VI CONGRESSO NAZIONALE SISS LA COSTRUZIONE DELLA SALUTE NEL W E L FA R E S O C I O - S A N I TA R I O . N U O V I S C E N A R I E P R AT I C H E S O C I O L O G I C H E . 11 - 12 Giugno 2015 Polo Didattico delle Piagge Via G. Matteotti, Pisa 1 VI Convegno Nazionale SISS (Società Italiana di Sociologia della Salute) La costruzione sociale della salute nel welfare socio-sanitario. Nuovi scenari e pratiche sociologiche. 11-12 giugno 2015 Polo Didattico delle Piagge, Via Matteotti, 3 Pisa VOLUME ABSTRACT, TABELLE SESSIONI a cura di Pietro Paolo Guzzo (Direttivo SISS) e Francesca Pecori (Università di Pisa, Università Paris Diderot) 2 La costruzione della salute nel welfare socio-sanitario. Nuovi scenari e pratiche sociologiche. Integrazione socio-sanitaria e costruzione della salute in uno scenario di crisi dei sistemi di welfare sono i temi che affronterà il VI Congresso Nazionale della Società Italiana di Sociologia della Salute (S.I.S.S.), in un’ottica multidisciplinare. I lavori, che si articoleranno in sette sessioni parallele, prevedono la partecipazione di studiose/i appartenenti sia all’ambito accademico che professionale, e intendono inserirsi nell’attuale dibattito affrontandone i punti nodali: dalla sostenibilità del sistema alle trasformazioni derivanti dalla web-society. L’attuale poli-crisi (economico-finanziaria, sociale, culturale) sta trasformando in modo irreversibile e strutturale le politiche sociali e sanitarie, ponendo la salute sempre più al centro di forti tensioni tra risposte pubbliche e modelli di mercato. Su questo terreno incerto e scivoloso la partecipazione di individui, gruppi e associazioni sono risorse importanti per dar vita a pratiche “dal basso” e a un rinnovamento indispensabile del sistema, modificando i processi in corso in funzione di una sanità delle persone. SESSIONI PARALLELE: 1) Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario La perdurante crisi economica ha indotto tutti i paesi europei a ripensare, almeno in parte, le politiche di welfare socio-sanitario, in ragione della sempre più difficile sostenibilità del sistema. Nel nostro Paese ciò sta avvenendo con la revisione dei LEA, con l’attuazione del Patto per la salute 2014-16 e con la Legge di stabilità. Si propongono analisi, suggestioni e pratiche per passare dal “welfare state” al “welfare mix”, comunitario e generativo (o altro). 2) Governance e valutazione in Sanità tra ospedale e territorio Dall’evoluzione sia del concetto di salute (sempre più olistico) che del concetto di cura (to care), troviamo servizi o progetti assistenziali socio-sanitari di varia natura in forma diretta o in strutture territoriali intermedie (Servizi distrettuali, Servizi socio-sanitari, Case per la salute) o di base (Medici di Medicina Generale, Pediatri di Libera Scelta, Infermieristica di comunità, terzo settore, servizi di comunità in genere). In questo quadro si inseriscono i servizi territoriali alla persona gestiti da Enti Locali, Agenzie di varia natura, servizi del no profit; questi ultimi rispondono direttamente con veri e propri interventi psico-socio-sanitari e/o con interventi di prevenzione (empowerment gruppale, istituzionale, comunitario) e politiche di promozione della salute. Questa area tematica vuole raccogliere contributi valutativi, anche micro, non solo sociologici, di questi progetti o servizi. 3) Salute e web society: teoria e ricerca L’uso di Internet e delle ICT nel mondo sanitario privato e pubblico riveste una straordinaria importanza sia nell’analisi degli impatti, sia e soprattutto nella promozione concreta dei servizi. L’e-Health si inserisce nella web society, ossia nell’era della rivoluzione digitale in cui il web 2.0 e nuove evoluzioni sono entrate nella quotidianità delle interazioni degli individui, ed è alla base di un cambiamento che richiede un’analisi approfondita dei processi e delle organizzazione preposte ai servizi sociosanitari e, più in generale, dei sistemi di welfare. Anche le tecniche di ricerca sociale, attraverso soluzioni 3 tecnologiche (e-methods), sono alla base di nuove modalità di pensare e fare ricerca. Questi argomenti saranno al centro del confronto nei lavori della sessione. 4) Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute La crisi economica e del welfare richiede nuovi paradigmi per uno sviluppo non solo economico, ma anche sociale, culturale, etico che concorra, insieme al sistema di welfare, al miglioramento della qualità della vita. In questo scenario di innovazione sociale tende ad emergere anche un nuovo ruolo del cittadino non più inteso solo come utente/paziente/ consumatore, ma come imprenditore di qualità della vita. La sessione intende focalizzare l'attenzione sui progetti e le esperienze di cittadinanza attiva, nel contesto socio-sanitario, ed in particolare sul ruolo della sociologia nella promozione di empowerment del cittadino, quale protagonista di Buone Pratiche Sociali per la salute. 5) Salute e genere: il contributo della sociologia all'approccio multidisciplinare Partendo dal concetto multidimensionale di salute e dalla categoria di genere, superando il dualismo natura/cultura,si intende proporre un approccio multidisciplinare a favore di una proficua contaminazione tra pratiche di ricerca e contesti culturali. L'interazione tra sociologia e scienza medica costituisce un indubbio valore euristico nella produzione di conoscenze e un approccio rilevante per la definizione di scenari innovativi e buone pratiche. La sessione accoglierà papers che affronteranno sia tematiche teoriche, sul piano epistemologico, che risultati di lavori inerenti a prevenzione, cura e diagnosi di malattie finalizzati alla co-costruzione di un welfare socio-sanitario. 6) (Nuove) dipendenze e mutamento dei servizi nella web society Le dipendenze individuano una vasta fenomenologia di problemi sociali e di salute in cui gli interventi dei servizi di welfare spesso diventano fattore di moltiplicazione e non di contrasto delle disuguaglianze (sociali e di salute). La sessione punta a fare emergere non soltanto il “mondo mutante” delle nuove addiction ma anche la dimensione socialmente integrata dei nuovi consumatori e le diverse forme, esperienze o buone prassi di innovazione nei servizi per le dipendenze nell’era della web society. 7) Public Health, processi migratori e relazioni di cura Le politiche di salute pubblica si confrontano sempre più con assetti multidisciplinari e transculturali. La sfida dei servizi sociosanitari si pone nella necessità di dare risposte adeguate alla persona proveniente da altri contesti culturali sia nei termini di relazione che di comunicazione. Sarebbe auspicabile ripensare i servizi utilizzando percorsi di resilienza nell'assistenza al paziente, come farlo sarà al centro del dibattito della sessione. 4 SESSIONE 1: Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario Coordinatori: Annamaria Perino, Remo Siza Abstract n. 1 Titolo: L’innovazione sociale in tempi di austerità: risorsa o termine di moda? Autori: Francesco Grisolia ([email protected])*, Emanuele Ferragina** Affiliazione: *Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali. **Sciences Po Paris, OSC and LIEPP. Relatore: Francesco Grisolia Introduzione: Il termine innovazione sociale generalmente indica prodotti, servizi, modelli in grado, da un lato, di rispondere a nuovi bisogni sociali e, dall’altro, di creare nuove forme di relazione e collaborazione tra individui e gruppi. Forte di una crescente popolarità, l’innovazione sociale è stata proposta quale strategia per affrontare i nuovi rischi sociali associati al sistema sanitario, come l’invecchiamento della popolazione. Risultati: Il nostro contributo intende mettere in discussione l’idea che l’innovazione sociale possa compensare le lacune del welfare state italiano, contro-bilanciando gli effetti della riduzione dell’investimento statale. La prima sezione del paper delinea il contesto politico che negli ultimi decenni ha favorito l’ascesa dell’innovazione sociale quale strumento per ripensare i sistemi di welfare. Nella seconda parte analizziamo i mutamenti del Sistema Sanitario Italiano come elemento di un processo di riforma più ampio, caratterizzato dalla ricerca di nuovi equilibri tra finanziamento pubblico e privato, tendenza alla decentralizzazione e alla mercatizzazione. In nome del risanamento dei bilanci, la logica dei tagli lineari contribuisce ad approfondire le disuguaglianze di salute sul territorio nazionale e le distanze fra i sistemi sanitari regionali. Conclusioni: In sintesi, la generica promozione delle potenzialità dell’innovazione sociale potrebbe contribuire allo spostamento dell’attenzione politica dalla responsabilità pubblica a quella privata, riducendo la probabilità di riflessione e confronto sulle disuguaglianze strutturali che segnano il nostro paese. Riteniamo che, senza una riforma strutturale del welfare state italiano, l’innovazione sociale rischi di diventare solo un termine che riecheggia le retoriche neoliberiste, non uno strumento con cui affrontare i nuovi bisogni sociali e le sfide che abbiamo di fronte. Riferimenti bibliografici: 1. Ascoli U., Ranci C., (a cura di) (2002). Dilemmas of the Welfare Mix. The New Structure of Welfare in an Era of Privatization.New York: Springer. 2. Bertin G. (2012). Modelli di welfare e sistemi sanitari: quali omogeneità e specificità. Salute e Società, 1: 33-64. 3. Cantù E., Longo F. (2013). Rapporto OASI 2013 (Executive Summary). SDA and CERGAS, Università Bocconi: http://www.sossanita.it/doc/2014_01_OASI_2013_EXSUM.pdf. 4. CEIS (2013). IX Rapporto Sanità - Crisi economica e Sanità: come cambiare le politiche pubbliche. U n i v e r s i t à To r Ve r g a t a : h t t p : / / w w w. r a p p o r t o s a n i t a . i t / s a n i t a / p u b l i c / f i l e / I X - r a p p o r t o / sintesi_rapporto_colore.pdf. 5. Franz H., Hochgerner J., Howaldt J. (a cura di) (2012). Challenge Social Innovation. Berlin-Heidelberg: Springer. 6. Hubert A. (a cura di) (2010). Empowering People, Driving Change: Social Innovation in the European Union. Brussels: BEPA – Bureau of European Policy Advisers. 7. Ministero della Salute, Direzione Nazionale della Programmazione Sanitaria – Ufficio VI (2014). Adempimento “mantenimento dell’erogazione dei LEA” attraverso gli indicatori della griglia LEA – Metodologia e risultati anno 2012: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2154_allegato.pdf . 8. Moulaert F., MacCallum D., Mehmood A., Hamdouch A. (a cura di) (2013). The International Handbook of Social Innovation. Collective Action, Social Learning and Transdisciplinary Research. Cheltenham: Edward Elgar. 9. Murray R., Caulier-Grice J., Mulgan G. (2010). The Open Book of Social Innovation. London: The Young Foundation and Nesta. 10. Ricciardi W., Solipaca A. (a cura di) (2013). Rapporto Osservasalute 2013. 5 Abstract n. 2 Titolo: Welfare locale per la non autosufficienza: crisi o opportunità? Autore e relatore: Luigi Nava Affiliazione: Éupolis Lombardia, Istituto per la Statistica, la Ricerca e la Formazione, Regione Lombardia - www.eupolislombardia.it E-mail: [email protected] - [email protected] Introduzione: L’intento di analizzare il funzionamento del welfare state non può essere soddisfatto senza considerare le modalità con le quali le politiche sociali si configurano a livello territoriale. I singoli contesti, anche quelli più piccoli, si articolano per specifiche capacità nella creazione di benessere e di crescita economica che non si intrecciano sempre in modo virtuoso con i processi di decentramento amministrativo delle politiche sociali [1]. Come noto, le politiche a favore delle persone anziane non autosufficienti ha caratteristiche analoghe al più generale sistema di welfare italiano: forte frammentazione degli interventi, differenze territoriali nella copertura dei bisogni e un deciso orientamento a favore dei trasferimenti monetari. Queste differenze assumono tanta più rilevanza se si considerano le (insoddisfatte) aspettative riposte nella Legge 328/2000 e l’attuale indeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali; è anche quest’ultimo aspetto che favorisce la produzione di regole e orientamenti a livello locale e, quindi, la difficoltà nel far corrispondere ai bisogni sociali degli individui dei diritti soggettivi esigibili. Obiettivi, materiali e metodi: Nel contributo ci si propone di lavorare su questi temi e, più nello specifico, sulla differenziazione dei sistemi locali di welfare per gli anziani non autosufficienti, con lo scopo di mettere in luce quanto l’approccio comparato tra Regioni celi le rilevanti differenze al loro interno. Risultati: Dopo aver evidenziato queste differenze rispetto alla capacità di copertura dei servizi socio-sanitari e dei trasferimenti statali all’interno della Regione Lombardia – eletta quale caso studio – il lavoro, in particolare, renderà conto della ricostruzione – svolta attraverso analisi documentale e interviste ai referenti dei servizi sociali – dei modelli regolativi e dei criteri di accesso dei principali interventi socio-assistenziali attuati in sei capoluoghi. La ricostruzione verterà sulle principali linee di intervento dei Comuni, quali il Servizio di Assistenza Domiciliare, i centri diurni e il ricovero presso le Residenze Assistenziali. Conclusioni: In una Regione caratterizzata da media intensità assistenziale [2] non mancano significative differenze territoriali nell’accesso ai servizi e alle prestazioni, frutto anche delle decisioni che a livello comunale risultano determinanti nel favorire o meno diverse tipologie di utenza e, quindi, nel configurare diverse forme di cittadinanza. Riferimenti bibliografici: 1. Pavolini E., (2011), “Welfare e dualizzazione dei diritti sociali”, in ASCOLI U., (a cura di), Il Welfare in Italia, Bologna. il Mulino. 2. Chiatti C., Barbarella F., Lamura G., Gori C., (2010), “La bussola di NNA: lo stato dell’arte basato sui dati”, in Gori C. e NNA (Network non autosufficienza) (a cura di), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Secondo rapporto, Santarcangelo di Romagna: Maggioli,, pp. 13-40. Abstract n. 3 Titolo: Malattia Mentale e Servizi Territoriali. L’esperienza di Trento. Autori: Barbara Cordella (*), Francesca Greco (°), Raffaella Casamassima (^), Michele Gifuni (*), Antonia Florio (*), Massimo Grasso (*) Affiliazioni: (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica e ClinicaSapienza Università di Roma (°) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma (^) Ospedale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma Relatrice: Barbara Cordella E-mail: [email protected] 6 Introduzione: L’esigenza di economicità del Sistema Sanitario ed il principio di equità nell’accesso alla salute inducono a ripensare i servizi offerti dal SSN attraverso la conoscenza delle buone prassi e la loro diffusione. Nell’ambito della Salute Mentale, ad esempio, si può osservare come il disagio cronico spesso venga gestito attraverso il trattamento dei momenti di crisi, con necessario ricorso al reparto, ed il trattamento della quotidianità, frequentemente risolto con l’inserimento in strutture residenziali a tempo indeterminato e senza obiettivi di sviluppo.Tale prassi ha carattere ricorsivo e come tale un costo probabilmente elevato. Il ricorso ai dati Audit, d’altra parte, consente di individuare alcuni servizi segnalati per la loro efficacia: è stato studiato il funzionamento del Servizio di Salute Mentale di Trento. Materiali e Metodi: Sono state condotte delle interviste in profondità agli esperti del settore (n=18). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi testuale (analisi dei cluster con metodo delle K-Medie e analisi delle corrispondenze) al fine di individuare fattori e cluster indicativi del modello attuato dagli operatori del Servizio. Risultati: I risultati evidenziano una particolare attenzione alla costruzione di reti di supporto per facilitare l’adattamento sociale del malato mentale. Il Servizio investe sull’attivazione di un ponte tra realtà istituzionale e territoriale in modo da assicurare una gestione alternativa al solo regime ospedaliero o residenziale. L’inserimento degli UFE (Utenti e Familiari Esperti) nel Servizio garantisce agli stessi una rendita ed uno status sociale utile alla promozione del benessere individuale e sociale e al Servizio una maggiore capacità di sviluppo delle competenze residuali del malato, recuperando una dimensione di autonomia e produttività, facilitando anche la sostenibilità degli interventi. Conclusioni: Riassumendo, si può sottolineare come ciò che differenzia il modello studiato dalle usuali prassi sembra essere la capacità di non organizzare l’intervento sul contenimento della crisi, quanto piuttosto sulla prevenzione, riducendo in tal modo il sovraccarico ed i costi del Sistema Sanitario. La gestione del disagio cronico organizzata in larga misura nel sociale, coinvolgendo comunità e terzo settore, riesce ad assicurare una buona rete di convivenza che facilita un utilizzo pertinente ed adeguato dei servizi in un’ottica rivolta al benessere della persona e non per ultima alla razionalizzazione della spesa pubblica. Riferimenti bibliografici: 1. Babini, V. (2011). Liberi tutti: manicomi e psichiatri in Italia: una storia del Novecento. Bologna, IT: Il Mulino. 2. Basaglia, F. (Ed.) (1968). L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico. Torino, IT: Einaudi. 3. Bolasco, S. (1999). Analisi multidimensionale dei dati: metodi, strategie e criteri d'interpretazione. Roma, IT: Carocci. 4. Bonavita, V.; Casuccio, F.; D’Alessandro, G., Di Ruzza, F., Di Sero, A., Izzo, P., Quaglia, R., Rastelli, F., Reale, F., Sofia, L., Sorrentino, G., &Terenzi, V. (2012). Malattia mentale: il mandato a occuparsene. Lo stato dell’arte dei servizi di salute mentale. Quali domande e quali interventi. Rivista di Psicologia Clinica, 2, 133-141. 5. Carli, R., & Paniccia, R.M. (2002). L’AnalisiEmozionale del Testo: Uno Strumento Psicologico per Leggere Testi e Discorsi. Milano, IT: Franco Angeli. 6. Carli, R. (2008). Modelli psicologici per l’analisi istituzionale, culturale e organizzativa: proposte per la funzione psicologica entro i servizi psichiatrici per la diagnosi e la cura. In S.Di Massimo & M. Sparvoli (Eds.), La psicologia nella crisi psichiatrica (pp. 15-28). Roma, IT: Alpes. 7. Carli, R. & Paniccia, R.M. (2011). La cultura dei servizi di salute mentale in Italia: Dai malati psichiatrici alla nuova utenza: l’evoluzione della domanda di aiuto e delle dinamiche di rapporto. Milano, IT: Franco Angeli. 8. Cordella, B., Greco, F., & Grasso, M. (2012). Psychologist “Know Thyself”: Psychologist and Professionals’ Representations of the Disabled Users/Clients and Assistive Technologies. In S. Federici& M.J. Scherer (Eds.), Assistive Technology Assessment Handbook (pp. 164-170). London, UK: CRC Press. 9. Cordella, B., Greco, F., & Raso, A.( 2014). Lavorare con un corpus di piccole dimensioni in Psicologia clinica: una proposta per la preparazione e l’analisi dei dati. In E. Née, M. Daube, M. Valette& S. Fleury (Eds.), Proceedings JADT 2014, 12es Journéesinternationalesd’Analysestatistque dies DonnéesTextuelles, Paris, France, Juin 3-6, 2014 (pp. 173-184). Paris, FR: jadt.org. 7 10. Fioritti, A. (Ed.) (2002). Leggi e salute mentale. Panorama europeo delle legislazioni di interesse psichiatrico. Torino, IT: Centro scientifico editore. 11. Foucault, M. (1976). Storia della follia nell’età classica. Milano, IT: Rizzoli. 12. Giuliano, L., & La Rocca, G. (2010). Analisi automatica e semi-automatica dei dati testuali.Vol. II. Milano, IT: Led. 13. Lancia, F. (2004). Strumenti per l’Analisi dei Testi. Introduzione all’Uso di T-Lab. Milano, IT: Franco Angeli. 14. Montesarchio, G., &Venuleo, C. (2009). Colloquio Magistrale. La Narrazione Generativa. Milano,IT: Franco Angeli. 15. Moscovici, S. (1989). Psicologia sociale. Roma, IT: Borla. 16. Ongaro, F. (Ed.) (2005). L’utopia della realtà. Torino, IT: Piccola Biblioteca Einaudi. 17. Radi, E. (2010). Storia clinica della follia dal Medioevo ai nostri giorni. La Psicoanalisi, 47-48, 273-287. 18. Rosenhan, D. L. (1974). On being sane in insane places. Clinical Social Work Journal, 2 (4), 237-256. 19. Salvatore, S. &Freda, M.F. (2011). Affect, unconscious and sense making: A psychodynamic, semiotic and dialogic model. New Ideas in Psychology, 29, 119–135. 20. Salvatore, S., Gennaro, A., Auletta, A., Tonti, M., & Nitti, M. (2012). Automated method of content analysis: A device for psychotherapy process research. PsychotherapyResearch, 22(3), 256-273. 21. Vaccaro, J.V., Clark, G.H., & Bassi, M. (Eds.) (1999). Manuale di psichiatria territoriale. Milano, IT: Raffaello Cortina. Abstract n. 4 Titolo: Infermieristica ed equità nella salute in un sistema socio-sanitario in cambiamento. Autore: Giordano Cotichelli Affiliazioni: Infermiere, Area Vasta 2 – Ancona, ASUR Marche Relatore: Giordano Cotichelli E-mail: [email protected] Introduzione: L’equità in sanità è uno degli indicatori di qualità in materia di accesso, fruibilità e continuità delle cure verso i differenti gruppi di reddito della popolazione, in relazione alle diverse politiche sociali e sanitarie. Il quadro che ne scaturisce è quello che fa riferimento al prodursi delle disuguaglianze nella salute [1] [2] [3], a livello internazionale [4] e italiano [5] [6], in cui assume rilievo il contributo apportato dalle professioni sanitarie all'interno di un sistema di welfare che sta cambiando. Materiali e Metodi: Nello specifico è stata studiata la professione infermieristica nella sua dimensione valoriale e normativa così come evidenziato dal Codice deontologico [7], dalla letteratura prodotta e dai riferimenti ed esempi internazionali [8], al fine di valutare la percezione delle disuguaglianze nella salute da parte degli infermieri e le prospettive di sviluppo della professione in tema di equità [9] [10]. Risultati: Il risultato ha evidenziato ambiti e strumenti innovativi per l’infermieristica in Italia quali il counseling, l'empowerment, e l'advocacy, funzionali a sviluppare il ruolo di connector dell'infermiere, in un'ottica patient-centered in cui il care management diventa volta per volta case management lungo la prospettiva dell’Interdisciplinary care team. L’ambito è quello proprio dell’assistenza territoriale utile per lo sviluppo di un ruolo autonomo dell’infermiere e per una partecipazione attiva dell’utente. Diversi gli esempi indagati in una prospettiva etnografica [9]: dal chronic care model sviluppato a Firenze, alle micro-aree socio-sanitarie a Trieste, fino agli ambiti della formazione continua in cui si evidenzia come centrale la conoscenza stessa delle iniquità sanitarie da parte dell’infermiere. L’insieme conferma la presenza di risorse assistenziali da sviluppare per la tenuta del sistema in termini di equità ed appropriatezza. Conclusioni: Un risultato non scontato dato che l’infermieristica negli ultimi due secoli si è sviluppata e cristallizzata in prevalenza nella dimensione assistenziale ospedaliera e medico-centrica. Oggi invece può esserle riconosciuto un ruolo diverso, in una prospettiva analitica da sviluppare ulteriormente rispetto alle esperienze nuove in atto, dall’infermiere di famiglia agli ambulatori infermieristici, alle Unità Ospedaliere a Gestione Infermieristica, 8 attivate nel Lazio. Considerazioni finali che mantengono l’attenzione della professione sulle questioni universalistiche del sistema e sui bisogni della salute della popolazione. Riferimenti bibliografici: 1. Black, D., Smith, C., Townsend, P. (1980), Inequalities in Health: report of a research working group. London: DHSS – Department of Health and Social Security. 2. Marmot M. (2010), Fair Society, Healthy Lives The Marmot Review, University College 7 London, 2010. 3. Cislaghi, C, et Caranci, N. (2009). Le disuguaglianze sociali di salute: problemi di definizione e di misura. G. Costa (Ed.). F. Angeli. 4. WHO (2008,a), Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health., Final Report of the Commission on Social Determinants of Health, WHO, Geneva. 5. Costa G, Bassi M, Gensini GF, Marra M, Nicelli Al, Zengarini N. (2014) L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità, Milano, Franco Angeli ed, pp.510; 6. AA.VV. (2014) 48°Rapporto sulla situazione sociale del paese, Censis, Roma, pp. 560; 7. Silvestro A, et Barbieri G. (2009). Commentario al Codice deontologico dell'infermiere. McGraw-Hill; 8. ICN (2011), “Closing the gap: Increasing access and equity”, International Nurses Day, May 2011, ICN, Geneva. 9. Cotichelli, G. (2012). Disuguaglianze della salute e professione infermieristica: risorse e criticità per la equità del sistema sanitario, Franco Angeli, Milano, pp. 192; 10. Tousijn W, Giorgino E. (2003) Attraversando terre incognite: una sfida per la professione infermieristica. Franco Angeli, Milano, pp.220. Abstract n. 5 Titolo: Modelli organizzativi e riforme del sistema sanitario italiano Autore: Massimo Baldacci E-mail: [email protected] L’ articolo intende evidenziare alcune specificità organizzative del settore sanitario italiano, con riferimento all’evoluzione che tale settore ha avuto dal 1978 ad oggi. Il lavoro si apre con un excursus delle principali riforme del servizio sanitario nazionale italiano – L. 833/1978, D.lgd. 502/1992 e D.lgs. 517/1993, D.lgs. 229/1999 – cui segue un’associazione delle medesime riforme a modelli differenti di pianificazione, organizzazione e gestione del sistema socio-sanitario. Tali modelli sono quindi descritti ed interpretati secondo le principali correnti teoriche di management pubblico , con l’obiettivo di individuare la capacità di soddisfare, in ultima istanza, le esigenze della popolazione. In particolare, l’evoluzione del panorama socio-sanitario da sistema complicato a sistema complesso mette in luce alcuni limiti nella sostenibilità di alcune scelte organizzative, richiedendo, al contempo, efficienti ed efficaci soluzioni di governo dell’attuale servizio sanitario nazionale. La capacità di affrontare le sfide della complessità socio-sanitaria contemporanea – coesistenza di logiche di natura manageriale e professionale, bilanciamento tra specializzazione delle conoscenze e bisogno di integrazione di tecniche e saperi medici, interdipendenza intensa tra attività diverse- è letta in una prospettiva di switch delle politiche socio-sanitarie italiane dall’approccio government all’approccio governance, secondo un consolidato indirizzo nelle realtà di welfare internazionali. Risultato di tale metamorfosi è la crescente importanza, strategica ed operativa, riconosciuta ai processi di collaborazione inter-organizzativa tra enti pubblici (ma anche tra enti pubblici e privati), nell’idea che la cooperazione tra più attori, pur nelle criticità che manifesta, rappresenti un valido punto di partenza nell’obiettivo di maggiore sostenibilità del nostro sistema di welfare. 