Alunno Nava Massimo 5°b2
A.S. 2006/2007
Visori del Progetto: Prof. Rizzaro Giuseppe
Prof. Mariani Dario
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Argomenti tesina:
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Presentazione e illustrazione del plastico
Spiegazione funzionamento P.L.C. ( TDP sistemi)
Collegamento al trasformatore del PLC ( principio di funzionamento Elettrotecnica)
Contatti diretti e indiretti
Transformer ( Inglese )
Italiano/storia ( Tra le due guerre:ascesa del fascismo / Luigi Pirandello )
Presentazione plastico:
Il plastico realizzato rappresenta un parcheggio integrato da otto luci che indicano i posti occupati ed i posti
liberi, grazie alla presenza di due fotocellule, una posta in ingresso ed una posta in uscita.
Il plastico è stato realizzato con i seguenti materiali:
§
§
§
§
§
§
Polistirolo ( per realizzare la struttura )
2 tubi in plastica ( i quali fungono da sostegno per il pannello delle luci )
2 carcasse in legno ( per nascondere le fotocellule )
8 lampadine da 24V ( 4 verdi che indicano i posti liberi e 4 rosse che indicano i posti occupati )
2 fotocellule da 12/24V
Alimentatore da banco
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Nella condizione iniziale sono accese 4 luci verdi stando ad indicare la presenza di tutti i posti liberi all’interno
del parcheggio. Interrompendo una volta la fotocellula in ingresso una luce verde si spegne ed una luce
rossa viene accesa; a questo punto è come se una macchina avesse occupato un posto e quindi le
lampadine verdi accese, indicanti i posti liberi, saranno 3, mentre ci sarà una lampadina rossa accesa,
indicando che un posto è stato occupato.
Interrompendo poi una seconda volta la fotocellula in ingresso si spegnerà una seconda lampadina verde e
si accenderà una seconda lampadina rossa e così via.
Arrivati alla condizione in cui tutte le lampadine rosse sono accese e tutte quelle verdi sono spente, ossia
tutti i posti del parcheggio sono occupati, interrompendo la fotocellula in uscita è possibile compiere il ciclo
inverso, cioè interrompendola una volta, si spegne una luce rossa e se ne accende una verde,
interrompendola due volte, si spegne un’altra luce rossa e si accende un’altra luce verde e così via.
La difficoltà più grande incontrata è stata quella di dover controllare più uscite con un unico ingresso. Il PLC
da me utilizzato è il tipo Moeller EASY 621 DC – TC il quale è fornito di 12 ingressi e 8 uscite, e immediato,
riuscire a comandare un’ uscita con un ingresso o anche più ingressi che comandano una uscita ( basta fare
un parallelo tra gli ingressi ); è stato più complicato in questo caso poiché dovevano essere controllate 4
uscite da in unico ingresso.
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SCHEMI CIRCUITO:
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Il P.L.C.:
Le operazioni di gestione sono state possibili grazie all’uso di un particolare sistema di programmazione:
Programmable logic controllers ( P.L.C.).
E’ un’unità di logica programmabile, cioè un’apparecchiatura composta da componenti elettronici, fornita di
memorie programmabili e non, contenente sia dati che, come in questo caso, programmi, in grado appunto
di leggere ed eseguire le istruzioni dei programmi stessi, integrando con un sistema di input ( in questo caso
le fotocellule ) e output ( in questo caso le luci ) del tipo digitale o analogico. In pratica il PLC può essere
considerato a tutti gli effetti un computer, con la differenza che è dotato di sensori, trasduttori ed attuatori
che gli permettono di comunicare direttamente con l’esterno senza aver bisogno di un’interfaccia come
invece necessita il PC. Il funzionamento di questa unità di controllo può essere riassunto nel seguente modo:
A. Il microprocessore contenuto nel PLC controlla i segnali elettrici ( input ) provenienti dai sensori e
trasduttori facenti parte del sistema da controllare;
B. Se avvengono variazioni nei segnali di input, questi vengono elaborati dal microprocessore stesso;
C. Il microprocessore seguendo le istruzioni contenute nel programma dell’utente, memorizzato
precedentemente, invia comandi verso gli output.
Schematizzazione funzionamento:
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Il PLC “funziona” in logica binaria, ossia le informazioni che riceve possono assumere solo due stati logici,
come 0-1 oppure on-off; nella logica del PLC sono quindi contenuti gli operatori binari end e or che possono
essere illustrati con le tabelle di verità riportate sotto:
And
In
0
1
0
1
In
0
0
1
1
Or
Out
0
0
0
1
In
0
1
0
1
In
0
0
1
1
Out
0
1
1
1
La più banale applicazione pratica di questa logica è il circuito di Marcia-Arresto di cui è riportata la
schematizzazione sotto:
Allo stato iniziale I01 e nello stato off/0 mentre I02 e nello di on/1, il circuito risulta interrotto e di
conseguenza l’uscita e nello stato off/0;
portando nello stato di on/1 I01 anche l’uscita passerà nello stato di on/1;
si può affermare quindi che il circuito di marcia-arresto è equivalente ad una porta And.
Il circuito utilizzato per il controllo del plastico da me realizzato utilizza la medesima logica, integrata da
temporizzatori che permettono di eseguire le operazioni richieste.
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Schematizzazione in EASY soft:
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Legenda dei componenti utilizzati:
Q5,Q6,Q7,Q8: Lampadine (rosse) indicanti i posti occupati
Q1,Q2,Q3,Q4: Lampadine (verdi) indicanti i posti liberi
I02: fotocellula in ingresso
I01: fotocellula in uscita
M1,M2,M3,M4: merker
T1,T2,T3,T4,T5,T6: Temporizzatori
Molto spesso nei circuiti del PLC, poiché gli ingressi sono considerati come pulsanti, per far rimanere nello
stato di on l’uscita anche dopo aver rilasciato il pulsante occorre porre la medesima uscita in parallelo al
pulsante in ingresso, questa operazione viene detta di autoritenuta. Nel circuito da me realizzato sono stato
obbligato ad inserire dei temporizzatori, poiché proprio per la presenza delle autoritenute, le lampadine si
accendevano e si spegnevano contemporaneamente; grazie all’inserzione invece dei timer impostati a pochi
secondi il circuito riesce ad accendere e spegnere le lampadine in sequenza.
Il PLC è attualmente un’apparecchiatura tra le più utilizzate nell’ambiente industriale, grazie anche ad una
serie di caratteristiche quali:
versatilità e flessibilità, cioè ha la possibilità di adeguarsi a nuove esigenze di processo, in modo veloce,
agendo esclusivamente sul softweare, senza modificare sostanzialmente l’hardweare;
è più affidabile dei dispositivi elettromeccanici in quanto offre servizi di autodiagnostica, di dialogo con
computer gestionali ed utilizza componenti quasi elusivamente elettronici, i quali non necessitano quasi di
manutenzione;
in caso le istruzioni programmate non servano più, il PLC può sempre essere riprogrammato;
ha un costo che tende a diventare sempre più competitivo, per adattare il prodotto ha fasce di utenza
sempre maggiori;
in fine il PLC ha un ingombro sempre minore, poiché, le case costruttrici tendono a diminuire le sue
dimensioni.
