induismo testo - Liceo Galvani

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Induismo
Induismo è il nome dato nel XIX all’insieme di religioni esistenti in India. Il termine viene dalla parola
persiana hindu, in sanscrito sindhu, ossia “fiume” , e si riferisce agli abitanti della valle dell’Indo :significa
quindi “indiano”. Del miliardo di abitati dell’India, circa l’80% si considera indù; a essi si aggiungono altri 30
milioni sparsi in tutto il mondo. Le loro credenze religiose hanno molte caratteristiche comuni , ma
probabilmente nessuna espressione dell’Induismo , le rivela tutte, e ci sono molti modi di essere indù: la
religione popolare , per esempio, è molta diversa dalla religione filosofica.
Storicamente, l’Induismo sembra essersi evoluto attraverso varie fasi , ma non è esattamente così, perché
alcune delle forme più antiche sono durate fino a oggi e possono anche aver risentito pochissimo
l’influenza di innovazioni successive. Le radici dell’Induismo affondano nelle tradizioni dei primi abitanti
dell’India: la civiltà della valle dell’Indo, che durò dal 2500 a.C. circa al 1500 a.C.; la cultura dravidica, più
evoluta , che permane tra i Tamil nell’India meridionale; e la religione degli invasori Arii dell’India nordoccidentale dal 1500 a.C. in poi. La religione degli Arii sfociò in quella vedica, basata sul sacrificio e sui sacri
testi , trasmessi oralmente , noti come i Veda, che per gli indù contengono verità eterne. I Veda consistono
di quattro raccolte di testi, e con i successivi Samhita, Brahmana, Upanishad e alcuni Sutra , vengono
indicati come Shruti, ossia “ciò che si ode”. Le Shruti rappresentano la verità eterna e furono tramandate
oralmente fino all’inizio di quella che gli indù considerano la presente epoca di degenerazione, durante la
quale furono messe per iscritto. Questa epoca è il Kali Yuga, e fa parte della visione ciclica del tempo tipica
degli indù, che considera il mondo come una serie di creazioni e distruzioni. Altri testi, noti come Smriti,
ossia “ciò che è stato ricordato” , rafforzano le Shruti , e comprendono grandi poemi come il Ramayana e il
Mahabharata, che contiene il venerato poema Bhagavad Gita. La religione vedica è caratterizzata da un
mondo di dei e dee elementari , per esempio Rudra e Indra, che si svilupparono nella trinità più tarda di
Brahma, Vishnu e Shiva. Il Rig Veda consiste prevalentemente di inni e preghiere innalzati agli dei
elementari.
Sviluppo della religione indiana
Nel periodo più antico , la religione era sottoposta ai brahmini , o sacerdoti , in una società suddivisa in
quattro livelli, ogni livello aveva un ruolo o varna. I brahmini erano al vertice, seguiti dai kshatriya
(guerrieri), vaishya ( mercanti e agricoltori) e shudra (lavoratori manuali e servitori) . E’ controverso se il
più elaborato sistema delle caste (jati) si sia sviluppato su questa base. Il sistema delle caste è ancora
predominante , benchè il governo indiano abbia cercato di migliorare la condizione spesso disperata degli
intoccabili, la classe più bassa , che svolge i lavori più impuri. Queste separazioni nella vita indù sono rese
tollerabili dalla convinzione che negli uomini vi sia un’anima immortale , o atman, la quale rinasce milioni di
volte, in molte forme, secondo la legge morale, o karma, che prevale nell’universo. Il karma non è un
premio o un castigo in sé, è una legge impersonale e indiscussa quanto quella di gravità. Ma è possibile la
liberazione (moksha) dalla rinascita, e l’induismo è l’insieme delle strade attraverso le quali ciò può essere
ottenuto. Le strade principali sono note come marga: jnana-marga, la strada della conoscenza o intuizione;
karma-marga , la strada dell’azione o delle opere appropriate; e bhakti-marga, la strada della devozione a
dio. Queste strade comprendono molte applicazioni , come lo yoga o la via della santità individuale, sul tipo
di quella di un sadhu, ossia santo. Si svilupparono così gradualmente, tradizioni organizzate di
insegnamento e osservanza , note come sampradaya, alcune delle quali sono conosciute in occidente. Esse
comprendono il sampradaya derivato da Caitanya, da cui si è sviluppata la Società Internazionale della
Coscienza Krishna. Tutte le strade che ci fanno avanzare verso il moksha hanno in comune il concetto di
maya o dharma. Maya è il potere del Brahman, ossia il potere di rendere visibili le cose. Quando gli uomini
interpretano la realtà visibile in modo errato , il mondo diventa illusorio e ingannevole. Perciò, il male
primario nell’Induismo è l’ignoranza, o avidya. Dharma ha molti significati, ma “appropriatezza” è
probabilmente la migliore traduzione: l’Induismo è in verità una mappa di dharma, dei modi in cui è
appropriato comportarsi, e così avanzare verso una buona rinascita e il moksha. Il nome corrente per
l’Induismo è Sanatana Dharma, o Dharma eterno. Per quasi tutti gli indù , ci sono quattro purushartha. O
mete della vita: dharma; artha, ricerca di un legittimo successo mondano; kama, ricerca di legittimo
piacere, e moksha. Ci si aspetta normalmente di passare attraverso quattro ashrama, o fasi di vita: lo
studente brahmacarya; il capofamiglia, grihastha; chi si ritira a meditare, vanaprastha; e chi rinuncia al
mondo, samnyasin.
