Agenzia FIDES - 30 novembre 2006
SPECIALE FIDES
INSTRUMENTUM MENSIS NOVEMBRIS
PRO LECTURA MAGISTERII SUMMI PONTIFICI BENEDICTI XVI,
PRO EVANGELIZATIONE IN TERRIS MISSIONUM
Annus II – Numerus XI, November A.D. MMVI
Il mese di novembre del Santo Padre Benedetto XVI è stato contrassegnato dalla preparazione del
suo quinto viaggio fuori dai confini italiani, iniziato il giorno 28 con la partenza per la Turchia. Un
viaggio di incontro con le comunità cattoliche presenti nel Paese, con le comunità ortodosse e con il
Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, un viaggio significativo perché il primo di
Papa Benedetto XVI in un Paese dove la religione prevalente è quella musulmana.
Il Santo Padre, appena arrivato in Turchia, ha incontrato il Presidente per gli Affari Religiosi, Prof.
Ali Bardakoğlu. A lui il Papa ha confidato di essersi preparato a questa visita con gli stessi
sentimenti di affetto per il popolo turco espressi dal Beato Giovanni XXIII, allora l’Arcivescovo
Angelo Giuseppe Roncalli, “che giungeva qui per adempiere all'incarico di Rappresentante
Pontificio ad Istanbul”, e ha ricordato le parole di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua
visita nel novembre 1979: “Mi domando se non sia urgente, proprio oggi in cui i cristiani e i
musulmani sono entrati in un nuovo periodo della storia, riconoscere e sviluppare i vincoli spirituali
che ci uniscono, al fine di 'promuovere e difendere insieme i valori morali, la pace e la libertà”.
Il viaggio ha fornito l’occasione propizia anche per rinsaldare la strada del dialogo ecumenico con la
comunità ortodossa presente nel Paese. A Bartolomeo I il Santo Padre ha rivolto parole di amicizia e
si è augurato che “questo incontro rafforzi il nostro mutuo affetto e rinnovi il nostro comune
impegno a perseverare nell'itinerario che porta alla riconciliazione e alla pace delle Chiese”.
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SYNTHESIS INTERVENTUUM
1 novembre 2006 - Omelia durante la Santa Messa della Solennità di Tutti i Santi
1 novembre 2006 - Angelus
3 novembre 2006 - Visita alla Pontificia Università Gregoriana
4 novembre 2006 – Omelia durante la Santa Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti
5 dicembre 2006 - Angelus
6 novembre 2006 - Udienza all’Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze
8 novembre 2006 – Udienza generale
9 novembre 2006 – Udienza all’Assemblea Plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici
12 dicembre 2006 - Angelus
15 novembre 2006 - Messaggio per la 93a Giornata Mondiale del Migrante
15 novembre 2006 – Udienza generale
17 novembre 2006 - Udienza all’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione
dell’Unità dei Cristiani
Agenzia Fides “Palazzo di Propaganda Fide” - 00120 Città del Vaticano - tel. 06 69880115 - fax 06 69880107 - E-mail: [email protected]
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18 novembre 2006 - Esortazione al termine del Concerto del “Philharmonia Quartett Berlin”
19 novembre 2006 - Angelus
20 novembre 2006 – Discorso al Presidente della Repubblica Italiana ricevuto in Visita ufficiale
22 novembre 2006 – Udienza generale
23 novembre 2006 – Udienza a Sua Grazia il Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, Primate
della Comunione Anglicana
23 novembre 2006 - Telegramma di cordoglio per le vittime della catastrofe nella miniera di Halema a
Ruda Śląska (Polonia)
24 novembre 2006 – Udienza ai partecipanti alla XXI Conferenza Internazionale promossa dal
Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute
25 novembre 2006 – Udienza ai partecipanti al Convegno promosso dalla Federazione Italiana
Settimanali Cattolici (FISC) in occasione dei 40 anni della sua nascita
26 novembre 2006 - Angelus
27 novembre 2006 – Messaggio ai partecipanti al Summit di Cultura in Asia
28 novembre 2006 – Primo giorno in Turchia e incontro con il Presidente per gli Affari Religiosi
28 novembre 2006 - Incontro con i Capi Missione del Corpo Diplomatico ad Ankara
29 novembre 2006 – Santa Messa al Santuario di Meryem Ana Evì
29 novembre 2006 - Visita di preghiera alla Chiesa Patriarcale di S. Giorgio al Fanar\
30 novembre 2006 – Discorso dopo la Divina Liturgia bizantina nella Chiesa Patriarcale di S. Giorgio
30 novembre 2006 - Firma della Dichiarazione Congiunta nel Patriarcato Ecumenico
30 novembre 2006 - Visita al Museo di Santa Sofia, alla Moschea Blu ed alla Cattedrale Armena
Apostolica
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VERBA PONTIFICIS
Contemplazione
Dialogo ecumenico
Dialogo interreligioso
Fame nel mondo
Formazione
Libertà religiosa
Malati
Pace
Rifugiati
San Paolo
Santi e defunti
Stato e Chiesa
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INTERVENTUS SUPER QUAESTIONES
Cultura - "Promuovere una vita coerente, incentrata su Cristo e all’insegna dell’amore, per
manifestare il volto compassionevole di Gesù in mezzo ai poveri, i giovani, gli indigeni e i sofferenti”:
primo incontro dei Centri Culturali Cattolici in India
Difesa vita - I Vescovi messicani sulla nuova legge che apre alle unioni di persone dello stesso sesso:
“Quando il valore della famiglia è minacciato, la Chiesa reagisce riaffermando che l’unione tra un
uomo e una donna è necessaria per il bene privato di ogni persona ed il bene comune di ogni nazione”
Difesa vita - I Vescovi portoghesi chiedono che si apra un periodo di riflessione, seria e profonda,
sull'aborto e ricordano che devono essere stabiliti per legge i limiti tra quanto è tecnicamente possibile
ed eticamente accettabile nell’ambito della Procreazione Medicalmente Assistita
Dialogo interreligioso - “Noi giovani rappresentiamo una nuova generazione e una nuova speranza.
Accettiamo la responsabilità di continuare il dialogo iniziato qui ad Assisi, ci impegniamo a lavorare
per la giustizia, ad essere strumenti di pace nella nostra patria e in ogni angolo della terra” - Messaggio
“dei giovani ai giovani” al termine del Meeting interreligioso di Assisi
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Formazione - “Le scuole cattoliche seguano le quattro virtù cardinali Prudenza, Giustizia, Temperanza,
Fortezza”, dice l’Arcivescovo di Bangalore alla cerimonia del 125° anniversario del S. Joseph College
Missione - I cattolici sono chiamati a promuovere “una nuova cultura del rispetto della persona umana
in tutte le sue dimensioni": le Conclusioni del Primo Congresso di Evangelizzazione della Cultura
Missione- “Venite, pascete le mie pecorelle”: le testimonianze vocazionali durante un incontro di
preghiera a Taiwan spingono i genitori a trasformare la famiglia nella “prima scuola della vocazione”
Missione - Oltre 200 fedeli della comunità cattolica della diaspora cinese partecipano al III Congresso
Mondiale di Pastorale ed Evangelizzazione in corso a Singapore - Il Messaggio del Prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
Missione - “Proclamare Dio nel mondo attuale è una sfida enorme che non possiamo né vogliamo
evitare” affermano i Vescovi del Costa Rica in un Messaggio per l'inizio dell'Anno liturgico

QUAESTIONES
VATICANO - “Le Pontificie Opere Missionarie entrano in una fase nuova... E’ arrivata l’ora di
dedicarsi con maggior impegno al loro consolidamento a livello delle Chiese locali e a livello delle
rispettive nazioni” afferma il Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, l’Arcivescovo Hoser,
aprendo l’Assemblea Speciale
AMERICA/MESSICO - Messaggio del Card. Ivan Dias al IV Simposio Internazionale di Missionología
nel centenario della nascita di Mons. Alonso Manuel Escalante, primo Superiore Generale dei
Missionari di Guadalupe, “un Pastore che consacrò la sua vita all'annuncio missionario della fede”
VATICANO - Messaggio del Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli, al Primo Congresso Missionario dell’Africa occidentale, che si apre oggi a Ouagadougou: “La
formazione missionaria del personale apostolico costituisce la priorità delle priorità”
VATICANO - La visita dell’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione Anglicana alla
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
SYNTHESIS INTERVENTUUM
1 novembre 2006 – Omelia in occasione della Solennità di Tutti i Santi
VATICANO - Papa Benedetto XVI celebra la Solennità di Tutti i Santi: “essere Santo significa:
vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti, con
vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “ La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei Santi,
ad assaporarne la gioia. I Santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso
la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi
ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere
con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i
nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento
di Dio.” Con questa esortazione al “gaudio celeste” il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato la sua
omelia durante la Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana il giorno in cui la Chiesa celebra la
solennità di Tutti i Santi, mercoledì 1° novembre.
Nella prima Lettura proclamata durante la Messa, l'Apocalisse descrive i Santi come "una
moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua". “Questo
popolo comprende i Santi dell'Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca
Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell'inizio del cristianesimo e i beati e i
santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca - ha spiegato il Papa -.
Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l'impulso dell'eterno
animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo”.
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La celebrazione dei Santi, guardare al loro esempio luminoso, deve “risvegliare in noi il grande
desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia
degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia.
E questa è la vocazione di noi tutti, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta
in modo solenne alla nostra attenzione”.
Per essere santi non occorre comunque compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi
eccezionali, “è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte
alle difficoltà”. Il Papa ha infatti evidenziato come “ogni forma di santità, pur seguendo tracciati
differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei Santi
descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sfferenze
indescrivibili, persecuzioni e martirio… L'esempio dei Santi è per noi un incoraggiamento a seguire
le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di
infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui”.
La santità, pur esigendo uno sforzo costante da parte nostra, “è possibile a tutti perché, più che opera
dell'uomo, è anzitutto dono di Dio”. Nella seconda Lettura della Messa, l'apostolo Giovanni osserva:
"Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo
realmente!". “È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi - ha
spiegato ancora Papa Benedetto XVI -. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare
indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all'amore del Padre celeste con
una vita da figli riconoscenti?… Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più
entriamo nel mistero della santità divina”. Il Vangelo di questa festa riporta l'annuncio delle
Beatitudini. “In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù... Le Beatitudini ci mostrano la
fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di
Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita
alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta
e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della
sua beatitudine”.
Il Papa ha concluso l’omelia invitando ad invocare i Santi “perché ci aiutino ad imitarli e
impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo
specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità”. (S.L.) (Agenzia Fides 3/11/2006
- righe 46; parole 703)
Il testo integrale dell’omelia del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=632
1 novembre 2006 - Angelus
VATICANO - Il Papa all’Angelus del 1° novembre invita a ravvivare “il gioioso sentimento della
comunione dei Santi” ed a lasciarsi “attrarre da loro verso la meta della nostra esistenza: l'incontro
faccia a faccia con Dio”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La solennità di Tutti i Santi e la Commemorazione dei fedeli
defunti hanno offerto al Santo Padre Benedetto XVI l’occasione di presentare alcuni spunti di
meditazione sul tema della vita eterna prima di recitare l’Angelus con i fedeli riuniti in piazza San
Pietro mercoledì 1° novembre. “In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti
dalle cose terrene, che talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della
nostra stessa vita - ha detto il Papa -. L'esistenza umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di
più grande, che la trascenda; è insopprimibile nell'essere umano l'anelito alla giustizia, alla verità,
alla felicità piena. Dinanzi all'enigma della morte, sono vivi in molti il desiderio e la speranza di
ritrovare nell'aldilà i propri cari. Come pure è forte la convinzione di un giudizio finale che
ristabilisca la giustizia, l'attesa di un definitivo confronto in cui a ciascuno sia dato quanto gli è
dovuto”.
Per i cristiani il termine "vita eterna" significa “una nuova qualità di esistenza, pienamente immersa
nell'amore di Dio, che libera dal male e dalla morte e ci pone in comunione senza fine con tutti i
fratelli e le sorelle che partecipano dello stesso Amore. L'eternità, pertanto, può essere già presente al
centro della vita terrena e temporale, quando l'anima, mediante la grazia, è congiunta a Dio, suo
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ultimo fondamento”. Tutti i cristiani, chiamati alla santità, vivono saldamente ancorati a questa
"Roccia" che è Dio, “hanno i piedi sulla terra, ma il cuore già nel Cielo, definitiva dimora degli
amici di Dio”.
Il Santo Padre ha quindi invitato a meditare su queste realtà: “ravviviamo il gioioso sentimento della
comunione dei santi e lasciamoci attrarre da loro verso la meta della nostra esistenza: l'incontro
faccia a faccia con Dio. Preghiamo che questa sia l'eredità di tutti i fedeli defunti, non soltanto dei
nostri cari, ma anche di tutte le anime, specialmente quelle più dimenticate e bisognose della
misericordia divina”.
Dopo la preghiera mariana, il Papa ha rivolto come di consueto dei brevi saluti ai pellegrini presenti
nelle diverse lingue. In particolare ha salutato i promotori dell’iniziativa della “Fiaccola del Dialogo"
sulle orme di Sant'Agostino. Partita dall'antica Tagaste, in Algeria, la Fiaccola è passata da Ippona,
che fu Sede episcopale di Agostino, Tunisi e Malta; giunta ad Ostia, dove morì sua madre Santa
Monica, e quindi a Roma, partirà per Pavia, dove si trova la tomba del Santo. “Volentieri benedico
questa iniziativa dell'Ordine Agostiniano e questa Fiaccola, simbolo di fede e di pace”. (S.L.)
(Agenzia Fides 3/11/2006 - righe 30; parole 438)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=633
3 novembre 2006 - Visita alla Pontificia Università Gregoriana
VATICANO - “La fatica dello studio e dell’insegnamento, per avere senso in relazione al Regno di
Dio, deve essere sostenuta dalle virtù teologali” ricorda il Papa durante la sua visita alla Pontificia
Università Gregoriana
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nella mattina di venerdì 3 novembre, il Santo Padre Benedetto
XVI si è recato in visita alla Pontificia Università Gregoriana. Dopo un momento di preghiera nella
Cappella, il Papa ha raggiunto il quadriportico dell’Università dove ha incontrato la Comunità dei
Docenti, degli Studenti e dei Benefattori. Dopo il saluto di P. Gianfranco Ghirlanda, Rettore
Magnifico, di P. Bryan Lobo, Rappresentante degli studenti, e del sig. Luigi Allena, Segretario
Generale, il Santo Padre ha pronunciato un discorso nel quale ha ringraziato i presenti
dell’accoglienza ed ha ricordato le origini dell’Università Gregoriana, fondata nel 1551 da
Sant’Ignazio di Loyola.
