Abstract - Sociologia della Salute

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VI CONGRESSO NAZIONALE SISS
LA COSTRUZIONE DELLA SALUTE NEL
W E L FA R E S O C I O - S A N I TA R I O .
N U O V I S C E N A R I E P R AT I C H E S O C I O L O G I C H E .
11 - 12 Giugno 2015
Polo Didattico delle Piagge
Via G. Matteotti, Pisa
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VI Convegno Nazionale SISS
(Società Italiana di Sociologia della Salute)
La costruzione sociale della salute nel welfare socio-sanitario.
Nuovi scenari e pratiche sociologiche.
11-12 giugno 2015
Polo Didattico delle Piagge, Via Matteotti, 3 Pisa
VOLUME ABSTRACT, TABELLE SESSIONI
a cura di Pietro Paolo Guzzo (Direttivo SISS) e Francesca Pecori (Università di Pisa,
Università Paris Diderot)
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La costruzione della salute nel welfare socio-sanitario.
Nuovi scenari e pratiche sociologiche.
Integrazione socio-sanitaria e costruzione della salute in uno scenario di crisi dei sistemi di
welfare sono i temi che affronterà il VI Congresso Nazionale della Società Italiana di
Sociologia della Salute (S.I.S.S.), in un’ottica multidisciplinare. I lavori, che si articoleranno
in sette sessioni parallele, prevedono la partecipazione di studiose/i appartenenti sia
all’ambito accademico che professionale, e intendono inserirsi nell’attuale dibattito
affrontandone i punti nodali: dalla sostenibilità del sistema alle trasformazioni derivanti
dalla web-society. L’attuale poli-crisi (economico-finanziaria, sociale, culturale) sta
trasformando in modo irreversibile e strutturale le politiche sociali e sanitarie, ponendo la
salute sempre più al centro di forti tensioni tra risposte pubbliche e modelli di mercato.
Su questo terreno incerto e scivoloso la partecipazione di individui, gruppi e associazioni
sono risorse importanti per dar vita a pratiche “dal basso” e a un rinnovamento
indispensabile del sistema, modificando i processi in corso in funzione di una sanità delle
persone.
SESSIONI PARALLELE:
1) Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario
La perdurante crisi economica ha indotto tutti i paesi europei a ripensare, almeno in parte,
le politiche di welfare socio-sanitario, in ragione della sempre più difficile sostenibilità del
sistema. Nel nostro Paese ciò sta avvenendo con la revisione dei LEA, con l’attuazione
del Patto per la salute 2014-16 e con la Legge di stabilità. Si propongono analisi,
suggestioni e pratiche per passare dal “welfare state” al “welfare mix”, comunitario e
generativo (o altro).
2) Governance e valutazione in Sanità tra ospedale e territorio
Dall’evoluzione sia del concetto di salute (sempre più olistico) che del concetto di cura (to
care), troviamo servizi o progetti assistenziali socio-sanitari di varia natura in forma diretta
o in strutture territoriali intermedie (Servizi distrettuali, Servizi socio-sanitari, Case per la
salute) o di base (Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Infermieristica di
comunità, terzo settore, servizi di comunità in genere). In questo quadro si inseriscono i
servizi territoriali alla persona gestiti da Enti Locali, Agenzie di varia natura, servizi del no
profit; questi ultimi rispondono direttamente con veri e propri interventi psico-socio-sanitari
e/o con interventi di prevenzione (empowerment gruppale, istituzionale, comunitario) e
politiche di promozione della salute. Questa area tematica vuole raccogliere contributi
valutativi, anche micro, non solo sociologici, di questi progetti o servizi.
3) Salute e web society: teoria e ricerca
L’uso di Internet e delle ICT nel mondo sanitario privato e pubblico riveste una
straordinaria importanza sia nell’analisi degli impatti, sia e soprattutto nella promozione
concreta dei servizi. L’e-Health si inserisce nella web society, ossia nell’era della
rivoluzione digitale in cui il web 2.0 e nuove evoluzioni sono entrate nella quotidianità delle
interazioni degli individui, ed è alla base di un cambiamento che richiede un’analisi
approfondita dei processi e delle organizzazione preposte ai servizi sociosanitari e, più in
generale, dei sistemi di welfare. Anche le tecniche di ricerca sociale, attraverso soluzioni
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tecnologiche (e-methods), sono alla base di nuove modalità di pensare e fare ricerca.
Questi argomenti saranno al centro del confronto nei lavori della sessione.
4) Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute
La crisi economica e del welfare richiede nuovi paradigmi per uno sviluppo non solo
economico, ma anche sociale, culturale, etico che concorra, insieme al sistema di welfare,
al miglioramento della qualità della vita. In questo scenario di innovazione sociale tende
ad emergere anche un nuovo ruolo del cittadino non più inteso solo come utente/paziente/
consumatore, ma come imprenditore di qualità della vita. La sessione intende focalizzare
l'attenzione sui progetti e le esperienze di cittadinanza attiva, nel contesto socio-sanitario,
ed in particolare sul ruolo della sociologia nella promozione di empowerment del cittadino,
quale protagonista di Buone Pratiche Sociali per la salute.
5) Salute e genere: il contributo della sociologia all'approccio multidisciplinare
Partendo dal concetto multidimensionale di salute e dalla categoria di genere, superando il
dualismo natura/cultura,si intende proporre un approccio multidisciplinare a favore di una
proficua contaminazione tra pratiche di ricerca e contesti culturali. L'interazione tra
sociologia e scienza medica costituisce un indubbio valore euristico nella produzione di
conoscenze e un approccio rilevante per la definizione di scenari innovativi e buone
pratiche. La sessione accoglierà papers che affronteranno sia tematiche teoriche, sul
piano epistemologico, che risultati di lavori inerenti a prevenzione, cura e diagnosi di
malattie finalizzati alla co-costruzione di un welfare socio-sanitario.
6) (Nuove) dipendenze e mutamento dei servizi nella web society
Le dipendenze individuano una vasta fenomenologia di problemi sociali e di salute in cui
gli interventi dei servizi di welfare spesso diventano fattore di moltiplicazione e non di
contrasto delle disuguaglianze (sociali e di salute). La sessione punta a fare emergere non
soltanto il “mondo mutante” delle nuove addiction ma anche la dimensione socialmente
integrata dei nuovi consumatori e le diverse forme, esperienze o buone prassi di
innovazione nei servizi per le dipendenze nell’era della web society.
7) Public Health, processi migratori e relazioni di cura
Le politiche di salute pubblica si confrontano sempre più con assetti multidisciplinari e
transculturali. La sfida dei servizi sociosanitari si pone nella necessità di dare risposte
adeguate alla persona proveniente da altri contesti culturali sia nei termini di relazione che
di comunicazione. Sarebbe auspicabile ripensare i servizi utilizzando percorsi di resilienza
nell'assistenza al paziente, come farlo sarà al centro del dibattito della sessione.
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SESSIONE 1: Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario
Coordinatori: Annamaria Perino, Remo Siza
Abstract n. 1
Titolo: L’innovazione sociale in tempi di austerità: risorsa o termine di moda?
Autori: Francesco Grisolia ([email protected])*, Emanuele Ferragina**
Affiliazione: *Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Dipartimento di Scienze
Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali. **Sciences Po Paris, OSC and LIEPP.
Relatore: Francesco Grisolia
Introduzione: Il termine innovazione sociale generalmente indica prodotti, servizi, modelli
in grado, da un lato, di rispondere a nuovi bisogni sociali e, dall’altro, di creare nuove
forme di relazione e collaborazione tra individui e gruppi. Forte di una crescente
popolarità, l’innovazione sociale è stata proposta quale strategia per affrontare i nuovi
rischi sociali associati al sistema sanitario, come l’invecchiamento della popolazione.
Risultati: Il nostro contributo intende mettere in discussione l’idea che l’innovazione
sociale possa compensare le lacune del welfare state italiano, contro-bilanciando gli effetti
della riduzione dell’investimento statale. La prima sezione del paper delinea il contesto
politico che negli ultimi decenni ha favorito l’ascesa dell’innovazione sociale quale
strumento per ripensare i sistemi di welfare. Nella seconda parte analizziamo i mutamenti
del Sistema Sanitario Italiano come elemento di un processo di riforma più ampio,
caratterizzato dalla ricerca di nuovi equilibri tra finanziamento pubblico e privato, tendenza
alla decentralizzazione e alla mercatizzazione. In nome del risanamento dei bilanci, la
logica dei tagli lineari contribuisce ad approfondire le disuguaglianze di salute sul territorio
nazionale e le distanze fra i sistemi sanitari regionali.
Conclusioni: In sintesi, la generica promozione delle potenzialità dell’innovazione sociale
potrebbe contribuire allo spostamento dell’attenzione politica dalla responsabilità pubblica
a quella privata, riducendo la probabilità di riflessione e confronto sulle disuguaglianze
strutturali che segnano il nostro paese. Riteniamo che, senza una riforma strutturale del
welfare state italiano, l’innovazione sociale rischi di diventare solo un termine che
riecheggia le retoriche neoliberiste, non uno strumento con cui affrontare i nuovi bisogni
sociali e le sfide che abbiamo di fronte.
Riferimenti bibliografici:
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8. Moulaert F., MacCallum D., Mehmood A., Hamdouch A. (a cura di) (2013). The International Handbook of
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10. Ricciardi W., Solipaca A. (a cura di) (2013). Rapporto Osservasalute 2013.
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Abstract n. 2
Titolo: Welfare locale per la non autosufficienza: crisi o opportunità?
Autore e relatore: Luigi Nava
Affiliazione: Éupolis Lombardia, Istituto per la Statistica, la Ricerca e la Formazione,
Regione Lombardia - www.eupolislombardia.it
E-mail: [email protected] - [email protected]
Introduzione: L’intento di analizzare il funzionamento del welfare state non può essere
soddisfatto senza considerare le modalità con le quali le politiche sociali si configurano a
livello territoriale. I singoli contesti, anche quelli più piccoli, si articolano per specifiche
capacità nella creazione di benessere e di crescita economica che non si intrecciano
sempre in modo virtuoso con i processi di decentramento amministrativo delle politiche
sociali [1]. Come noto, le politiche a favore delle persone anziane non autosufficienti ha
caratteristiche analoghe al più generale sistema di welfare italiano: forte frammentazione
degli interventi, differenze territoriali nella copertura dei bisogni e un deciso orientamento a
favore dei trasferimenti monetari. Queste differenze assumono tanta più rilevanza se si
considerano le (insoddisfatte) aspettative riposte nella Legge 328/2000 e l’attuale
indeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali; è anche quest’ultimo
aspetto che favorisce la produzione di regole e orientamenti a livello locale e, quindi, la
difficoltà nel far corrispondere ai bisogni sociali degli individui dei diritti soggettivi esigibili.
Obiettivi, materiali e metodi: Nel contributo ci si propone di lavorare su questi temi e, più
nello specifico, sulla differenziazione dei sistemi locali di welfare per gli anziani non
autosufficienti, con lo scopo di mettere in luce quanto l’approccio comparato tra Regioni
celi le rilevanti differenze al loro interno.
Risultati: Dopo aver evidenziato queste differenze rispetto alla capacità di copertura dei
servizi socio-sanitari e dei trasferimenti statali all’interno della Regione Lombardia – eletta
quale caso studio – il lavoro, in particolare, renderà conto della ricostruzione – svolta
attraverso analisi documentale e interviste ai referenti dei servizi sociali – dei modelli
regolativi e dei criteri di accesso dei principali interventi socio-assistenziali attuati in sei
capoluoghi. La ricostruzione verterà sulle principali linee di intervento dei Comuni, quali il
Servizio di Assistenza Domiciliare, i centri diurni e il ricovero presso le Residenze
Assistenziali.
Conclusioni: In una Regione caratterizzata da media intensità assistenziale [2] non
mancano significative differenze territoriali nell’accesso ai servizi e alle prestazioni, frutto
anche delle decisioni che a livello comunale risultano determinanti nel favorire o meno
diverse tipologie di utenza e, quindi, nel configurare diverse forme di cittadinanza.
Riferimenti bibliografici:
1. Pavolini E., (2011), “Welfare e dualizzazione dei diritti sociali”, in ASCOLI U., (a cura di), Il Welfare in
Italia, Bologna. il Mulino.
2. Chiatti C., Barbarella F., Lamura G., Gori C., (2010), “La bussola di NNA: lo stato dell’arte basato sui
dati”, in Gori C. e NNA (Network non autosufficienza) (a cura di), L’assistenza agli anziani non
autosufficienti in Italia. Secondo rapporto, Santarcangelo di Romagna: Maggioli,, pp. 13-40.
Abstract n. 3
Titolo: Malattia Mentale e Servizi Territoriali. L’esperienza di Trento.
Autori: Barbara Cordella (*), Francesca Greco (°), Raffaella Casamassima (^), Michele
Gifuni (*), Antonia Florio (*), Massimo Grasso (*)
Affiliazioni: (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica e ClinicaSapienza Università di Roma
(°) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma
(^) Ospedale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma
Relatrice: Barbara Cordella
E-mail: [email protected]
6
Introduzione: L’esigenza di economicità del Sistema Sanitario ed il principio di equità
nell’accesso alla salute inducono a ripensare i servizi offerti dal SSN attraverso la
conoscenza delle buone prassi e la loro diffusione. Nell’ambito della Salute Mentale, ad
esempio, si può osservare come il disagio cronico spesso venga gestito attraverso il
trattamento dei momenti di crisi, con necessario ricorso al reparto, ed il trattamento della
quotidianità, frequentemente risolto con l’inserimento in strutture residenziali a tempo
indeterminato e senza obiettivi di sviluppo.Tale prassi ha carattere ricorsivo e come tale
un costo probabilmente elevato. Il ricorso ai dati Audit, d’altra parte, consente di
individuare alcuni servizi segnalati per la loro efficacia: è stato studiato il funzionamento
del Servizio di Salute Mentale di Trento.
Materiali e Metodi: Sono state condotte delle interviste in profondità agli esperti del
settore (n=18). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi testuale
(analisi dei cluster con metodo delle K-Medie e analisi delle corrispondenze) al fine di
individuare fattori e cluster indicativi del modello attuato dagli operatori del Servizio.
Risultati: I risultati evidenziano una particolare attenzione alla costruzione di reti di
supporto per facilitare l’adattamento sociale del malato mentale. Il Servizio investe
sull’attivazione di un ponte tra realtà istituzionale e territoriale in modo da assicurare una
gestione alternativa al solo regime ospedaliero o residenziale. L’inserimento degli UFE
(Utenti e Familiari Esperti) nel Servizio garantisce agli stessi una rendita ed uno status
sociale utile alla promozione del benessere individuale e sociale e al Servizio una
maggiore capacità di sviluppo delle competenze residuali del malato, recuperando una
dimensione di autonomia e produttività, facilitando anche la sostenibilità degli interventi.
Conclusioni: Riassumendo, si può sottolineare come ciò che differenzia il modello
studiato dalle usuali prassi sembra essere la capacità di non organizzare l’intervento sul
contenimento della crisi, quanto piuttosto sulla prevenzione, riducendo in tal modo il
sovraccarico ed i costi del Sistema Sanitario. La gestione del disagio cronico organizzata
in larga misura nel sociale, coinvolgendo comunità e terzo settore, riesce ad assicurare
una buona rete di convivenza che facilita un utilizzo pertinente ed adeguato dei servizi in
un’ottica rivolta al benessere della persona e non per ultima alla razionalizzazione della
spesa pubblica.
Riferimenti bibliografici:
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7
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Abstract n. 4
Titolo: Infermieristica ed equità nella salute in un sistema socio-sanitario in
cambiamento.
Autore: Giordano Cotichelli
Affiliazioni: Infermiere, Area Vasta 2 – Ancona, ASUR Marche
Relatore: Giordano Cotichelli
E-mail: [email protected]
Introduzione: L’equità in sanità è uno degli indicatori di qualità in materia di accesso,
fruibilità e continuità delle cure verso i differenti gruppi di reddito della popolazione, in
relazione alle diverse politiche sociali e sanitarie. Il quadro che ne scaturisce è quello che
fa riferimento al prodursi delle disuguaglianze nella salute [1] [2] [3], a livello internazionale
[4] e italiano [5] [6], in cui assume rilievo il contributo apportato dalle professioni sanitarie
all'interno di un sistema di welfare che sta cambiando.
Materiali e Metodi: Nello specifico è stata studiata la professione infermieristica nella sua
dimensione valoriale e normativa così come evidenziato dal Codice deontologico [7], dalla
letteratura prodotta e dai riferimenti ed esempi internazionali [8], al fine di valutare la
percezione delle disuguaglianze nella salute da parte degli infermieri e le prospettive di
sviluppo della professione in tema di equità [9] [10].
Risultati: Il risultato ha evidenziato ambiti e strumenti innovativi per l’infermieristica in
Italia quali il counseling, l'empowerment, e l'advocacy, funzionali a sviluppare il ruolo di
connector dell'infermiere, in un'ottica patient-centered in cui il care management diventa
volta per volta case management lungo la prospettiva dell’Interdisciplinary care team.
L’ambito è quello proprio dell’assistenza territoriale utile per lo sviluppo di un ruolo
autonomo dell’infermiere e per una partecipazione attiva dell’utente. Diversi gli esempi
indagati in una prospettiva etnografica [9]: dal chronic care model sviluppato a Firenze,
alle micro-aree socio-sanitarie a Trieste, fino agli ambiti della formazione continua in cui si
evidenzia come centrale la conoscenza stessa delle iniquità sanitarie da parte
dell’infermiere. L’insieme conferma la presenza di risorse assistenziali da sviluppare per la
tenuta del sistema in termini di equità ed appropriatezza.
Conclusioni: Un risultato non scontato dato che l’infermieristica negli ultimi due secoli si è
sviluppata e cristallizzata in prevalenza nella dimensione assistenziale ospedaliera e
medico-centrica. Oggi invece può esserle riconosciuto un ruolo diverso, in una prospettiva
analitica da sviluppare ulteriormente rispetto alle esperienze nuove in atto, dall’infermiere
di famiglia agli ambulatori infermieristici, alle Unità Ospedaliere a Gestione Infermieristica,
8
attivate nel Lazio. Considerazioni finali che mantengono l’attenzione della professione
sulle questioni universalistiche del sistema e sui bisogni della salute della popolazione.
Riferimenti bibliografici:
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9. Cotichelli, G. (2012). Disuguaglianze della salute e professione infermieristica: risorse e criticità per la
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Franco Angeli, Milano, pp.220.
Abstract n. 5
Titolo: Modelli organizzativi e riforme del sistema sanitario italiano
Autore: Massimo Baldacci
E-mail: [email protected]
L’ articolo intende evidenziare alcune specificità organizzative del settore sanitario italiano,
con riferimento all’evoluzione che tale settore ha avuto dal 1978 ad oggi. Il lavoro si apre
con un excursus delle principali riforme del servizio sanitario nazionale italiano – L.
833/1978, D.lgd. 502/1992 e D.lgs. 517/1993, D.lgs. 229/1999 – cui segue
un’associazione delle medesime riforme a modelli differenti di pianificazione,
organizzazione e gestione del sistema socio-sanitario. Tali modelli sono quindi descritti ed
interpretati secondo le principali correnti teoriche di management pubblico , con l’obiettivo
di individuare la capacità di soddisfare, in ultima istanza, le esigenze della popolazione. In
particolare, l’evoluzione del panorama socio-sanitario da sistema complicato a sistema
complesso mette in luce alcuni limiti nella sostenibilità di alcune scelte organizzative,
richiedendo, al contempo, efficienti ed efficaci soluzioni di governo dell’attuale servizio
sanitario nazionale. La capacità di affrontare le sfide della complessità socio-sanitaria
contemporanea – coesistenza di logiche di natura manageriale e professionale,
bilanciamento tra specializzazione delle conoscenze e bisogno di integrazione di tecniche
e saperi medici, interdipendenza intensa tra attività diverse- è letta in una prospettiva di
switch delle politiche socio-sanitarie italiane dall’approccio government all’approccio
governance, secondo un consolidato indirizzo nelle realtà di welfare internazionali.
Risultato di tale metamorfosi è la crescente importanza, strategica ed operativa,
riconosciuta ai processi di collaborazione inter-organizzativa tra enti pubblici (ma anche
tra enti pubblici e privati), nell’idea che la cooperazione tra più attori, pur nelle criticità che
manifesta, rappresenti un valido punto di partenza nell’obiettivo di maggiore sostenibilità
del nostro sistema di welfare.
9
Abstract n. 6
Titolo: Riforme sanitarie e tutela del territorio: il caso Auxilium Vitae
Autore: Giulia Palazzolo
E-mail: [email protected]
L’articolo propone il caso di studio della struttura riabilitativa sanitaria Auxilium Vitae di
Volterra. Il centro volterrano rappresenta un esempio di successo nella gestione di un
processo di cambiamento indotto da forze esterne (le disposizioni normative) ma gestito
dalle rappresentanze locali con una costante prerogativa di salvaguardia del sistema
socio-sanitario locale. Il riferimento è al D.lgs 502/92, che prevede la chiusura delle
strutture ospedaliere al di sotto dei 120 posti letto. Il coinvolgimento diretto del sistema
volterrano nella suddetta normativa apre al rischio che gli abitanti di Volterra restino
“scoperti” sotto il profilo socio-sanitario, una condizione, questa, difficilmente risolvibile con
l’appoggio ai centri di cura della Provincia, geograficamente distanti dall’entroterra pisano.
Tale minaccia rappresenta la molla per un rilancio con la costituzione di Auxilium Vitae, un
centro di riabilitazione multispecialistico (riabilitazione cardiologica e neurologica, unità
gravi cerebrolesioni acquisite) ; i locali del precedente nocosomio maniacale non solo
continuano ad essere al servizio dell’ospedale ma, grazie ad interventi di ristrutturazione,
divengono la struttura fisica entro cui si realizza il progetto assistenziale-riabilitativo.
La partecipazione al progetto da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra,
dei Comuni dell’Alta Val di Cecina e della Comunità Montana, e successivamente della
Fondazione Maugeri e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana rivela una tensione
verso la tutela dei servizi territoriali alla persona ed uno sforzo di promozione della salute
attraverso attività specialistiche estremamente complesse; aspetti, questi, che creano
positivi trade-offs sul tessuto turistico e commerciale volterrano che è chiamato ad
accogliere familiari dei pazienti della nuova struttura. Lo spirito di iniziativa che vede
coinvolti soggetti pubblici e privati, diversi per storia e core business ma uniti dalla volontà
di valorizzare la realtà volterrana, rende questo progetto un esempio di riqualificazione
socio-sanitaria del territorio particolarmente convincente.
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SESSIONE 2: Governance e valutazione in sanità, tra ospedale e territorio
Coodinatori: Leonardo Altieri, Paolo Ugolini
Abstract n. 1
Titolo: La valutazione delle politiche di integrazione socio-sanitaria sul territorio nei
Piani di Zona della Regione Puglia: verso un modello valutativo multidimensionale.
Autori: Luigi Spedicato, Annamaria Vitale, Marileda Vergori, Andrea Forte, Mario Quarta
Affiliazioni: Dipartimento di “Storia, Società e Studi sull’Uomo” - Università del Salento
E-mail: [email protected]
Il paper presenta i risultati preliminari di una ricerca sulla Valutazione dei Piani di Zona, e
ne affronta la complessità sistemica considerandoli strumento di programmazione del
sistema dei servizi sociali e socio-sanitari territoriali. L’approccio metodologico parte dalla
proposta di De Ambrogio (2003) del modello frattale che sottende processi valutativi di
casi, servizi e politiche e fa perno sulle competenze del valutatore, il quale definisce e
costruisce il disegno della ricerca valutativa nella consapevolezza che i diversi livelli
“seguono la stessa logica complessiva e rispondono, pur con gradi di complessità diversa,
ai medesimi principi metodologici. La complessità dell’oggetto-PdZ è stata da noi
affrontata attraverso un disegno di valutazione basato, oltre che sul modello frattale,
anche sull’approccio della Realistic evaluation di Pawson e Tilley (1997).
L’evaluando è stato articolato in cinque dimensioni:
- l’analisi dei bisogni e il processo programmatorio,
- i processi organizzativi e di gestione,
- il complesso delle azioni e degli interventi di piano,
- qualità, soggetti e sviluppo del processo partecipativo,
- qualità, soggetti e utilizzo della valutazione,
le quali comprendono sia i processi che i prodotti: ogni dimensione genera i quesiti
valutativi, definisce i soggetti investiti dall’azione valutativa, le fonti utilizzate nella raccolta
dei dati, gli output intesi quali prodotti ed azioni coerenti con la dimensione analizzata e
realizzati nell’ambito del PdZ. Data la loro complessità, ognuna delle dimensioni viene
descritta da sottodimensioni ed aree di attività riferibili all’integrazione socio-sanitaria, la
quale viene dunque valutata in rapporto all’implementazione sul territorio degli obiettivi
prioritari definiti dalla Regione Puglia nel suo Piano regionale delle politiche sociali.