Queste strutture sociali sono così radicate che un’altra parola indiana per indicare l’Induismo è
varnashramadharma. Tuttavia, alcune forme di induismo sostengono che il moksha non verrà mai
raggiunto finché non avremo dimostrato di essere staccati da tutti i sentimenti che ci legano al mondo,
compreso il mondo che ripugna e contamina. Perciò alcune sette o culti , come il Tantra “della mano
sinistra” , impongono di vivere di aree di cremazione o di fare l’esperienza dei cinque pancamakra
contaminati: il vino, la carne, il pesce, il grano, abbrustolito e i rapporti sessuali con una donna mestruata.
Gli indù trovano aiuto nella loro ricerca del dharma. Oltre ai guru e ai filosofi, vi è anche l’aiuto di Dio, o
Brahman. I filosofi indù svilupparono una comprensione del Brahman come origine e forze che pervade
tutta la realtà visibile e che è presente negli uomini come atman o anima. La filosofia advaita, una scuola di
pensiero indù , è non-dualistica: sostiene che le distinzioni che ci appaiono nel mondo sono un’illusione.
Tutte le cose che vediamo –la terra, il sole, la luna, il cielo, gli uccelli, gli animali, gli uomini- sembrano
diversi ma hanno un’unica essenza. L’advaita intende il moksha come la percezione che l’individuo e il
Brahman sono sempre stati una cosa sola. Ma la maggior parte degli indù crede che il Brahman abbia un
carattere divino , o si serva di Dio per creare e sostenere l’universo, così che il moksha è l’unione per
sempre con dio. Gli indù possono avere la loro devozione personale a un culto o a una divinità specifica,
come pure la percezione che Dio si manifesti in molti modi. In particolare, un dio o una dea può prendere
forma umana come avatara, che significa “discesa”. I più importanti avatara sono quelli di Vishnu, gli
Shaiva, seguaci di Shiva, e gli Shakta, che venerano Shakti.
L’importanza del culto
Il culto, sia darshan, che contempla l’immagine, che puja, rituale, è di importanza basilare nelle case come
nei templi. Il tempio costruito per ospitare l’immagine di Dio e per richiamare in esso la sua presenza.
L’immagine, o murti, è portata alla vita da appropriati rituali. Il tempio è costruito secondo la struttura
dell’universo, e converge, verso il punto più alto sopra l’immagine, il perno del mondo. Questa “entrata”
nella potenza sacra dell’universo si ottiene anche attraverso vari tipi di diagrammi cosmici chiamati yantra e
mandala, ed è riassunta in mantra: canti sacri che conferiscono potenza e ordine a suoni casuali.
Origini dell’Induismo
L’Induismo stesso afferma di non avere origine: è il cammino eterno che segue le regole basilari e le
esigenze dell’ordine cosmico mentre passa attraverso cicli infiniti. Così gli indù chiamano la loro stessa fede
e le loro osservanze Sanatana Dharma, il Dharma eterno. Storicamente, si considera l’Induismo come
suddiviso in fasi successive: pre-vedica, vedica, puranica, upanishadica, medievale e moderna. Ma questo è
inesatto, poiché talune osservanze e credenze di tutti i periodi persistono ancora, e nell’Induismo sono stati
pure assorbiti elementi di altre religioni indiane, come le credenze del Tamil dell’India meridionale. La
religione pre-vedica è nota prevalentemente attraverso la civiltà della valle dell’Indo, dove si sono trovati
simboli di fertilità e della Madre Terra. I simboli naturali, come l’acqua, il loto e gli animali, erano
importanti; gli alberi e i pilastri erano visti come il centro della forza della terra. Nella religione vedica, il
divino si manifestava e si rendeva accessibile in molti aspetti della vita, per essere adorato in forma di
divinità maschili.
