenza tra Verdi e Piave in fase

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PAOLO RUSSO
LE CODE D’ERNANI
Nella corrispondenza tra Verdi e Piave in fase d’elaborazione di Ernani, vi sono indicazioni
che potrebbero apparire contradditorie, se lette secondo la tradizione lirica italiana fino ad allora
predominante. Da una parte Verdi insiste perché si riducano al minimo recitativi e parti di
collegamento per concentrarsi sui numeri lirici, evidentemente per focalizzare soprattutto gli snodi
affettivi della vicenda, più che non le articolazioni narrative del dramma: esposizione, peripezie,
scioglimento e catastrofe. Dall’altra impone a Piave di non terminare l’opera con il rondò della
prima donna, ma di costruire il numero conclusivo con un incalzante trio tra Elvira, Ernani e Silva.
«… Per l’amor di Dio non finisca col Rondò, ma faccia il terzetto: e questo terzetto anzi deve
essere il miglior pezzo dell’opera»1.
La scelta, prima ancora che musicale o anticonvenzionale, era drammatica. Negli anni trenta,
il Rondò, l’aria con cori che vedeva protagonista la prima donna, serviva a chiudere l’opera con la
reazione affettiva della protagonista dell’opera di fronte alla catastrofe: la messa in scena della
morte era poi superflua. Pochi anni prima di Ernani, per esempio, Donizetti poteva chiudere opere
come Anna Bolena, o Lucia di Lammermoor senza dar rilievo alla morte della eroina ma facendo
invece degustare a lungo al pubblico il «gemer tronco di un cor che more»: la catastrofe, o la sua
sublimazione, era risolta in poche battute di recitativo conclusivo, mentre il rondò intonava il delirio
che coglieva l’eroina di fronte alla morte; la scena del delirio di Anna Bolena restò così incisa nella
memoria del pubblico lirico, e non ci si ricorda neppure se ella muoia effettivamente o
semplicemente svenga al termine della sua aria. All’opposto, come osserva David Rosen2, in Verdi
la morte dell’eroe o della eroina prende corpo musicale, si realizza effettivamente in scena, è
costruita dal numero conclusivo: il terzetto richiesto da Verdi a Piave in Ernani serviva dunque a
questo scopo.
1
Lettera di Verdi a Piave, 2 ottobre 1843.
David Rosen, How Verdi’s Operas End, in Atti del XIV congresso della Società di Musicologia , Bologna 1987,
III, Torino, EDT, 1990.
2
Paolo Russo, Le code d’“Ernani”, relazione letta al Convegno Ernani. Giornata di studi della Fondazione Istituto di Studi
Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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Da una parte, quindi, sublimazione degli snodi drammatici sul piano delle reazioni affettive,
dall’altro costruzione effettiva della catastrofe. In che termini possiamo correttamente porre e
risolvere l’apparente ambiguità?
Una premessa: il teatro musicale non è solo accompagnamento musicale di un dramma, non si
limita alla recitazione intonata, per quanto enfatica sia. È invece la ridefinizione dell’intreccio in
strutture e forme musicali: sono quindi le arie, i duetti, i numeri musicali che costituiscono il
dramma. Questo significa che quando racconto la trama di un’opera non mi basta raccontare
l’intreccio come se fosse un romanzo o un dramma parlato, ma devo poter dar senso ad una
determinata situazione costruita come aria, o duetto, o spiegarmi perché, per esempio, in altri luoghi
duetti e terzetti confluiscano l’uno nell’altro senza soluzione di continuità: è il caso, tra i tanti, del
duetto tra Norma e Adalgisa di Bellini che confluisce direttamente nel terzetto con Pollione, ed è
qui, in Ernani, il caso del duetto di Elvira e Don Carlo, cui si aggiunge, per così dire in corsa,
Ernani stesso.
L’articolazione a numeri chiusi dell’opera della prima metà dell’Ottocento invita il
drammaturgo musicale a passare al setaccio il soggetto di partenza – sia esso un dramma teatrale,
un romanzo, una favola mitica… – per individuarne, estrarne, le situazioni che egli ritiene idonee ad
essere musicate, a prendere forma in suoni, e montare così il suo dramma musicale della vicenda. In
Ernani bastano quattro arie, due duetti, tre terzetti e due finali complessi, oltre a un paio di
pittoreschi cori d’ambientazione, per montare la vicenda: se il canto è trasposizione degli snodi
drammatici sul piano affettivo e la voce cantata è espressione d’erotismo, il dramma musicale di
Ernani, a differenza dell’originale tragedia di Hugo, è il dramma di un sogno d’amore che si
scioglie nella morte, un attimo prima di “libare la tazza dell’amore” per l’autolesionistico senso
dell’onore di Ernani. Con la scelta del terzetto finale, Verdi sembra voler trovare, già in una delle
sue prime opere, il modo di costruire in musica la catastrofe finale.