Costruttivamente la macchina è formata da:
§ Alimentatore;
§ CPU (rappresenta il cervello della macchina e coordina in pratica tutte le attività del PLC);
§ BUS (sono particolari circuiti costruiti in forma integrata, alloggiati nella CPU, e consentono il
trasferimento delle informazioni tra i vari elementi che costituiscono il PLC);
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Memorie;
Moduli Input e moduli Output (sono destinati all’acquisizione dei segnali provenienti dal mondo
esterno tramite sensori,trasduttori ecc, che li rendono compatibili con la CPU);
§ Dispositivi accessori;
§ Unità di programmazione;
Questi componenti possono essere schematizzati, con i loro collegamenti, con uno schema a blocchi:
§
§
Tutti i componenti della macchina, interagiscono tra loro permettendoci la gestione della nostra utenza;
un componente che prendiamo ora in considerazione è l’alimentatore.
L’alimentatore è utilizzato per convertire la tensione di rete (tensione alternata monofase generalmente
230V) in una tensione compatibile al funzionamento della CPU (tensione continua).L’alimentatore dei più
comuni PLC è un alimentatore di tipo lineare,
esso ha la seguente configurazione:
L’alimentatore tradizionale è costituito da un trasformatore abbassatore, un raddrizzatore, un filtro ed uno
stabilizzatore.
Il trasformatore installato nel gruppo d’alimentazione è dunque un trasformatore abbassatore poiché porta la
tensione da un valore ad un altro inferiore.
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Schema a contatti:
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Se entrassimo accidentalmente in contatto con un morsetto delle lampade, che nel plastico è scoperto,
andremmo incontro al fenomeno dell’elettrocuzione, poiché sarebbe a tutti gli effetti un contatto diretto.
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Contatti diretti e indiretti:
Esistono infatti due tipi di contatti elettrici attraverso cui si può andare incontro al fenomeno
dell’elettrocuzione:
o
o
I contatti diretti; quando entriamo in contatto con parti dell’impianto normalmente in tensione, nel
nostro caso i morsetti non isolati delle lampade.
I contatti indiretti; quando entriamo in contatto con parti dell’impianto che normalmente non sono in
tensione, ma a causa di un guasto vengono sottoposte ad essa.
In un normale impianto elettrico, per evitare di subire scariche elettriche, è necessario installare dei sistemi
di protezione sia per il primo che per il secondo caso; i relativi impianti devono seguire la norma CEI 64.8, ed
essere in regola con le convenzioni europee.
Sistemi di protezione per contatti diretti:
Una maniera opportuna per isolare l’impianto dai contatti diretti è quello della misura di protezione totale.
Le misure di protezione totali consistono nell’isolamento delle parti attive (conduttori attraverso cui fluisce
corrente elettrica) e nell’uso di involucri o barriere. Le parti attive devono essere ricoperte completamente da
uno strato di isolante avente spessore adeguato alla tensione nominale verso terra del sistema elettrico ed
essere resistenti agli sforzi meccanici, elettrici, termici e alle alterazioni chimiche cui può essere sottoposto
durante il funzionamento. Se si considera per esempio un cavo elettrico, per renderlo resistente alle normali
sollecitazioni meccaniche occorre adottare un’appropriata modalità di posa (Cavo armato o concentrico, tubi
protettivi, passerelle, cunicoli, interrati ad almeno 0,5 m, segnalati e protetti con mattoni, tegole ecc..).
Vernici, lacche, smalti e prodotti simili non sono considerati idonei a garantire una adeguata protezione dai
contatti diretti.
Un altro modo per proteggersi dai contatti diretti è quello di fare uso di involucri e barriere.
L’involucro garantisce la protezione quando esistono parti attive (ad es. morsetti elettrici) che devono essere
accessibili e quindi non possono essere completamente isolate. La barriera è un elemento che impedisce il
contatto diretto nella direzione normale di accesso. Questi sistemi di protezione assicurano un certo grado di
protezione contro la penetrazione di solidi e di liquidi. Le barriere e gli involucri devono essere saldamente
fissati, rimovibili solo con attrezzi, apribili da personale addestrato oppure solo se l’accesso alle parti attive è
possibile dopo avere aperto il dispositivo di sezionamento con interblocco meccanico o elettrico. In ogni caso
il personale addestrato deve di regola sezionare il circuito prima di operare su parti attive o nelle loro
vicinanze. In alcuni casi di comprovata necessità e solo con l’approvazione del diretto superiore e dopo aver
preso le necessarie misure di sicurezza, è ammesso lavorare su parti in tensione non superiore a 1000 V.
L’interruttore differenziale con corrente nominale d’intervento non superiore a 30mA è riconosciuto come
protezione addizionale (non è riconosciuto come unico mezzo di protezione) contro i contatti diretti in caso
di insuccesso delle altre forme di protezione.
Oltre alle misure di protezione totale sopra illustrate esiste anche il caso in cui si parli di misure di protezione
parziale, di solito nel caso in cui si ha a che fare con livelli poco pericolosi di tensione. Le misure di
protezione parziale si ottengono mediante ostacoli e mediante allontanamento. Hanno il compito di
proteggere dai contatti accidentali e di realizzare l’allontanamento di parti a tensione diversa
simultaneamente accessibili, ma non hanno efficacia verso i contatti intenzionali. Sono destinate solo alla
protezione di personale addestrato e vengono applicate nelle officine elettriche. Non devono poter essere
rimosse accidentalmente, ma la rimozione intenzionale deve poter avvenire senza chiave o attrezzo.
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Sistemi di protezione per i contatti indiretti:
Uno dei sistemi più efficaci per la protezione dai contatti diretti è l’uso dell’interruttore differenziale.
L’interruttore differenziale può essere così schematizzato:
Esso è un componente che serve anche per evitare che un piccolo guasto di dispersione in un utilizzatore si
propaghi rompendo la macchina. Questo componente ormai è presente in quasi tutte le nostre case e
funziona così:
Se l’impianto funziona correttamente la corrente entrante che passa nell’avvolgimento A è uguale e contraria
alla corrente uscente, che circola nell’avvolgimento B. Si creano così 2 campi magnetici uguali e contrari, i
quali si controbilanciano, e perciò non c’è la presenza di flusso risultante.
Se invece c’è una dispersione di corrente nell’utilizzatore chiaramente, la corrente che circola in A (entrante),
sarà diversa da quella che circola in B (uscente). I campi magnetici a questo punto, non saranno più
controbilanciati, ma verrà a crearsi un campo magnetico risultante.
La bobina di rilevamento allora immersa nel campo magnetico risultante, viene così sottoposta ad una
differenza di potenziale che andrà ad eccitare il relè collegato ad essa. Il relè eccitandosi apre il circuito e
interrompe la circolazione di corrente. Tutto ciò avviene in pochi millesimi di secondo e molto spesso può
salvarci la vita.