La religione vedica
La religione vedica era basta sul sacrificio, che fa rivivere quello di Purusha, l’uomo perfetto, il quale portò
alla vita il mondo. I sacrifici, che conservano l’ordine naturale del cosmo, venivano compiuti da funzionari
addestrati, o brahmini, che bevevano il Soma, la “medicina dell’immortalità”, durante i riti. Agni (il fuoco), il
tutt’ora importante nei rituali domestici, portava in cielo le offerte. I canti sacri formavano la base del
mantra, un altro modo di collegare il cielo e la terra.
Shiva il Distruttore
Shiva è la terza divinità della triade indiana, o trimurti, insieme a Vishnu e Brahma. Egli è il tutto, e perciò
appare in forme diverse. Nel testo Shiva Purana, egli ha più di mille nomi, come Maheshvara, il Signore del
sapere, e Mahakala, il Signore del tempo. Egli è Colui che crea, che distrugge e preserva, ed è spesso
rappresentato con tre facce: due in opposizione, come maschio e femmina, grande yogi e diligente
capofamiglia, o Bharaiva il Distruttore e Colui che dona il riposo; e la terza, serena e pacata, che le
riconcilia. La sua città è Varanasi, chiunque muoia in essa andrà direttamente da Shiva attraverso la morte,
anche se è gravato da un cattivo karma. Shiva è spesso venerato mediante il linga, energia maschile
circondata dallo yoni, la fonte femminile della vita. Come dice lo Shiva Purana, “non è linga che viene
adorato, ma colui di cui esso è simbolo”.
La Dea Madre
La Dea Madre (Mahadevi) è raffigurata o come consorte delle principali divinità maschili indù, o in forma
generica che comprende migliaia di dee locali o devi. Esse possono essere benevole e feconde, come
Lakshmi o Parvati, o potenti e distruttive, come Kali o Durga. In tutta l’India ci sono santuari dedicati ad un
enorme numero di dee. Molte hanno un’origine tribale, sono basate sull’antico concetto di una dea della
terra o dea Madre associata all’agricoltura e alla fertilità, e a volte vogliono essere placate con offerte
sacrificali di sangue. Il culto della dea come energia femminile, o shakti, è particolarmente importante nei
testi antichi conosciuti collettivamente come Tantra. In alcune tradizioni tantriche la shakti è vista come un
potere creativo puramente astratto del dio maschile Shiva; in altre la shakti è personificata in varie forme
divine miti o feroci.
Shakti e il culto del Tantra
L’importanza dello Shakti è sottolineato nel Tantra. Nella tradizione tantrica l’energia dello Shakti è messo
in opposizione con Shiva: la coscienza maschile, passiva, che è impotente senza energia femminile; e il
rapporto fra i due dà origine alla creazione. Coloro che praticano il Tantra si sforzano di sperimentare il
potere della Dea, o Shakti, attraverso una combinazione di atti rituali eterortodossi e la recitazione di testi. I
riti tantrici comprendono rapporto sessuali tra le varie caste per imbrigliare l’energia sessuale verso un fine
spirituale, l’offerta alla dea di sostanze sessuali, e il bere alcool in luoghi contaminati dal punto di vista
spirituale, come i luoghi di cremazione.
Vishnu, Colui che preserva
Vishnu, conosciuto come “Colui che pervade”, o forse “Colui che prende molte forme”, non aveva una
posizione di preminenza nei Veda, ma divenne una delle divinità principali e membro della trinità indiana, o
trimurti. Egli preserva l’universo (quando dorme, la creazione viene concentrata in un seme da cui tornerà a
sorgere quando egli si sveglierà). I Vishnuiti, uno dei maggiori gruppi Indù , sono i devoti di Vishnu come
Ishvara, l’Essere Supremo, venerato nelle forme delle sue manifestazioni o incarnazioni. A causa della sua
presenza pervasiva, le immagini come punto focale del culto sono di grande importanza, come pure
l’architettura dei templi e le sculture. Fra i grandi Vishnuiti si annoverano Caitanya (fondatore di una
tradizione, sampradaya, che comprende il movimento Hare Krishna), Ramanuja, un pensatore che poneva
dio al centro della filosofia, e poeti bhakhti (=amore devoto), come Mirabai e Surdas: “Surdas dice: Senza
devozione a Dio, ti ridurrai a una briciola rafferma che verrà divorata dalla Tigre del tempo”. Il Vishnu
Purana è uno dei grandi 18 Purana; esso descrive la relazione di Vishnu con l’universo e la sua attività
all’interno di esso.