Riferimenti bibliografici:
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11
Abstract n. 2
Titolo: La collaborazione tra il medico di MG e lo psicologo: Valutazione degli effetti
della consulenza in copresenza.
Autori: Francesca Greco (*) Barbara Cordella (*), Michela Di Trani (*), Alessia Renzi (*),
Luigi Solano (*)
Affiliazione: (*) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche - Sapienza Università di
Roma
Relatrice: Francesca Greco
E-mai: [email protected]
Introduzione: La Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università la
Sapienza dal 2001 ha attivato un protocollo sperimentale d’intervento che vede lavorare in
copresenza il medico di medicina generale (MMG) e lo psicologo. Tale protocollo è stato
sviluppato con l’obiettivo di favorire il benessere bio-psico-sociale delle persone attraverso
un intervento di prevenzione volto a cogliere il disagio psichico nelle fasi iniziali, riducendo
i tempi e i costi che il trattamento di un quadro cronico comporta. La letteratura, infatti,
evidenzia che l’84% delle richieste rivolte al MMG non hanno un’eziologia organica e il
70% riguardano problemi di carattere psicosociale. Inoltre, il disagio sociale sembra
essere associato ad un aumento delle richieste di diagnosi e terapia ai MMG, che
comporta un aumento dei costi della Sanità. Tale effetto è tanto più rilevante se si
considerano i disagi psicosociali connessi all’attuale crisi in cui versa il paese e
contemporaneamente le politiche di riduzione dei costi della Sanità. Inoltre, è necessario
considerare lo stigma connesso al disagio psichico che porta ad una crescente caduta
degli invii allo psicologo non favorendo una riduzione dei costi.
Materiali e Metodi: Al fine di esplorare l’effetto dell’intervento in copresenza sulla capacità
dei pazienti di rivolgersi allo psicologo, questo studio prende in esame i pazienti (n=227) di
studi medici di MG del Lazio (n=3) con il propensity score matching. Lo strumento di
rilevazione dati utilizzato è stato il questionario autocompilato a domande chiuse ed
aperte.
Risultati: I risultati dimostrano che i pazienti, abbinati per le caratteristiche sociodemografiche e per l’aver usufruito in precedenza della consulenza psicologica, non
presentano differenze significative per quanto riguarda l’utilità generica dello psicologo né
il fatto che egli si occupi non solo di patologie, ma anche di problemi di vita. Tuttavia,
esistono differenze statisticamente significative relativamente alla probabilità che il
paziente ritenga utile l’intervento dello psicologo per se stesso (OR=4,3%; CI=1.30-14.47;
p<0.01).
Conclusioni: L’effetto sembra, quindi, consentire il superamento dello stigma connesso al
disagio psichico, facilitando la possibilità di affrontare le proprie difficoltà prima che esse si
organizzino in un quadro cronico. Questo risultato sembra particolarmente interessante se
si considera che esso viene rilevato entro un contesto tradizionalmente associato alla
patologia come quello degli studi medici di base.
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13
Abstract n. 3
Titolo: I Gruppi Balint: un aiuto concreto per gli operatori sanitari
Autori: Grazia Chiarini (*), Silvia Grassi (*), Maria Pia Urbani (*)
Affiliazione: Istituto di Formazione Psicosomatica Firenze
Relatrice: Dott.ssa Grazia Chiarini, Medico Psicoterapeuta, Analista Transazionale
E-mail: [email protected], [email protected], [email protected]
Introduzione: Ritmi serrati di lavoro, grande afflusso di gente negli ambulatori, richieste
improprie, notevole carico burocratico possono mettere a dura prova il rapporto medicopaziente, influenzando anche il decorso della malattia. Da una recente analisi emerge che
la buona qualità di questa relazione migliora l’adesione alla terapia e conseguentemente
la prognosi della malattia (“Le Scienze”11 Aprile 2014). Circa il 4-5% della popolazione
generale e il 5-10% dei soggetti che si rivolgono a un ambulatorio soffre di sintomi non
spiegabili da una fisiopatologia nota (UMS, UnexplainedMedicalSymptoms), senza riuscire
a dare un significato del perché di quel sintomo e proprio in quel momento della vita.
Gravano sull’attività professionale del medico, sottraendo tempo ed energie alla vita
privata e creando i presupposti per uno stato di burn-out, anche la gestione delle notizie
infauste, l’impotenza terapeutica in alcune patologie, il timore di denunce, la
maleducazione, la diversità di linguaggio, lo stress emotivo, il sistema informatico, le
pressioni del budget, l’abituarsi alle nuove forme di aggregazione territoriale, AFT e UCCP
Materiali e Metodi: La formazione mediante la tecnica dei "Gruppi Balint" può diventare
un aiuto professionale efficace e non opzionale. Consiste nel frequentare un gruppo di
medici, condotto da una figura adeguatamente formata, un medico di medicina generale,
uno psicologo o uno psichiatra, che s’incontra con cadenza quindicinale per otto volte a
ciclo. Non è una discussione di casi clinici né un gruppo di aiuto psicoterapeutico per i
medici ma uno spazio in cui è favorita la dimensione emotiva ed immaginativa presente
nella relazione medico-paziente.
Conclusioni: La metodologia Balint consente di acquisire una capacità in più, che, con il
tempo, porta “una modificazione notevole seppur parziale della personalità del
medico” (Balint,2014) che migliora la relazione, previene il burn out e diminuisce la spesa
sanitaria.
Riferimenti bibliografici:
M. Balint (2014), Medico, paziente e malattia, Fioriti editore, Roma.
Abstract n. 4
Titolo: Governance e valutazione nei servizi socio-sanitari: dalla teoria alla pratica.
Autori: Barbara Calderone (*), Stefano Fabbri (*), Matteo Gaggi (*)
Affiliazione: (*) Ufficio per la Programmazione Sociale e Sanitaria- Settore Servizi Sociali
Unione dei Comuni “Valle del Savio”
Relatrice: Barbara Calderone
E-mail: [email protected]
Introduzione: A partire dall’esperienza “pratica” e dal lavoro quotidiano dell’Ufficio di
Piano distrettuale del Distretto Cesena-Valle Savio (nella provincia di Forlì-Cesena in
Regione Emilia Romagna), l’intervento vuole evidenziare le differenze tra teoria e pratica
in tema di programmazione integrata socio-sanitaria a livello distrettuale.
Nello specifico si vogliono mettere in luce gli scostamenti principali che riguardano:
- il processo di programmazione locale dei servizi socio-sanitari più strutturati
(minori, anziani e disabili)
- gli attori coinvolti nel sistemi di governance locale
- il ruolo e le funzioni dell’ufficio di piano
- i sistemi/modelli di valutazione applicati alla programmazione stessa.
14
Se è vero infatti che, da un lato, le norme (nazionali, regionali e comunali) [1] esplicitano i
principi guida e dettagliano i modelli organizzativi di programmazione integrata e che,
dall’altro, in teoria la valutazione è considerata ormai una componente necessaria,
costitutiva, determinante di ogni processo di progettazione e dimensione che percorre
tutta la progettazione [2], è altrettanto vero che la declinazione operativa della
programmazione e della valutazione passano necessariamente da come i vari contesti
locali (comunale, distrettuale, sovradistrettuale..) e i differenti attori coinvolti (regione, enti
locali, aziende sanitarie, aziende pubbliche di servizi alla persona, cooperative e imprese
sociali, associazioni del terzo settore e utenti dei servizi) la intendono e sono in grado di
attuarla in pratica, nei loro diversi livelli (politico, tecnico e operativo).
Risultati attesi: l’intervento cercherà di suggerire possibili risposte alle seguenti
domande:
- quanto e come è possibile rendere la ricerca-valutazione davvero parte integrante
del processo di programmazione socio-sanitaria locale?
- Come sviluppare sistemi di valutazione sostenibili che rispetto alla progettazione
contemplino interventi in tutte le 4 fasi previste (ex ante, in itinere, ex post e di
follow up) e coinvolgano tutti i diversi attori?
- Come focalizzarsi su una valutazione di efficacia dei servizi, che non trascuri però
anche analisi di efficienza, accessibilità, equità, tempestività, appropriatezza e
soddisfazione degli utenti e degli operatori?
- Quali le strategie sono percorribili per rendere coerenti i vari obiettivi di
programmazione dettati dai diversi enti coinvolti e finanziatori del sistema (vincoli
nazionali di utilizzo delle risorse, indicazioni regionali di offerta di servizi e relativi
vincoli di spesa, indicazione di politica e vincoli di bilancio comunale, priorità e
vincoli di bilancio della sanità, istanze dei gestori dei servizi, esigenze e bisogni
assistenziali degli utenti, istanze dei cittadini e delle loro associazioni… )?
- Come armonizzare i diversi strumenti di programmazione e monitoraggio presenti
(bilanci economici preventivi e consuntivi, piani di zona triennali e programmi
attuativi annuali, piani economici gestionali e bilanci sociali…)?
- Come conciliare le differenti (e tutte legittime) letture e interpretazioni dei “risultati”
ottenuti (ad es. un risparmio economico del 5% delle risorse rispetto alla spese
preventivate è un risultato positivo o negativo? Un aumento del 30% annuo di
utenti di un servizio è indice di maggior efficacia o mancato governo della
domanda? …)?
- Quali indicatori raccogliere per alimentare in maniera coerente i diversi sistemi
informativi e le numerose banche dati verso cui il sistema ha debiti informativi (piani
economici gestionali/PEG- dei comuni, indicatori nei piani di zona triennali e nei
programmi attutivi annuali, sistemi informativi dell’Azienda USL, banche dati sociosanitarie regionali, indagini nazionali ISTAT e SOSE…).
Conclusioni: In estrema sintesi, la sfida sembra essere quella di riuscire ad implementare
un modello di valutazione pragmatico, sostenibile e utile, per servizi schiacciati quasi
sempre su problemi contingenti e privi del tempo necessario per riflettere sul proprio
operato (autovalutazione), il tutto in un contesto di continua riorganizzazione istituzionale
(nascita delle Unione dei Comuni e delle città metropolitane, abolizione delle Province,
aggregazioni della vecchie Ausl di dimensione sottoprovinciale in grandi Ausl di Area
Vasta…).
Riferimenti normativi e bibliografici:
1. Legge 328/2000, Leggi Regionali Regione ER n.2/2003, n.29/2004 e n.22/2013, Delibere di Assemblea
legislativa Regione ER n.175/2008 e n.117/2013, Delibere di Giunta Regionali Regione ER n.509/2007 e
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2. Altieri L. (2014), “Bussole e chiavi per navigare e valutare. Valutazione della progettazione e web”, in
Cipolla C. a cura di, La progettazione sociale nella web society, Franco Angeli, Milano
15
Abstract n. 5
Titolo: Valutazione di esito dei percorsi assistenziali di pazienti in trattamento nelle
strutture residenziali accreditate della provincia di Ferrara
Autori: Cristina Sorio (sociologa) (*), Paolo Pasetti (statistico) (*)
Affiliazione: Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale
Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, 0532
233718
Relatrice: Cristina Sorio
E-mail: [email protected]
Introduzione: Dalla revisione della letteratura del Gruppo Cochrane sui trattamenti in
Comunità Terapeutiche per disturbi correlati all’abuso di sostanze, emergono deboli
evidenze di efficacia degli interventi residenziali (CochraneDrugs and Alcohol Group,
2008), tuttavia nonostante l’assenza di prove disponibili in grado di identificare l’elettività di
un singolo percorso, la comunità scientifica concorda nel ritenere auspicabile affrontare la
complessità del disturbo da dipendenza da sostanze associando le terapie farmacologiche
a interventi psico-sociali.
Materiali e metodi: Lo studio sull’esito dei percorsi terapeutici residenziali seguiti dai
pazienti dei SerT dell’Azienda USL di Ferrara valuta i determinanti della pratica
terapeutico-riabilitativa delle strutture del privato sociale accreditato in un periodo di oltre 7
anni. È stato misurato l’esito confrontando i risultati ottenuti rispetto ai problemi di
dipendenza e agli obiettivi terapeutici. Lo studio valuta l’effectiveness dei programmi
terapeutici residenziali attivati sui pazienti con dipendenza da eroina, cocaina e alcool,
analizzando il livello di compliance al trattamento raggiunta nel tempo. Viene presa in
esame una coorte retrospettiva dinamica di 292 pazienti per un periodo di osservazione
che va dal 1/1/2005 al 31/05/2012. Viene valutato il rischio di abbandono generale e viene
descritto il suo andamento in relazione a potenziali predittori di carattere socio-economico,
stimando il contributo delle diverse cause; viene analizzata l’associazione tra alcuni
possibili predittori sociodemografici e la sopravvivenza.
Risultati: In termini descrittivi, la popolazione inserita in programmi terapeutici residenziali
è in prevalenza maschile (77,7%), ha un grado di istruzione basso (73,1% media
inferiore), è in larga misura disoccupata (44,4%), ha avuto nel corso della vita problemi
giudiziari (51,8%), è arrivata al servizio prevalentemente con dipendenza da eroina
(64,3%) o alcol (24,7%) e un’età media all’ingresso nel primo percorso di 36,4 anni.
Conclusioni: Applicando il modello di regressione logistica dicotomico, una serie di
variabili sembrano essere correlate alla ritenzione in trattamento residenziale: età di
ingresso inferiore ai 35 anni e concomitanti disturbi psichiatrici in evidenza prima della
comparsa del consumo di eroina. L'avere avuto problemi con la giustizia (OR=1,96) e la
dipendenza da sostanze primarie cocaina o alcol associate a sostanze secondarie
(OR=1,37) sono risultati forti predittori di interruzione del trattamento.
16
Abstract n. 6
Titolo: La valutazione dell’integrazione sociosanitaria: una review sistematica della
letteratura.
Autori: Lucia Ferrara (*), Giuseppe Moro (**)
Affiliazione: (*) dottoranda in Scienze delle relazioni Umane – curriculum “Progettazione
e valutazione delle politiche sociali”, Università degli Studi di Bari.
(**) professore ordinario di Sociologia, Università degli Studi di Bari
E-mail: [email protected]
Introduzione: L’invecchiamento, l’aumento della cronicità e la scarsità di risorse
rappresentano i nodi della società odierna nella riprogettazione delle politiche di welfare. I
modelli di cure esistenti, frammentati e a compartimenti stagni, non sono più adeguati a
rispondere alle necessità di una crescente popolazione anziana con bisogni sanitari
multipli, complessi [1], continuativi ed onerosi. È ormai condiviso che per migliorare la
salute ed il benessere dei cittadini, sia necessario, offrire l’accesso e l’erogazione dei
servizi garantendo un approccio socio sanitario integrato, specialmente per le categorie
più fragili della popolazione, e proteggere indistintamente i cittadini contro i rischi
economico-sociali legati alla malattia [2]. Tuttavia, nonostante l’attenzione crescente nei
confronti dell’integrazione e delle potenzialità ad essa connesse, l’efficacia assoluta e
comparativa dei programmi di integrazione rispetto ai diversi modelli di presa in carico dei
pazienti fragili e l’ampiezza con cui i servizi sono integrati per rispondere ai bisogni sanitari
dei pazienti è spesso sconosciuta e raramente misurata e mancano a livello internazionale
delle valutazioni robuste sull’efficacia dei programmi di integrazione [3,4].
Obiettivi: Data la centralità attribuita all’integrazione, risulta, pertanto, necessario e di
estrema attualità e importanza sviluppare sistemi di valutazione e monitoraggio
metodologicamente robusti per valutare gli effetti e i fattori che determinano e rendono
possibile l’integrazione [5] al fine di supportare i decisori politici e le fasi di
programmazione degli interventi.
Materiali e metodi: Il presente lavoro intende rispondere a questa necessità e ha
l’obiettivo di identificare quali ricerche valutative sull’integrazione sono state condotte,
quali sono i metodi di valutazione, gli approcci, i framework di valutazione e gli strumenti di
valutazione dell’integrazione presenti in letteratura, al fine di definire gli indicatori valutativi
utili a misurare gli effetti dell’integrazione e comprendere quali fattori e meccanismi
favoriscono e rendono possibile l’integrazione.
Risultati e conclusioni: A tal fine è stata condotta una review della letteratura che ha
permesso di individuare dieci strumenti di valutazione dell’integrazione potenzialmente
interessanti e sei dimensioni chiave di valutazione dell’integrazione. I risultati della review
forniscono una base per la definizione di un framework di valutazione degli effetti
dell’integrazione e per individuare i meccanismi che la determinano.
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17
Abstract n. 7
Titolo: Qualità ed economicità: un binomio possibile? Il percorso per la
riabilitazione del paziente con frattura di femore nell'area metropolitana di Bologna
Autrici: Adalgisa Protonotari*, Ilaria Castaldini**, Antonella Dallari°, Anna Poli°°,
Alessandra Renopi**, Lucia Grazia**
Affiliazione: *Direttore Programmazione e Controllo, **Collaboratore Programmazione e
Controllo, °Dirigente Professioni Sanitarie Area Riabilitazione, °°Responsabile Percorsi
della Riabilitazione. Azienda USL di Bologna.
Relatrice: Adalgisa Protonotari
E-mail: [email protected]
Introduzione: Il trattamento chirurgico e riabilitativo del paziente con frattura di femore
secondo standard qualitativamente elevati rappresenta uno dei temi di rilievo che le
aziende sanitarie pubbliche si trovano ad affrontare sia per le conseguenze sullo stato
clinico e funzionale del paziente che per i costi sanitari e sociali collegati al mancato
recupero dell’autonomia pre-frattura.
L’area Metropolitana di Bologna presentava risultati disomogenei nelle quattro strutture
ospedaliere dedicate alla gestione del paziente con frattura di femore. Era necessario un
incremento dell’integrazione e della flessibilità organizzativa per migliorare la tempestività
dell’intervento chirurgico, l’appropriatezza del setting riabilitativo, e la sostenibilità dei
modelli organizzativi.
Materiali e metodi: Per questo, nel 2012 le Aziende sanitarie pubbliche (AUSL, AOSP e
Istituto Ortopedico Rizzoli) e gli Ospedali Privati Accreditati hanno costruito insieme il
Percorso Riabilitativo per i pazienti con Frattura di Femore con l’obiettivo di garantire a tutti
una risposta appropriata e omogenea. Il Percorso individua: 6 “Cluster” di pazienti con
caratteristiche clinico-funzionali-sociali omogenee, a ciascun cluster sono associati i
Setting riabilitativo/assistenziali (Lungodegenza, Riabilitazione Estensiva e Intensiva,
Casa Residenza per Anziani ad elevata intensità di assistenza o trattamento in
ambulatorio/domicilio) appropriati. La valutazione del paziente si basa su Scale di
Valutazione (ASA score, Charlson Index, DS Scale, Barthel Index, CAM, ADL etc)
condivise che prendono in esame lo stato cognitivo e funzionale pre-frattura, le
comorbidità e le complicanze post-operatorie, la concessione del carico, la situazione
familiare del paziente e le condizioni abitative1-3
Risultati: Rispetto al 2011 (assenza di percorso), il 2013 evidenzia ottimi risultati in termini
di efficienza organizzativa: pazienti operati nelle 48 h (da 55% a 80%), tempo di attesa per
trasferimento in cure intermedie (da 5 a 2gg), degenza media fase acuta (da 12,3 a
11,4gg) e post acuta (da 22,5 a 21,7gg); appropriatezza nella scelta del setting
assistenziale: utilizzo della riabilitazione intensiva per i più giovani e clinicamente stabili e
delle strutture di long term care per i più anziani, instabili, con deficit cognitivi e scarso
sostegno parentale; outcome: re-ricoveri a 30 gg (da 9,8% a 6,7%), mortalità intraospedaliera (da 2,5% a 1,6%), a 30 gg (da 4,6% a 3,6%) e a 90 (da 11,2% a 9,2%);
economicità: calo di 560€/pz nella fase acuta e 76 nella riabilitativa (-€1.280.000 spesa
pubblica Metropolitana).
Riferimenti bibliografici:
1. New Zealand Guidelines Group (2003). Acute management and immediate rehabilitation after hip
fracture amongst people aged 65 years and over. Wellington: New Zealand Guidelines Group.
2. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (2009). Management of hip fracture in older people, National
clinical guideline 111. Disponibile al sito: http://www.sign.ac.uk/pdf/sign111.pdf.
3. Institute for Health and Clinical Excellence (2011). Clinical Guideline 124. The management of hip
fracture in adults. Disponibile al sito: http://www.nice.org.uk/nicemedia/live/13489/54918/54918.pdf.
18
SESSIONE 3: Salute e web society: teoria e ricerca
Coodinatori: Cleto Corposanto, Mauro Moruzzi
Abstract n. 1
Titolo: Salute e malattia nella web society
Autrice e relatrice: Antonella Golino
Affiliazione: Università degli Studi di Cagliari
E-mail: [email protected]
Introduzione: Gli ambienti digitali utilizzati per l’accesso ad informazioni relative alla
salute,alla malattia e alla medicina segnano mutamenti all’origine dell’età dell’informazione
(Castells, 2010) contraddistinta dall’utilizzo di tecnologie digitali utilizzate anche in ambito
sanitario e in grado di fornire un’ampia scelta di modalità per promuovere la salute. Il
dibattito attuale verte proprio su specifici temi in ambito sociale ed epistemologico,che
sono oggetto di confronto tra gli studiosi che si occupano del tema della salute e dalla
malattia on line (Cipolla, Maturo 2013; Eysenbach 2001; Gatti 2012; Santoro 2011; Seale
2002).
Obiettivi, Materiali e Metodi: Lo scopo del presente contributo, di natura teorica, è quello
di proporre una riflessione su tali tematiche, approfondendo due concetti fondamentali: eHealth e m-Health.
Risultati: L’e-Health viene definito come un campo di studi emergente “all’intersezione tra
l’informatica medica, il sistema sanitario pubblico ed il mercato, che si riferisce a servizi ed
informazioni sanitarie supportati attraverso internet e le tecnologie a queste
collegate” (Eysennbach, 2001, p.20). Ma l’e-Health non è solo tecnologia, costituisce un
sistema più ampio finalizzato al supporto dei processi sanitari e amministrativi delle
aziende sanitarie, alla gestione delle relazioni tra strutture e pazienti per l’assistenza, al
governo dei sistemi sanitari regionali e nazionali.
Con m-Health (mobile health), si indicano quelle applicazioni per dispositivi mobili -tablet,
smartphone, portatili- che permettono di intervenire con varie modalità sulla salute. Sono
ormai quasi centomila le app sanitarie (EuropeanCommision, 2014) attraverso le quali
possiamo intervenire in moltissimi modi nella gestione della nostra salute. Semplificando
potremmo dire che le app permettono di creare,accumulare e condividere informazioni,
esse ci permettono di gestire in modo più autonomo alcuni aspetti della nostra salute. In
questo modo si realizza ciò che viene comunemente detto empowerment del paziente
(Maturo, 2014)
Conclusioni: I media costituiscono una sorta di archivio e base per le risorse di carattere
informativo a cui le persone attingono in caso di necessità e non solo per meglio
comprendere le proprie esperienze di salute (Seale, 2003; Corposanto C. e Corposanto S.
2014), rappresentando un aspetto di quella che è stata definita web society (Cipolla,
2013). L’ICT costituisce dunque una variabile che entra nella pratica sanitaria per
diventarne, allo stesso tempo, parte intrinseca e rilevante fattore del cambiamento e di
innovazione, nei processi di cura.
Riferimenti Bibliografici:
1. Ardigò A. (1997), Salute e società. Lineamenti di sociologia sanitaria, Franco Angeli, Milano.
2. Castells M. (2010), The rise of the network society: the information age: economy, society and culture,
Oxford, Wiley Blackwell, Vol 1.
3. Cipolla C. (2013), Perché non possiamo essere eclettici. Il sapere sociale nella web society, Franco
Angeli, Milano.
4. Cipolla C., Maturo A., (2013), Sociologia della salute e web society, Rivista Salute e Società,Franco
Angeli, Milano.
