APPUNTI DI MACCHINE ELETTRICHE Non si tratta di una vera e propria dispensa, ma semplicemente della traccia seguita durante le lezioni. Questi appunti non possono in ogni caso sostituire il testo adottato: Luigi Rossi - SISTEMI E AUTOMAZIONE Vol. 2 - Di Piero Editore Legenda riferimenti (riportati in corsivo) a testi: - Rossi2 v. testo in adozione - Burbassi G.Antonelli, R.Burbassi, R.Neri - SISTEMI ED AUTOMAZIONE INDUSTRIALE Vol. 2 - Cappelli Editore Ravenna, dicembre 2003 Ing. Maurizio Quadalti GENERALITA’ SULLE MACCHINE ELETTRICHE Classificazione: - generatori (trasformano energia meccanica in energia elettrica) - motori (trasformano energia elettrica in energia meccanica) - trasformatori (trasformano energia elettrica in energia elettrica di forma diversa) rendimento perdite: = Pu / Pe dove Pu = potenza uscente (o resa) Pe = potenza entrante (o assorbita) - meccaniche (attriti, ventilazioni, ev. organi ausiliari) - nel rame (effetto Joule) - nel ferro (dovute a isteresi magnetica e correnti parassite) V. dati di targa macchine elettriche in Rossi2, pag. 6 I GENERATORI ELETTRICI Principio di funzionamento: fare ruotare una spira in un campo magnetico uniforme Ruotando cambia continuamente il flusso concatenato e avviene che ∆Φ E=− ∆t per cui si induce “naturalmente” nella spira una corrente alternata (mostrare diagramma v(t) in cui si mostra che si ha vmax in corrispondenza di max e non di max, quando invece v(t)=0) ALTERNATORE MONOFASE Costruttivamente si preferisce fare ruotare il sistema induttore (magneti) anziché l’indotto (spire); non è detto che vi debba essere una sola coppia di poli immagini 6.1 e 7.1 pag. 8 Rossi2 Il valore efficace della f.e.m. indotta vale: su ogni spira e, se sono in serie E=K· /T E=K·N· /T o anche E=K·N· ·f visto che f = 1 / T ma a quale velocità angolare deve essere ruotato l’albero dell’alternatore? f = n / 60 se, come si fa di solito, n viene espresso in giri/min se ci sono 2 coppie di poli è come se la velocità di rotazione raddoppiasse, per cui, in generale f = p · n / 60 dove p = n° di coppie polari n = 60 · f / p ALTERNATORE TRIFASE Anziché una sola coppia di avvolgimenti indotti, se ne hanno 3 sfasati di 120° CENNI SULLE DINAMO Costruttivamente si lascia che siano le spire (indotto) a ruotare in un campo magnetico (induttore) occorrono due semianelli di bronzo (collettore) su cui strisciano due spazzole conduttrici (in carbone o metallo grafitato) collegate al circuito utilizzatore in modo da “ribaltare” le semionde della corrente immagine 11.1-14.1 pagg. 11-12 Rossi2 I TRASFORMATORI Principio di funzionamento: v. coeff. di mutua induzione Nella seconda metà dell’800 negli USA si cominciarono ad elettrificare le città. Thomas Edison aveva un’azienda elettrica da molti milioni di $ (con 121 centrali) che distribuiva corrente in c.c. (New York fu inizialmente alimentata in c.c.!). A bassa tensione occorrevano correnti elevate e quindi si avevano dispersioni elevate (P = R · I2). La concorrenza non stette a guardare e George Westinghouse sostenne l’utilizzo della corrente alternata (il primo motore elettrico a c.a. fu progettato dal croato Nikola Tesla) che consente, grazie ai trasformatori, di elevare moltissimo le tensioni e quindi abbassare le correnti (a parità di potenza trasmessa) e di limitare quindi le cadute ohmiche. Attualmente: - corrente generata a 6 ÷ 25 kV - trasformata a diverse centinaia di kV - trasferita su elettrodotti (alta tensione) - trasformata a 15 ÷ 30 kV (distribuzione in media tensione) - trasformata ulteriormente a 220 ÷ 380 V - disponibile agli utilizzatori Costruttivamente un trasformatore è costituito da lamierini