Brahma, il Creatore
Brahma è uno degli aspetti di Dio, nonché la prima Persona della Trimurti (chiamata anche Trinità indù,
composta da Brahma, Vishnu e Shiva), all'interno della quale è conosciuto come il Creatore. Brahma non
deve essere confuso con Brahman; mentre quest'ultimo rappresenta l'aspetto di immutabilità, di infinito, di
immanenza e di realtà trascendente, l'Origine divina di tutti gli esseri, Brahma ne è un agente, così come le
altre divinità personificate; è un aspetto di Ishvara, il Brahman con attributi, fondamentalmente egoconsapevole. Brahma è il primo essere a venire creato all'inizio di ogni ciclo cosmico (o kalpa), è la prima
manifestazione del Brahman e per questo viene considerato l'architetto dell'universo, il padre di tutti gli
esseri. Brahma è tradizionalmente rappresentato con quattro teste, quattro facce e quattro braccia e
anche quattro gambe, dove ogni testa è intenta a recitare uno dei quattro Veda. Brahma, essendo
il Principio Supremo del cosmo, risiede nel cuore, centro vitale dell'uomo. In particolare il ventricolo più
piccolo è l'organo che rappresenta simbolicamente l'unità integrale (comprendente il corpo fisico, il campo
delle energie e lo spirito divino). Nell'antichità si diceva che il cuore fosse la sede dell'intelligenza proprio
perché veniva assimilato alla dimora dell'Intelligenza Universale. Nella parte finale dei Veda,
le Upaniṣad narrano:
« Nel Brahma-Pura, sede di Brahma, vi è un piccolo "loto", dimora nel quale c'è una piccola cavità, occupata
dall'Etere; si deve cercare Ciò che risiede in questo luogo e Lo si riconoscerà... Questo Principio che sta nel
cuore è più piccolo di un chicco di riso, più piccolo di un chicco d'orzo, più piccolo di un chicco di senape,
più piccolo di un chicco di miglio, più piccolo di un germe racchiuso in un chicco di miglio; questo Principio
che sta nel cuore è anche più grande della Terra, più grande dell'atmosfera, più grande del cielo, più grande
di tutti questi mondi messi assieme. »
In tali parole si può cogliere l'essenza di Brahma, il Principio Creatore, che in quanto tale contiene in sé
tutto l'universo, ma che è a sua volta presente in ogni creatura; lo si può cioè paragonare ad un punto
geometrico, il quale non è nulla quantitativamente, non occupa spazio, ma è il principio che produce lo
spazio, poiché quest'ultimo non è altro che lo sviluppo delle virtualità insite nel punto.
Una comunicazione tra il piano divino e il mondo, cioè tra Brahma e l'essere umano, avviene attraverso
dei principi coordinatori tra i vari mondi, uno dei quali è il Buddhi, o Intelletto Superiore, raggio
direttamente emanato dal Sole spirituale (Brahma) che illumina e collega l'individuo al Centro stesso.
Il Buddhi è l'elemento che collega l'anima universale all'anima individuale, fino al raggiungimento
di Moksha, la definitiva identificazione tra i due.
Altri dei
Oltre alle divinità principali di Shiva, Vishnu, Brahma e la Dea, ce ne sono numerose altre che occupano
importanti posizioni nel pantheon indù. Esse comprendono gli dei vedici elementari, come Suria, dio del
sole, Agni, dio del fuoco, Indra, dio della guerra, Vayu, dio del vento, e Varuna, guardiano dell’ordine
cosmico. Molte divinità locali pre-vediche sono tuttora venerate e il divino è riconosciuto in tutti gli esseri
viventi. Alcuni animali, rettili e anche piante sono venerati e ricevono un posto speciale nella gerarchia
divina, come il dio serpente Naga e gli yaksha e yakshini, che sono spiriti della natura. Due incarnazioni del
dio Vishnu, il leone Narasimha e il cinghiale Varaha, probabilmente hanno avuto origine da culti locali degli
animale. Tre dei più importanti dei sono Hanuman, il dio scimmia, e i due figli di Shiva e Parvati: Ganesh,
con la testa da elefante, e il giovane Kartikeyya.