19
5. Corposanto C., Corposanto S. (2014), Di cosa parliamo quando sciviamo #health,#salud,#salute? Le
interpretazione di un concetto multidimensionale utilizzato su Twitter, in (a cura di ) Corposanto C.,
Valstro A., Blog, Fb,Tw.Fare ricerca sociale on line, Milano,Giuffrè, pp.187-218.
6. Eysenbach G. (2001), What is E-Health?, Journal of Mediacal Internet Research, Apr-Jun, 3 (2).
7. Gatti W., (2012), Sanità e web. Come internet ha cambiato il modo di essere medico e malato in Italia,
Springer, Milano.
8. European Commision, (2014), Green paper on Mobile Health.
9. Hine C. (2005), Virtual methods and the sociology of Ciber-Social-Scientific Knowledge, in Hine C.,
Virtual methods:issues in social research on the internet, Oxford, Berg, pp. 1-13.
10. Mulgan J. (2014), Innovazione sociale, Egea, Milano.
11. Santoro E. (2011), Web 2.0 e social media in medicina, Pensiero Scientifico Editore, Roma.
12. Seale C. (2002), Media & Health, Sage, London.
13. Seale C. (2003), Health e media: an Overview, in Sociology of Health and Illness, 25, 6, pp.513-531.
14. Maturo A. (2014), m-Health e Quantified Self: sviluppi, potenzialità e rischi, in (a cura di) Corposanto C.,
Lombi L., e-Methods and web society, Salute e Società, Anno XIII, n.3, 2014, pp. 161-170.
Abstract n. 2
Titolo: Health Information System & Sanità: il caso degli IRCCS
Autori: Anna Maria Melina(*),Teresa Gentile(*),Marzia Ventura(*), Walter Vesperi (°)
Affiliazione: (*)Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali
Università di Catanzaro “Magna Græcia” (°)Dipartimento di Scienze, Economiche
Aziendali, Ambientali e metodologie quantitative, Università degli Studi di Messina
Relatrice: Anna Maria Melina
E-mail: [email protected] - [email protected], [email protected],
[email protected], [email protected]
Introduzione: Nell’ultimo anno, la sanità digitale è finalmente entrata nei piani di azione
del governo: dalle linee guida sul Fascicolo sanitario elettronico al patto di sanità digitale
fino al più recente Piano Crescita Digitale (Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità,
2014-2015). In questo momento di forte cambiamento l’Information and Communication
Technology (I.C.T.) si trasforma da commodity in leva strategica. Le nuove applicazioni
disponibili riescono infatti a garantire l’automatica archiviazione dei dati, a ridurre la
percentuale di errori clinici, causati dall’illeggibilità degli ordini scritti a mano e da errori di
calcolo e trascrizione dei medici, etc. Grazie alle nuove tecnologie di automazione il
sistema sanitario può evitare l’accadimento di taluni fattori, sfruttando al meglio le risorse,
segnalando incoerenze e fornendo agli operatori un supporto decisionale basato
sull’evidenza e sulla centralità del paziente. Cartella Clinica Elettronica (C.C.E.) e
Fascicolo Sanitario Elettronico (F.S.E.) ne sono un esempio. Quello che si registra oggi, a
livello nazionale, è però uno sviluppo disomogeneo non solo per la C.C.E. ma anche per il
F.S.E., seppur comprensibile data l’articolazione su tre differenti livelli di autonomia
politico-istituzionale in cui si trova il Servizio Sanitario Nazionale, tra Stato, Regioni e
Aziende locali.
Obiettivi, Materiali e Metodi: La consapevolezza della necessità di un cambio di passo
varato dal Governo, con l’obiettivo di trasformare gli investimenti ICT in motore di sviluppo,
viene affrontato nel lavoro di ricerca, che vuole fare il punto sulla diffusione a livello
regionale e nazionale dei principali ambiti di innovazione digitale quali Cartella Clinica
Elettronica e Fascicolo Sanitario Elettronico. Per quanto riguarda la definizione del bacino
di indagine si è ritenuto particolarmente rilevante focalizzarsi, in primis, sugli Istituti di
Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) presenti sul territorio Italiano. La raccolta
delle informazioni è avvenuta attraverso la somministrazione di un questionario al
referente aziendale chiave rispetto la dimensione in oggetto, oltre che l’analisi sitografica,
per avere la visione di insieme sugli sviluppi e diffusione degli stessi.
Riferimenti Bibliografici:
1. Ministero della Salute www.salute.gov.it;
20
2. Rapporto Politecnico di Milano (2012), “ICT in Sanità: Mettere in circolo l’innovazione”;
www.osservatori.net;
3. Buccoliero L., Caccia C., Nasi G. (2002), “Il sistema informativo automatizzato nelle aziende sanitarie”,
McGraw Hill, Milano;
4. Caccia C. (2008), “Management dei sistemi informativi in sanità”, McGraw Hill, Milano;
5. Losito B. (2013), Qualitativo e quantitativo nella costruzione di questionari su larga scala” pp.219-230; in
Cipriani C., Cipolla C., Losacco G. (2013), “La ricerca qualitativa fra tecniche tradizionali ed e-methods”
Laboratorio Sociologia, Franco Angeli, Milano;
6. Corposanto C. (2002), “Il ciclo statistico della ricerca sociale”, Franco Angeli, Milano;
7. Del Vecchio M. (2002), “L’evoluzione delle funzioni innovative nelle aziende del SSN: il senso di una
ricerca”, Mecosan, n.43;
8. Joint Commission International (JCI); http://it.jointcommissioninternational.org;
9. Reina R. (2013), “Gestire la coscienza in Sanità”, Rubbettino, Soveria Mannelli;
Abstract n. 3
Titolo: e-Care, percorsi di partecipazione. Tre iniziative per raccogliere ed accogliere
il punto di vista e le esperienze del cittadino assistito da OSA attraverso il portale
della Cooperativa: partecipa.osa.coop
Autori: Maria Chiara Galizi (*); Francesco Giuffrida (*); Daniele Palumbo (*);
Affiliazione: Operatori Sanitari Associati OSA Soc.Coop.Sociale a r.l.- onlus
Relatrice: Maria Chiara Galizi
E-mail: [email protected]
Introduzione: A circa un anno dalla presentazione in occasione del V Convegno
Nazionale SISS del Programma e-Care dedicato al coinvolgimento degli assistiti OSA, si è
concluso lo sviluppo informatico del sito web loro dedicato.
Obiettivo, materiali e metodi: Il nome del sito web partecipa.osa.coop è stato preferito
ad opzioni come “pazienti o assistiti” perché si è voluto spostare il focus da una passiva
condizione di bisogno verso un ruolo attivo e partecipe alla relazione di cura. L’invito vuole
essere quello di raccontare e condividere, esprimere giudizi e valutazioni sul servizio,
entrare a far parte di una famiglia virtuale, in una parola: partecipare.
Il portale, attualmente online e accessibile gratuitamente da tutti gli utenti e famigliari in
assistenza con OSA, è suddiviso in 3 sezioni:
1. L’Area pazienti offre la possibilità di compilare 2 questionari finalizzati al monitoraggio
e al miglioramento del servizio: uno riferito alla qualità dell’assistenza che si riceve;
l’altro in riferimento al cambiamento nel tempo della condizione di salute dell’assistito;
2. Il Blog è uno spazio all’interno del quale ciascun utente può narrare e condividere con
gli altri la propria storia di malattia e assistenza, producendo un valore terapeutico per
se stesso e per chi legge;
3. La Community è un luogo virtuale nel quale è possibile chattare in tempo reale sulle
diverse tematiche legate al mondo dell’assistenza trovando aiuto, consiglio, solidarietà,
comprensione e interessi in comune, ma proporre e consigliare miglioramenti per il
servizio.
Risultati: Lo sviluppo informatico del sito web è durato circa 3 mesi. A questa è
susseguita una fase di test non pubblica, mediante la quale è stato collaudato
internamente per verificarne l’effettiva fruibilità.
Conclusioni: La pubblicizzazione del Programma e-Care avviene attraverso due azioni
simultanee:
1. I professionisti sanitari consegnano una busta sigillata contenente del materiale
informativo e nell’arco di un anno solare raggiungeranno per circa 3.500 pazienti in
ADI su una Asl laziale.
2. Il sito web viene registrato presso il motore di ricerca Google ed indicizzato
permettendone il collocamento nelle prime posizioni di ricerca per parole chiave legate
alla Coop. OSA e alle iniziative online dedicate al coinvolgimento degli assistiti.
21
Le iniziative saranno successivamente rese accessibili a tutti i pazienti OSA sul territorio
nazionale (anno 2013 totale assistiti: 27.469).
Abstract n. 4
Titolo: hAPPyMamma. Il disegno dell’implementazione e della valutazione di
un’applicazione mobile nel percorso materno infantile nell’ASL5 di Pisa.
Autrici: Sabina De Rosis(*), Manila Bonciani (*)Milena Vainieri (*),Patrizia Scida (°)
Affiliazione: (*) Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, (°) ASL 5 di Pisa
Relatrice: Sabina De Rosis
E-mail: [email protected]
Introduzione: La mHealth, ambito emergente dell’eHealth, contempla l’integrazione delle
tecnologie di comunicazione mobile nel processo di erogazione dell’assistenza sanitaria
[1,2]. Rappresenta un enorme potenziale di miglioramento di qualità ed efficienza in
sanità, ma anche di empowerment e miglioramento dell’educazione (healthliteracy) del
paziente-utente [3,4,5].
Obiettivi, materiali e metodi: Nonostante l’ampia ed incrementale diffusione di
smartphone e delle relative applicazioni gratuite o a basso costo faccia di questa
soluzione tecnologica uno strumento dal grande potenziale nel settore sanitario [5], in
letteratura sono ancora poche le evidenze sull’impatto del loro utilizzo da parte degli utenti
[6]. La ricerca sull’introduzione di soluzioni tecnologiche in specifici contesti è utile sia per
poter valutare l’impatto e la fattibilità, sia per poter fornire implicazioni pratiche
nell’erogazione dei servizi sanitari. Infatti l’utilizzo ed il successo di queste tecnologie può
essere differente sulla base del contesto, del servizio offerto e delle caratteristiche
dell’utente cui si rivolge [7]. In particolare le donne che iniziano una gravidanza sono utenti
giovani, che preferirebbero ricevere maggiori informazioni anche attraverso nuove
tecnologie [8,9].
Risultati: Questo studio descrive la modalità con cui introdurre una nuova tecnologia
legata al mHealth e le modalità di valutazione del suo impatto all’interno del percorso
materno infantile. L’intervento di mHealth analizzato in questo studio è l’introduzione di
un’applicazione mobile “hAPPyMamma” all’interno del percorso materno infantile dell’Asl 5
di Pisa, che rientra in una più ampia e complessa riorganizzazione del percorso nascita
dell’azienda territoriale. In particolare lo scopo dell’applicazione è duplice: 1) fornire
informazioni sull’offerta assistenziale del percorso nascita e sulle possibilità di tutela e
promozione della salute propria e dei loro bambini (maternalhealthliteracy) [10] 2) facilitare
l’accesso delle donne ai servizi dell’azienda attraverso la possibilità di prenotare alcune
visite ed esami tramite app.
Conclusioni: Il presente studio ripercorre i presupposti su cui si sono basati: la definizione
degli scopi dell’app; la sua progettazione; il disegno del processo di introduzione all’interno
del percorso sanitario, evidenziando le scelte e le difficoltà incontrate nello sviluppo della
nuova tecnologia ed le modalità con cui sarà valutato l’impatto dell’utilizzo dell’app
sull’accesso ai servizi da parte delle donne e la loro soddisfazione. Riferimenti bibliografici:
1. World Health Organisation (2011). mHealth – New horizons for health through mobile technologies,
Global Observatory for eHealth series - Volume 3. WHO
2. Handle (2011). mHealth (mobile health) - Using apps for health and wellness. Explore 2011, 7 (4)
3. GL Kreps, L Neuhauser. E-health and health promotion. J ComputMediatCommun 2010;15:527-9
4. European Commission (2014). Green Paper on mobile Health ("mHealth")
5. Broderick J, Devine T, Langhans E, Lemerise AJ, Lier S, Harris L (2014). Designing Health Literate
Mobile Apps. Institute of Medicine, National Academy of Science
6. Qiang CZ, Yamamichi M, Hausman V, Altman D (2011). Mobile Applications for the Health Sector.
Worlds Bank
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Aldhaban, F. (2012) Exploring the adoption of Smartphone technology: Literature review. Technology
Management for Emerging Technologies (PICMET), 2012 Proceedings of PICMET '12, pp.2758-2770
8. S. Nuti; A.M. Murante (2013), Il Percorso Nascita in Toscana: l'esperienza delle donne , Lab. Mes - Ist. di
Management Scuola Sup. di Studi Univ. e di Perfez. Sant'Anna
9. A.M. Murante; S. Nuti; D. Matarrese (2014), Il quaderno del percorso materno infantile, Edizioni
Polistampa
10. Renkert S, Nutbeam D (2001). Opportunities to improve maternal health education through antenatal
education: an exploratory study
Abstract n. 5
Titolo: Zapping e shopping sentimentale nella web society: le relazioni virtuali nelle
chat per fare nuove conoscenze
Autrice e relatrice: Arianna Caccia
E-mail: [email protected]
Introduzione: Il presente contributo è finalizzato ad illustrare le principali peculiarità delle
relazioni sociali nate attraverso le chat per fare nuove conoscenze. Fenomeno in continua
espansione, grazie alle relative applicazioni scaricabili direttamente su smartphonee iphone: un’evoluzione 2.0 dell’odierna socializzazione unita ad un ampliamento della
definizione di capitale sociale [Coleman 1988], con riferimento alle comunità virtuali, inteso
come elemento della promozione del benessere individuale e collettivo. Il proliferare dei
siti d’incontro è una vera e propria attività ricreativa in cui gli utenti
hanno la sicurezza di poter sempre tornare sul mercato per un altro giro di shopping
sentimentale [France 2002]. La virtualizzazione ha determinato un mutamento delle
relazioni sociali, del valore e del senso attribuito ad affetti e amicizie: una moltitudine
solitaria [Ferraresi 2009]. Ciascuna relazione può avere breve durata, ma la loro
sovrabbondanza è indistruttibile: una massa di individui isolati, uno sciame, a cui i telefoni
cellulari hanno contribuito a perseverarne le fattezze [Bauman 2004].
Risultati: L’utilizzo di dispositivi mobili rende l’individuo indipendente dai luoghi: la
persona diventa il portale [Marinelli 2004]. Emerge una multidimensionalità di sessualità e
sentimenti mediata da uno schermo [Fabris, 2001]. Le chat offrono l’opportunità di
ampliare il proprio capitale sociale che influisce sul benessere. È l’insieme delle relazioni
di un individuo [Coleman 1988], si divide in bonding, relazioni stabili di lungo periodo come
famiglia, amici stretti e brindging, relazioni meno intense portatrici di stimoli.
Una rete virtuale è un ottimo fornitore di capitale brindging[Schuller, Baron, Field 2000]:
permette di portare costantemente le connessioni con sé tramite l’accesso ad internet
[Proserpio 2011].
Conclusioni: L’espansione delle chat verte su: Economia di tempo, perché si può chattare
in qualsiasi momento; economia di spazio, in quanto si può entrare in contatto con
persone geograficamente lontane, abbattendo i limiti spaziali; economia emozionale, nel
senso che, nel momento in cui una conversazione online annoia, si può passare alla
successiva. La paura del rifiuto appare ovattata dalla Rete. Nella web society [Cipolla
2013; 2014] e nell’età liquido-moderna [Bauman 2004], mediante lo zapping e lo shopping
sentimentale, basta un click per conoscersi, incontrarsi, frequentarsi, tradire, fare l’amore,
lasciarsi e ricominciare quest’iter relazionale-seduttivo.
Riferimenti bibliografici:
1. Bauman Z. (2004), Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Roma-Bari; titolo
dell’edizione originale Liquid love. On the family of Human Bonds, Polity Press, Cambridge e Balckwell
Publishing Ltd, Oxford 2003.
2. Cipolla C., (a cura di) (2013), Perché non possiamo non essere eclettici, FrancoAngeli, Milano.
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Supplement, 1988, pp. 95-120.
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Ferraresi M., Facebook come moltitudine solitaria, pp. 85-91 in Borgato R., Capelli F., Ferraresi M. (a
cura di) (2009), Facebook come: Le nuove relazioni virtuali, FrancoAngeli, Milano.France L., Love at first
site, in “Observer Magazine”, 30 Giugno 2002.
Marinelli A. (2004), Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, FrancoAngeli, Milano.
Proserpio L. (2011), Comportamenti digitali. Essere giovani ed essere vecchi ai tempi di Internet, Egea
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Schuller T., Baron S., Field J., Social Capital: a Review and Critic, in Baron S., Field J, Schuller T., (a
cura di) (2000), Social Capital, Oxford University Press, Oxford.
Abstract n. 6
Titolo: Le applicazione mobili nella relazione Medico - Paziente: Un’analisi empirica
Autori: Marzia Ventura (*), Rocco Reina (*), Concetta Lucia Cristofaro (*)
Affiliazione: Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali
Università di Catanzaro “Magna Græcia”
E-mail: [email protected] - [email protected], [email protected],
[email protected]
Introduzione: Nel corso degli ultimi trent'anni l'informatica ha cambiato pelle: è
diventata portatile, iperconnessa e interattiva. Giorno dopo giorno si sviluppano
tecnologie sempre più sofisticate per supportare gli operatori sanitari. Tra questi
strumenti, stanno diventando sempre più diffuse le applicazioni mobili mediche e non
– Mobile Apps - come nuovi sistemi tecnologici di trasmissione, creazione e
condivisione delle informazioni. Nell’era della rivoluzione digitale in cui il web 2.0 è
entrato nella quotidianità delle interazioni degli individui, l’uso di questi strumenti
permette di trovare risposte relative alle nuove esigenze ed ai nuovi bisogni di salute,
stimolando un cambiamento innovativo nel modo di costruire relazioni ed effetti.
Questa situazione ha portato all’esplorazione e all’analisi del fenomeno, con
particolare riferimento alle applicazioni mediche disponibili su dispositivi mobili come
smartphone e tablet.
Obiettivo: Su questa base, l'obiettivo della ricerca sarà – partendo dalla
comprensione generale del fenomeno e delle sue dinamiche - capire la validità di tali
applicazioni quali efficaci supporti per i medici di medicina generale nella relazione
con i loro pazienti, oltre che sulla stessa qualità della cura. La ricerca condotta nel
2013, dalla Health Affairs, già stimava come l’utilizzo degli strumenti della sanità
elettronica negli studi medici portava alla diminuzione di almeno il 12% delle visite
face to face, sostituendola con consulti via web e aumentando l’efficienza del singolo
medico fino al 9%.
Materiali e metodi: Il fenomeno è affrontato nel lavoro concentrandosi - nell’analisi
on the desk - sull'impatto che le App mobili potenzialmente sviluppano nel contesto
sanitario; la fase on the job, andrà a comprendere, attraverso l’uso di interviste semistrutturate all’interno del Distretto Sanitario di Catanzaro, il valore che i medici di
medicina generale attribuiscono alle App mobili nella prevenzione e gestione delle
patologie nonché le nuove modalità relazionali instaurabili.
Riferimenti bibliografici:
1. Buccoliero L. and G. Nasi (2004), “Il sistema informativo delle aziende sanitarie: stato dell'arte e
prospettive evolutive dell'area clinica”. in E. Anessi Pessina e E. Cantù (a cura di) Rapporto OASI 2004.
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5. Devenport T.H. (1993), Process Innovation, Harvard Business School Press, Boston;
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9. World Health Organization: http://www.who.int; http://www.globalhealth.gov;
10. Food and Drug Administration (2013). Mobile Medical Applications - Guidance for Industry and Food and
D r u g A d m i n i s t r a t i o n S t a ff , h t t p : / / w w w. f d a . g o v / d o w n l o a d s / M e d i c a l D e v i c e s /
DeviceRegulationandGuidance/GuidanceDocuments/UCM263366.pdf
Abstract n. 7
Titolo: E-health e patto di salute
Autori: Cleto Corposanto, Beba Molinari
Affiliazione: Università Magna Graecia di Catanzaro, Università degli Studi di
Genova
E-mail: [email protected], [email protected]
Mob: 0039 340-3471951
In una Italia ormai alle prese da diversi anni con i tagli della spesa pubblica sempre più
ingenti, una richiesta continua di revisione dei budget a disposizione per la Pubblica
Amministrazione, ci soffermiamo a riflettere sulla spending rewiew introdotta in ambito
sanitario e come il concetto di equità sociale sia andato sempre più lacerandosi
trasversalmente non solo per le fasce deboli, ma per l’intera cittadinanza. In contesti di
riduzione della spesa pubblica è sempre più evidente l’importanza di comprendere come
sia possibile realizzare appieno quanto definitivo dal Patto di salute 2014-2016 e quali
possano essere le azioni necessarie al fine di definire meccanismi di azione efficaci ed
efficienti. Il presente contributo, di carattere prevalentemente teorico con alcuni cenni
riferiti agli aspetti più prettamente metodologici, intende porre in evidenza quanto
evidenziato art. 15 riguardante la Sanità Digitale ed il Piano di evoluzione dei flussi
informativi del NSIS inclusi nel Patto di Salute ed al contributo che le nuove metodologie
scaturite dal web 2.0 possono apportare non solo un maggior dettaglio programmatorio
dell’art. 15, ma possano intervenire anche al soddisfacimento di quanto richiesto nelle
politiche socio assistenziali (art. 6), in quelle territoriali (art. 5) ed in particolar modo
nell’articolazione del macro obiettivo dell’articolo 1 riferito alla Determinazione del
fabbisogno del Servizio Sanitario Nazionale e dei fabbisogni regionali, con ricadute dirette
sui costi standard e di livelli essenziali di assistenza. Una particolare attenzione sarà data
alla comprensione del contributo apportato a tale processo dalle politiche socio-sanitarie
nate dal basso, dal movimento e dall’organizzazione dei cittadini, e come queste possano
divenire momenti di riflessione politica e organizzativa per i diversi organismi chiamati ad
operare nel Patto di Salute. Saranno altresì discussi alcuni studi di caso a titolo d’esempio
come buone prassi da adottare per contribuire al passaggio da un welfare state ad un
welfare mix, generativo inteso come comprensione dei fabbisogni del territorio attraverso
la voce dei diversi stakeholder, dalle amministrazioni pubbliche, ai distretti socio-sanitari,
fino alla cittadinanza attiva.
Riferimenti bibliografici:
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Theoretical Approaches to Food Quality, Manchester,
26
SESSIONE 4: Cittadini e protagonisti di buone pratiche sociali per la salute
Coordinatori: Davide Galesi, Walther Orsi
Abstract n. 1
Titolo: Partecipazione e salute mentale: lavorare con le famiglie e le persone per
una psichiatria partecipata
Autrice e relatrice: Dr.ssa Silvia Clementi
Affiliazione: Dottoranda in Sociologia, Organizzazioni e Culture presso l’Università
Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Assistente sociale
E-mail: [email protected]
Introduzione: Alla luce della crisi economica che stiamo vivendo, emerge sempre più la
necessità di un nuovo modello di welfare: quello relazionale. E’ questo un modello in grado
di: dare un ruolo centrale alla comunità favorendo lo sviluppo delle iniziative bottomm-up;
generare capitale sociale; prevedere che le politiche sostengano le iniziative emergenti
dalla società civile. Un sistema di welfare relazionale definisce l’idea di una Pubblica
Amministrazione che si occupi sia di governare il finanziamento delle prestazioni di aiuto
che la società civile è pronta a erogare, sia di costruire condizioni favorevoli affinché le
persone partecipino con il proprio contributo d’idee e di riflessione alla costruzione dei
servizi e delle iniziative volte al miglioramento del benessere della popolazione.
Obiettivi, materiali e metodi: Una buona prassi che vede i cittadini protagonisti di buone
pratiche sociali per la salute è quella in fase di sperimentazione presso l’Asl
Vallecamonica-Sebino in provincia di Brescia: il progetto E.P.E. (Esperti per Esperienza).
Dal mese di aprile 2014 in Vallecamonica sono presenti all’interno del reparto di
psichiatria, in affiancamento agli operatori, gli E.P.E., un gruppo di 5 familiari volontari che
forniscono ascolto e supporto ad altri famigliari che si trovano a vivere la difficoltà del
ricovero di un proprio congiunto all’interno del reparto di psichiatria.
Risultati: Il progetto è nato circa due anni fa, dalla volontà di un gruppo di familiari.