“Con gioia mi trovo in questo quadriportico, che ho attraversato in varie occasioni” ha detto il Santo
Padre ricordando le sue precedenti visite alla Gregoriana quando era Perito al Concilio e poi
Professore di Dogmatica. “Con la familiarità di allora, dico a voi, cari Professori e studenti, che la
fatica dello studio e dell’insegnamento, per avere senso in relazione al Regno di Dio, deve essere
sostenuta dalle virtù teologali. Infatti, l’oggetto immediato della scienza teologica, nelle sue diverse
specificazioni, è Dio stesso, rivelatosi in Gesù Cristo, Dio con un volto umano… Lo studio della
Teologia, del Diritto canonico e della Storia della Chiesa non è solo conoscenza delle proposizioni
della fede nella loro formulazione storica e nella loro applicazione pratica, ma è anche sempre
intelligenza di esse nella fede, nella speranza e nella carità. Solo lo Spirito scruta le profondità di
Dio, quindi solo nell’ascolto dello Spirito si può scrutare la profondità della ricchezza, della sapienza
e della scienza di Dio”.
Il Santo Padre ha poi ricordato le origini dell’Università Gregoriana, gli insigni filosofi e teologi
succedutisi sulle sue cattedre e le nuove sfide dei tempi odierni. “Oggi non si può non tenere conto
del confronto con la cultura secolare, che in molte parti del mondo tende sempre più non solo a
negare ogni segno della presenza di Dio nella vita della società e del singolo, ma con vari mezzi, che
disorientano e offuscano la retta coscienza dell’uomo, cerca di corrodere la sua capacità di mettersi
in ascolto di Dio. Non si può prescindere, poi, dal rapporto con le altre religioni, che si rivela
costruttivo solo se evita ogni ambiguità che in qualche modo indebolisca il contenuto essenziale
della fede cristiana in Cristo unico Salvatore di tutti gli uomini e nella Chiesa sacramento necessario
di salvezza per tutta l’umanità.”
Senza dimenticare le altre scienze umane coltivate nell’Università, il Papa ha sottolineato che
“proprio perché tali scienze riguardano l’uomo non possono prescindere dal riferimento a Dio… Il
destino dell’uomo senza il suo riferimento a Dio non può che essere la desolazione dell'angoscia che
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conduce alla disperazione. Solo in riferimento al Dio-Amore, che si è rivelato in Gesù Cristo, l’uomo
può trovare il senso della sua esistenza e vivere nella speranza, pur nell’esperienza dei mali che
feriscono la sua esistenza personale e la società in cui vive”. “E’ in questa prospettiva che voi,
Professori e Docenti della Gregoriana, siete chiamati a formare gli studenti che la Chiesa vi affida”
ha detto il Santo Padre, sottolineando come la formazione integrale dei giovani sia uno degli
apostolati tradizionali della Compagnia di Gesù, a cui nel corso dei secoli sono stati affidati a Roma
una serie di Collegi ed istituzioni nazionali, al fine di “assicurare una formazione del clero di quelle
nazioni, dove era infranta l’unità della fede e la comunione con la Sede Apostolica”.
Rallegrandosi per la fase conclusiva del rinnovamento degli Statuti dell’Università e dei
Regolamenti delle diverse Facoltà, Istituti e Centri, Papa Benedetto XVI ha ricordato che come
Università ecclesiastica pontificia, la Gregoriana è impegnata “a sentire in Ecclesia et cum Ecclesia.
E’ un impegno che nasce dall’amore per la Chiesa, nostra Madre e Sposa di Cristo. Noi dobbiamo
amarla come Cristo stesso l’ha amata, assumendo su di noi le sofferenze del mondo e della Chiesa
per completare quello che manca ai patimenti di Cristo nella nostra carne. E’ così che si possono
formare le nuove generazioni di sacerdoti, di religiosi, di laici impegnati”.
Intento dei Docenti è “formare sacerdoti dotti, ma pronti al tempo stesso a consumare la loro vita nel
servire con cuore indiviso, nell’umiltà e nell’austerità della vita, tutti coloro che il Signore affiderà al
loro ministero”. Ai religiosi e alle religiose si vuole offrire “una formazione intellettuale solida
affinché sappiano vivere nella gioia la consacrazione di cui Dio ha fatto loro dono, e proporsi come
segno escatologico di quella vita futura a cui tutti siamo chiamati”. I laici e le laiche vengono formati
in modo tale “che con competenza sappiano svolgere servizi e uffici nella Chiesa e, innanzitutto,
essere fermento del Regno di Dio nella sfera del temporale”. “La formazione, tuttavia, è anche vostra
responsabilità, cari studenti - ha proseguito il Santo Padre -. Lo studio certamente richiede costante
ascesi e abnegazione. Ma proprio per questa strada la persona si forma al sacrificio e al senso del
dovere”. Infine il Papa ha affidato ancora una volta la Gregoriana ai figli di Sant’Ignazio:
“L’Università Gregoriana è oggi l’ambiente universitario nel quale si realizza in modo pieno ed
evidente, ancora a distanza di 456 anni, il desiderio di Sant’Ignazio e dei suoi primi compagni di
aiutare le anime ad amare e servire Dio in tutto, a sua maggior gloria”. (S.L.) (Agenzia Fides
6/11/2006, righe 61, parole 888)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=635
4 novembre 2006 - Santa Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nel corso dell’anno
VATICANO - Il Santo Padre celebra la Santa Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nel
corso dell’anno: “Ognuno di loro è stato chiamato nella Chiesa a sentire come proprie e a cercare di
mettere in pratica le parole dell’apostolo Paolo: ‘Per me vivere è Cristo’"
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Oggi ci ritroviamo intorno all’altare del Signore per celebrare
la Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi che Dio ha chiamato a sé nel corso
dell’ultimo anno. Rivediamo i loro volti a noi familiari, mentre riascoltiamo i nomi dei compianti
Porporati, che nei dodici mesi scorsi ci hanno lasciato: Leo Scheffczyk, Pio Taofinu’u, Raúl
Francisco Primatesta, Angel Suquía Goicoechea, Johannes Willebrands, Louis-Albert Vachon, Dino
Monduzzi e Mario Francesco Pompedda. Mi piacerebbe nominare anche ciascuno degli Arcivescovi
e dei Vescovi, ma ci basta la consolante certezza che, come disse un giorno Gesù agli Apostoli, i
loro nomi "sono scritti nei cieli" (Lc 10,20).” Con queste parole il Santo Padre Benedetto XVI ha
iniziato la sua omelia durante la Concelebrazione Eucaristica in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi
defunti nel corso dell’anno, che si è svolta sabato 4 novembre nella Patriarcale Basilica Vaticana.
“Ricordare i nomi di questi nostri fratelli nella fede - ha detto il Papa nell’omelia - ci rimanda al
sacramento del Battesimo, che ha segnato per ciascuno di loro, come per ogni cristiano, l’ingresso
nella comunione dei santi. Al termine della vita, la morte ci priva di tutto ciò che è terreno, ma non
di quella Grazia e di quel "carattere" sacramentale in forza dei quali siamo stati associati
indissolubilmente al mistero pasquale del nostro Signore e Salvatore. Spogliato di tutto, ma rivestito
di Cristo: così il battezzato attraversa la soglia della morte e si presenta al cospetto di Dio giusto e
misericordioso”.
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Riferendosi alle letture proclamate durante la Santa Messa, il Santo Padre ha spiegato che la visione
delle ossa aride narrata dal profeta Ezechiele (37,1-14) acquista, alla luce del mistero pasquale di
Cristo, il valore di una parabola universale sul genere umano. “La Parola divina, incarnata in Gesù,
viene ad abitare nel mondo, che per molti versi è una valle desolata; solidarizza pienamente con gli
uomini e reca loro il lieto annuncio della vita eterna. Quest’annuncio di speranza è proclamato fin
nel profondo dell’oltretomba, mentre viene aperta definitivamente la strada che conduce alla Terra
promessa”. Nel brano evangelico sono stati proclamati i primi versetti della grande preghiera di
Gesù riportata nel capitolo 17 di san Giovanni. “Le parole accorate del Signore mostrano che il fine
ultimo di tutta l’"opera" del Figlio di Dio incarnato consiste nel donare agli uomini la vita eterna…
Conoscere Gesù significa conoscere il Padre e conoscere il Padre vuol dire entrare in comunione
reale con l’Origine stessa della Vita, della Luce, dell’Amore.”
Il Santo Padre ha quindi invitato a ringraziare “in modo speciale Dio per aver fatto conoscere il suo
nome a questi Cardinali e Vescovi che ci hanno lasciato”. “Ognuno di loro è stato chiamato nella
Chiesa a sentire come proprie e a cercare di mettere in pratica le parole dell’apostolo Paolo: "Per me
vivere è Cristo" (Fil 1,21), proclamate poco fa nella seconda lettura. Questa vocazione, ricevuta nel
Battesimo, si è in essi rafforzata con il sacramento della Confermazione e con i tre gradi dell’Ordine
sacro, e si è costantemente alimentata nella partecipazione all’Eucaristia”. Infine il Papa ha chiesto al
Signore di concedere a questi fratelli Cardinali e Vescovi defunti “di raggiungere la meta tanto
desiderata”. (S.L.) (Agenzia Fides 6/11/2006, righe 39, parole 539)
Il testo integrale dell’omelia del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=636
5 dicembre 2006 - Angelus
VATICANO - Il Papa all’Angelus ricorda che non bisogna temere la morte del corpo “perché è un
sonno da cui saremo un giorno risvegliati. La vera morte, che invece bisogna temere, è quella
dell’anima” - Appello per la Striscia di Gaza: si fermi lo spargimento di sangue, si moltiplichino le
iniziative di soccorso umanitario e si riprenda immediatamente il negoziato
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Anche in questa domenica 5 novembre, che segue la
Commemorazione di tutti i fedeli defunti, il Santo Padre Benedetto XVI è tornato a riflettere sul
tema della morte e del suo significato alla luce della fede. La cosiddetta "civiltà del benessere" cerca
spesso di rimuovere la morte dalla coscienza della gente, ha ricordato il Papa. “Il morire, in realtà, fa
parte del vivere, e questo non solo alla fine, ma, a ben vedere, in ogni istante. Nonostante tutte le
distrazioni, però, la perdita di una persona cara ci fa riscoprire il "problema", facendoci sentire la
morte come una presenza radicalmente ostile e contraria alla nostra naturale vocazione alla vita e
alla felicità.”
Attraverso il suo insegnamento, e soprattutto affrontando Lui stesso la morte, “Gesù ha rivoluzionato
il senso della morte” ha ricordato il Santo Padre. “Il Figlio di Dio ha voluto in questo modo
condividere sino in fondo la nostra condizione umana, per riaprirla alla speranza. In ultima analisi,
Egli è nato per poter morire, e così liberare noi dalla schiavitù della morte... Da allora, la morte non è
più la stessa: è stata privata, per così dire, del suo "veleno". L’amore di Dio, operante in Gesù, ha
dato infatti un senso nuovo all’intera esistenza dell’uomo, e così ne ha trasformato anche il morire…
Della morte del corpo non c’è da aver paura, ci ricorda la fede, perché è un sonno da cui saremo un
giorno risvegliati. La vera morte, che invece bisogna temere, è quella dell’anima, che l’Apocalisse
chiama "seconda morte". Infatti chi muore in peccato mortale, senza pentimento, chiuso
nell’orgoglioso rifiuto dell’amore di Dio, si autoesclude dal regno della vita.”
Il Papa ha quindi invocato l’intercessione di Maria Santissima e di San Giuseppe, per ottenere dal
Signore la grazia “di prepararci serenamente a partire da questo mondo, quando Egli vorrà
chiamarci, nella speranza di poter dimorare eternamente con Lui, in compagnia dei santi e dei nostri
cari defunti”.
Dopo la preghiera, il Santo Padre ha lanciato un appello per la grave situazione nella Striscia di
Gaza: “Seguo con viva preoccupazione le notizie sul grave deteriorarsi della situazione relativa alla
Striscia di Gaza e desidero esprimere la mia vicinanza alle popolazioni civili che soffrono le
conseguenze degli atti di violenza. Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera, perché Dio onnipotente e
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misericordioso illumini le Autorità israeliane e palestinesi, come pure quelle delle Nazioni che hanno
una particolare responsabilità nella Regione, affinché si adoperino per far cessare lo spargimento di
sangue, moltiplicare le iniziative di soccorso umanitario e favorire la ripresa immediata di un
negoziato diretto, serio e concreto.” (S.L.) (Agenzia Fides 6/11/2006 - righe 31, parole 441)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=634
6 novembre 2006 - Udienza ai partecipanti alla Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia
delle Scienze
VATICANO - La Chiesa “considera suo dovere insistere sul fatto che la capacità della scienza di
prevedere e controllare non venga mai utilizzata contro la vita umana e la sua dignità”: l’esortazione
di Papa Benedetto XVI alla Pontificia Accademia delle Scienze
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Alcuni hanno visto nel progresso della scienza e della
tecnologia moderna una delle principali cause della secolarizzazione e del materialismo... il
cristianesimo non presuppone un conflitto inevitabile tra la fede soprannaturale e il progresso
scientifico… Se pensiamo, per esempio, a come la scienza moderna, prevedendo i fenomeni naturali,
ha contribuito alla protezione dell'ambiente, al progresso dei Paesi in via di sviluppo, alla lotta
contro le epidemie e all'aumento della speranza di vita, appare evidente che non vi è conflitto tra la
Provvidenza di Dio e l'impresa umana. In effetti, potremmo dire che il lavoro di prevedere,
controllare e governare la natura, che la scienza oggi rende più attuabile rispetto al passato, è di per
se stesso parte del piano del Creatore.” A ribadirlo è stato il Santo Padre Benedetto XVI che il 6
novembre ha ricevuto in udienza i partecipanti alla Assemblea Plenaria della Pontificia Accademia
delle Scienze, che aveva per tema “La prevedibilità nella scienza: accuratezza e limiti”.