9 Abstract n. 6 Titolo: Riforme sanitarie e tutela del territorio: il caso Auxilium Vitae Autore: Giulia Palazzolo E-mail: [email protected] L’articolo propone il caso di studio della struttura riabilitativa sanitaria Auxilium Vitae di Volterra. Il centro volterrano rappresenta un esempio di successo nella gestione di un processo di cambiamento indotto da forze esterne (le disposizioni normative) ma gestito dalle rappresentanze locali con una costante prerogativa di salvaguardia del sistema socio-sanitario locale. Il riferimento è al D.lgs 502/92, che prevede la chiusura delle strutture ospedaliere al di sotto dei 120 posti letto. Il coinvolgimento diretto del sistema volterrano nella suddetta normativa apre al rischio che gli abitanti di Volterra restino “scoperti” sotto il profilo socio-sanitario, una condizione, questa, difficilmente risolvibile con l’appoggio ai centri di cura della Provincia, geograficamente distanti dall’entroterra pisano. Tale minaccia rappresenta la molla per un rilancio con la costituzione di Auxilium Vitae, un centro di riabilitazione multispecialistico (riabilitazione cardiologica e neurologica, unità gravi cerebrolesioni acquisite) ; i locali del precedente nocosomio maniacale non solo continuano ad essere al servizio dell’ospedale ma, grazie ad interventi di ristrutturazione, divengono la struttura fisica entro cui si realizza il progetto assistenziale-riabilitativo. La partecipazione al progetto da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, dei Comuni dell’Alta Val di Cecina e della Comunità Montana, e successivamente della Fondazione Maugeri e dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana rivela una tensione verso la tutela dei servizi territoriali alla persona ed uno sforzo di promozione della salute attraverso attività specialistiche estremamente complesse; aspetti, questi, che creano positivi trade-offs sul tessuto turistico e commerciale volterrano che è chiamato ad accogliere familiari dei pazienti della nuova struttura. Lo spirito di iniziativa che vede coinvolti soggetti pubblici e privati, diversi per storia e core business ma uniti dalla volontà di valorizzare la realtà volterrana, rende questo progetto un esempio di riqualificazione socio-sanitaria del territorio particolarmente convincente. 10 SESSIONE 2: Governance e valutazione in sanità, tra ospedale e territorio Coodinatori: Leonardo Altieri, Paolo Ugolini Abstract n. 1 Titolo: La valutazione delle politiche di integrazione socio-sanitaria sul territorio nei Piani di Zona della Regione Puglia: verso un modello valutativo multidimensionale. Autori: Luigi Spedicato, Annamaria Vitale, Marileda Vergori, Andrea Forte, Mario Quarta Affiliazioni: Dipartimento di “Storia, Società e Studi sull’Uomo” - Università del Salento E-mail: [email protected] Il paper presenta i risultati preliminari di una ricerca sulla Valutazione dei Piani di Zona, e ne affronta la complessità sistemica considerandoli strumento di programmazione del sistema dei servizi sociali e socio-sanitari territoriali. L’approccio metodologico parte dalla proposta di De Ambrogio (2003) del modello frattale che sottende processi valutativi di casi, servizi e politiche e fa perno sulle competenze del valutatore, il quale definisce e costruisce il disegno della ricerca valutativa nella consapevolezza che i diversi livelli “seguono la stessa logica complessiva e rispondono, pur con gradi di complessità diversa, ai medesimi principi metodologici. La complessità dell’oggetto-PdZ è stata da noi affrontata attraverso un disegno di valutazione basato, oltre che sul modello frattale, anche sull’approccio della Realistic evaluation di Pawson e Tilley (1997). L’evaluando è stato articolato in cinque dimensioni: - l’analisi dei bisogni e il processo programmatorio, - i processi organizzativi e di gestione, - il complesso delle azioni e degli interventi di piano, - qualità, soggetti e sviluppo del processo partecipativo, - qualità, soggetti e utilizzo della valutazione, le quali comprendono sia i processi che i prodotti: ogni dimensione genera i quesiti valutativi, definisce i soggetti investiti dall’azione valutativa, le fonti utilizzate nella raccolta dei dati, gli output intesi quali prodotti ed azioni coerenti con la dimensione analizzata e realizzati nell’ambito del PdZ. Data la loro complessità, ognuna delle dimensioni viene descritta da sottodimensioni ed aree di attività riferibili all’integrazione socio-sanitaria, la quale viene dunque valutata in rapporto all’implementazione sul territorio degli obiettivi prioritari definiti dalla Regione Puglia nel suo Piano regionale delle politiche sociali. Riferimenti bibliografici: - F. Lazzari, L. Gui, (a cura di), Partecipazione e cittadinanza - il farsi delle politiche sociali nei Piani di Zona, FrancoAngeli, Milano, 2013, - C. Bezzi, Il nuovo disegno della ricerca valutativa, FrancoAngeli, Milano, 2010, - F. Ciucci, La valutazione delle politiche e dei Servizi Sociali, FrancoAngeli, Milano, 2008, - R. Pawson, N. Tilley, Realistic Evaluation, in S. Matthieson (ed), Encyclopaedia of Evaluation, Sage, Beverly Hills, CA, 2004, - Battistella, U. De Ambrogio, E. Ranci Ortigosa, Il Piano di Zona, Costruzione, Gestione, Valutazione, Carocci, Roma, 2004, - U. De Ambrogio, Valutare gli interventi e le politiche sociali, Carocci, Roma, 2003, - M. Palumbo, Il Processo di Valutazione, decidere, programmare, valutare, FrancoAngeli, Milano, 2001, - R. Pawson, N. Tilley, Realistic Evaluation, Sage Publications, London, 1997. 11 Abstract n. 2 Titolo: La collaborazione tra il medico di MG e lo psicologo: Valutazione degli effetti della consulenza in copresenza. Autori: Francesca Greco (*) Barbara Cordella (*), Michela Di Trani (*), Alessia Renzi (*), Luigi Solano (*) Affiliazione: (*) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche - Sapienza Università di Roma Relatrice: Francesca Greco E-mai: [email protected] Introduzione: La Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute dell’Università la Sapienza dal 2001 ha attivato un protocollo sperimentale d’intervento che vede lavorare in copresenza il medico di medicina generale (MMG) e lo psicologo. Tale protocollo è stato sviluppato con l’obiettivo di favorire il benessere bio-psico-sociale delle persone attraverso un intervento di prevenzione volto a cogliere il disagio psichico nelle fasi iniziali, riducendo i tempi e i costi che il trattamento di un quadro cronico comporta. La letteratura, infatti, evidenzia che l’84% delle richieste rivolte al MMG non hanno un’eziologia organica e il 70% riguardano problemi di carattere psicosociale. Inoltre, il disagio sociale sembra essere associato ad un aumento delle richieste di diagnosi e terapia ai MMG, che comporta un aumento dei costi della Sanità. Tale effetto è tanto più rilevante se si considerano i disagi psicosociali connessi all’attuale crisi in cui versa il paese e contemporaneamente le politiche di riduzione dei costi della Sanità. Inoltre, è necessario considerare lo stigma connesso al disagio psichico che porta ad una crescente caduta degli invii allo psicologo non favorendo una riduzione dei costi. Materiali e Metodi: Al fine di esplorare l’effetto dell’intervento in copresenza sulla capacità dei pazienti di rivolgersi allo psicologo, questo studio prende in esame i pazienti (n=227) di studi medici di MG del Lazio (n=3) con il propensity score matching. Lo strumento di rilevazione dati utilizzato è stato il questionario autocompilato a domande chiuse ed aperte. Risultati: I risultati dimostrano che i pazienti, abbinati per le caratteristiche sociodemografiche e per l’aver usufruito in precedenza della consulenza psicologica, non presentano differenze significative per quanto riguarda l’utilità generica dello psicologo né il fatto che egli si occupi non solo di patologie, ma anche di problemi di vita. Tuttavia, esistono differenze statisticamente significative relativamente alla probabilità che il paziente ritenga utile l’intervento dello psicologo per se stesso (OR=4,3%; CI=1.30-14.47; p<0.01). Conclusioni: L’effetto sembra, quindi, consentire il superamento dello stigma connesso al disagio psichico, facilitando la possibilità di affrontare le proprie difficoltà prima che esse si organizzino in un quadro cronico. Questo risultato sembra particolarmente interessante se si considera che esso viene rilevato entro un contesto tradizionalmente associato alla patologia come quello degli studi medici di base. Riferimenti bibliografici: 1. Austin, P. (2009). Some Methods of Propensity-Score Matching had Superior Performance to Others: Results of an Empirical Investigation and Monte Carlo simulations. Biometrical Journal, 51, 171–184. 2. Austin, P. (2010). Optimal caliper widths for propensity-score matching when estimating differences in means and differences in proportions in observational studies. Pharmaceutical Statistics, 10:150–1613. Austin, P. (2011). An Introduction to Propensity Score Methods for Reducing the Effects of Confounding in Observational Studies. 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Through symptoms to subjects: the family physician and the psychologist together in primary care. In: R. N. Emde, M. Leutzinger-Bohleber (eds), Early parenting and prevention of disorder. (pp.309-327). London, UK: Karnac. Solano, L.i (ed) (2011). Dal sintomo alla persona: Medico e psicologo insieme per l’assistenza di base. Milano: Franco Angeli. 13 Abstract n. 3 Titolo: I Gruppi Balint: un aiuto concreto per gli operatori sanitari Autori: Grazia Chiarini (*), Silvia Grassi (*), Maria Pia Urbani (*) Affiliazione: Istituto di Formazione Psicosomatica Firenze Relatrice: Dott.ssa Grazia Chiarini, Medico Psicoterapeuta, Analista Transazionale E-mail: [email protected], [email protected], [email protected] Introduzione: Ritmi serrati di lavoro, grande afflusso di gente negli ambulatori, richieste improprie, notevole carico burocratico possono mettere a dura prova il rapporto medicopaziente, influenzando anche il decorso della malattia. Da una recente analisi emerge che la buona qualità di questa relazione migliora l’adesione alla terapia e conseguentemente la prognosi della malattia (“Le Scienze”11 Aprile 2014). Circa il 4-5% della popolazione generale e il 5-10% dei soggetti che si rivolgono a un ambulatorio soffre di sintomi non spiegabili da una fisiopatologia nota (UMS, UnexplainedMedicalSymptoms), senza riuscire a dare un significato del perché di quel sintomo e proprio in quel momento della vita. Gravano sull’attività professionale del medico, sottraendo tempo ed energie alla vita privata e creando i presupposti per uno stato di burn-out, anche la gestione delle notizie infauste, l’impotenza terapeutica in alcune patologie, il timore di denunce, la maleducazione, la diversità di linguaggio, lo stress emotivo, il sistema informatico, le pressioni del budget, l’abituarsi alle nuove forme di aggregazione territoriale, AFT e UCCP Materiali e Metodi: La formazione mediante la tecnica dei "Gruppi Balint" può diventare un aiuto professionale efficace e non opzionale. Consiste nel frequentare un gruppo di medici, condotto da una figura adeguatamente formata, un medico di medicina generale, uno psicologo o uno psichiatra, che s’incontra con cadenza quindicinale per otto volte a ciclo. Non è una discussione di casi clinici né un gruppo di aiuto psicoterapeutico per i medici ma uno spazio in cui è favorita la dimensione emotiva ed immaginativa presente nella relazione medico-paziente. Conclusioni: La metodologia Balint consente di acquisire una capacità in più, che, con il tempo, porta “una modificazione notevole seppur parziale della personalità del medico” (Balint,2014) che migliora la relazione, previene il burn out e diminuisce la spesa sanitaria. Riferimenti bibliografici: M. Balint (2014), Medico, paziente e malattia, Fioriti editore, Roma. Abstract n. 4 Titolo: Governance e valutazione nei servizi socio-sanitari: dalla teoria alla pratica. Autori: Barbara Calderone (*), Stefano Fabbri (*), Matteo Gaggi (*) Affiliazione: (*) Ufficio per la Programmazione Sociale e Sanitaria- Settore Servizi Sociali Unione dei Comuni “Valle del Savio” Relatrice: Barbara Calderone E-mail: [email protected] Introduzione: A partire dall’esperienza “pratica” e dal lavoro quotidiano dell’Ufficio di Piano distrettuale del Distretto Cesena-Valle Savio (nella provincia di Forlì-Cesena in Regione Emilia Romagna), l’intervento vuole evidenziare le differenze tra teoria e pratica in tema di programmazione integrata socio-sanitaria a livello distrettuale. Nello specifico si vogliono mettere in luce gli scostamenti principali che riguardano: - il processo di programmazione locale dei servizi socio-sanitari più strutturati (minori, anziani e disabili) - gli attori coinvolti nel sistemi di governance locale - il ruolo e le funzioni dell’ufficio di piano - i sistemi/modelli di valutazione applicati alla programmazione stessa. 14 Se è vero infatti che, da un lato, le norme (nazionali, regionali e comunali) [1] esplicitano i principi guida e dettagliano i modelli organizzativi di programmazione integrata e che, dall’altro, in teoria la valutazione è considerata ormai una componente necessaria, costitutiva, determinante di ogni processo di progettazione e dimensione che percorre tutta la progettazione [2], è altrettanto vero che la declinazione operativa della programmazione e della valutazione passano necessariamente da come i vari contesti locali (comunale, distrettuale, sovradistrettuale..) e i differenti attori coinvolti (regione, enti locali, aziende sanitarie, aziende pubbliche di servizi alla persona, cooperative e imprese sociali, associazioni del terzo settore e utenti dei servizi) la intendono e sono in grado di attuarla in pratica, nei loro diversi livelli (politico, tecnico e operativo). Risultati attesi: l’intervento cercherà di suggerire possibili risposte alle seguenti domande: - quanto e come è possibile rendere la ricerca-valutazione davvero parte integrante del processo di programmazione socio-sanitaria locale? - Come sviluppare sistemi di valutazione sostenibili che rispetto alla progettazione contemplino interventi in tutte le 4 fasi previste (ex ante, in itinere, ex post e di follow up) e coinvolgano tutti i diversi attori? - Come focalizzarsi su una valutazione di efficacia dei servizi, che non trascuri però anche analisi di efficienza, accessibilità, equità, tempestività, appropriatezza e soddisfazione degli utenti e degli operatori? - Quali le strategie sono percorribili per rendere coerenti i vari obiettivi di programmazione dettati dai diversi enti coinvolti e finanziatori del sistema (vincoli nazionali di utilizzo delle risorse, indicazioni regionali di offerta di servizi e relativi vincoli di spesa, indicazione di politica e vincoli di bilancio comunale, priorità e vincoli di bilancio della sanità, istanze dei gestori dei servizi, esigenze e bisogni assistenziali degli utenti, istanze dei cittadini e delle loro associazioni… )? - Come armonizzare i diversi strumenti di programmazione e monitoraggio presenti (bilanci economici preventivi e consuntivi, piani di zona triennali e programmi attuativi annuali, piani economici gestionali e bilanci sociali…)? - Come conciliare le differenti (e tutte legittime) letture e interpretazioni dei “risultati” ottenuti (ad es. un risparmio economico del 5% delle risorse rispetto alla spese preventivate è un risultato positivo o negativo? Un aumento del 30% annuo di utenti di un servizio è indice di maggior efficacia o mancato governo della domanda? …)? - Quali indicatori raccogliere per alimentare in maniera coerente i diversi sistemi informativi e le numerose banche dati verso cui il sistema ha debiti informativi (piani economici gestionali/PEG- dei comuni, indicatori nei piani di zona triennali e nei programmi attutivi annuali, sistemi informativi dell’Azienda USL, banche dati sociosanitarie regionali, indagini nazionali ISTAT e SOSE…). Conclusioni: In estrema sintesi, la sfida sembra essere quella di riuscire ad implementare un modello di valutazione pragmatico, sostenibile e utile, per servizi schiacciati quasi sempre su problemi contingenti e privi del tempo necessario per riflettere sul proprio operato (autovalutazione), il tutto in un contesto di continua riorganizzazione istituzionale (nascita delle Unione dei Comuni e delle città metropolitane, abolizione delle Province, aggregazioni della vecchie Ausl di dimensione sottoprovinciale in grandi Ausl di Area Vasta…). Riferimenti normativi e bibliografici: 1. Legge 328/2000, Leggi Regionali Regione ER n.2/2003, n.29/2004 e n.22/2013, Delibere di Assemblea legislativa Regione ER n.175/2008 e n.117/2013, Delibere di Giunta Regionali Regione ER n.509/2007 e n.1004/2007 2. Altieri L. (2014), “Bussole e chiavi per navigare e valutare. Valutazione della progettazione e web”, in Cipolla C. a cura di, La progettazione sociale nella web society, Franco Angeli, Milano 15 Abstract n. 5 Titolo: Valutazione di esito dei percorsi assistenziali di pazienti in trattamento nelle strutture residenziali accreditate della provincia di Ferrara Autori: Cristina Sorio (sociologa) (*), Paolo Pasetti (statistico) (*) Affiliazione: Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, 0532 233718 Relatrice: Cristina Sorio E-mail: [email protected] Introduzione: Dalla revisione della letteratura del Gruppo Cochrane sui trattamenti in Comunità Terapeutiche per disturbi correlati all’abuso di sostanze, emergono deboli evidenze di efficacia degli interventi residenziali (CochraneDrugs and Alcohol Group, 2008), tuttavia nonostante l’assenza di prove disponibili in grado di identificare l’elettività di un singolo percorso, la comunità scientifica concorda nel ritenere auspicabile affrontare la complessità del disturbo da dipendenza da sostanze associando le terapie farmacologiche a interventi psico-sociali. Materiali e metodi: Lo studio sull’esito dei percorsi terapeutici residenziali seguiti dai pazienti dei SerT dell’Azienda USL di Ferrara valuta i determinanti della pratica terapeutico-riabilitativa delle strutture del privato sociale accreditato in un periodo di oltre 7 anni. È stato misurato l’esito confrontando i risultati ottenuti rispetto ai problemi di dipendenza e agli obiettivi terapeutici. Lo studio valuta l’effectiveness dei programmi terapeutici residenziali attivati sui pazienti con dipendenza da eroina, cocaina e alcool, analizzando il livello di compliance al trattamento raggiunta nel tempo. Viene presa in esame una coorte retrospettiva dinamica di 292 pazienti per un periodo di osservazione che va dal 1/1/2005 al 31/05/2012. Viene valutato il rischio di abbandono generale e viene descritto il suo andamento in relazione a potenziali predittori di carattere socio-economico, stimando il contributo delle diverse cause; viene analizzata l’associazione tra alcuni possibili predittori sociodemografici e la sopravvivenza. Risultati: In termini descrittivi, la popolazione inserita in programmi terapeutici residenziali è in prevalenza maschile (77,7%), ha un grado di istruzione basso (73,1% media inferiore), è in larga misura disoccupata (44,4%), ha avuto nel corso della vita problemi giudiziari (51,8%), è arrivata al servizio prevalentemente con dipendenza da eroina (64,3%) o alcol (24,7%) e un’età media all’ingresso nel primo percorso di 36,4 anni. Conclusioni: Applicando il modello di regressione logistica dicotomico, una serie di variabili sembrano essere correlate alla ritenzione in trattamento residenziale: età di ingresso inferiore ai 35 anni e concomitanti disturbi psichiatrici in evidenza prima della comparsa del consumo di eroina. L'avere avuto problemi con la giustizia (OR=1,96) e la dipendenza da sostanze primarie cocaina o alcol associate a sostanze secondarie (OR=1,37) sono risultati forti predittori di interruzione del trattamento. 16 Abstract n. 6 Titolo: La valutazione dell’integrazione sociosanitaria: una review sistematica della letteratura. Autori: Lucia Ferrara (*), Giuseppe Moro (**) Affiliazione: (*) dottoranda in Scienze delle relazioni Umane – curriculum “Progettazione e valutazione delle politiche sociali”, Università degli Studi di Bari. (**) professore ordinario di Sociologia, Università degli Studi di Bari E-mail: [email protected] Introduzione: L’invecchiamento, l’aumento della cronicità e la scarsità di risorse rappresentano i nodi della società odierna nella riprogettazione delle politiche di welfare. I modelli di cure esistenti, frammentati e a compartimenti stagni, non sono più adeguati a rispondere alle necessità di una crescente popolazione anziana con bisogni sanitari multipli, complessi [1], continuativi ed onerosi. È ormai condiviso che per migliorare la salute ed il benessere dei cittadini, sia necessario, offrire l’accesso e l’erogazione dei servizi garantendo un approccio socio sanitario integrato, specialmente per le categorie più fragili della popolazione, e proteggere indistintamente i cittadini contro i rischi economico-sociali legati alla malattia [2]. Tuttavia, nonostante l’attenzione crescente nei confronti dell’integrazione e delle potenzialità ad essa connesse, l’efficacia assoluta e comparativa dei programmi di integrazione rispetto ai diversi modelli di presa in carico dei pazienti fragili e l’ampiezza con cui i servizi sono integrati per rispondere ai bisogni sanitari dei pazienti è spesso sconosciuta e raramente misurata e mancano a livello internazionale delle valutazioni robuste sull’efficacia dei programmi di integrazione [3,4]. Obiettivi: Data la centralità attribuita all’integrazione, risulta, pertanto, necessario e di estrema attualità e importanza sviluppare sistemi di valutazione e monitoraggio metodologicamente robusti per valutare gli effetti e i fattori che determinano e rendono possibile l’integrazione [5] al fine di supportare i decisori politici e le fasi di programmazione degli interventi. Materiali e metodi: Il presente lavoro intende rispondere a questa necessità e ha l’obiettivo di identificare quali ricerche valutative sull’integrazione sono state condotte, quali sono i metodi di valutazione, gli approcci, i framework di valutazione e gli strumenti di valutazione dell’integrazione presenti in letteratura, al fine di definire gli indicatori valutativi utili a misurare gli effetti dell’integrazione e comprendere quali fattori e meccanismi favoriscono e rendono possibile l’integrazione. Risultati e conclusioni: A tal fine è stata condotta una review della letteratura che ha permesso di individuare dieci strumenti di valutazione dell’integrazione potenzialmente interessanti e sei dimensioni chiave di valutazione dell’integrazione. I risultati della review forniscono una base per la definizione di un framework di valutazione degli effetti dell’integrazione e per individuare i meccanismi che la determinano. Riferimenti Bibliografici: 1. Ham C., Curry N. (2011). Integrated care: What is it? Does it work? What does it mean for the NHS? London: The Kings Fund. 2. Nuti S.; Barsanti S. (2009), L’integrazione socio sanitaria: strumenti per la programmazione e la valutazione delle zone-distretto del sistema sanitario toscano, L’integrazione Socio-sanitaria: Ricerca Scientifica Ed Esperienze Operative A Confronto - Strategie Ed Esperienze Della Regione Toscana , Il Mulino 3. Reynolds, H. W., & Sutherland, E. G. (2013). A systematic approach to the planning, implementation, monitoring, and evaluation of integrated health services. BMC Health Services Research, 13, 168. http:// doi.org/10.1186/1472-6963-13-168 4. Ye, C., Browne, G., Grdisa, V. S., Beyene, J., &Thabane, L. (2012). Measuring the degree of integration for an integrated service network. International Journal of Integrated Care, 12(5). 5. Greaves, F., Pappas, Y., Bardsley, M., Harris, M., Curry, N., Holder, H., … Car, J. (2013). 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Relatrice: Adalgisa Protonotari E-mail: [email protected] Introduzione: Il trattamento chirurgico e riabilitativo del paziente con frattura di femore secondo standard qualitativamente elevati rappresenta uno dei temi di rilievo che le aziende sanitarie pubbliche si trovano ad affrontare sia per le conseguenze sullo stato clinico e funzionale del paziente che per i costi sanitari e sociali collegati al mancato recupero dell’autonomia pre-frattura. L’area Metropolitana di Bologna presentava risultati disomogenei nelle quattro strutture ospedaliere dedicate alla gestione del paziente con frattura di femore. Era necessario un incremento dell’integrazione e della flessibilità organizzativa per migliorare la tempestività dell’intervento chirurgico, l’appropriatezza del setting riabilitativo, e la sostenibilità dei modelli organizzativi. Materiali e metodi: Per questo, nel 2012 le Aziende sanitarie pubbliche (AUSL, AOSP e Istituto Ortopedico Rizzoli) e gli Ospedali Privati Accreditati hanno costruito insieme il Percorso Riabilitativo per i pazienti con Frattura di Femore con l’obiettivo di garantire a tutti una risposta appropriata e omogenea. Il Percorso individua: 6 “Cluster” di pazienti con caratteristiche clinico-funzionali-sociali omogenee, a ciascun cluster sono associati i Setting riabilitativo/assistenziali (Lungodegenza, Riabilitazione Estensiva e Intensiva, Casa Residenza per Anziani ad elevata intensità di assistenza o trattamento in ambulatorio/domicilio) appropriati. La valutazione del paziente si basa su Scale di Valutazione (ASA score, Charlson Index, DS Scale, Barthel Index, CAM, ADL etc) condivise che prendono in esame lo stato cognitivo e funzionale pre-frattura, le comorbidità e le complicanze post-operatorie, la concessione del carico, la situazione familiare del paziente e le condizioni abitative1-3 Risultati: Rispetto al 2011 (assenza di percorso), il 2013 evidenzia ottimi risultati in termini di efficienza organizzativa: pazienti operati nelle 48 h (da 55% a 80%), tempo di attesa per trasferimento in cure intermedie (da 5 a 2gg), degenza media fase acuta (da 12,3 a 11,4gg) e post acuta (da 22,5 a 21,7gg); appropriatezza nella scelta del setting assistenziale: utilizzo della riabilitazione intensiva per i più giovani e clinicamente stabili e delle strutture di long term care per i più anziani, instabili, con deficit cognitivi e scarso sostegno parentale; outcome: re-ricoveri a 30 gg (da 9,8% a 6,7%), mortalità intraospedaliera (da 2,5% a 1,6%), a 30 gg (da 4,6% a 3,6%) e a 90 (da 11,2% a 9,2%); economicità: calo di 560€/pz nella fase acuta e 76 nella riabilitativa (-€1.280.000 spesa pubblica Metropolitana). Riferimenti bibliografici: 1. New Zealand Guidelines Group (2003). Acute management and immediate rehabilitation after hip fracture amongst people aged 65 years and over. Wellington: New Zealand Guidelines Group. 2. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (2009). Management of hip fracture in older people, National clinical guideline 111. Disponibile al sito: http://www.sign.ac.uk/pdf/sign111.pdf. 3. Institute for Health and Clinical Excellence (2011). Clinical Guideline 124. The management of hip fracture in adults. Disponibile al sito: http://www.nice.org.uk/nicemedia/live/13489/54918/54918.pdf. 18 SESSIONE 3: Salute e web society: teoria e ricerca Coodinatori: Cleto Corposanto, Mauro Moruzzi Abstract n. 1 Titolo: Salute e malattia nella web society Autrice e relatrice: Antonella Golino Affiliazione: Università degli Studi di Cagliari E-mail: [email protected] Introduzione: Gli ambienti digitali utilizzati per l’accesso ad informazioni relative alla salute,alla malattia e alla medicina segnano mutamenti all’origine dell’età dell’informazione (Castells, 2010) contraddistinta dall’utilizzo di tecnologie digitali utilizzate anche in ambito sanitario e in grado di fornire un’ampia scelta di modalità per promuovere la salute. Il dibattito attuale verte proprio su specifici temi in ambito sociale ed epistemologico,che sono oggetto di confronto tra gli studiosi che si occupano del tema della salute e dalla malattia on line (Cipolla, Maturo 2013; Eysenbach 2001; Gatti 2012; Santoro 2011; Seale 2002). Obiettivi, Materiali e Metodi: Lo scopo del presente contributo, di natura teorica, è quello di proporre una riflessione su tali tematiche, approfondendo due concetti fondamentali: eHealth e m-Health. Risultati: L’e-Health viene definito come un campo di studi emergente “all’intersezione tra l’informatica medica, il sistema sanitario pubblico ed il mercato, che si riferisce a servizi ed informazioni sanitarie supportati attraverso internet e le tecnologie a queste collegate” (Eysennbach, 2001, p.20). Ma l’e-Health non è solo tecnologia, costituisce un sistema più ampio finalizzato al supporto dei processi sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie, alla gestione delle relazioni tra strutture e pazienti per l’assistenza, al governo dei sistemi sanitari regionali e nazionali. Con m-Health (mobile health), si indicano quelle applicazioni per dispositivi mobili -tablet, smartphone, portatili- che permettono di intervenire con varie modalità sulla salute. Sono ormai quasi centomila le app sanitarie (EuropeanCommision, 2014) attraverso le quali possiamo intervenire in moltissimi modi nella gestione della nostra salute. Semplificando potremmo dire che le app permettono di creare,accumulare e condividere informazioni, esse ci permettono di gestire in modo più autonomo alcuni aspetti della nostra salute. In questo modo si realizza ciò che viene comunemente detto empowerment del paziente (Maturo, 2014) Conclusioni: I media costituiscono una sorta di archivio e base per le risorse di carattere informativo a cui le persone attingono in caso di necessità e non solo per meglio comprendere le proprie esperienze di salute (Seale, 2003; Corposanto C. e Corposanto S. 2014), rappresentando un aspetto di quella che è stata definita web society (Cipolla, 2013). L’ICT costituisce dunque una variabile che entra nella pratica sanitaria per diventarne, allo stesso tempo, parte intrinseca e rilevante fattore del cambiamento e di innovazione, nei processi di cura. Riferimenti Bibliografici: 1. Ardigò A. (1997), Salute e società. Lineamenti di sociologia sanitaria, Franco Angeli, Milano. 2. Castells M. (2010), The rise of the network society: the information age: economy, society and culture, Oxford, Wiley Blackwell, Vol 1. 3. Cipolla C. (2013), Perché non possiamo essere eclettici. Il sapere sociale nella web society, Franco Angeli, Milano. 4. Cipolla C., Maturo A., (2013), Sociologia della salute e web society, Rivista Salute e Società,Franco Angeli, Milano. 19 5. Corposanto C., Corposanto S. (2014), Di cosa parliamo quando sciviamo #health,#salud,#salute? Le interpretazione di un concetto multidimensionale utilizzato su Twitter, in (a cura di ) Corposanto C., Valstro A., Blog, Fb,Tw.Fare ricerca sociale on line, Milano,Giuffrè, pp.187-218. 6. Eysenbach G. (2001), What is E-Health?, Journal of Mediacal Internet Research, Apr-Jun, 3 (2). 7. Gatti W., (2012), Sanità e web. Come internet ha cambiato il modo di essere medico e malato in Italia, Springer, Milano. 8. European Commision, (2014), Green paper on Mobile Health. 9. Hine C. (2005), Virtual methods and the sociology of Ciber-Social-Scientific Knowledge, in Hine C., Virtual methods:issues in social research on the internet, Oxford, Berg, pp. 1-13. 10. Mulgan J. (2014), Innovazione sociale, Egea, Milano. 11. Santoro E. (2011), Web 2.0 e social media in medicina, Pensiero Scientifico Editore, Roma. 12. Seale C. (2002), Media & Health, Sage, London. 13. Seale C. (2003), Health e media: an Overview, in Sociology of Health and Illness, 25, 6, pp.513-531. 14. Maturo A. (2014), m-Health e Quantified Self: sviluppi, potenzialità e rischi, in (a cura di) Corposanto C., Lombi L., e-Methods and web society, Salute e Società, Anno XIII, n.3, 2014, pp. 161-170. Abstract n. 2 Titolo: Health Information System & Sanità: il caso degli IRCCS Autori: Anna Maria Melina(*),Teresa Gentile(*),Marzia Ventura(*), Walter Vesperi (°) Affiliazione: (*)Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali Università di Catanzaro “Magna Græcia” (°)Dipartimento di Scienze, Economiche Aziendali, Ambientali e metodologie quantitative, Università degli Studi di Messina Relatrice: Anna Maria Melina E-mail: [email protected] - [email protected], [email protected], [email protected], [email protected] Introduzione: Nell’ultimo anno, la sanità digitale è finalmente entrata nei piani di azione del governo: dalle linee guida sul Fascicolo sanitario elettronico al patto di sanità digitale fino al più recente Piano Crescita Digitale (Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, 2014-2015). In questo momento di forte cambiamento l’Information and Communication Technology (I.C.T.) si trasforma da commodity in leva strategica. Le nuove applicazioni disponibili riescono infatti a garantire l’automatica archiviazione dei dati, a ridurre la percentuale di errori clinici, causati dall’illeggibilità degli ordini scritti a mano e da errori di calcolo e trascrizione dei medici, etc. Grazie alle nuove tecnologie di automazione il sistema sanitario può evitare l’accadimento di taluni fattori, sfruttando al meglio le risorse, segnalando incoerenze e fornendo agli operatori un supporto decisionale basato sull’evidenza e sulla centralità del paziente. Cartella Clinica Elettronica (C.C.E.) e Fascicolo Sanitario Elettronico (F.S.E.) ne sono un esempio. Quello che si registra oggi, a livello nazionale, è però uno sviluppo disomogeneo non solo per la C.C.E. ma anche per il F.S.E., seppur comprensibile data l’articolazione su tre differenti livelli di autonomia politico-istituzionale in cui si trova il Servizio Sanitario Nazionale, tra Stato, Regioni e Aziende locali. Obiettivi, Materiali e Metodi: La consapevolezza della necessità di un cambio di passo varato dal Governo, con l’obiettivo di trasformare gli investimenti ICT in motore di sviluppo, viene affrontato nel lavoro di ricerca, che vuole fare il punto sulla diffusione a livello regionale e nazionale dei principali ambiti di innovazione digitale quali Cartella Clinica Elettronica e Fascicolo Sanitario Elettronico. Per quanto riguarda la definizione del bacino di indagine si è ritenuto particolarmente rilevante focalizzarsi, in primis, sugli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) presenti sul territorio Italiano. La raccolta delle informazioni è avvenuta attraverso la somministrazione di un questionario al referente aziendale chiave rispetto la dimensione in oggetto, oltre che l’analisi sitografica, per avere la visione di insieme sugli sviluppi e diffusione degli stessi. Riferimenti Bibliografici: 1. Ministero della Salute www.salute.gov.it; 20 2. Rapporto Politecnico di Milano (2012), “ICT in Sanità: Mettere in circolo l’innovazione”; www.osservatori.net; 3. Buccoliero L., Caccia C., Nasi G. (2002), “Il sistema informativo automatizzato nelle aziende sanitarie”, McGraw Hill, Milano; 4. Caccia C. (2008), “Management dei sistemi informativi in sanità”, McGraw Hill, Milano; 5. Losito B. (2013), Qualitativo e quantitativo nella costruzione di questionari su larga scala” pp.219-230; in Cipriani C., Cipolla C., Losacco G. (2013), “La ricerca qualitativa fra tecniche tradizionali ed e-methods” Laboratorio Sociologia, Franco Angeli, Milano; 6. Corposanto C. (2002), “Il ciclo statistico della ricerca sociale”, Franco Angeli, Milano; 7. Del Vecchio M. (2002), “L’evoluzione delle funzioni innovative nelle aziende del SSN: il senso di una ricerca”, Mecosan, n.43; 8. Joint Commission International (JCI); http://it.jointcommissioninternational.org; 9. Reina R. (2013), “Gestire la coscienza in Sanità”, Rubbettino, Soveria Mannelli; Abstract n. 3 Titolo: e-Care, percorsi di partecipazione. Tre iniziative per raccogliere ed accogliere il punto di vista e le esperienze del cittadino assistito da OSA attraverso il portale della Cooperativa: partecipa.osa.coop Autori: Maria Chiara Galizi (*); Francesco Giuffrida (*); Daniele Palumbo (*); Affiliazione: Operatori Sanitari Associati OSA Soc.Coop.Sociale a r.l.- onlus Relatrice: Maria Chiara Galizi E-mail: [email protected] Introduzione: A circa un anno dalla presentazione in occasione del V Convegno Nazionale SISS del Programma e-Care dedicato al coinvolgimento degli assistiti OSA, si è concluso lo sviluppo informatico del sito web loro dedicato. Obiettivo, materiali e metodi: Il nome del sito web partecipa.osa.coop è stato preferito ad opzioni come “pazienti o assistiti” perché si è voluto spostare il focus da una passiva condizione di bisogno verso un ruolo attivo e partecipe alla relazione di cura. L’invito vuole essere quello di raccontare e condividere, esprimere giudizi e valutazioni sul servizio, entrare a far parte di una famiglia virtuale, in una parola: partecipare. Il portale, attualmente online e accessibile gratuitamente da tutti gli utenti e famigliari in assistenza con OSA, è suddiviso in 3 sezioni: 1. L’Area pazienti offre la possibilità di compilare 2 questionari finalizzati al monitoraggio e al miglioramento del servizio: uno riferito alla qualità dell’assistenza che si riceve; l’altro in riferimento al cambiamento nel tempo della condizione di salute dell’assistito; 2. Il Blog è uno spazio all’interno del quale ciascun utente può narrare e condividere con gli altri la propria storia di malattia e assistenza, producendo un valore terapeutico per se stesso e per chi legge; 3. La Community è un luogo virtuale nel quale è possibile chattare in tempo reale sulle diverse tematiche legate al mondo dell’assistenza trovando aiuto, consiglio, solidarietà, comprensione e interessi in comune, ma proporre e consigliare miglioramenti per il servizio. Risultati: Lo sviluppo informatico del sito web è durato circa 3 mesi. A questa è susseguita una fase di test non pubblica, mediante la quale è stato collaudato internamente per verificarne l’effettiva fruibilità. Conclusioni: La pubblicizzazione del Programma e-Care avviene attraverso due azioni simultanee: 1. I professionisti sanitari consegnano una busta sigillata contenente del materiale informativo e nell’arco di un anno solare raggiungeranno per circa 3.500 pazienti in ADI su una Asl laziale. 2. Il sito web viene registrato presso il motore di ricerca Google ed indicizzato permettendone il collocamento nelle prime posizioni di ricerca per parole chiave legate alla Coop. OSA e alle iniziative online dedicate al coinvolgimento degli assistiti. 21 Le iniziative saranno successivamente rese accessibili a tutti i pazienti OSA sul territorio nazionale (anno 2013 totale assistiti: 27.469). Abstract n. 4 Titolo: hAPPyMamma. Il disegno dell’implementazione e della valutazione di un’applicazione mobile nel percorso materno infantile nell’ASL5 di Pisa. Autrici: Sabina De Rosis(*), Manila Bonciani (*)Milena Vainieri (*),Patrizia Scida (°) Affiliazione: (*) Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, (°) ASL 5 di Pisa Relatrice: Sabina De Rosis E-mail: [email protected] Introduzione: La mHealth, ambito emergente dell’eHealth, contempla l’integrazione delle tecnologie di comunicazione mobile nel processo di erogazione dell’assistenza sanitaria [1,2]. Rappresenta un enorme potenziale di miglioramento di qualità ed efficienza in sanità, ma anche di empowerment e miglioramento dell’educazione (healthliteracy) del paziente-utente [3,4,5]. Obiettivi, materiali e metodi: Nonostante l’ampia ed incrementale diffusione di smartphone e delle relative applicazioni gratuite o a basso costo faccia di questa soluzione tecnologica uno strumento dal grande potenziale nel settore sanitario [5], in letteratura sono ancora poche le evidenze sull’impatto del loro utilizzo da parte degli utenti [6]. La ricerca sull’introduzione di soluzioni tecnologiche in specifici contesti è utile sia per poter valutare l’impatto e la fattibilità, sia per poter fornire implicazioni pratiche nell’erogazione dei servizi sanitari. Infatti l’utilizzo ed il successo di queste tecnologie può essere differente sulla base del contesto, del servizio offerto e delle caratteristiche dell’utente cui si rivolge [7]. In particolare le donne che iniziano una gravidanza sono utenti giovani, che preferirebbero ricevere maggiori informazioni anche attraverso nuove tecnologie [8,9]. Risultati: Questo studio descrive la modalità con cui introdurre una nuova tecnologia legata al mHealth e le modalità di valutazione del suo impatto all’interno del percorso materno infantile. L’intervento di mHealth analizzato in questo studio è l’introduzione di un’applicazione mobile “hAPPyMamma” all’interno del percorso materno infantile dell’Asl 5 di Pisa, che rientra in una più ampia e complessa riorganizzazione del percorso nascita dell’azienda territoriale. In particolare lo scopo dell’applicazione è duplice: 1) fornire informazioni sull’offerta assistenziale del percorso nascita e sulle possibilità di tutela e promozione della salute propria e dei loro bambini (maternalhealthliteracy) [10] 2) facilitare l’accesso delle donne ai servizi dell’azienda attraverso la possibilità di prenotare alcune visite ed esami tramite app. Conclusioni: Il presente studio ripercorre i presupposti su cui si sono basati: la definizione degli scopi dell’app; la sua progettazione; il disegno del processo di introduzione all’interno del percorso sanitario, evidenziando le scelte e le difficoltà incontrate nello sviluppo della nuova tecnologia ed le modalità con cui sarà valutato l’impatto dell’utilizzo dell’app sull’accesso ai servizi da parte delle donne e la loro soddisfazione. Riferimenti bibliografici: 1. World Health Organisation (2011). mHealth – New horizons for health through mobile technologies, Global Observatory for eHealth series - Volume 3. WHO 2. Handle (2011). mHealth (mobile health) - Using apps for health and wellness. Explore 2011, 7 (4) 3. GL Kreps, L Neuhauser. E-health and health promotion. J ComputMediatCommun 2010;15:527-9 4. European Commission (2014). Green Paper on mobile Health ("mHealth") 5. Broderick J, Devine T, Langhans E, Lemerise AJ, Lier S, Harris L (2014). Designing Health Literate Mobile Apps. Institute of Medicine, National Academy of Science 6. Qiang CZ, Yamamichi M, Hausman V, Altman D (2011). Mobile Applications for the Health Sector. Worlds Bank 22 7. Aldhaban, F. (2012) Exploring the adoption of Smartphone technology: Literature review. Technology Management for Emerging Technologies (PICMET), 2012 Proceedings of PICMET '12, pp.2758-2770 8. S. Nuti; A.M. Murante (2013), Il Percorso Nascita in Toscana: l'esperienza delle donne , Lab. Mes - Ist. di Management Scuola Sup. di Studi Univ. e di Perfez. Sant'Anna 9. A.M. Murante; S. Nuti; D. Matarrese (2014), Il quaderno del percorso materno infantile, Edizioni Polistampa 10. Renkert S, Nutbeam D (2001). Opportunities to improve maternal health education through antenatal education: an exploratory study Abstract n. 5 Titolo: Zapping e shopping sentimentale nella web society: le relazioni virtuali nelle chat per fare nuove conoscenze Autrice e relatrice: Arianna Caccia E-mail: [email protected] Introduzione: Il presente contributo è finalizzato ad illustrare le principali peculiarità delle relazioni sociali nate attraverso le chat per fare nuove conoscenze. Fenomeno in continua espansione, grazie alle relative applicazioni scaricabili direttamente su smartphonee iphone: un’evoluzione 2.0 dell’odierna socializzazione unita ad un ampliamento della definizione di capitale sociale [Coleman 1988], con riferimento alle comunità virtuali, inteso come elemento della promozione del benessere individuale e collettivo. Il proliferare dei siti d’incontro è una vera e propria attività ricreativa in cui gli utenti hanno la sicurezza di poter sempre tornare sul mercato per un altro giro di shopping sentimentale [France 2002]. La virtualizzazione ha determinato un mutamento delle relazioni sociali, del valore e del senso attribuito ad affetti e amicizie: una moltitudine solitaria [Ferraresi 2009]. Ciascuna relazione può avere breve durata, ma la loro sovrabbondanza è indistruttibile: una massa di individui isolati, uno sciame, a cui i telefoni cellulari hanno contribuito a perseverarne le fattezze [Bauman 2004]. Risultati: L’utilizzo di dispositivi mobili rende l’individuo indipendente dai luoghi: la persona diventa il portale [Marinelli 2004]. Emerge una multidimensionalità di sessualità e sentimenti mediata da uno schermo [Fabris, 2001]. Le chat offrono l’opportunità di ampliare il proprio capitale sociale che influisce sul benessere. È l’insieme delle relazioni di un individuo [Coleman 1988], si divide in bonding, relazioni stabili di lungo periodo come famiglia, amici stretti e brindging, relazioni meno intense portatrici di stimoli. Una rete virtuale è un ottimo fornitore di capitale brindging[Schuller, Baron, Field 2000]: permette di portare costantemente le connessioni con sé tramite l’accesso ad internet [Proserpio 2011]. Conclusioni: L’espansione delle chat verte su: Economia di tempo, perché si può chattare in qualsiasi momento; economia di spazio, in quanto si può entrare in contatto con persone geograficamente lontane, abbattendo i limiti spaziali; economia emozionale, nel senso che, nel momento in cui una conversazione online annoia, si può passare alla successiva. La paura del rifiuto appare ovattata dalla Rete. Nella web society [Cipolla 2013; 2014] e nell’età liquido-moderna [Bauman 2004], mediante lo zapping e lo shopping sentimentale, basta un click per conoscersi, incontrarsi, frequentarsi, tradire, fare l’amore, lasciarsi e ricominciare quest’iter relazionale-seduttivo. Riferimenti bibliografici: 1. Bauman Z. (2004), Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi, Laterza, Roma-Bari; titolo dell’edizione originale Liquid love. On the family of Human Bonds, Polity Press, Cambridge e Balckwell Publishing Ltd, Oxford 2003. 2. Cipolla C., (a cura di) (2013), Perché non possiamo non essere eclettici, FrancoAngeli, Milano. 3. Cipolla C. (a cura di) (2014), La progettazione sociale nella web society, FrancoAngeli, Milano. 4. Coleman J, Social Capital in the Creation of Human Capital, American Journal of Sociology, 94, Supplement, 1988, pp. 95-120. 5. Fabris G.P. (a cura di) (2001), Amore e sesso ai tempi di internet, FrancoAngeli, Milano. 23 6. 7. 8. 9. Ferraresi M., Facebook come moltitudine solitaria, pp. 85-91 in Borgato R., Capelli F., Ferraresi M. (a cura di) (2009), Facebook come: Le nuove relazioni virtuali, FrancoAngeli, Milano.France L., Love at first site, in “Observer Magazine”, 30 Giugno 2002. Marinelli A. (2004), Connessioni. Nuovi media, nuove relazioni sociali, FrancoAngeli, Milano. Proserpio L. (2011), Comportamenti digitali. Essere giovani ed essere vecchi ai tempi di Internet, Egea Spa, Milano. Schuller T., Baron S., Field J., Social Capital: a Review and Critic, in Baron S., Field J, Schuller T., (a cura di) (2000), Social Capital, Oxford University Press, Oxford. Abstract n. 6 Titolo: Le applicazione mobili nella relazione Medico - Paziente: Un’analisi empirica Autori: Marzia Ventura (*), Rocco Reina (*), Concetta Lucia Cristofaro (*) Affiliazione: Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali Università di Catanzaro “Magna Græcia” E-mail: [email protected] - [email protected], [email protected], [email protected] Introduzione: Nel corso degli ultimi trent'anni l'informatica ha cambiato pelle: è diventata portatile, iperconnessa e interattiva. Giorno dopo giorno si sviluppano tecnologie sempre più sofisticate per supportare gli operatori sanitari. Tra questi strumenti, stanno diventando sempre più diffuse le applicazioni mobili mediche e non – Mobile Apps - come nuovi sistemi tecnologici di trasmissione, creazione e condivisione delle informazioni. Nell’era della rivoluzione digitale in cui il web 2.0 è entrato nella quotidianità delle interazioni degli individui, l’uso di questi strumenti permette di trovare risposte relative alle nuove esigenze ed ai nuovi bisogni di salute, stimolando un cambiamento innovativo nel modo di costruire relazioni ed effetti. Questa situazione ha portato all’esplorazione e all’analisi del fenomeno, con particolare riferimento alle applicazioni mediche disponibili su dispositivi mobili come smartphone e tablet. Obiettivo: Su questa base, l'obiettivo della ricerca sarà – partendo dalla comprensione generale del fenomeno e delle sue dinamiche - capire la validità di tali applicazioni quali efficaci supporti per i medici di medicina generale nella relazione con i loro pazienti, oltre che sulla stessa qualità della cura. La ricerca condotta nel 2013, dalla Health Affairs, già stimava come l’utilizzo degli strumenti della sanità elettronica negli studi medici portava alla diminuzione di almeno il 12% delle visite face to face, sostituendola con consulti via web e aumentando l’efficienza del singolo medico fino al 9%. Materiali e metodi: Il fenomeno è affrontato nel lavoro concentrandosi - nell’analisi on the desk - sull'impatto che le App mobili potenzialmente sviluppano nel contesto sanitario; la fase on the job, andrà a comprendere, attraverso l’uso di interviste semistrutturate all’interno del Distretto Sanitario di Catanzaro, il valore che i medici di medicina generale attribuiscono alle App mobili nella prevenzione e gestione delle patologie nonché le nuove modalità relazionali instaurabili. Riferimenti bibliografici: 1. Buccoliero L. and G. Nasi (2004), “Il sistema informativo delle aziende sanitarie: stato dell'arte e prospettive evolutive dell'area clinica”. in E. Anessi Pessina e E. Cantù (a cura di) Rapporto OASI 2004. L'aziendalizzazione della sanità in Italia.. Milano, Egea, pp. 559-578; 2. Caccia C. (2008), Management dei sistemi informativi in sanità, McGraw Hill Editore; 3. Camussone P.F. (1998), Informatica aziendale, Etas Editore; 4. Centro Studi Merqurio (2015) “I medici e i canali digitali”, visionabile al sito www.merqurio.it; 5. Devenport T.H. (1993), Process Innovation, Harvard Business School Press, Boston; 6. Favotto F. (1987), “I supporti informatici per le decisioni”, atti convegno AIDEA Verona; 7. Francesconi A. (2007), Innovazione organizzativa e Tecnologia in sanità, Milano:Franco Angeli; 8. Marsha J. Handel (2011), “Mhealth (Mobile Health) – using Apps for Health and Welness”, «Explore», 7, 4; 24 9. World Health Organization: http://www.who.int; http://www.globalhealth.gov; 10. Food and Drug Administration (2013). Mobile Medical Applications - Guidance for Industry and Food and D r u g A d m i n i s t r a t i o n S t a ff , h t t p : / / w w w. f d a . g o v / d o w n l o a d s / M e d i c a l D e v i c e s / DeviceRegulationandGuidance/GuidanceDocuments/UCM263366.pdf Abstract n. 7 Titolo: E-health e patto di salute Autori: Cleto Corposanto, Beba Molinari Affiliazione: Università Magna Graecia di Catanzaro, Università degli Studi di Genova E-mail: [email protected], [email protected] Mob: 0039 340-3471951 In una Italia ormai alle prese da diversi anni con i tagli della spesa pubblica sempre più ingenti, una richiesta continua di revisione dei budget a disposizione per la Pubblica Amministrazione, ci soffermiamo a riflettere sulla spending rewiew introdotta in ambito sanitario e come il concetto di equità sociale sia andato sempre più lacerandosi trasversalmente non solo per le fasce deboli, ma per l’intera cittadinanza. In contesti di riduzione della spesa pubblica è sempre più evidente l’importanza di comprendere come sia possibile realizzare appieno quanto definitivo dal Patto di salute 2014-2016 e quali possano essere le azioni necessarie al fine di definire meccanismi di azione efficaci ed efficienti. Il presente contributo, di carattere prevalentemente teorico con alcuni cenni riferiti agli aspetti più prettamente metodologici, intende porre in evidenza quanto evidenziato art. 15 riguardante la Sanità Digitale ed il Piano di evoluzione dei flussi informativi del NSIS inclusi nel Patto di Salute ed al contributo che le nuove metodologie scaturite dal web 2.0 possono apportare non solo un maggior dettaglio programmatorio dell’art. 15, ma possano intervenire anche al soddisfacimento di quanto richiesto nelle politiche socio assistenziali (art. 6), in quelle territoriali (art. 5) ed in particolar modo nell’articolazione del macro obiettivo dell’articolo 1 riferito alla Determinazione del fabbisogno del Servizio Sanitario Nazionale e dei fabbisogni regionali, con ricadute dirette sui costi standard e di livelli essenziali di assistenza. Una particolare attenzione sarà data alla comprensione del contributo apportato a tale processo dalle politiche socio-sanitarie nate dal basso, dal movimento e dall’organizzazione dei cittadini, e come queste possano divenire momenti di riflessione politica e organizzativa per i diversi organismi chiamati ad operare nel Patto di Salute. Saranno altresì discussi alcuni studi di caso a titolo d’esempio come buone prassi da adottare per contribuire al passaggio da un welfare state ad un welfare mix, generativo inteso come comprensione dei fabbisogni del territorio attraverso la voce dei diversi stakeholder, dalle amministrazioni pubbliche, ai distretti socio-sanitari, fino alla cittadinanza attiva. Riferimenti bibliografici: 1. V. Agnoletti (2012), Verso l’autocura e l’automedicalizzazione. Una convergenza apparente, Milano, FrancoAngeli. 2. C. Cipolla, C. Corposanto, W. Tousijn (2006) (a cura di), I medici di medicina generale in Italia, Milano, FrancoAngeli. 3. A. Clarke, J.Shim (2011), Medicalization and BiomedicalizationRevisited: Technoscience and Transformations of Health, Illness and Biomedicine, in B.A. Pescosolido, et al, a cura di, Handbook of the Sociology of Healt, Illness and Healing, New York, Springer. 4. P.S. Cohen (1971), La teoria sociologica contemporanea, Bologna, il Mulino. 5. C. Corposanto (2004), Metodologia e tecniche non intrusive nella ricerca sociale, Milano, FrancoAngeli. 