Sentivano il bisogno di avvicinarsi agli operatori e percepivano la necessità per loro, in
quanto familiari di malati psichiatrici, di un supporto tra pari durante una fase
particolarmente critica della vita familiare come quella del ricovero in un reparto di SPDC
(servizio psichiatrico di diagnosi e cura). Questa innovativa modalità di aiuto può facilitare
il fronteggiamento di un momento così delicato per i familiari e generare un sostegno
reciproco tra persone accomunate da questa difficile esperienza di ricovero e può
agevolare anche il rapporto con l’istituzione ospedaliera che generalmente, in un momento
così difficile, viene vissuto in maniera negativa dai familiari. Questo progetto è a costo zero
per l’Asl e i pochi costi sono a carico di un’associazione titolare del progetto.
Conclusioni: Il progetto vuole mostrare che il sistema di welfare non ha costi eccessivi
perché se si utilizzano le risorse naturalmente presenti nella società è possibile
promuovere un welfare sostenibile.
Riferimenti bibliografici:
1. Barnes M. (2012), Care in everyday life. An ethic of care in practice, Bristol, Policy.
2. Folgheraiter F. (2007), Quale partecipazione? Il sociale della psichiatria, in “Lavoro sociale” Vol. 7 n. 2
settembre 2007 pp. 185-195.
Abstract n. 2
Titolo: Il Terzo settore come laboratorio per sviluppare nuovi modelli di comunità
nell’ambito sociale e sanitario.
Autrice e relatrice: Sandra Gallerini
Affiliazione: Responsabile Ricerca CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana)
27
E-mail: [email protected], [email protected]
Introduzione: Nell’ultimo decennio il Terzo settore ha assunto un ruolo importante nella
definizione e attuazione delle politiche sociali e sanitarie. La crisi dello stato assistenziale
ha comportato, in molti paesi, l’emergere di nuove forme di welfare (welfare mix). Nel
nostro caso emerge un ri-orientamento vocazionale nell’ambito socio-sanitario in
particolare rivolto ai soggetti più deboli e vulnerabili. In particolare nel volontariato, sembra
emergere un modello organizzativo c.d. “inedito”, in grado di essere innovativo, propenso
alla cooperazione, con ampio bacino di risorse umane, con metodi fondati sul
problemsolving, con alta specializzazione in termini di competenze e conoscenze, con
l’idea di gratuità che si combina con quella di reciprocità. Tende ad affermarsi un sistema
territoriale di advocacyche valorizza e promuove un nuovo ruolo del volontariato, che non
si concentrerebbe solo sulla risoluzione delle emergenze, ma svolgerebbe un più
ambizioso ruolo di trasformazione della società.
Risultati: Una delle tendenze a cui il Terzo settore guarda come sfida è un nuovo rapporto
con le istituzioni per rinnovare il proprio ruolo nella fase programmatoria e decisionale, con
l’intento di dar vita ad un welfare di partecipazione civica, che valorizzi la sussidiarietà
verticale ed orizzontale (ad esempio, “amministrazione condivisa”, patti di sussidiarietà,
forme di welfare rigenerativo). In questo contesto il volontariato ed il Terzo settore si
assumono la responsabilità di farsi portatori/costruttori di beni/interessi “generali” in un
processo partecipativo. Sono particolarmente interessanti quelle esperienze locali in cui le
associazioni di volontariato sono sede e strumento di partecipazione civica, oltre che di
esercizio di solidarietà intergenerazionale, promuovendo reti territoriali in cui il cittadino
diventa “attore” sociale. Sono elementi presenti anche nel Piano Sanitario e Sociale
Integrato 2012-2015 della Regione Toscana, in cui si introduce il concetto di “sociale di
iniziativa” per identificare iniziative “capaci di prevenire stati gravi di bisogni sociali,
sociosanitari e sanitari” anche attraverso “la costruzione e il potenziamento di un
volontariato facilitatore di corretti stili di vita”.
Conclusioni: Partecipazione civica, apprendimento permanente, accessibilità, mobilità e
promozione di stili di vita sono priorità che le nostre associazioni pongono all’attenzione
degli interlocutori istituzionali per promuovere politiche più efficaci a servizio della persona.
Riferimenti bibliografici:
1. Il volontariato inatteso, Cesvot, “I Quaderni”, n° 60, dicembre 2012;
2. Volontariato e invecchiamento attivo, “I Quaderni”, n° 65, 2013;
3. Crisi economica e vulnerabilità sociale, Cesvot, “I Quaderni”, n° 66, 2013;
4. Volontariato e advocacy in Toscana, Cesvot, “I Quaderni”, n° 68, aprile 2014;
5. Il profilo sociale regionale anno 2014. Analisi della situazione sociale in Toscana, Osservatorio Sociale
Regionale, 2014;
6. Piano Sanitario e Sociale Integrato 2012-2015 della Regione Toscana.
Abstract n. 3
Titolo: Capitale sociale e capitale civico: la nascita e la costruzione della Rete civica
della Salute in Sicilia
Autore e relatore: Marco Ciziceno
Affiliazione: Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Economiche,
Aziendali e Statistiche (SEAS)
E-mail: [email protected]
Introduzione: Il presente lavoro si pone l’obiettivo di contestualizzare il valore del capitale
sociale nella costruzione di reti formali ed informali che operano a tutela e salvaguardia
dei diritti degli utenti nel settore sanitario e assistenziale. A partire da un framework teorico
in cui trovano posto le diverse posizioni sul concetto di rete e di capitale sociale
riconducibili alle riflessioni di Mark Granovetter (1973, 1985), Pierre Bourdieu (1980,1986)
28
e James Coleman (1988, 1990), si prova a comprendere quale contributo può offrire la
sociologia della salute nello sviluppo dei processi di advocacy finalizzati a orientare le
scelte di salute pubblica e di politica sanitaria a livello locale.
Materiali e metodi: Il caso studio presentato racconta dell’esperienza che ha portato alla
costruzione della Rete civica della Salute in Sicilia, nata con l’intento di favorire la crescita
di voice delle organizzazioni di volontariato a tutela degli utenti del settore socio-sanitario
e delle associazioni rappresentative degli operatori della sanità, attraverso la costruzione
di reti lunghe, aperte, plurali e connesse.
Punto di forza della Rete civica della salute è il principio secondo il quale il cittadino si
colloca al centro del Sistema Sanitario Regionale divenendone elemento distintivo e
qualificante, nonché partner, assieme alle figure istituzionalmente preposte, del processo
di pianificazione e valutazione dell’offerta di salute.
Risultati: In linea con il pensiero espresso da Putnam (1993) che nel suo studio sul
Mezzogiorno individua una correlazione positiva tra la partecipazione dei cittadini alla cosa
pubblica e l’efficienza delle istituzioni amministrative regionali, si valutano gli interventi
promossi dagli organi di partecipazione civica in seno alle Aziende Sanitarie siciliane (cfr.
Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie della Regione Siciliana), e l’impatto del loro
operato nel miglioramento della funzionalità dei servizi aziendali e più in generale nella
qualità delle cure prestate.
Conclusioni: Nella parte finale del lavoro si focalizza sull’importanza dello sviluppo di
modelli (anche informatici) per la diffusione di buone pratiche e lo scambio di materiale
grigio tra organizzazioni cittadine e reti civiche che operano nel sociale; ambito sin ora
poco studiato e perlopiù frutto di spontaneità locali o di attività di self-promotion svolte
dagli stessi gruppi di individui.
Riferimenti bibliografici:
1. De Blasio G.; Sestito P. (a cura di) (2011), Il capitale sociale. Che cos’è e cosa spiega. Donzelli Editore,
Roma
2. La Spina A. e Lo Verde F. (a cura di) (2007), La valutazione nelle organizzazioni di volontariato, Cesvop,
Palermo
3. Moro G., L'attivismo civico e le pratiche di cittadinanza, workingpaper n. 9/2010, Convegno SISP 16-18
settembre 2010, Venezia
4. Pappalardo S., Intilla G., Ciziceno M. (a cura di) (2014), I Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie
Siciliane: opportunità e sviluppi, Formez PA – POAT Salute, Roma (http://www.formez-poatsalute.it/wpcontent/uploads/2014/11/REPORT_CCA.pdf)
5. Sabatini F. (2004), Il concetto di capitale sociale nelle scienze sociali. Una rassegna della letteratura
economica, sociologica e politologica, in “Studi e note di economia” n.2/2004, pp. 91-123
Abstract n. 4
Titolo: E’ veramente tutelato l’interesse del minore?
Autrice e relatrice:Maria Grazia De Vivo
Affiliazione: Libera Professionista
E-mail: [email protected], [email protected]
Introduzione: Il progetto “è veramente tutelato l’interesse del minore?” si pone come
riflessione e spunto di riflessione a tutti gli operatori del settore socio-sanitario che
operano con i minori e con le rispettive famiglie. Nelle situazioni in cui il comportamento di
un adulto si configura come un reato procedibile d’ufficio (grave maltrattamento, abuso
sessuale, ecc.) i Pubblici Ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio sono tenuti alla
denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario nonché a segnalare
la situazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni per i
necessari provvedimenti di tutela. L’effetto della denuncia è, innanzitutto, quello di avviare
il procedimento penale di accertamento della responsabilità dell’autore del reato. I servizi
29
una volta sporti denuncia non sono autorizzati a dirlo alla famiglia, per non inquinare le
prove di colpevolezza dell’imputato.
Materiali e metodi: Il caso che vi voglio sottoporre è molto particolare:
• all’epoca dei fatti la bimba aveva sette anni e frequentava la prima elementare. Le
maestre notano, sin da subito, delle difficoltà di apprendimento ed iperattività, così
convocano la madre e le consigliano di sottoporre la minore ad una visita psicologica. La
diagnosi è: “disturbo dell’attaccamento eccessivo comportamentale oppositivo –
provocatorio. Comportamento ossessivo – compulsivo”. Viene presa in carico da un polo
riabilitativo del territorio dove effettuava logopedia e neuro-psicomotricità;
• Dopo qualche mese vi è la “richiesta di indagine urgente per sospetto abuso sessuale
sulla minore” da parte della neuro-psicomotricista. Il caso viene segnalato alla: Procura
della Repubblica del Tribunale; Procura della Repubblica del Tribunale dei Minori e al
Giudice Tutelare del Tribunale. La psicomotricista afferma che dopo un iniziale chiusura e
difficoltà di affidamento, durante gli ultimi incontri, episodi che riproducono scene sessuali
di cui lei protagonista l’hanno spinta a parlare all’équipe. La frase indiziata è la seguente:
“tu fai il fidanzato ed io la fidanzata....adesso ti faccio vedere cosa faccio con papà”, quindi
si spogliava e chiedeva di farsi toccare nelle parti intime, dicendo: “Papà mette oggetti...” e
chiedeva ancora di farsi baciare riferendo: “come fanno nei CD che mette papà”....
Da questa frase parte subito la segnalazione ai Carabinieri ed i genitori dopo alcune
settimane si vedono presentare un avviso di convocazione presso la Procura della
Repubblica del Tribunale e da qui ha inizio tutto l’iter processuale che viene diviso in due,
da una parte il processo penale con l’accusa di abuso del padre sulla figlia e dall’altra il
processo civile dove la madre si costituisce parte civile.
Risultati: La “buona pratica” ci viene offerta dal comportamento virtuoso del padre che
volontariamente decide di abbandona la casa per evitare l’allontanamento della figlia e
l’eventuale “presa in carico” con l’entrata in una casa famiglia. Alla fine fine accertamento
medico-legale ginecologico non fornisce riscontro all’ipotesi di rapporti sessuali completi,
quindi, esclude che la bambina abbia avuto rapporti sessuali completi con il padre. Da qui,
mi nascono tutta una serie di interrogativi ed obiettivi da perseguire: “Se il padre non
avesse “abbandonato volontariamente” l’abitazione cosa sarebbe successo? Quali sono le
soluzioni più adatte ad un minore? La soluzione non dovrebbe essere il bene del bambino,
ma toglierlo ai genitori è veramente tutelare il suo benessere?
Questo esempio di buona pratica è importante per riflettere sulle criticità del sistema sociosanitario e capire come modificarlo. I servizi socio-sanitari svolgono, quindi, un ruolo
fondamentale, quello della “presa in carico” e della “cura” e proprio in funzione di questi
principi cardini qualora si sospetti di un “atto lesivo nei confronti di un minore” vanno
avvisate le autorità preposte. Il progetto “è veramente tutelato l’interesse del minore?” mira
a coinvolgere gli operatori sociosanitari, consultori familiari e case famiglia. Infatti, tra i
compiti primari dei servizi sociali e sociosanitari in tema di protezione del minorenne vanno
ricordati: “la prevenzione ed il sostegno dei soggetti che si trovano in situazioni di “disagio
personale e familiare” o di “rischio e pericolo”, ivi compreso il soccorso immediato ex art.
403 c.c., con collocamento in luogo sicuro in attesa di provvedimenti dell’autorità
giudiziaria”[1]. In passato, accadeva che giustizia e servizi sociali, ponendosi come
compartecipi di un unico sistema di “tutela – protezione”, condividessero opinioni e
decisioni in una circolarità autoreferenziale per la quale l’operatore segnala al giudice il
caso sul quale poi sarà da questi incaricato di effettuare accertamenti ed esegue, sempre,
su ordine del giudice, quanto gli aveva implicitamente richiesto. La maggior parte dei
provvedimenti c.d. a “tutela” di un minore trae origine da segnalazioni da parte dei servizi
relativi all’esistenza di un possibile pregiudizio a danno di un minore. Si pongono, tuttavia,
problemi di metodo, nello sforzo di ricercare criteri guida, di valutazione, di quella
moltitudine di condizioni pregiudizievoli e dannose per il minore che comprendono il
maltrattamento, l’abuso (fisico, sessuale, psicologico) e la trascuratezza, sino
30
all’abbandono morale e/o materiale. Il problema che si pone riguarda l’assunzione di limiti
a partire dai quali risulti lecito segnalare all’autorità giudiziaria le situazioni veramente
critiche, senza correre il rischio di produrre indebite interferenze nella sfera di privatezza
delle relazioni familiari violando l’art. 16 della Convenzione di New York, l’art. 8 della
Convenzione dei diritti dell’uomo e la Convenzione di Strasburgo.
In concreto, il progetto prevede che la segnalazione può rendersi opportuna a partire da:
• una diagnosi di rilevante alterazione dei rapporti familiari con ricadute (attuali e
verificabili) sulla salute psicofisica dei figli;
• un rifiuto immotivato o una immotivata vanificazione degli interventi diagnostici, di cura e
di sostegno del minore d’età o della sua famiglia con acquisizione di concrete notizie di un
pericolo per il minore stesso.
È sempre auspicabile che la segnalazione “facoltativa” all’autorità giudiziaria avvenga
come ultima istanza, dopo aver praticato ogni possibile percorso di mediazione dei conflitti
per evitare il coinvolgimento giudiziario del minore d’età (ai sensi dell’art. 13 della
Convenzione di Strasburgo). Tuttavia, il ventaglio delle opzioni è sempre molto ampio e le
scelte al riguardo sono inevitabilmente influenzate dai personali orientamenti di chi effettua
la segnalazione, dai suoi riferimenti culturali, ed a volte da scelte ideologiche. Può
capitare, che l’operatore sociosanitario coinvolto nel caso sia fortemente condizionato da
precise indicazioni da parte dell’autorità giudiziaria (la procura minorile o, talvolta, la
procura presso il tribunale ordinario), con il rischio di reprimende o addirittura di denuncia
per omissione di atti d’ufficio.
Gli obiettivi del progetto rispondono ad un criterio generale di “efficacia” e di “sussidiarietà”
poiché la presentazione di un ricorso da parte del pubblico ministero appare giustificata
allorquando non vi siano altri soggetti privati (legittimati in forza di un diritto relazionale di
cui siano titolari, o dal ruolo tutelare di cui siano investiti) in condizione di valutare
adeguatamente l’interesse del minore. Le scienze psicologiche, pedagogiche e sociali
forniscono una conoscenza per eccesso dell’infanzia, delle tappe teoriche di sviluppo, dei
bisogni veri o presunti del bambino e degli interventi terapeutici più efficaci. Se da un lato
non si può negare il valore di questi contributi scientifici, dall’altro diviene doveroso non
sottovalutare il rischio di un rafforzamento di un’arroganza educativa del mondo adulto.
Per alcune situazioni bisogna porre un attenzione particolare. In primo luogo, quelle scelte
operate dai servizi, in cui la presa in carico di un bambino a rischio psicosociale e della
sua famiglia si traduce in prescrizioni di carattere trattamentale su decreto del giudice
(soprattutto quello minorile), che comprendono psicoterapie individuali (rivolte al bambino,
ad un genitore), terapie ambientali o di coppia (rivolte al sistema familiare), sino ad
interventi psicosociali complessi che coinvolgono l’affidamento del bambino e la sua
eventuale collocazione intra od extrafamiliare1. Si tratta di interventi nei quali bisogna
spesso distinguere tra principio di beneficità e principio di legalità, tra paternalismo
sostanziale e paternalismo funzionale, coniugare la necessità di una protezione con il
rispetto dei diritti individuali e relazionali dei soggetti coinvolti. Togliere i figli ai genitori è:
• disumano;
• gravissimo errore pedagogico, psicologico e sociologico;
• controproducente;
• costoso;
• una onnipotenza pericolosa in mano a giudici, assistenti sociali e psicologi.
All’interno del progetto“è veramente tutelato l’interesse del minore?” si tiene conto
soprattutto l’interesse del minore, quindi, chi toglie un figlio a uno o entrambi i genitori non
conosce o non si interessa di fattori importantissimi della psiche di un bambino, infatti,
bisognerebbe tener conto:
1
Camerini e Sergio (2013, p. 40)
31
• un bambino che viene maltrattato fisicamente e psicologicamente o un bambino che
viene abusato da un genitore è un bambino gravemente traumatizzato, purtroppo però,
toglierlo ai genitori provoca un trauma molto più grande, paragonabile solo al lutto della
perdita di uno o entrambi i genitori. Tranne che in casi davvero gravissimi in cui la vita del
bambino è in serio pericolo, questi non andrebbero mai tolti ai genitori;
• il 90% (e più) di bambini che sono nelle case famiglia, anche quelli che hanno subito
gravi maltrattamenti o abusi, desidera tornare dai propri genitori, si possono escludere
solo quei casi di genitori che, oltre ad essere violenti, incutono terrore.
Il giudice deve accertare, per la dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà
genitoriale sui figli, che le condotte da essi tenute siano lesive dei diritti fondamentali della
persona (salute, educazione, ecc.), sia sotto il profilo delle cure materiali che morali.
L’essere tolti ai genitori per i bambini è paragonabile ad un grave lutto, è più traumatico
dell’amputazione di un arto, nessun trauma è più forte dell’allontanamento dai genitori.
Anche nei casi più complessi e gravi i figli non dovrebbero essere tolti ai genitori. E
qualora si evincesse l’assoluta necessità di allontanarlo dalla famiglia per motivi gravissimi
come il pericolo di vita, il bambino non dovrebbe andare ad arricchire le case famiglie, ma
portato in un ambiente più familiare come dai nonni o zii, persone vicine al bambino, e
sotto la stretta sorveglianza di un tutor.
Il progetto si presuppone di far comprendere gli svantaggi connessi ad una concezione
“estensiva” della segnalazione all’autorità giudiziaria nelle situazioni di presunto abuso e
maltrattamento ed i danni iatrogeni a carico di un minore: 4
• un sovraccarico di protezione da parte dei servizi;
• l’inibizione del self-referral da parte di genitori e bambini per timore della perdita di
controllo;
• le interviste ripetute alle presunte vittime, specie se effettuate da intervistatori diversi;
• gli allontanamenti dall’ambiente familiare producono nel minore senso di colpa e di
responsabilità;
• il rischio di favorire risposte reattive piuttosto che proattive, il che impedisce la possibilità
di sviluppare sistemi di supporto;
• il fatto che le risorse siano assorbite dalla necessità di indagare a svantaggio
dell’intervento.
Sono queste le ragioni per le quali, nel corso degli ultimi anni, da più parti è stato
auspicato un “filtro” critico per le segnalazioni e la necessità di una “segnalazione
qualificata” compiuta dopo una valutazione approfondita e ponderata del rischio
psicosociale. Ma tale valutazione va comunque effettuata sulla base delle necessarie e
sufficienti “evidenze” che autorizzano a ritenere fondamentale che sussista una condizione
di pregiudizio, ovvero di danno o di rischio di danno per un minore.
Conclusioni: L’evoluzione del sistema giustizia in tema di tutela giurisdizionale dei diritti
umani (es. diritto alla salute) e relazionali della persona si lega alla necessità di individuare
diversi modelli di interazione tra tribunale e servizi sociosanitari.
È necessario prevenire, coerentemente con le indicazioni che provengono dalla
legislazione vigente e dalle principali Convenzioni internazionali, ad una più precisa
separazione dei ruoli e delle funzioni, attribuendo e riconoscendo ai servizi il ruolo di
“relazione d’aiuto”. Ciò consente alle stesse famiglie di rivolgervi agli operatori con
maggior fiducia, quindi, le “buone prassi” che gli operatori dovrebbero tener conto per
evitare altri casi, sono:
• la funzione di controllo non può coesistere con quella di sostegno;
• gli interventi di cura e di sostegno da parte dei servizi si dovrebbero attuare sotto l’egida
del consenso informato e non devono essere coattivi;
• ogni operatore è soggetto al segreto professionale ed alla tutela della privacy;
• le segnalazioni alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni o presso
il tribunale ordinario, dovrebbero essere effettuate non da parte del singolo operatore
32
esercitante la funzione di pubblico ufficiale, ma a seguito di una più completa ed attenta
valutazione collegiale da parte del servizio competente. Il paradigma del “superiore
interesse del minore” menzionato dall’art. 3, co. 1 della Conv. N.Y. concerne il criterio di
selezione tra le varie decisioni possibili che “le istituzioni pubbliche o private” possono
adottare, ciascuno nell’ambito e secondo le proprie competenze. In conclusione, alla luce
del principio di beneficità le valutazioni riguardanti le situazioni di pregiudizio, o di rischio di
pregiudizio, possiedono intrinsecamente una notevole complessità; si tratta:
• stabilire il grado di “efficienza lesiva”, ovvero di carica patogena, degli eventi stressanti e
delle condizioni di vita riguardanti il minore “a rischio”;
• valutare il peso dei fattori di rischio e dei fattori protettivi individuali, familiari e sociali;
• esaminare le capacità di adattamento e le doti di resilience del minore;
• indagare i nessi di causa che legano le reazioni adattive osservate nel minore e le
condizioni socio ambientali in cui vive.
“Sostegno” ed “accoglienza”, quindi, devono divenire i concetti chiave per i servizi
sociosanitari, per la buona riuscita della presa in carico del minore e della sua famiglia.
Riferimenti Bibliografici:
G. B. Camerini, G. Sergio, Servizi sociosanitari e giustizia. Protezione e cura dei soggetti deboli e tutela dei
diritti della persona, Dogana (San Marino), Maggioli Editore, 2013, p. 21
Abstract n. 5
Titolo: Processi partecipativi/inclusivi per integrare servizi socio-sanitari e servizi
per le politiche attive del lavoro e del Long-life Learning
Autore e relatore: Simone Cerrina Feroni
E-mail: [email protected]
“Oggi una parola chiave dei nostri pazienti è lavoro. I pazienti parlano in modo angosciato
del fatto che non c'è più lavoro [..] lavoro diventa la parola chiave per rifondare la parola
desiderio. Si capisce allora che c'è stato uno spostamento radicale rispetto agli anni
Settanta dove il desiderio era un'alternativa al lavoro, mentre oggi il lavoro è la possibilità
di dare un senso al desiderio” (Recalcati, 2013)
Introduzione: Il “disagio della precarietà” (unsecuritye unsafety) può declinare il lavoro
come profondo disagio psico-sociale: disoccupazione, malaoccupazione, “incompetenza”,
burnout generano malessere, malattia e esclusione sociale (e viceversa). In un certo
senso il tema delle sicurezza/salute transita dai “posti” di lavoro alle vite intere al lavoro,
comprensivo di attività “life-friendly”, un tempo considerate extralavorative.
Invece servizi per la salute/benessere (individuale, gruppale e territoriale) e servizi per la
Formazione e Lavoro sono mondi separati: non esistono ad esempio “Società dei lavori” o
“Azienda di Occupazione e Sviluppo Locale” analoghe alle Società della Salute o alle ASL.