Statutariamente la responsabilità ultima della pianificazione drammatica è del librettista:
nonostante l’autorevole pressione – crescente nel corso della carriera – che Verdi esercita anche in
questa fase del lavoro sui suoi librettisti, sono questi ultimi che firmano il libretto e con esso la
pianificazione generale del dramma musicale e del suo montaggio. Responsabilità diretta e assoluta
del compositore è invece, ovviamente, la gestione e l’intonazione del numero lirico predisposto dal
poeta. È possibile quindi indagare anche le strategie musicali che Verdi mette in campo per
indirizzare lo spettacolo operistico verso un’incalzante azione drammatica? Come faccia a far
coincidere sempre più eventi affettivi dei personaggi con gli eventi drammatici narrabili, nel nostro
caso la catastrofe realizzata con il relativo sentimento dei personaggi?
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In primo luogo andrà chiarito un problema terminologico e formale. Normalmente un’aria, un
duetto o un ensemble, cantano otto versi in frasi compiute di 16 battute senza sovrapporre le voci, in
modo che al pubblico il testo cantato sia abbastanza facilmente intelligibile e memorizzabile. Solo
una volta esaurito il testo e la frase musicale, le voci si sovrappongono e il testo comincia ad essere
più volte ripetuto mentre l’armonia si fa statica e ripetitiva. Sono queste le cosìddette sezioni di
coda3 che attirano l’attenzione soprattutto per il dispiegamento di ricca vocalità che comportano.
Secondo il Dizionario e Bibliografia della musica di Pietro Lichtenthal, del 1836, la «Coda è il
nome che si dà al periodo aggiunto a quello che potrebbe terminare un pezzo di musica, ma senza
finirlo in modo così completo e brioso». Normalmente quindi hanno una funzione retorica più che
formale; l’articolazione fraseologica può essere molto irregolare e quando le code hanno estensioni
largamente superiori alla sezione tematica o quando eccezionamente s’incaricano di presentare parti
di testo rilevanti dal punto di vista narrativo e drammatico possono avere grande efficacia
propulsiva.
Torniamo ora al nostro problema: come verifichiamo, nella musica di Ernani, la progressiva
coincidenza degli eventi affettivi dei personaggi con gli eventi drammatici narrabili, fino alla
generazione precedente tenuti ben distinti?
Un esempio cruciale, da cui è possibile avviare l’indagine, si trova nel terzetto del secondo
atto, lucidamente analizzato da Moreen. Il terzetto crea il nodo dell’intreccio: il suo livello
‘narrabile’ è la scoperta da parte di Silva dell’amore che lega Ernani ad Elvira e l’offesa arrecatagli
dalla seduzione della sua promessa sposa da parte di un ospite accolto con i crismi dell’onore e
delle regole cavalleresche. Il livello ‘musicabile’ sta nella costruzione del reticolo di passioni che
porterà Ernani alla rovina. Fin da subito egli si trova stretto tra il debito di riconoscenza per Silva
che lo ospita e che di lì a poco lo salverà dal Re e la gelosia nei suoi confronti perché in procinto di
sposare Elvira; specularmente Silva è dibattuto tra l’impegno preso di ospitare e salvare Ernani e la
gelosia verso l’innamorato ricambiato. Elvira, a questo punto, come in quasi tutta l’opera sarà
spettatrice di passioni che la trascendono e che, in entrambi i pretendenti vinceranno sull’amore per
lei. Ma è necessaria per creare il nodo drammatico.
Com’era consuetudine da Rossini in poi, i duetti e terzetti alternavano sezioni dinamiche a due
sezioni statiche, lenta e veloce. Questo numero parrebbe costruito nelle Solite forme dei numeri
complessi, ma, come osserva Moreen, gli eventi in gioco sono plurimi: oltre alla reciproca gelosia
3
Robert Anthony Moreen, Integration of Test Forms and Musical Forms in Verdi’s Early Operas, PhD.,
Princeton University, 1975, p. 163 indica tre requisti per individuare una ‘coda’: a) suspension of tonal movement:
successive cadences are on the final tonic of the piece; b) suspension of text exposition: the text of a coda is entirely
repetition; c) the important characters in the number sing together ad equals.