Il Santo Padre ha sottolineato che “l'uomo non può riporre nella scienza e nella tecnologia una
fiducia talmente radicale e incondizionata da credere che il progresso scientifico e tecnologico possa
spiegare qualsiasi cosa e rispondere pienamente a tutti i suoi bisogni esistenziali e spirituali. La
scienza non può sostituire la filosofia e la rivelazione rispondendo in mondo esaustivo alle domande
più radicali dell'uomo”. Inoltre il Papa ha posto l’accento sulle responsabilità etiche dello scienziato,
le cui conclusioni “devono essere guidate dal rispetto della verità e dall'onesto riconoscimento sia
dell'accuratezza sia degli inevitabili limiti del metodo scientifico”. Ciò implica evitare “le previsioni
inutilmente allarmanti” ma anche il silenzio dinanzi ai problemi autentici.
“Cari Accademici, il nostro mondo continua a guardare a voi e ai vostri colleghi per una chiara
comprensione delle possibili conseguenze di molti importanti fenomeni naturali” ha proseguito Papa
Benedetto XVI citando le continue minacce all'ambiente che colpiscono intere popolazioni, e la
necessità di scoprire fonti energetiche alternative, “sicure, accessibili a tutti”. Il Santo Padre ha
aggiunto: “Gli scienziati troveranno il sostegno della Chiesa nei loro sforzi per affrontare simili
questioni, poiché la Chiesa ha ricevuto dal suo divino Fondatore il compito di guidare la coscienza
delle persone verso il bene, la solidarietà e la pace. Proprio per questa ragione considera suo dovere
insistere sul fatto che la capacità della scienza di prevedere e controllare non venga mai utilizzata
contro la vita umana e la sua dignità, ma che sia sempre messa al suo servizio, al servizio della
generazione presente e di quelle future”.
Infine il Papa ha sottolineato come il metodo scientifico abbia dei limiti e non possa quindi
pretendere “di fornire una rappresentazione completa, deterministica, del nostro futuro e dello
sviluppo di ogni fenomeno”. La filosofia e la teologia “potrebbero dare un importante contributo a
questa questione”. “Allo stesso tempo - ha concluso Papa Benedetto XVI - vi è un livello più alto
che necessariamente trascende tutte le previsioni scientifiche, vale a dire, il mondo umano della
libertà e della storia. Mentre il cosmo fisico può avere il proprio sviluppo spaziale-temporale, solo
l'umanità, in senso stretto, ha una storia, la storia della sua libertà. La libertà, come la ragione, è una
parte preziosa dell'immagine di Dio dentro di noi, e non può mai essere ridotta ad una analisi
deterministica. Negare questa trascendenza in nome di una supposta capacità assoluta del metodo
scientifico di prevedere e condizionare il mondo umano comporterebbe la perdita di ciò che è umano
nell'uomo e, non riconoscendo la sua unicità e la sua trascendenza, potrebbe aprire pericolosamente
la porta al suo sfruttamento”. (S.L.) (Agenzia Fides 7/11/2006 - Righe 41, parole 600)
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Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in inglese
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8 novembre 2006 – Udienza generale
VATICANO - Papa Benedetto XVI prosegue la catechesi sull’Apostolo Paolo: “Cristo Gesù è
l’apice della storia salvifica e quindi il vero punto discriminante anche nel dialogo con le altre
religioni”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - L’incontro con Cristo sulla strada di Damasco ha letteralmente
rivoluzionato la vita di Paolo. “Cristo divenne la sua ragion d’essere e il motivo profondo di tutto il
suo lavoro apostolico… È dunque importante che ci rendiamo conto di quanto Gesù Cristo possa
incidere nella vita di un uomo e quindi anche nella nostra stessa vita. In realtà, Cristo Gesù è l’apice
della storia salvifica e quindi il vero punto discriminante anche nel dialogo con le altre religioni.”
Con queste parole il Santo Padre Benedetto XVI ha introdotto la sua catechesi durante l’udienza
generale di mercoledì 8 novembre, in cui ha proseguito la presentazione dei tratti caratteristici
dell’Apostolo Paolo.
“In primo luogo, Paolo ci aiuta a capire il valore assolutamente fondante e insostituibile della fede”
ha detto il Santo Padre, che ha spiegato: “ «Essere giustificati» significa essere resi giusti, cioè essere
accolti dalla giustizia misericordiosa di Dio, ed entrare in comunione con Lui, e di conseguenza
poter stabilire un rapporto molto più autentico con tutti i nostri fratelli: e questo sulla base di un
totale perdono dei nostri peccati. Ebbene, Paolo dice con tutta chiarezza che questa condizione di
vita non dipende dalle nostre eventuali opere buone, ma da una pura grazia di Dio”. Prima della sua
conversione, Paolo non era stato lontano da Dio e dalla sua Legge. “Al contrario, era un osservante,
con una osservanza fedele fino al fanatismo. Nella luce dell’incontro con Cristo capì, però, che con
questo aveva cercato di costruire se stesso, la sua propria giustizia, e che con tutta questa giustizia
era vissuto per se stesso. Capì che un nuovo orientamento della sua vita era assolutamente
necessario… Paolo, quindi, non vive più per sé, per la sua propria giustizia. Vive di Cristo e con
Cristo: dando se stesso, non più cercando e costruendo se stesso. Questa è la nuova giustizia, il
nuovo orientamento donatoci dal Signore, donatoci dalla fede”.
Il Santo Padre ha quindi messo in evidenza una seconda componente che definisce l’identità
cristiana descritta da san Paolo nella propria vita. “Identità cristiana che si compone proprio di due
elementi: questo non cercarsi da sè, ma riceversi da Cristo e donarsi con Cristo, e così partecipare
personalmente alla vicenda di Cristo stesso, fino ad immergersi in Lui e a condividere tanto la sua
morte quanto la sua vita… La fede, infatti, pur unendoci intimamente a Cristo, sottolinea la
distinzione tra noi e Lui. Ma, secondo Paolo, la vita del cristiano ha pure una componente che
potremmo dire ‘mistica’, in quanto comporta un’immedesimazione di noi con Cristo e di Cristo con
noi”.
Seguendo l’esempio di Paolo, “la fede deve mantenerci in un costante atteggiamento di umiltà di
fronte a Dio, anzi di adorazione e di lode nei suoi confronti. Infatti, ciò che noi siamo in quanto
cristiani lo dobbiamo soltanto a Lui e alla sua grazia... Dall'altra parte, la nostra radicale
appartenenza a Cristo e il fatto che «siamo in Lui» deve infonderci un atteggiamento di totale fiducia
e di immensa gioia… La nostra vita cristiana, dunque, poggia sulla roccia più stabile e sicura che si
possa immaginare. E da essa traiamo tutta la nostra energia”. Papa Benedetto XVI ha concluso la sua
catechesi con l’esortazione ad affrontare “la nostra esistenza, con le sue gioie e i suoi dolori, sorretti
da questi grandi sentimenti che Paolo ci offre”. (S.L.) (Agenzia Fides 9/11/2006, righe 37, parole
562)
Il testo integrale della catechesi del Santo Padre
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9 novembre 2006 – Udienza all’Assemblea Plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi
Eucaristici Internazionali
VATICANO - “Quanto bisogno ha l’odierna umanità di riscoprire nel Sacramento eucaristico la
fonte della propria speranza!” sottolinea Papa Benedetto XVI all’Assemblea Plenaria del Pontificio
Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali
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Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Questa mattina, 9 novembre, il Santo Padre Benedetto XVI ha
ricevuto in Udienza i partecipanti all’Assemblea Plenaria del Pontificio Comitato per i Congressi
Eucaristici Internazionali, che ha avuto per tema la preparazione del 49° Congresso Eucaristico
Internazionale, in programma a Québec nel giugno 2008. “I Congressi Eucaristici, che si tengono
volta a volta in luoghi e continenti diversi, sono sempre sorgente di rinnovamento spirituale,
occasione per meglio far conoscere la Santissima Eucaristia, che è il tesoro più prezioso lasciatoci da
Gesù; essi sono pure un incoraggiamento per la Chiesa a diffondere in ogni ambito della società ed a
testimoniare, senza esitazione, l’amore di Cristo” ha detto il Santo Padre nel suo discorso.
Papa Benedetto XVI ha ricordato poi come ogni Congresso Eucaristico rappresenta “una
provvidenziale opportunità per mostrare all’umanità in modo solenne "l’Eucaristia, dono di Dio per
la vita del mondo", come dice il testo base del prossimo Congresso… In quei giorni il mondo
cattolico terrà fissi gli occhi del cuore sul sommo mistero dell’Eucaristia per trarne rinnovato slancio
apostolico e missionario”. Quindi il Papa ha ringraziato tutti coloro che stanno lavorando “per
aiutare i fedeli di ogni continente a comprendere sempre più il valore e l’importanza dell’Eucaristia
nella nostra vita” e ha sottolineato “quanto proficua sia la riscoperta da parte di molti cristiani
dell’adorazione eucaristica”, citando l’esperienza vissuta con i giovani a Colonia, per la Giornata
Mondiale della Gioventù, e in Piazza San Pietro con i bambini della Prima Comunione. “Quanto
bisogno ha l’odierna umanità di riscoprire nel Sacramento eucaristico la fonte della propria
speranza! - ha detto in proposito il Papa -. Ringrazio il Signore perché molte parrocchie, accanto alla
devota celebrazione della Santa Messa, vanno educando i fedeli all’Adorazione eucaristica ed
auspico, anche in vista del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, che questa pratica si
diffonda sempre più”.
Concludendo il suo discorso, il Papa ha ricordato che la prossima Esortazione post-sinodale sarà
dedicata all’Eucaristia, e raccoglierà le indicazioni emerse dall’ultimo Sinodo dei Vescovi: “Sono
sicuro che anche questo documento aiuterà la Chiesa a preparare e celebrare con interiore
partecipazione il Congresso Eucaristico, che si terrà nel giugno del 2008. Lo affido sin d’ora alla
Vergine Maria, prima e incomparabile adoratrice di Cristo eucaristico”. (S.L.) (Agenzia Fides
9/11/2006 - Righe 28, parole 378)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
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12 dicembre 2006 - Angelus
VATICANO - Nella Giornata del Ringraziamento, il Papa all’Angelus ricorda che Gesù ha voluto
che “ogni uomo si senta corresponsabile dei suoi fratelli, perché a nessuno manchi il necessario per
vivere. I prodotti della terra sono un dono destinato da Dio per l’intera famiglia umana”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nella domenica in cui la Chiesa italiana celebra la Giornata del
Ringraziamento a Dio per i doni della terra, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato all’Angelus
che questa circostanza invita “a rendere grazie a Dio per i frutti del lavoro agricolo” ma ci incoraggia
anche “a impegnarci concretamente per sconfiggere il flagello della fame”.
“Nelle nostre famiglie cristiane si insegna ai piccoli a ringraziare sempre il Signore, prima di
prendere il cibo, con una breve preghiera e il segno della croce” ha detto il Santo Padre, invitando a
conservare o riscoprire tale abitudine, in quanto “educa a non dare per scontato il "pane quotidiano",
ma a riconoscere in esso un dono della Provvidenza”. Anzi, “dovremmo abituarci a benedire il
Creatore per ogni cosa… Ai suoi discepoli Gesù ha insegnato a pregare chiedendo al Padre celeste
non il "mio", ma il "nostro" pane quotidiano. Ha voluto così che ogni uomo si senta corresponsabile
dei suoi fratelli, perché a nessuno manchi il necessario per vivere. I prodotti della terra sono un dono
destinato da Dio per l’intera famiglia umana”.
Quindi Papa Benedetto XVI ha sottolineato che il dramma della fame, malgrado sia stato affrontato
anche nelle più alte sedi istituzionali, rimane sempre molto grave. “L’ultimo Rapporto annuale della
FAO - ha detto il Papa - ha confermato quanto la Chiesa sa molto bene dall’esperienza diretta delle
comunità e dei missionari: che cioè oltre 800 milioni di persone vivono in stato di
sottoalimentazione e troppe persone, specialmente bambini, muoiono di fame”. Per far fronte a
questa situazione il Santo Padre ha indicato che “occorre eliminare le cause strutturali legate al
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sistema di governo dell’economia mondiale, che destina le maggior parte delle risorse del pianeta a
una minoranza della popolazione... Per incidere su larga scala è necessario "convertire" il modello di
sviluppo globale; lo richiedono ormai non solo lo scandalo della fame, ma anche le emergenze
ambientali ed energetiche. Tuttavia, ogni persona e ogni famiglia può e deve fare qualcosa per
alleviare la fame nel mondo adottando uno stile di vita e di consumo compatibile con la salvaguardia
del creato e con criteri di giustizia verso chi coltiva la terra in ogni Paese.”
Prima di recitare la preghiera mariana dell’Angelus, il Santo Padre ha chiesto che la Vergine Maria
ci aiuti “ad essere riconoscenti per i benefici della Provvidenza e a promuovere in ogni parte del
globo la giustizia e la solidarietà”. (S.L.) (Agenzia Fides 13/11/2006 - righe 27, parole 411)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre
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15 novembre 2006 - Messaggio per la 93a Giornata Mondiale del Migrante
VATICANO - “Nel dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in Egitto, intravediamo
la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei
profughi, dei perseguitati”: il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 93a Giornata
Mondiale del Migrante
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “La famiglia migrante” è il tema scelto dal Santo Padre
Benedetto XVI per il suo Messaggio pubblicato in occasione della 93a Giornata Mondiale del
Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata domenica 14 gennaio 2007. Il tema, come scrive il Papa,
“si pone in continuità con quelli del 1980, 1986 e 1993, e intende ulteriormente sottolineare
l'impegno della Chiesa a favore non solo dell'individuo migrante, ma anche della sua famiglia, luogo
e risorsa della cultura della vita e fattore di integrazione di valori”.
Per riflettere sulla condizione della famiglia migrante, il Messaggio ci presenta innanzitutto la Santa
Famiglia di Nazaret in esilio: “Nel dramma della Famiglia di Nazaret, obbligata a rifugiarsi in
Egitto, intravediamo la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli,
degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati. Intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i
disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati.