Risultati: I piani di zona e i processi partecipativi in campo socio-sanitario, inclusivi di
civicness, imprese e formazioni sociali, sono community informali e temporanei di social
innovation, dove creare nuova solidarietà di cittadinanza. Spazi di ricerca-azione di
“scioglimento” delle culture e di socializzazione e co-ricostruzione di vocabolari e modelli
condivisi. La loro estensione ai temi delle politiche per il lavoro e la formazione (ad
esempio sul tema della buona occupazione dei social workers e delle organizzazioni
socio-sanitarie in senso lato, anche volontarie, oppure sul tema del sostegno
sociosanitario a disoccupati o mobbizzati, oltre l'employability) è una leva per integrare:
● saperi, pratiche e soluzioni
● valutazione e elaborazione di policy
● nuova programmazione e nuovi servizi di prevenzione
33
● welfare di società
Conclusioni: I processi partecipativi sono anche occasioni per ispessire beni relazionali,
“scambiare doni” di apprendimento laterale e riflessivo, e anche prove tecniche di sottoreti
tematiche su segmenti della Qualità della Vita. Analizzeremo anche le resistenze, nelle PA
e nel Terzo Settore, a riorganizzare funzioni e ruoli pubblici, destrutturando e ricostruendo
competenze pluriprofessionali intorno ai circuiti virtuosi (buonessere, vita buona, degna,
vitale, socialmente responsabile) e “viziosi” (mala-vita, malessere, vita indegna e
irresponsabile). L’obiettivo sono servizi di cura integrati coi flussi, spazitempi e modi di
vita degli utenti, centrati su fiducia, riconoscimento e attenzione. Driver di questo
empowerment e committment reciproco, e avanzato, proprio la partecipazione dei cittadini,
non solo degli utenti quindi, ai processi partecipativi sopra delineati.
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Abstract n. 6
Titolo: L’implementazione della Legge 150/2000 nelle strutture sanitarie: tra
comunicazione interna e informatizzazione
Autrice e relatrice: Katia Marocco
E-mail: [email protected]
Introduzione: La comunicazione diventa essenziale in “organizzazioni complesse” come
quello sanitario, considerando non solo come il concetto di stato di salute si sia strutturato
in base anche a fattori “determinanti non sanitari” quali sociali, economici e culturali, ma
considerando anche la centralità che il cittadino ha assunto. La comunicazione, che
diviene parte integrante dell’azione amministrativa con la legge 150/2000, è costituita da
una comunicazione interna e una comunicazione esterna, che rappresentano momenti
differenti della stessa funzione di informazione e comunicazione delle pubbliche
amministrazioni. Affinché il cittadino risulti essere davvero protagonista di buone pratiche
sociali, in questo caso per la salute, bisogna adottare leve strategiche a partire
dall’istituzione stessa. In questo contesto si afferma la centralità della comunicazione
interna da cui dipende una comunicazione esterna efficiente ed efficace. Si afferma così a
partire dagli anni novanta il “modello bidirezionale” della comunicazione in cui la
dimensione del cittadino viene rivalutata e riconosciuta. La domanda di ricerca intorno alla
quale è stato articolato questo lavoro è la seguente: “ quanto la realtà delle organizzazioni
sanitarie rispecchia e rispetta il disegno teorico previsto dalla normativa? Mi sono posta
due obiettivi: valutare quanto lo specifico assetto organizzativo delle strutture sanitarie
incidesse sull’efficacia di implementazione dei dettami normativi relativi alle attività di
comunicazione e individuare quali fattori organizzativi delle strutture sanitarie favoriscano
una comunicazione interna più efficace e quali ne costituiscono un ostacolo.
Materiali e metodi: Ho scelto come campo d’indagine l’azienda Sanitaria Locale di
Frosinone, scegliendo l’URP come struttura di riferimento. Attraverso delle interviste sono
andata ad approfondire l’analisi sulla comunicazione interna su due aree di riferimento:
l’URP dell’ASL di Frosinone e l’URP del P.O. di Cassino.
Risultati e conclusioni: Scopo delle mie interviste è stato quello di verificare il livello di
adeguamento della ASL di Frosinone alla normativa sulla comunicazione istituzionale,
approfondendo poi le diverse scelte strategiche operate nella sede centrale e in quella
distaccata e le eventuali sinergie. E’ emerso che non è sufficiente la spinta normativa e
neppure l’innovazione tecnologica a garantire la diffusione di pratiche comunicative verso
l’utenza ma che a giocare un ruolo rilevante sono variabili più prettamente organizzative.
Riferimenti bibliografici:
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35
Abstract n. 7
Titolo: L’educazione allo sport come prevenzione e promozione di buone pratiche
sociali. La proposta innovativa del Judo inteso come cultura fisica e mentale.
Autore e relatore: Giuseppe Tribuzio
Affiliazione: Dottorando di Ricerca Università degli studi di Bari
E-mail: [email protected]
Mob: 339-1246337
Introduzione: La costruzione della salute non può prescindere dallo stile di vita della
persona, che come Giano bifronte ha due aspetti salienti: quello autodiretto che richiama
in causa la determinazione dell’individuo ad operare scelte può opportune grazie alle
conoscenze acquisite e quello etero diretto che è tipico di chi tende a seguire i
comportamenti modali.
Analisi: La pratica dello sport è sicuramente una buona pratica che aiuta a prevenire
l’insorgenza di numerose patologie, che se cronicizzate diventano un costo esoso per il
sistema di welfare sempre più attento alle minori risorse disponibili. Nel mondo classico
ellenico gli insegnanti di ginnastica godevano di una migliore reputazione e ricevevano
più riconoscimenti dei medici, in quanto si era convinti che l’attività ginnica contribuisse a
mantenere un ottimo stato di salute e d efficienza fisica, laddove i medici intervenivano
solo quando la malattia era ormai apparsa. Oggi sappiamo, però, che l’affermazione di
Giovenale “Mens sana in corpore sano”
non sempre è valida, perché lo sport
estremizzato dei campioni non sempre propone un modello di sviluppo armonioso tra
corpo e mente. L’agonismo esasperato non promuove salute ma logoramento del fisico
che stressato fino al limite del possibile diventa uno strumento per raggiungere il
soddisfacimento di ben altri obiettivi.
Conclusioni: La proposta effettuata dal Judo, sia come sport che come disciplina
educativa nel suo complesso riesce ad essere un modello educativo per giovani e adulti,
in quanto promuove uno stato di benessere non finalizzato al raggiungimento dei propri
fini egoistici, ma per essere utili al resto della società, contribuendo alla sua migliore
espressione attraverso l’affermazione di valori quali: il rispetto, il senso del dovere, la
solidarietà, la comprensione. Dal punto di vista strettamente individuale e personale la
pratica del Judo contribuisce alla crescita dell’autostima e sicurezza, nonché
all’autocontrollo in situazioni dove il coinvolgimento emotivo e particolarmente accentuato,
diventando così un buon antidoto contro gli stati ansiosi che spesso inibiscono normali
attività relazionali. La proposta riguarda un corso di Judo rivolto a genitori e figli residenti
in aree metropolitane particolarmente deprivate.
36
SESSIONE 5: Salute e genere: il contributo della sociologia all’approccio
multidisciplinare
Coordinatori: Stefano Taddei, Lia Lombardi
Abstract n. 1
Titolo: Stress, strategie di coping e disturbi del sonno: differenze di genere in una
popolazione ipertesa e relazione con il controllo pressorio.
Autori: Rosa Maria Bruno (*), L. Ghiadoni (°), M. Mauri (°), S. Cervia (^), S. Taddei (°), R.
Biancheri (^), L. Palagini (°).
Affiliazioni: (*) Istituto di Fisiologia Clinica – CNR, Pisa, Italy; (°)Dipartimento di Medicina
Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Italy; (^)Dipartimento di Scienze Politiche,
Università di Pisa, Italy
Relatrice: Rosa Maria Bruno Researcher, MD, PhD Institute of Clinical Physiology – CNR
Via Moruzzi 1, 56125 Pisa (Italy) - tel +39 050 3152377 - fax +39 050 3152355
E-mail: [email protected]
Obiettivo: Evidenze scientifiche suggeriscono che lo stress cronico e le strategie di
coping messe in atto per contrastarlo, come pure i disturbi del sonno, possano influenzare
la salute cardiovascolare in maniera diversa in base al genere. Pertanto questa indagine
trasversale ha valutato l’impatto di questi fattori sul controllo pressorio in una popolazione
di pazienti ipertesi afferenti per la prima visita presso il Centro Ipertensione .
Metodi: Sono stati arruolati 330 pazienti (uomini 51%, età media 57±13 anni, 84% in
terapia antiipertensiva, pregressi eventi cardiovascolari 9%, diabete 7%, obesità 24%,
fumo di sigaretta 13%, ipercolesterolemia 67%). Durante la visita sono stati raccolte
l’anamnesi e la pressione arteriosa (PA) clinica e sono stati somministrati i seguenti
questionari: Perceived Stress Scale (PSS), Brief-COPE, Pittsburgh SleepQuality Index
(PSQI), Beck Depression Inventory (BDI) e State-Trait Anxiety Inventory (STAY-Y2).
Risultati: Nella popolazione studiata le donne presentavano un’età più elevata, un indice
di massa corporea (BMI) minore e valori minori di PA rispetto agli uomini. La qualità del
sonno (PSQI) era simile in uomini e donne, mentre le donne presentavano livelli più elevati
di sintomi depressivi (BDI) e ansia di tratto (STAI-Y2).Inoltre le donne presentavano livelli
simili di stress percepito (PSS), ma un maggior uso di strategie di coping del tipo emotionfocusede disfunzionale. Negli uomini, l’analisi di regressione multipla ha dimostrato che
solo il diabete (β 12.9, p=0.04), il numero di farmaci antiipertensivi (β -3.39, p=0.05) e il
punteggio di coping disfunzionale (β 0.91, p=0.03)erano associati in modo significativo alla
PA sistolica. Al contrario nelle donne solo il diabete (p=0.049) era associato in maniera
diretta con la PA sistolica. La presenza di cattiva qualità del sonno era associata alla
presenza di ipertensione resistente nelle donne ma non negli uomini , anche dopo
correzione per comorbidità cardiovascolari e psichiatriche (OR 5.3, Cl 1.1-27.6). Al
contrario negli uomini età diabete e obesità erano le uniche variabili associate a
ipertensione arteriosa resistente.
Conclusioni: Indipendentemente dal livello di stress cronico, l’utilizzo di strategie
maladattative di copingè correlato ad un peggiore controllo dei valori pressori negli uomini
ma non nelle donne. Al contrario nelle donne la cattiva qualità del sonno è associata in
modo indipendente alla presenza di ipertensione arteriosa resistente.
37
Abstract n. 2
Titolo: Studio sulla relazione fra autoefficacia percepita e fattori di rischio in giovani
studenti della provincia di Ferrara
Autori: Cristina Sorio (sociologa), Ilaria Vaccari (psicologa)
Affiliazioni: Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale
Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, 0532
233718
Relatrice: Cristina Sorio
E-mail: [email protected]
Introduzione: Lo studio tende ad offrire un quadro generale sugli stili di vita e i
comportamenti a rischio degli adolescenti a partire dal costrutto di autoefficacia, che
assume un carattere operativo e predittivo tanto più è specifico e connotato relativamente
a un determinato ambito di azione, compito o al comportamento a cui si applica.
L’importanza di riconoscere e regolare le emozioni e di gestire efficacemente le relazioni
interpersonali come presupposto per uno sviluppo adattivo, è stato concettualizzato nel
modello dell’influenza delle convinzioni di autoefficacia sulle disposizioni e sulle
prestazioni in adolescenza (Caprara, Scabini et al. Autoefficacia emotiva e interpersonale
e buon funzionamento sociale, Giornale Italiano di Psicologia, 17, 1999).
Materiali e metodi: Sono stati analizzati i 4 sistemi in reciproca interazione appositamente
predisposti per raccogliere in modo preciso e puntuale le informazioni sull’autoefficacia
emotiva, interpersonale, sull’ambiente sociale e dei comportamenti a rischio, mettendo in
rilievo l’influenza delle differenze di genere.
Lo studio ha interessato un campione di 878 studenti (50,3% maschi; 49,7% femmine)
frequentanti 11 scuole distribuite su tutto il territorio della provincia di Ferrara. Si tratta di
ragazzi nati tra il 1990 e il 1999, prevalentemente con un’età compresa fra i 13 e i 21 anni.
Risultati: I dati sembrano confermare itinerari di sviluppo dell’autoefficacia personale
distinti per genere associati ad aspetti differenti di vulnerabilità. Le ragazze manifestano
con maggiore probabilità disagi interiorizzati, che rimandano alla difficoltà di gestire
emozioni spiacevoli. Ma la più frequente tendenza prosociale a interagire con l’altro
sviluppa azioni positive che le pone in una tendenziale distanza dai comportamenti a
rischio. I ragazzi più efficaci nelle relazioni con i coetanei, sembrano percepirsi più
competenti nel superare le frustrazioni, ma sono più in difficoltà nel mettersi nei panni degli
altri, nel cogliere l’effetto delle proprie azioni e nel comprendere i sentimenti di paura. Gli
alti valori assunti dall’autoefficacia sociale espressa dai maschi mette in luce una forte
correlazione con la forza della dimensione relazionale nella propensione a correre rischi.
Conclusioni: Lo studio assume rilevanza per lo sviluppo di programmi di promozione di
stili di vita sani in un’ottica di prevenzione e di Spazi di Ascolto nelle scuole finalizzati al
riconoscimento precoce del comportamento problematico per offrire interventi dedicati.
Abstract n. 3
Titolo: Donne e malattie reumatiche: un racconto a più voci
Autori: Anna Maria Rizzo, Marileda Vergori
Affiliazione: Università del Salento Ricercatore confermato in Sociologia Generale,
Professore Aggregato di “Metodi e Tecniche del Servizio Sociale”, “Politica Sociale” e
“Ricerca Applicata al Servizio Sociale”
Relatori: Anna Maria Rizzo
Anna Maria Rizzo, PhD
Ricercatore confermato in Sociologia Generale
Professore Aggregato di 'Metodi e Tecniche del Servizio Sociale','Politica
Sociale' e 'Ricerca Applicata al Servizio Sociale'
38
Affiliazione: DEPARTMENT of HISTORY, SOCIETY and HUMAN STUDIES
University of Salento
Via Stampacchia, 46 - 73100 Lecce
cell. 347/5100081- studio 0039 0832 294640
E-mail: [email protected]
Introduzione: L’interesse del presente paper si rivolge al rapporto tra le patologie
invalidanti-reumatiche e il Servizio Sociale professionale. L’obiettivo di questo studio è
quello di indagare, in un’ottica sistemica, l’esistenza di un dialogo tra le donne con
patologia, il caregiver, l’assistente sociale e il medico di base.
Materiali e metodi: Il tipo di ricerca impone, dunque, lo studio di “casi” da indagare e il
ricorso a interviste biografiche/narrative. Sotto il profilo metodologico, lo studio dei casi
rappresenta un approccio particolarmente indicato per l'approfondimento degli aspetti di
carattere qualitativo. L’utilizzo dell’intervista biografica/narrativa analizza i momenti più
significativi riferiti alla disease (aspetti biomedici della malattia), all’illness (percezione
soggettiva della malattia da parte del paziente), e alla sickness (la malattia come è
vissuta, riconosciuta e percepita dalla società).
Risultati: Attraverso la prospettiva multidimensionale e bio-psicosociale, si ribadisce che
la disabilità non è solo un problema di natura personale, dovuta ad una carenza di salute
della persona. La disabilità comporta carenza di libertà di azione (agency), e di libertà di
perseguire obiettivi e valori personali in quanto mancano le opportunità di vita e
circostanze che facilitano l'azione. Si cercherà di rispondere ad alcuni quesiti: gli Stati
nazionali, possono contrastare la comparsa della disabilità o fornire quelle opportunità di
vita necessarie per l'esercizio delle facoltà umane, alle persone con disabilità? I
determinanti sociali della salute sono correlati negativamente con la comparsa della
disabilità? Tutto ciò, non potendo ignorare che gli aspetti psico-socio-relazionali, ancor
oggi, vengono sottovalutati nelle pratiche di cura dei sistemi sanitari, nonostante l’ormai
ampia letteratura e casistica, che documenta la stretta interrelazione tra cura e legami
sociali significativi, guarigione e automotivazione, successo terapeutico e sostegno
emotivo.
Conclusioni: E' stato dimostrato come l'utilizzo di un approccio bio-psico-sociale sia
indispensabile nelle valutazioni sociali che riguardano le persone con disabilità scaturita
da patologia reumatica, per prendere in considerazione l'individuo nella sua interezza.
Attraverso questa prospettiva è possibile risalire ai bisogni specifici delle persone.
Riferimenti Bibliografici
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medico-paziente, Milano: Franco Angeli,.
39
Abstract n. 4
Titolo: La costruzione della cura e welfare mediterraneo: l’esperienza delle donne
migranti.
Autrice e relatrice: Sabrina Garofalo
Affiliazione: Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali - Unical
Docente a contratto di Sociologia Generale - Università Magna Graecia di Catanzaro
E-mail: [email protected]
Introduzione: La proposta ha come oggetto la dimensione della cura e pone in relazione
approcci e teorie con i risultati di una ricerca condotta in Sicilia sulle esperienze delle
donne migranti impegnate nel lavoro di cura. Punto di partenza da un lato la definizione di
donna migrante come esperienza biografica in viaggio (Campani 2000) e le migrazioni
come “fatti politici totali” (Sayad 2002 ) e dall’altro la considerazione del modello definito
“welfare mediterraneo” in cui la domanda di cura si inserisce in un contesto dialettico tra le
sfere del pubblico (produzione) e quelle del privato (riproduzione).
Analisi: La cura è stata messa a lavoro a partire dalla definizione di Laura Balbo (2008)
per cui “nel lavoro di cura rientrano i modi nelle relazioni, le informazioni, le scelte, la
gestione di procedure con le amministrazioni e le istituzioni, la disponibilità del tempo. Il
lavoro di cura è quindi questo: interpretare e definire i bisogni di ciascuno; se ci si riesce,
appagare i desideri”. Tale considerazione si inquadra nei processi di “riproduzione o
decostruzione dei processi organizzativi del lavoro di cura nell’ambito delle relazioni
patriarcali su scala globale” (Marchetti 2012) e implica un ingresso del mercato nella
dimensione di prossimità/intimità. Tale prossimità si traduce concretamente in una
relazione di cura tra corpi: un corpo debole e malato, da curare, un corpo migrante
femminile attraversato da dinamiche di riconoscimento e riconoscimento negato (Siebert
2003). In base alla ricerca, tale relazione si costruisce in una prospettiva
multidimensionale in cui rientra la medicalizzazione di una relazione “come prodotto del
patriarcato che ha esercitato in modo indebito un controllo sociale sulla vita e sul corpo
delle donne” (Corposanto 2015), una dimensione linguistica-comunicativa, e una
decostruzione della malattia stessa in base alla prospettiva per cui “la salute e la malattia
nei diversi contesti culturali implica considerare la malattia non come un evento che
colpisce e riguarda unicamente il corpo degli individui, ma come un processo che riguarda
anche la loro biografia la loro identità e le loro relazioni” (Colombo in Bucchi 2001).
Conclusioni: La narrazione clinica diventa quindi narrazione della cura che permette di
decostruire l’immaginario stesso legato alla salute e malattia, nonché di riproporre nuovi
modelli di cura in scala transnazionale e di rinarrare i corpi delle donne attraverso
l’esperienza della relazione di cura.
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40
Abstract n. 5
Titolo: Necessità di un approccio multidisciplinare nel valutare i rischi derivanti
dalla “doppia presenza” delle donne
Autori: Annalaura Carducci* e Elisa Caponi*
Affiliazione: * Dipartimento di Biologia, Via San Zeno, n. 35-39,Pisa 56127
E-mail: [email protected]
L’incremento dell’occupazione femminile e i cambiamenti sociali a cui sono state soggette
le donne negli ultimi decenni, hanno portato alla luce la reale necessità di dover
considerare la variabile “doppia presenza” nell’ambito di tutela della salute. La presenza
della donna, sia in attività lavorative che in quelle domestiche, comporta nella maggior
parte dei casi un sovraccarico di lavoro che spesso è facilmente correlabile con
l’insorgenza di alcune patologie [8]. Infatti la “doppia presenza” espone le donne lavoratrici
a fattori di rischio cumulativi o sinergici [5] rispetto a quelli prettamente occupazionali
dovuti anche in maggior parte dei casi ad una non equa distribuzione uomo/donna dei
carichi domestici e familiari [3,4]. Le donne spesso mostrano una maggiore dedizione al
lavoro domestico e alla cura dei figli rispetto agli uomini, essendo, loro malgrado nella
maggior parte dei casi, il principale riferimento per la rete informale di aiuto nelle famiglie
[2]. La necessità di conciliare l’attività lavorativa con le esigenze di cura della casa e della
famiglia rappresenta, in molti studi, un elemento che innalza il rischio di malattie, in
particolare quelle muscoloscheletriche [1], cardiovascolari [6] e psichiche [7, 9, 10]. Quindi
limitarsi a considerare i rischi soltanto basandosi sull’ambiente di lavoro “retribuito” può
risultare insufficiente poiché è necessario completare il quadro delle esposizioni lavorative
con il contributo derivante dall’analisi dei ruoli e delle attività nella sfera domestica. Tutto
questo per individuare e valutare correttamente il rischio di sviluppare patologie lavorative
negli uomini e nelle donne. In tale prospettiva, assume massima importanza poter
coniugare i dati epidemiologici di insorgenza di malattie con quelli strettamente sociali per
poter individuare i possibili fattori di rischio da tenere ben presente durante la valutazione
e adottare così un approccio multidisciplinare per analizzare tutti i rischi derivanti
dall’esposizione in ambito lavorativo e domestico. Attraverso questa analisi verranno
illustrate le principali evidenze emerse nella letteratura scientifica di settore, avvalorando
così, la necessità di considerare l’intero “contesto di vita” e i ruoli che entrambi i generi
svolgono nella famiglia e sui luoghi di lavoro, per un’efficace tutela della salute e del
benessere di tutti.
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41
Abstract n. 6
Titolo: Genere, salute e sicurezza sul lavoro: dagli aspetti normativi all'elaborazione
di uno strumento applicativo che valuti l'appropriatezza dei Documenti di
Valutazione del Rischio in ottica di genere.
Autori: Rudy Foddis1, Alessandra Pistelli1, Andrea Cristaudo1, Giulia Ficini1
Affiliazione: 1 Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina
e Chirurgia, Università di Pisa.
E-mail: [email protected]
Il D.Lgs 81/08 ha introdotto il paradigma di genere nella normativa in tema di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro. All’Art. 28, infatti, è richiesto che in fase di elaborazione del
Documento di Valutazione dei Rischi, si tenga conto, nella valutazione, anche dei rischi
correlati alle “differenze di genere”. Il Decreto però non solo non chiarisce il reale
significato del termine "genere" ma non fornisce nemmeno specifiche linee di indirizzo o
altre indicazioni pratiche per assolvere gli obblighi di legge.
Al fine di un ritorno applicativo concreto a questo dettato normativo è necessario che il
paradigma di genere trovi una sua applicazione nelle tematiche di salute e sicurezza negli
ambienti di lavoro nel pieno significato del termine. Non si tratta di valutare solo l’insieme
delle caratteristiche biologiche e fisiologiche che definiscono uomini e donne, quanto
anche la costruzione sociale dei ruoli, i comportamenti, le attività e gli ambienti che una
data società considera appropriati per uomini e donne, dimensione questa che la
letteratura di settore ha solo recentemente accostato a fattori determinanti nel binomio
benessere-lavoro. Il genere non costituisce un rischio di per sé, ma rappresenta semmai
una chiave di lettura nuova delle dinamiche espositive e della risposta biologica che in
maniera differenziata uomini e donne hanno. Solo così è possibile dare senso concreto
all’obbligo del dettato normativo, nonostante il legislatore abbia mancato nel contempo di
dare indicazioni pratiche/operative. Conseguentemente a questo quadro di difficoltà
interpretativa ed operativa, attraverso un protocollo di intesa tra l’INAIL sezione regionale
toscana e l’Università di Pisa, è stata avviata una ricerca volta ad approfondire gli
strumenti per la valutazione dei rischi in ambito lavorativo, ed è in corso di validazione uno
strumento che, in auto somministrazione, permetta alle aziende di verificare la congruità
dell’applicazione del paradigma di genere nel proprio processo valutativo.
Abstract n. 7
Titolo: Spettro autistico: razionale di uno studio sui correlati clinici e sulle
differenze di genere.