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di Silva e Ernani c’è anche lo speculare legame del codice d’onore che li irretisce. Silva è vincolato
dalla sua promessa di ospitalità, Ernani dal conseguente debito di riconoscenza: anche di questi si
dovrà tenere conto. Se la cabaletta conclusiva dà suono alla furia vendicativa di Silva, Verdi intona
il cantabile come un duetto d’amore tra Ernani e Elvira, e dà una foggia particolare al tempo
d’attacco in cu Ernani urla la sua gelosia contro Silva: “Oro quant’oro ogn’avido”, è cantato dal
solo tenore, senza che gli altri due solisti intervengano con le usuali strofe parallele, ed è chiuso da
una lunga coda. Moreen osserva che la presenza della coda assimila questo episodio alle sezioni
statiche, al cantabile4. Il numero complessivo sarebbe così costruito con due cantabili e una
cabaletta: nel primo cantabile prevarrebbe Ernani, nel secondo Ernani ed Elvira, infine, nella
cabaletta tutti e tre i solisti.
Bene: fin qui tutto abbastanza chiaro. Ma possiamo scendere ad un livello analitico ancora
maggiore. Alcune considerazioni, possono infatti aiutarci a capire meglio la dinamica drammatica
del numero e i livelli che si intrecciano nei rapidi colpi di scena.
1) Il cantabile nel tempo d’attacco espone una frase intera di Ernani nelle solite 16 battute: 8 sono
infatti i versi che deve cantare per dar sfogo al livore scatenato dalla notizia delle imminenti
nozze di Elvira e Silva. Quando Ernani sta per iniziare una nuova strofa in cui chiede di
consegnarlo al re, viene interrotto da Silva che, ignaro della sua relazione con Elvira, gli
conferma l’ospitalità. Ernani non riesce a finire la frase musicale (e quindi poetica) e il numero
termina con 24 battute di coda: testo ripetuto (e poco comprensibile) scarso peso tematico per
dar corpo musicale ad un sentimento troncato dal conflitto emotivo in cui Ernani si trova
impigliato: per il codice cavalleresco la generosità di Silva lo lega indissolubilmente a lui ben
più che a Elvira.
2) Il cantabile vero e proprio è costruito come duetto in due sezioni per Elvira e Ernani: sono sei
soli versi, invece degli otto usualmente necessari per costruire la tradizionale melodia italiana.
Ma Verdi, anziché comprimere la frase melodica, ne amplifica enormemente le proporzioni e
intona i sei versi in due distinti periodi musicali: a voci sovrapposte per terze i primi quattro
versi presi a due a due per formare un perfetto periodo costituito da antecedente e conseguente,
a scrittura imitativa gli ultimi due per costruire una barform con chiaro baricentro espressivo
nella seconda metà della frase. Se la prima frase impiegava 9 battute per cantare 4 versi, la
seconda ne impiega 19 per cantarne solo due: sette battute passano con molte ripetizioni testuali,
nella forma della coda. Questa costruzione ha un senso: il duetto del cantabile, non è infatti solo
l’espressione di affetto dei due amanti, è invece un ‘fatto’ che ha una precisa durata, abbastanza
4
Moreen, Integration of Test Forms cit., pp. 296 ss.
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verosimile nel tempo drammatico. Non è soltanto la reazione emotiva dei due amanti al loro
incontro e alla riappacificazione, ma è la peripezia che innesca la crisi. In quel momento le voci
sovrapposte di Ernani ed Elvira costruiscono in musica il tradimento che susciterà l’ira di Silva
e l’imbarazzo di Ernani sorpreso a tradire il proprio ospite. Teatralmente l’episodico duetto di
Ernani ed Elvira è, non reagisce a, la peripezia centrale dell’opera: la sua durata eccessiva e la
coda che lo corona, è la dilatazione del tempo necessaria a che Silva già uscito di scena si
insospettisca e rientri improvvidamente a sorprendere i due amanti. Le convenzioni teatrali
vanno qui in corto circuito. Il rallentamento del tempo dei cantabili si fingeva solitamente in un
tempo bloccato, in un istante dilatato in cui nulla poteva accadere se non la levitazione del
mondo affettivo. Qui effettivamente il tempo si ferma per Ernani ed Elvira, ma non per Silva
che, appunto, torna indietro a vedere perché Elvira non l’abbia seguito e sbotta in una cabaletta
conclusiva del numero lirico, minacciosa di sangue e vendetta.