La Famiglia di Nazaret riflette l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche
se sfigurata e debilitata dall'emigrazione.”
Il Santo Padre evidenzia quindi le numerose difficoltà che incontra la famiglia del migrante, prima
fra tutti la lontananza fra i suoi membri che spesso è motivo di rottura degli originari legami: “Se
non si assicura alla famiglia immigrata una reale possibilità di inserimento e di partecipazione, è
difficile prevedere un suo sviluppo armonico”. Quindi Papa Benedetto XVI ricorda che “la
Convenzione Internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri
delle loro famiglie, entrata in vigore il l° luglio 2003, intende tutelare i lavoratori e le lavoratrici
migranti e i membri delle rispettive famiglie… La Chiesa incoraggia la ratifica degli strumenti
internazionali legali tesi a difendere i diritti dei migranti, dei rifugiati e delle loro famiglie, ed offre,
in varie sue Istituzioni e Associazioni, quell'advocacy che si rende sempre più necessaria”.
Nonostante l'impegno per l’integrazione delle famiglie degli immigrati sia grande, tanto resta ancora
da fare, e a questo proposito si chiede di predisporre interventi legislativi, giuridici e sociali per
facilitare tale integrazione. “Negli ultimi tempi è aumentato il numero delle donne che lasciano il
proprio Paese d'origine alla ricerca di migliori condizioni di vita, in vista di più promettenti
prospettive professionali. Non poche però sono quelle donne che finiscono vittime del traffico di
esseri umani e della prostituzione. Nei ricongiungimenti familiari le assistenti sociali, in particolare
le religiose, possono rendere un servizio di mediazione apprezzato e meritevole di sempre maggiore
valorizzazione”.
Il Messaggio richiama quindi l'attenzione sulle famiglie dei rifugiati, “le cui condizioni sembrano
peggiorate rispetto al passato... Nei campi loro destinati, alle difficoltà logistiche, a quelle personali
legate ai traumi e allo stress emozionale per le tragiche esperienze vissute, si unisce qualche volta
persino il rischio del coinvolgimento di donne e bambini nello sfruttamento sessuale, come
meccanismo di sopravvivenza”. La presenza della Chiesa è in questo campo è particolarmente
importante per lenire le ferite del cuore, ripristinare la cultura del rispetto, far riscoprire il vero
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valore dell'amore, incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se stesso,
garantire i diritti e la dignità delle famiglie ed assicurare ad esse un alloggio adeguato. “Ai rifugiati
va chiesto di coltivare un atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie,
mantenendo una disponibilità attiva alle proposte di partecipazione per costruire insieme una
comunità integrata, che sia "casa comune" di tutti.”
Infine il Santo Padre richiama l’attenzione sugli studenti di altri Paesi che si ritrovano lontani da casa
per motivi di studio, “senza un'adeguata conoscenza della lingua, talora privi di amicizie e in
possesso non raramente di borse di studio insufficienti. Ancor più grave diviene la loro condizione
quando si tratta di studenti sposati”. A tale proposito il Papa ribadisce che “venire in aiuto degli
studenti esteri è un importante campo d'azione pastorale”.
Il Messaggio si conclude con l’auspicio che la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato possa
diventare occasione “per sensibilizzare le Comunità ecclesiali e l'opinione pubblica sulle necessità e
i problemi, come pure sulle potenzialità positive delle famiglie migranti” e con il pensiero rivolto “a
quanti sono direttamente coinvolti nel vasto fenomeno della migrazione, ed a coloro che spendono le
loro energie pastorali a servizio della mobilità umana”. (S.L.) (Agenzia Fides 15/11/2006 - Righe 52,
parole 523)
Il testo integrale del Messaggio in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=641
15 novembre 2006 – Udienza generale
VATICANO - La catechesi del Papa all’udienza generale: “Impariamo da Paolo che l’azione dello
Spirito orienta la nostra vita verso i grandi valori dell’amore, della gioia, della comunione e della
speranza. Spetta a noi farne ogni giorno l'esperienza assecondando gli interiori suggerimenti dello
Spirito”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Per la terza volta il Santo Padre Benedetto XVI ha dedicato la
sua catechesi durante l’udienza generale del mercoledì al pensiero di San Paolo: “Siamo davanti ad
un gigante non solo sul piano dell'apostolato concreto - ha detto il Papa -, ma anche su quello della
dottrina teologica, straordinariamente profonda e stimolante… Vediamo oggi ciò che egli dice sullo
Spirito Santo e sulla sua presenza in noi”.
Ricordando quanto San Luca dice negli Atti degli Apostoli, il Papa ha detto: “Lo Spirito pentecostale
reca con sé una spinta vigorosa ad assumere l’impegno della missione per testimoniare il Vangelo
sulle strade del mondo... San Paolo però nelle sue Lettere ci parla dello Spirito anche sotto un’altra
angolatura. Egli non si ferma ad illustrare soltanto la dimensione dinamica e operativa della terza
Persona della Santissima Trinità, ma ne analizza anche la presenza nella vita del cristiano, la cui
identità ne resta contrassegnata. Detto in altre parole, Paolo riflette sullo Spirito esponendone
l’influsso non solo sull'agire del cristiano, ma anche sull’essere di lui”. San Paolo afferma che lo
Spirito di Dio “abita in noi” e che "Dio ha inviato lo Spirito del suo Figlio nei nostri cuori". “Si vede
bene dunque che il cristiano, ancor prima di agire, possiede già un’interiorità ricca e feconda, a lui
donata nei sacramenti del Battesimo e della Cresima, un’interiorità che lo stabilisce in un oggettivo e
originale rapporto di filiazione nei confronti di Dio. Ecco la nostra grande dignità: quella di non
essere soltanto immagine, ma figli di Dio. E questo è un invito a vivere questa nostra figliolanza, ad
essere sempre più consapevoli che siamo figli adottivi nella grande famiglia di Dio”.
Paolo ci insegna anche che “non esiste vera preghiera senza la presenza dello Spirito in noi… Lo
Spirito, infatti, sempre desto in noi, supplisce alle nostre carenze e offre al Padre la nostra
adorazione, insieme con le nostre aspirazioni più profonde. Naturalmente ciò richiede un livello di
grande comunione vitale con lo Spirito. E’ un invito ad essere sempre più sensibili, più attenti a
questa presenza dello Spirito in noi, a trasformarla in preghiera, a sentire questa presenza e ad
imparare così a pregare, a parlare col Padre da figli nello Spirito Santo.”
Un altro aspetto insegnatoci da san Paolo riguarda la connessione dello Spirito Santo con l’amore.
“Non è senza significato che Paolo, quando enumera le varie componenti della fruttificazione dello
Spirito, ponga al primo posto l'amore - ha ricordato il Santo Padre -. E, poiché per definizione
l'amore unisce, ciò significa anzitutto che lo Spirito è creatore di comunione all'interno della
comunità cristiana… D'altra parte, però, è anche vero che lo Spirito ci stimola a intrecciare rapporti
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di carità con tutti gli uomini. Sicché, quando noi amiamo diamo spazio allo Spirito, gli permettiamo
di esprimersi in pienezza”.
Infine il Santo Padre ha messo in evidenza come, secondo San Paolo, lo Spirito “è una caparra
generosa dataci da Dio stesso come anticipo e insieme come garanzia della nostra eredità futura” ed
ha concluso esortando ad imparare da Paolo “che l’azione dello Spirito orienta la nostra vita verso i
grandi valori dell’amore, della gioia, della comunione e della speranza. Spetta a noi farne ogni
giorno l'esperienza assecondando gli interiori suggerimenti dello Spirito”. (S.L.) (Agenzia Fides
16/11/2006, righe 38, parole 558)
Il testo integrale della catechesi del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=642
17 novembre 2006 - Udienza ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la
Promozione dell’Unità dei Cristiani
Papa Benedetto XVI raccomanda la promozione “dell’ecumenismo dell’amore” alla Plenaria del
Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani: “Il dialogo della carità per sua natura promuove e
illumina il dialogo della verità… Non sono certamente il relativismo o il facile e falso irenismo che
risolvono la ricerca ecumenica”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Ciò che, comunque, va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo
dell’amore, che discende direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli”:
lo ha raccomandato il Santo Padre Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio
Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ricevuti in udienza a fine mattinata, il 17
novembre. “L’amore accompagnato da gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi - ha
proseguito il Santo Padre -. Il dialogo della carità per sua natura promuove e illumina il dialogo della
verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo.
Non sono certamente il relativismo o il facile e falso irenismo che risolvono la ricerca ecumenica.
Essi anzi la travisano e la disorientano. Va poi intensificata la formazione ecumenica partendo dai
fondamenti della fede cristiana, cioè dall’annuncio dell’amore di Dio che si è rivelato nel volto di
Gesù Cristo e contemporamente in Cristo ha svelato l’uomo all’uomo e gli ha fatto comprendere la
sua altissima vocazione”.
Prendendo spunto dal tema studiato dall’Assemblea Plenaria - “La situazione ecumenica in
cambiamento” -, il Papa ha evidenziato che “viviamo in un periodo di grandi cambiamenti in quasi
tutti i settori della vita, non c’è quindi da stupirsi se questo incide anche sulla vita della Chiesa e
sulle relazioni fra i cristiani. Va tuttavia detto in partenza che, pur in presenza di mutamenti di
situazioni, di sensibilità, di problematiche, lo scopo del movimento ecumenico rimane immutato:
l’unità visibile della Chiesa”. Quindi Papa Benedetto XVI ha ribadito il suo impegno, espresso fin
dall’inizio del Pontificato, per il ristabilimento della piena unità fra tutti i cristiani auspicata dal
Concilio Vaticano II.
Dal Concilio Vaticano II ad oggi molti passi sono stati fatti verso la piena comunione, ha ricordato il
Papa. “Un enorme lavoro è stato compiuto a livello universale e a livello locale. La fraternità fra tutti
i cristiani è stata riscoperta e ristabilita come condizione di dialogo, di cooperazione, di preghiera
comune, di solidarietà… Anche la mia imminente visita a Sua Santità Bartolomeo I e al Patriarcato
Ecumenico sarà un ulteriore segno di considerazione per le Chiese ortodosse, ed agirà come stimolo
- così confidiamo - per affrettare il passo verso il ristabilimento della piena comunione”. Papa
Benedetto XVI ha quindi proseguito: “Realisticamente, tuttavia, dobbiamo riconoscere che molto
cammino resta ancora da fare. Dal Concilio Vaticano II la situazione, sotto molti aspetti, è cambiata.
I rapidi rivolgimenti nel mondo hanno avuto le loro ripercussioni anche sull’ecumenismo”. Molte
Chiese d’Oriente, riacquistata la libertà, sono oggi impegnate in un ampio processo di
riorganizzazione e di rivitalizzazione. “La parte orientale e quella occidentale dell’Europa si stanno
riavvicinando; questo stimola le Chiese a coordinare i loro sforzi per la salvaguardia della tradizione
cristiana e per l’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni. Una tale collaborazione è resa
particolarmente urgente dalla situazione di avanzata secolarizzazione soprattutto del mondo
occidentale”. Il dialogo teologico fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse ha preso nuovo
slancio, e a questo proposito il Papa ha detto di nutrire grandi speranze “per il futuro cammino che
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sarà fatto nel rispetto delle legittime varietà teologiche, liturgiche e disciplinari”. Sono da registrare
anche i progressi con le Comunità ecclesiali d’Occidente “nella reciproca conoscenza, nel
superamento di pregiudizi, nella conferma di alcune convergenze, e nella stessa identificazione più
precisa delle vere divergenze”.
Evidenziando le divergenze, il Santo Padre ha detto che “permane innanzitutto la difficoltà di trovare
una comune concezione sul rapporto fra il Vangelo e la Chiesa e, in relazione a ciò, sul mistero della
Chiesa e della sua unità e sulla questione del ministero nella Chiesa. Nuove difficoltà sono poi
apparse in campo etico, con la conseguenza che le differenti posizioni assunte dalle Confessioni
cristiane sulle attuali problematiche ne hanno ridotto l’incidenza orientativa nei confronti
dell’opinione pubblica. C’è bisogno, proprio da questo punto di vista, di un approfondito dialogo
sull’antropologia cristiana oltre che sull’interpretazione del Vangelo e sulla sua concreta
applicazione”.
Infine Papa Benedetto XVI ha ribadito l’importanza particolare dell’ecumenismo spirituale,
“facendo leva sulla preghiera, sulla carità, sulla conversione del cuore per un rinnovamento
personale e comunitario. Vi esorto a proseguire su questa strada, che già tanti frutti ha dato ed altri
ancora ne darà”. (S.L.) (Agenzia Fides 18/11/2006 - Righe 52, parole 711)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=643
18 novembre 2006 - Esortazione al termine del Concerto del “Philharmonia Quartett Berlin”
VATICANO - La musica può condurci alla preghiera poiché “essa ci invita ad elevare la mente
verso Dio per trovare in Lui le ragioni della nostra speranza e il sostegno nelle difficoltà della vita”:
l’esortazione di Papa Benedetto XVI al termine del Concerto in suo onore del "Philharmonia
Quartett Berlin"
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Il suonare insieme da solisti richiede dal singolo non solo
l'impegno di tutte le sue capacità tecniche e musicali nell'esecuzione della propria parte, ma al
contempo sempre anche il sapersi ritirare nell'ascolto attento degli altri. Solo se questo riesce… solo
allora si ha un'interpretazione veramente grande. È questa una bella immagine anche per noi che,
nell'ambito della Chiesa, ci impegniamo ad essere "strumenti" per comunicare agli uomini il
pensiero del grande "Compositore", la cui opera è l'armonia dell'universo.” Con queste parole il
Santo Padre Benedetto XVI si è rivolto ai quattro musicisti al termine del Concerto in suo onore del
"Philharmonia Quartett Berlin", offerto dal Presidente della Repubblica Federale di Germania, Horst
Köhler, tenutosi nel pomeriggio di sabato 18 novembre nella Sala Clementina.