Autori: Camilla Gesi, Claudia Carmassi, Liliana Dell’Osso
Affiliazione: Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale - Sezione Psichiatria –
Università di Pisa
E-mail: [email protected]
L'autismo è una condizione caratterizzata da disturbi della comunicazione reciproca e
dell'interazione sociale e un pattern di comportamenti, attività e interessi ristretto e
ripetitivo. Mentre nelle sue passate edizioni il Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi
Mentali (DSM) declinava l'autismo in tre separate categorie diagnostiche, nell'ultima
edizione, pubblicata nel 2013 [1], queste tre categorie sono state ricomprese nell'unica
categoria di Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Questa nuova classificazione sottolinea
che le manifestazioni cliniche variano molto sulla base della gravità del disturbo, del livello
di sviluppo, del genere e dell'età, da cui il termine spettro.
La letteratura riporta che l’ASD è circa 4 volte più frequente nei maschi che nelle femmine.
Tuttavia, alcuni autori hanno ipotizzato che la minor incidenza di ASD nel sesso femminile
42
potrebbe essere spiegata, almeno in parte, da alcune differenze nell’espressività
fenotipica del disturbo determinate da aspetti di genere, piuttosto che da una reale minor
suscettibilità del sesso femminile. Per esempio, è stato proposto che gli interessi ristretti e
ripetitivi, che si evidenziano nel sesso maschile con la dedizione a materie peculiari (es.
l’entomologia, i sistemi, i numeri), nelle ragazze potrebbero manifestarsi con l'adesione ad
argomenti meno particolari e più in linea con quelli delle coetanee non autistiche (es.
l’attenzione ossessiva verso una rockstar o una star del cinema), ma ugualmente anormali
per l'intensità e la pervasività con cui sono perseguiti. Altri autori, sulla base dell'alta
prevalenza di tratti autistici trovati nelle ragazze con disturbo della condotta alimentare,
hanno suggerito che le donne potrebbero manifestare i tratti autistici con l’eccessiva
polarizzazione sul peso e sull’immagine corporea [2]. D'altra parte, alcuni studi indicano
come elevati livelli di tratti autistici siano riscontrabili in soggetti che hanno ricevuto
diagnosi di disturbo dell’umore o che hanno tentato il suicidio [3, 4].
Sulla base di questi dati, presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa sarà condotto
uno studio volto a valutare i sintomi di ASD in un campione di soggetti con differenti
diagnosi psichiatriche, con particolare attenzione alle diverse manifestazioni generespecifiche che questi sintomi possono assumere, al fine di elucidare la reale diffusione dei
sintomi autistici nel sesso femminile e in quello maschile e le possibili interazioni fra tratti
autistici e genere nel determinare i diversi fenotipi clinici.
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43
SESSIONE 6: (Nuove) Dipendenze e mutamento nei servizi nella web society
Coordinatori: Linda Lombi, Pietro Paolo Guzzo
Abstract n. 1
Titolo: La dipendenza da cibo e i controversi risultati delle ‘food-tax’
Autore e relatore: Umberto Pagano
Affiliazione: Università Magna Graecia, Catanzaro
E-mail: [email protected]
Introduzione: Le dinamiche di produzione e consumo di cibo sono cambiate in modo
radicale negli ultimi decenni. Parallelamente ad una complessa serie di mutamenti sociali
(modi e tempi di lavoro, globalizzazione, ruolo delle multinazionali alimentari, incidenza
della pubblicità etc.) la composizione degli alimenti è andata progressivamente
arricchendosi di grassi idrogenati, zuccheri, sale, caffeina, conservanti, esaltatori di gusto
e additivi di ogni sorta. Questi cibi vengono indicati con la locuzione
‘highlyprocessedfoods’, perché le tecniche per produrli sono ormai molto sofisticate,
nonché come ‘cibi iper-palatabili’. Le industrie alimentari, infatti, sviluppano
incessantemente formule per aumentare l’attrattività organolettica dei cibi e il loro
consumo compulsivo, prestando attenzione finanche all’esperienza masticatoria
(morbidezza, vellutatezza, facilità di deglutizione, etc.). Secondo molti, questi accorgimenti
stimolerebbero i nostri recettori nervosi analogamente a come avviene con l’assunzione
degli oppioidi, causando una dipendenza da cibo (foodaddiction), simile - in termini clinici
e neurofisiologici - alle “classiche” dipendenze da droghe [1, 2, 3, 4].
Analisi: Nel 2014, nella 5a edizione del ‘DSM’ (Diagnostic and Statistical Manual of
MentalDisorders) [5], è catalogata un’unica dipendenza patologica di origine
comportamentale, non correlata all’assunzione di una specifica sostanza, quella da gioco
d’azzardo. Ma, nonostante non si sia ancora pervenuti ad una loro codifica in termini
clinici, alcune dipendenze (da sesso, da lavoro, da videogiochi, da Internet, etc.)
rappresentano ormai fenomeni sociali ampi e ben delineati. Tra queste, la dipendenza da
cibo è probabilmente quella che negli ultimi anni ha ricevuto maggior attenzione, anche da
parte degli ambienti della ricerca bio-chimica e medica [6], soprattutto dopo la messa a
punto della ‘Yale FoodAddiction Scale’ (YFAS), uno strumento diagnostico basato sui
medesimi criteri indicati dal DSM per l’individuazione di dipendenza da sostanza.
Obiettivi, materiali e metodi: Il contributo propone, nella sua prima parte, una
fenomenologia sociale della foodaddiction, per poi affrontare l’analisi dei primi controversi
esiti delle ‘foodtaxes’ (tasse sugli alimenti con contenuti di grassi, zuccheri, sale superiori a
determinate soglie), recentemente applicate in diversi Paesi europei (Danimarca,
Finlandia, Francia, Ungheria), allo scopo di fronteggiare dilaganti fenomeni di obesità,
sovrappeso e consumo compulsivo di ‘junk food’ [7, 8, 9, 10].
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44
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Altri riferimenti non citati nell’Abstract ma essenziali per il contributo proposto:
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Meule A., Gearhardt A.N. (2014), Food Addiction in the Light of DSM-5. Nutrients, 09/2014; 6(9):
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Burrows T., Meule A. (2014), 'Food addiction': What happens in childhood?. Appetite, 12/2014.
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Hardman C.A., Rogers, Dallas R., Scott J., Ruddock H., Robinson E., "Food addiction is real": the
effects of exposure to this message on self-diagnosed food addiction and eating behaviour.
Appetite, 04/2015 (in corso di stampa).
Abstract n. 2
Titolo: Verso una comunità di pratica virtuale tra agenti di cura
Autrici: Cristina Sorio (*), Luna Vincenzi (*), Cecilia Cenacchi (*)
Affiliazione: (*) Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute
Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18,
Ferrara, tel. 0532 233718
Relatrice: Cristina Sorio
E-mail: [email protected]
Introduzione: Il Servizio sanitario della Regione Emilia-Romagna ha da tempo acquisito
la consapevolezza della rilevanza delle attività di ricerca come elemento essenziale delle
sviluppo strategico delle aziende sanitarie, al pari della funzione assistenziale e della
formazione con le quali deve integrarsi.
A partire da questa premessa sono state conseguentemente avviate specifiche iniziative
con l’intento di attuare progetti nell’area della modernizzazione, finalizzata alla produzione
di nuove conoscenze sui temi della innovazione clinico-organizzativa.
Obiettivi, materiali e metodi: Negli ultimi anni la valutazione degli esiti di pazienti inseriti
nelle comunità terapeutiche accreditate (CT)ha messo in luce la necessità di puntare
sull’appropriatezza dei trattamenti promuovendo una stretta collaborazione tra SerT e CT
al fine di governare il progetto terapeutico con un approccio basato sulla condivisione della
valutazione diagnostica tra SerT e strutture residenziali e del progetto terapeutico tra SerT,
strutture e paziente. In tale direzione si è sviluppato il progetto pilota “Comunità di pratica
virtuale tra agenti di cura” che sperimenta un nuovo modello di comunicazione, che
prevede l’implementazione di una piattaforma telematica in grado di promuovere uno
scambio bidirezionale tra sistema informativo dei SERT e S.I. delle CT, al fine di
assicurare la trasmissione delle informazioni cliniche e terapeutiche.
Risultati: Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo mira alla sperimentazione di un
luogo condiviso (équipe in web conference, piattaforma cartella clinica integrata) e ad un
apprendimento come soggetto collettivo ossia la socializzazione della conoscenza che
45
scaturisce dal confronto tra agenti di cura sanitari e sociali. Il Progetto presuppone una
stretta relazione tra conoscenza che scaturisce dalla relazione tra professionisti,
tecnologia che supporta le scelte cliniche e sociali e la nascita di una nuova
organizzazione. Cerca di sviluppare un meccanismo attraverso il quale la conoscenza è
posseduta, trasferita e creata in un network comunitario telematico, con una ricaduta sui
processi di knowledge management aggiungendo così valore alle organizzazioni
(trasferire buone prassi e sviluppare competenze professionali).
Conclusione: La nuova piattaforma informatica costituisce il tessuto connettivo sociale
della comunità che facilita l’interazione sincrona (videoconferenza), l’interazione asincrona
(inserimento informazioni dalle singole sedi) e l’accesso alle informazioni immagazzinate
(banca dati comune).
Abstract n. 3
Titolo: Barebacking. Refluenze sociali, conseguenze sanitarie e implicazioni
giuridiche di una pratica deviante
Autore e relatore: Carmelo Guarino
Affiliazione: Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche, Università degli Studi di Enna
“Kore”
E-mail: [email protected]
Introduzione: Come emerge dai report delle grandi organizzazioni internazionali,
l’epidemia di HIV/AIDS rappresenta probabilmente la più grande emergenza sanitaria
mondiale. In tale contesto, a parte l’inefficacia delle politiche di prevenzione, la scarsa
propensione al testing e il problema della diagnosi tardiva, suscita ulteriori elementi di
allarme la diffusione della pratica del barebacking le cui conseguenze, amplificate dai
social network, svelano questioni socio-culturali e implicazioni giuridiche di ampia portata.
Obiettivi, materiali e metodi: Il presente lavoro, attraverso una revisione sistematica
delle principali evidenze scientifiche, ricompone in un quadro d’insieme il fenomeno del
barebacking e ne propone una lettura sociologica, ipotizzandone inoltre i relativi processi
generativi e discutendo dei principali, seppur esigui, interventi sperimentati in contesti
stranieri per arginare il fenomeno.
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Abstract n. 4
Titolo: Integrazione e nuove dipendenze tra sanità, scuola e carcere. Progetti ed
esperienze in Calabria. La progettazione “Dentro la bolla…”
Autori e relatori: Emilia Luigia Pulitanò (*), Vincenzo Bonomo (°)
Affiliazioni: (*) Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza , Distretto Sanitario “Tirreno”
Responsabile Servizio Sociale Professionale/Area ISS, (°) Azienda Sanitaria Provinciale di
Cosenza, Presidente Associazione Nazionale Assistenti Sociali
E-mail: [email protected], [email protected]
Introduzione: Il disagio sociale e in particolare l’aspetto delle dipendenze in carcere
rappresentano un ambito privilegiato di intervento integrato tra diverse agenzie pubbliche
(aziende sanitarie, istituzioni giudiziarie e carcerarie, scuole) sfidate dall’odierna società
digitale (web society). Infatti la mission istituzionale della Aziende Sanitarie include la
prevenzione e l’ attuazione di percorsi di benessere/salute socio-psico-fisica delle persone
ristrette, le cui attività impongono regime di collaborazione e di accordo tra l’Autorità
Giudiziaria e l’Agenzia Scuola. Nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali le
intese consentono l’implementazione di un sistema organizzativo in rete di interventi di
inclusione sociale per i detenuti con l’Istituzione Casa Circondariale.
Obiettivi: Il lavoro presenta alcuni dei risultati della fruttuosa partnership tra il Servizio
Sociale-Professionale-Area Integrazione Socio-sanitaria dell’Azienda Sanitaria Provinciale
di Cosenza e la Casa Circondariale di Paola e l’Istituto Comprensivo “Isidoro Gentili” Paola
(CS). In tal senso si illustra un caso di co-costruzione di una rete integrata di comunità di
pratiche per l’empowerment socio-psicologico e pedagogico/creativo e la promozione di
stili di vita addiction-free dei reclusi.
Materiali e metodi: Il Servizio Sociale Professionale-Area Integrazione Socio Sanitaria ha
inteso promuovere l’esecuzione di progetti finalizzati a considerare lo studio della
normologia e delle devianze, e l’attivazione di processi di evoluzione psicosociale volti al
superamento della tendenza all'omologazione che può generarsi nelle persone in stato di
reclusione e che può essere portatrice di sofferenza psichica, e/o psicofisica, in quanto
implicante la negazione della diversità e dell'alterità.
48
Diversi i metodi utilizzati, in “triangolazione”, per realizzare appositi percorsi e attività che
possono leggersi nel senso del contrasto culturale alle diverse forme di dipendenza fuori e
dentro il carcere . In primo luogo, la metodologia della scrittura creativa utilizzata in ambito
socio-sanitario nasce dalla confluenza di due filoni teorici:
• l’Approccio Narrativo Autobiografico fondato da Duccio Demetrio2;
• il movimento di Medicina Narrativa o “Narrative Based Medicine”, fondato da Rita
Charon3.
In secondo luogo la Gruppoanalisi e Teatroterapia , che agiscono in diverse situazioni con
finalità di prevenzione, riabilitazione e cura. I Laboratori di gruppoanalisi sono orientati
all’analisi dell’espressività del Sé. Si tratta di gruppi soggettuali impostati secondo la Teoria
della mente relazionale. La Teatroterapia non produce diagnosi, né interpretazioni
psicologiche, ma rafforza nuove visioni di sé. In secondo luogo l’applicazione del metodo
sistemico di Moreno J. L4, che si basa sulla ricerca attiva - actionmethods, sull’incontrare
gruppi di persone all'interno del loro ambiente di vita, incoraggiandole a sviluppare le loro
potenzialità. In terzo luogo, l’applicazione della pedagogia sociale e della didattica
espressiva di Stanislavskij K.S.5, dove ogni attore è il suo metodo e dove l'improvvisazione
rappresenta la base del lavoro dell'attore su se stesso.
Risultati: l’analisi della Progettualità realizzata negli anni 2014 e 2015 in collaborazione
con l’Istituto Comprensivo “Isidoro Gentili” Paola (CS) e la Casa Circondariale di Paola
(CS) ha permesso di realizzare i seguenti percorsi per i detenuti
1. Conduzione di Laboratori di ricerca sociale svolti secondo l’approccio della
Psicoanalisi di Gruppo (Gruppoanalisi)
2. Osservazione e analisi dei bisogni al fine di costruire percorsi progettuali relativi alle
aree a rischio;
3. Attività di sostegno psicosociale.
Più specificamente si sono realizzati nell’ambito della progettazione “Dentro la bolla…”
1. Corso di Scrittura Creativa “Stelle di Natale” Storie, fiabe, testimonianze e riflessioni
delle persone ristrette nella Casa Circondariale di Paola (anno 2014);
2. Laboratori di Gruppoanalisi e Teatro Terapia e messa in scena: “Il Carcere crea
Dipendenza”(anno 2015)
Conclusioni: Si è valutata l’analisi degli indicatori di disagio, con una attenzione alla
presenza delle nuove e vecchie dipendenze in carcere, derivati dall’osservazione
sistematica degli specialisti del SSP/Area ISS, durante i processi di comunicazione
relazionale con i ristretti. Le finalità di azione e intervento sono state orientate a
oggettivare le azioni da implementare attraverso i percorsi descritti. Il progetto di sviluppo
di comunità di questa partnership interistituzionale ha prodotto visioni interventi condivisi
di comunità dialoganti (di formatori, reclusi, alunni, insegnati) sui temi ed i problemi (vissuti
fuori e dentro il carcere) delle nuove e vecchie dipendenze. Visioni, problemi e soluzioni
che internet e social media sembrano amplificare, aggregare, rimuovere nell’odierna e
irrinunciabile web society.
2 Duccio Demetrio, già Professore Ordinario di Filosofia dell'Educazione e di Teorie e Pratiche della Narrazione, è ora direttore
scientifico della Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari(AR), da lui fondata nel 1998 e inclusa da Parte del Ministero
dell'Istruzione Università e Ricerca nell'elenco dei soggetti accreditati/qualificati per la formazione del personale della scuola.
3 Rita Charon, Docente di Clinica Medica e Direttore del programma di Medicina Narrativa della Columbia University di New York.
4 Moreno fondò il Teatro della spontaneità nel 1921 a Vienna, in cui ogni personaggio doveva improvvisare la sua parte, riuscì ad
estendere notevolmente la diffusione del movimento psicodrammatico e sviluppò la ricerca delle interazioni sociali all'interno dei gruppi.
5 Konstantin SergeevičStanislavskij attore, regista, scrittore e teorico teatrale. Il suo metodo si basa sull'approfondimento psicologico
del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore. Si basa sulla esternazione delle
emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo. Per ottenere la credibilità scenica, il maestro
Stanislavskij creò esercizi che stimolassero le emozioni da provare sulla scena, dopo aver analizzato in modo profondo gli
atteggiamenti non verbali e il sottotesto del messaggio da trasmettere.
49
Riferimenti Bibliografici:
1. Demetrio Duccio (2012), Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis.
2. Duvignaud Jean (1974), Le ombre collettive. Sociologia del teatro, Roma: Officina Edizioni.
3. Moreno Jacob Levy (1985), Manuale di psicodramma: il teatro come terapia, Milano: Astrolabio
4. Moreno Jacob Levy (1973), Psicodramma e vita, Milano: Rizzoli.
5. Pulitanò Emilia Luigia (2001), Teatro e Psiche. Lo spazio dell’illusione i simbolismi del sé, in «Ou».
Riflessioni e provocazioni (Rivista di filosofia e scienze sociali), volume XII (n.2/2001) Dicembre 2001,
Edizioni Scientifiche Italiane.
6. Charon Rita (2001), Narrative Medicine. A model for Empathy, Reflection, Profession, and Trust,
American Medical Association.
7. Stanislavskij Konstantin S. (riediz.2008), Il lavoro dell’attore su se stesso, Roma/Bari: Laterza,
8. Stanislavskij Konstantin S. (riediz. 2008), Il lavoro dell’attore sul personaggio, Roma/Bari:Laterza
9. Bonomo V., “Il sistema d welfare della Calabria e il ruolo del Servizio Sociale Professionale” in “Welfare
come diritto. Scenari e sfide del Servizio Sociale Professionale” a cura di De Robertis G., Nappi A., Parte
III- cap. 5.1, Edizione La Meridiana, Molfetta (BA), 2012
Abstract n. 5
Titolo: L’intervento del sociologo della salute nell’approccio del Ser.D alla
prevenzione, cura e riabilitazione del Gioco d’azzardo patologico
Autore: Claudio Poggi – Dirigente sociologo Dipartimento Dipendenze Patologiche - ASL
BARI
E-mail: [email protected]
Con la liberalizzazione e la conseguente diffusione del gioco d’azzardo nel nostro paese si
assiste ad un consistente incremento del numero di soggetti affetti da GAP (Gioco
d’azzardo patologico), disturbo del controllo degli impulsi riconosciuto come patologia dal
DSM IV fin dal 1980. Questa nuova forma di dipendenza patologica sta sempre più
incrociando il mondo dei servizi per le dipendenze; contemporaneamente, segmenti di
società civile di varia provenienza socio culturale, politica e religiosa, si mobilitano per
contrastare il fenomeno. Il delinearsi di questa situazione induce i servizi per le
dipendenze a sperimentare e ad adottare protocolli d’intervento che sono tuttora in fase di
definizione e valutazione. In particolare, nell’ambito dei servizi per le dipendenze della ASL
della Provincia di Bari, stiamo focalizzando l’attenzione sui seguenti aspetti:
- potenziamento della conoscenza socio-epidemiologica del fenomeno, sia in riferimento
all’utenza che afferisce ai servizi, sia in relazione all’estensione del “sommerso” nel
proprio bacino di utenza;
- estrapolazione di elementi condivisi, tra gli operatori, per inquadrare il soggetto nella
fase di anamnesi e di osservazione/diagnosi, con particolare attenzione alla storia
evolutiva del sintomo e all’individuazione di alcune variabili-chiave, anche tramite
l’utilizzo del sistema informativo di dipartimento;
- impostazione di trattamenti multimodali, con approccio interdisciplinare, con l’intento di
stabilizzare la presa in carico del soggetto;
- alleanza con gruppi di auto mutuo aiuto che si stanno costituendo nel territorio,
prevedendo l’invio degli utenti dopo una fase iniziale di trattamento presso il Ser.D;
- sperimentazione di interventi brevi a carattere residenziale con alcune comunità
terapeutiche della provincia;
- implementazione di progetti di prevenzione nelle scuole con l’obiettivo di contrastare i
comportamenti compulsivi a rischio di dipendenza, con riferimento all’uso di internet,
dei social media, dei videogiochi e dei giochi d’azzardo online;
- interventi di rete, soprattutto nel quadro dei piani sociali di zona, che prevedono di
stabilire alleanze e protocolli d’intesa con associazioni e istituzioni che operano per
contrastare il fenomeno, sensibilizzando l’opinione pubblica.
50
Per ciascuno di questi ambiti saranno evidenziati alcuni strumenti operativi che qualificano
il contributo del sociologo della salute nell’analisi e conoscenza del fenomeno, nel favorire
l’apprendimento organizzativo, nel connettere in rete i servizi con le altre organizzazioni e
istituzioni che operano nel territorio.
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SESSIONE 7: Public Health, processi migratori e relazioni di cura
Coordinatori: Alessandra Sannellla, Rocco Di Santo
Abstract n. 1
Titolo: Migrare per curare: care economy e working poor nel centro storico di Napoli
Autrice e relatrice: Stefania Ferraro, Ricercatrice a.t.d. in Sociologia dei processi politici
Affiliazione: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
E-mail: [email protected] - [email protected]
Introduzione: Il presente lavoro restituisce i primi risultati di una ricerca etnografia che
indaga il rapporto tra badantizzazione della società [1] e working poor [2]. La rilevazione
empirica è stata svolta presso l’associazione Centro “La Tenda”, una Onlus che ha sede
nel cuore del centro storico di Napoli, il rione Sanità, e eroga servizi di assistenza agli
homeless; ne accogli circa 140 ogni sera e tra questi il 45% svolge (o ha svolto) lavori di
cura e il 35% è composto da donne provenienti dai Paesi dell’Est.
Materiali e metodi: Partendo da un’analisi dei dati di secondo livello (ISTAT e CESPI) sui
flussi migratori e le tipologie di lavoro svolto dalle donne migranti in Italia, è stata svolta
un’attività di osservazione e analisi delle modalità di assistenza, delle dinamiche
relazionali e delle articolazioni delle attività del quotidiano per tre mesi. Sono state
somministrate interviste alle donne ospitate, agli operatori, ai volontari e alle figure
dirigenziali della Onlus e sono state raccolte biografie.
Risultati: Muovendo dal presupposto teorico che la care economy sia politicamente ed
economicamente impiegata come una strategia governa mentale [3], nel presente lavoro
essa è analizzata soprattutto nel suo essere una soluzione alle asimmetrie strutturali
generate dalle moderne logiche di gestione della salute pubblica [4].
Non a caso il ricorso su vastissima scala al lavoro immigrato da parte delle famiglie
italiane ha rappresentato, in questi anni, una vera e propria manna sociale ed economica,
di cui il sistema di Welfare italiano ha ampiamente beneficiato [5].
Conclusioni: Eppure, nonostante l’aumento della domanda dei “migranti della cura”, tali
soggetti restano imbrigliati nelle maglie del lavoro sommerso e/o precario, poiché esposti
allo stop and go contrattuale e alla di femminilizzazione del lavoro [6], rispetto ai tempi,
alla retribuzione e alle modalità di svolgimento dell’attività di cura.
Ciò avviene in nome di un progetto tardo-liberale finalizzato alla privatizzazione definitiva
di tutte le strutture e le forme di Welfare del Terzo Settore.
Parole-chiave: Governamentalità, Welfare State, Femminilizzazione, Care economy,
working poor.
Riferimenti bibliografici:
1. Molinier P., Laugier S., Paperman P. (ed.) (2009), Qu’est-ce que le care?, Petit Bibliothèque Paris: Payot.
2. Peña-Casas R., Latta M. (2004), Working poor in the European Union, Eurofound, Denmark.
3. Foucault M. (1978), La governamentalità, in «Aut Aut», n. 167-168, pp. 12-29.
4. Tronto J. (2010), Cura e politica democratica. Alcune premesse fondamentali in «La società degli
individui», vol. 2, n. 38, pp. 34-42.