isolati fra loro su cui sono avvolti un avvolgimento primario (N1 spire) e uno secondario (N2) immagine 1.2 pag. 19 Rossi2 Trascurando per il momento le perdite si ha che la potenza apparente in entrata sarà uguale a quella in uscita V1 · I1 = V2 · I2 per cui I V2 = V1 ⋅ 1 I2 siccome avevamo visto che 2 = M · I1 e 1 = M · I2 si ha I1 Φ 2 N 2 = = (vedi legge di Hopkinson) I 2 Φ1 N1 Le perdite sono dovute a: - perdite nel ferro (correnti parassite e isteresi magnetica) - perdite nel rame (avvolgimenti) - flussi dispersi in aria che si richiudono su un unico avvolgimento - non vi sono perdite per attriti meccanici lo spreco di energia è minimo visto che solo l’1% circa si trasforma in calore Le reattanze X1 e X2, se la frequenza è costante, si potranno ritenere costanti perché il flusso di dispersione che le origina, sviluppandosi in gran parte in aria, percorre un circuito magnetico che è lecito ritenere a permeabilità magnetica costante. Studieremo separatamente il trasformatore reale a vuoto (ci consentirà di valutare in lab. le perdite di flusso) e quello a carico. (In lab. le perdite nel rame saranno valutate con una prova in corto circuito) FUNZIONAMENTO A VUOTO DI UN TRASFORMATORE A vuoto (I2 = 0) il primario, alimentato in c.a. con tensione efficace V1, assorbe una corrente magnetizzante I sfasata di 90° in ritardo (ritenendo l’avvolgimento puramente induttivo) Empiricamente si è notato che, a frequenza costante, le perdite per correnti parassite e per isteresi aumentano proporzionalmente al quadrato della tensione; siccome ciò è simile a quanto avviene ai capi di una resistenza (P = V · I = V2 / R) si introduce una corrente Ia, detta componente attiva in fase con V1, che tenga conto delle perdite nel ferro V1 ø I Il diagramma vettoriale deve essere completato con le f.e.m. Per la legge di Faraday , in uno qualsiasi dei due avvolgimenti: ∆Φ E =− per ogni spira, per cui complessivamente ∆t ∆Φ E = −N ∆t nel nostro caso il flusso è sinusoidale, per cui in un semiperiodo sostituendo f = 1 / T − ΦM − ΦM Em = − N diventa T /2 V1 I0 = I + Ia Ia ø I Em = 4 f N øM siccome in una grandezza sinusoidale il valor medio è 2/ il valor max 2 EM = 4 f ⋅ N ⋅ Φ M π E M = 2πf ⋅ N ⋅ Φ M e quindi e passando ai valori efficaci E = ·N· Pertanto il flusso, concatenandosi con entrambi gli avvolgimenti, vi induce le f.e.m. E1 = ·N1· E2 = ·N2· entrambe in quadratura ritardo rispetto a V1 I0 = I + Ia Ia E2 ø I E1 Per l’equilibrio delle tensioni si ha che (NB vettorialmente) - nel primario V1 = - E1 + Z1 · I0 trascurando la caduta di tensione Z1 · I0 (in genere qualche % di V1) V1 - E1 in valore assoluto V1 E1 - nel secondario V20 = E2 per cui K0 = V1 / V20 E1 / E2 = N1 / N2 come nel trasformatore ideale FUNZIONAMENTO SOTTO CARICO DI UN TRASFORMATORE Sperimentalmente si è visto che il trasformatore è una macchina a flusso praticamente costante (e quindi anche I0, I e Ia sono praticamente costanti) Siccome si suppone anche la tensione di alimentazione costante, si avrà V1 E1 = ·N1· da cui V1 Φ= ω ⋅ N1 quando al secondario è connesso un carico, circolerà una corrente I2 = E2 / Z2 sfasata in ritardo di 2 questa corrente produrrà una f.e.m. N2I2 che indurrà nel primario un’altra corrente I1’ (corrente di reazione primaria) tale che (visto che si è supposto = cost.) N1I1’ + N2I2 = 0 oppure, in altri termini, tale che sia rispettata la legge di Hopkinson (è un po’ una forzatura perché il traferro non ha = cost.) I1 ’ N1I0 + N1I1’ + N2I2 = · I1 V1 (a vuoto N1I0 = · ) quindi graficamente I0 2 ovvero da N1I1’ + N2I2 = 0 si ha N I1' = − 2 I 2 N1 e quindi si può determinare I1 con una somma vettoriale I1 = I0 + I1’ E2 