“Le composizioni appena ascoltate ci hanno aiutato a meditare sulla complessità della vita e sulle
piccole vicende quotidiane - ha detto il Santo Padre -. Ogni giornata è un intreccio di gioie e dolori,
di speranze e delusioni, di attese e sorprese, che si alternano in modo movimentato e che destano nel
nostro intimo le domande fondamentali sul "da dove", sul "verso dove" e sul senso vero della stessa
nostra esistenza. La musica, che esprime tutte queste percezioni dell’animo, offre in un'ora come
questa all’ascoltatore la possibilità di scrutare come in uno specchio le vicende della storia personale
e di quella universale. Ma ci offre ancora di più: mediante i suoi suoni ci porta come in un altro
mondo ed armonizza il nostro intimo. Trovato così un momento di pace, siamo in grado di vedere,
come da un punto elevato, le misteriose realtà che l’uomo cerca di decifrare e che la luce della fede
ci aiuta a meglio comprendere. In effetti, possiamo immaginare la storia del mondo come una
meravigliosa sinfonia che Dio ha composto e la cui esecuzione Egli stesso, da saggio maestro
d’orchestra, dirige. Anche se a noi la partitura a volte sembra molto complessa e difficile, Egli la
conosce dalla prima fino all'ultima nota. Noi non siamo chiamati a prendere in mano la bacchetta del
direttore, e ancora meno a cambiare le melodie secondo il nostro gusto. Ma siamo chiamati, ciascuno
di noi al suo posto e con le proprie capacità, a collaborare con il grande Maestro nell’eseguire il suo
stupendo capolavoro. Nel corso dell'esecuzione ci sarà poi anche dato di comprendere man mano il
grandioso disegno della partitura divina”.
Papa Benedetto XVI ha richiamato l’attenzione sul fatto che la musica può condurci alla preghiera:
“essa ci invita ad elevare la mente verso Dio per trovare in Lui le ragioni della nostra speranza e il
sostegno nelle difficoltà della vita. Fedeli ai suoi comandamenti e rispettosi del suo piano salvifico,
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possiamo insieme costruire un mondo nel quale risuoni la melodia consolante di una trascendente
sinfonia d’amore. Anzi, sarà lo stesso Spirito divino a renderci tutti strumenti ben armonizzati e
collaboratori responsabili di una mirabile esecuzione in cui si esprime lungo i secoli il piano della
salvezza universale”. (S.L.) (Agenzia Fides 20/11/2006, righe 34, parole 516)
Il testo completo del discorso del Santo Padre, in tedesco e italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=644
19 novembre 2006 - Angelus
VATICANO - “I monasteri di vita contemplativa si offrono come ‘oasi’ nelle quali l’uomo,
pellegrino sulla terra, può meglio attingere alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino.
Questi luoghi, apparentemente inutili, sono invece indispensabili, come i ‘polmoni’ verdi di una
città”: Papa Benedetto XVI all’Angelus sottolinea l’importanza della clausura
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nella memoria liturgica della Presentazione di Maria
Santissima al Tempio, il 21 novembre, la Chiesa celebra la “Giornata pro Orantibus”, per ricordare
nella preghiera e nel sostegno concreto le comunità religiose di clausura. “E’ un’occasione quanto
mai opportuna per ringraziare il Signore per il dono di tante persone che, nei monasteri e negli
eremi, si dedicano totalmente a Dio nella preghiera, nel silenzio e nel nascondimento” ha detto il
Santo Padre Benedetto XVI prima di recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in piazza
San Pietro domenica 19 novembre. “Qualcuno si chiede che senso e che valore possa avere la loro
presenza nel nostro tempo, in cui numerose e urgenti sono le situazioni di povertà e di bisogno a cui
far fronte - ha proseguito il Santo Padre -. Perché "rinchiudersi" per sempre tra le mura di un
monastero e privare così gli altri del contributo delle proprie capacità ed esperienze? Che efficacia
può avere la loro preghiera per la soluzione dei tanti problemi concreti che continuano ad affliggere
l’umanità?”
Anche ai nostri giorni non sono poche le persone che “abbandonano carriere professionali spesso
promettenti per abbracciare l’austera regola d’un monastero di clausura” ha ricordato il Papa,
evidenziando il significato della scelta di quanti “testimoniano silenziosamente che in mezzo alle
vicende quotidiane, talvolta assai convulse, unico sostegno che mai vacilla è Dio, roccia incrollabile
di fedeltà e di amore”. Ed ha proseguito: “Dinanzi alla diffusa esigenza che molti avvertono di uscire
dalla routine quotidiana dei grandi agglomerati urbani in cerca di spazi propizi al silenzio e alla
meditazione, i monasteri di vita contemplativa si offrono come "oasi" nelle quali l’uomo, pellegrino
sulla terra, può meglio attingere alle sorgenti dello Spirito e dissetarsi lungo il cammino. Questi
luoghi, pertanto, apparentemente inutili, sono invece indispensabili, come i "polmoni" verdi di una
città: fanno bene a tutti, anche a quanti non li frequentano e magari ne ignorano l’esistenza”.
Prima di recitare l’Angelus, il Santo Padre ha invitato a rendere grazie al Signore per le comunità di
clausura, maschili e femminili, ed ha esortato a non far mancare loro il sostegno spirituale e
materiale, affinché possano compiere la loro missione, “quella di mantenere viva nella Chiesa
l’ardente attesa del ritorno di Cristo”. (S.L.) (Agenzia Fides 20/11/2006 - righe 26, parole 381)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=645
20 novembre 2006 – Discorso al Presidente della Repubblica Italiana in Visita ufficiale
VATICANO - Papa Benedetto XVI riceve il Presidente della Repubblica Italiana: “Chiesa e Stato,
pur pienamente distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri
fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo stesso tempo destinatario e partecipe della missione
salvifica della Chiesa e cittadino dello Stato”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Chiesa e Stato, pur pienamente distinti, sono entrambi
chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri fini e mezzi, a servire l’uomo, che è allo
stesso tempo destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa e cittadino dello Stato. E’
nell’uomo che queste due società si incontrano e collaborano per meglio promuoverne il bene
integrale”. E’ una delle riflessioni contenute nel discorso che il Santo Padre Benedetto XVI ha
rivolto al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ricevuto in Visita ufficiale lunedì
20 novembre, al termine del colloquio privato. Nel discorso il Papa ha ricordato “quel particolare
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legame di fede e di storia, che da secoli lega l’Italia al Successore dell’apostolo Pietro, il quale ha in
questo Paese, non senza disposizione della Divina Provvidenza, la sua sede”.
La consuetudine di reciproche visite fra il Successore di Pietro e la più alta Carica dello Stato
italiano, in questa circostanza “consente una particolare sosta di riflessione sulle ragioni profonde
degli incontri che avvengono fra i rappresentanti della Chiesa e quelli dello Stato”, ha sottolineato il
Santo Padre, richiamando la Costituzione pastorale "Gaudium et spes" che afferma: “La comunità
politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due,
anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone
umane” (n. 76). Papa Benedetto XVI ha quindi affermato che la sollecitudine della comunità civile
nei riguardi del bene dei cittadini “non si può limitare ad alcune dimensioni della persona”, in quanto
“l’uomo si presenta di fronte allo Stato anche con la sua dimensione religiosa”, ed ha proseguito:
“La libertà religiosa è pertanto un diritto non solo del singolo, ma altresì della famiglia, dei gruppi
religiosi e della stessa Chiesa e l’esercizio di questo diritto ha un influsso sui molteplici ambiti e
situazioni in cui il credente viene a trovarsi e ad operare”.
“La libertà, che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di altri
gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione
affinché… si possa espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in
cui essa è presente. Tale servizio alla società, che consiste principalmente nel ‘dare risposte positive
e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente’ offrendo alla loro vita la luce della
fede, la forza della speranza e il calore della carità, si esprime anche nei riguardi dell’ambito civile e
politico”.
Il Santo Padre ha poi ricordato l’apporto specifico dato principalmente dai fedeli laici attraverso il
loro impegno nel fronteggiare le grandi sfide attuali, “rappresentate dalle guerre e dal terrorismo,
dalla fame e dalla sete, dalla estrema povertà di tanti esseri umani, da alcune terribili epidemie, ma
anche dalla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e dalla
promozione della famiglia, fondata sul matrimonio e prima responsabile dell’educazione”. Papa
Benedetto XVI ha concluso augurando che “la Nazione italiana sappia avanzare sulla via
dell'autentico progresso e possa offrire alla Comunità internazionale il suo prezioso contributo,
promuovendo sempre quei valori umani e cristiani che sostanziano la sua storia, la sua cultura, il suo
patrimonio ideale, giuridico e artistico, e che sono tuttora alla base dell’esistenza e dell’impegno dei
suoi cittadini”. (S.L.) (Agenzia Fides 21/11/2006 - Righe 38, parole 561)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=646
22 novembre 2006 – Udienza generale
VATICANO - Il Santo Padre conclude le riflessioni sull’Apostolo Paolo: “Paolo si convertì, nel
contempo, a Cristo e alla Chiesa. Di qui si comprende perché la Chiesa sia stata poi così presente nei
pensieri, nel cuore e nell’attività di Paolo” - Appello per la pace in Libano
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - All’udienza generale di mercoledì 22 novembre, il Santo Padre
Benedetto XVI ha concluso le riflessioni sull’Apostolo Paolo prendendo in considerazione “una
delle componenti decisive della sua attività e uno dei temi più importanti del suo pensiero: la realtà
della Chiesa”. Il primo contatto di Paolo con la persona di Gesù avvenne attraverso la comunità
cristiana di Gerusalemme, di cui divenne un acceso persecutore. “La storia ci dimostra che a Gesù si
giunge normalmente passando attraverso la Chiesa!” ha detto il Papa, e anche Paolo incontrò la
Chiesa prima di incontrare Gesù, tuttavia questo contatto provocò in lui una violenta repulsione. “Per
Paolo, l’adesione alla Chiesa fu propiziata da un diretto intervento di Cristo, il quale, rivelandoglisi
sulla via di Damasco, si immedesimò con la Chiesa e gli fece capire che perseguitare la Chiesa era
perseguitare Lui, il Signore”. Paolo allora si convertì contemporaneamente a Cristo e alla Chiesa, e
si capisce quindi perché la Chiesa sia stata poi così presente nei suoi pensieri, nel cuore e nella sua
attività.
In primo luogo Paolo “fondò parecchie Chiese nelle varie città in cui si recò come evangelizzatore”,
e mantenne i legami con queste Comunità “in maniera non fredda e burocratica, ma intensa e
appassionata… Altre volte dimostra nei loro confronti un vero e proprio sentimento non solo di
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paternità ma addirittura di maternità”. Inoltre nelle sue “Lettere” Paolo illustra la sua dottrina sulla
Chiesa definendola, primo tra gli autori cristiani del I secolo, come “corpo di Cristo”. “Paolo ci fa
capire che esiste non solo un'appartenenza della Chiesa a Cristo - ha detto il Papa -, ma anche una
certa forma di equiparazione e di immedesimazione della Chiesa con Cristo stesso. E’ da qui,
dunque, che deriva la grandezza e la nobiltà della Chiesa, cioè di tutti noi che ne facciamo parte:
dall'essere noi membra di Cristo, quasi una estensione della sua personale presenza nel mondo. E da
qui segue, naturalmente, il nostro dovere di vivere realmente in conformità con Cristo”. Paolo
rivolge diverse esortazioni a proposito dei vari carismi che animano e strutturano la comunità
cristiana, “tutti riconducibili ad una sorgente unica, che è lo Spirito del Padre e del Figlio...
Importante, però, è che tutti i carismi cooperino insieme per l'edificazione della comunità e non
diventino invece motivo di lacerazione”.
Papa Benedetto XVI ha quindi proseguito: “sottolineare l'esigenza dell'unità non significa sostenere
che si debba uniformare o appiattire la vita ecclesiale secondo un unico modo di operare... Tutto
deve concorrere a costruire ordinatamente il tessuto ecclesiale, non solo senza ristagni, ma anche
senza fughe e senza strappi”. Infine Paolo presenta la Chiesa “come sposa di Cristo” riprendendo
un’antica metafora profetica: “questo per dire quanto intimi siano i rapporti tra Cristo e la sua
Chiesa, sia nel senso che essa è oggetto del più tenero amore da parte del suo Signore, sia anche nel
senso che l'amore dev'essere scambievole e che quindi noi pure, in quanto membra della Chiesa,
dobbiamo dimostrare appassionata fedeltà nei confronti di Lui.” Concludendo la sua catechesi, il
Santo Padre ha messo in evidenza il rapporto di comunione: “quello per così dire verticale tra Gesù
Cristo e tutti noi, ma anche quello orizzontale tra tutti coloro che si distinguono nel mondo per il
fatto di ‘invocare il nome del Signore nostro Gesù Cristo’… Un non cristiano che entra in una nostra
assemblea alla fine dovrebbe poter dire: "Veramente Dio è con voi". Preghiamo il Signore di essere
così, in comunione con Cristo e in comunione tra noi.”
Al termine dei saluti nelle diverse lingue, Papa Benedetto XVI ha lanciato il seguente appello per il
Libano: “Ho appreso con profondo dolore la notizia dell'assassinio dell'Onorevole Pierre Gemayel,
Ministro dell'Industria del Governo Libanese. Nel condannare fermamente tale brutale attentato,
assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza spirituale alla famiglia in lutto e all'amato popolo
libanese. Di fronte alle forze oscure che cercano di distruggere il Paese, invito tutti i Libanesi a non
lasciarsi vincere dall'odio bensì a rinsaldare l'unità nazionale, la giustizia e la riconciliazione, e a
lavorare insieme per costruire un futuro di pace. Invito infine i Responsabili dei Paesi che hanno a
cuore le sorti di quella Regione a contribuire ad una soluzione globale e negoziata delle diverse
situazioni di ingiustizia che la segnano da ormai troppi anni.” (S.L.) (Agenzia Fides 23/11/2006,
righe 48, parole 717)
Il testo integrale della catechesi del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=647
23 novembre 2006 – Udienza a Sua Grazia il Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury,
Primate della Comunione Anglicana
VATICANO - Papa Benedetto XVI riceve in udienza l’Arcivescovo di Canterbury, Primate della
Comunione Anglicana: “il mondo ha bisogno della nostra testimonianza e della forza che viene da
una proclamazione univoca del Vangelo”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Questa mattina il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in
Udienza Sua Grazia il Dr. Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, Primate della Comunione
Anglicana, e il suo Seguito. Al termine dell’incontro, nella Cappella "Redemptoris Mater" del
Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre ha presieduto la Celebrazione dell’Ora Media a cui ha
partecipato l’Arcivescovo di Canterbury con la Delegazione al Seguito.