5. Lutz A. (2008), Migration and Domestic Work: an European Perspective on a Global Theme, Ashgate,
Aldershot.
6. Fumagalli A. (2007), Bioeconomia e capitalismo cognitivo, Roma: Carocci.
Abstract n. 2
Titolo: Il counselling interculturale: empowerment e resilienza tra diritto alle cure e
diritto alla salute
Autrice e relatrice: Laura Schiavi
Affiliazione: Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
E-mail: [email protected]
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Introduzione: Nel 2013 la Regione Lazio ha raggiunto la percentuale più alta di richiedenti
protezione internazionale accolti nella rete Sprar [Rapporto sulla protezione internazionale
in Italia 2014]; esaltare la centralità della persona in tali contesti concorre a definire lo
stato di salute degli individui, garantendone libera espressione, partecipazione e
realizzazione. Come noto l’Italia è un luogo di transito per raggiungere i Paesi
nordeuropei; diventa quindi sempre più difficile progettare interventi volti al benessere
della persona e alla promozione della salute.
Analisi: I push e i pull factors [Melotti 2004] rendono la percentuale di stranieri presenti in
Italia molto variegata; il fenomeno è affrontato come un’emergenza e non come realtà da
gestire con policy volte all’inclusione e alla formazione degli operatori. Ciò è consentito dal
counselling interculturale inteso come strumento di supporto ed orientamento finalizzato a
ricostruire il senso di appartenenza individuale e una rete relazionale in realtà
caratterizzate da veloci cambiamenti, perdita dell’identità e disorientamento.
La riconquista dell’identità e l'emancipazione da uno stato di nonperson [Dal Lago 2004],
sono presupposti essenziali per promuovere la titolarità di diritti inalienabili. Cultura e
identità implicano punti di osservazione differenti che creano incontri/scontri tra le diversità
e modi differenti di intendere il concetto di salute e di attribuire simboli e significati al
sintomo.
Risultati: L’aspetto comunicativo dunque è fondamentale ma fortemente influenzato dallo
stress da transculturazione e nella difficile articolazione del diritto alla salute e dell’equità
delle cure [Giovannelli 2013], è necessario in-formare ed orientare gli individui. La culturebound syndrome non sempre è patologica ma spesso superabile potenziando coping,
empowerment e resilienza, intesa come capacità di gestire eventi nuovi, inaspettati e
stressanti attivando nuove risorse e modalità di adattamento ridefinendo appraisal e locus
of control [Tarsia 2010].
Conclusioni: Il counselling nei servizi sociosanitari promuove dunque un nuovo assetto
della promozione della salute intesa come sistema culture bounded [Cipolla 2005]
all’interno del quale ridefinire l’accoglienza e l’integrazione sociosanitaria in uno spazio
globale [Sannella 2014].
Bibliografia di riferimento
1. Anci, Caritas Italiana (2014), Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2014, Cittalia, Fondazione
Migrantes, SPRAR, in collaborazione con UNHCR, Digitalia Lab, Roma.
2. Cipolla C. (a cura di) (2005), Manuale di sociologia della salute, vol. 3, FrancoAngeli, Milano.
3. Cipolla C., (a cura di) (2013), Disuguaglianze sociali in Sanità, FrancoAngeli, Milano.
4. Dal Lago A. (2004), Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano.
5. Giovannelli L. (a cura di) (2013), La valutazione delle performance in ambito sanitario. Profili teorici ed
evidenze empiriche, Giappichelli, Torino.
6. Melotti U. (2004), Migrazioni internazionali. Globalizzazione e culture politiche, Mondadori, Milano.
7. Sannella A. (2010), Salute transculturale. Percorsi socio-sanitari, FrancoAngeli, Milano.
8. Tarsia T. (2010), Aver cura del conflitto. Migrazioni e professionalità sociali oltre i confini del welfare,
FrancoAngeli, Milano.
Abstract n. 3
Titolo: La Mediazione culturale: negoziazione delle pratiche di cura della salute
mentale in un ospedale italiano.
Autori: Paola Elia (°), Barbara Cordella (*), Francesca Greco (**), Massimo Grasso (*)
Affiliazioni: (°)Cooperativa sociale Cassia Avass; (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica
e Clinica, Sapienza Università di Roma; (**)Dipartimento di Scienze Sociali ed
Economiche Sapienza Università di Roma
Relatrice: Paola Elia
E-mail: [email protected]
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Introduzione: Il presente lavoro ha inteso esplorare il contesto della mediazione culturale
di derivazione etnopsichiatrica praticata presso l’ospedale Santa Maria e San Gallicano di
Roma attraverso le narrazioni dei mediatori culturali, parte integrante dell’equipe clinica nei
colloqui di consulenza psicologica. Tale scelta è stata motivata dall’interesse per una
modalità di intervento che estende ai migranti la possibilità di ricevere un sostegno e pari
opportunità di accesso ai servizi sanitari, garantendo il diritto alla salute del singolo e
promuovendone l’integrazione socio-culturale.
Materiali e metodi: A tale scopo sono state condotte delle interviste in profondità ai
mediatori culturali (n=16). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi
testuale (analisi dei cluster con metodo delle K-Medie e analisi delle corrispondenze) al
fine di individuare fattori e cluster indicativi del modello attuato dagli intervistati.
Risultati: Il modo in cui i mediatori culturali sono integrati nella pratica ospedaliera e,
quindi, con cui interpretano il proprio ruolo e svolgono la loro funzione di raccordo tra
l’ospedale e l’utenza straniera sembrano definire uno spazio sospeso in cui è possibile
interrogarsi sulle diverse interpretazioni del disagio, sulla complessità della domanda di
salute, sulla funzione del sistema sanitario italiano e sulla sua dimensione organizzativa.
L’ambivalenza che è emersa nella rappresentazione affettiva e cognitiva dei mediatori
rispetto alla mediazione mostra sia il desiderio di estendere e validare i diritti dei soggetti
migranti, anche attraverso la pratica della mediazione etno-clinica, sia la necessità di
rendere visibile il percorso di ibridazione culturale presente, seppur spesso ignorato, nei
paesi occidentali di accoglienza e nelle loro strutture organizzative.
Conclusioni: Ciò evidenzia come il mediatore non si attribuisca solo il compito di
trasporre in una lingua diversa quanto ascoltato, ma piuttosto quella di far comunicare
mondi culturali diversi tra loro. Il processo di negoziazione si viene così a configurare
come una prassi democratica in grado di tenere in considerazione le istanze portate dal
paziente straniero. Essa è capace da un lato di colmare l’asimmetria di potere tra
professionisti e pazienti e dall’altro di facilitare il lavoro degli operatori sanitari del Servizio.
È in questo modo che la mediazione si viene a costituire come un ponte tra mondi di
significato, atto a facilitare la comunicazione e garantire il diritto alla salute.
Riferimenti Bibliografici:
1. Berlicioni, V., & Bruno, D.(2013). Ghosts from the past: a clinical case study of intercultural therapy in
contemporary Italy. International Journal of Culture and MentalHealth, 6(1),45-57.
2. Carli, R., & Paniccia, R.M. (2002). L’Analisi Emozionale del Testo: Uno Strumento Psicologico per
Leggere Testi e Discorsi. Milano, IT: Franco Angeli.
3. Cordella, B., Greco, F., & Raso, A.( 2014). Lavorare con un corpus di piccole dimensioni in Psicologia
clinica: una proposta per la preparazione e l’analisi dei dati. In E. Née, M. Daube, M. Valette & S. Fleury
(Eds.), Proceedings JADT 2014, 12es Journées internationales d’Analyse statistque dies Données
Textuelles, Paris, France, Juin 3-6, 2014 (pp. 173-184). Paris, FR: Jadt.org.
4. Cordella, B., Greco, F., &Grasso, M. (2012). Psychologist “Know Thyself”: Psychologist and
Professionals’ Representations of the Disabled Users/Clients and Assistive Technologies. In S. Federici &
M.J. Scherer (Eds.), Assistive Technology Assessment Handbook (pp. 164-170). London, UK: CRC
Press.
5. Crescini, G., & Soldati, M.G. (2006). Quandol’Altroveè Qui: Costruire Spazi di Mediazione Culturale ed
Etnoclinica. Milano, IT: Franco Angeli.Dal Lago, A. (2005). Non Persone: L’esclusione dei migranti in una
società globale. Milano, IT: Feltrinelli.
6. Johnson, P., & Nigris, E. (1996). Le figure della mediazione culturale in contesti educativi. In E. Nigris
(Ed.), Educazione interculturale (pp.369-414). Milano, IT: Mondatori.
7. Lancia, F. (2004). Strumenti per l’Analisi dei Testi. Introduzione all’Uso di T-Lab. Milano, IT: Franco
Angeli.
8. Miklavcic, A. (2011). Canada’s non-status immigrants: negotiating access to health care and citizenship.
Medical Anthropolgy. Cross-cultural studies in Health and Ilness, 30(5), 496- 517.
9. Montesarchio, G., &Venuleo, C. (2009). Colloquio Magistrale. La Narrazione Generativa. Milano, IT:
Franco Angeli.
10. Sayad, A. (2002). La Doppia Assenza. Dalle Illusioni dell’Emigrato alle Sofferenza degli Immigrati.
Milano, IT: Raffaello Cortina.
11. Salvatore, S. & Freda, M.F. (2011). Affect, unconscious and sensemaking: A psychodynamic, semiotic
and dialogic model. New Ideas in Psychology, 29, 119–135.
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12. Salvatore, S., Gennaro, A., Auletta, A., Tonti, M., & Nitti, M. (2012). Automated method of content
analysis: A device for psychotherapy process research. PsychotherapyResearch, 22(3), 256- 273.
13. Taricone, I., Braca, M., Acts, A.R., Pedrini, E., Morri, M., Poggi, F., Melega, S., Nolet, M., Tonti, L., &
Berardi, D. (2009). Clinical features and pathway to care of migrants referring to the Bologna
Transcultural Psychiatric Team. International Journal of Culture and Mental Health, 2(1), 1-15.
14. Tribe, R. (2009). Working with interpreters in mental health. International Journal of Culture and Mental
Health, 2(2), 92-101.
15. Telfner, U. (2000). La psicologia clinica come pratica culturale. Pluriverso, 1, 219-230.
Abstract n. 4
Titolo: La Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e la prescrizione e
fornitura di farmaci in Europa: aree e livelli di azione per salvaguardare la salute.
Autrice e relatrice: Lucia Ferrara
Affiliazione: Dipartimento di Scienze della formazione, psicologia, comunicazione,
Università degli Studi di Bari "A. Moro , Phd Candidate Scuola di Dottorato in Scienze
delle relazioni umane, Curriculum "Progettazione e valutazione delle politiche sociali"
E-mail: [email protected]
Introduzione: L’aumento generale della mobilità in Europa e le sfide a carico dei sistemi
sanitari nazionali (SSN) fanno sì che, oggigiorno, il tema della mobilità dei pazienti sia al
centro dell’attenzione politica per le implicazioni ad esso connesse. Per le istituzioni
europee, il diritto ad ottenere assistenza sanitaria nel territorio dell’Unione Europea è un
beneficio riconosciuto a tutti i cittadini comunitari che sono assicurati secondo la
legislazione di uno Stato membro ed è un’importante esplicitazione del diritto alla salute e
del principio della libera circolazione. Il 25 ottobre 2013 è entrata in vigore in tutti gli Stati
europei la Direttiva 2011/24/UE del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei
pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera che sancisce il diritto del paziente di
curarsi in qualsiasi Stato membro dell’UE e la direttiva 2012/52/UE, comportante misure
destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato
membro. Le due direttive rendono il riconoscimento delle prescrizioni obbligatorio in tutti gli
Stati membri e definiscono una serie di misure per facilitarne il riconoscimento, tuttavia
alcuni aspetti (es. la prescrizione di medicinali soggetti a prescrizione medica speciale, la
vendita on line, ecc.) restano fuori dalla portata della Direttiva e delegati alla responsabilità
dei singoli Stati membri.
Materiali e metodi: Tenuto conto dell’importanza di salvaguardare la salute dei pazienti e
del rischio per la salute derivante dall’uso inappropriato dei farmaci che richiedono una
prescrizione, questo lavoro ho l’obiettivo di passare in rassegna la normativa europea in
materia di prescrizioni e fornitura di farmaci e di individuare le variazioni nella legislazione
di cinque Stati membri dell’UE (Belgio, Finlandia, Germania, Spagna e Gran Bretagna)
che possono ostacolare la fornitura transfrontaliera di farmaci. Il lavoro impiega un
approccio misto triangolando dati da differenti fonti e tipologie di soggetti.
Risultati: L’analisi identifica differenti aree e livelli di azione: livello basso nei casi in cui le
differenze individuate non comportano un rischio per la salute dei pazienti, in quanto ogni
nazione ha già definito una normativa molto rigida; livello medio e alto nei casi in cui le
differenze individuate possono impedire la fornitura transfrontaliera di medicinali e
impedire la continuità delle cure.
Conclusioni: La libertà di ricevere assistenza sanitaria in tutta l'UE deve essere
accompagnata, infatti, da garanzie di qualità e di sicurezza.
Abstract n. 5
Titolo: Uno e sette. Appunti per un’intelligenza pedagogica
Autore e relatore: Marco Grilli
55
Affiliazione: Università di Bologna, Accademia di Belle Arti Santagiulia di Brescia
E-mail: [email protected]
Introduzione: Questo intervento muove da alcuni spunti di riflessione proposti nella
scorsa edizione del Convegno SISS, incentrati sul tema della tolleranza e sul proposito di
spingersi oltre questo obiettivo minimo, seguendo un richiamo radicale alla dimensione
non identitaria dell’umano e un approccio relativizzante delle culture.
Analisi: Alla luce dei recenti episodi di violenza sembra delinearsi un trend rispetto al
quale già il “tollerare” l’alterità evitando l’esplosione di manifestazioni distruttive potrebbe
apparire un traguardo provvisoriamente più che desiderabile, accogliendo magari l’invito di
Lorenz a “ridirezionare” le pulsioni del Thanatos verso oggetti e scopi umanamente non
catastrofici. Eppure anche in un quadro di diffidenza e di “paura” può emergere il senso di
una sfida antropologica. Chiaramente più difficoltosa, quasi improbabile, se riferita a
individui e gruppi già pesantemente socializzati; a maggior ragione se le culture di
riferimento risultano impermeabili al confronto. Ma altrettanto necessariamente praticabile,
soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. A partire dalla prima infanzia, in cui la
mente assorbe attivamente le stimolazioni ambientali, e forma i primi schemi cognitivi di
rappresentazione del mondo. E’ lì che è possibile costituire configurazioni fondate sul
senso della cooperazione e della solidarietà, su competenze di elaborazione e di gestione
delle situazioni conflittuali, sulla capacità di coltivare atteggiamenti di attenzione e di cura.
I bambini sono tutti uguali, gli stessi bisogni elementari, la stessa “curiosità della ricerca”,
il medesimo senso del gioco. Li differenziano i linguaggi sociali, attraverso le parole che
hanno appreso, la mano adulta che li ha condotti nei primi passi.
Conclusioni: Così come espresso in modo semplice e suggestivo da Gianni Rodari in
uno dei suoi albi illustrati, in cui sono presentati sette bambini (ma in realtà potrebbero
essere milioni), diversi “fenotipi” culturali che esprimono un unico genoma, un solo uomo.
In questo modo i colori delle bandiere potranno costituire semplici indicatori di percorsi
comuni, rappresentazioni iconiche di narrazioni condivise. In un’ottica più estesa:
narrazioni da condividere.
Riferimenti bibliografici
1. Fromm E., Anima e società, Mondadori, Milano 1996
2. Crespi F., Contro l’aldilà, il Mulino, Bologna 2008
3. Crespi F., Imparare ad esistere. Nuovi fondamenti della solidarietà sociale, Donzelli, Roma 1994
4. Remotti F., Contro l’identità, Laterza, Roma-Bari 2007
5. Bauman Z., Paura liquida, Laterza, Roma-Bari 2008
6. Lorenz K., L’aggressività, Il Saggiatore, Milano 2008
7. Anolli L., La mente multiculturale, Laterza, Roma-Bari 2006
8. Montessori M., La mente del bambino, Garzanti, Milano 195
9. Rodari G., Uno e 7, Edizioni EL, San Dorligo della Valle (TS) 2004 (testo tratto da Favole al telefono)
10. Grilli M., La sfida antropologica. Oltre la tolleranza, in C.Clemente e P.P.Guzzo (a cura di) Sistemi
sociosanitari regionali tra innovazioni e spendibilità. Esperienze e ricerche, (Quaderni Cirpas, Vol. n.24,
Università di Bari) , Cacucci, Bari 2013
Abstract n. 6
Titolo: Miglioramento e semplificazione delle procedure di accesso ai servizi
sanitari e socio-sanitari dei cittadini stranieri
Autori: R. Pelliccia(*), A. Capasso (*), G. Molinaro (*), M. Femiano (*)
Affiliazione: (*) U.O.C. Integrazione Sociosanitaria- Azienda Sanitaria Locale Napoli 2
Nord
Relatrice: Maria Femiano
E-mail: [email protected]
Introduzione: Per garantire maggior tutela del diritto alla salute ai cittadini immigrati sono
state sviluppate metodologie volte a favorire l’effettività dell’ applicazione dell'accordo [1]
56
Stato Regioni attraverso la realizzazione di un’azione integrata di mediazione sociale in
ambito sanitario, finalizzata all’accesso dei cittadini stranieri ai diritti e servizi sanitari.
Materiali e metodi: Il progetto “No Red Tape”- Azioni di mediazione sociale e linguistica
per la semplificazione delle procedure di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari dei
cittadini stranieri, promosso dall’Azienda [2] Sanitaria Locale Napoli 2 Nord e finanziato dal
Fondo [3] Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013 con la
partnership di due Associazioni è finalizzato a: promuovere l’applicazione dei contenuti
dell'Accordo da parte degli operatori socio-sanitari attraverso interventi di formazione;
elaborare procedure interne e di comunicazione esterna; garantire tutela ai bambini
stranieri e alle loro famiglie attraverso protocolli innovativi di presa in carico; favorire
l’attivazione della rete territoriale e promuovere la comunicazione tra enti del territorio,
definire protocolli operativi; migliorare le conoscenze in possesso della popolazione
immigrata a Napoli sul diritto alla salute e accesso ai servizi; valorizzare il ruolo del
mediatore.
Risultati e conclusioni: Mediante un lavoro di rete tra i partner del Progetto, sono stati
raggiunti i seguenti risultati: affiancamento dei mediatori culturali al personale ASL
dell’Ufficio URP del P.O. San Giovanni di Dio e della UOMI del consultorio di Giugliano con
l’attivazione anche di uno Sportello on-line; informazione e orientamento di circa 6000
cittadini stranieri; distribuzione materiale informativo delle attività progettuali
(brochure,volantini,locandine,vademecum);elaborazione materiale informativo in diverse
lingue su procedure burocratiche-amministrative di natura sociosanitaria; coinvolgimento
di n.8 attori istituzionali e sociali attraverso tavoli tecnici; coinvolgimento negli interventi di
n.23 attori istituzionali e sociali (3 partner e 20 Comuni); attività di ricerca sulle difficoltà di
accesso ai servizi sociosanitari da parte dei cittadini stranieri; realizzazione di n.2 tavoli
tecnici; realizzazione di un percorso formativo con la partecipazione di n. 203 operatori.
Riferimenti sitografici:
1. www.statoregioni.it:
2. www.aslnapoli2nordservizionline.it
3. www.libertaciviliimmigrazione.interno.it
fondisolid.dlci.interno.it
www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/fondi-europei
Abstract n. 7
Titolo: Vulnerabilità sociale e interventi di tutela della salute del bracciantato
migrante meridionale
Autore: Francesco Caruso
Affiliazione: Università di Catanzaro
E-mail: [email protected]
Introduzione: Nel corso degli ultimi decenni il ruolo del lavoro migrante nell'agricoltura
meridionale è cresciuto in modo esponenziale: dal 7,2% nel 1998 si è arrivati al 33,8% nel
2013, con oltre 128.990 lavoratori stranieri impiegati nelle campagne del sud Italia (Inea
2014). Le tendenze di agrarizzazione e rururbanizzazione dell'inserimento sociolavorativo, caratteristiche sempre più rilevanti del “modello mediterraneo delle
migrazioni” (King 2000), rendono più difficoltosa l'accessibilità e la fruibilità dei servizi
socio-sanitari a causa dell'isolamento e della dispersione territoriale che le connotano.
Analisi: Queste difficoltà si accentuano nel cosiddetto “circuito degli stagionali” (Caruso
2012) : si tratta di alcune migliaia di migranti che rincorrono stagionalmente il lavoro di
raccolta dei prodotti agricoli nelle differenti pianure del meridione (spostandosi ad esempio
nel foggiano nei mesi estivi per la raccolta del pomodoro o in inverno in Calabria per la
raccolta agrumicola), vivendo in ghetti rurali o casolari abbandonati con un'inevitabile alta
incidenza di infortuni e patologie connesse alle dure condizioni di vita e di lavoro, e dove
57
l'accesso al mercato del lavoro ma anche a beni e servizi essenziali, sono intermediati da
forme più o meno esplicite di caporalato etnico.
A fronte della mancanza di policy e interventi socio-sanitari di ampio respiro, in grado di
intercettare e rispondere ai pur rilevanti bisogni di cura del bracciantato migrante, nel
corso degli ultimi anni diverse organizzazioni umanitarie e strutture sanitarie locali hanno
implementato alcune sperimentazioni per fornire prima assistenza medica e facilitare
l'accesso alle cure.
Materiali e metodi: In questo contributo intendiamo preliminarmente articolare un'analisi
sull'evoluzione delle condizioni di vita e di salute dei lavoratori coinvolti nel “circuito degli
stagionali” sulla base dell'elaborazione dei dati raccolti nel corso di due campagne di
intervento di prossimità a bassa soglia svolte a distanza di quasi dieci anni da Medici
Senza Frontiere (2005) e Medici Per i diritti Umani (2014).
Risultati e conclusioni: Nella seconda parte esporremo i primi risultati di un lavoro di
monitoraggio e mappatura delle sperimentazioni locali e degli interventi promossi da attori
pubblici e privati sul terreno della prevenzione, prima assistenza e orientamento sociosanitario nelle aree interessate dal fenomeno stagionale del lavoro migrante agricolo.
Riferimenti bibliografici:
1. Caruso F., (2012), “La porta socchiusa tra l’Africa Nera e la Fortezza Europa: l'hub rururbano di Castel
Volturno”, in Colloca C., Corrado A., La globalizzazione delle campagne, Milano, Franco Angeli.
2. Inea, (2014). Annuario dell'agricoltura Italiana 2013, Istituto Nazionale di Economia Agraria, Roma.
3. King R., (2000). Southern Europe in the changing global map of migration in King R., Lazaridis G.,
Tsardanidis C., Eldorado or fortress? Migration in Southern Europe, London, Macmillan.
58
Sessioni Parallele
Sessione 1:
Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario
Coordinatori: Annamaria Perino, Remo Siza
Autore/i
Struttura di appartenenza
Relatore
Titolo abstract/
relazione
1) Francesco
GRISOLIA (*),
Emanuele
FERRAGINA (*+)
*Università “Magna
Graecia” di Catanzaro,
Dipartimento di Scienze
Giuridiche, Storiche,
Economiche e Sociali.
**Sciences Po Paris, OSC
and LIEPP.
Francesco
GRISOLIA
L’innovazione sociale in
tempi di austerità:
risorsa o termine di
moda?
2) Luigi NAVA (*)
* Éupolis Lombardia
Istituto per la Statistica, la
Ricerca e la Formazione,
Regione Lombardia
www.eupolislombardia.it
Luigi NAVA
Welfare locale per la
non autosufficienza:
crisi o opportunità?
Barbara
CORDELLA
Malattia Mentale e
Servizi Territoriali.