Per essere davvero efficace il differenziale deve essere accoppiato ad un impianto di messa a terra che da’
un’ulteriore protezione all’uomo.
Oltre all’interruttore differenziale esistono altri componenti di protezione, come l’interruttore
magnetotermico, che funziona con principi diversi ma che ha anch’esso una funzione di protezione ai contatti
indiretti.
Tutti gli apparecchi di manovra, in base alla norma CEI 64.8 devono essere scelti in base al seguente
criterio: il valore della corrente di impiego dell’apparecchio (Ib), deve essere superiore della corrente
nominale (In), ma inferiore della portata (Iz); si può riassumere con la seguente relazione:
Per la protezione dai contatti indiretti si cerca sempre di non creare differenza di potenziale fra due punti
accessibili, si cerca per tanto di equipotenzializzare l’impianto.
Per fare ciò molto spesso si ricorre ad un impianto di messa a terra.
Per quanto riguarda gli impianti di messa a terra esistono configurazioni diverse:
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o
o
o
TT – è il più usato ed è caratterizzato dal fatto di avere il neutro e le masse collegate direttamente a
terra tramite due impianti separti;
TN – si divide in TN-C e TN-S, nel primo caso il neutro e il conduttore di protezione sono combinati
in un solo conduttore, in oltre le masse sono collegate direttamente al neutro che è anche
conduttore di protezione; nel secondo caso il conduttore neutro e quello di protezione sono separati,
le masse sono collegate all’impianto di terra della cabina attraverso il conduttore di protezione PE;
IT – questo sistema è caratterizzato dal fatto di avere le parti attive isolate da terra e le masse
collegate a terra tramite il conduttore PE.
Sotto sono riportate le schematizzazioni degli impianti sopra descritti:
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Quando entriamo in contatto con una parte in tensione il nostro corpo è come se diventasse un carico nel
circuito, poiché possiede un valore di resistenza; per questo motivo ci sarà una circolazione di corrente
all’interno del nostro organismo, che provocherà conseguenze più o meno gravi a seconda della intensità.
Consideriamo il circuito in figura, questo è costituito da una resistenza R (resistenza del corpo umano), da
un generatore G che produce una forza elettromotrice. Chiudendo il contatto T, ne circuito circola una
corrente che sarà data dal rapporto I=E/Rt.
Risulta difficoltoso stabilire il valore della resistenza del corpo umano che dipende da diversi fattori di natura
fisica e biologica, ad esempio l’umidità dell’ambiente, il peso dell’individuo, o anche se negli indumenti
possiede parti metalliche.
Un altro fatto da tenere in considerazione è la modalità di inserimento nel circuito, che può essere MANOMANO, MANO-PIEDE.
MANO-PIEDE
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MANO-MANO
(Il percorso della corrente è indicato con la linea tratteggiata)
In relazione al valore della corrente che attraversa il corpo, può provocare o meno la morte dell’individuo; in
linea di massima i valori della corrente nella maggior parte dei casi possono provocare i seguenti effetti:
da 0,1 a 0,5 mA – piccole percezioni superficiali che non provocano nessun
effetto
da 0,5 a 10 mA - leggere paralisi ai muscoli delle braccia con principio di
tetanizzazione (contrazione involontaria) nessun effetto
fisiologico pericoloso
da 10 a 50 mA
- estensione della paralisi ai muscoli del torace con sensazione
di soffocamento e intontimento. Possibilità di fibrillazione
ventricolare
sup. a 50 mA
– traumi cardiaci, persistente fibrillazione cardiaca.
Effetto LETALE.
La resistenza del corpo umano si suppone comunque ad un valore intorno al migliaio di ohm (Ω)
IL TRASFORMATORE:
Il trasformatore è una macchina elettrica statica costituita da due avvolgimenti (avv. Primario, avv.
Secondario) di materiale conduttore, generalmente rame, avvolto ad un nucleo ferromagnetico. Il
trasformatore funziona grazie alla circolazione del flusso magnetico, per questo motivo il nucleo deve essere
costruito in materiale ferromagnetico, il quale permette facilmente la circolazione appunto del flusso
magnetico.
Questa macchina trasforma i parametri della potenza (tensione e corrente), pur mantenendo il valore di
questa invariato, sia in ingresso che in uscita;
se il trasformatore è di tipo alzatore il valore di tensione in uscita sarà maggiore del valore di tensione in
ingresso, di conseguenza per mantenere il valore di potenza costante, il valore di corrente sarà maggiore
nell’avvolgimento secondario rispetto al valore di corrente circolante nel primario, questo provoca anche
alcuni accorgimenti costruttivi;
se invece il trasformatore è di tipo abbassatore avverrà il fenomeno inverso.
Per aver i un rendimento vicino al valore massimo la macchina dovrebbe essere costruita seguendo questi
due principi: una facile circolazione del flusso magnetico e un buon isolamento elettrico tra circuito primario
e secondario.
Costruttivamente il trasformatore può avere essenzialmente 3 configurazione:
• Trasformatore a mantello
• Trasformatore a colonne
• Trasformatore a toroide
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Il trasformatore a mantello è caratterizzato dal fatto che i due avvolgimenti sono avvolti concentricamente su
un unico nucleo ferromagnetico, elettricamente isolati l’uno dall’altro (generalmente sotto il primario e sopra
il secondario). Questa configurazione consente una buona circolazione del flusso magnetico, che circola per
buona parte in un solo ramo del circuito ferromagnetico; per questo motivo il nucleo ferromagnetico ha una
dimensione doppia nella colonna centrale rispetto alle due armature. Questa configurazione segue il principio
della facile circolazione del flusso.
Il trasformatore a colonne è caratterizzato dal fatto che i due avvolgimenti sono avvolti su due rami diversi
del nucleo ferromagnetico; questa configurazione segue il principio dell’ottimo isolamento tra circuito
primario e circuito secondario.
Il trasformatore a toroide invece è caratterizzato dal fatto che il nucleo ferromagnetico abbia una forma
appunto toroidale, cioè è una specie di cerchio cavo sul quale sono avvolti i due avvolgimenti; a causa della
sua particolare forma il trasformatore a toroide è di difficile costruzione quindi non trova largo spazio nella
produzione industriale, anche se questa configurazione assicura una buona e facile circolazione del flusso
magnetico.
Le prime due configurazioni descritte sono caratterizzate dal fatto che il nucleo ferromagnetico non sia un
pezzo unico, ma sia bensì “scomposto” in tanti lamierini accoppiati a relativi tra ferri; ciò avviene per un
preciso motivo: la presenza delle correnti parassita all’interno del nucleo ferromagnetico.
Queste particolari correnti circolano all’interno del nucleo in direzione perpendicolare al flusso magnetico con
verso circolare, esse se non vengono scomposte grazie alla laminazione del nucleo possono provocare gravi
perdite per effetto joule nel ferro surriscaldandolo e intaccando le prestazioni della macchina.