3) Nella stretta, infine, la coppia canta a due, ad una ottava di distanza, la cabaletta – intesa come
melodia memorabile ripetuta due volte – ma prende la mossa tematica, per così dire, da un
precedente intervento di Silva: è musicalmente evidente come egli detti in qualche modo le
regole al rapporto di Ernani e Elvira. La sezione, in sostanza, suggella con enfasi i rapporti
ormai definitivamente creatisi tra i tre protagonisti. A ben vedere infatti, tutta le sezione
conclusiva è costruita nelle forme della coda, con il materiale tematico esposto da Silva
inizialmente: il testo utilizza le medesime espressioni, il tema musicale è il suo, l’andamento
fortemente cadenzante sembra apportare poca novità a quanto già cantato da Silva. Nella
cabaletta conclusiva di Ernani e Elvira, dunque non si dice nulla di nuovo rispetto a quanto detto
da Silva. Le caratteristiche musicali sono quelle tipiche i modi di intonare le coda: poco rilevanti
dal punto di vista melodico e tematico, intessuti di frasi testuali già udite in altre sezioni del
numero lirico, armonicamente statici.
In tutti e tre i casi, dunque, ma soprattutto nel tempo d’attacco, le code, con le loro ripetizioni
del testo, il canto a voci sovrapposte, la perdita di coerenza tematica sortiscono effetti teatrali, più
che effetti di virtuosismo canoro, come dimostra il fatto che anche le note più acute di ciascun
cantate vengono raggiunte sulle sezioni tematiche e non nelle code: nel primo cantabile negano la
compiuta espressione della gelosia di Ernani e ne irretiscono l’orgoglio, nel secondo cantabile si
estendono abbastanza a lungo da creare una effettiva ‘perdita’ di tempo dei due amanti, nella stretta
dimostrano la supremazia drammatica di Silva sulla coppia di innamorati.
Il rapporto tra sezioni tematiche e code sembra dunque essere un aspetto centrale della strategia
drammatico musicale, e lo si può verificare in altre situazioni. Piave e Verdi costruiscono Ernani sui
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modelli della drammaturgia francese, come opera ricca di colpi di scena, di distrazioni, di sorprese e
repentine peripezie: una drammaturgia della deviazione o dello svelamento. I primi quattro numeri
mettono così lo spettatore su una falsa pista e sembrano avviare una vicenda tradizionale di rivali in
amore: 1) cavatina di presentazione dell’eroe – in cui la coda, tra l’altro, sfuma i confini con la
sezione tematica e introduce materiale musicale parzialmente nuovo –, 2) cavatina di presentazione
dell’eroina, imparentata con la prima5, 3) duetto tra Elvira e l’altro pretendente, don Carlo, 4)
terzetto con diverbio tra i tre personaggi. L’entrata di Silva (n. 6) che sorprende il diverbio pare un
anticlimax e, di fatto consente di chiudere il primo atto con la perdurante convinzione che nel
triangolo Ernani, Elvira, Don Carlo si giochi l’intera vicenda: nella versione originale, Silva si
presentava con una semplice cavatina [e in origine neppure quella, come ha dimostrato Marcello
Conati] che confluiva subito nell’ensemble finale, e, da questo punto di vista, l’introduzione della
cabaletta “In fin che un brando vindice”, altera sostanzialmente la strategia drammatica dell’opera.
L’uso della coda musicale sembra voler avvalorare questa strategia. Il rapporto tra battute
dedicate alle code e quelle dedicate alle sezioni tematiche cresce progressivamente fino a culminare
nel terzetto Elvira, Ernani, Don Carlo occupato per due terzi dalle formule cadenzali di
amplificazione. Nonostante quisi riprenda, a mo’ di cabaletta, l’ultimo periodo della sezione
tematica, tutta questa sezione è costruita nei modi della coda, è così il numero con la coda più estesa
dell’opera, l’unica articolata in più sezioni agogiche. Se, nella tradizione del primo Ottocento, il
ruolo della coda è retorico e dà rilievo al numero musicale, a quel punto lo spettatore avvezzo a
quelle consuetudini ha davvero la sensazione di trovarsi nella peripezia centrale della vicenda, è
davvero convinto che il trio Ernani Elvira Don Carlo costituisca il nodo della vicenda.