ø I2 E1 Nel diagramma sono state trascurate le cadute di tensione negli avvolgimenti (normalmente nell’ordine di 1÷10% di V1); in generale si avrà che K = V1 / V2 > K0 Esercizio 1 pag. 29 Rossi2 ASPETTI COSTRUTTIVI DEI TRASFORMATORI E PROVE DI LABORATORIO V. Rossi2 pag. 26-28 I MOTORI ELETTRICI Solitamente sono costituiti da: - statore genera campo magnetico - rotore in cui si induce corrente induttore indotto Principio di funzionamento: campo magnetico + circuito con corrente --> forze riprendere principio di funzionamento a pag. 6 (rifare semplice esperienza) da cui si ricava che la coppia: C=2·F·r sostituendovi F = B · I · l diventa C=2·B·I·l·r essendo B·l·r= si può affermare che, in un motore “reale” C=K· ·I In analogia con i motori a combustione interna, potremmo affermare che: I corrisponde al carburante corrisponde alla cilindrata N corrisponde al n° di cilindri (ed eventualmente V corrisponde al salto entalpico disponibile) MOTORE ASINCRONO TRIFASE E’ un motore costruttivamente molto semplice, che riesce ad avviarsi da solo (senza particolari artifizi) Lo statore è costituito da 3 avvolgimenti coassiali disposti a 120° collegati a stella il rotore è fatto di spire in corto circuito (rotore “avvolto” o “a gabbia di scoiattolo”) immagine 1.3 pag. 32 Rossi2 Gli avvolgimenti statorici generano un campo magnetico (B) rotante alla velocità n1 = 60 · f (f è la frequenza della corrente di alimentazione) pensare ad una “ola” allo stadio o ad uno scrollamento di tappeto Il rotore è fatto in modo che le spire si concatenino con il flusso magnetico statorico; essendo questo flusso rotante, induce sulle spire del rotore delle f.e.m. che generano le correnti conseguenti. La coppia che ne deriva mette in rotazione il rotore che andrà a velocità n2 < n1 (altrimenti = 0, quindi f.e.m. = 0, quindi I = 0, quindi F = 0) si definisce scorrimento n −n s= 1 2 (solitamente sempre inferiore al 6%; i motori grandi hanno valori bassi) n1 quindi all’avviamento n2 = 0 --> s = 1 a vuoto n2 n1 --> s = 0 Così come per i generatori si era visto che aumentando il n° di poli si poteva ottenere la stessa f di corrente con velocità angolari più basse, anche qui, aumentando il n° di poli, si ottiene che il campo magnetico statorico ruota più lentamente n1 = 60 · f / p In laboratorio (con dispositivi di frenatura) si può determinare la caratteristica meccanica di un motore (andamento della coppia in funzione del n° di giri); per un motore asincrono trifase si ottiene l’andamento di immagine 6.3 pag. 39 Rossi2 Il tratto crescente è di funzionamento instabile; il tratto decrescente (da Cmax in poi) è di funzionamento stabile (spiegare perché mediante la curva della coppia resistente) La velocità di rotazione dei motori asincroni è tendenzialmente costante e indipendente dal carico (v. curva caratteristica); per variare tale velocità, dato che n2 = (1 - s) · n1 = (1 - s) · 60 · f / p si potrà agire su p (n° coppie polari) alimentando o meno degli avvolgimenti statorici (variazione discreta) f (frequenza) variando elettronicamente la corrente di alimentazione (variazione continua) Per cambiare il senso di rotazione basterà scambiare due dei tre cavi di alimentazione: ciò provocherà l’inversione del senso di rotazione del campo magnetico rotante: 3 2 1 3 1 2 AVVIAMENTO La curva caratteristica mostra che all’avviamento la coppia non è nulla, ma è comunque bassa. Inoltre la partenza richiede una corrente elevata (fino a 7 o anche 10 volte la corrente a regime). Soluzioni adottate: - avviamento a tensione ridotta (utilizzabile quando si può partire a vuoto) o con autotrasformatore variabile (aumentando la tensione