Il nucleo, con relative correnti parassite, può essere così schematizzato, in sezione orizzontale, mostrando
cosa avviene praticamente a queste correnti una volta che il nucleo viene laminato (i lamierini devono essere
elettricamente isolati tra loro altrimenti non avrebbe senso la laminazione):
Nello schema è ben visibile come, nel caso in cui il nucleo sia intero la corrente parassita risulta di
un’intensità sostenuta provocando, di conseguenza, perdite nel ferro anch’esse d’intensita sostenuta; nel
caso in cui, invece, il nucleo sia laminato, la corrente parassita viene scomposta in tante piccole correnti di
valore irrisorio che provocheranno perdite nel ferro di valore anch’esse irrisorio.
Un altro aspetto costruttivo da prendere in considerazione, nel trasformatore, è la misura della sezione degli
avvolgimenti, essa risulta infatti in funzione della corrente circolante.
Sapendo benissimo che in una trasformatore, ad esempio, abbassatore, se il valore di tensione al secondario
è inferiore al valore di tensione del primario, di conseguenza il valore di corrente circolante nel secondario è
maggiore del valore di corrente circolante nel primario;
per questo motivo il diametro delle spire del circuito secondario è maggiore del diametro delle spire del
primario, per sopportare appunto un maggior valore di corrente;
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il numero di spire invece sarà maggiore nel circuito primario rispetto al numero di spire del circuito
secondario.
Un trasformatore abbassatore si presenterà costruttivamente con:
al circuito primario un numero di spire maggiore, ma di sezione inferiore rispetto al circuito secondario.
Per questo motivo è molto importante e da tenere in considerazione il rapporto spire del trasformatore Nsp1
/ Nsp2; se il valore di questo rapporto è infatti maggiore di 1 il trasformatore sarà di tipo abbassatore (per il
fatto che sarà minore il numero di spire nell’avvolgimento secondario rispetto che nel primario), se invece il
valore di questo rapporto è inferiore a 1, il trasformatore sarà di tipo alzatore. Teniamo in considerazione il
fatto che i trasformatori sopra descritti sono del tipo monofase, mentre quelli più utilizzati nell’industria, sono
di tipo trifase;
Schematizzazione di un trasformatore trifase:
Nell’analisi invece analitica di questa macchina è presente un rapporto detto di trasformazione (dato dal
rapporto tra forza elettromotrice sul primario e forza elettromotrice sul secondario), il quale ci permette di
ricavare i parametri del circuito secondario in funzione dei parametri del circuito primario o viceversa.
Il circuito equivalente del trasformatore con i relativi parametri può essere così schematizzato:
In cui i parametri indicano:
K : Rapporto di trasformazione che equivale : E1/E2 = N1/N2 = V1/V2 = I2/I1;
R1 : Perdite per effetto joule nel circuito primario (su cui agisce una Potenza attiva) ;
R2 : Perdite per effetto joule nel circuito secondario;
Ro : Perdite nel ferro (perdite a vuoto);
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X1 : Perdite a causa della potenza induttiva agente sul circuito primario;
X2 : Perdite a causa della potenza induttiva agente sul circuito secondario;
Xo : Perdite induttive per effetto della corrente magnetizzante;
V1 : Tensione di alimentazione del circuito primario;
V2 : Tensione in uscita al trasformatore;
E1 : Forza elettromotrice agente sull’avvolgimento primario (tensione di fase al primario);
E2 : Forza elettromotrice agente sull’avvolgimento secondario (tensione di fase al secondario);
I1 : Corrente di alimentazione;
Im : Corrente magnetizzante;
Io : Corrente a vuoto;
I’1 : Corrente totale circolante nei parametri trasversali del circuito primario;
I : Corrente circolante nelle N1 spire;
I2 : Corrente in uscita del trasformatore (corrente fornita);
Per poter studiare questa schematizzazione del trasformatore occorre tener presente, oltre che il rapporto di
trasformazione K, anche due equazioni fondamentali, l’equazione del circuito primario e quella del circuito
secondario:
Eq. Primario: V1 = - E1 + R1Io + jX1Io
Eq. Secondario: V2 = - E2
Queste due equazioni insieme al valore del rapporto di trasformazione ci permettono di risolvere gli esercizzi
applicativi e di poter analizzare analiticamente la macchina.
Un metodo per sfruttare il rapporto di trasformazione è il trasporto dei parametri:
questo metodo permette di ricavare i parametri del primario in funzione di quelli del secondario o viceversa.
In che modo?
Per passare dal primario al secondario, per quanto riguarda i parametri trasversali, e necessario moltiplicare
per K², mentre, in riferimento sempre ai parametri trasversali, per passare dal secondario al primario è
necessario invece dividere per K².
Per quanto riguarda invece i parametri verticale si procede inversamente, cioè per passare dal primario al
secondario, si divide per K² , mentre per passare dal secondario al primario si moltiplica per K².
Schema esplicativo:
Nel trasformatore, come in ogni altra macchina elettrica in cui avviene una trasformazione di energia, si
parla di caso ideale e caso reale, poiché lo studio teorico si discosta dalla realtà; bisogna tenere infatti
sempre in considerazione che nelle trasformazioni, non tutta l’energia viene trasformata, parte di essa viene
dispersa sotto forma di energia dissipata in calore per varie cause.
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Le principali perdite sono:
o Perdite meccaniche (Pm) sono dovute all’attrito fra parti meccaniche fisse e parti in movimento
(presenti solo nelle macchine rotanti);
o Perdite joule (Pj) indicano la potenza trasformata in calore per effetto Joule sulle resistenze dei
conduttori percorsi da corrente (chiamate anche perdite nel rame Pcu);
o Perdite nel ferro (Pfe) si dividono in perdite per isteresi e per correnti parassite.
Le perdite fanno si che la potenza resa dalla macchina Pr sia minore della potenza assorbita Pa. Si definisce
rendimento
η il loro rapporto.
η = Pr / Pa
La potenza assorbita può essere espressa anche come dalla somma tra la potenza resa e le perdite, indicate
con la lettera p, si ottiene: Pa = Pr + p ; da cui Pr = Pa – p;
il rendimento si può quindi esprimere anche sotto la seguente forma:
η = Pr / Pr + p che equivale anche a Pa – p / Pa.
Per lo studio analitico dei parametri del trasformatore sono necessarie due prove pratiche:
• Prova a vuoto;
• Prova in cortocircuito;
Prova a vuoto: lo scopo della prova è la determinazione delle perdite nel ferro del trasformatore e, in
secondo luogo, della corrente e del fattore di potenza cosφ a vuoto. A vuoto significa che il trasformatore
viene alimentato al primario, mentre il circuito secondario viene lasciato aperto senza inserire alcun tipo di
carico. È noto che, alimentando un trasformatore con il circuito secondario aperto, viene richiamata dalla
linea di alimentazione una certa potenza Po; poiché il valore della corrente risulta molto basso, le perdite per
effetto Joule nel circuito sono trascurabili, quindi la potenza Po rappresenta l’intera potenza dissipata per
isteresi e correnti parassite, nei lamierini costituenti il circuito magnetico.
Prova in cortocircuito: lo scopo di questa prova è invece la determinazione delle perdite per effetto joule,
delle perdite addizionali, della tensione di cortocircuito, del fattore di potenza cosφ di cortocircuito,della
resistenza equivalente e della reattanza equivalente.