Dal secondo atto il dramma prende però improvvisamente un’altra via, e con il terzetto tra
Ernani, Elvira e Silva prima analizzato, crea un nuovo nodo dopo il quale lo spettatore non sa più
bene come immaginare l’evolversi della vicenda. Ciò che conta, a questo punto, nel dramma non è
più la reazione emotiva dei personaggi ai prevedibili eventi che contrastano un amore legittimo, ma
piuttosto le complesse e contradditore relazioni che legano tra loro i personaggi: le strategie musicali
cambiano di conseguenza. Questi rapporti prendono infatti forma nell’intreccio di temi e periodi
musicali che li caratterizzano mentre il gioco di vocalità vocalità virtuosistica, di trasposizione sul
piano della agilità vocale della tensione drammatica ed emotiva che li anima diventa inessenziale, e
diventa inessenziale perfino il rilievo retorico dato alle emozioni dei singoli protagonisti. È
significativo, credo, che la coda – con l’eccezione dello ‘strambo’ tempo d’attacco del terzetto, in cui
5
Cfr. Roger Parker, “Infin che un brando vindice” e le cavatine del primo atto di Ernani, in “Ernani” ieri e
oggi: atti del convegno internazionale di studi, Modena, Teatro San Carlo, 9-10 dicembre 1984, Parma, Istituto di studi
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peraltro sortisce un preciso affetto drammatico – perda progressivamente valore nei numeri
successivi al Finale primo, fino a scomparire quasi del tutto nel numero conclusivo dell’opera.
Restano, naturalmente code rilevanti nelle strette al termine degli atti – non nei relativi cantabili –,
ma queste hanno funzione retorica di chiusura della sezione drammatica; è di questo genere, per
esempio, la conclusione del numero 9, il duetto tra Silva ed Ernani che si svolge quasi tutto in
‘parlando’, culmina nel fatale giuramento e termina con una lunga sezione di incitazione alla
battaglia chiaramente inessenziale per l’intreccio ma necessaria a dare la giusta corona sonora alla
conclusione dell’atto; è di questo genere anche il concertato del numero 12 che chiude il terz’atto
con la celebrazione della clemenza e della grandezza di Carlo V, tra l’altro con effetto d’inganno
analogo alla coda del terzetto Elvira – Ernani – Don Carlo del primo atto, perché se il numero
celebra la risoluzione della tensione che ha dominato l’intero atto6, suona effettivamente come un
finto scioglimento. Il coro prolunga così per quasi trenta battute il materile temmatico esposto da
Carlo V nelle forme della coda, per la quantit di ripetizioni e la scarsit di materiale tematico novo
introdotto. Una eccezione è la festa da ballo del numero 13 che ha molte figure ripetute per
accopagnare le danze d’ambientazione. Per il resto, invece, tutti gli altri numeri hanno
progressivamente meno battute cadenzali a netto favore delle parti tematiche: accade nell’aria di
Don Carlo (n. 8) dove alla lyric form segue una bar form ripetuta e coronata da sole 4 battue di
coda7, nella sua cavatina (n. 10) e nel coro della congiura8 (n. 11). Questa strategia di spostamento
dall’intonazione musicale come sublimazione di affetti, all’intonazione come conflitto drammatico
tra temi contrapposti, culmina nel numero conclusivo: ancora un terzetto tra Ernani, Elvira e Silva.
Praticamente senza coda vocalizzata è invece costruito come graduale e sistematico gioco delle parti
musicali in cui l’ascoltatore ha la netta percezione della rete in cui Silva sta per catturare Ernani, e
del labirinto di affetti contrastanti in cui lui si rinchiude fino a morirne.
In questo terzetto, proprio quello imposto da Verdi a Piave, il bilanciamento tra parti tematiche
è evidente. L’intero numero musicale consta di 96 battute, solo 10 delle quali dedicate alle cadenze
conclusive della coda. Le altre 86 danno forma al reticolo affettivo che crea lo scioglimento della
vicenda. In effetti in Ernani, come in molte opere successive di Verdi, l’emozione rappresentata non
è la reazione emotiva ai rovesci della sorte. Piuttosto è costitutiva degli eventi. Mentre Lucia di
Lammermoor impazzisce perché costretta dal fratello a tradire Edgardo, mentre Anna Bolena è
verdiani, 1989, pp. 142-160
6
Cfr. Fabrizio della Seta, L’atto di Don Carlo, in “Ernani” ieri e oggi cit., pp. 161-175: 175.