6. C. Corposanto (2011), Celiachia, malattia sociale, Milano, FrancoAngeli. 7. G. Giarelli (2010) (a cura di), Metodologie di ricerca comparata in Sociologia della salute e della medicina, in Salute e Società, Anno IX – Supplemento al n. 2/2010, Milano, Franco Angeli. 8. H.Hyman (1967), Disegno della ricerca e analisi sociologica, Padova, Marsilio. 9. R. Istepanian, S. Laxminarayan, C. Pattichis, a cura di (2006), M.Health: Emerging Mobile Health 25 Systems, New York, Springer. 10. A. Maturo (2012), Medicalization: CurrentConcept and Future Directionsin aBioic Society, Mens Sana Monogr, 10: 122-133. 11. E.Morozov (2013), To Save Everything, Click Here: Technology, Solutionism and the Urge To FixProblemsThatDon’tExist, London, Penguin. 12. G. Rovati (1988), La «survey»: un possibile passaggio dal micro al macro, in L. Bovone – G. Rovati (a cura di), Sociologie micro. Sociologie macro, Milano, Vita e Pensiero. 13. R. Sassatelli (2004), The Political Morality of Food, in M.A. Harvey, A. McMeekin e A. Warde (a cura di), Theoretical Approaches to Food Quality, Manchester, 26 SESSIONE 4: Cittadini e protagonisti di buone pratiche sociali per la salute Coordinatori: Davide Galesi, Walther Orsi Abstract n. 1 Titolo: Partecipazione e salute mentale: lavorare con le famiglie e le persone per una psichiatria partecipata Autrice e relatrice: Dr.ssa Silvia Clementi Affiliazione: Dottoranda in Sociologia, Organizzazioni e Culture presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Assistente sociale E-mail: [email protected] Introduzione: Alla luce della crisi economica che stiamo vivendo, emerge sempre più la necessità di un nuovo modello di welfare: quello relazionale. E’ questo un modello in grado di: dare un ruolo centrale alla comunità favorendo lo sviluppo delle iniziative bottomm-up; generare capitale sociale; prevedere che le politiche sostengano le iniziative emergenti dalla società civile. Un sistema di welfare relazionale definisce l’idea di una Pubblica Amministrazione che si occupi sia di governare il finanziamento delle prestazioni di aiuto che la società civile è pronta a erogare, sia di costruire condizioni favorevoli affinché le persone partecipino con il proprio contributo d’idee e di riflessione alla costruzione dei servizi e delle iniziative volte al miglioramento del benessere della popolazione. Obiettivi, materiali e metodi: Una buona prassi che vede i cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute è quella in fase di sperimentazione presso l’Asl Vallecamonica-Sebino in provincia di Brescia: il progetto E.P.E. (Esperti per Esperienza). Dal mese di aprile 2014 in Vallecamonica sono presenti all’interno del reparto di psichiatria, in affiancamento agli operatori, gli E.P.E., un gruppo di 5 familiari volontari che forniscono ascolto e supporto ad altri famigliari che si trovano a vivere la difficoltà del ricovero di un proprio congiunto all’interno del reparto di psichiatria. Risultati: Il progetto è nato circa due anni fa, dalla volontà di un gruppo di familiari. Sentivano il bisogno di avvicinarsi agli operatori e percepivano la necessità per loro, in quanto familiari di malati psichiatrici, di un supporto tra pari durante una fase particolarmente critica della vita familiare come quella del ricovero in un reparto di SPDC (servizio psichiatrico di diagnosi e cura). Questa innovativa modalità di aiuto può facilitare il fronteggiamento di un momento così delicato per i familiari e generare un sostegno reciproco tra persone accomunate da questa difficile esperienza di ricovero e può agevolare anche il rapporto con l’istituzione ospedaliera che generalmente, in un momento così difficile, viene vissuto in maniera negativa dai familiari. Questo progetto è a costo zero per l’Asl e i pochi costi sono a carico di un’associazione titolare del progetto. Conclusioni: Il progetto vuole mostrare che il sistema di welfare non ha costi eccessivi perché se si utilizzano le risorse naturalmente presenti nella società è possibile promuovere un welfare sostenibile. Riferimenti bibliografici: 1. Barnes M. (2012), Care in everyday life. An ethic of care in practice, Bristol, Policy. 2. Folgheraiter F. (2007), Quale partecipazione? Il sociale della psichiatria, in “Lavoro sociale” Vol. 7 n. 2 settembre 2007 pp. 185-195. Abstract n. 2 Titolo: Il Terzo settore come laboratorio per sviluppare nuovi modelli di comunità nell’ambito sociale e sanitario. Autrice e relatrice: Sandra Gallerini Affiliazione: Responsabile Ricerca CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana) 27 E-mail: [email protected], [email protected] Introduzione: Nell’ultimo decennio il Terzo settore ha assunto un ruolo importante nella definizione e attuazione delle politiche sociali e sanitarie. La crisi dello stato assistenziale ha comportato, in molti paesi, l’emergere di nuove forme di welfare (welfare mix). Nel nostro caso emerge un ri-orientamento vocazionale nell’ambito socio-sanitario in particolare rivolto ai soggetti più deboli e vulnerabili. In particolare nel volontariato, sembra emergere un modello organizzativo c.d. “inedito”, in grado di essere innovativo, propenso alla cooperazione, con ampio bacino di risorse umane, con metodi fondati sul problemsolving, con alta specializzazione in termini di competenze e conoscenze, con l’idea di gratuità che si combina con quella di reciprocità. Tende ad affermarsi un sistema territoriale di advocacyche valorizza e promuove un nuovo ruolo del volontariato, che non si concentrerebbe solo sulla risoluzione delle emergenze, ma svolgerebbe un più ambizioso ruolo di trasformazione della società. Risultati: Una delle tendenze a cui il Terzo settore guarda come sfida è un nuovo rapporto con le istituzioni per rinnovare il proprio ruolo nella fase programmatoria e decisionale, con l’intento di dar vita ad un welfare di partecipazione civica, che valorizzi la sussidiarietà verticale ed orizzontale (ad esempio, “amministrazione condivisa”, patti di sussidiarietà, forme di welfare rigenerativo). In questo contesto il volontariato ed il Terzo settore si assumono la responsabilità di farsi portatori/costruttori di beni/interessi “generali” in un processo partecipativo. Sono particolarmente interessanti quelle esperienze locali in cui le associazioni di volontariato sono sede e strumento di partecipazione civica, oltre che di esercizio di solidarietà intergenerazionale, promuovendo reti territoriali in cui il cittadino diventa “attore” sociale. Sono elementi presenti anche nel Piano Sanitario e Sociale Integrato 2012-2015 della Regione Toscana, in cui si introduce il concetto di “sociale di iniziativa” per identificare iniziative “capaci di prevenire stati gravi di bisogni sociali, sociosanitari e sanitari” anche attraverso “la costruzione e il potenziamento di un volontariato facilitatore di corretti stili di vita”. Conclusioni: Partecipazione civica, apprendimento permanente, accessibilità, mobilità e promozione di stili di vita sono priorità che le nostre associazioni pongono all’attenzione degli interlocutori istituzionali per promuovere politiche più efficaci a servizio della persona. Riferimenti bibliografici: 1. Il volontariato inatteso, Cesvot, “I Quaderni”, n° 60, dicembre 2012; 2. Volontariato e invecchiamento attivo, “I Quaderni”, n° 65, 2013; 3. Crisi economica e vulnerabilità sociale, Cesvot, “I Quaderni”, n° 66, 2013; 4. Volontariato e advocacy in Toscana, Cesvot, “I Quaderni”, n° 68, aprile 2014; 5. Il profilo sociale regionale anno 2014. Analisi della situazione sociale in Toscana, Osservatorio Sociale Regionale, 2014; 6. Piano Sanitario e Sociale Integrato 2012-2015 della Regione Toscana. Abstract n. 3 Titolo: Capitale sociale e capitale civico: la nascita e la costruzione della Rete civica della Salute in Sicilia Autore e relatore: Marco Ciziceno Affiliazione: Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche (SEAS) E-mail: [email protected] Introduzione: Il presente lavoro si pone l’obiettivo di contestualizzare il valore del capitale sociale nella costruzione di reti formali ed informali che operano a tutela e salvaguardia dei diritti degli utenti nel settore sanitario e assistenziale. A partire da un framework teorico in cui trovano posto le diverse posizioni sul concetto di rete e di capitale sociale riconducibili alle riflessioni di Mark Granovetter (1973, 1985), Pierre Bourdieu (1980,1986) 28 e James Coleman (1988, 1990), si prova a comprendere quale contributo può offrire la sociologia della salute nello sviluppo dei processi di advocacy finalizzati a orientare le scelte di salute pubblica e di politica sanitaria a livello locale. Materiali e metodi: Il caso studio presentato racconta dell’esperienza che ha portato alla costruzione della Rete civica della Salute in Sicilia, nata con l’intento di favorire la crescita di voice delle organizzazioni di volontariato a tutela degli utenti del settore socio-sanitario e delle associazioni rappresentative degli operatori della sanità, attraverso la costruzione di reti lunghe, aperte, plurali e connesse. Punto di forza della Rete civica della salute è il principio secondo il quale il cittadino si colloca al centro del Sistema Sanitario Regionale divenendone elemento distintivo e qualificante, nonché partner, assieme alle figure istituzionalmente preposte, del processo di pianificazione e valutazione dell’offerta di salute. Risultati: In linea con il pensiero espresso da Putnam (1993) che nel suo studio sul Mezzogiorno individua una correlazione positiva tra la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica e l’efficienza delle istituzioni amministrative regionali, si valutano gli interventi promossi dagli organi di partecipazione civica in seno alle Aziende Sanitarie siciliane (cfr. Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie della Regione Siciliana), e l’impatto del loro operato nel miglioramento della funzionalità dei servizi aziendali e più in generale nella qualità delle cure prestate. Conclusioni: Nella parte finale del lavoro si focalizza sull’importanza dello sviluppo di modelli (anche informatici) per la diffusione di buone pratiche e lo scambio di materiale grigio tra organizzazioni cittadine e reti civiche che operano nel sociale; ambito sin ora poco studiato e perlopiù frutto di spontaneità locali o di attività di self-promotion svolte dagli stessi gruppi di individui. Riferimenti bibliografici: 1. De Blasio G.; Sestito P. (a cura di) (2011), Il capitale sociale. Che cos’è e cosa spiega. Donzelli Editore, Roma 2. La Spina A. e Lo Verde F. (a cura di) (2007), La valutazione nelle organizzazioni di volontariato, Cesvop, Palermo 3. Moro G., L'attivismo civico e le pratiche di cittadinanza, workingpaper n. 9/2010, Convegno SISP 16-18 settembre 2010, Venezia 4. Pappalardo S., Intilla G., Ciziceno M. (a cura di) (2014), I Comitati Consultivi delle Aziende Sanitarie Siciliane: opportunità e sviluppi, Formez PA – POAT Salute, Roma (http://www.formez-poatsalute.it/wpcontent/uploads/2014/11/REPORT_CCA.pdf) 5. Sabatini F. (2004), Il concetto di capitale sociale nelle scienze sociali. Una rassegna della letteratura economica, sociologica e politologica, in “Studi e note di economia” n.2/2004, pp. 91-123 Abstract n. 4 Titolo: E’ veramente tutelato l’interesse del minore? Autrice e relatrice:Maria Grazia De Vivo Affiliazione: Libera Professionista E-mail: [email protected], [email protected] Introduzione: Il progetto “è veramente tutelato l’interesse del minore?” si pone come riflessione e spunto di riflessione a tutti gli operatori del settore socio-sanitario che operano con i minori e con le rispettive famiglie. Nelle situazioni in cui il comportamento di un adulto si configura come un reato procedibile d’ufficio (grave maltrattamento, abuso sessuale, ecc.) i Pubblici Ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio sono tenuti alla denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale Ordinario nonché a segnalare la situazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni per i necessari provvedimenti di tutela. L’effetto della denuncia è, innanzitutto, quello di avviare il procedimento penale di accertamento della responsabilità dell’autore del reato. I servizi 29 una volta sporti denuncia non sono autorizzati a dirlo alla famiglia, per non inquinare le prove di colpevolezza dell’imputato. Materiali e metodi: Il caso che vi voglio sottoporre è molto particolare: • all’epoca dei fatti la bimba aveva sette anni e frequentava la prima elementare. Le maestre notano, sin da subito, delle difficoltà di apprendimento ed iperattività, così convocano la madre e le consigliano di sottoporre la minore ad una visita psicologica. La diagnosi è: “disturbo dell’attaccamento eccessivo comportamentale oppositivo – provocatorio. Comportamento ossessivo – compulsivo”. Viene presa in carico da un polo riabilitativo del territorio dove effettuava logopedia e neuro-psicomotricità; • Dopo qualche mese vi è la “richiesta di indagine urgente per sospetto abuso sessuale sulla minore” da parte della neuro-psicomotricista. Il caso viene segnalato alla: Procura della Repubblica del Tribunale; Procura della Repubblica del Tribunale dei Minori e al Giudice Tutelare del Tribunale. La psicomotricista afferma che dopo un iniziale chiusura e difficoltà di affidamento, durante gli ultimi incontri, episodi che riproducono scene sessuali di cui lei protagonista l’hanno spinta a parlare all’équipe. La frase indiziata è la seguente: “tu fai il fidanzato ed io la fidanzata....adesso ti faccio vedere cosa faccio con papà”, quindi si spogliava e chiedeva di farsi toccare nelle parti intime, dicendo: “Papà mette oggetti...” e chiedeva ancora di farsi baciare riferendo: “come fanno nei CD che mette papà”.... Da questa frase parte subito la segnalazione ai Carabinieri ed i genitori dopo alcune settimane si vedono presentare un avviso di convocazione presso la Procura della Repubblica del Tribunale e da qui ha inizio tutto l’iter processuale che viene diviso in due, da una parte il processo penale con l’accusa di abuso del padre sulla figlia e dall’altra il processo civile dove la madre si costituisce parte civile. Risultati: La “buona pratica” ci viene offerta dal comportamento virtuoso del padre che volontariamente decide di abbandona la casa per evitare l’allontanamento della figlia e l’eventuale “presa in carico” con l’entrata in una casa famiglia. Alla fine fine accertamento medico-legale ginecologico non fornisce riscontro all’ipotesi di rapporti sessuali completi, quindi, esclude che la bambina abbia avuto rapporti sessuali completi con il padre. Da qui, mi nascono tutta una serie di interrogativi ed obiettivi da perseguire: “Se il padre non avesse “abbandonato volontariamente” l’abitazione cosa sarebbe successo? Quali sono le soluzioni più adatte ad un minore? La soluzione non dovrebbe essere il bene del bambino, ma toglierlo ai genitori è veramente tutelare il suo benessere? Questo esempio di buona pratica è importante per riflettere sulle criticità del sistema sociosanitario e capire come modificarlo. I servizi socio-sanitari svolgono, quindi, un ruolo fondamentale, quello della “presa in carico” e della “cura” e proprio in funzione di questi principi cardini qualora si sospetti di un “atto lesivo nei confronti di un minore” vanno avvisate le autorità preposte. Il progetto “è veramente tutelato l’interesse del minore?” mira a coinvolgere gli operatori sociosanitari, consultori familiari e case famiglia. Infatti, tra i compiti primari dei servizi sociali e sociosanitari in tema di protezione del minorenne vanno ricordati: “la prevenzione ed il sostegno dei soggetti che si trovano in situazioni di “disagio personale e familiare” o di “rischio e pericolo”, ivi compreso il soccorso immediato ex art. 403 c.c., con collocamento in luogo sicuro in attesa di provvedimenti dell’autorità giudiziaria”[1]. In passato, accadeva che giustizia e servizi sociali, ponendosi come compartecipi di un unico sistema di “tutela – protezione”, condividessero opinioni e decisioni in una circolarità autoreferenziale per la quale l’operatore segnala al giudice il caso sul quale poi sarà da questi incaricato di effettuare accertamenti ed esegue, sempre, su ordine del giudice, quanto gli aveva implicitamente richiesto. La maggior parte dei provvedimenti c.d. a “tutela” di un minore trae origine da segnalazioni da parte dei servizi relativi all’esistenza di un possibile pregiudizio a danno di un minore. Si pongono, tuttavia, problemi di metodo, nello sforzo di ricercare criteri guida, di valutazione, di quella moltitudine di condizioni pregiudizievoli e dannose per il minore che comprendono il maltrattamento, l’abuso (fisico, sessuale, psicologico) e la trascuratezza, sino 30 all’abbandono morale e/o materiale. Il problema che si pone riguarda l’assunzione di limiti a partire dai quali risulti lecito segnalare all’autorità giudiziaria le situazioni veramente critiche, senza correre il rischio di produrre indebite interferenze nella sfera di privatezza delle relazioni familiari violando l’art. 16 della Convenzione di New York, l’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo e la Convenzione di Strasburgo. In concreto, il progetto prevede che la segnalazione può rendersi opportuna a partire da: • una diagnosi di rilevante alterazione dei rapporti familiari con ricadute (attuali e verificabili) sulla salute psicofisica dei figli; • un rifiuto immotivato o una immotivata vanificazione degli interventi diagnostici, di cura e di sostegno del minore d’età o della sua famiglia con acquisizione di concrete notizie di un pericolo per il minore stesso. È sempre auspicabile che la segnalazione “facoltativa” all’autorità giudiziaria avvenga come ultima istanza, dopo aver praticato ogni possibile percorso di mediazione dei conflitti per evitare il coinvolgimento giudiziario del minore d’età (ai sensi dell’art. 13 della Convenzione di Strasburgo). Tuttavia, il ventaglio delle opzioni è sempre molto ampio e le scelte al riguardo sono inevitabilmente influenzate dai personali orientamenti di chi effettua la segnalazione, dai suoi riferimenti culturali, ed a volte da scelte ideologiche. Può capitare, che l’operatore sociosanitario coinvolto nel caso sia fortemente condizionato da precise indicazioni da parte dell’autorità giudiziaria (la procura minorile o, talvolta, la procura presso il tribunale ordinario), con il rischio di reprimende o addirittura di denuncia per omissione di atti d’ufficio. Gli obiettivi del progetto rispondono ad un criterio generale di “efficacia” e di “sussidiarietà” poiché la presentazione di un ricorso da parte del pubblico ministero appare giustificata allorquando non vi siano altri soggetti privati (legittimati in forza di un diritto relazionale di cui siano titolari, o dal ruolo tutelare di cui siano investiti) in condizione di valutare adeguatamente l’interesse del minore. Le scienze psicologiche, pedagogiche e sociali forniscono una conoscenza per eccesso dell’infanzia, delle tappe teoriche di sviluppo, dei bisogni veri o presunti del bambino e degli interventi terapeutici più efficaci. Se da un lato non si può negare il valore di questi contributi scientifici, dall’altro diviene doveroso non sottovalutare il rischio di un rafforzamento di un’arroganza educativa del mondo adulto. Per alcune situazioni bisogna porre un attenzione particolare. In primo luogo, quelle scelte operate dai servizi, in cui la presa in carico di un bambino a rischio psicosociale e della sua famiglia si traduce in prescrizioni di carattere trattamentale su decreto del giudice (soprattutto quello minorile), che comprendono psicoterapie individuali (rivolte al bambino, ad un genitore), terapie ambientali o di coppia (rivolte al sistema familiare), sino ad interventi psicosociali complessi che coinvolgono l’affidamento del bambino e la sua eventuale collocazione intra od extrafamiliare1. Si tratta di interventi nei quali bisogna spesso distinguere tra principio di beneficità e principio di legalità, tra paternalismo sostanziale e paternalismo funzionale, coniugare la necessità di una protezione con il rispetto dei diritti individuali e relazionali dei soggetti coinvolti. Togliere i figli ai genitori è: • disumano; • gravissimo errore pedagogico, psicologico e sociologico; • controproducente; • costoso; • una onnipotenza pericolosa in mano a giudici, assistenti sociali e psicologi. All’interno del progetto“è veramente tutelato l’interesse del minore?” si tiene conto soprattutto l’interesse del minore, quindi, chi toglie un figlio a uno o entrambi i genitori non conosce o non si interessa di fattori importantissimi della psiche di un bambino, infatti, bisognerebbe tener conto: 1 Camerini e Sergio (2013, p. 40) 31 • un bambino che viene maltrattato fisicamente e psicologicamente o un bambino che viene abusato da un genitore è un bambino gravemente traumatizzato, purtroppo però, toglierlo ai genitori provoca un trauma molto più grande, paragonabile solo al lutto della perdita di uno o entrambi i genitori. Tranne che in casi davvero gravissimi in cui la vita del bambino è in serio pericolo, questi non andrebbero mai tolti ai genitori; • il 90% (e più) di bambini che sono nelle case famiglia, anche quelli che hanno subito gravi maltrattamenti o abusi, desidera tornare dai propri genitori, si possono escludere solo quei casi di genitori che, oltre ad essere violenti, incutono terrore. Il giudice deve accertare, per la dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà genitoriale sui figli, che le condotte da essi tenute siano lesive dei diritti fondamentali della persona (salute, educazione, ecc.), sia sotto il profilo delle cure materiali che morali. L’essere tolti ai genitori per i bambini è paragonabile ad un grave lutto, è più traumatico dell’amputazione di un arto, nessun trauma è più forte dell’allontanamento dai genitori. Anche nei casi più complessi e gravi i figli non dovrebbero essere tolti ai genitori. E qualora si evincesse l’assoluta necessità di allontanarlo dalla famiglia per motivi gravissimi come il pericolo di vita, il bambino non dovrebbe andare ad arricchire le case famiglie, ma portato in un ambiente più familiare come dai nonni o zii, persone vicine al bambino, e sotto la stretta sorveglianza di un tutor. Il progetto si presuppone di far comprendere gli svantaggi connessi ad una concezione “estensiva” della segnalazione all’autorità giudiziaria nelle situazioni di presunto abuso e maltrattamento ed i danni iatrogeni a carico di un minore: 4 • un sovraccarico di protezione da parte dei servizi; • l’inibizione del self-referral da parte di genitori e bambini per timore della perdita di controllo; • le interviste ripetute alle presunte vittime, specie se effettuate da intervistatori diversi; • gli allontanamenti dall’ambiente familiare producono nel minore senso di colpa e di responsabilità; • il rischio di favorire risposte reattive piuttosto che proattive, il che impedisce la possibilità di sviluppare sistemi di supporto; • il fatto che le risorse siano assorbite dalla necessità di indagare a svantaggio dell’intervento. Sono queste le ragioni per le quali, nel corso degli ultimi anni, da più parti è stato auspicato un “filtro” critico per le segnalazioni e la necessità di una “segnalazione qualificata” compiuta dopo una valutazione approfondita e ponderata del rischio psicosociale. Ma tale valutazione va comunque effettuata sulla base delle necessarie e sufficienti “evidenze” che autorizzano a ritenere fondamentale che sussista una condizione di pregiudizio, ovvero di danno o di rischio di danno per un minore. Conclusioni: L’evoluzione del sistema giustizia in tema di tutela giurisdizionale dei diritti umani (es. diritto alla salute) e relazionali della persona si lega alla necessità di individuare diversi modelli di interazione tra tribunale e servizi sociosanitari. È necessario prevenire, coerentemente con le indicazioni che provengono dalla legislazione vigente e dalle principali Convenzioni internazionali, ad una più precisa separazione dei ruoli e delle funzioni, attribuendo e riconoscendo ai servizi il ruolo di “relazione d’aiuto”. Ciò consente alle stesse famiglie di rivolgervi agli operatori con maggior fiducia, quindi, le “buone prassi” che gli operatori dovrebbero tener conto per evitare altri casi, sono: • la funzione di controllo non può coesistere con quella di sostegno; • gli interventi di cura e di sostegno da parte dei servizi si dovrebbero attuare sotto l’egida del consenso informato e non devono essere coattivi; • ogni operatore è soggetto al segreto professionale ed alla tutela della privacy; • le segnalazioni alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni o presso il tribunale ordinario, dovrebbero essere effettuate non da parte del singolo operatore 32 esercitante la funzione di pubblico ufficiale, ma a seguito di una più completa ed attenta valutazione collegiale da parte del servizio competente. Il paradigma del “superiore interesse del minore” menzionato dall’art. 3, co. 1 della Conv. N.Y. concerne il criterio di selezione tra le varie decisioni possibili che “le istituzioni pubbliche o private” possono adottare, ciascuno nell’ambito e secondo le proprie competenze. In conclusione, alla luce del principio di beneficità le valutazioni riguardanti le situazioni di pregiudizio, o di rischio di pregiudizio, possiedono intrinsecamente una notevole complessità; si tratta: • stabilire il grado di “efficienza lesiva”, ovvero di carica patogena, degli eventi stressanti e delle condizioni di vita riguardanti il minore “a rischio”; • valutare il peso dei fattori di rischio e dei fattori protettivi individuali, familiari e sociali; • esaminare le capacità di adattamento e le doti di resilience del minore; • indagare i nessi di causa che legano le reazioni adattive osservate nel minore e le condizioni socio ambientali in cui vive. “Sostegno” ed “accoglienza”, quindi, devono divenire i concetti chiave per i servizi sociosanitari, per la buona riuscita della presa in carico del minore e della sua famiglia. Riferimenti Bibliografici: G. B. Camerini, G. Sergio, Servizi sociosanitari e giustizia. Protezione e cura dei soggetti deboli e tutela dei diritti della persona, Dogana (San Marino), Maggioli Editore, 2013, p. 21 Abstract n. 5 Titolo: Processi partecipativi/inclusivi per integrare servizi socio-sanitari e servizi per le politiche attive del lavoro e del Long-life Learning Autore e relatore: Simone Cerrina Feroni E-mail: [email protected] “Oggi una parola chiave dei nostri pazienti è lavoro. I pazienti parlano in modo angosciato del fatto che non c'è più lavoro [..] lavoro diventa la parola chiave per rifondare la parola desiderio. Si capisce allora che c'è stato uno spostamento radicale rispetto agli anni Settanta dove il desiderio era un'alternativa al lavoro, mentre oggi il lavoro è la possibilità di dare un senso al desiderio” (Recalcati, 2013) Introduzione: Il “disagio della precarietà” (unsecuritye unsafety) può declinare il lavoro come profondo disagio psico-sociale: disoccupazione, malaoccupazione, “incompetenza”, burnout generano malessere, malattia e esclusione sociale (e viceversa). In un certo senso il tema delle sicurezza/salute transita dai “posti” di lavoro alle vite intere al lavoro, comprensivo di attività “life-friendly”, un tempo considerate extralavorative. Invece servizi per la salute/benessere (individuale, gruppale e territoriale) e servizi per la Formazione e Lavoro sono mondi separati: non esistono ad esempio “Società dei lavori” o “Azienda di Occupazione e Sviluppo Locale” analoghe alle Società della Salute o alle ASL. Risultati: I piani di zona e i processi partecipativi in campo socio-sanitario, inclusivi di civicness, imprese e formazioni sociali, sono community informali e temporanei di social innovation, dove creare nuova solidarietà di cittadinanza. Spazi di ricerca-azione di “scioglimento” delle culture e di socializzazione e co-ricostruzione di vocabolari e modelli condivisi. La loro estensione ai temi delle politiche per il lavoro e la formazione (ad esempio sul tema della buona occupazione dei social workers e delle organizzazioni socio-sanitarie in senso lato, anche volontarie, oppure sul tema del sostegno sociosanitario a disoccupati o mobbizzati, oltre l'employability) è una leva per integrare: ● saperi, pratiche e soluzioni ● valutazione e elaborazione di policy ● nuova programmazione e nuovi servizi di prevenzione 33 ● welfare di società Conclusioni: I processi partecipativi sono anche occasioni per ispessire beni relazionali, “scambiare doni” di apprendimento laterale e riflessivo, e anche prove tecniche di sottoreti tematiche su segmenti della Qualità della Vita. Analizzeremo anche le resistenze, nelle PA e nel Terzo Settore, a riorganizzare funzioni e ruoli pubblici, destrutturando e ricostruendo competenze pluriprofessionali intorno ai circuiti virtuosi (buonessere, vita buona, degna, vitale, socialmente responsabile) e “viziosi” (mala-vita, malessere, vita indegna e irresponsabile). L’obiettivo sono servizi di cura integrati coi flussi, spazitempi e modi di vita degli utenti, centrati su fiducia, riconoscimento e attenzione. Driver di questo empowerment e committment reciproco, e avanzato, proprio la partecipazione dei cittadini, non solo degli utenti quindi, ai processi partecipativi sopra delineati. Riferimenti Bibliografici 1. A.A.V.V (2012) : Costruire partecipazione al tempo della vulnerabilità, Supplemento monografico di Animazione Sociale n. 259 2. Mannarini T. (2004): Comunità e partecipazione. Prospettive Psicosociali , F. Angeli 3. Cerrina Feroni S. 