La prova viene effettuata alimentando il circuito primario e cortocircuitando il circuito secondario, integrando
opportunamente il tutto con un wattmetro, un volmetro e un amperometro.
Una volta effettuate queste due importanti prove abbiamo ricavato tutti i parametri necessari per lo studio
analitico della nostra macchina.
Inglese: Transformer
Transformer is an electric, static machine.
It consists of two coils wound upoun a single core.
Transformer is able to transform alternative voltage and current from high to low values and viceversa;
current is the same in all parts of a series circuit, so the current induced in one turn will flow through the
other coil. We can say that the power consumed by the secondary is the same as the power consumed by
the primary ( when the voltage steps up the current steps down ).
Transformer follows the law of the conservation of energy that say that the output power can’t be graeter
than the input power, the input power is equal to the output power.
There are two type of transformers: Step-up transformer and Step-down transformer.
In the step-up transformer the voltage of the secondary is more than the voltage of the primary, on the
contrari the current in the secondary is less than the current in the primary; in a step – up transformer the
ratio between the number of turns of the secondary and the number of turns in the primary is more than
one.
In the step-down transformer, is the contrary of the step – up transformer.
STEP- UP TRANSFORMER : Np / Ns > 1
STEP-DOWN TRANSFORMER : Np / Ns < 1
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To encrase the electromotivforce we have to encrease the number of turns; so, for example, in a Step – up
transformer the number of the turns of second coil is more than the number of turns of the first coil.
Coefficient of coupling is the strength of mutual indactance* between two coils.
( * Mutual indactance: is the propriety that links the two coils; it dipends on the distance of the two coils, if
two coils are very near mutual indactance is high, on the contrary if the two coils are far mutual indactance
is low).
The coils can be loosely coupled or closely coupled; in the first conditon two coils are placed so that, only a
few of their magnetic lines of force interact; in the second case the two coils are placed very close to each
other so most of the lines of force, from each coil cut across the other.
In theory ( caso ideale ) maximum quantity of cupling between two coils is 100%; this phenomenon occurs
when all of the magnetic lines of one coil cut across all of the turn of the other, and viceversa.
In pratice ( caso reale ) 100% coupling can never be totally achieved, but you can encrease coupling if both
coils are wound upon a single core.
The transformer losses:
A source of energy loss in a transformer is the resistance. Resistance usually has a small value, in a
transformer, so it produces only a small voltage loss.
Another important type of energy loss in a transformer is iron loss;
there are two important kind of iron losses type:
hysteresis loss and eddy current ( corrente parassita ).
Hysteresis loss is the loss caused by the change of the positon of atoms caused by the ch’ange of direction
of the current and the magnetic field;
it can be reduced constructing the core of some material that is very easy to magnetize and demagnetize (
for example, slicon steel).
Eddy current is the current that is induced in the conductive core by the fluctuating magnetic field of the
coils;
to reduced eddy current, transformer cores are often made of a pile of very thin metallic sheets called
laminations; laminations are insulated from each other, by a layer (strato) of varnish of oxide.
ITALIANO:
Luigi Pirandello
Luigi Pirandello nacque il 28 giugno 1867 ad Agrigento in una famiglia benestante; il padre Stefano era un
ex garibaldino proprietario di una miniera di zolfo, mentre la madre Caterina Ricci Gramitto apparteneva a
una famiglia di tradizioni antiborboniche. La vita famigliare del giovane Pirandello non fù affatto serena a
causa della personalità forte e prevaricatrice del padre: da questa precoce esperienza Luigi Pirandello
incominciò ad avere una concezione della famiglia come un luogo soffocante, come una trappola, in cui i
rapporti non potevano essere autentici. Dopo la prima istruzione ricevuta in casa, ottenne il permesso di
iscriversi al ginnasio di Palermo, anche se il padre vedendolo come erede della sua attività, avrebbe preferito
fargli intraprendere studi tecnici. Dopo il liceo Pirandello frequentò la facoltà di lettere, prima nell’università
di Palermo, poi a Roma ed in fine in Germania nella città di Bonn. Durante il suo soggiorno tedesco
Pirandello si avvicino alla letteratura tedesca, in particolare ad autori come Schopenhauer e Goethe, di cui
tradusse alcuni componimenti. Dalla giovinezza fino alla maturità Pirandello si dedico molto alla poesia e
produsse alcune raccolte di versi di stampo del tutto tradizionalistico in cui si può avvertire l’influenza di
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Carducci; la prima raccolta risale al 1889 e venne intitolata Mal giocondo, mentre l’ultima è data 1912 ed è
intitolata Fuori di chiave.
Tornato poi in Italia, dal suo soggiorno tedesco, Pirandello accettò di sposare Antonietta Portulano donna
dall’aspetto incantevole ma di salute cagionevole e psicologicamente fragile; questo fù un matrimonio di
convenienza, poiché Antonietta era figlia di un socio d’affari del padre di Pirandello. Gli inizi del matrimonio
furono comunque felici e la coppia poté vivere a Roma dove Luigi ebbe l’opportunità di frequentare gli
ambienti letterari della capitale e conoscere alcuni letterati come Luigi Capuana, che lo incoraggiò nella sua
attività di scrittore. In questo periodo Pirandello scrisse i suoi primi romanzi:
• L’esclusa(1893), si tratta di un romanzo naturalista che vuole mettere in evidenza i condizionamenti
dell’ambiente; in realtà si prospettano soluzioni che in secondo luogo verranno denominate “del
grottesco”. L’esclusa può sembrare il racconto di una storia di provincia siciliana, ancora arretrata e
ancorata ai suoi tabù, ma è in realtà un’indagine sulla psicologia della protagonista, non tanto
esclusa dalla società per colpa sua, ma esclusa dalla vita per la sua incapacità di vivere e amare. È
presente una deformazione pirandelliana della realtà in cui fa ridere ciò che dovrebbe far piangere e
fa piangere ciò che dovrebbe far ridere; la protagonista è dapprima cacciata di casa benché
innocente, quindi riaccolta benché colpevole.
• Il Turno(1895), presenta anch’esso situazioni comico-grottesche che hanno l’intento di dare
discredito alla famiglia ed al matrimonio, due pilastri della vita borghese; Pepè Alletto è innamorato
della giovane Sellina, ma il padre di lei le fa sposare un vecchio e ricco commerciante nella speranza
che muoia presto lasciando tutto in eredità alla figlia. Il vecchio però non muore e si ricorre agli
avvocati per effettuare il divorzio, Stellina deve perciò sposare l’avvocato che però muore di li a poco
di infarto; a questo punto finalmente è il turno di Pepè che può finalmente sposare la sua amata. Il
turno mette a confronto il matrimonio d’amore con quello di interesse che rimarranno sicuramente
due situazioni sempre in conflitto.
A partire dal 1897 viene assegnato a Pirandello un lavoro come insegnante di lingua italiana all’istituto
superiore di magistero. Pirandello comincia ad essere attratto dal teatro e compone commedie e atti unici.