7
La cabaletta fa seguire alla lyric form un altro periodo (9 battute) di Silva, seguite da 4 battute di coda vocale e
da altre 14 di coda orchestrale
8
La brevità della coda del coro di congiura, in confronto per esempio con quella del coro ‘Va pensiero’ del
Nabucco è notata anche da Fabizio della Seta, L’atto di Don Carlo, in “Ernani” ieri e oggi cit. p. 168.
Paolo Russo, Le code d’“Ernani”, relazione letta al Convegno Ernani. Giornata di studi della Fondazione Istituto di Studi
Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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spinta con l’inganno da Enrico VIII al patibolo, Ernani non muore per un accidente della sorte ma è
ucciso dal suo sentimento di onore che prevale sull’amore per Elvira, così come, per dire un’altra, in
Rigoletto l’orgoglio del padre o l’amore di Gilda tracciano la strada di una catastrofe interamente
risolta nel loro spazio affettivo (e di cui in effetti il Duca stesso resta ignaro e inconsapevole fino alla
fine dell’opera, da cui si allontana canticchiando la sua “Donna è mobile”). I sentimenti espressi nei
dramma verdiani non sono dunque proposti come oggetti di contemplazione esemplare, ma come
eventi concreti che agiscono direttamente nella storia e nell’intreccio. Secondo la brillante analisi di
Pagannone9 nel numero finale di Ernani si alternano diverse parti tematiche affidate a Elvira
(periodo e barform), a Ernani (periodo e barform in ottave sovrapposte con Elvira) e a Silva
(barform): i due amanti tentano invano di imporre il proprio materiale tematico per poi soccombere a
quello di Silva più volte esposto a frammenti nel corso del numero e finalmente trionfante nelle
ultime venti battute. Qui la coda pare inutile perché tutto il numero è costituito da un vano sgorgare
di temi sempre più incanalati nella barform conclusiva: il senso musicale è, appunto, l’affermazione
finale della frase di Silva.
Se confrontiamo questo numero con quelli che concludono le opere della generazione
precedente, con il rondò della prima donna tipico di Donizetti e Bellini che qui Verdi ha voluto
esplicitamente evitare, il taglio della coda salta agli occhi – alle orecchie direi meglio – come
strategia drammatica esplicita. Nelle opere già citate di Donizetti, per esempio, Anna Bolena e Lucia
di Lammermoor lasciano levitare la loro emozione di fronte alla catastrofe nel loro vaneggiare:
musicalmente la tensione emotiva diventa pura vocalità e il confine tra periodi tematici e sezioni
cadenzali sfuma progressivamente fino a rendere irriconoscibile la cesura tra esse. Come dice
Bentley10 il loro canto è la trascendenza dalle cose mondane che le trasfigura in pura vocalità
virtuosistica senza corpo tematico. Era in fondo questo il ruolo tipico del Rondò della prima donna, e
in questa forma doveva essere previsto nella stesura primitiva del piano dell’opera, con duetto tra
innamorati, rapida entrata in scena di Silva,in assenza di Elvira, con conseguente avvelenamento di
Ernani, e rondò conclusivo della prima donna11. Al contrario, in Verdi trascurare la coda significa
dare peso tematico al numero musicale e confermare così la scelta di tenere il dramma fino alla fine.
In effetti nelle opere di Donizetti e Bellini lo scioglimento – il fatto che determina in modo definitivo
il corso degli eventi – avviene molto prima della scena finale, così che gli ultimi numeri lirici non
9
Giorgio Pagannone, Aspetti della melodia verdiana. Periodo e Barform a confronto, in «Studi verdiani», XII,
1997, pp. 48-66.
10
Per dirla con E. Bentley, The Life of Dramma, New York, Atheneum, 1979, pp. 288-293: The Dialectic of
Tragedy
11
Cfr. Peter Ross, Per un’analisi drammaturgica dell’atto finale di “Ernani”, in “Ernani” ieri e oggi cit., 176194:185 ss.