L’esperienza di Trento
[email protected]
Contatti
[email protected]
[email protected]
[email protected]
3) Barbara
CORDELLA (*),
Francesca Greco
(°), Raffaella
Casamassima (^),
Michele Gifuni (*),
Antonia Florio (*),
Massimo Grasso (*)
(*) Dipartimento di
Psicologia Dinamica e
Clinica Sapienza Università
di Roma
(°) Dipartimento di Scienze
Sociali ed Economiche
Sapienza Università di
Roma
(^)Ospedale “S. Giovanni
Calibita” Fatebenefratelli
(*) Infermiere, Area Vasta 2
– Ancona, ASUR Marche
Giordano
COTICHEL
LI
Infermieristica ed equità
nella salute in un
sistema socio-sanitario
in cambiamento
[email protected]
4) Giordano
COTICHELLI(*)
5) Giulia
PALAZZOLO
Giulia
PALAZZOL
O
Riforme sanitarie e
tutela del territorio: il
caso Auxilium Vitae
[email protected]
(non indicata)
6) Massimo
BALDACCI
Massimo
BALDACCI
Modelli organizzative e
riforme del sistema
sanitario italiano
[email protected]
(non indicata)
59
Sessione 2:
Governance e valutazione in sanità, tra Ospedale e Territorio
Coordinatori: Leonardo Altieri, Paolo Ugolini
Contatti
Autore/i
Struttura di
appartenenza
1) Luigi SPEDICATO
(*),Annamaria Vitale(*),
MariledaVergori(*),
Andrea Forte(*), Mario
Quarta(*)
(*)Dipartimento di “Storia,
Società e Studi
sull’Uomo” - Università del
Salento –
2) Francesca GRECO
(*) Barbara Cordella
(*), Michela Di Trani
(*),Alessia Renzi
(*),Luigi Solano (*)
(*) Dipartimento di
Scienze Sociali ed
Economiche - Sapienza
Università di Roma
3) Grazia Chiarini
(*),Silvia GRASSI (*),
Maria Pia Urbani (*)
(*)Istituto di Formazione
Psicosomatica Firenze
4) Barbara
CALDERONE(*),
Stefano Fabbri (*),
Matteo Gaggi (*)
(*) Ufficio per la
Programmazione Sociale
e Sanitaria- Settore
Servizi Sociali Unione dei
Comuni "Valle del Savio"
5)Cristina SORIO
(sociologa) (*),
Paolo Pasetti
(statistico) (*)
6) Lucia FERRARA(*),
Giuseppe Moro (**)
7) Adalgisa
PROTONOTARI*,
Ilaria Castaldini**,
Antonella Dallari°,
Anna Poli°°,
Alessandra Renopi**,
Lucia Grazia**
(*) Azienda Usl di Ferrara
– Dipartimento
Assistenziale Integrato
Salute Mentale
Dipendenze Patologiche,
Osservatorio
Epidemiologico, Via F. del
Cossa 18, Ferrara, 0532
(*) dottoranda in Scienze
delle relazioni Umane –
curriculum “Progettazione
e valutazione delle
politiche sociali”,
Università degli Studi di
Bari.
(**) professore ordinario di
*Direttore
Programmazione e
Controllo, **Collaboratore
Programmazione e
Controllo, °Dirigente
Professioni Sanitarie Area
Riabilitazione, °
°Responsabile Percorsi
della Riabilitazione.
Azienda USL di Bologna.
Relatore
Titolo abstract/relazione
Luigi
SPEDICATO
La valutazione delle
politiche di integrazione
socio-sanitaria sul territorio
nei Piani di Zona della
Regione Puglia: verso un
modello valutativo
multidimensionale.
Francesca
GRECO
La collaborazione tra il
medico di MG e lo
psicologo: Valutazione degli
effetti della consulenza in
copresenza
Silvia GRASSI
I Gruppi Balint: un aiuto
concreto per gli operatori
sanitari
Barbara
CALDERONE
Governance e valutazione
nei servizi socio-sanitari:
dalla teoria alla pratica.
Cristina SORIO
Valutazione di esito dei
percorsi assistenziali di
pazienti in trattamento nelle
strutture residenziali
accreditate della provincia
di Ferrara
Lucia
FERRARA
La valutazione
dell’integrazione
sociosanitaria: una review
sistematica della letteratura
Adalgisa
Protonotari
Qualità ed economicità: un
binomio possibile?
Il percorso per la
riabilitazione del paziente
con frattura di femore
nell'area metropolitana di
Bologna
60
[email protected]
[email protected]
cell. 333/12.24.886
06/49.69.02.50
[email protected],
[email protected]
[email protected]
calderone_b@comune.
cesena.fc.it
[email protected]
[email protected]
[email protected]
ogna.it
Sessione 3:
Salute e web society: teoria e ricerca
Coordinatori: Cleto Corposanto, Mauro Moruzzi
Autore/i
1) Antonella GOLINO
Struttura di appartenenza
Università degli Studi di
Cagliari
(*) Dipartimento di Scienze
2) Anna Maria MELINA(*),
Giuridiche, Storiche,
Teresa Gentile (*),
Economiche e Sociali,
Marzia Ventura (*),
Università di Catanzaro
Walter Vesperi (°)
“Magna Græcia”
(°) Dipartimento di Scienze,
Economiche Aziendali,
Ambientali e metodologie
quantitative, Università degli
Studi di Messina
Relatore
Antonella
GOLINO
Anna Maria
MELINA
3)Maria Chiara GALIZI(*);
Francesco Giuffrida(*);
Daniele Palumbo(*);
Operatori Sanitari Associati
OSA Soc.Coop.
Sociale a r.l.- onlus
4) Sabina DE ROSIS(*),
Manila Bonciani(*)
Milena Vainieri(*),
Patrizia Scida(°)
(*) Scuola Superiore
Sant'Anna di Pisa,
(°) ASL 5 di Pisa
Sabina
DE ROSIS
5) Arianna CACCIA
(non indicata)
Arianna
CACCIA
6) Marzia VENTURA (*),
Rocco Reina (*),
Concetta Lucia
Cristofaro (*)
Dipartimento di
Scienze Giuridiche,
Storiche,
Economiche e
Sociali Università di
Catanzaro “Magna
Græcia”
Marzia
VENTURA
7) Cleto Corposanto (*)
Beba MOLINARI (**)
(*) Università
Magna Graecia,
Catanzaro
(**) Università degli
Studi di Genova
Beba
MOLINARI
Maria Chiara
GALIZI
61
Titolo abstract/
relazione
Salute e malattia nella
web society
Contatti
[email protected]
Health Information
System& Sanità: il
caso degli IRCCS
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
e-Care, percorsi di
partecipazione.
Tre iniziative per
raccogliere ed
accogliere il punto di
vista e le esperienze
del cittadino assistito
da OSA attraverso il
portale della
Cooperativa:
hAPPyMamma.
Il disegno
dell’implementazione
e della valutazione di
un’applicazione
mobile nel percorso
materno infantile
nell’ASL5 di Pisa.
[email protected]
Zapping e shopping
sentimentale nella
web society: le
relazioni virtuali nelle
chat per fare nuove
conoscenze
Le applicazione mobili
nella relazione Medico
- Paziente: Un’analisi
empirica
[email protected]
E-health e patto di
salute
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected]
[email protected];
[email protected];
[email protected]
Sessione 4:
Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute
Coordinatori: Davide Galesi, Walther Orsi
Autore/i
1) Silvia
CLEMENTI
2) Sandra
GALLERINI
Struttura di
appartenenza
Dottoranda in Sociologia,
Organizzazioni e Culture
presso l’Università
Cattolica del Sacro
Cuore, sede di Milano e
Assistente sociale
Responsabile
Ricerca
CESVOT
(Centro Servizi
Volontariato
Toscana)
Relatore
Titolo abstract/relazione
Contatti
[email protected]
Partecipazione e salute
mentale: lavorare con le
famiglie e le persone per
una psichiatria
partecipata
Silvia
CLEMENTI
SandraGALL
ERINI
Il Terzo settore come
laboratorio per sviluppare
nuovi modelli di comunità
nell’ambito sociale e
sanitario
[email protected]
[email protected]
Capitale sociale e capitale
civico: la nascita e la
costruzione della Rete
civica della Salute in
Sicilia
[email protected]
3) Marco
CIZICENO
Università degli Studi di
Palermo, Dipartimento di
Scienze Economiche,
Aziendali e Statistiche
(SEAS)
4) Maria Grazia
DE VIVO
Libera Professionista
Maria Grazia
DE VIVO
E’ veramente tutelato
l’interesse del minore?
[email protected]
[email protected]
5) Simone
CERRINA
FERONI
(non indicata)
Simone
CERRINA
FERONI
Processi partecipativi/
inclusivi per integrare
servizi socio-sanitari e
servizi per le politiche
attive del lavoro e del
Long-life Learning
[email protected]
6) Katia
MAROCCO
(non indicata)
Katia
MAROCCO
L’implementazione della
Legge 150/2000 nelle
strutture sanitarie: tra
comunicazione interna e
informatizzazione
[email protected]
7) Giuseppe
TRIBUZIO
Dottorando di Ricerca in
“Scienze delle
Relazioni Umane”,
Università degli studi
“A. Moro” Bari
Giuseppe
TRIBUZIO
L’educazione allo sport
come prevenzione e
promozione di buone
pratiche sociali. La
proposta innovativa del
Judo inteso come cultura
fisica e mentale.
[email protected]
Marco
CIZICENO
62
Sessione 5:
Salute e genere: il contributo della sociologia all’approccio multidimensionale
Coordinatori: Stefano Taddei, Lia Lombardi
Autore/i
1) Rosa Maria
BRUNO (*),
L. Ghiadoni (°),
M. Mauri (°),
S. Cervia (^),
S. Taddei (°),
R. Biancheri (^),
L. Palagini (°).
2)Cristina SORIO
(sociologa),
Ilaria Vaccari
(psicologa)
Struttura di
appartenenza
(*) Istituto di Fisiologia
Clinica – CNR, Pisa,
Italy;
(°)Dipartimento di
Medicina Clinica e
Sperimentale, Università
di Pisa, Italy;
(^)Dipartimento di
Scienze Politiche,
Università di Pisa, Italy
Azienda Usl di
Ferrara –
Dipartimento
Assistenziale
Integrato
Salute Mentale
Dipendenze
Patologiche,
Osservatorio
Epidemiologico
,
Relatore
Contatti
Titolo abstract/relazione
[email protected]
Rosa Maria
BRUNO
Stress, strategie di coping e
disturbi del sonno: differenze
di genere in una popolazione
ipertesa e relazione con il
controllo pressorio.
[email protected]
Cristina
SORIO
Studio sulla relazione fra
autoefficacia percepita e
fattori di rischio in giovani
studenti della provincia di
ferrara
Anna Maria
RIZZO
Donne malattie reumatiche:
un racconto a più voci
Sabrina
GAROFALO
La costruzione della cura e
welfare mediterraneo:
l’esperienza delle donne
migranti.
sabrina.garofalo83@
gmail.com
5) Annalaura CARDUCCI
(* )Dipartimento
(*)
di
Elisa Caponi (*)
Biologia, Via San Zeno,
n. 35-39,Pisa 56127
Annalaura
CARDUCCI
Necessità di un approccio
multidisciplinare nel valutare
i rischi derivanti dalla “doppia
presenza” delle donne
[email protected]
6) Rudy FODDIS (*),
Alessandra Pistelli (*),
Andrea Cristaudo (*),
Giulia Ficini (*)
Rudy
FODDIS
Genere, salute e sicurezza
sul lavoro: dagli aspetti
normativi all'elaborazione di
uno strumento applicativo
che valuti l'appropriatezza
dei Documenti di Valutazione
del Rischio in ottica di
genere.
[email protected]
Camilla
GESI
Spettro autistico: razionale di
uno studio sui correlati clinici
e sulle differenze di genere
[email protected]
3)Anna Maria
RIZZO,
Marileda Vergori
Ricercatore confermato
in Sociologia Generale
Professore Aggregato di
'Metodi e Tecniche del
Servizio Sociale','Politica
Sociale' e 'Ricerca
Applicata al Servizio
Sociale'
4) Sabrina
GAROFALO (*)
(*) Dipartimento di
Scienze Politiche e
Sociali- Unical
Docente a contratto di
Sociologia GeneraleUniversità Magna
Graecia di Catanzaro
(*)Dipartimento di
Ricerca Traslazionale e
delle Nuove Tecnologie
in Medicina e Chirurgia,
Università di Pisa.
7) Camilla GESI (*),
(*) Dipartimento di
Claudia Carmassi (*), Medicina Clinica e
Liliana Dell’Osso (*)
Sperimentale - Sezione
Psichiatria – Università di
Pisa
[email protected]
63
Sessione 6:
(Nuove) Dipendenze e mutamento nei servizi nella web society
Coordinatori: Linda Lombi, Pietro Paolo Guzzo
Contatti
Struttura di
appartenenza
Autore/i
Relatore/ri
Titolo abstract/
relazione
[email protected]
1) Umberto
PAGANO
Università “Magna
Graecia”, Catanzaro
(*) Azienda
Usl di
Ferrara –
Dipartiment
o
Assistenzial
e
Integrato
S a l u t e
2)Cristina SORIO (*),
Luna Vincenzi (*),
Cecilia Cenacchi (*)
Umberto PAGANO
La dipendenza da cibo
e i controversi risultati
delle ‘food-tax’.
Cristina SORIO
Verso una comunità di
pratica virtuale tra
agenti di cura.
[email protected]
Carmelo GUARINO
Barebacking.Refluenze
sociali, conseguenze
sanitarie e implicazioni
giuridiche di una
pratica deviante
[email protected]
Emilia Luigia
PULITANÒ
Integrazione e nuove
dipendenze tra sanità,
scuola e carcere.
Progetti ed esperienze
in Calabria. La
progettazione “Dentro
la bolla…”
[email protected]
[email protected]
L’intervento del
sociologo della salute
nell’approccio del Ser.D
alla prevenzione, cura
e riabilitazione del
Gioco d’azzardo
patologico
[email protected]
3) Carmelo
GUARINO
Facoltà di Scienze
Economiche e
Giuridiche
Università degli Studi
di Enna “Kore”
4) Emilia Luigia
PULITANÒ (*),
Vincenzo
BONOMO(°)
5) Claudio
POGGI (*)
(*) Azienda Sanitaria
Provinciale di
Cosenza
Distretto Sanitario
“Tirreno”
Responsabile Servizio
Sociale Professionale/
Area ISS
(°) Azienda Sanitaria
(*)Dirigente sociologo
Dipartimento
Dipendenze
Patologiche - ASL
BARI
Claudio POGGI
64
Sessione 7:
Public Health, processi migratori e relazioni di cura
Coordinatori: Alessandra Sannella, Pietro Rocco di Santo
Autore/i
Struttura di appartenenza
1) Stefania FERRARO
Università degli Studi Suor
Orsola Benincasa - Napoli
Ricercatrice a.t.d. in
Sociologia dei processi politici
2) Laura SCHIAVI
Università degli
Studi di Cassino e
del Lazio
Meridionale
Relatore/ri
Stefania
FERRARO
Laura
SCHIAVI
Titolo abstract/
relazione
Migrare per curare:
care economy e
working poor nel
centro storico di Napoli
Il counselling
interculturale:
empowerment e
resilienza tra diritto alle
cure e diritto alla salute
Contatti
[email protected]
stefania.ferraro@
unisob.na.it
dr.lauraschiav
[email protected]
3) Paola ELIA (°),
Barbara Cordella (*),
Francesca Greco (**),
Massimo Grasso (*)
4) Lucia FERRARA
5) Marco GRILLI
6) R.Pelliccia(*),
A.Capasso (*),
G.Molinaro (*),
Maria FEMIANO (*)
(°)Cooperativa sociale Cassia
Avass;
(*) Dipartimento di Psicologia
Dinamica e Clinica
Sapienza Università di Roma;
(**)Dipartimento di Scienze
Sociali ed Economiche
Sapienza Università di Roma
Dipartimento di Scienze della
formazione, psicologia,
comunicazione,
Università degli Studi di Bari
"A. Moro ,
Phd Candidate Scuola di
Dottorato in Scienze delle
relazioni umane, Curriculum
"Progettazione e valutazione
delle politiche sociali"
Università di Bologna,
Accademia di Belle Arti
Santagiulia di Brescia
Paola
ELIA
Lucia
FERRARA
Marco
GRILLI
(*) U.O.C. Integrazione
Sociosanitaria- Azienda
Sanitaria Locale Napoli 2 Nord
Maria
FEMIANO
Università “Magna Graecia”,
Catanzaro
Francesco
CARUSO
7) Francesco CARUSO
65
La Mediazione
culturale: negoziazione
delle pratiche di cura
della salute mentale in
un ospedale italiano
La Direttiva
sull’assistenza
sanitaria
transfrontaliera e la
prescrizione e fornitura
di farmaci in Europa:
aree e livelli di azione
per salvaguardare la
salute.
Uno e sette. Appunti
per un’intelligenza
pedagogica
Miglioramento e
semplificazione delle
procedure di accesso
ai servizi sanitari e
socio-sanitari dei
cittadini stranieri
Vulnerabilità sociale e
interventi di tutela della
salute del bracciantato
migrante meridionale
[email protected]
[email protected]
[email protected]
maria.femiano@
aslnapoli2nord.it
[email protected]
II PREMIO BUONE PRATICHE S.I.S.S. PER GIOVANI SOCIOLOGI
La SISS - Società Italiana di Sociologia della Salute – ha indetto anche per l’anno 2015
il “Premio Buone Pratiche sociologiche”.
Obiettivo dell’iniziativa è il miglioramento continuo della qualità della pratica sociologica,
delle sue metodologie e dei suoi strumenti, valorizzando la creatività e lo spirito di
innovazione dei giovani sociologi della salute, indipendentemente dalla qualifica e dal
ruolo ricoperto (professionale e/o accademico), anche NON iscritti.
Più specificamente, il “Premio Buone Pratiche” si propone di:
•
far emergere i migliori approcci e le migliori pratiche implementate nelle diverse
aree tematiche della sociologia della salute;
•
creare opportunità di confronto e condivisione fra le varie anime culturali e operative
dei sociologi;
•
favorire la conoscenza, la valutazione e l’apprendimento su temi di particolare
rilevanza per la sociologia della salute;
•
rafforzare il coinvolgimento, la motivazione e il senso d’appartenenza ai valori e alle
competenze della Società Italiana di Sociologia della Salute;
•
strutturare modalità di revisione partecipata di alcune attività.
Modalità di partecipazione e presentazione della relazione
Come da bando, hanno partecipato i giovani sociologi nati dopo il 01/01/1979. I
contributi potevano essere presentati sia da singoli che da gruppi di sociologi, purché
non già pubblicati.
La valutazione verrà effettuata da una commissione composta da 3 membri (due
professionali ed uno accademico).
I temi delle relazioni potevano articolarsi attorno alle seguenti aree tematiche:
a)
b)
c)
d)
e)
f)
g)
la salute e la malattia nelle loro dimensioni epistemologiche;
individui, gruppi, comunità, istituzioni nella promozione del benessere;
prevenzione e comunicazione nella promozione della salute;
i nuovi sistemi integrati nella programmazione e gestione dei servizi;
la governance e la valutazione dei piani di zona socio-sanitari;
interculturalità e comunicazione socio-sanitaria;
la responsabilità sociale delle imprese profit e no profit nella promozione della
salute;
h) benessere, qualità della vita e comportamenti quotidiani;
i) l’umanizzazione, la personalizzazione dei servizi sanitari e sociali e la loro
valutazione di qualità;
j) nuove tecnologie comunicative, continuità assistenziale e integrazione tra sociale e
sanitario;
66
k) il contributo di “invenzione sociale” della comunità per migliorare la qualità degli
interventi socio-sanitari;
l) l’assetto e lo sviluppo dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie e dei servizi
sanitari e sociali pubblici e privati;
m) qualità e accreditamento in sanità;
n) il mutamento sociale e le diverse forme d’anomia e di devianza che possono
determinare rischi per la salute individuale e collettiva;
o) la multidimensionalità delle professioni e delle governance “ibride” dei sistemi sociosanitari;
p) le disuguaglianze sociali nello stato di salute e nell’accesso alle cure sanitarie ed ai
servizi socio-sanitari;
q) i nuovi interventi in relazione all’evoluzione dei bisogni socio-sanitari;
r) infanzia, adolescenza e famiglia tra benessere e comportamenti a rischio;
s) salute mentale, dipendenze patologiche, stili di vita e servizi socio-sanitari;
t) promozione della salute e/o riduzione del danno;
u) tecnologie comunicative e nuove forme di partecipazione nella scelta degli obiettivi
di salute;
v) empowerment della comunità e buone pratiche sociale per la salute;
w) nuove tecnologie comunicative e prevenzione dei fenomeni di corruzione in sanità;
x) medicine non convenzionali e salutogenesi per una medicina centrata sulla
persona;
y) politiche di integrazione socio-sanitaria.
Ai fini della selezione e valutazione la buona pratica deve rispondere il più possibile ai
seguenti criteri:
•
essere caratterizzata da contenuti e modalità di sviluppo coerenti con le successive
azioni necessarie per la sua realizzazione;
•
contenere i risultati di ricerche o l'elaborazione di piani/progetti/programmi
metodologicamente corretti e spendibili;
•
consentire di essere valutata in termini d'impatto sui servizi sanitari e/o sociali e
sulla popolazione;
•
essere innovativa;
•
essere stata realizzata nel corso del periodo che va dal 2010 al 2015;
•
essere in una fase che consenta di misurare e presentare alcuni risultati raggiunti;
•
essere trasferibile come metodologie e/o strumenti utilizzati.
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Elenco degli ammessi al premio Buone Pratiche:
Autore/i
1) Micol
BRONZINI
2) Arianna
CACCIA
3) Maria Grazia
DE VIVO
Struttura di afferenza
Dipartimento
di Scienze
Economiche e
Sociali Università
Politecnica
delle Marche
Osservatorio
Epidemiologic
o Dipendenze
Patologiche di
Ferrara
Libera
Professionista
Titolo
Percorsi di
accompagnamento e
familiy learning per la
grave cerebrolesione
acquisita
SistER
Contatti
[email protected]
[email protected]
É veramente tutelato
l’interesse del minore?
[email protected]
4) Anna FIORILLO
-
Circo-lando
[email protected]
5) Andrea FORTE
Dipartimento di Storia,
Società e studi
sull’uomo - Università
del Salento
Valutazione della qualità e
patient centeredness: tra
metodologia valutativa e
servqual. Un modello
operativo di analisi
[email protected]
6) Antonella
GOLINO
Dipartimento di Scienze
Umanistiche Sociali e
della Formazione Università degli Studi
del Molise
Processi di
umanizzazione in
ospedale: il caso
[email protected]
dell’Università Cattolica di
Campobasso
Daria Grimaldi
Dipartimento di Scienze
Umane, Sociali e
della Salute - Università
degli Studi di Cassino e Una buona pratica contro la
del Lazio Meridionale
vulnerabilità: progettazione
7) Daria
compartecipata e
[email protected]
GRIMALDI
Davide Donfrancesco
attivazione sperimentale di david.donfrancesco@
e David
Osservatorio Ricerca
una Unità Mobile di
libero.it
DONFRANCESCO Sociale Applicata
supporto in Provincia
“Francesco Battisti”
di Frosinone
Dipartimento di Scienze
Umane, Sociali e della
Salute, Università degli
Studi di Cassino e del
Lazio Meridionale
8) Barbara
MORSELLO e
altri
OSA - Coop-Operatori
sanitari associati
Una risposta del Terzo
Settore per l’umanizzazione [email protected]
e la personalizzazione dei
servizi socio-sanitari
9) Silvia
CLEMENTI
Università Cattolica del
Sacro Cuore
Progetto familiari E.P.E.
(Esperti per esperienza):
il reparto di psichiatria
apre le porte ai familiari
10) Valentina
SALMI
Azienda Unica
Romagna- territorio
di Ravenna
Il Diversity Management
valentina.salmi@auslromag
per lo studio del personale:
na.it
un orientamento utile?
68
[email protected]
Presentazione delle “BUONE PRATICHE” e premiazione dei vincitori
La Commissione ha selezionato i migliori contributi (che saranno in ogni caso pubblicati
sul sito web della SISS) i quali verranno presentati nella prima giornata del convegno
nazionale della SISS che si terrà a Pisa il 11-12 giugno 2015.
Le due buone pratiche vincitrici riceveranno i seguenti riconoscimenti:
1. Diploma di attestazione del risultato raggiunto;
2. Premio in denaro o altri benefit del valore di Euro 500,00;
3. Eventuale pubblicazione delle buone pratiche vincitrici, salvo giudizio indipendente di
referee anonimi.
4. Il sostegno di SISS per l’eventuale presentazione della buona pratica in eventi di
rilievo nazionale o internazionale.
Per l’anno 2015 la Commissione è composta da:
Davide Galesi/Direttivo SISS:
[email protected]
Walther Orsi /Direttivo SISS:
[email protected]
Paolo Ugolini /Direttivo SISS:
[email protected]
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