Nel 1903 una tragedia colpisce l’autore: una frana distrugge la minera di zolfo del padre in cui erano stati
investiti anche tutti i capitali della moglie Antonietta; la notizia provoca nella donna gravi conseguenze
psicologiche, dapprima crisi nervose poi successivamente una vera e propria malattia mentale che l’affliggerà
per il resto della vita.
• Mentre accudisce la moglie, in pochi mesi Pirandello compone il più celebre dei suo romanzi: “Il fu
Mattia Pascal”. Il romanzo racconta la storia di un uomo Mattia Pascal, il quale viene sottratto dalla
banalità della vita quotidiana vincendo una ingente somma di denaro e leggendo la notizia della sua
morte su un giornale. Mattia è così reso da Pirandello ricco e libero di indagare nelle pieghe della sua
coscienza, in cui scopre vi insicurezza e dissoluzione dell’io. Il protagonista decide allora di trasferirsi
in un’altra città, sotto la falsa identità di Adriano Meis, dove si innamora corrisposto di una giovane
donna di nome Adriana. A questo punto si trova in una situazione senza uscita: derubato non può
sporgere denuncia, sfidato a duello non può difendere il suo onore; decide di simulare il suicidio e
tornare al paese natale. Mattia non riesce a tornare alla sua vecchia vita, poiché la moglie si è
felicemente risposata; egli non è più nessuno, il fu Mattia Pascal.
Da questo romanzo traspare la convinzione di Pirandello che bisogna accettare le regole del gioco
sociale, soffocando qualsiasi aspirazione alla propria libertà individuale.
Oltre ai romanzi sopra citati Pirandello compose anche: “I vecchi e i giovani” (il cui tema principale è il
conflitto generazional) e “Suo marito”.
Nel 1908 Luigi Pirandello scisse il più importante dei sui saggi: “L’umorismo”, in cui teorizza il suo relativismo
conoscitivo sostenendo che la creazione coesiste con la riflessione, l’artista deve essere colui che mette in
luce le contraddizioni della realtà. Nella seconda parte dell’opera Pirandello giunge alla definizione di
umorismo come sentimento del contrario, mettendo in evidenza le contrapposizioni di sentimenti come
felicità e tristezza.
Luigi Pirandello compose anche per tutto l’arco della sua vita numerose novelle che poi raccolse in un'unica
raccolta intitolata “Novelle per un anno”. Le novelle sono 255, una parte di ambiente siciliano, i cui
protagonisti sono essenzialmente contadini, e una parte ambientata a Roma nel classico salotto borghese.
Intorno agli anni della prima guerra mondiale Pirandello debuttò in teatro, ambiente in cui ebbe i maggiori
successi grazie anche ad importanti innovazioni apportate attraverso tre diversi generi:
Il teatro sintetico e futurista, mettendo in scena pieces (scene) brevissime;
il teatro del grottesco, ossia mettendo in scena situazioni paradossali;
infine il teatro umoristico pirandelliano, il quale mette in scena il consueto salotto borghese. Nel 1917
presentò una delle sue principali opere teatrali “Così è se vi pare” attraverso cui immerse gli spettatori nel
relativismo conoscitivo rappresentando l’impossibilità di giungere ad una verità che sia uguale per tutti.
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Pirandello compose poi “Sei personaggi in cerca d’autore”, “Ciascuno a suo modo”e “Questa sera si recita a
soggetto” che rapprendano un esempio di metateatro pirandelliano in cui il teatro mette in scena se stesso e
riflette su se stesso. Ciascuno a suo modo riflette sul conflitto tra attori e spettatori, Questa sera si recita a
soggetto analizza invece il conflitto tra attori attori diventati protagonisti e regista; Sei personaggi in cerca
d’autore mette in scena il conflitto tra personaggi e attori.
Sei personaggi in cerca di autore è senza dubbio l’opera più sorprendente del teatro pirandelliano,
presentando una straordinaria novità di espedienti e mazzi per rappresentarla; i sei personaggi sono definiti
fantasmi che avvertono la necessità urgente della propria materializzazione: se il capocomico accetterà la
loro richiesta, essi non avranno più bisogno dello scrittore e acquisteranno vita autonoma. A questa inaudita
concezione, bisogna affiancare anche mezzi scenici rivoluzionari; la scena è presentata senza sipario con gli
attori che si preparano a provare una precedente e già nota commedia pirandelliana, il capocomico dà le sue
indicazioni ed il suggeritore è ben visibile da tutti con il copione in mano, ciò sta a rappresentare il
metateatro o teatro nel teatro. Ad un tratto dalla sala, attraverso una scaletta laterale si presentano sul
palco i sei personaggi, che di fronte ai sei attori rappresentano una scena del doppio mostrando reciproca
insofferenza e perseguitandosi a vicenda. In questo modo Pirandello ripropone il contrasto tra vita e forma: i
personaggi rappresentano la vita che rompe gli argini che vogliono trattenerla e gli attori rappresentano la
forma che falsifica la vita.
L’ultima stagione creativa di Pirandello è rappresentata dal “teatro dei miti”, definito così dallo stesso autore,
attraverso cui cerca di fondare valori, di dare soluzioni ai problemi dell’uomo da ricercare nella vita
comunitaria, nella religione e nell’arte. L’autore afferma inoltre che non ci sono soluzioni, a questi genere di
problemi, nel mondo reale; bisogna trasferirsi in un “oltre” utopistico per poter credere che qualche valore
dia un senso alla misera vita dell’uomo. Il teatro dei miti è perciò ambientato in un mondo primitivo e unico
e racconta storie, prevalentemente, con pastori come protagonisti.
Nel frattempo, intorno al 1926, Pirandello congeda il suo ultimo romanzo, al quale stava lavorando ormai da
15 anni: “Uno, nessuno e centomila”. In questo componimento traspare la concezione del mondo dell’autore
caratterizzata da: relativismo conoscitivo, visione della famiglia come trappola e luogo soffocante, la follia
come unica tregua dalla vita normale e come unica evasione dal ruolo che ci è stato imposto dalla società.
Luigi Pirandello ricevette il premio Nobel per la letteratura nel 1934 e morì nel 1936.
Luigi Pirandello visse nel periodo di ascesa fascista, infatti si iscrisse anche al partito pur avendo convinzioni
del tutto diverse da quelle del regime totalitario.
STORIA:
Tra le due guerre: l’ascesa del fascismo
La crisi del sistema liberale:
Siamo nel 1919 subito dopo la fine del primo conflitto mondiale. L’Italia pur essendo una nazione tra le
vincitrici del primo conflitto mondiale durante la conferenza di Versailes rivestì un ruolo del tutto subalterno;
ciò fu evidente quando si dovette affrontare il problema della dissoluzione di Austria e Ungheria. L’Italia
secondo il patto di Londra avrebbe dovuto occupare il territorio della Dalmazia, mentre Fiume doveva restare
all’impero austroungarico. Il governo italiano riuscì ad ottenere dagli alleati l’annessione il riconoscimento
dell’annessione dell’Alto Adige, mentre alla richiesta di unire anche Fiume, incontrò una netta opposizione
degli Stati Uniti. L’appoggio agli USA di Francia e Gran Bretagna spinsero l’Italia ad abbandonare la
conferenza di Verailles senza alcun risultato.