Nel suo discorso durante l’udienza, Papa Benedetto XVI ha ricordato la lunga storia delle relazioni
tra la Sede di Roma e la Sede di Cantebury, “che iniziarono quando Papa Gregorio Magno inviò
Sant’Agostino nella terra degli Anglosassoni, più di 1400 anni fa”, ed ha ringraziato per la presenza
dei rappresentanti della Comunione Anglicana ai funerali di Papa Giovanni Paolo II e all’inizio del
suo Pontificato.
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“La Sua visita alla Santa Sede coincide con il quarantesimo anniversario della visita dell’allora
Arcivescovo di Canterbury, Dott. Michael Ramsey, a Papa Paolo VI” ha ricordato il Santo Padre,
sottolineando come quella visita fu contrassegnata da grandi promesse in ordine all’inizio del
dialogo tra la Comunione Anglicana e la Chiesa Cattolica per la ricerca della piena visibile unità.
“C’è molto nelle nostre relazioni degli ultimi quaranta anni per cui dobbiamo rendere grazie” ha
proseguito Papa Benedetto XVI, che ha ricordato il lavoro portato avanti dal punto di vista teologico,
l’amicizia e le buone relazioni tra Cattolici e Anglicani che esistono in molti luoghi, le visite
dell’Arcivescovo di Canterbury alla Santa Sede, la creazione di una Commissione congiunta di
Vescovi “per discernere le vie appropriate attraverso cui esprimere nella vita ecclesiale i progressi
che sono già stati fatti”.
“Nell’attuale contesto tuttavia - ha proseguito il Papa - e soprattutto nel mondo occidentale
secolarizzato, ci sono molte pressioni ed influenze negative che colpiscono le comunità Cristiane e
Anglicane”. Alcune difficoltà interessano la Comunione Anglicana al suo interno, arrivando
addirittura a metterne in discussione il futuro, mentre il dibattito su altri temi, come il ministero
ordinato ed alcuni insegnamenti morali, coinvolge anche le relazioni tra Comunione Anglicana e
Chiesa Cattolica. “Riteniamo che questi argomenti, attualmente in discussione all’interno della
Comunione Anglicana, siano di vitale importanza per l’annuncio del Vangelo nella sua integrità, e
che l’attuale discussione condizionerà il futuro delle nostre relazioni” ha proseguito il Papa,
esprimendo il fervido augurio che la Comunione Anglicana si mantenga saldamente ancorata al
Vangelo e alla Tradizione Apostolica, “che formano il nostro patrimonio comune e sono le basi della
nostra comune aspirazione a lavorare per la piena visibile unità”.
Nella parte conclusiva del suo discorso, Papa Benedetto XVI ha messo in evidenza che “il mondo ha
bisogno della nostra testimonianza e della forza che viene da una proclamazione univoca del
Vangelo”, ed ha esortato a proseguire il dialogo teologico, anche tra le attuali difficoltà. (S.L.)
(Agenzia Fides 23/11/2006 - Righe 35, parole 468)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in inglese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=648
Il testo della Dichiarazione comune, in inglese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/bxvi_rwilliams_231106.html
23 novembre 2006 - Telegramma di cordoglio per le vittime della catastrofe nella miniera di
Halema a Ruda Śląska (Polonia)
VATICANO - Telegramma di cordoglio del Santo Padre Benedetto XVI per le vittime della
catastrofe nella miniera di Halema a Ruda Śląska (Polonia)
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato, tramite il Segretario
di Stato, Card. Tarcisio Bertone, un telegramma di cordoglio al Metropolita di Katowice, Sua Ecc.
Mons. Damian Zimoń, per le vittime della catastrofe, avvenuta ieri pomeriggio, nella miniera di
Halema a Ruda Śląska (Polonia). Nel testo si afferma che Sua Santità Benedetto XVI ha appreso con
dolore la notizia della catastrofe, e “affida le anime dei morti alla misericordia di Dio, chiedendo di
accogliere l’offerta della loro fatica e della vita, e di introdurli nella sua gloria. Alla protezione
divina raccomanda coloro che - come speriamo - sono salvi. Con una affettuosa preghiera abbraccia
le famiglie dei morti e tutti coloro che piangono la loro improvvisa scomparsa. Imparte loro la
Benedizione Apostolica, che estende a tutta l’Arcidiocesi di Katowice. Dal Vaticano, 22 novembre
2006. Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato”. (S.L.) (Agenzia Fides 23/11/2006 - Righe 11,
parole 151)
24 novembre 2006 – Udienza ai partecipanti alla XXI Conferenza Internazionale promossa dal
Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute
VATICANO - Ai tanti malati infettivi occorre rispondere “con interventi concreti, che favoriscano la
prossimità all’ammalato, rendano più viva l’evangelizzazione della cultura e propongano motivi
ispiratori dei programmi economici e politici dei governi”: l’esortazione di Papa Benedetto XVI alla
Conferenza promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute
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Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Il Santo Padre Benedetto XVI ha definito “impressionante” sia
il numero che la varietà di modi con cui le malattie infettive minacciano ancora oggi la vita umana.
“Termini quali lebbra, peste, tubercolosi, AIDS, ebola evocano drammatici scenari di dolore e di
paura” ha detto il Papa. La persistenza delle malattie infettive, nonostante i progressi della scienza e
della tecnologia medica, pur mettendo in risalto “i limiti inevitabili della condizione umana”, non
deve però far arrendere l’uomo “nel cercare mezzi e modalità d’intervento più efficaci per
combattere questi mali e per ridurre i disagi di quanti ne sono vittime”.
Ricevendo in udienza, venerdì 24 novembre, i partecipanti alla XXI Conferenza Internazionale
promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute sul tema: "Gli aspetti pastorali della
cura delle malattie infettive", il Santo Padre ha ricordato le “schiere di uomini e donne” che hanno
messo a disposizione dei malati le loro competenze e la loro generosità, tra cui molte persone
consacrate che sono giunte anche al sacrificio della vita. Tuttavia non si possono dimenticare “i tanti
malati infettivi costretti a vivere segregati, e talora segnati da uno stigma che li umilia”, la cui
situazione è aggravata ulteriormente dalla disparità delle condizioni sociali ed economiche tra il
Nord e il Sud del mondo. A tali situazioni “è importante rispondere con interventi concreti - ha detto
il Santo Padre -, che favoriscano la prossimità all’ammalato, rendano più viva l’evangelizzazione
della cultura e propongano motivi ispiratori dei programmi economici e politici dei governi”.
La Comunità ecclesiale è chiamata in primo luogo alla prossimità nei confronti del malato colpito da
malattie infettive, sull’esempio di Cristo che “rompendo con le prescrizioni del tempo, non solo si
lasciava avvicinare dai lebbrosi ma li ristabiliva nella salute e nella loro dignità di persone”. Molti
suoi discepoli lungo gli oltre due mila anni di storia cristiana lo hanno imitato, e Papa Benedetto
XVI ha ricordato il bacio al lebbroso di Francesco d’Assisi, il beato Damiano De Veuster, morto
nell’isola di Molokai mentre assisteva i lebbrosi, la beata Teresa di Calcutta, le religiose italiane
uccise dal virus dell’ebola, e i tanti promotori di iniziative a favore dei malati infettivi, soprattutto
nei Paesi in via di sviluppo. “Attraverso l’esercizio della carità verso chi soffre - ha proseguito il
Papa -, siano resi visibili i valori ispirati ad autentica umanità e al Vangelo: la dignità della persona,
la misericordia, l’identificazione di Cristo al malato. Ogni intervento resta insufficiente, se in esso
non si rende percepibile l’amore per l’uomo, un amore che si nutre dell’incontro con Cristo.”
Quindi il Papa ha sottolineato come “tra i pregiudizi che ostacolano o limitano un aiuto efficace alle
vittime di malattie infettive c’è l’atteggiamento di indifferenza e persino di esclusione e rigetto nei
loro confronti, che emerge a volte nella società del benessere”, favorito dai mass media che
presentano uomini e donne “preoccupati prevalentemente della bellezza fisica, della salute e della
vitalità biologica”. Tale tendenza porta “a porre se stessi al centro, a chiudersi nel proprio piccolo
mondo, a rifuggire dall’impegnarsi nel servire chi è nel bisogno”. E’ quindi necessaria “una
pastorale capace di sostenere i malati nell’affrontare la sofferenza, aiutandoli a trasformare la propria
condizione in un momento di grazia per sé e per gli altri, attraverso una viva partecipazione al
mistero di Cristo”. Infine Papa Benedetto XVI ha richiamato la necessità di instaurare una profonda
collaborazione con le varie istanze pubbliche, “perché venga attuata la giustizia sociale in un
delicato settore come quello della cura e dell’assistenza ai malati infettivi”. (S.L.) (Agenzia Fides
25/11/2006 - Righe 41, parole 589)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=649
25 novembre 2006 – Udienza ai partecipanti al Convegno promosso dalla Federazione Italiana
Settimanali Cattolici (FISC) in occasione dei 40 anni della sua nascita
VATICANO - Papa Benedetto XVI alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici: “Di fronte ad una
multiforme azione tesa a scardinare le radici cristiane della civiltà occidentale, la peculiare funzione
degli strumenti di comunicazione sociale di ispirazione cristiana è quella di educare l’intelligenza e
formare l’opinione pubblica secondo lo spirito del Vangelo”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - “Di fronte ad una multiforme azione tesa a scardinare le radici
cristiane della civiltà occidentale, la peculiare funzione degli strumenti di comunicazione sociale di
ispirazione cristiana è quella di educare l’intelligenza e formare l’opinione pubblica secondo lo
spirito del Vangelo. Loro compito è di servire con coraggio la verità, aiutando l’opinione pubblica a
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guardare, a leggere e a vivere la realtà con gli occhi di Dio. Obiettivo del giornale diocesano è di
offrire a tutti un messaggio di verità e di speranza, sottolineando fatti e realtà dove il Vangelo è
vissuto, il bene e la verità trionfano, l’uomo con operosità e fantasia costruisce e ricostruisce il
tessuto umano delle piccole realtà comunitarie”. Sono le indicazioni del Santo Padre Benedetto XVI
ai partecipanti al Convegno promosso dalla Federazione Italiana Settimanali Cattolici (FISC) in
occasione dei 40 anni della sua nascita. Il Papa ha ricevuto in udienza, sabato 25 novembre in fine
mattinata, i Direttori delle oltre 160 testate diocesane italiane, il Direttore e ai giornalisti dell’agenzia
Sir e il Direttore del quotidiano Avvenire, che erano accompagnati da Sua Ecc. Mons. Giuseppe
Betori, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, e da don Giorgio Zucchelli, Presidente della
FISC.
Il Santo Padre ha ringraziato i settimanali diocesani per l’opera di sensibilizzazione che svolgono
presso i fedeli “nei confronti delle iniziative di bene del Successore di Pietro per le necessità della
Chiesa universale” ed ha sottolineato che tali periodici “costituiscono un prezioso veicolo di
informazione e un mezzo di penetrazione evangelica”, in quanto, attraverso una capillare diffusione,
essi possono giungere “anche là dove non si riesce ad incidere con i tradizionali strumenti della
pastorale”.
“Continuate a fare delle vostre testate una rete di collegamento che faciliti le relazioni e l’incontro
tra i singoli cittadini e le istituzioni, tra le associazioni, i diversi gruppi sociali, le parrocchie e i
movimenti ecclesiali. Continuate ad essere "giornali della gente e tra la gente", palestre di confronto
e di dibattito leale fra opinioni diverse, così da favorire un autentico dialogo, indispensabile per la
crescita della comunità civile ed ecclesiale” ha esortato ancora il Papa, ricordando che per portare a
compimento tale importante compito è necessario coltivare un rapporto costante e profondo con
Cristo nella preghiera, nell’ascolto della sua Parola e in una intensa vita sacramentale, mantenendosi
membri attivi e responsabili della comunità ecclesiale in comunione con i Pastori. “Voi non svolgete
un "qualsiasi lavoro", ma siete "cooperatori" della grande missione evangelizzatrice della Chiesa - ha
concluso Papa Benedetto XVI -. Le difficoltà che non mancano, gli ostacoli che talora possono
persino apparire insormontabili, non vi scoraggino mai. L’esperienza del passato dimostra che la
gente ha bisogno di fonti d’informazione come le vostre testate”. (S.L.) (Agenzia Fides 27/11/2006 Righe 32, parole 448)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, in italiano
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=651
26 novembre 2006 - Angelus
VATICANO - Il Papa all’Angelus nella solennità di Cristo Re ricorda che “Egli non è venuto a
dominare su popoli e territori, ma a liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e riconciliarli con
Dio” ed invita a pregare per il suo viaggio in Turchia “perché questo pellegrinaggio possa portare
tutti i frutti che Dio desidera”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Nell’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa celebra la
solennità di Cristo Re dell’Universo, ed il Santo Padre Benedetto XVI ha preso spunto dal brano
evangelico della Messa del giorno per il suo discorso prima di recitare l’Angelus con i fedeli riuniti
in piazza San Pietro. Il Vangelo proponeva un brano dell’interrogatorio di Ponzio Pilato a Gesù,
accusato di essersi proclamato "re dei Giudei". “Alle domande del governatore romano, Gesù rispose
affermando di essere sì re, ma non di questo mondo - ha spiegato il Santo Padre -. Egli non è venuto
a dominare su popoli e territori, ma a liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e riconciliarli
con Dio.”