Hanuman, valoroso e leale sostenitore di Rama
Hanuman il dio scimmia ha un ruolo fondamentale nel testo sacro, il Ramayana, in cui si afferma che ha
molto aiutato Rama nella sua vittoria sul demone Ravana, re dell’isola dello Sri Lanka. E’ anche oggetto di
culto autonomo come simbolo di eroismo e forza, e originariamente riceveva speciale riverenza in Sri
Lanka, sebbene ora sia popolare in tutta l’India. Spesso all’entrata dei templi si trovano statue di Hanuman,
perché egli può difenderli valorosamente contro i nemici.
Ganesh, Colui che rimuove gli ostacoli
Ganesh è una delle divinità più popolari del pantheon indù, benchè probabilmente egli fosse in origine un
totem tribale, in seguito assorbito nel culto indù. Secondo la leggenda, Ganesh ha la testa di elefante
perché suo padre Shiva non riconobbe il proprio figlio, e lo decapitò mentre Ganesh difendeva sua madre
Parvati. Quando si rese conto del suo errore, Shiva promise di sostituirgli la testa con quella della prima
creatura che avesse veduto, la quale fu un elefante. Ganesh è venerato come Colui che rimuove gli ostacoli,
Signore degli inizi e Signore del sapere.
Scritti Sacri
I quattro Veda, la più antica letteratura sanscrita conosciuta, risalente al periodo brahminico, sono inni
sacrificali compilati sulla base di una tradizione orale anteriore. Il Rig Veda, il più antico, riale probabilmente
al 1200 a.C. circa; il quarto, gli Atharva Veda, risale al 900 a.C. circa e consiste principalmente di formule e
incantesimi; i Brahmana, collegati ai Veda, sono istruzioni rituali. Dal 700 al 300 a.C., un periodo di
riflessione religiosa diede origine a opere filosofiche. Esse comprendono gli Aranyaka, o “Libri della Foresta”
(nati dalla riflessione del sul significato del rituale) e, più tardi, le Upanishad. Apparvero anche i Purana,
storie della creazione e vite degli dei. Nacquero i culti devozionali, ricevendo ispirazione e insieme ispirando
la grande letteratura epica, come il Mahabharata, una narrazione delle guerre della Casa di Bharata. Esso
comprende una sezione chiamata Bhagavad Gita, “Il Canto del Signore”, che è famoso per il dialogo fra
Krishna, avatara di Vishnu e il suo auriga, Arjuna. Questo poema è venerato da quasi tutti gli indù e
rappresenta il cuore della fede indù. Il Ramayana, altro grande poema epico, fu scritto tra il 200 a.C. e il 200
d.C.
Il Ramayana
Il Ramayana consiste di 24.000 distici e racconta la storia del principe Rama; della sua forzata abdicazione
come erede reale; del suo esilio nella foresta con la moglie Sita ad opera del demone malvagio Ravana e
della sua liberazione. E’ stato suggerito che Ravana simboleggia l’ambizione e l’avidità lussuriosa, che finì
per sconvolgere l’ordine cosmico e la santità della donna e della famiglia.
Il culto indù
Il culto indù o puja comprende immagini (murti), preghiere (mantra) e diagrammi dell’universo (yantra). Lo
yantra più semplice è un cerchio dentro un quadrato all’interno di un rettangolo, con quattro porte per
rappresentare le quattro direzioni dell’universo. I templi indù sono basati su questo schema, benchè
sempre aperti a infinite aggiunte e grande varietà di decorazione. Centrale per il culto è l’icona, o sacra
immagine, che come il tempio si crede ospiti e insieme rappresenti la divinità. L’icona può essere venerata
sia nelle case che nel tempio. La maggior parte delle persone prestano un culto individuale e non in una
funzione comunitaria. L’alba e il tramonto sono tra i momenti preferiti, oppure quando il sacerdote compie
le offerte rituali all’immagine e al tempio. Il culto comprende mantra, suoni vibranti che richiamavano la
divinità, e prasad, l’offerta di doni, simbolo di più antiche pratiche di sacrificio. Mentre molte preghiere e
offerte sono fatte per la realizzazione di desideri, lo scopo ultimo è l’offerta del proprio io per diventare una
cosa sola con la divinità. Centrale in questo culto è il darshan, contemplare l’icona centrale ed essere alla
sua presenza.