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La comunicazione, che diviene parte integrante dell’azione amministrativa con la legge 150/2000, è costituita da una comunicazione interna e una comunicazione esterna, che rappresentano momenti differenti della stessa funzione di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni. Affinché il cittadino risulti essere davvero protagonista di buone pratiche sociali, in questo caso per la salute, bisogna adottare leve strategiche a partire dall’istituzione stessa. In questo contesto si afferma la centralità della comunicazione interna da cui dipende una comunicazione esterna efficiente ed efficace. Si afferma così a partire dagli anni novanta il “modello bidirezionale” della comunicazione in cui la dimensione del cittadino viene rivalutata e riconosciuta. La domanda di ricerca intorno alla quale è stato articolato questo lavoro è la seguente: “ quanto la realtà delle organizzazioni sanitarie rispecchia e rispetta il disegno teorico previsto dalla normativa? Mi sono posta due obiettivi: valutare quanto lo specifico assetto organizzativo delle strutture sanitarie incidesse sull’efficacia di implementazione dei dettami normativi relativi alle attività di comunicazione e individuare quali fattori organizzativi delle strutture sanitarie favoriscano una comunicazione interna più efficace e quali ne costituiscono un ostacolo. Materiali e metodi: Ho scelto come campo d’indagine l’azienda Sanitaria Locale di Frosinone, scegliendo l’URP come struttura di riferimento. Attraverso delle interviste sono andata ad approfondire l’analisi sulla comunicazione interna su due aree di riferimento: l’URP dell’ASL di Frosinone e l’URP del P.O. di Cassino. Risultati e conclusioni: Scopo delle mie interviste è stato quello di verificare il livello di adeguamento della ASL di Frosinone alla normativa sulla comunicazione istituzionale, approfondendo poi le diverse scelte strategiche operate nella sede centrale e in quella distaccata e le eventuali sinergie. E’ emerso che non è sufficiente la spinta normativa e neppure l’innovazione tecnologica a garantire la diffusione di pratiche comunicative verso l’utenza ma che a giocare un ruolo rilevante sono variabili più prettamente organizzative. Riferimenti bibliografici: 1. Invernizzi E.,(1996), La comunicazione organizzativa nel governo dell’impresa, Giuffrè, Editore Milano 2. Mancini P. (2003), Manuale di comunicazione pubblica, Laterza Roma 3. Rovinetti A., (2010), Comunicazione pubblica. Sapere & Fare, il Sole 24ore Milano 35 Abstract n. 7 Titolo: L’educazione allo sport come prevenzione e promozione di buone pratiche sociali. La proposta innovativa del Judo inteso come cultura fisica e mentale. Autore e relatore: Giuseppe Tribuzio Affiliazione: Dottorando di Ricerca Università degli studi di Bari E-mail: [email protected] Mob: 339-1246337 Introduzione: La costruzione della salute non può prescindere dallo stile di vita della persona, che come Giano bifronte ha due aspetti salienti: quello autodiretto che richiama in causa la determinazione dell’individuo ad operare scelte può opportune grazie alle conoscenze acquisite e quello etero diretto che è tipico di chi tende a seguire i comportamenti modali. Analisi: La pratica dello sport è sicuramente una buona pratica che aiuta a prevenire l’insorgenza di numerose patologie, che se cronicizzate diventano un costo esoso per il sistema di welfare sempre più attento alle minori risorse disponibili. Nel mondo classico ellenico gli insegnanti di ginnastica godevano di una migliore reputazione e ricevevano più riconoscimenti dei medici, in quanto si era convinti che l’attività ginnica contribuisse a mantenere un ottimo stato di salute e d efficienza fisica, laddove i medici intervenivano solo quando la malattia era ormai apparsa. Oggi sappiamo, però, che l’affermazione di Giovenale “Mens sana in corpore sano” non sempre è valida, perché lo sport estremizzato dei campioni non sempre propone un modello di sviluppo armonioso tra corpo e mente. L’agonismo esasperato non promuove salute ma logoramento del fisico che stressato fino al limite del possibile diventa uno strumento per raggiungere il soddisfacimento di ben altri obiettivi. Conclusioni: La proposta effettuata dal Judo, sia come sport che come disciplina educativa nel suo complesso riesce ad essere un modello educativo per giovani e adulti, in quanto promuove uno stato di benessere non finalizzato al raggiungimento dei propri fini egoistici, ma per essere utili al resto della società, contribuendo alla sua migliore espressione attraverso l’affermazione di valori quali: il rispetto, il senso del dovere, la solidarietà, la comprensione. Dal punto di vista strettamente individuale e personale la pratica del Judo contribuisce alla crescita dell’autostima e sicurezza, nonché all’autocontrollo in situazioni dove il coinvolgimento emotivo e particolarmente accentuato, diventando così un buon antidoto contro gli stati ansiosi che spesso inibiscono normali attività relazionali. La proposta riguarda un corso di Judo rivolto a genitori e figli residenti in aree metropolitane particolarmente deprivate. 36 SESSIONE 5: Salute e genere: il contributo della sociologia all’approccio multidisciplinare Coordinatori: Stefano Taddei, Lia Lombardi Abstract n. 1 Titolo: Stress, strategie di coping e disturbi del sonno: differenze di genere in una popolazione ipertesa e relazione con il controllo pressorio. Autori: Rosa Maria Bruno (*), L. Ghiadoni (°), M. Mauri (°), S. Cervia (^), S. Taddei (°), R. Biancheri (^), L. Palagini (°). Affiliazioni: (*) Istituto di Fisiologia Clinica – CNR, Pisa, Italy; (°)Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Italy; (^)Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Pisa, Italy Relatrice: Rosa Maria Bruno Researcher, MD, PhD Institute of Clinical Physiology – CNR Via Moruzzi 1, 56125 Pisa (Italy) - tel +39 050 3152377 - fax +39 050 3152355 E-mail: [email protected] Obiettivo: Evidenze scientifiche suggeriscono che lo stress cronico e le strategie di coping messe in atto per contrastarlo, come pure i disturbi del sonno, possano influenzare la salute cardiovascolare in maniera diversa in base al genere. Pertanto questa indagine trasversale ha valutato l’impatto di questi fattori sul controllo pressorio in una popolazione di pazienti ipertesi afferenti per la prima visita presso il Centro Ipertensione . Metodi: Sono stati arruolati 330 pazienti (uomini 51%, età media 57±13 anni, 84% in terapia antiipertensiva, pregressi eventi cardiovascolari 9%, diabete 7%, obesità 24%, fumo di sigaretta 13%, ipercolesterolemia 67%). Durante la visita sono stati raccolte l’anamnesi e la pressione arteriosa (PA) clinica e sono stati somministrati i seguenti questionari: Perceived Stress Scale (PSS), Brief-COPE, Pittsburgh SleepQuality Index (PSQI), Beck Depression Inventory (BDI) e State-Trait Anxiety Inventory (STAY-Y2). Risultati: Nella popolazione studiata le donne presentavano un’età più elevata, un indice di massa corporea (BMI) minore e valori minori di PA rispetto agli uomini. La qualità del sonno (PSQI) era simile in uomini e donne, mentre le donne presentavano livelli più elevati di sintomi depressivi (BDI) e ansia di tratto (STAI-Y2).Inoltre le donne presentavano livelli simili di stress percepito (PSS), ma un maggior uso di strategie di coping del tipo emotionfocusede disfunzionale. Negli uomini, l’analisi di regressione multipla ha dimostrato che solo il diabete (β 12.9, p=0.04), il numero di farmaci antiipertensivi (β -3.39, p=0.05) e il punteggio di coping disfunzionale (β 0.91, p=0.03)erano associati in modo significativo alla PA sistolica. Al contrario nelle donne solo il diabete (p=0.049) era associato in maniera diretta con la PA sistolica. La presenza di cattiva qualità del sonno era associata alla presenza di ipertensione resistente nelle donne ma non negli uomini , anche dopo correzione per comorbidità cardiovascolari e psichiatriche (OR 5.3, Cl 1.1-27.6). Al contrario negli uomini età diabete e obesità erano le uniche variabili associate a ipertensione arteriosa resistente. Conclusioni: Indipendentemente dal livello di stress cronico, l’utilizzo di strategie maladattative di copingè correlato ad un peggiore controllo dei valori pressori negli uomini ma non nelle donne. Al contrario nelle donne la cattiva qualità del sonno è associata in modo indipendente alla presenza di ipertensione arteriosa resistente. 37 Abstract n. 2 Titolo: Studio sulla relazione fra autoefficacia percepita e fattori di rischio in giovani studenti della provincia di Ferrara Autori: Cristina Sorio (sociologa), Ilaria Vaccari (psicologa) Affiliazioni: Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, 0532 233718 Relatrice: Cristina Sorio E-mail: [email protected] Introduzione: Lo studio tende ad offrire un quadro generale sugli stili di vita e i comportamenti a rischio degli adolescenti a partire dal costrutto di autoefficacia, che assume un carattere operativo e predittivo tanto più è specifico e connotato relativamente a un determinato ambito di azione, compito o al comportamento a cui si applica. L’importanza di riconoscere e regolare le emozioni e di gestire efficacemente le relazioni interpersonali come presupposto per uno sviluppo adattivo, è stato concettualizzato nel modello dell’influenza delle convinzioni di autoefficacia sulle disposizioni e sulle prestazioni in adolescenza (Caprara, Scabini et al. Autoefficacia emotiva e interpersonale e buon funzionamento sociale, Giornale Italiano di Psicologia, 17, 1999). Materiali e metodi: Sono stati analizzati i 4 sistemi in reciproca interazione appositamente predisposti per raccogliere in modo preciso e puntuale le informazioni sull’autoefficacia emotiva, interpersonale, sull’ambiente sociale e dei comportamenti a rischio, mettendo in rilievo l’influenza delle differenze di genere. Lo studio ha interessato un campione di 878 studenti (50,3% maschi; 49,7% femmine) frequentanti 11 scuole distribuite su tutto il territorio della provincia di Ferrara. Si tratta di ragazzi nati tra il 1990 e il 1999, prevalentemente con un’età compresa fra i 13 e i 21 anni. Risultati: I dati sembrano confermare itinerari di sviluppo dell’autoefficacia personale distinti per genere associati ad aspetti differenti di vulnerabilità. Le ragazze manifestano con maggiore probabilità disagi interiorizzati, che rimandano alla difficoltà di gestire emozioni spiacevoli. Ma la più frequente tendenza prosociale a interagire con l’altro sviluppa azioni positive che le pone in una tendenziale distanza dai comportamenti a rischio. I ragazzi più efficaci nelle relazioni con i coetanei, sembrano percepirsi più competenti nel superare le frustrazioni, ma sono più in difficoltà nel mettersi nei panni degli altri, nel cogliere l’effetto delle proprie azioni e nel comprendere i sentimenti di paura. Gli alti valori assunti dall’autoefficacia sociale espressa dai maschi mette in luce una forte correlazione con la forza della dimensione relazionale nella propensione a correre rischi. Conclusioni: Lo studio assume rilevanza per lo sviluppo di programmi di promozione di stili di vita sani in un’ottica di prevenzione e di Spazi di Ascolto nelle scuole finalizzati al riconoscimento precoce del comportamento problematico per offrire interventi dedicati. Abstract n. 3 Titolo: Donne e malattie reumatiche: un racconto a più voci Autori: Anna Maria Rizzo, Marileda Vergori Affiliazione: Università del Salento Ricercatore confermato in Sociologia Generale, Professore Aggregato di “Metodi e Tecniche del Servizio Sociale”, “Politica Sociale” e “Ricerca Applicata al Servizio Sociale” Relatori: Anna Maria Rizzo Anna Maria Rizzo, PhD Ricercatore confermato in Sociologia Generale Professore Aggregato di 'Metodi e Tecniche del Servizio Sociale','Politica Sociale' e 'Ricerca Applicata al Servizio Sociale' 38 Affiliazione: DEPARTMENT of HISTORY, SOCIETY and HUMAN STUDIES University of Salento Via Stampacchia, 46 - 73100 Lecce cell. 347/5100081- studio 0039 0832 294640 E-mail: [email protected] Introduzione: L’interesse del presente paper si rivolge al rapporto tra le patologie invalidanti-reumatiche e il Servizio Sociale professionale. L’obiettivo di questo studio è quello di indagare, in un’ottica sistemica, l’esistenza di un dialogo tra le donne con patologia, il caregiver, l’assistente sociale e il medico di base. Materiali e metodi: Il tipo di ricerca impone, dunque, lo studio di “casi” da indagare e il ricorso a interviste biografiche/narrative. Sotto il profilo metodologico, lo studio dei casi rappresenta un approccio particolarmente indicato per l'approfondimento degli aspetti di carattere qualitativo. L’utilizzo dell’intervista biografica/narrativa analizza i momenti più significativi riferiti alla disease (aspetti biomedici della malattia), all’illness (percezione soggettiva della malattia da parte del paziente), e alla sickness (la malattia come è vissuta, riconosciuta e percepita dalla società). Risultati: Attraverso la prospettiva multidimensionale e bio-psicosociale, si ribadisce che la disabilità non è solo un problema di natura personale, dovuta ad una carenza di salute della persona. La disabilità comporta carenza di libertà di azione (agency), e di libertà di perseguire obiettivi e valori personali in quanto mancano le opportunità di vita e circostanze che facilitano l'azione. Si cercherà di rispondere ad alcuni quesiti: gli Stati nazionali, possono contrastare la comparsa della disabilità o fornire quelle opportunità di vita necessarie per l'esercizio delle facoltà umane, alle persone con disabilità? I determinanti sociali della salute sono correlati negativamente con la comparsa della disabilità? Tutto ciò, non potendo ignorare che gli aspetti psico-socio-relazionali, ancor oggi, vengono sottovalutati nelle pratiche di cura dei sistemi sanitari, nonostante l’ormai ampia letteratura e casistica, che documenta la stretta interrelazione tra cura e legami sociali significativi, guarigione e automotivazione, successo terapeutico e sostegno emotivo. Conclusioni: E' stato dimostrato come l'utilizzo di un approccio bio-psico-sociale sia indispensabile nelle valutazioni sociali che riguardano le persone con disabilità scaturita da patologia reumatica, per prendere in considerazione l'individuo nella sua interezza. Attraverso questa prospettiva è possibile risalire ai bisogni specifici delle persone. Riferimenti Bibliografici 1. Anmar, Associazione Nazionale Malati Reumatici (2008), Primo rapporto Censis sull’artrite reumatoide, Roma. 2. Biggeri M., Trani F., Bakhshi P. (2009), Le teorie della disabilità: una reinterpretazione attraverso l'approccio delle capability di Amartya Sen, Firenze, Dipartimento di scienze economiche – working paper series 2009; Working Paper N. 04. 3. Bissolo G. , Fazzi L. (2007), Costruire l’integrazione socio-sanitaria, Roma: Carocci. 4. Borgna P. (2005), Sociologia del corpo, Bari: Laterza. 5. Brizzi L., Cava F. (2003), L’integrazione socio-sanitaria. Il ruolo dell’assistente sociale, Roma: Carocci. 6. Cipolla C. (2004),Manuale di sociologia della salute. II Ricerca, Milano: Franco Angeli. 7. Cipriani R. (1987), La metodologia delle storie di vita. Dall’autobiografia alla life history, Roma: Euroma 8. Demetrio D. (1996), Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Milano: Raffaello Cortina Editore. 9. Good B. J. (2006), Narrare la malattia, Milano: Giulio Einaudi Editore 10. Gui L. (2004), Le sfide teoriche del servizio sociale. I fondamenti scientifici di una disciplina, Roma: Carocci. 11. Masini V. (2010), Medicina narrativa. Comunicazione empatica e interazione dinamica nella relazione medico-paziente, Milano: Franco Angeli,. 39 Abstract n. 4 Titolo: La costruzione della cura e welfare mediterraneo: l’esperienza delle donne migranti. Autrice e relatrice: Sabrina Garofalo Affiliazione: Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali - Unical Docente a contratto di Sociologia Generale - Università Magna Graecia di Catanzaro E-mail: [email protected] Introduzione: La proposta ha come oggetto la dimensione della cura e pone in relazione approcci e teorie con i risultati di una ricerca condotta in Sicilia sulle esperienze delle donne migranti impegnate nel lavoro di cura. Punto di partenza da un lato la definizione di donna migrante come esperienza biografica in viaggio (Campani 2000) e le migrazioni come “fatti politici totali” (Sayad 2002 ) e dall’altro la considerazione del modello definito “welfare mediterraneo” in cui la domanda di cura si inserisce in un contesto dialettico tra le sfere del pubblico (produzione) e quelle del privato (riproduzione). Analisi: La cura è stata messa a lavoro a partire dalla definizione di Laura Balbo (2008) per cui “nel lavoro di cura rientrano i modi nelle relazioni, le informazioni, le scelte, la gestione di procedure con le amministrazioni e le istituzioni, la disponibilità del tempo. Il lavoro di cura è quindi questo: interpretare e definire i bisogni di ciascuno; se ci si riesce, appagare i desideri”. Tale considerazione si inquadra nei processi di “riproduzione o decostruzione dei processi organizzativi del lavoro di cura nell’ambito delle relazioni patriarcali su scala globale” (Marchetti 2012) e implica un ingresso del mercato nella dimensione di prossimità/intimità. Tale prossimità si traduce concretamente in una relazione di cura tra corpi: un corpo debole e malato, da curare, un corpo migrante femminile attraversato da dinamiche di riconoscimento e riconoscimento negato (Siebert 2003). In base alla ricerca, tale relazione si costruisce in una prospettiva multidimensionale in cui rientra la medicalizzazione di una relazione “come prodotto del patriarcato che ha esercitato in modo indebito un controllo sociale sulla vita e sul corpo delle donne” (Corposanto 2015), una dimensione linguistica-comunicativa, e una decostruzione della malattia stessa in base alla prospettiva per cui “la salute e la malattia nei diversi contesti culturali implica considerare la malattia non come un evento che colpisce e riguarda unicamente il corpo degli individui, ma come un processo che riguarda anche la loro biografia la loro identità e le loro relazioni” (Colombo in Bucchi 2001). Conclusioni: La narrazione clinica diventa quindi narrazione della cura che permette di decostruire l’immaginario stesso legato alla salute e malattia, nonché di riproporre nuovi modelli di cura in scala transnazionale e di rinarrare i corpi delle donne attraverso l’esperienza della relazione di cura. Riferimenti bibliografici 1. Balbo L. (2008), Il Lavoro e la Cura, Torino:Einaudi. 2. Campani, G. (2000), Genere, Etnia e Classe, Firenze:Edizioni ETS. 3. Corposanto C (acura di)(2015), Nuove prospettive della sociologia della salute nella società digitale, Soveria Mannelli,(CZ):. Rubbettino. 4. Cipolla C. (acura di) (2014), Sociologia e salute di genere, Milano: Franco Angeli. 5. Colombo E. (2001), in Bucchi M., Neresini F., Sociologia della salute, Roma. Carocci. 6. Marchetti S.(2012), “Serva e padrona. Una casa per due” in S. Marchetti, J. M. H. Mascat, V.Perilli, Femministe a parole, Roma: Ediesse. 7. Sayad, A. (2002), La Doppia Assenza, Milano: Raffaello Cortina 8. Siebert, R. (2003), Il Razzismo. Il Riconoscimento Negato, Roma: Carocci. 40 Abstract n. 5 Titolo: Necessità di un approccio multidisciplinare nel valutare i rischi derivanti dalla “doppia presenza” delle donne Autori: Annalaura Carducci* e Elisa Caponi* Affiliazione: * Dipartimento di Biologia, Via San Zeno, n. 35-39,Pisa 56127 E-mail: [email protected] L’incremento dell’occupazione femminile e i cambiamenti sociali a cui sono state soggette le donne negli ultimi decenni, hanno portato alla luce la reale necessità di dover considerare la variabile “doppia presenza” nell’ambito di tutela della salute. La presenza della donna, sia in attività lavorative che in quelle domestiche, comporta nella maggior parte dei casi un sovraccarico di lavoro che spesso è facilmente correlabile con l’insorgenza di alcune patologie [8]. Infatti la “doppia presenza” espone le donne lavoratrici a fattori di rischio cumulativi o sinergici [5] rispetto a quelli prettamente occupazionali dovuti anche in maggior parte dei casi ad una non equa distribuzione uomo/donna dei carichi domestici e familiari [3,4]. Le donne spesso mostrano una maggiore dedizione al lavoro domestico e alla cura dei figli rispetto agli uomini, essendo, loro malgrado nella maggior parte dei casi, il principale riferimento per la rete informale di aiuto nelle famiglie [2]. La necessità di conciliare l’attività lavorativa con le esigenze di cura della casa e della famiglia rappresenta, in molti studi, un elemento che innalza il rischio di malattie, in particolare quelle muscoloscheletriche [1], cardiovascolari [6] e psichiche [7, 9, 10]. Quindi limitarsi a considerare i rischi soltanto basandosi sull’ambiente di lavoro “retribuito” può risultare insufficiente poiché è necessario completare il quadro delle esposizioni lavorative con il contributo derivante dall’analisi dei ruoli e delle attività nella sfera domestica. Tutto questo per individuare e valutare correttamente il rischio di sviluppare patologie lavorative negli uomini e nelle donne. In tale prospettiva, assume massima importanza poter coniugare i dati epidemiologici di insorgenza di malattie con quelli strettamente sociali per poter individuare i possibili fattori di rischio da tenere ben presente durante la valutazione e adottare così un approccio multidisciplinare per analizzare tutti i rischi derivanti dall’esposizione in ambito lavorativo e domestico. Attraverso questa analisi verranno illustrate le principali evidenze emerse nella letteratura scientifica di settore, avvalorando così, la necessità di considerare l’intero “contesto di vita” e i ruoli che entrambi i generi svolgono nella famiglia e sui luoghi di lavoro, per un’efficace tutela della salute e del benessere di tutti. Riferimenti bibliografici 1. Ahlgren C., Malmgren Olsson EB., Brulin C.(2012) - Gender analysis of musculoskeletal disorders and emotional exhaustion: interactive effects from physical and psychosocial work exposures and engagement in domestic work -Ergonomics. 2012; 55 (2):212-28. 2. Berntsson L., Lundberg U., Krantz G. (2006). – Gender differences in work-home interplay and symptom perception among Swedish white-collar employees – Journal of Epidemiology & Community Health 60, 1070-1076 3. Biancheri R. (2009) - Tempi di vita e welfare. Verso un sistema territoriale della conciliazione, Pisa, Plus University Press. 4. Biancheri R. (2008), (a cura di) - La dimensione di genere nel lavoro. Scelte o vincoli nel quotidiano femminile, Pisa Plus University Press. 