La verità che Cristo è venuto a testimoniare nel mondo con la sua intera esistenza è che “Dio è
amore: è questa dunque la verità a cui Egli ha reso piena testimonianza con il sacrificio della sua
stessa vita sul Calvario. La Croce è il ‘trono’ dal quale ha manifestato la sublime regalità di Dio
Amore: offrendosi in espiazione del peccato del mondo, Egli ha sconfitto il dominio del ‘principe di
questo mondo’ e ha instaurato definitivamente il Regno di Dio”. Questo Regno si manifesterà in
pienezza alla fine dei tempi, quando “il Figlio consegnerà il Regno al Padre e finalmente Dio sarà
‘tutto in tutti’. La via per giungere a questa meta è lunga - ha proseguito il Santo Padre - e non
ammette scorciatoie: occorre infatti che ogni persona liberamente accolga la verità dell’amore di
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Dio. Egli è Amore e Verità, e sia l’amore che la verità non si impongono mai: bussano alla porta del
cuore e della mente e, dove possono entrare, apportano pace e gioia”. Quindi il Santo Padre ha
invitato a chiedere l’intercessione della Vergine Maria, “associata in modo singolarissimo” alla
regalità di Cristo, “affinché l’amore di Dio possa regnare in tutti i cuori e si compia il suo disegno di
giustizia e di pace”.
Dopo la preghiera mariana, il Papa ha parlato del suo imminente pellegrinaggio in Turchia con
queste parole: “Come sapete, nei prossimi giorni mi recherò in visita in Turchia. Fin d’ora desidero
inviare un saluto cordiale al caro Popolo turco, ricco di storia e di cultura; a tale Popolo e ai suoi
rappresentanti esprimo sentimenti di stima e di sincera amicizia. Con viva emozione attendo di
incontrare la piccola Comunità cattolica, che mi è sempre presente nel cuore, e di unirmi
fraternamente alla Chiesa Ortodossa, in occasione della festa dell’apostolo sant’Andrea. Con fiducia
mi pongo sulle orme dei miei venerati predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II; ed invoco la
celeste protezione del beato Giovanni XXIII, che fu per dieci anni Delegato Apostolico in Turchia e
nutrì per quella Nazione affetto e stima. A tutti voi domando di accompagnarmi con la preghiera,
perché questo pellegrinaggio possa portare tutti i frutti che Dio desidera”. Quindi Papa Benedetto
XVI ha ricordato che il 1° dicembre si celebrerà la Giornata Mondiale contro l’AIDS: “Auspico
vivamente che tale circostanza favorisca un’accresciuta responsabilità nella cura della malattia,
insieme all’impegno di evitare ogni discriminazione nei confronti di quanti ne sono colpiti”.
Al termine dei saluti ai pellegrini di lingua italiana, il Santo Padre ha salutato i direttori di coro,
musicisti e cantori partecipanti al XXVIII Congresso Nazionale di Musica Sacra. “Cari amici, sono
lieto che abbiate commemorato, a 50 anni dalla morte, il grande Maestro Lorenzo Perosi, che è stato
Direttore della Cappella Sistina e ha lasciato opere musicali di altissima ispirazione religiosa - ha
detto il Papa -. Vi auguro di essere autentici evangelizzatori con l’espressione della bellezza e
dell’armonia della vostra arte musicale.” (S.L.) (Agenzia Fides 27/11/2006 - righe 40, parole 609)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=650http://www.evangeliza
tio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=650
27 novembre 2006 – Messaggio ai partecipanti al Summit di Cultura in Asia
VATICANO - “L’evangelizzazione e l’inculturazione sono due realtà inseparabili”, Messaggio del
Papa ai partecipanti al Summit di Cultura in Asia
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Dopo l'incontro dei Centri Culturali Cattolici in India, il
Pontificio Consiglio della Cultura continua la sua rotta verso oriente, sulle orme di San Francesco
Saverio, per andare in Indonesia, a Bali, dove dal 26 è in corso un incontro dei Membri e Consultori
del Pontificio Consiglio per la Cultura e dei Presidenti delle Commissioni Episcopali Nazionali per
la Cultura, che si concluderà il 30 novembre.
Ai responsabili della cultura delle Chiese dell'Asia, riuniti in questo mini-sinodo monografico su
temi come l'evangelizzazione della cultura e l’inculturazione del Vangelo, il Santo Padre Benedetto
XVI ha inviato un messaggio.
“Sono convinto che ci sia un grande bisogno per tutta la Chiesa di riscoprire la gioia
dell’evangelizzazione, diventare una comunità ispirata con zelo missionario per far conoscere ed
amare sempre più Gesù”, ha detto il Papa.
“Ovviamente”, ha continuato, “questa evangelizzazione deve essere accompagnata da un impegno
verso un dialogo sincero ed autentico tra le culture e le religioni, contrassegnato dal rispetto, dalla
reciprocità, dall’apertura e dalla carità”.
L’esortazione finale che Benedetto XVI rivolge ai partecipanti al summit sottolinea il fatto che
“l’evangelizzazione e l’inculturazione costituiscono due realtà inseparabili, entrambi gli elementi
devono essere presenti se il Vangelo di Cristo deve davvero essere incarnato nelle vite delle persone
di ogni razza, nazione, tribù e lingua.”
Nel suo intervento di apertura, il Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio per la
Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, dopo un'introduzione teologica sui
concetti inseparabili di inculturazione del Vangelo ed evangelizzazione della cultura, ha affrontato le
principali sfide che il continente asiatico presenta all'evangelizzazione della cultura, elencando le
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culture multietniche, plurireligise e complesse dell'Asia: Il Cristianesimo visto come religione
straniera in Asia. Il Relativismo. Il Fondamentalismo. La violenza e la mancanza di libertà religiosa.
L’impatto culturale della povertà, della disuguaglianza, della corruzione. Le sette e i nuovi
movimenti religiosi. I giovani. Il ruolo dei Centri Culturali Cattolici. I popoli indigeni. I Mass Media
e le comunicazioni.
(AP) (27/11/2006 Agenzia Fides; Righe:32; Parole:346)
Il messaggio del Santo Padre in inglese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=652
28 novembre 2006 – Primo giorno in Turchia e incontro con il Presidente per gli Affari
Religiosi, Prof. Ali Bardakoğlu
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - “I cristiani e i musulmani, seguendo le loro
rispettive religioni, richiamano l’attenzione sulla verità del carattere sacro e della dignità della
persona. È questa la base del nostro reciproco rispetto e stima, questa è la base per la collaborazione
al servizio della pace fra nazioni e popoli”
Ankara (Agenzia Fides) - Il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato il suo 5° Viaggio internazionale
in Turchia martedì 28 novembre. All’arrivo all’aeroporto Esemboğa di Ankara, il Santo Padre è stato
accolto dal Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan e dalle altre Autorità. Era presente anche il
Presidente della Conferenza Episcopale Cattolica della Turchia, Sua Ecc. Mons. Ruggero
Franceschini, O.F.M. Cap., e il Segretario della Nunziatura Apostolica, Mons. Christophe-Zakhia ElKassis. Subito dopo il suo arrivo, il Santo Padre ha incontrato, in una sala dell’aeroporto, il Primo
Ministro della Repubblica Turca, Erdoğan.
Quindi il Santo Padre si è trasferito in auto al Mausoleo di Atatürk, che custodisce le spoglie di
Mustafa Kemal "Atatürk", fondatore e primo Presidente della Repubblica Turca. Dopo aver reso
omaggio al feretro, il Papa ha firmato il Libro d’Oro su cui ha scritto questa frase: “In questa terra,
punto d’incontro e crocevia di religioni e culture, cerniera tra l’Asia e l’Europa, volentieri faccio mie
le parole del Fondatore della Repubblica Turca per esprimere l’augurio: "Pace in Patria, pace nel
mondo". Subito dopo il Papa si è recato al Palazzo Presidenziale di Ankara per la cerimonia di
benvenuto e la visita al Presidente della Repubblica, Ahmet Necdet Sezer, quindi si è trasferito alla
Guest House del Palazzo Presidenziale dove ha incontrato il Vice-Primo Ministro Mehmet Ali
Şahin.
Papa Benedetto XVI ha poi raggiunto la Presidenza per gli Affari Religiosi "Diyanet" di Ankara per
l’incontro con il Presidente per gli Affari Religiosi, Prof. Ali Bardakoğlu, al quale hanno partecipato
alcune Personalità della Comunità musulmana, tra cui il Gran Mufti di Ankara e il Gran Mufti di
Istanbul, oltre a Cardinali e Vescovi del Seguito. Concluso l’incontro privato, il Santo Padre e il
Presidente per gli Affari Religiosi si sono recati nella Conference Room della "Diyanet". Qui, dopo
l’intervento del Presidente Ali Bardakoğlu, il Papa ha pronunciato un discorso nel quale ha
ringraziato per l’accoglienza e si è rivolto al Presidente per gli Affari Religiosi, salutando con lui
“tutti i musulmani della Turchia con particolare stima ed affettuosa considerazione”.
“Il Suo Paese è molto caro ai cristiani - ha proseguito Papa Benedetto XVI -, molte delle primitive
comunità della Chiesa furono fondate qui e vi raggiunsero la maturità, ispirate dalla predicazione
degli Apostoli, particolarmente di san Paolo e di san Giovanni. La tradizione giunta sino a noi
afferma che Maria, la Madre di Gesù, visse ad Efeso, nella casa dell'apostolo san Giovanni. Questa
nobile terra ha visto, inoltre, una ragguardevole fioritura della civiltà islamica nei più svariati campi,
inclusa la letteratura e l'arte, come pure le istituzioni. Vi sono tantissimi monumenti cristiani e
musulmani che testimoniano il glorioso passato della Turchia.”
Il Santo Padre ha quindi confidato di essersi preparato a questa visita con gli stessi sentimenti di
affetto per il popolo turco espressi dal Beato Giovanni XXIII, allora l’Arcivescovo Angelo Giuseppe
Roncalli, che giungeva qui per adempiere all'incarico di Rappresentante Pontificio ad Istanbul, e
ricordando le parole di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita nel novembre 1979: “Mi
domando se non sia urgente, proprio oggi in cui i cristiani e i musulmani sono entrati in un nuovo
periodo della storia, riconoscere e sviluppare i vincoli spirituali che ci uniscono, al fine di
'promuovere e difendere insieme i valori morali, la pace e la libertà”.
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Papa Benedetto XVI ha quindi affermato: “I cristiani e i musulmani, seguendo le loro rispettive
religioni, richiamano l’attenzione sulla verità del carattere sacro e della dignità della persona. È
questa la base del nostro reciproco rispetto e stima, questa è la base per la collaborazione al servizio
della pace fra nazioni e popoli, il desiderio più caro di tutti i credenti e di tutte le persone di buona
volontà.”
“I cristiani e i musulmani appartengono alla famiglia di quanti credono nell'unico Dio e che, secondo
le rispettive tradizioni, fanno riferimento ad Abramo” ha proseguito il Santo Padre ricordando
quanto afferma il Concilio Vaticano II. “Questa unità umana e spirituale nelle nostre origini e nei
nostri destini ci sospinge a cercare un comune itinerario mentre facciamo la nostra parte in quella
ricerca di valori fondamentali che è così caratteristica delle persone del nostro tempo. Come uomini
e donne di religione, siamo posti di fronte alla sfida della diffusa aspirazione alla giustizia, allo
sviluppo, alla solidarietà, alla libertà, alla sicurezza, alla pace, alla difesa dell'ambiente e delle risorse
della terra… In particolare, possiamo offrire una risposta credibile alla questione che emerge
chiaramente dalla società odierna, anche se essa è spesso messa da parte, la questione, cioè,
riguardante il significato e lo scopo della vita, per ogni individuo e per l'intera umanità”.
Papa Benedetto XVI ha quindi ribadito: “siamo chiamati ad operare insieme, così da aiutare la
società ad aprirsi al trascendente” e “il modo migliore per andare avanti è quello di un dialogo
autentico fra cristiani e musulmani, basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci
meglio l'un l'altro, rispettando le differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune”.
Nella parte conclusiva del suo discorso, il Santo Padre ha citato Papa Gregorio VII che parlò della
speciale carità che cristiani e musulmani si devono reciprocamente, ed ha proseguito: “La libertà di
religione, garantita istituzionalmente ed effettivamente rispettata, sia per gli individui come per le
comunità, costituisce per tutti i credenti la condizione necessaria per il loro leale contributo
all'edificazione della società, in atteggiamento di autentico servizio, specialmente nei confronti dei
più vulnerabili e dei poveri”. Infine ha auspicato che “possiamo giungere a conoscerci meglio,
rafforzando i vincoli di affetto fra di noi, nel comune desiderio di vivere insieme in armonia, in pace
e nella vicendevole fiducia”. (S.L.) (Agenzia Fides 29/11/2006 - righe 67, parole 938)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, plurilingue
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=653
28 novembre 2006 - Incontro con i Capi Missione del Corpo Diplomatico, nella Nunziatura
apostolica di Ankara
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - L’incontro con il Corpo Diplomatico: “Sono lieto di
essere oggi ospite della Turchia, giunto qui come amico e come apostolo del dialogo e della pace”
Ankara (Agenzia Fides) - “Sono lieto di essere oggi ospite della Turchia, giunto qui come amico e
come apostolo del dialogo e della pace” ha affermato il Santo Padre Benedetto XVI durante
l’incontro con i Capi Missione del Corpo Diplomatico, nella Nunziatura apostolica di Ankara, la sera
del 28 novembre. Nel suo discorso il Santo Padre ha innanzitutto rievocato il ricordo delle visite in
Turchia dei suoi predecessori, il Papa Paolo VI, nel 1967, e il Papa Giovanni Paolo II, nel 1979, oltre
a fare memoria del “Papa Benedetto XV, artefice infaticabile della pace nel corso del primo conflitto
mondiale, e del Beato Giovanni XXIII, il papa "amico dei Turchi", che fu Delegato Apostolico in
Turchia e poi Amministratore Apostolico del Vicariato latino di Istanbul”.
Soffermandosi in particolare sull’impegno per la pace, il Papa ha detto che “la vera pace ha bisogno
della giustizia, per correggere le disuguaglianze economiche e i disordini politici che sono sempre
dei fattori di tensioni e minacce in tutta la società”. In particolare è necessario “rispettare le decisioni
delle Istituzioni internazionali” ma soprattutto occorre giungere al “vero dialogo, cioè alla
concertazione tra le esigenze delle parti coinvolte”, per adottare soluzioni politiche “accettabili e
durature, rispettose delle persone e dei popoli”. Papa Benedetto XVI ha quindi rivolto un pensiero
particolare al conflitto in Medio Oriente, incoraggiando gli sforzi dei numerosi Paesi che si sono
impegnati nella ricostruzione della pace in Libano, fra cui la Turchia, e lanciando un nuovo appello
alla comunità internazionale “perché non si sottragga alle sue responsabilità”.