Culto domestico
Quasi tutti gli indù praticano il culto a casa più spesso che in un tempio. La maggioranza delle case indù ha
un santuario, dove in certi momenti i membri della famiglia fanno offerte e recitano preghiere. Qualche
volta tutta la famiglia prega insieme, con il capofamiglia che guida la cerimonia. Il santuario familiare è il
centro della casa e può essere un’intera stanza con altare, dipinti e statue o anche un semplice tulsi, o
pianta di basilico, associata a Vishnu. Dolci, noci di cocco, danaro e frutta possono tutti fare parte delle
offerte alla divinità. L’accensione di una lampada e l’incenso sono elementi usuali nei riti domestici. Il culto
può svolgersi ogni giorno, ma il giovedì è considerato particolarmente favorevole.
Pellegrinaggi
La gente va in pellegrinaggio da un capo all’altro dell’India per vedere e farsi vedere dalla divinità. Si crede
che alcune divinità vivano in specifici luoghi sacri. Le mete di pellegrinaggio più popolari sono i tirtha, o
guadi, punti dove si può traversare un fiume senza pericolo. Molti importanti luoghi di pellegrinaggio, come
Varanasi, chiamata anche Benares, sono sulle sponde dei grandi fiumi. Si pensava che i guadi
rappresentassero in senso letterale e metaforico il passaggio da un mondo all’altro, o da samsara a moksha.
Il pellegrinaggio, pratica antica già nominata Mahabharata, è popolare anche oggi. Oltre ai fiumi, anche
l’Himalaya e certi templi sono luoghi di pellegrinaggio. Molte zone sacre sono associate a leggende, altre si
dice siano il posto dove gli dei si materializzarono nel mondo. Le località famose comprendono
Kurukshetra, la cornice della grande guerra nel Mahabharata, Ayodhya, l’antica capitale del principe Rama,
o Mathura, luogo natale di Krishna nel centro-nord dell’India.
Varanasi, Città della luce
Nel periodo britannico, la città di Varanasi era Benares. Il suo altro nome è Kashi, la Città della luce.
Varanasi è il più importante e sacro centro di pellegrinaggio in India. Ritenuta la dimora del Signore Shiva,
fu qui, secondo la leggenda, che il linga infuocato di luce di Shiva o axis mundi si fece strada attraverso la
terra per raggiungere il cielo. L’intera città, con un raggio di 10 miglia, si dice sia un linga, incarnazione di
Shiva. Varanasi è un luogo così sacro che molti vi vengono ad abitare fino alla morte.
Le strade per Moksha
Moksha significa “liberazione”. È il quarto ed ultimo traguardo, o artha, della vita indù, la liberazione dal
cerchio della rinascita, o samsara, in mondi inferiori. Dato che il moksha si raggiunge quando si è superata
l’ignoranza, c’è più di una strada che porta a questa meta. Le tre principali sono note collettivamente come
marga, la Strada. Esse sono jnana, la strada della conoscenza e intuizione, bhakti, la strada della devozione,
e karma, la strada dell’azione. Visto che un individuo può rinascere milioni di volte, non c’è l’urgenza di
tentare tutte queste strade in una singola vita. La verità importante è intraprendere, in ogni vita, tutto
quello che sembra ad essa appropriato; ciò è noto come dharma. In alcune forme di Tantra, può anche
essere necessario fare cose che sono contro il dharma comune, per acquisire il potere di superare tutti gli
aspetti della vita sulla terra. Ciò significa che il moksha non è assolutamente una vera “meta”, perché può
essere raggiunto solo quando ogni passione ed attaccamento, compreso il desiderio del moksha, è stato
abbandonato. Chi raggiunge il moksha mentre è in vita è conosciuto come jivan-mukta, o anima libera. Non
c’è un unico salvatore o redentore: ci sono molte sette, guide, guru e dei disposti ad assistere chi cerca il
loro aiuto. Una preghiera delle Upanishad riassume questa ricerca: “Dall’irreale guidami al reale; dalle
tenebre guidami alla luce; dalla morte guidami all’immortalità”.