Paolo Russo, Le code d’“Ernani”, relazione letta al Convegno Ernani. Giornata di studi della Fondazione Istituto di Studi
Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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sono che il graduale avvicinamento di una catastrofe ormai ineluttabile. In Ernani invece lo
scioglimento coincide pressapoco con la catastrofe che arriva quasi inaspettata. Nella drammaturgia
della deviazione o dello svelamento, adottata da Verdi e Piave, la catastrofe del terzetto finale
interviene improvvisamente dopo che la vicenda sembrava ormai instradata verso il lieto fine con il
perdono di re Carlo e le nozze ormai concluse.
In Ernani si dimostra così come fin dalle prime opere la poetica verdiana del teatro musicale
sia indirizzata al dramma – una definizione assunta spesso a definizione della produzione verdiana.
Non soltanto per la ricerca di colpi di teatro di sicura efficacia, che pure ci sono, non soltanto per
aver sempre più indirizzato l’opera verso numeri di interazione – duetti e terzetti – a scapito delle
arie solistiche. Il teatro verdiano come dramma acquista un senso più profondo, se si osserva come le
strutture musicali diano forma sonora agli snodi cruciali dell’arco drammatico – esordio, nodo,
scioglimento e catastrofe – quegli snodi che nel teatro musicale a lui precedente venivano invece
generalmente rimossi per concentrarsi piuttosto sugli echi emotivi che essi suscitavano nei
personaggi. Il teatro degli affetti, caratteristica specifica dell’opera italiana, in Verdi diventa una
azione teatrale che si risolve interamente ed esclusivamente nell’intreccio emotivo che costituisce gli
snodi del percorsi drammatico.
Paolo Russo, Le code d’“Ernani”, relazione letta al Convegno Ernani. Giornata di studi della Fondazione Istituto di Studi
Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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Ernani, II,3
ERNANI
Oro, quant'oro ogni avido
a
puote saziar desìo,
a tutti v'offro, abbiatelo
a’
prezzo del sangue mio.
Mille guerrier m'inseguono,
b
siccome belva i cani...
sono il bandito Ernani,
a’’
odio me stesso e il dì.
ELVIRA
(Ohimè, si perde il misero!)
SILVA (a' suoi) Smarrita ha la ragione.
ERNANI
I miei dispersi fuggono,
a’’’
vostro son io prigione,
al re mi date, e premio...
SILVA
Ciò non sarà, lo giuro;
rimanti qui sicuro.
Silva giammai tradì.
SILVA
In queste mura ogn'ospite
ha i dritti d'un fratello.
Olà!, miei fidi, s'armino
le torri del castello.
(a Elvira)
Seguitemi…(accenna ad Elvira di entrar nelle sue stanze con le Ancelle, e seguito da' suoi parte)
Scena IV
Elvira, partito Silva, fa alcuni passi per seguire le Ancelle, indi si ferma e, uscite quelle, torna ansiosa ad Ernani, che
sdegnosamente la respinge.
ERNANI
Tu, perfida...
Come fissarmi ardisci?
ELVIRA
A te il mio sen, ferisci,
ma fui e son fedel.
Fama te spento credere,
fece dovunque...
ERNANI
Spento!
Io vivo ancora!
ELVIRA (mostrandogli il pugnale celato)
Memore
del fatto giuramento,
sull'ara stessa estinguere
me di pugnal volea.
(piangendo) Non son, non sono rea
come tu sei crudel.
ERNANI
Tergi il pianto, mi perdona,
fu delirio… T'amo, ancor.
ELVIRA
Caro accento! Al cor mi suona
più possente del dolor.
ELVIRA e ERNANI (a due)
Ah, morir, potessi adesso,
o mio Ernani/mia Elvira, sul tuo petto!
Preverrebbe questo amplesso
la celeste voluttà.
Solo affanni il nostro affetto
sulla terra a noi darà.
a
a’
b
b’ + c
Scena V
Silva, che vedendoli abbracciati si scaglia furibondo tra loro, col pugnale alla mano, e detti.
SILVA
Scellerati, il mio furore
non ha posa, non ha freno;
strapperò l'ingrato core,
vendicarmi potrò almeno.
Paolo Russo, Le code d’“Ernani”, relazione letta al Convegno Ernani. Giornata di studi della Fondazione Istituto di Studi
Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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Scena VI
Jago frettoloso, e detti.
JAGO
Alla porta del castello
giunse il re con un drappello.
Vuole ingresso...