5. Carducci A., Caponi E. (2013) “Differenze di genere nel esposizione a rischi lavorativi” in Salute e Sicurezza sul lavoro, una questione anche di genere- Rischi lavorativi. Un approccio multidisciplinare. Rivista degli infortuni e delle malattie professionali - INAIL Vol.4 41 Abstract n. 6 Titolo: Genere, salute e sicurezza sul lavoro: dagli aspetti normativi all'elaborazione di uno strumento applicativo che valuti l'appropriatezza dei Documenti di Valutazione del Rischio in ottica di genere. Autori: Rudy Foddis1, Alessandra Pistelli1, Andrea Cristaudo1, Giulia Ficini1 Affiliazione: 1 Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, Università di Pisa. E-mail: [email protected] Il D.Lgs 81/08 ha introdotto il paradigma di genere nella normativa in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. All’Art. 28, infatti, è richiesto che in fase di elaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi, si tenga conto, nella valutazione, anche dei rischi correlati alle “differenze di genere”. Il Decreto però non solo non chiarisce il reale significato del termine "genere" ma non fornisce nemmeno specifiche linee di indirizzo o altre indicazioni pratiche per assolvere gli obblighi di legge. Al fine di un ritorno applicativo concreto a questo dettato normativo è necessario che il paradigma di genere trovi una sua applicazione nelle tematiche di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro nel pieno significato del termine. Non si tratta di valutare solo l’insieme delle caratteristiche biologiche e fisiologiche che definiscono uomini e donne, quanto anche la costruzione sociale dei ruoli, i comportamenti, le attività e gli ambienti che una data società considera appropriati per uomini e donne, dimensione questa che la letteratura di settore ha solo recentemente accostato a fattori determinanti nel binomio benessere-lavoro. Il genere non costituisce un rischio di per sé, ma rappresenta semmai una chiave di lettura nuova delle dinamiche espositive e della risposta biologica che in maniera differenziata uomini e donne hanno. Solo così è possibile dare senso concreto all’obbligo del dettato normativo, nonostante il legislatore abbia mancato nel contempo di dare indicazioni pratiche/operative. Conseguentemente a questo quadro di difficoltà interpretativa ed operativa, attraverso un protocollo di intesa tra l’INAIL sezione regionale toscana e l’Università di Pisa, è stata avviata una ricerca volta ad approfondire gli strumenti per la valutazione dei rischi in ambito lavorativo, ed è in corso di validazione uno strumento che, in auto somministrazione, permetta alle aziende di verificare la congruità dell’applicazione del paradigma di genere nel proprio processo valutativo. Abstract n. 7 Titolo: Spettro autistico: razionale di uno studio sui correlati clinici e sulle differenze di genere. Autori: Camilla Gesi, Claudia Carmassi, Liliana Dell’Osso Affiliazione: Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale - Sezione Psichiatria – Università di Pisa E-mail: [email protected] L'autismo è una condizione caratterizzata da disturbi della comunicazione reciproca e dell'interazione sociale e un pattern di comportamenti, attività e interessi ristretto e ripetitivo. Mentre nelle sue passate edizioni il Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi Mentali (DSM) declinava l'autismo in tre separate categorie diagnostiche, nell'ultima edizione, pubblicata nel 2013 [1], queste tre categorie sono state ricomprese nell'unica categoria di Disturbo dello Spettro Autistico (ASD). Questa nuova classificazione sottolinea che le manifestazioni cliniche variano molto sulla base della gravità del disturbo, del livello di sviluppo, del genere e dell'età, da cui il termine spettro. La letteratura riporta che l’ASD è circa 4 volte più frequente nei maschi che nelle femmine. Tuttavia, alcuni autori hanno ipotizzato che la minor incidenza di ASD nel sesso femminile 42 potrebbe essere spiegata, almeno in parte, da alcune differenze nell’espressività fenotipica del disturbo determinate da aspetti di genere, piuttosto che da una reale minor suscettibilità del sesso femminile. Per esempio, è stato proposto che gli interessi ristretti e ripetitivi, che si evidenziano nel sesso maschile con la dedizione a materie peculiari (es. l’entomologia, i sistemi, i numeri), nelle ragazze potrebbero manifestarsi con l'adesione ad argomenti meno particolari e più in linea con quelli delle coetanee non autistiche (es. l’attenzione ossessiva verso una rockstar o una star del cinema), ma ugualmente anormali per l'intensità e la pervasività con cui sono perseguiti. Altri autori, sulla base dell'alta prevalenza di tratti autistici trovati nelle ragazze con disturbo della condotta alimentare, hanno suggerito che le donne potrebbero manifestare i tratti autistici con l’eccessiva polarizzazione sul peso e sull’immagine corporea [2]. D'altra parte, alcuni studi indicano come elevati livelli di tratti autistici siano riscontrabili in soggetti che hanno ricevuto diagnosi di disturbo dell’umore o che hanno tentato il suicidio [3, 4]. Sulla base di questi dati, presso la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa sarà condotto uno studio volto a valutare i sintomi di ASD in un campione di soggetti con differenti diagnosi psichiatriche, con particolare attenzione alle diverse manifestazioni generespecifiche che questi sintomi possono assumere, al fine di elucidare la reale diffusione dei sintomi autistici nel sesso femminile e in quello maschile e le possibili interazioni fra tratti autistici e genere nel determinare i diversi fenotipi clinici. Riferimenti bibliografici 1. American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders, 5th ed. Arlington: American Psychiatric Association; 2013. 2. Oldershaw A, Treasure J, Hambrook D, et al. Is anorexia nervosa a version of autism spectrum disorders? Eur Eat Disord Rev. 2011; 19(6):462-74. 3. Kato K, Mikami K, Akama F, et al. Clinical features of suicide attempts in adults with autism spectrum disorders. Gen Hosp Psychiatry. 2013; 35(1):50-3. 4. Takara K, Kondo T. Autism spectrum disorder among first-visit depressed adult patients: diagnostic clues from backgrounds and past history. GenHospPsychiatry. 2014(a);36(6):737-42. 43 SESSIONE 6: (Nuove) Dipendenze e mutamento nei servizi nella web society Coordinatori: Linda Lombi, Pietro Paolo Guzzo Abstract n. 1 Titolo: La dipendenza da cibo e i controversi risultati delle ‘food-tax’ Autore e relatore: Umberto Pagano Affiliazione: Università Magna Graecia, Catanzaro E-mail: [email protected] Introduzione: Le dinamiche di produzione e consumo di cibo sono cambiate in modo radicale negli ultimi decenni. Parallelamente ad una complessa serie di mutamenti sociali (modi e tempi di lavoro, globalizzazione, ruolo delle multinazionali alimentari, incidenza della pubblicità etc.) la composizione degli alimenti è andata progressivamente arricchendosi di grassi idrogenati, zuccheri, sale, caffeina, conservanti, esaltatori di gusto e additivi di ogni sorta. Questi cibi vengono indicati con la locuzione ‘highlyprocessedfoods’, perché le tecniche per produrli sono ormai molto sofisticate, nonché come ‘cibi iper-palatabili’. Le industrie alimentari, infatti, sviluppano incessantemente formule per aumentare l’attrattività organolettica dei cibi e il loro consumo compulsivo, prestando attenzione finanche all’esperienza masticatoria (morbidezza, vellutatezza, facilità di deglutizione, etc.). Secondo molti, questi accorgimenti stimolerebbero i nostri recettori nervosi analogamente a come avviene con l’assunzione degli oppioidi, causando una dipendenza da cibo (foodaddiction), simile - in termini clinici e neurofisiologici - alle “classiche” dipendenze da droghe [1, 2, 3, 4]. Analisi: Nel 2014, nella 5a edizione del ‘DSM’ (Diagnostic and Statistical Manual of MentalDisorders) [5], è catalogata un’unica dipendenza patologica di origine comportamentale, non correlata all’assunzione di una specifica sostanza, quella da gioco d’azzardo. Ma, nonostante non si sia ancora pervenuti ad una loro codifica in termini clinici, alcune dipendenze (da sesso, da lavoro, da videogiochi, da Internet, etc.) rappresentano ormai fenomeni sociali ampi e ben delineati. Tra queste, la dipendenza da cibo è probabilmente quella che negli ultimi anni ha ricevuto maggior attenzione, anche da parte degli ambienti della ricerca bio-chimica e medica [6], soprattutto dopo la messa a punto della ‘Yale FoodAddiction Scale’ (YFAS), uno strumento diagnostico basato sui medesimi criteri indicati dal DSM per l’individuazione di dipendenza da sostanza. Obiettivi, materiali e metodi: Il contributo propone, nella sua prima parte, una fenomenologia sociale della foodaddiction, per poi affrontare l’analisi dei primi controversi esiti delle ‘foodtaxes’ (tasse sugli alimenti con contenuti di grassi, zuccheri, sale superiori a determinate soglie), recentemente applicate in diversi Paesi europei (Danimarca, Finlandia, Francia, Ungheria), allo scopo di fronteggiare dilaganti fenomeni di obesità, sovrappeso e consumo compulsivo di ‘junk food’ [7, 8, 9, 10]. Riferimenti bibliografici 1. Davis C., Carter J.C. (2009), Compulsive overeating as an addiction disorder. A review of theory and evidence. Appetite, 07/2009; 53(1): 1-8. DOI: 10.1016/j.appet.2009.05.018. 2. Gearhardt A.N., Davis C.,Kuschner R., Brownell K.D. (2011), The Addiction Potential of Hyperpalatable Foods. Current Drug Abuse Reviews, 09/2011,4(3): 140-145. DOI: 10.2174/1874473711104030140. 3. Davis C., Levitan R.D., Kaplan, Kennedy J.L., Carter J.C. (2014), Food cravings, appetite, and snackfood consumption in response to a psychomotor stimulant drug: the moderating effect of “food-addiction”. Frontiers in Psychology, 05/2014; 5: 403. DOI:10.3389/fpsyg.2014.00403. 4. Volkow N.D., Wang G.J., Tomasi D., Baler R.D. (2013), Obesity and addiction: neurobiological overlaps. Obesity Reviews, 2013 Jan;14(1): 2-18. DOI: 10.1111/j.1467-789X.2012.01031.x. 5. American Psychiatric Association, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: Dsm-5, American Psychiatric Pub, Arlington, 2013; trad. it. DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Raffaello Cortina, Milano, 2014. 44 6. Pursey K.M., Stanwell P., Gearhardt A.N., Collins C.E., Burrows T.L. (2014), The Prevalence of Food Addiction as Assessed by the Yale Food Addiction Scale: A Systematic Review. Nutrients, 10/2014; 6(10): 4552-4590. DOI:10.3390/nu6104552. 7. Volkow N.D., Wang G.J., Tomasi D., Baler R.D. (2013), Obesity and addiction: neurobiological overlaps. Obesity Reviews, 2013 Jan;14(1): 2-18. DOI: 10.1111/j.1467-789X.2012.01031.x. 8. Bødker M., Pisinger C., Toft U., Jørgensen T. (2015), The rise and fall of the world's first fat tax. Health Policy, 03/2015; DOI:10.1016/j.healthpol.2015.03.003. 9. Smed S., Robertson A. (2012). Are taxes on fatty foods having their desired effects on health?. British Medical Journal, 345: 68-85. DOI: 10.1136/bmj.e6885. 10. Cornelsen L., Green R., Dangour A., Smith R. (2015). Why fat taxes won't make us thin. Journal of Public Health, 37(1): 18-23. DOI: 10.1093/pubmed/fdu032. Altri riferimenti non citati nell’Abstract ma essenziali per il contributo proposto: ⋅ Gearhardt A.N., Boswell R.B., White M.A. (2014), The Association of “Food Addiction” with Disordered Eating and Body Mass Index. Eating Behaviors, 08/2014; 15(3): 427-433. ⋅ Pedram P., Wadden D., Amini P., Gulliver W., Randell E., Cahill F., Vasdev S., Goodridge A., Carter J.C., Zhai G., Ji Y., Sun G. (2013), Food addiction: its prevalence and significant association with obesity in the general population. PLoS One, 2013 Sep 4; 8(9): e74832. ⋅ Schulte E.M., Joyner M.A., Potenza M.N., Grilo M.G., Gearhardt A.N. (2015), Current considerations regarding food addiction. Current Psychiatry Reports, 04/2015; 17(4). ⋅ Latner J.D., Puhl R.M., Murakami J.M., O'Brien K.S. (2014), Food addiction as a causal model of obesity. Effects on stigma, blame, and perceived psychopathology. Appetite, 03/2014. ⋅ Meule A., Gearhardt A.N. (2014), Food Addiction in the Light of DSM-5. Nutrients, 09/2014; 6(9): 3653-3671. ⋅ Burrows T., Meule A. (2014), 'Food addiction': What happens in childhood?. Appetite, 12/2014. ⋅ Hardman C.A., Rogers, Dallas R., Scott J., Ruddock H., Robinson E., "Food addiction is real": the effects of exposure to this message on self-diagnosed food addiction and eating behaviour. Appetite, 04/2015 (in corso di stampa). Abstract n. 2 Titolo: Verso una comunità di pratica virtuale tra agenti di cura Autrici: Cristina Sorio (*), Luna Vincenzi (*), Cecilia Cenacchi (*) Affiliazione: (*) Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, tel. 0532 233718 Relatrice: Cristina Sorio E-mail: [email protected] Introduzione: Il Servizio sanitario della Regione Emilia-Romagna ha da tempo acquisito la consapevolezza della rilevanza delle attività di ricerca come elemento essenziale delle sviluppo strategico delle aziende sanitarie, al pari della funzione assistenziale e della formazione con le quali deve integrarsi. A partire da questa premessa sono state conseguentemente avviate specifiche iniziative con l’intento di attuare progetti nell’area della modernizzazione, finalizzata alla produzione di nuove conoscenze sui temi della innovazione clinico-organizzativa. Obiettivi, materiali e metodi: Negli ultimi anni la valutazione degli esiti di pazienti inseriti nelle comunità terapeutiche accreditate (CT)ha messo in luce la necessità di puntare sull’appropriatezza dei trattamenti promuovendo una stretta collaborazione tra SerT e CT al fine di governare il progetto terapeutico con un approccio basato sulla condivisione della valutazione diagnostica tra SerT e strutture residenziali e del progetto terapeutico tra SerT, strutture e paziente. In tale direzione si è sviluppato il progetto pilota “Comunità di pratica virtuale tra agenti di cura” che sperimenta un nuovo modello di comunicazione, che prevede l’implementazione di una piattaforma telematica in grado di promuovere uno scambio bidirezionale tra sistema informativo dei SERT e S.I. delle CT, al fine di assicurare la trasmissione delle informazioni cliniche e terapeutiche. Risultati: Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo mira alla sperimentazione di un luogo condiviso (équipe in web conference, piattaforma cartella clinica integrata) e ad un apprendimento come soggetto collettivo ossia la socializzazione della conoscenza che 45 scaturisce dal confronto tra agenti di cura sanitari e sociali. Il Progetto presuppone una stretta relazione tra conoscenza che scaturisce dalla relazione tra professionisti, tecnologia che supporta le scelte cliniche e sociali e la nascita di una nuova organizzazione. Cerca di sviluppare un meccanismo attraverso il quale la conoscenza è posseduta, trasferita e creata in un network comunitario telematico, con una ricaduta sui processi di knowledge management aggiungendo così valore alle organizzazioni (trasferire buone prassi e sviluppare competenze professionali). Conclusione: La nuova piattaforma informatica costituisce il tessuto connettivo sociale della comunità che facilita l’interazione sincrona (videoconferenza), l’interazione asincrona (inserimento informazioni dalle singole sedi) e l’accesso alle informazioni immagazzinate (banca dati comune). Abstract n. 3 Titolo: Barebacking. Refluenze sociali, conseguenze sanitarie e implicazioni giuridiche di una pratica deviante Autore e relatore: Carmelo Guarino Affiliazione: Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche, Università degli Studi di Enna “Kore” E-mail: [email protected] Introduzione: Come emerge dai report delle grandi organizzazioni internazionali, l’epidemia di HIV/AIDS rappresenta probabilmente la più grande emergenza sanitaria mondiale. In tale contesto, a parte l’inefficacia delle politiche di prevenzione, la scarsa propensione al testing e il problema della diagnosi tardiva, suscita ulteriori elementi di allarme la diffusione della pratica del barebacking le cui conseguenze, amplificate dai social network, svelano questioni socio-culturali e implicazioni giuridiche di ampia portata. Obiettivi, materiali e metodi: Il presente lavoro, attraverso una revisione sistematica delle principali evidenze scientifiche, ricompone in un quadro d’insieme il fenomeno del barebacking e ne propone una lettura sociologica, ipotizzandone inoltre i relativi processi generativi e discutendo dei principali, seppur esigui, interventi sperimentati in contesti stranieri per arginare il fenomeno. Riferimenti bibliografici 1. Adam B. D., Husbands W., Murray J., Maxwell J. (2008). Silence, assent and HIV risk. Cult Health Sex. Nov; 10 (8): 759-772. DOI: 10.1080/13691050802172157. 2. Barbagli M., Colombo A., Savona E. (2003). Sociologia della devianza Bologna: Il Mulino. 3. Barbera F. (2004). Meccanismi sociali. Elementi di sociologia analitica. Bologna: Il Mulino. 4. Becker H. (1963). Outsiders. Studies in the sociology of deviance. New York: The Free Press, Simon & Schuster Inc. 5. Becker M. H., Joseph J. G. (1988). AIDS and behavioral change to reduce risk: a review. Am J Public Health. 78 (4): 394-410. 6. Berg R. C. (2009). Barebacking: a review of the literature.Arch Sex Behav. Oct; 38 (5): 754-64. DOI: 10.1007/s10508-008-9462-6. 7. Boudon R., a cura di (1992). Traité de sociologie, Paris: PressesUniversitaires de France (trad. it.: Trattato di sociologia. Torino: Il Mulino, 1996). 8. Bucchi M. (2007). Scienza e salute. In: Buzzi C., Cavalli A., de Lillo A., a cura di, Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto IARD sulla condizione giovanile in Italia. Bologna: Il Mulino. 9. Camoni L., Regine V., Stanecki K., Salfa M. C., Raimondo M., Suligoi B. (2014a), Estimates of the number of people living with HIV in Italy. Biomed Res Int. Volume 2014 article ID 209619, 6 pages. DOI: 10.1155/2014/209619. 10. Camoni L., Boros S., Regine V., Santaquilani M., Ferri M., Pugliese L., Pezzotti P., Suligoi B. (2014b) (a cura di). Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2013. Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità,numero 9, supplemento 1 (27): 3-5. 11. Carballo-Diéguez A., Ventuneac A., Dowsett G.W., Balan I., Bauermeister J., Remien R. H., Dolezal C., Giguere R., Mabragaña M. (2011). Sexual pleasure and intimacy among men who engage in “bareback sex”.AIDS Behav. Apr; 15 Suppl 1: S57-65. DOI: 10.1007/s10461-011-9900-7. 12. Coleman J. (1990). Foundation of social theory. Cambridge (MA): The Belknap Press of Harvard 46 University Press. 13. Colombo G. L., Di Matteo S., Antinori A., Medaglia M., Murachelli S., Rizzardini G. (2013). Economic evaluation of initial antiretroviral therapy for HIV-infected patients: an update of Italian guidelines.Clinicoecon Outcomes Res. 5: 489-496. DOI:10.2147/CEOR.S48246. da Silva L. A., Iriart J. A. (2012), The meanings and practices of barebacking among Brazilian internet users. Sociol Health Illn. June; 34 (5): 651-664. DOI: 10.1111/j.1467-9566.2011.01407.x. European Center for Diseaes Control and Prevention (2015). Annual epidemiological report2014. Sexually transmitted infections, including HIV and blood-borne viruses, Stockholm, European Center for Diseaes Control and Prevention. In http:// ecdc.europa.eu/en/publications/Publications/sexually-transmited-infections-HIV-AIDS-blood-borneannual-epi-report-2014.pdf. 14. Frasca T., Ventuneac A., Balan I., Carballo-Diéguez A. (2012).Inner contradictions among men who bareback.Qual Health Res. July; 22 (7): 946-56. DOI: 10.1177/1049732312443592. 15. French H., Greeff M., Watson M. J., Doakb C. M. (2015). HIV stigma and disclosure experiences of people living with HIV in an urban and a rural setting. AIDS Care. Mar. 19: 1-5. DOI: 10.1080/09540121.2015.1020747. 16. Giarelli G., Venneri E. (2009). Sociologia della salute e della medicina. Manuale per le professioni mediche, sanitarie e sociali. Milano: FrancoAngeli. 17. Goffman E. (1963). Behavior in public places. Notes on the social organization of gathering. New York: The Free Press, Simon & Schuster, inc. (trad. it.: Il comportamento in pubblico. L’interazione sociale nei luoghi di riunione. Torino: Giulio Einaudi Editore, 2006). 18. Goldthorpe J. H. (2000). On sociology. Numbers, narratives, and the integration of research and theory. Oxford: Oxford University Press. (trad. it.: Sulla sociologia. Bologna: Il Mulino, 2006). 19. Halkitis P. N., Parsons J. T. (2003). Intentional unsafe sex (barebacking) among HIV-positive gay men who seek sexual partners on the internet. AIDS Care. June; 15 (3): 367-378. DOI: 10.1080/0954012031000105423. 20. Hjørland B. (2013). Facet analysis: the logical approach to knowledge organization. Information Processing & Management. March; 49 (2): 545-557. 21. Holt-Lunstad J., Smith B. T., Baker M., Harris T., Stephenson D. (2015). Loneliness and social isolation as risk factors for mortality: a meta-analytic review. Perspectives on Psychological Science. 10 (2): 227-237. 22. Houston E., Sandfort T., Dolezal C., Carballo- Diéguez A. (2012). Depressive symptoms among MSM who engage in bareback sex: does mood matter? AIDS Behav. Nov; 16 (8): 2209-2215. DOI: 10.1007/ s10461-012-0156-7. 23. Li L., Guan J., Liang L-J., Lin C., Wu Z. (2013). Popular opinion leader intervention for hiv stigma reduction in health care settings. AIDS Educ Prev. Aug. 25 (4): 327-335. DOI:10.1521/aeap. 2013.25.4.327. 24. Johnson W. D., Diaz R. M., Flanders W. D., Goodman M., Hill A. N., Holtgrave D., Malow R., McClellan W. M. (2008). Behavioral interventions to reduce risk for sexual transmission of HIV among men who have sex with men. Cochrane Database Syst Rev. July 16; (3): CD001230. DOI: 10.1002/14651858.CD001230.pub2. 25. KaseddeS., Kapogiannis B. G., McClure C., Luo C. (2014), Executive summary: opportunities for action and impact to address HIV and AIDS in adolescents. J Acquir Immune DeficSyndr. Jul 1; 66 Suppl 2: S139-43. DOI: 10.1097/QAI.0000000000000206. 26. Kelly J. A. (2004). Popular opinion leaders and HIV prevention peer education: resolving discrepant findings, and implications for the development of effective community programmes. AIDS Care. Feb; 16 (2): 139-150. DOI:10.1080/09540120410001640986. 27. Klein H. (2012). Anonymous sex and HIV risk practices among men using the Internet specifically to find male partners for unprotected sex.Public Health. June; 126 (6): 471-481. DOI: 10.1016/j.puhe. 2012.01.023. 28. Klein H. (2011). Using a syndemics theory approach to study HIV risk taking in a population of men who use the internet to find partners for unprotected sex.Am J Mens Health. Nov; 5 (6): 466-76. DOI: 10.1177/1557988311398472. 29. Mane P., Aggleton P., Dowsett G., Parker R., Gupta G. R., Anderson S., Bertozzi S., Chevallier E., Clark M., Kaleeba N., Kingma S., Manthey G., Smedberg M., Timberlake S. (1996). Summary of track D. Social science: research, policy and action. AIDS. Dec; 10 suppl 3: S123-132. 30. Mavedzenge S. N., Luecke E., Ross D. A. (2014). Effective approaches for programming to reduce adolescent vulnerability to HIV infection, HIV risk, and HIV-related morbidity and mortality: a systematic review of systematic reviews. J Acquir Immune DeficSyndr. Jul 1;66 Suppl 2:S154-69. DOI: 10.1097/QAI. 0000000000000178. 31. Minkoff D. C. (1997). Producing social capital. American Behav Rev. 40: 606-619. 32. Putnam D. R. (2000). Bowling alone. The collapse and revival of American community. 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World Health Organization (2014b). Guidelines on post-exposure prophylaxis for HIV and the use of cotrimoxazole prophylaxis for HIV-related infections among adults, adolescents and children: recommendations for a public health approach. December 2014 - supplement to the 2013 consolidated guidelines on the use of antiretroviral drugs for treating and preventing Hiv infection. In www.who.int/hiv/ pub/guidelines/arv2013/arvs2013upplement_dec2014/en/. 42. World Health Organization (2014c). Global update on health sector response to HIV, 2014. Geneva: WHO Press. In www.who.int. Abstract n. 4 Titolo: Integrazione e nuove dipendenze tra sanità, scuola e carcere. Progetti ed esperienze in Calabria. La progettazione “Dentro la bolla…” Autori e relatori: Emilia Luigia Pulitanò (*), Vincenzo Bonomo (°) Affiliazioni: (*) Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza , Distretto Sanitario “Tirreno” Responsabile Servizio Sociale Professionale/Area ISS, (°) Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, Presidente Associazione Nazionale Assistenti Sociali E-mail: [email protected], [email protected] Introduzione: Il disagio sociale e in particolare l’aspetto delle dipendenze in carcere rappresentano un ambito privilegiato di intervento integrato tra diverse agenzie pubbliche (aziende sanitarie, istituzioni giudiziarie e carcerarie, scuole) sfidate dall’odierna società digitale (web society). Infatti la mission istituzionale della Aziende Sanitarie include la prevenzione e l’ attuazione di percorsi di benessere/salute socio-psico-fisica delle persone ristrette, le cui attività impongono regime di collaborazione e di accordo tra l’Autorità Giudiziaria e l’Agenzia Scuola. Nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali le intese consentono l’implementazione di un sistema organizzativo in rete di interventi di inclusione sociale per i detenuti con l’Istituzione Casa Circondariale. Obiettivi: Il lavoro presenta alcuni dei risultati della fruttuosa partnership tra il Servizio Sociale-Professionale-Area Integrazione Socio-sanitaria dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza e la Casa Circondariale di Paola e l’Istituto Comprensivo “Isidoro Gentili” Paola (CS). In tal senso si illustra un caso di co-costruzione di una rete integrata di comunità di pratiche per l’empowerment socio-psicologico e pedagogico/creativo e la promozione di stili di vita addiction-free dei reclusi. Materiali e metodi: Il Servizio Sociale Professionale-Area Integrazione Socio Sanitaria ha inteso promuovere l’esecuzione di progetti finalizzati a considerare lo studio della normologia e delle devianze, e l’attivazione di processi di evoluzione psicosociale volti al superamento della tendenza all'omologazione che può generarsi nelle persone in stato di reclusione e che può essere portatrice di sofferenza psichica, e/o psicofisica, in quanto implicante la negazione della diversità e dell'alterità. 48 Diversi i metodi utilizzati, in “triangolazione”, per realizzare appositi percorsi e attività che possono leggersi nel senso del contrasto culturale alle diverse forme di dipendenza fuori e dentro il carcere . In primo luogo, la metodologia della scrittura creativa utilizzata in ambito socio-sanitario nasce dalla confluenza di due filoni teorici: • l’Approccio Narrativo Autobiografico fondato da Duccio Demetrio2; • il movimento di Medicina Narrativa o “Narrative Based Medicine”, fondato da Rita Charon3. In secondo luogo la Gruppoanalisi e Teatroterapia , che agiscono in diverse situazioni con finalità di prevenzione, riabilitazione e cura. I Laboratori di gruppoanalisi sono orientati all’analisi dell’espressività del Sé. Si tratta di gruppi soggettuali impostati secondo la Teoria della mente relazionale. La Teatroterapia non produce diagnosi, né interpretazioni psicologiche, ma rafforza nuove visioni di sé. In secondo luogo l’applicazione del metodo sistemico di Moreno J. L4, che si basa sulla ricerca attiva - actionmethods, sull’incontrare gruppi di persone all'interno del loro ambiente di vita, incoraggiandole a sviluppare le loro potenzialità. In terzo luogo, l’applicazione della pedagogia sociale e della didattica espressiva di Stanislavskij K.S.5, dove ogni attore è il suo metodo e dove l'improvvisazione rappresenta la base del lavoro dell'attore su se stesso. Risultati: l’analisi della Progettualità realizzata negli anni 2014 e 2015 in collaborazione con l’Istituto Comprensivo “Isidoro Gentili” Paola (CS) e la Casa Circondariale di Paola (CS) ha permesso di realizzare i seguenti percorsi per i detenuti 1. Conduzione di Laboratori di ricerca sociale svolti secondo l’approccio della Psicoanalisi di Gruppo (Gruppoanalisi) 2. Osservazione e analisi dei bisogni al fine di costruire percorsi progettuali relativi alle aree a rischio; 3. Attività di sostegno psicosociale. Più specificamente si sono realizzati nell’ambito della progettazione “Dentro la bolla…” 1. Corso di Scrittura Creativa “Stelle di Natale” Storie, fiabe, testimonianze e riflessioni delle persone ristrette nella Casa Circondariale di Paola (anno 2014); 2. Laboratori di Gruppoanalisi e Teatro Terapia e messa in scena: “Il Carcere crea Dipendenza”(anno 2015) Conclusioni: Si è valutata l’analisi degli indicatori di disagio, con una attenzione alla presenza delle nuove e vecchie dipendenze in carcere, derivati dall’osservazione sistematica degli specialisti del SSP/Area ISS, durante i processi di comunicazione relazionale con i ristretti. Le finalità di azione e intervento sono state orientate a oggettivare le azioni da implementare attraverso i percorsi descritti. Il progetto di sviluppo di comunità di questa partnership interistituzionale ha prodotto visioni interventi condivisi di comunità dialoganti (di formatori, reclusi, alunni, insegnati) sui temi ed i problemi (vissuti fuori e dentro il carcere) delle nuove e vecchie dipendenze. Visioni, problemi e soluzioni che internet e social media sembrano amplificare, aggregare, rimuovere nell’odierna e irrinunciabile web society. 