gradualmente) o con commutazione stella - triangolo (stella alla partenza con V/ 3, poi, quando n è sufficientemente elevato, si commuta a triangolo con l’intera V) immagini 11.3 e 12.3 pag. 44 Rossi2 - inserimento di una terna di resistenze in serie alle fasi rotoriche (per rotori avvolti); all'avviamento le resistenze sono totalmente inserite per cui limitano la corrente, e producono un effetto rifasante che si traduce in un miglior sfruttamento della potenza con un aumento della coppia; poi, a mano a mano che il motore acquista velocità, le resistenze si disinseriscono gradualmente fino a cortocircuitarle C R2 n - rotore a doppia gabbia: (la gabbia è già di per sé un aiuto, avendo il rotore più leggero, con l’Al, e una reattanza minore a causa del ridotto numero di spire) la gabbia interna ha grande reattanza di dispersione perché essendo molto immersa nel ferro favorirà la formazione dei flussi dispersi, ma piccola resistenza perché le sbarre sono di grande sezione; la gabbia esterna, che si trova alla periferia del ferro, ha piccola reattanza perché scarsi sono in essa i flussi dispersi dovendo richiudersi in aria, ma grande resistenza avendo le barre di piccola sezione. All'avviamento la frequenza di rotore è massima per cui anche le reattanze saranno massime, prevalendo sulle rispettive parti ohmiche; la gabbia attraversata dalla corrente sarà soprattutto quella esterna che avendo un'alta resistenza limiterà la corrente e fornirà una coppia sufficientemente elevata. Poi, nell'accelerazione del motore, il valore delle reattanze diminuirà per cui la parte ohmica prevarrà favorendo il passaggio della corrente sulla gabbia interna che, avendo piccola resistenza, garantirà un funzionamento a regime con bassi valori di perdite per effetto Joule. POTENZA In generale la potenza che si trasferisce dalla rete ad un utilizzatore trifase è data dalla somma delle potenze istantanee nei singoli circuiti Siccome il motore è un carico equilibrato, la potenza assorbita è costantemente quella media P = 3 ⋅ V ⋅ I ⋅ cos ϕ all’albero motore la potenza disponibile sarà ovviamente inferiore, essendovi: - perdite nel Fe (per isteresi e per correnti parassite), nello statore - perdite nel Cu per effetto Joule nello statore (PJ1 = R1 I12) e nel rotore (PJ2 = R2 I22, siccome I2 ed R2 sono difficili da misurare, attraverso considerazioni teoriche, v. rete equivalente, si è determinato che PJ2 = s Ptr dove Ptr è la potenza che viene trasmessa dallo statore al rotore) immagine 10.3 Rossi2 (inserimento relè di massima corrente per proteggere da surriscaldamenti) - perdite meccaniche (attrito, ventilazione), nel rotore il rendimento = Pu / Pe vale normalmente dal 70% (macchine piccole) al 95% (macchine più grosse) Ex. esempi 1-5 pagg. 40-42 ed ex. 1-4 pag. 43 Burbassi MACCHINA ASINCRONA COME GENERATORE Se si collega il rotore ad un motore e si porta in rotazione la macchina ad una velocità superiore a n1, la macchina funzionerà da generatore ma la linea da alimentare dovrà avere un altro generatore che fornisca la corrente necessaria alla magnetizzazione del circuito magnetico per la formazione dei flussi per questo motivo la macchina asincrona non viene utilizzata come generatore FUNZIONAMENTO COME FRENO Procedura: - togliere l’alimentazione - invertire due fasi in modo da invertire il senso di rotazione del campo rotante - ricollegare l’alimentazione così circoleranno grosse correnti induttive che provocheranno un forte riscaldamento (non può durare a lungo) MOTORE ASINCRONO MONOFASE E’ un motore molto simile al trifase, che però non riuscirebbe ad avviarsi da solo (a meno di non dargli una spinta); infatti con