Incominciò a questo punto a dilagare indignazione, negli ambienti nazionalisti, verso gli alleati; il
risentimento fu accolto dal poeta D’Annunzio che appoggiato da 25000 uomini entrò a Fiume proclamandone
l’annessione. Il gesto eroico non ebbe alcun effetto sul piano internazionale, ma riuscì a portare una
convergenza tra interventismo rivoluzionario di sinistra e nazionalismo, il quale incominciò a crearsi base
sociale di massa. Nel novembre 1919 si svolsero le elezioni che videro i liberali sconfitti, mentre i socialisti
divennero il primo il primo partito con 156 seggi su 509; i fascisti non riuscirono ad eleggere alcun deputato.
Tornato alla guida del paese Giolitti presentò un programma riformista con l’intento di assorbire le tensioni
sociali tramite la mediazione del governo e a risanare il bilancio dello Stato ma il partito liberale non godeva
più di una solida maggioranza in Parlamento e gli elettori borghesi erano ostili a questa politica poichè
colpiva fiscalmente la loro classe sociale.
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Nascita
e
ascesa
del
movimento
fascista:
Presentatosi alle elezioni del 1919 con un programma nazionalista e anticapitalista, il movimento fascista
aveva ottenuto solo poche migliaia di voti e sembrava dover occupare un ruolo marginale nella vita politica
italiana. Mussolini tra la fine del 1920 e l’inizio del 1921 capì che i sui fedelissimi fasci di combattimento
(squadriglie fasciste) potevano assumere un ruolo strategico nella conquista del potere. In un periodo in cui
il paese era travagliato da una pesante crisi sociale, il fascismo avrebbe potuto diventare un punto di
riferimento per i ceti medi, gli industriali e i proprietari terrieri, che erano convinti che lo Stato non fosse più
affidabile ormai incapace di colpire le forze socialiste. A questo punto le squadre armate si misero al servizio
degli agrari distruggendo con atti di violenza le organizzazioni socialiste, aumentando così iscritti e
simpatizzanti del partito che si creava così una base sociale di massa, appoggiato anche dalla borghesia
industriale. Il capo del governo Giolitti assistette a questi fatti senza intervenire, convinto di poter sfruttare il
fascismo come arma contro le proteste socialiste, scelta che si rivelò pericolosa ed infondata. Giolitti indette
delle elezioni parlamentari nel 1921 in cui l’unica novità di rilievo fu l’entrata in camera di Mussolini e altri 34
deputati fascisti; il fascismo nonostante i suoi metodi violenti venne quindi riconosciuto partito legittimo dal
governo. Dopo le elezioni Giolitti si dimise da capo del governo e al suo posto subentrò l’ex socialista Bonomi
che incapace di contrastare l’illegalità fascista cercò di intraprendere la via del dialogo. I fascisti però
rifiutarono anche questa via decisi ad eliminare completamente le forze socialiste; nel 1921 Mussolini fondò il
partito nazionale fascista, riuscendo a mettere d’accordo le fazioni che si erano create all’interno del partito.
Cadde il governo Bonomi gettando il paese in una nuova crisi sociale; succedette l’ultimo governo liberale
guidato da Luigi Facta. Nel frattempo Mussolini si era assicurato l’appoggio del popolo in tutte le piazze
italiane e decise di ribaltare il governo marciando nella capitale. L’idea della marcia su Roma venne
approvata al con grasso del partito a Napoli nell’ottobre del 1922 ed il 27 del mese l’esercito delle “camice
nere” si mise in marcia dalle regioni del Centro – nord. Mussolini contava sull’impotenza della classe
dirigente e sulle simpatie che il fascismo riscuoteva nel ceto imprenditoriale e a Corte, infatti Vittorio
Emanuele III, intimorito dell’eventualità di una guerra civile non volle agire contro le colonne fasciste e non
firmò il decreto per proclamare lo stato d’assedio presentatogli da Facta, il quale diede le dimissioni. Il 28
Ottobre le camice nere entrarono nella capitale e la mattina del 30 Mussolini fu incaricato dal re di formare
un nuovo governo. Il colpo di stato era compiuto, Mussolini ed il fascismo erano saliti al potere mettendo la
parola fine all’ultimo governo liberale.
L’Italia
fascista:
Giunto al potere il fascismo si assicurò il controllo dell’apparato statale. La nomino di Mussolini a presidente
del consiglio, con carica anche di ministro degli interni, non favorì il ritorno alla legalità; la violenza contro gli
oppositori non ebbe tregua, tanto che il partito comunista entrò in una sorta di semiclandestinità e l’influenza
dei sindacati socialisti diminuì sempre di più per lasciare spazio a quelli fascisti. L’unico partito in grado di
opporsi al Fascismo era quello Popolare, ma le simpatie per i fasci si stavano estendendo anche nei reparti
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ecclesiastici, soprattutto dopo la nomina a papa di Pio XI. Mussolini per assicurarsi l’appoggio della chiesa,
avvio una politica distensiva verso quest’ultima riformando l’apparato scolastico nel 1923, accrescendo il
peso della dottrina cattolica. L’intesa tra stato e chiesa diede il colpo di grazia al Partito Popolare italiano,
infatti Mussolini ottenne le dimissioni di Sturzo dalla carica di segretario del partito. Il capo del governo nel
1924 indisse nuove elezionicon una nuova legge elettorale maggioritaria che assicurava i due terzi della
camera a chi avesse ottenuto almeno il 25% dei voti; le liste nazionali egemonizzate dai fascisti ottennero il
65% dei voti. Giacomo Matteotti, segretario del Partito socialista denunciò brogli alle elezioni e violenze
fasciste; la sua unica voce fu posta rapidamente a tacere, infatti egli fu rapito ed assassinato nel giugno
1924, da sicari fascisti. Le conseguenze del fatto furono considerevoli: tutto il Paese fu scosso da un’ondata
di malcontento, indignazione e protesta contro il fascismo e Mussolini. Il capo del governo fu costretto a
dare le dimissioni dalla carica di ministro degli interni e l’opposizione liberale decise di ritirarsi dalla Camera e
di riunirsi in separata sede in nome della legalità, era la secessione dell’Aventino. Ciò rimase solo un gesto
simbolico, piochè il re si limitò a lanciare un appello di concordia nazionale e Mussolini passò al contrattacco
nel celebre discorso alla camera del 1925, in cui si assunse tutte le responsabilità del fatto sfidando
l’opposizione e segnando il definitivo passaggio all’instaurazione della dittatura. Seguì un’ondata di violenze
ed arresti, la stampa fu messa sotto controllo e la Confindustria si impegnò a riconoscere solo i sindacati
fascisti (venne abolita la libertà di sciopero). Tra il 1925 e il 1926 furono poi varate le “leggi fascistissime”,
che abolivano il principio della separazione dei poteri ed instauravano un regime a partito unico con il potere
concentrato nelle mani di un unico uomo: il Duce; furono poi aboliti tutti i giornali e i partiti politici di
opposizione, e fu instaurato un tribunale speciale per la difesa dello Stato presieduto da un generale
dell’esercito.