2 Duccio Demetrio, già Professore Ordinario di Filosofia dell'Educazione e di Teorie e Pratiche della Narrazione, è ora direttore scientifico della Libera Università dell'Autobiografia di Anghiari(AR), da lui fondata nel 1998 e inclusa da Parte del Ministero dell'Istruzione Università e Ricerca nell'elenco dei soggetti accreditati/qualificati per la formazione del personale della scuola. 3 Rita Charon, Docente di Clinica Medica e Direttore del programma di Medicina Narrativa della Columbia University di New York. 4 Moreno fondò il Teatro della spontaneità nel 1921 a Vienna, in cui ogni personaggio doveva improvvisare la sua parte, riuscì ad estendere notevolmente la diffusione del movimento psicodrammatico e sviluppò la ricerca delle interazioni sociali all'interno dei gruppi. 5 Konstantin SergeevičStanislavskij attore, regista, scrittore e teorico teatrale. Il suo metodo si basa sull'approfondimento psicologico del personaggio e sulla ricerca di affinità tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore. Si basa sulla esternazione delle emozioni interiori attraverso la loro interpretazione e rielaborazione a livello intimo. Per ottenere la credibilità scenica, il maestro Stanislavskij creò esercizi che stimolassero le emozioni da provare sulla scena, dopo aver analizzato in modo profondo gli atteggiamenti non verbali e il sottotesto del messaggio da trasmettere. 49 Riferimenti Bibliografici: 1. Demetrio Duccio (2012), Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis. 2. Duvignaud Jean (1974), Le ombre collettive. Sociologia del teatro, Roma: Officina Edizioni. 3. Moreno Jacob Levy (1985), Manuale di psicodramma: il teatro come terapia, Milano: Astrolabio 4. Moreno Jacob Levy (1973), Psicodramma e vita, Milano: Rizzoli. 5. Pulitanò Emilia Luigia (2001), Teatro e Psiche. Lo spazio dell’illusione i simbolismi del sé, in «Ou». Riflessioni e provocazioni (Rivista di filosofia e scienze sociali), volume XII (n.2/2001) Dicembre 2001, Edizioni Scientifiche Italiane. 6. Charon Rita (2001), Narrative Medicine. A model for Empathy, Reflection, Profession, and Trust, American Medical Association. 7. Stanislavskij Konstantin S. (riediz.2008), Il lavoro dell’attore su se stesso, Roma/Bari: Laterza, 8. Stanislavskij Konstantin S. (riediz. 2008), Il lavoro dell’attore sul personaggio, Roma/Bari:Laterza 9. Bonomo V., “Il sistema d welfare della Calabria e il ruolo del Servizio Sociale Professionale” in “Welfare come diritto. Scenari e sfide del Servizio Sociale Professionale” a cura di De Robertis G., Nappi A., Parte III- cap. 5.1, Edizione La Meridiana, Molfetta (BA), 2012 Abstract n. 5 Titolo: L’intervento del sociologo della salute nell’approccio del Ser.D alla prevenzione, cura e riabilitazione del Gioco d’azzardo patologico Autore: Claudio Poggi – Dirigente sociologo Dipartimento Dipendenze Patologiche - ASL BARI E-mail: [email protected] Con la liberalizzazione e la conseguente diffusione del gioco d’azzardo nel nostro paese si assiste ad un consistente incremento del numero di soggetti affetti da GAP (Gioco d’azzardo patologico), disturbo del controllo degli impulsi riconosciuto come patologia dal DSM IV fin dal 1980. Questa nuova forma di dipendenza patologica sta sempre più incrociando il mondo dei servizi per le dipendenze; contemporaneamente, segmenti di società civile di varia provenienza socio culturale, politica e religiosa, si mobilitano per contrastare il fenomeno. Il delinearsi di questa situazione induce i servizi per le dipendenze a sperimentare e ad adottare protocolli d’intervento che sono tuttora in fase di definizione e valutazione. In particolare, nell’ambito dei servizi per le dipendenze della ASL della Provincia di Bari, stiamo focalizzando l’attenzione sui seguenti aspetti: - potenziamento della conoscenza socio-epidemiologica del fenomeno, sia in riferimento all’utenza che afferisce ai servizi, sia in relazione all’estensione del “sommerso” nel proprio bacino di utenza; - estrapolazione di elementi condivisi, tra gli operatori, per inquadrare il soggetto nella fase di anamnesi e di osservazione/diagnosi, con particolare attenzione alla storia evolutiva del sintomo e all’individuazione di alcune variabili-chiave, anche tramite l’utilizzo del sistema informativo di dipartimento; - impostazione di trattamenti multimodali, con approccio interdisciplinare, con l’intento di stabilizzare la presa in carico del soggetto; - alleanza con gruppi di auto mutuo aiuto che si stanno costituendo nel territorio, prevedendo l’invio degli utenti dopo una fase iniziale di trattamento presso il Ser.D; - sperimentazione di interventi brevi a carattere residenziale con alcune comunità terapeutiche della provincia; - implementazione di progetti di prevenzione nelle scuole con l’obiettivo di contrastare i comportamenti compulsivi a rischio di dipendenza, con riferimento all’uso di internet, dei social media, dei videogiochi e dei giochi d’azzardo online; - interventi di rete, soprattutto nel quadro dei piani sociali di zona, che prevedono di stabilire alleanze e protocolli d’intesa con associazioni e istituzioni che operano per contrastare il fenomeno, sensibilizzando l’opinione pubblica. 50 Per ciascuno di questi ambiti saranno evidenziati alcuni strumenti operativi che qualificano il contributo del sociologo della salute nell’analisi e conoscenza del fenomeno, nel favorire l’apprendimento organizzativo, nel connettere in rete i servizi con le altre organizzazioni e istituzioni che operano nel territorio. 51 SESSIONE 7: Public Health, processi migratori e relazioni di cura Coordinatori: Alessandra Sannellla, Rocco Di Santo Abstract n. 1 Titolo: Migrare per curare: care economy e working poor nel centro storico di Napoli Autrice e relatrice: Stefania Ferraro, Ricercatrice a.t.d. in Sociologia dei processi politici Affiliazione: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli E-mail: [email protected] - [email protected] Introduzione: Il presente lavoro restituisce i primi risultati di una ricerca etnografia che indaga il rapporto tra badantizzazione della società [1] e working poor [2]. La rilevazione empirica è stata svolta presso l’associazione Centro “La Tenda”, una Onlus che ha sede nel cuore del centro storico di Napoli, il rione Sanità, e eroga servizi di assistenza agli homeless; ne accogli circa 140 ogni sera e tra questi il 45% svolge (o ha svolto) lavori di cura e il 35% è composto da donne provenienti dai Paesi dell’Est. Materiali e metodi: Partendo da un’analisi dei dati di secondo livello (ISTAT e CESPI) sui flussi migratori e le tipologie di lavoro svolto dalle donne migranti in Italia, è stata svolta un’attività di osservazione e analisi delle modalità di assistenza, delle dinamiche relazionali e delle articolazioni delle attività del quotidiano per tre mesi. Sono state somministrate interviste alle donne ospitate, agli operatori, ai volontari e alle figure dirigenziali della Onlus e sono state raccolte biografie. Risultati: Muovendo dal presupposto teorico che la care economy sia politicamente ed economicamente impiegata come una strategia governa mentale [3], nel presente lavoro essa è analizzata soprattutto nel suo essere una soluzione alle asimmetrie strutturali generate dalle moderne logiche di gestione della salute pubblica [4]. Non a caso il ricorso su vastissima scala al lavoro immigrato da parte delle famiglie italiane ha rappresentato, in questi anni, una vera e propria manna sociale ed economica, di cui il sistema di Welfare italiano ha ampiamente beneficiato [5]. Conclusioni: Eppure, nonostante l’aumento della domanda dei “migranti della cura”, tali soggetti restano imbrigliati nelle maglie del lavoro sommerso e/o precario, poiché esposti allo stop and go contrattuale e alla di femminilizzazione del lavoro [6], rispetto ai tempi, alla retribuzione e alle modalità di svolgimento dell’attività di cura. Ciò avviene in nome di un progetto tardo-liberale finalizzato alla privatizzazione definitiva di tutte le strutture e le forme di Welfare del Terzo Settore. Parole-chiave: Governamentalità, Welfare State, Femminilizzazione, Care economy, working poor. Riferimenti bibliografici: 1. Molinier P., Laugier S., Paperman P. (ed.) (2009), Qu’est-ce que le care?, Petit Bibliothèque Paris: Payot. 2. Peña-Casas R., Latta M. (2004), Working poor in the European Union, Eurofound, Denmark. 3. Foucault M. (1978), La governamentalità, in «Aut Aut», n. 167-168, pp. 12-29. 4. Tronto J. (2010), Cura e politica democratica. Alcune premesse fondamentali in «La società degli individui», vol. 2, n. 38, pp. 34-42. 5. Lutz A. (2008), Migration and Domestic Work: an European Perspective on a Global Theme, Ashgate, Aldershot. 6. Fumagalli A. (2007), Bioeconomia e capitalismo cognitivo, Roma: Carocci. Abstract n. 2 Titolo: Il counselling interculturale: empowerment e resilienza tra diritto alle cure e diritto alla salute Autrice e relatrice: Laura Schiavi Affiliazione: Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale E-mail: [email protected] 52 Introduzione: Nel 2013 la Regione Lazio ha raggiunto la percentuale più alta di richiedenti protezione internazionale accolti nella rete Sprar [Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2014]; esaltare la centralità della persona in tali contesti concorre a definire lo stato di salute degli individui, garantendone libera espressione, partecipazione e realizzazione. Come noto l’Italia è un luogo di transito per raggiungere i Paesi nordeuropei; diventa quindi sempre più difficile progettare interventi volti al benessere della persona e alla promozione della salute. Analisi: I push e i pull factors [Melotti 2004] rendono la percentuale di stranieri presenti in Italia molto variegata; il fenomeno è affrontato come un’emergenza e non come realtà da gestire con policy volte all’inclusione e alla formazione degli operatori. Ciò è consentito dal counselling interculturale inteso come strumento di supporto ed orientamento finalizzato a ricostruire il senso di appartenenza individuale e una rete relazionale in realtà caratterizzate da veloci cambiamenti, perdita dell’identità e disorientamento. La riconquista dell’identità e l'emancipazione da uno stato di nonperson [Dal Lago 2004], sono presupposti essenziali per promuovere la titolarità di diritti inalienabili. Cultura e identità implicano punti di osservazione differenti che creano incontri/scontri tra le diversità e modi differenti di intendere il concetto di salute e di attribuire simboli e significati al sintomo. Risultati: L’aspetto comunicativo dunque è fondamentale ma fortemente influenzato dallo stress da transculturazione e nella difficile articolazione del diritto alla salute e dell’equità delle cure [Giovannelli 2013], è necessario in-formare ed orientare gli individui. La culturebound syndrome non sempre è patologica ma spesso superabile potenziando coping, empowerment e resilienza, intesa come capacità di gestire eventi nuovi, inaspettati e stressanti attivando nuove risorse e modalità di adattamento ridefinendo appraisal e locus of control [Tarsia 2010]. Conclusioni: Il counselling nei servizi sociosanitari promuove dunque un nuovo assetto della promozione della salute intesa come sistema culture bounded [Cipolla 2005] all’interno del quale ridefinire l’accoglienza e l’integrazione sociosanitaria in uno spazio globale [Sannella 2014]. Bibliografia di riferimento 1. Anci, Caritas Italiana (2014), Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2014, Cittalia, Fondazione Migrantes, SPRAR, in collaborazione con UNHCR, Digitalia Lab, Roma. 2. Cipolla C. (a cura di) (2005), Manuale di sociologia della salute, vol. 3, FrancoAngeli, Milano. 3. Cipolla C., (a cura di) (2013), Disuguaglianze sociali in Sanità, FrancoAngeli, Milano. 4. Dal Lago A. (2004), Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano. 5. Giovannelli L. (a cura di) (2013), La valutazione delle performance in ambito sanitario. Profili teorici ed evidenze empiriche, Giappichelli, Torino. 6. Melotti U. (2004), Migrazioni internazionali. Globalizzazione e culture politiche, Mondadori, Milano. 7. Sannella A. (2010), Salute transculturale. Percorsi socio-sanitari, FrancoAngeli, Milano. 8. Tarsia T. (2010), Aver cura del conflitto. Migrazioni e professionalità sociali oltre i confini del welfare, FrancoAngeli, Milano. Abstract n. 3 Titolo: La Mediazione culturale: negoziazione delle pratiche di cura della salute mentale in un ospedale italiano. Autori: Paola Elia (°), Barbara Cordella (*), Francesca Greco (**), Massimo Grasso (*) Affiliazioni: (°)Cooperativa sociale Cassia Avass; (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma; (**)Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma Relatrice: Paola Elia E-mail: [email protected] 53 Introduzione: Il presente lavoro ha inteso esplorare il contesto della mediazione culturale di derivazione etnopsichiatrica praticata presso l’ospedale Santa Maria e San Gallicano di Roma attraverso le narrazioni dei mediatori culturali, parte integrante dell’equipe clinica nei colloqui di consulenza psicologica. Tale scelta è stata motivata dall’interesse per una modalità di intervento che estende ai migranti la possibilità di ricevere un sostegno e pari opportunità di accesso ai servizi sanitari, garantendo il diritto alla salute del singolo e promuovendone l’integrazione socio-culturale. Materiali e metodi: A tale scopo sono state condotte delle interviste in profondità ai mediatori culturali (n=16). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi testuale (analisi dei cluster con metodo delle K-Medie e analisi delle corrispondenze) al fine di individuare fattori e cluster indicativi del modello attuato dagli intervistati. Risultati: Il modo in cui i mediatori culturali sono integrati nella pratica ospedaliera e, quindi, con cui interpretano il proprio ruolo e svolgono la loro funzione di raccordo tra l’ospedale e l’utenza straniera sembrano definire uno spazio sospeso in cui è possibile interrogarsi sulle diverse interpretazioni del disagio, sulla complessità della domanda di salute, sulla funzione del sistema sanitario italiano e sulla sua dimensione organizzativa. L’ambivalenza che è emersa nella rappresentazione affettiva e cognitiva dei mediatori rispetto alla mediazione mostra sia il desiderio di estendere e validare i diritti dei soggetti migranti, anche attraverso la pratica della mediazione etno-clinica, sia la necessità di rendere visibile il percorso di ibridazione culturale presente, seppur spesso ignorato, nei paesi occidentali di accoglienza e nelle loro strutture organizzative. Conclusioni: Ciò evidenzia come il mediatore non si attribuisca solo il compito di trasporre in una lingua diversa quanto ascoltato, ma piuttosto quella di far comunicare mondi culturali diversi tra loro. Il processo di negoziazione si viene così a configurare come una prassi democratica in grado di tenere in considerazione le istanze portate dal paziente straniero. Essa è capace da un lato di colmare l’asimmetria di potere tra professionisti e pazienti e dall’altro di facilitare il lavoro degli operatori sanitari del Servizio. È in questo modo che la mediazione si viene a costituire come un ponte tra mondi di significato, atto a facilitare la comunicazione e garantire il diritto alla salute. Riferimenti Bibliografici: 1. Berlicioni, V., & Bruno, D.(2013). Ghosts from the past: a clinical case study of intercultural therapy in contemporary Italy. International Journal of Culture and MentalHealth, 6(1),45-57. 2. Carli, R., & Paniccia, R.M. (2002). L’Analisi Emozionale del Testo: Uno Strumento Psicologico per Leggere Testi e Discorsi. Milano, IT: Franco Angeli. 3. Cordella, B., Greco, F., & Raso, A.( 2014). Lavorare con un corpus di piccole dimensioni in Psicologia clinica: una proposta per la preparazione e l’analisi dei dati. In E. Née, M. Daube, M. Valette & S. Fleury (Eds.), Proceedings JADT 2014, 12es Journées internationales d’Analyse statistque dies Données Textuelles, Paris, France, Juin 3-6, 2014 (pp. 173-184). Paris, FR: Jadt.org. 4. Cordella, B., Greco, F., &Grasso, M. (2012). Psychologist “Know Thyself”: Psychologist and Professionals’ Representations of the Disabled Users/Clients and Assistive Technologies. In S. Federici & M.J. Scherer (Eds.), Assistive Technology Assessment Handbook (pp. 164-170). London, UK: CRC Press. 5. Crescini, G., & Soldati, M.G. (2006). Quandol’Altroveè Qui: Costruire Spazi di Mediazione Culturale ed Etnoclinica. Milano, IT: Franco Angeli.Dal Lago, A. (2005). Non Persone: L’esclusione dei migranti in una società globale. Milano, IT: Feltrinelli. 6. Johnson, P., & Nigris, E. (1996). Le figure della mediazione culturale in contesti educativi. In E. Nigris (Ed.), Educazione interculturale (pp.369-414). Milano, IT: Mondatori. 7. Lancia, F. (2004). Strumenti per l’Analisi dei Testi. Introduzione all’Uso di T-Lab. Milano, IT: Franco Angeli. 8. Miklavcic, A. (2011). Canada’s non-status immigrants: negotiating access to health care and citizenship. Medical Anthropolgy. Cross-cultural studies in Health and Ilness, 30(5), 496- 517. 9. Montesarchio, G., &Venuleo, C. (2009). Colloquio Magistrale. La Narrazione Generativa. Milano, IT: Franco Angeli. 10. Sayad, A. (2002). La Doppia Assenza. Dalle Illusioni dell’Emigrato alle Sofferenza degli Immigrati. Milano, IT: Raffaello Cortina. 11. Salvatore, S. & Freda, M.F. (2011). Affect, unconscious and sensemaking: A psychodynamic, semiotic and dialogic model. New Ideas in Psychology, 29, 119–135. 54 12. Salvatore, S., Gennaro, A., Auletta, A., Tonti, M., & Nitti, M. (2012). Automated method of content analysis: A device for psychotherapy process research. PsychotherapyResearch, 22(3), 256- 273. 13. Taricone, I., Braca, M., Acts, A.R., Pedrini, E., Morri, M., Poggi, F., Melega, S., Nolet, M., Tonti, L., & Berardi, D. (2009). Clinical features and pathway to care of migrants referring to the Bologna Transcultural Psychiatric Team. International Journal of Culture and Mental Health, 2(1), 1-15. 14. Tribe, R. (2009). Working with interpreters in mental health. International Journal of Culture and Mental Health, 2(2), 92-101. 15. Telfner, U. (2000). La psicologia clinica come pratica culturale. Pluriverso, 1, 219-230. Abstract n. 4 Titolo: La Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e la prescrizione e fornitura di farmaci in Europa: aree e livelli di azione per salvaguardare la salute. Autrice e relatrice: Lucia Ferrara Affiliazione: Dipartimento di Scienze della formazione, psicologia, comunicazione, Università degli Studi di Bari "A. Moro , Phd Candidate Scuola di Dottorato in Scienze delle relazioni umane, Curriculum "Progettazione e valutazione delle politiche sociali" E-mail: [email protected] Introduzione: L’aumento generale della mobilità in Europa e le sfide a carico dei sistemi sanitari nazionali (SSN) fanno sì che, oggigiorno, il tema della mobilità dei pazienti sia al centro dell’attenzione politica per le implicazioni ad esso connesse. Per le istituzioni europee, il diritto ad ottenere assistenza sanitaria nel territorio dell’Unione Europea è un beneficio riconosciuto a tutti i cittadini comunitari che sono assicurati secondo la legislazione di uno Stato membro ed è un’importante esplicitazione del diritto alla salute e del principio della libera circolazione. Il 25 ottobre 2013 è entrata in vigore in tutti gli Stati europei la Direttiva 2011/24/UE del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera che sancisce il diritto del paziente di curarsi in qualsiasi Stato membro dell’UE e la direttiva 2012/52/UE, comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro. Le due direttive rendono il riconoscimento delle prescrizioni obbligatorio in tutti gli Stati membri e definiscono una serie di misure per facilitarne il riconoscimento, tuttavia alcuni aspetti (es. la prescrizione di medicinali soggetti a prescrizione medica speciale, la vendita on line, ecc.) restano fuori dalla portata della Direttiva e delegati alla responsabilità dei singoli Stati membri. Materiali e metodi: Tenuto conto dell’importanza di salvaguardare la salute dei pazienti e del rischio per la salute derivante dall’uso inappropriato dei farmaci che richiedono una prescrizione, questo lavoro ho l’obiettivo di passare in rassegna la normativa europea in materia di prescrizioni e fornitura di farmaci e di individuare le variazioni nella legislazione di cinque Stati membri dell’UE (Belgio, Finlandia, Germania, Spagna e Gran Bretagna) che possono ostacolare la fornitura transfrontaliera di farmaci. Il lavoro impiega un approccio misto triangolando dati da differenti fonti e tipologie di soggetti. Risultati: L’analisi identifica differenti aree e livelli di azione: livello basso nei casi in cui le differenze individuate non comportano un rischio per la salute dei pazienti, in quanto ogni nazione ha già definito una normativa molto rigida; livello medio e alto nei casi in cui le differenze individuate possono impedire la fornitura transfrontaliera di medicinali e impedire la continuità delle cure. Conclusioni: La libertà di ricevere assistenza sanitaria in tutta l'UE deve essere accompagnata, infatti, da garanzie di qualità e di sicurezza. Abstract n. 5 Titolo: Uno e sette. Appunti per un’intelligenza pedagogica Autore e relatore: Marco Grilli 55 Affiliazione: Università di Bologna, Accademia di Belle Arti Santagiulia di Brescia E-mail: [email protected] Introduzione: Questo intervento muove da alcuni spunti di riflessione proposti nella scorsa edizione del Convegno SISS, incentrati sul tema della tolleranza e sul proposito di spingersi oltre questo obiettivo minimo, seguendo un richiamo radicale alla dimensione non identitaria dell’umano e un approccio relativizzante delle culture. Analisi: Alla luce dei recenti episodi di violenza sembra delinearsi un trend rispetto al quale già il “tollerare” l’alterità evitando l’esplosione di manifestazioni distruttive potrebbe apparire un traguardo provvisoriamente più che desiderabile, accogliendo magari l’invito di Lorenz a “ridirezionare” le pulsioni del Thanatos verso oggetti e scopi umanamente non catastrofici. Eppure anche in un quadro di diffidenza e di “paura” può emergere il senso di una sfida antropologica. Chiaramente più difficoltosa, quasi improbabile, se riferita a individui e gruppi già pesantemente socializzati; a maggior ragione se le culture di riferimento risultano impermeabili al confronto. Ma altrettanto necessariamente praticabile, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni. A partire dalla prima infanzia, in cui la mente assorbe attivamente le stimolazioni ambientali, e forma i primi schemi cognitivi di rappresentazione del mondo. E’ lì che è possibile costituire configurazioni fondate sul senso della cooperazione e della solidarietà, su competenze di elaborazione e di gestione delle situazioni conflittuali, sulla capacità di coltivare atteggiamenti di attenzione e di cura. I bambini sono tutti uguali, gli stessi bisogni elementari, la stessa “curiosità della ricerca”, il medesimo senso del gioco. Li differenziano i linguaggi sociali, attraverso le parole che hanno appreso, la mano adulta che li ha condotti nei primi passi. Conclusioni: Così come espresso in modo semplice e suggestivo da Gianni Rodari in uno dei suoi albi illustrati, in cui sono presentati sette bambini (ma in realtà potrebbero essere milioni), diversi “fenotipi” culturali che esprimono un unico genoma, un solo uomo. In questo modo i colori delle bandiere potranno costituire semplici indicatori di percorsi comuni, rappresentazioni iconiche di narrazioni condivise. In un’ottica più estesa: narrazioni da condividere. Riferimenti bibliografici 1. Fromm E., Anima e società, Mondadori, Milano 1996 2. Crespi F., Contro l’aldilà, il Mulino, Bologna 2008 3. Crespi F., Imparare ad esistere. Nuovi fondamenti della solidarietà sociale, Donzelli, Roma 1994 4. Remotti F., Contro l’identità, Laterza, Roma-Bari 2007 5. Bauman Z., Paura liquida, Laterza, Roma-Bari 2008 6. Lorenz K., L’aggressività, Il Saggiatore, Milano 2008 7. Anolli L., La mente multiculturale, Laterza, Roma-Bari 2006 8. Montessori M., La mente del bambino, Garzanti, Milano 195 9. Rodari G., Uno e 7, Edizioni EL, San Dorligo della Valle (TS) 2004 (testo tratto da Favole al telefono) 10. Grilli M., La sfida antropologica. Oltre la tolleranza, in C.Clemente e P.P.Guzzo (a cura di) Sistemi sociosanitari regionali tra innovazioni e spendibilità. Esperienze e ricerche, (Quaderni Cirpas, Vol. n.24, Università di Bari) , Cacucci, Bari 2013 Abstract n. 6 Titolo: Miglioramento e semplificazione delle procedure di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari dei cittadini stranieri Autori: R. Pelliccia(*), A. Capasso (*), G. Molinaro (*), M. Femiano (*) Affiliazione: (*) U.O.C. Integrazione Sociosanitaria- Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 Nord Relatrice: Maria Femiano E-mail: [email protected] Introduzione: Per garantire maggior tutela del diritto alla salute ai cittadini immigrati sono state sviluppate metodologie volte a favorire l’effettività dell’ applicazione dell'accordo [1] 56 Stato Regioni attraverso la realizzazione di un’azione integrata di mediazione sociale in ambito sanitario, finalizzata all’accesso dei cittadini stranieri ai diritti e servizi sanitari. Materiali e metodi: Il progetto “No Red Tape”- Azioni di mediazione sociale e linguistica per la semplificazione delle procedure di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari dei cittadini stranieri, promosso dall’Azienda [2] Sanitaria Locale Napoli 2 Nord e finanziato dal Fondo [3] Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi 2007-2013 con la partnership di due Associazioni è finalizzato a: promuovere l’applicazione dei contenuti dell'Accordo da parte degli operatori socio-sanitari attraverso