una sola fase il campo magnetico è pulsante (scomponibile in due campi controrotanti, di pulsazione identica e di metà intensità) Questa situazione è assimilabile a due motori ruotanti in verso opposto: dando (anche con le mani) un po’ di coppia in più a uno dei due, la coppia di questo tende ad aumentare (v. diagramma), mentre la coppia dell’altro (che funziona da freno) tende a diminuire fino a diventare trascurabile Per ovviare a questo si mette un altro avvolgimento in parallelo al principale, inserendovi però un condensatore che sfasi la corrente di 90° (creando di fatto una seconda fase) a = avvolgimento ausiliario p = avvolgimento principale questo avvolgimento può eventualmente essere disinserito una volta avviato il motore, mediante un relé di massima corrente o con un interruttore centrifugo invertendo il collegamento di una fase, il motore parte ruotando nel verso opposto Esercizio scelta condensatore MACCHINE IN CORRENTE CONTINUA Il principio di funzionamento è basato sulla legge di Laplace: se un conduttore l, percorso da una corrente I, è immerso in un campo magnetico, è sottoposto ad una forza che vale (quando è perpendicolare al flusso B): F=B·I·l tale forza è di direzione perpendicolare al conduttore e a B, di verso secondo la regola della mano destra v. anche immagini 21.3 e 22.3 pag. 49 Rossi2 Per spiegare la necessità del collettore e delle spire sfasate angolarmente, riferirsi alla macchina in c.c. utilizzata come generatore (dinamo): con una sola spira e senza commutazione si ottiene una tensione tra A e B come in fig. (oscillazione?) “spezzando” il collettore in due spazzole (in corrispondenza del piano di commutazione: si ottiene una corrente unidirezionale: mettendo tante spire in serie, sfasate fra loro, si può ottenere una corrente un po’ più continua: (idem per la coppia del motore c.c., dato che le F devono essere “proiettate” nel piano ortogonale alla spira) Inconvenienti del collettore a lamelle: - offre resistenza al passaggio della corrente (riscaldamento) - scintillio, per cui correnti basse e coppie basse (a meno di non ingrandire il motore C = KC · · I) - gli avvolgimenti devono necessariamente essere sul rotore (che viene ad avere massa più grande e maggiori difficoltà di raffreddamento) - un rotore di massa elevata ha più difficoltà a variare rapidamente velocità (inerzia) La variazione del n° di giri può essere ottenuta agendo sulla tensione di alimentazione e/o sul flusso (se il motore non è a magneti permanenti), infatti V + E = Ri·I dove E è la f.c.e.m. indotta dal flusso ø e R è la resistenza interna degli avvolgimenti siccome per la solita legge di Faraday ∆Φ E=− siccome la variazione di flusso è dovuta soltanto alla rotazione ∆t Φ E = −k e siccome T = 60 / n T E = −K E ⋅ n ⋅ Φ a regime, trascurando Ri I (Ri è molto basso), V - E = K E ⋅ n ⋅ Φ da cui si ricava n V / (KE · ø) All’avviamento, si ha flusso nullo, per cui V = Ri ·I ed essendo Ri molto basso, si hanno correnti elevate (una volta si inserivano reostati, oggi si “fraziona” la tensione elettronicamente in modo da poterla variare) In generale il n° di giri varia poco al variare della corrente fornita, infatti n = (V - Ri ·I) / (KE · ø) La potenza disponibile all’albero motore è inferiore a quella assorbita dalla rete (V·I), essendovi: - perdite meccaniche (attrito, ventilazione) - perdite nel Fe (per isteresi e per correnti parassite) - perdite per effetto Joule nel rotore (PJ = Ri I2) e dovute ai contatti striscianti (empiricamente si ha che, in W, Ps = 2·I con spazzole in grafite e Ps = 0,6·I con spazzole in metalgrafite) - perdite per effetto Joule nel circuito di eccitazione, se