Induismo tantrico
L’Induismo tantrico è una forma eterodossa di Induismo i cui seguaci non tentano di realizzare il dharma
ortodosso per ottenere la liberazione, ma cercano di ottenere questa liberazione (jivan-mukti)
conseguendo la siddhi, potere spirituale o soprannaturale, e la bhakti, piacere in mondi più alti.
Considerano anche il corpo come un microcosmo, e insistono sulla shakti, l’energia femminile
rappresentata dalla Dea Madre. L’energia maschile, rappresentata da Shiva, è considerata impotente senza
la presenza femminili. L’Induismo tantrico insegna anche che gli dei possono essere venerati solo da altri
dei, così il devoto diviene come Dio recitando mantra, o preghiere. Queste idee derivano da testi rituali
tantrici che risalgono al VII-XI secolo d.C., sebbene le idee e le tradizioni siano forse più antiche. I testi
prendono spesso la forma di conversazioni tra Shiva e la sua sposa. Alcune forme di tantrismo sono davvero
radicali. Alcune delle meno estreme sono state assorbite nell’Induismo ortodosso in diverse parti dell’India.
Le forme più radicali sembrano derivare dalle pratiche di asceti che vivevano in aree di cremazione (luoghi
considerati impuri dagli indù ortodossi). A scopo di ottenere potenza e fare un’offerta a Dio, alcuni rituali a
volte implicano la violazione di tabù ortodossi, come i rapporti sessuali tra persone di caste diverse, o l’uso
di vino, carne, pesce e grano abbrustolito in sacrifici e rituali.
Festività
Le festività religiose, che sono basate sul calendario indù e sono spesso legate ai cambiamenti stagionali,
hanno un ruolo catartico nel dare sfogo alle tensioni della comunità e sospendere temporaneamente le
distinzioni di casta e di classe. Esse combinano culto e piacere e sono usate per allontanare gli influssi
maligni, per creare legami nella comunità e stimolare i poteri vitali della natura. Le festività principali sono:
Holi: in onore di Krishna, originariamente era una cerimonia per assicurarsi il dono della fertilità, si celebra
il nuovo anno in marzo e il ritorno della primavera. Alla vigilia di Holi si accende un falò per simboleggiare la
distruzione dell’anno vecchio e la mattina seguente ,i partecipanti si abbandonano a uno spirito di allegria,
dimenticano i normali codici e si abbandonano a festose manifestazioni, lanciandosi l’un l’altro acqua tinta
di rosso e polvere rossa. ; Dusserah: viene celebrata tra la fine di settembre e la metà di ottobre, dura nove
giorni e celebra il trionfo del bene sul male; Diwali: commemora il ritorno di Rama dall’esilio e celebra
l’inizio dell’anno finanziario; cade tra la fine di ottobre e la metà di novembre. È la festa delle luci e dei doni,
in onore della dea Lakshmi (o Shri, lo shakti di Vishnu) che porta buona fortuna e visita tutte le famiglie
illuminate da una lampada.
La verità e l’universo
La cosmologia indiana immagina l’universo come ovale, con divisioni in zone, o come un diagramma
chiamato mandala, una struttura concentrica con un quadrato diviso in diversi quadrati minori intorno alla
divinità suprema. La divinità è la fonte di ogni esistenza ed è paragonata a un ragno nella sua tela, da cui
vengono emanate tutte le cose e in cui tutte le cose sono assorbite. Il mandala collega il mondo degli dei
con il tempio, che è basato sulla stessa formula geometrica. I diagrammi chiamati yantra sono basati sui
mandala e sono in relazione con varie divinità ed usi. Gli yantra visualizzano i disegni di forza, che hanno un
suono equivalente, e fungono da tecniche meccaniche o aiuti alla meditazione.
Sri Yantra
Lo Sri Yantra, qui raffigurato, è usato dalle sette tantriche. Esprime i poteri e le emanazioni di Shakti, la Dea
Madre, e si compone di nove triangoli intrecciati, incentrati attorno al bindu, il punto centrale o divinità. Lo
yantra è creato sovrapponendo cinque triangoli con il vertice in basso, che rappresentano Shakti, il
principio femminile, con quattro triangoli con il vertice in alto, che rappresentano il Dio maschile Shiva. Lo
Sri Yantra raffigura l’universo e simbolizza le varie fasi della manifestazione di Shakti. Rappresenta i livelli
dell’universo terrestre e celeste e anche le fasi nello sviluppo della coscienza del Tantrika nella sua ricerca
di illuminazione.
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