Lo stato fascista fu un esempio di totalitarismo incompiuto poiché presentava due grandi limitazioni: la
Chiesa ed il Re.
( Con totalitarismo si definisce un regime dittatoriale che può essere accomunato ad una modernizzazione
dell’assolutismo. Le caratteristiche più importanti sono:
l’ideologia che prevade ogni ambito della società;
il partito unico capeggiato da un dittatore;
l’uso del terrore messo in atto dalla polizia segreta;
il monopolio della violenza;
il controllo dei mezzi di comunicazione di massa;
la pianificazione centralizzata dell’economia.
Il regime totalitario dunque punta a controllare in modo capillare e profonde tutte le sfere della vita sociale,
mantenendo le masse in costante stato di mobilitazione.)
I due ostacoli quindi che limitarono lo strapotere fascista furono la Chiesa e la monarchia sabauda: la prima
oppose una forte resistenza alla penetrazione dell’ideologia fascista nella vita sociale, mentre la seconda
rimase un centro di potere indipendente che esercitava particolare influenza sull’esercito. Vedendo nella
chiesa un ostacolo insormontabile, Mussolini cercò di giungere ad un accordo che regolasse definitivamente i
suoi rapporti con il papato firmando l’11 febbraio 1929 i Patti lateranensi.
I Patti lateranensi prevedevano:
un trattato internazionale con cui la santa sede riconosceva lo stato italiano con Roma capitale, mantenendo
la sovranità sullo Stato del Vaticano;
una convenzione finanziaria attraverso cui il papa riceveva un cospicuo indennizzo a titolo di risarcimento per
le espropriazioni dei beni appartenuti alla chiesa, da parte del governo, in seguito ai primi anni di unità del
paese;
un concordato che stabiliva l’introduzione della dottrina cattolica come materia di insegnamento scolastica;
l’esclusione dei preti spretati dai pubblici uffici;
il riconoscimento degli effetti civili del matrimonio;
l’autonomia delle organizzazioni confessionali facenti capo all’azione cattolica.
In questo modo venne annullato il carattere laico dello stato italiano che era stato indetto in seguito
all’unificazione ed il fascismo rinunciò al suo anticlericalismo.
Per quanto riguarda le ripercussioni sociali del regime, essendo Il leader Mussolini convinto del fatto che il
numero facesse potenza, ,inaugurò una politica di crescita demografica che assicurava premi alle famiglie
più numerose ed una tassa sul celibato; si dedicò anche molta attenzione ai mezzi di comunicazione di
massa, come cinema e radio, puntando molto sulla propaganda del partito, cercando di assicurarsi il
consenso delle masse; i giovani ricevettero un’educazione ideologica e militare in organizzazioni come
l’Opera nazionale balilla. Al regime non sfuggì neanche l’importanza del tempo libero delle grandi masse
lavoratrici, che venne gestito dalle strutture del Dopolavoro, mentre anche lo sport esercitò un ruolo
importante nel promuovere l’identificazione con il regime e la nazione.
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In campo economico al regime fascista non interessava tanto raggiungere uno sviluppo ma riuscire ad
ottenere una condizione di stabilità sociale ed economica. Venne emanata la Carta del lavoro dal Grande
consiglio del fascismo che stabiliva i principi generali e l’articolazione del corporativismo che venne introdotto
per favorire la collaborazioni tra classi e risolvere i conflitti sociali. Essendo l’Italia un paese caratterizzato da
grande importazione dall’estero di materie prime, aveva sviluppato un considerevole deficit nei conti con
l’estero; il fascismo decise allora di ridurre considerevolmente il peso delle importazioni, realizzando misure
protezionistiche e rivalutando il valore della lira. Nel 1926 fu avviato un piano per portare la moneta italiana
alla cosiddetta “quota novanta”, ossia 90 lire per una sterlina; ciò fu il primo esempio del maggiore
interventismo economico dello stato. Il piano fu realizzato nel giro di pochi anni grazie anche ad un
sostanzioso prestito statunitense. Avendo limitato considerevolmente le importazioni, per raggiungere
l’autosufficienza nel settore cerealiaco il governo decise di inasprire la tassa sui cereali e di incentivare la
produzione con la “battaglia del grano” volta a estendere le superfici coltivate a cereali e all’uso di nuove
tecnologie nella coltivazione come ad esempio fertilizzanti e diserbanti chimici.
In politica estera le aspirazioni fasciste si orientarono fin da subito verso l’area danubiano-balcanica e il
continente africano.
Durante gli anni venti l’Italia instaurò stretti rapporti con Bulgaria, Austria e Ungheria, entrando però in
conflitto con la Jugoslavia, per il controllo dell’Albania. Volendo un’egemonia nel continente africano lo Stato
fascista entrò in conflitto con Inghilterra e Francia, paesi in cui molto spesso andavano a rifugiarsi molti esuli
antifascisti. Mussolini voleva particolarmente conquistare l’Etiopia, anche se questa fosse un paese
appartenente alla società delle nazioni e per questo motivo Francia ed Inghilterra non avrebbero accettato la
conquista italiana. L’impresa etiopica nasceva dalla necessità di consolidare il consenso al regime, che
cominciava ad incrinarsi a causa delle difficoltà economiche interne al paese; questo obiettivo venne
raggiunto. La SDN punì il paese italiano con pesanti sanzioni economiche che non ebbero però conseguenze
poiché, paesi come Stati Uniti e Germania, non facenti parte della società delle nazioni, rimasero fuori da ciò
e continuarono a commerciare liberamente con l’Italia. Il 5 maggio 1936 venne poi riconosciuto l’impero
italiano in Africa anche dalla SDN.
In questo periodo stava prendendo sempre più potere la Germania nazista e l’Italia fascista vide in essa un
potente alleato ed i rapporti tra i due leader autoritari si fecero sempre più stretti fino alla firma nel 1936 di
un patto d’amicizia denominato “Asse Roma - Berlino”, l’impegno poi sullo stesso fronte nella guerra di
Spagna e l’adesione italiana nell’autunno 1937 al Patto anticomintern segnarono un ulteriore avvicinamento
tra Italia e Germania. Nel maggio 1939 Hitler e Mussolini stipularono un formale trattato di alleanza (Patto
d’acciaio) in base al quale, se una delle due parti si fosse trovata coinvolta in un conflitto, l’altra avrebbe
dovuto subito intervenire al suo fianco. L’alleanza tra Germania ed Italia non fu solamente un fatto politico,
infatti, il nazismo esercitò un’influenza crescente sul regime fascista che vedeva come “esempio” la maggiore
radicalità tedesca, tanto che Mussolini nel 1938 varò una legislazione antiebraica soltanto per assicurarsi il
consenso nazista.
Erano gettate a questo punto le basi di un’alleanza che condizionò tutto il corso del secondo conflitto
mondiale.
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