il motore non è a magneti permanenti in quest’ultimo caso il circuito di eccitazione potrebbe essere: - indipendente - in parallelo a quello del rotore - in serie con quello del rotore - compound (mista serie + indipendente o parallelo, in disuso da quando c’è l’elettronica) immagini 26.3, 27.3, 28.3 pag. 53 Rossi2 Curva caratteristica motori ad eccitazione indipendente (utilizzati per pompe, ventilatori, macchine utensili) sostituendovi C = KC · · I I = (V + E) / Ri si ottiene C = KC · · (V + E) / Ri sostituendovi si ottiene E = - KE · · n 2 K ΦV K C K E Φ C= C − n Ri Ri che corrisponde ad una retta (v. diag. a lato) tale retta si “sposterà” verso destra aumentando la tensione V (e mantenendo = cost.) Per cambiare il senso di rotazione si può invertire la tensione V (o l’eccitazione) Curva caratteristica motori ad eccitazione derivata (in parallelo) è analoga a quella dei motori ad eccitazione indipendente; differenze: - per cambiare il senso di rotazione occorre commutare l’eccitazione (variando la V cambiano sia I sia , per cui, v. legge mano destra, la F non cambia) - l’andamento è sempre rettilineo decrescente, ma la velocità a vuoto non cambia, perché n0 = V / (KE · ) ma dipende da V stesso (sono proporzionali) Curva caratteristica motori ad eccitazione in serie (utilizzati per sistemi di trazione) C = KC · · I e, siccome in serie, il flusso di eccitazione sarà proporzionale alla corrente I =k·I da cui I = / k che, sostituito sopra, fornisce 2 K Φ C= C sostituendovi (trascurando la caduta di tensione Ri ·I) k V - E = KE · · n da cui = V / (KE · n) si ottiene 2 K V 1 C= C 2 ⋅ 2 kK E n che corrisponde ad una curva decrescente (v. diag. a lato) (all’avvio la saturazione impedisce che vi sia coppia infinita; il motore non deve mai funzionare a vuoto) esercizi es. 2, 3, 4, 5 pag. 78 Burbassi Per calcolare la coppia resa all’albero motore in funzione dei parametri elettrici si consideri che, per il principio di conservazione dell’energia, la potenza assorbita dal rotore è P=E·I (E = V - Ri · I cioè si è già tenuto conto della dispersione dovuta a Ri nel rotore) e sarà uguale alla potenza meccanica (a meno delle perdite) C· E·I=C· da cui C=E·I/ e siccome E = KE ⋅n⋅Φ (prescindendo dal segno) si ottiene K ⋅n⋅Φ ⋅ I 30 K E E= E ⋅ 60 = ⋅Φ⋅I cioè 2π ⋅ n π 30 K E KC = π MOTORI BRUSHLESS Eliminando le spazzole si ottiene: - minori perdite e usure dovute allo strisciamento (no scintillio e radiodisturbi) - minore inerzia del rotore (si può andare a numero di giri più elevato e con transitori più brevi) - minori problemi di surriscaldamento (lo statore è meglio raffreddabile rispetto al rotore) occorre invertire (come per la macchina sincrona, vedi alternatore) la costituzione - rotore costituito da magneti permanenti - statore con gli avvolgimenti ma occorre agire sull’alimentazione per creare una sorta di “campo rotante” (v. macchina asincrona); ci aiuta l’elettronica, ad es. con l’inverter accendendo e spegnendo i tiristori (SCR) a 2 a 2, attraverso ad esempio due sensori di prossimità del campo magnetico (sensori di Hall), si crea una corrente opportunamente variabile NOTA: - diodo (lascia passare la corrente in un solo senso; “valvola unidirezionale”) - SCR/tiristore (come diodo, ma a comando; in c.a. si spegne da solo quando la corrente cambia verso, in c.c. occorre spegnerlo) MOTORI PASSO-PASSO Utilizzato per gli avanzamenti degli assi delle M.U. a C.N.; per stampanti e plotter le potenze ed i rendimenti raggiungibili sono modesti l’alimentazione deve avvenire ad impulsi (elettronica) che consentano di variare i flussi magnetici (motori a riluttanza variabile e/o a magneti permanenti)