interventi di formazione; elaborare procedure interne e di comunicazione esterna; garantire tutela ai bambini stranieri e alle loro famiglie attraverso protocolli innovativi di presa in carico; favorire l’attivazione della rete territoriale e promuovere la comunicazione tra enti del territorio, definire protocolli operativi; migliorare le conoscenze in possesso della popolazione immigrata a Napoli sul diritto alla salute e accesso ai servizi; valorizzare il ruolo del mediatore. Risultati e conclusioni: Mediante un lavoro di rete tra i partner del Progetto, sono stati raggiunti i seguenti risultati: affiancamento dei mediatori culturali al personale ASL dell’Ufficio URP del P.O. San Giovanni di Dio e della UOMI del consultorio di Giugliano con l’attivazione anche di uno Sportello on-line; informazione e orientamento di circa 6000 cittadini stranieri; distribuzione materiale informativo delle attività progettuali (brochure,volantini,locandine,vademecum);elaborazione materiale informativo in diverse lingue su procedure burocratiche-amministrative di natura sociosanitaria; coinvolgimento di n.8 attori istituzionali e sociali attraverso tavoli tecnici; coinvolgimento negli interventi di n.23 attori istituzionali e sociali (3 partner e 20 Comuni); attività di ricerca sulle difficoltà di accesso ai servizi sociosanitari da parte dei cittadini stranieri; realizzazione di n.2 tavoli tecnici; realizzazione di un percorso formativo con la partecipazione di n. 203 operatori. Riferimenti sitografici: 1. www.statoregioni.it: 2. www.aslnapoli2nordservizionline.it 3. www.libertaciviliimmigrazione.interno.it fondisolid.dlci.interno.it www.interno.gov.it/it/temi/immigrazione-e-asilo/fondi-europei Abstract n. 7 Titolo: Vulnerabilità sociale e interventi di tutela della salute del bracciantato migrante meridionale Autore: Francesco Caruso Affiliazione: Università di Catanzaro E-mail: [email protected] Introduzione: Nel corso degli ultimi decenni il ruolo del lavoro migrante nell'agricoltura meridionale è cresciuto in modo esponenziale: dal 7,2% nel 1998 si è arrivati al 33,8% nel 2013, con oltre 128.990 lavoratori stranieri impiegati nelle campagne del sud Italia (Inea 2014). Le tendenze di agrarizzazione e rururbanizzazione dell'inserimento sociolavorativo, caratteristiche sempre più rilevanti del “modello mediterraneo delle migrazioni” (King 2000), rendono più difficoltosa l'accessibilità e la fruibilità dei servizi socio-sanitari a causa dell'isolamento e della dispersione territoriale che le connotano. Analisi: Queste difficoltà si accentuano nel cosiddetto “circuito degli stagionali” (Caruso 2012) : si tratta di alcune migliaia di migranti che rincorrono stagionalmente il lavoro di raccolta dei prodotti agricoli nelle differenti pianure del meridione (spostandosi ad esempio nel foggiano nei mesi estivi per la raccolta del pomodoro o in inverno in Calabria per la raccolta agrumicola), vivendo in ghetti rurali o casolari abbandonati con un'inevitabile alta incidenza di infortuni e patologie connesse alle dure condizioni di vita e di lavoro, e dove 57 l'accesso al mercato del lavoro ma anche a beni e servizi essenziali, sono intermediati da forme più o meno esplicite di caporalato etnico. A fronte della mancanza di policy e interventi socio-sanitari di ampio respiro, in grado di intercettare e rispondere ai pur rilevanti bisogni di cura del bracciantato migrante, nel corso degli ultimi anni diverse organizzazioni umanitarie e strutture sanitarie locali hanno implementato alcune sperimentazioni per fornire prima assistenza medica e facilitare l'accesso alle cure. Materiali e metodi: In questo contributo intendiamo preliminarmente articolare un'analisi sull'evoluzione delle condizioni di vita e di salute dei lavoratori coinvolti nel “circuito degli stagionali” sulla base dell'elaborazione dei dati raccolti nel corso di due campagne di intervento di prossimità a bassa soglia svolte a distanza di quasi dieci anni da Medici Senza Frontiere (2005) e Medici Per i diritti Umani (2014). Risultati e conclusioni: Nella seconda parte esporremo i primi risultati di un lavoro di monitoraggio e mappatura delle sperimentazioni locali e degli interventi promossi da attori pubblici e privati sul terreno della prevenzione, prima assistenza e orientamento sociosanitario nelle aree interessate dal fenomeno stagionale del lavoro migrante agricolo. Riferimenti bibliografici: 1. Caruso F., (2012), “La porta socchiusa tra l’Africa Nera e la Fortezza Europa: l'hub rururbano di Castel Volturno”, in Colloca C., Corrado A., La globalizzazione delle campagne, Milano, Franco Angeli. 2. Inea, (2014). Annuario dell'agricoltura Italiana 2013, Istituto Nazionale di Economia Agraria, Roma. 3. King R., (2000). Southern Europe in the changing global map of migration in King R., Lazaridis G., Tsardanidis C., Eldorado or fortress? Migration in Southern Europe, London, Macmillan. 58 Sessioni Parallele Sessione 1: Sostenibilità e politiche di welfare socio-sanitario Coordinatori: Annamaria Perino, Remo Siza Autore/i Struttura di appartenenza Relatore Titolo abstract/ relazione 1) Francesco GRISOLIA (*), Emanuele FERRAGINA (*+) *Università “Magna Graecia” di Catanzaro, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali. **Sciences Po Paris, OSC and LIEPP. Francesco GRISOLIA L’innovazione sociale in tempi di austerità: risorsa o termine di moda? 2) Luigi NAVA (*) * Éupolis Lombardia Istituto per la Statistica, la Ricerca e la Formazione, Regione Lombardia www.eupolislombardia.it Luigi NAVA Welfare locale per la non autosufficienza: crisi o opportunità? Barbara CORDELLA Malattia Mentale e Servizi Territoriali. L’esperienza di Trento [email protected] Contatti [email protected] [email protected] [email protected] 3) Barbara CORDELLA (*), Francesca Greco (°), Raffaella Casamassima (^), Michele Gifuni (*), Antonia Florio (*), Massimo Grasso (*) (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica Sapienza Università di Roma (°) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma (^)Ospedale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli (*) Infermiere, Area Vasta 2 – Ancona, ASUR Marche Giordano COTICHEL LI Infermieristica ed equità nella salute in un sistema socio-sanitario in cambiamento [email protected] 4) Giordano COTICHELLI(*) 5) Giulia PALAZZOLO Giulia PALAZZOL O Riforme sanitarie e tutela del territorio: il caso Auxilium Vitae [email protected] (non indicata) 6) Massimo BALDACCI Massimo BALDACCI Modelli organizzative e riforme del sistema sanitario italiano [email protected] (non indicata) 59 Sessione 2: Governance e valutazione in sanità, tra Ospedale e Territorio Coordinatori: Leonardo Altieri, Paolo Ugolini Contatti Autore/i Struttura di appartenenza 1) Luigi SPEDICATO (*),Annamaria Vitale(*), MariledaVergori(*), Andrea Forte(*), Mario Quarta(*) (*)Dipartimento di “Storia, Società e Studi sull’Uomo” - Università del Salento – 2) Francesca GRECO (*) Barbara Cordella (*), Michela Di Trani (*),Alessia Renzi (*),Luigi Solano (*) (*) Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche - Sapienza Università di Roma 3) Grazia Chiarini (*),Silvia GRASSI (*), Maria Pia Urbani (*) (*)Istituto di Formazione Psicosomatica Firenze 4) Barbara CALDERONE(*), Stefano Fabbri (*), Matteo Gaggi (*) (*) Ufficio per la Programmazione Sociale e Sanitaria- Settore Servizi Sociali Unione dei Comuni "Valle del Savio" 5)Cristina SORIO (sociologa) (*), Paolo Pasetti (statistico) (*) 6) Lucia FERRARA(*), Giuseppe Moro (**) 7) Adalgisa PROTONOTARI*, Ilaria Castaldini**, Antonella Dallari°, Anna Poli°°, Alessandra Renopi**, Lucia Grazia** (*) Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico, Via F. del Cossa 18, Ferrara, 0532 (*) dottoranda in Scienze delle relazioni Umane – curriculum “Progettazione e valutazione delle politiche sociali”, Università degli Studi di Bari. (**) professore ordinario di *Direttore Programmazione e Controllo, **Collaboratore Programmazione e Controllo, °Dirigente Professioni Sanitarie Area Riabilitazione, ° °Responsabile Percorsi della Riabilitazione. Azienda USL di Bologna. Relatore Titolo abstract/relazione Luigi SPEDICATO La valutazione delle politiche di integrazione socio-sanitaria sul territorio nei Piani di Zona della Regione Puglia: verso un modello valutativo multidimensionale. Francesca GRECO La collaborazione tra il medico di MG e lo psicologo: Valutazione degli effetti della consulenza in copresenza Silvia GRASSI I Gruppi Balint: un aiuto concreto per gli operatori sanitari Barbara CALDERONE Governance e valutazione nei servizi socio-sanitari: dalla teoria alla pratica. Cristina SORIO Valutazione di esito dei percorsi assistenziali di pazienti in trattamento nelle strutture residenziali accreditate della provincia di Ferrara Lucia FERRARA La valutazione dell’integrazione sociosanitaria: una review sistematica della letteratura Adalgisa Protonotari Qualità ed economicità: un binomio possibile? Il percorso per la riabilitazione del paziente con frattura di femore nell'area metropolitana di Bologna 60 [email protected] [email protected] cell. 333/12.24.886 06/49.69.02.50 [email protected], [email protected] [email protected] calderone_b@comune. cesena.fc.it [email protected] [email protected] [email protected] ogna.it Sessione 3: Salute e web society: teoria e ricerca Coordinatori: Cleto Corposanto, Mauro Moruzzi Autore/i 1) Antonella GOLINO Struttura di appartenenza Università degli Studi di Cagliari (*) Dipartimento di Scienze 2) Anna Maria MELINA(*), Giuridiche, Storiche, Teresa Gentile (*), Economiche e Sociali, Marzia Ventura (*), Università di Catanzaro Walter Vesperi (°) “Magna Græcia” (°) Dipartimento di Scienze, Economiche Aziendali, Ambientali e metodologie quantitative, Università degli Studi di Messina Relatore Antonella GOLINO Anna Maria MELINA 3)Maria Chiara GALIZI(*); Francesco Giuffrida(*); Daniele Palumbo(*); Operatori Sanitari Associati OSA Soc.Coop. Sociale a r.l.- onlus 4) Sabina DE ROSIS(*), Manila Bonciani(*) Milena Vainieri(*), Patrizia Scida(°) (*) Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, (°) ASL 5 di Pisa Sabina DE ROSIS 5) Arianna CACCIA (non indicata) Arianna CACCIA 6) Marzia VENTURA (*), Rocco Reina (*), Concetta Lucia Cristofaro (*) Dipartimento di Scienze Giuridiche, Storiche, Economiche e Sociali Università di Catanzaro “Magna Græcia” Marzia VENTURA 7) Cleto Corposanto (*) Beba MOLINARI (**) (*) Università Magna Graecia, Catanzaro (**) Università degli Studi di Genova Beba MOLINARI Maria Chiara GALIZI 61 Titolo abstract/ relazione Salute e malattia nella web society Contatti [email protected] Health Information System& Sanità: il caso degli IRCCS [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] e-Care, percorsi di partecipazione. Tre iniziative per raccogliere ed accogliere il punto di vista e le esperienze del cittadino assistito da OSA attraverso il portale della Cooperativa: hAPPyMamma. Il disegno dell’implementazione e della valutazione di un’applicazione mobile nel percorso materno infantile nell’ASL5 di Pisa. [email protected] Zapping e shopping sentimentale nella web society: le relazioni virtuali nelle chat per fare nuove conoscenze Le applicazione mobili nella relazione Medico - Paziente: Un’analisi empirica [email protected] E-health e patto di salute [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] [email protected]; [email protected]; [email protected] Sessione 4: Cittadini protagonisti di buone pratiche sociali per la salute Coordinatori: Davide Galesi, Walther Orsi Autore/i 1) Silvia CLEMENTI 2) Sandra GALLERINI Struttura di appartenenza Dottoranda in Sociologia, Organizzazioni e Culture presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Assistente sociale Responsabile Ricerca CESVOT (Centro Servizi Volontariato Toscana) Relatore Titolo abstract/relazione Contatti [email protected] Partecipazione e salute mentale: lavorare con le famiglie e le persone per una psichiatria partecipata Silvia CLEMENTI SandraGALL ERINI Il Terzo settore come laboratorio per sviluppare nuovi modelli di comunità nell’ambito sociale e sanitario [email protected] [email protected] Capitale sociale e capitale civico: la nascita e la costruzione della Rete civica della Salute in Sicilia [email protected] 3) Marco CIZICENO Università degli Studi di Palermo, Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche (SEAS) 4) Maria Grazia DE VIVO Libera Professionista Maria Grazia DE VIVO E’ veramente tutelato l’interesse del minore? [email protected] [email protected] 5) Simone CERRINA FERONI (non indicata) Simone CERRINA FERONI Processi partecipativi/ inclusivi per integrare servizi socio-sanitari e servizi per le politiche attive del lavoro e del Long-life Learning [email protected] 6) Katia MAROCCO (non indicata) Katia MAROCCO L’implementazione della Legge 150/2000 nelle strutture sanitarie: tra comunicazione interna e informatizzazione [email protected] 7) Giuseppe TRIBUZIO Dottorando di Ricerca in “Scienze delle Relazioni Umane”, Università degli studi “A. Moro” Bari Giuseppe TRIBUZIO L’educazione allo sport come prevenzione e promozione di buone pratiche sociali. La proposta innovativa del Judo inteso come cultura fisica e mentale. [email protected] Marco CIZICENO 62 Sessione 5: Salute e genere: il contributo della sociologia all’approccio multidimensionale Coordinatori: Stefano Taddei, Lia Lombardi Autore/i 1) Rosa Maria BRUNO (*), L. Ghiadoni (°), M. Mauri (°), S. Cervia (^), S. Taddei (°), R. Biancheri (^), L. Palagini (°). 2)Cristina SORIO (sociologa), Ilaria Vaccari (psicologa) Struttura di appartenenza (*) Istituto di Fisiologia Clinica – CNR, Pisa, Italy; (°)Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa, Italy; (^)Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Pisa, Italy Azienda Usl di Ferrara – Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche, Osservatorio Epidemiologico , Relatore Contatti Titolo abstract/relazione [email protected] Rosa Maria BRUNO Stress, strategie di coping e disturbi del sonno: differenze di genere in una popolazione ipertesa e relazione con il controllo pressorio. [email protected] Cristina SORIO Studio sulla relazione fra autoefficacia percepita e fattori di rischio in giovani studenti della provincia di ferrara Anna Maria RIZZO Donne malattie reumatiche: un racconto a più voci Sabrina GAROFALO La costruzione della cura e welfare mediterraneo: l’esperienza delle donne migranti. sabrina.garofalo83@ gmail.com 5) Annalaura CARDUCCI (* )Dipartimento (*) di Elisa Caponi (*) Biologia, Via San Zeno, n. 35-39,Pisa 56127 Annalaura CARDUCCI Necessità di un approccio multidisciplinare nel valutare i rischi derivanti dalla “doppia presenza” delle donne [email protected] 6) Rudy FODDIS (*), Alessandra Pistelli (*), Andrea Cristaudo (*), Giulia Ficini (*) Rudy FODDIS Genere, salute e sicurezza sul lavoro: dagli aspetti normativi all'elaborazione di uno strumento applicativo che valuti l'appropriatezza dei Documenti di Valutazione del Rischio in ottica di genere. [email protected] Camilla GESI Spettro autistico: razionale di uno studio sui correlati clinici e sulle differenze di genere [email protected] 3)Anna Maria RIZZO, Marileda Vergori Ricercatore confermato in Sociologia Generale Professore Aggregato di 'Metodi e Tecniche del Servizio Sociale','Politica Sociale' e 'Ricerca Applicata al Servizio Sociale' 4) Sabrina GAROFALO (*) (*) Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali- Unical Docente a contratto di Sociologia GeneraleUniversità Magna Graecia di Catanzaro (*)Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, Università di Pisa. 7) Camilla GESI (*), (*) Dipartimento di Claudia Carmassi (*), Medicina Clinica e Liliana Dell’Osso (*) Sperimentale - Sezione Psichiatria – Università di Pisa [email protected] 63 Sessione 6: (Nuove) Dipendenze e mutamento nei servizi nella web society Coordinatori: Linda Lombi, Pietro Paolo Guzzo Contatti Struttura di appartenenza Autore/i Relatore/ri Titolo abstract/ relazione [email protected] 1) Umberto PAGANO Università “Magna Graecia”, Catanzaro (*) Azienda Usl di Ferrara – Dipartiment o Assistenzial e Integrato S a l u t e 2)Cristina SORIO (*), Luna Vincenzi (*), Cecilia Cenacchi (*) Umberto PAGANO La dipendenza da cibo e i controversi risultati delle ‘food-tax’. Cristina SORIO Verso una comunità di pratica virtuale tra agenti di cura. [email protected] Carmelo GUARINO Barebacking.Refluenze sociali, conseguenze sanitarie e implicazioni giuridiche di una pratica deviante [email protected] Emilia Luigia PULITANÒ Integrazione e nuove dipendenze tra sanità, scuola e carcere. Progetti ed esperienze in Calabria. La progettazione “Dentro la bolla…” [email protected] [email protected] L’intervento del sociologo della salute nell’approccio del Ser.D alla prevenzione, cura e riabilitazione del Gioco d’azzardo patologico [email protected] 3) Carmelo GUARINO Facoltà di Scienze Economiche e Giuridiche Università degli Studi di Enna “Kore” 4) Emilia Luigia PULITANÒ (*), Vincenzo BONOMO(°) 5) Claudio POGGI (*) (*) Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza Distretto Sanitario “Tirreno” Responsabile Servizio Sociale Professionale/ Area ISS (°) Azienda Sanitaria (*)Dirigente sociologo Dipartimento Dipendenze Patologiche - ASL BARI Claudio POGGI 64 Sessione 7: Public Health, processi migratori e relazioni di cura Coordinatori: Alessandra Sannella, Pietro Rocco di Santo Autore/i Struttura di appartenenza 1) Stefania FERRARO Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli Ricercatrice a.t.d. in Sociologia dei processi politici 2) Laura SCHIAVI Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale Relatore/ri Stefania FERRARO Laura SCHIAVI Titolo abstract/ relazione Migrare per curare: care economy e working poor nel centro storico di Napoli Il counselling interculturale: empowerment e resilienza tra diritto alle cure e diritto alla salute Contatti [email protected] stefania.ferraro@ unisob.na.it dr.lauraschiav [email protected] 3) Paola ELIA (°), Barbara Cordella (*), Francesca Greco (**), Massimo Grasso (*) 4) Lucia FERRARA 5) Marco GRILLI 6) R.Pelliccia(*), A.Capasso (*), G.Molinaro (*), Maria FEMIANO (*) (°)Cooperativa sociale Cassia Avass; (*) Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica Sapienza Università di Roma; (**)Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche Sapienza Università di Roma Dipartimento di Scienze della formazione, psicologia, comunicazione, Università degli Studi di Bari "A. Moro , Phd Candidate Scuola di Dottorato in Scienze delle relazioni umane, Curriculum "Progettazione e valutazione delle politiche sociali" Università di Bologna, Accademia di Belle Arti Santagiulia di Brescia Paola ELIA Lucia FERRARA Marco GRILLI (*) U.O.C. Integrazione Sociosanitaria- Azienda Sanitaria Locale Napoli 2 Nord Maria FEMIANO Università “Magna Graecia”, Catanzaro Francesco CARUSO 7) Francesco CARUSO 65 La Mediazione culturale: negoziazione delle pratiche di cura della salute mentale in un ospedale italiano La Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e la prescrizione e fornitura di farmaci in Europa: aree e livelli di azione per salvaguardare la salute. Uno e sette. Appunti per un’intelligenza pedagogica Miglioramento e semplificazione delle procedure di accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari dei cittadini stranieri Vulnerabilità sociale e interventi di tutela della salute del bracciantato migrante meridionale [email protected] [email protected] [email protected] maria.femiano@ aslnapoli2nord.it [email protected] II PREMIO BUONE PRATICHE S.I.S.S. PER GIOVANI SOCIOLOGI La SISS - Società Italiana di Sociologia della Salute – ha indetto anche per l’anno 2015 il “Premio Buone Pratiche sociologiche”. Obiettivo dell’iniziativa è il miglioramento continuo della qualità della pratica sociologica, delle sue metodologie e dei suoi strumenti, valorizzando la creatività e lo spirito di innovazione dei giovani sociologi della salute, indipendentemente dalla qualifica e dal ruolo ricoperto (professionale e/o accademico), anche NON iscritti. Più specificamente, il “Premio Buone Pratiche” si propone di: • far emergere i migliori approcci e le migliori pratiche implementate nelle diverse aree tematiche della sociologia della salute; • creare opportunità di confronto e condivisione fra le varie anime culturali e operative dei sociologi; • favorire la conoscenza, la valutazione e l’apprendimento su temi di particolare rilevanza per la sociologia della salute; • rafforzare il coinvolgimento, la motivazione e il senso d’appartenenza ai valori e alle competenze della Società Italiana di Sociologia della Salute; • strutturare modalità di revisione partecipata di alcune attività. Modalità di partecipazione e presentazione della relazione Come da bando, hanno partecipato i giovani sociologi nati dopo il 01/01/1979. I contributi potevano essere presentati sia da singoli che da gruppi di sociologi, purché non già pubblicati. La valutazione verrà effettuata da una commissione composta da 3 membri (due professionali ed uno accademico). I temi delle relazioni potevano articolarsi attorno alle seguenti aree tematiche: a) b) c) d) e) f) g) la salute e la malattia nelle loro dimensioni epistemologiche; individui, gruppi, comunità, istituzioni nella promozione del benessere; prevenzione e comunicazione nella promozione della salute; i nuovi sistemi integrati nella programmazione e gestione dei servizi; la governance e la valutazione dei piani di zona socio-sanitari; interculturalità e comunicazione socio-sanitaria; la responsabilità sociale delle imprese profit e no profit nella promozione della salute; h) benessere, qualità della vita e comportamenti quotidiani; i) l’umanizzazione, la personalizzazione dei servizi sanitari e sociali e la loro valutazione di qualità; j) nuove tecnologie comunicative, continuità assistenziale e integrazione tra sociale e sanitario; 66 k) il contributo di “invenzione sociale” della comunità per migliorare la qualità degli interventi socio-sanitari; l) l’assetto e lo sviluppo dei modelli organizzativi delle aziende sanitarie e dei servizi sanitari e sociali pubblici e privati; m) qualità e accreditamento in sanità; n) il mutamento sociale e le diverse forme d’anomia e di devianza che possono determinare rischi per la salute individuale e collettiva; o) la multidimensionalità delle professioni e delle governance “ibride” dei sistemi sociosanitari; p) le disuguaglianze sociali nello stato di salute e nell’accesso alle cure sanitarie ed ai servizi socio-sanitari; q) i nuovi interventi in relazione all’evoluzione dei bisogni socio-sanitari; r) infanzia, adolescenza e famiglia tra benessere e comportamenti a rischio; s) salute mentale, dipendenze patologiche, stili di vita e servizi socio-sanitari; t) promozione della salute e/o riduzione del danno; u) tecnologie comunicative e nuove forme di partecipazione nella scelta degli obiettivi di salute; v) empowerment della comunità e buone pratiche sociale per la salute; w) nuove tecnologie comunicative e prevenzione dei fenomeni di corruzione in sanità; x) medicine non convenzionali e salutogenesi per una medicina centrata sulla persona; y) politiche di integrazione socio-sanitaria. Ai fini della selezione e valutazione la buona pratica deve rispondere il più possibile ai seguenti criteri: • essere caratterizzata da contenuti e modalità di sviluppo coerenti con le successive azioni necessarie per la sua realizzazione; • contenere i risultati di ricerche o l'elaborazione di piani/progetti/programmi metodologicamente corretti e spendibili; • consentire di essere valutata in termini d'impatto sui servizi sanitari e/o sociali e sulla popolazione; • essere innovativa; • essere stata realizzata nel corso del periodo che va dal 2010 al 2015; • essere in una fase che consenta di misurare e presentare alcuni risultati raggiunti; • essere trasferibile come metodologie e/o strumenti utilizzati. 67 Elenco degli ammessi al premio Buone Pratiche: Autore/i 1) Micol BRONZINI 2) Arianna CACCIA 3) Maria Grazia DE VIVO Struttura di afferenza Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali Università Politecnica delle Marche Osservatorio Epidemiologic o Dipendenze Patologiche di Ferrara Libera Professionista Titolo Percorsi di accompagnamento e familiy learning per la grave cerebrolesione acquisita SistER Contatti [email protected] [email protected] É veramente tutelato l’interesse del minore? [email protected] 4) Anna FIORILLO - Circo-lando [email protected] 5) Andrea FORTE Dipartimento di Storia, Società e studi sull’uomo - Università del Salento Valutazione della qualità e patient centeredness: tra metodologia valutativa e servqual. Un modello operativo di analisi [email protected] 6) Antonella GOLINO Dipartimento di Scienze Umanistiche Sociali e della Formazione Università degli Studi del Molise Processi di umanizzazione in ospedale: il caso [email protected] dell’Università Cattolica di Campobasso Daria Grimaldi Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute - Università degli Studi di Cassino e Una buona pratica contro la del Lazio Meridionale vulnerabilità: progettazione 7) Daria compartecipata e [email protected] GRIMALDI Davide Donfrancesco attivazione sperimentale di david.donfrancesco@ e David Osservatorio Ricerca una Unità Mobile di libero.it DONFRANCESCO Sociale Applicata supporto in Provincia “Francesco Battisti” di Frosinone Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale 8) Barbara MORSELLO e altri OSA - Coop-Operatori sanitari associati Una risposta del Terzo Settore per l’umanizzazione [email protected] e la personalizzazione dei servizi socio-sanitari 9) Silvia CLEMENTI Università Cattolica del Sacro Cuore Progetto familiari E.P.E. (Esperti per esperienza): il reparto di psichiatria apre le porte ai familiari 10) Valentina SALMI Azienda Unica Romagna- territorio di Ravenna Il Diversity Management valentina.salmi@auslromag per lo studio del personale: na.it un orientamento utile? 68 [email protected] Presentazione delle “BUONE PRATICHE” e premiazione dei vincitori La Commissione ha selezionato i migliori contributi (che saranno in ogni caso pubblicati sul sito web della SISS) i quali verranno presentati nella prima giornata del convegno nazionale della SISS che si terrà a Pisa il 11-12 giugno 2015. Le due buone pratiche vincitrici riceveranno i seguenti riconoscimenti: 1. Diploma di attestazione del risultato raggiunto; 2. Premio in denaro o altri benefit del valore di Euro 500,00; 3. Eventuale pubblicazione delle buone pratiche vincitrici, salvo giudizio indipendente di referee anonimi. 4. Il sostegno di SISS per l’eventuale presentazione della buona pratica in eventi di rilievo nazionale o internazionale. Per l’anno 2015 la Commissione è composta da: Davide Galesi/Direttivo SISS: [email protected] Walther Orsi /Direttivo SISS: [email protected] Paolo Ugolini /Direttivo SISS: [email protected] 69