SILVA (dopo aver pensato, dice:) S'apra al re.
(Jago parte)
Scena VII
Silva, Elvira ed Ernani.
ERNANI
SILVA
Morte invoco or io da te.
No, vendetta più tremenda
a
vo' serbata alla mia mano.
(ad Ernani) Vien, ti cela, ognuno invano
a’
rinvenirti tenterà.
A punir l'infamia orrenda
b/c
Silva solo basterà.
ELVIRA e ERNANI
La vendetta più tremenda,
a’’
su me compia la tua mano,
ma con lui/lei ti serba umano,
a’’’
abbi un'aura di pietà.
Su me sol l’ira tua scenda;
(a’’’’=b)/c
Giuro, in lei/lui colpa non v’ha.
(Ernani entra in un nascondiglio apertogli da Silva dietro il proprio ritratto. Elvira si ritira nelle sue stanze. )
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Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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Ernani, IV,7
ELVIRA (ad Ernani)
Ferma, crudele, estinguere
perché vuoi tu due vite?
(a Silva)
Quale d'Averno demone
ha tali trame ordite?
Presso al sepolcro mediti,
compisci tal vendetta!...
La morte che t'aspetta,
o vecchio, affretterò.
(Va per iscagliarlisi contro, poi s'arresta.)
Ma che diss'io? perdonami...
L'angoscia in me parlò.
SILVA
È vano, o donna, il piangere...
È vano... io non perdono.
ERNANI
(La furia è inesorabile.)
ELVIRA (a Silva)
Figlia d'un Silva io sono.
Io l'amo... indissolubile
nodo mi stringe a lui.
SILVA (con feroce ironia)
L'ami!... morrà costui,
per tale amor morrà.
ELVIRA
Per queste amare lagrime
di me, di lui pietà.
ERNANI
Quel pianto, Elvira, ascondimi...
ho d'uopo di costanza...
L'affanno di quest'anima
ogni dolore avanza...
Un giuramento orribile
ora mi danna a morte.
Fu scherno della sorte
la mia felicità.
a due
Non ebbe di noi miseri,
non ebbe il ciel pietà.
[SILVA
È vano, o donna, il piangere...
È vano... io no, non perdono.
Per tale amor morrà!
SILVA (appressandoglisi minaccioso)
Se uno squillo intenderà,
tosto Ernani morirà.
ERNANI
Intendo... intendo... compiasi
il mio destin fatale.
(Si pianta il pugnale nel petto.)
ELVIRA
Che mai facesti, o misero?
Ch'io mora!... a me il pugnale...
SILVA
No, sciagurata... arrestati,
il delirar non vale...
ERNANI
Elvira!... Elvira!...
ELVIRA
Attendimi...
Sol te seguir desio...
ERNANI
Vivi... d'amarmi e vivere...
cara... t'impongo... addio...
ELVIRA e ERNANI
Per noi d'amore il talamo
di morte fu l'altar.
SILVA
(Della vendetta il demone
qui venga ad esultar.)
(Ernani spira ed Elvira sviene)
a (I periodo)
a’
b (II periodo)
b’
aa (I barform)
b
a (II barform interrotta)
a
a (III periodo)
a’
b
b’
aa (III barform)
b
a (II barform ma completa e ripetuta due volte)
a
b]
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Verdiani, della Casa della Musica di e del Teatro Regio, Parma, 7 maggio 2005.
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RAPPORTO SEZIONI TEMATICHE E CODE IN ERNANI
N. 1 Preludio e introduzione
N. 2 Recitativo e Cavatina di Ernani
N. 3 [Scena e] Cavatina di Elvira
N. 4a Scena Duetto di Elvira e Don Carlo indi
N. 4bTerzetto di Elvira, Don Carlo, Ernani
N. 5 Finale primo
N. 5a Cavatina di Silva
N. 5b Finale
N. 6 Introduzione
N. 7 Recitativo e Terzetto di Elvira, Ernani e Silva
N. 8 Scena ed Aria di Don Carlo
N. 9 [Recitativo e] Duetto di Ernani e Silva
N. 10 Scena di Don Carlo
N. 11 Congiura (coro)
N. 12 Finale Terzo
N. 13 Festa da ballo
N. 14 Scena e Terzetto Finale di Elvira, Ernani e Silva
100
80
60
cantabile
cabaletta
altro cant.
40
20
0
1
2
3
4a
4b
5a
5b
6
7
8
9
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