La Turchia è stata definita dal Papa “ponte fra l'Oriente e l'Occidente, fra il Continente asiatico e
quello europeo, incrocio di culture e di religioni”. Nel secolo scorso si è dotata dei mezzi per
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divenire “un grande Paese moderno” ha sottolineato ancora il Papa, ricordando la scelta di
distinguere chiaramente la società civile e la religione, nell’autonomia e nel rispetto reciproco. La
Costituzione turca riconosce infatti ad ogni cittadino i diritti alla libertà di culto e alla libertà di
coscienza. “È compito delle Autorità civili in ogni Paese democratico garantire la libertà effettiva di
tutti i credenti e permettere loro di organizzare liberamente la vita della propria comunità religiosa ha proseguito il Santo Padre -. Ovviamente, mi auguro che i credenti, a qualsiasi comunità religiosa
appartengano, continuino a beneficiare di tali diritti, nella certezza che la libertà religiosa è una
espressione fondamentale della libertà umana e che la presenza attiva delle religioni nella società è
un fattore di progresso e di arricchimento per tutti”.
Per raggiungere questo scopo occorre che le religioni “non cerchino di esercitare direttamente un
potere politico, poiché a questo non sono chiamate e, in particolare, che rinuncino assolutamente a
giustificare il ricorso alla violenza come espressione legittima della pratica religiosa” ha detto ancora
il Papa. Quindi Benedetto XVI ha rivolto un saluto alla comunità cattolica, “poco numerosa ma
molto desiderosa di partecipare nel modo migliore allo sviluppo del Paese, specialmente attraverso
l'educazione dei giovani, e l’edificazione della pace e l’armonia tra tutti i cittadini”. Il Santo Padre ha
quindi richiamato la necessità del dialogo, onde “permettere alle diverse religioni di conoscersi
meglio e di rispettarsi reciprocamente, al fine di agire sempre più al servizio delle aspirazioni più
nobili dell'uomo, che è alla ricerca di Dio e della felicità”. Quindi ha espresso tutta la sua stima per i
musulmani, “invitandoli a continuare ad impegnarsi insieme, grazie al reciproco rispetto, in favore
della dignità di ogni essere umano e per la crescita di una società dove la libertà personale e
l'attenzione nei confronti dell'altro permettano a ciascuno di vivere nella pace e nella serenità”.
Dal momento che la Chiesa ha ricevuto dal suo Fondatore una missione spirituale, non intende
intervenire nella vita politica o economica, tuttavia essa “si augura di far udire la propria voce nel
concerto delle nazioni, perché venga sempre onorata la dignità fondamentale dell'uomo e
specialmente dei più deboli”. Anche di fronte a fenomeni quali la globalizzazione, lo sviluppo delle
scienze e della tecnica, è necessario porre “la dignità umana sempre più al centro delle nostre
preoccupazioni” ha ribadito il Papa, che ha concluso il suo discorso auspicando che l'intesa fra le
nazioni “contribuisca sempre di più a far crescere l'umanità dell'uomo, creato ad immagine di Dio”.
(S.L.) (Agenzia Fides 29/11/2006 - righe 49, parole 713)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, plurilingue
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=654
29 novembre 2006 – Santa Messa al Santuario di Meryem Ana Evì
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - La Santa Messa al Santuario di Meryem Ana Evì:
“Da qui, da Efeso, città benedetta dalla presenza di Maria Santissima, eleviamo al Signore una
speciale preghiera per la pace tra i popoli”
Efeso (Agenzia Fides) - “Da qui, da Efeso, città benedetta dalla presenza di Maria Santissima - che
sappiamo essere amata e venerata anche dai musulmani - eleviamo al Signore una speciale preghiera
per la pace tra i popoli”. Una accorata invocazione per la pace nel mondo è stata lanciata dal Santo
Padre Benedetto XVI dal Santuario di Meryem Ana Evì (Casa della Madre Maria) a Efeso, dove la
mattina di mercoledì 29 novembre ha presieduto la Concelebrazione Eucaristica. “Da questo lembo
della Penisola anatolica, ponte naturale tra continenti, invochiamo pace e riconciliazione anzitutto
per coloro che abitano nella Terra che chiamiamo "santa", e che tale è ritenuta sia dai cristiani, che
dagli ebrei e dai musulmani - ha detto ancora il Papa nell’omelia -. Pace per l’intera umanità!... Di
questa pace universale abbiamo tutti bisogno; di questa pace la Chiesa è chiamata ad essere non solo
annunciatrice profetica ma, più ancora, "segno e strumento". Proprio in questa prospettiva di
universale pacificazione, più profondo ed intenso si fa l’anelito verso la piena comunione e
concordia fra tutti i cristiani”.
All’inizio dell’omelia, Papa Benedetto XVI ha sottolineato il motivo della celebrazione: “rendere
lode al Signore per la divina maternità di Maria, mistero che qui a Efeso, nel Concilio ecumenico del
431, venne solennemente confessato e proclamato”. In questo luogo, meta di pellegrinaggio dei
Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II, e dell’allora Rappresentante pontificio Angelo Roncalli,
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il beato Giovanni XXIII, il Santo Padre ha ringraziato tutti i fedeli, venuti da diverse parti della
Turchia e del mondo, per la presenza, la testimonianza e il servizio alla Chiesa.”
Soffermandosi su Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, il Santo Padre ha ricordato che “la
maternità di Maria, iniziata col fiat di Nazaret, si compie sotto la Croce… Vedendo dall’alto della
croce la Madre e lì accanto il discepolo amato, il Cristo morente riconobbe la primizia della nuova
Famiglia che era venuto a formare nel mondo, il germe della Chiesa e della nuova umanità… Il
Figlio di Dio compì così la sua missione: nato dalla Vergine per condividere in tutto, eccetto il
peccato, la nostra condizione umana, al momento del ritorno al Padre lasciò nel mondo il sacramento
dell’unità del genere umano”.
Prendendo spunto dalla prima lettura proclamata poco prima, il Papa ha richiamato l’espressione
dell’Apostolo delle genti scelta quale motto del viaggio apostolico: "Egli, Cristo, è la nostra pace"
(Ef 2,14). “Paolo afferma non soltanto che Gesù Cristo ci ha portato la pace, ma che egli "è" la
nostra pace” ha detto il Santo Padre, ricordando che Cristo è la grazia che trasforma l’uomo e il
mondo, e la pace è frutto di questa trasformazione. “Paolo si sa inviato ad annunciare un "mistero",
cioè un disegno divino che solo nella pienezza dei tempi, in Cristo, si è realizzato e rivelato: che cioè
"i Gentili sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e
ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo" (Ef 3,6). Questo "mistero" si realizza, sul
piano storico-salvifico, nella Chiesa, quel Popolo nuovo in cui, abbattuto il vecchio muro di
separazione, si ritrovano in unità giudei e pagani. Come Cristo, la Chiesa non è solo strumento
dell’unità, ma ne è anche segno efficace. E la Vergine Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, è la
Madre di quel mistero di unità che Cristo e la Chiesa inseparabilmente rappresentano e costruiscono
nel mondo e lungo la storia.”
Infine, rivolgendosi alla comunità cattolica, il Papa ha detto: “Con questa visita ho voluto far sentire
l’amore e la vicinanza spirituale non solo miei, ma della Chiesa universale alla comunità cristiana
che qui, in Turchia, è davvero una piccola minoranza ed affronta ogni giorno non poche sfide e
difficoltà”. Invitando a cantare, insieme a Maria, il "magnificat" della lode e del ringraziamento a
Dio, il Santo Padre ha concluso: “Cantiamolo con gioia anche quando siamo provati da difficoltà e
pericoli, come attesta la bella testimonianza del sacerdote romano Don Andrea Santoro, che mi piace
ricordare anche in questa nostra celebrazione. Maria ci insegna che fonte della nostra gioia ed unico
nostro saldo sostegno è Cristo, e ci ripete le sue parole: "Non temete", "Io sono con voi".” (S.L.)
(Agenzia Fides 30/11/2006 - righe 48, parole 707)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, plurilingue
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29 novembre 2006 - Visita di preghiera alla Chiesa Patriarcale di S. Giorgio al Fanar
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - L’incontro con S.S. Bartolomeo I: “Questo incontro
rafforzi il nostro mutuo affetto e rinnovi il nostro comune impegno a perseverare nell'itinerario che
porta alla riconciliazione e alla pace delle Chiese”
Istanbul (Agenzia Fides) - Rientrato ad Instanbul, nel pomeriggio del 29 novembre il Santo Padre
Benedetto XVI ha compiuto una visita di preghiera alla Chiesa Patriarcale di S. Giorgio al Fanar, che
sorge accanto al Patriarcato Ecumenico. Il Papa e il Patriarca Ecumenico sono entrati in Chiesa per
un momento di Preghiera quindi, dopo il discorso del Patriarca Ecumenico S.S. Bartolomeo I, il
Santo Padre Benedetto XVI ha pronunciato un discorso di saluto. “Mi è di grande gioia essere fra di
voi, fratelli in Cristo, in questa Chiesa Cattedrale, mentre preghiamo insieme il Signore e ricordiamo
gli importanti eventi che hanno sostenuto il nostro impegno per lavorare alla piena unità di cattolici e
ortodossi” ha detto Papa Benedetto XVI che ha poi ricordato “la coraggiosa decisione di rimuovere
la memoria degli anatemi del 1054” ad opera di Papa Paolo VI e del Patriarca Atenagora. Su questo
fondamento si sono sviluppate nuove relazioni fra le Chiese di Roma e Costantinopoli,
contrassegnate da numerose dichiarazioni di impegno condiviso e da molti gesti significativi.
“Mi rallegro, inoltre, di essere in questa terra così strettamente collegata con la fede cristiana, dove
molte Chiese fiorirono nei tempi antichi” ha proseguito il Santo Padre, rievocando “la ricca messe di
martiri, di teologi, di pastori, di monaci, e di santi uomini e donne che queste Chiese hanno generato
attraverso i secoli”. In particolare Papa Benedetto XVI ha citato “gli insigni santi e pastori che hanno
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vigilato sulla Sede di Costantinopoli, fra i quali san Gregorio di Nazianzo e san Giovanni
Crisostomo, che anche l'Occidente venera come Dottori della Chiesa”, ed ha ricordato che “in questa
parte del mondo orientale si sono tenuti i sette Concili Ecumenici che Ortodossi e Cattolici
riconoscono come autorevoli per la fede e la disciplina della Chiesa”. Infine il Papa ha concluso
auspicando che “questo incontro rafforzi il nostro mutuo affetto e rinnovi il nostro comune impegno
a perseverare nell'itinerario che porta alla riconciliazione e alla pace delle Chiese”. (S.L.) (Agenzia
Fides 30/11/2006 - righe 21, parole 326)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, plurilingue
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=656
30 novembre 2006 – Discorso dopo la Divina Liturgia bizantina nella Chiesa Patriarcale di S.
Giorgio al Fanar
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - La Divina Liturgia nella festa di Sant’Andrea: “I
nostri sforzi per edificare legami più stretti fra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse sono parte
del compito missionario”
Istanbul (Agenzia Fides) - Nella memoria liturgica dell’Apostolo Andrea, Patrono della Chiesa di
Costantinopoli, giovedì 30 novembre il Santo Padre Benedetto XVI si è recato nella Chiesa
Patriarcale di S. Giorgio al Fanar dove, accolto dal Patriarca Ecumenico, ha assistito alla Divina
Liturgia bizantina. Dopo il discorso del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, il Santo Padre ha preso
la parola: “Oggi, in questa Chiesa Patriarcale di san Giorgio, siamo in grado di sperimentare ancora
una volta la comunione e la chiamata dei due fratelli, Simon Pietro e Andrea, nell'incontro fra il
Successore di Pietro e il suo Fratello nel ministero episcopale, il capo di questa Chiesa, fondata
secondo la tradizione dall'apostolo Andrea. Il nostro incontro fraterno sottolinea la relazione speciale
che unisce le Chiese di Roma e di Costantinopoli quali Chiese Sorelle”.
Papa Benedetto XVI ha ricordato i significativi passi compiuti per ristabilire i legami tra le due
Chiese sorelle ad opera di Papa Paolo VI e del Patriarca Atenagora, cui sono seguite altre importanti
iniziative dei loro successori. “In quello stesso spirito - ha detto il Papa -, la mia presenza qui oggi è
destinata a rinnovare il comune impegno per proseguire sulla strada verso il ristabilimento - con la
grazia di Dio - della piena comunione fra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli”.
Simone, chiamato Pietro, e Andrea, erano dei pescatori “che Gesù chiamò a diventare pescatori di
uomini” e che, prima della sua Ascensione, “inviò insieme agli altri Apostoli con la missione di fare
discepole tutte le nazioni, battezzandole e proclamando i suoi insegnamenti” ha ricordato il Papa,
che ha poi sottolineato come “questo incarico lasciatoci dai santi fratelli Pietro e Paolo è lungi
dall'essere compiuto. Al contrario, oggi esso è ancora più urgente e necessario. Esso infatti riguarda
non soltanto le culture toccate marginalmente dal messaggio del Vangelo, ma anche le culture
europee da lunga data profondamente radicate nella tradizione cristiana. Il processo di
secolarizzazione ha indebolita la tenuta di quella tradizione; essa anzi è posta in questione e persino
rigettata. Di fronte a questa realtà, siamo chiamati, insieme con tutte le altre comunità cristiane, a
rinnovare la consapevolezza dell'Europa circa le proprie radici, tradizioni e valori cristiani, ridando
loro nuova vitalità.”
Il Papa ha quindi evidenziato che “i nostri sforzi per edificare legami più stretti fra la Chiesa
Cattolica e le Chiese Ortodosse sono parte di questo compito missionario” in quanto “le divisioni
esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed un ostacolo per la proclamazione del
Vangelo”. “Solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che il
messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile. Chiunque getti uno sguardo
realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimonianza.”
Richiamando la vita di Pietro e di Andrea, Papa Benedetto XVI ha accennato al tema del servizio
universale di Pietro e dei suoi Successori, che “ha sfortunatamente dato origine alle nostre differenze
di opinione, che speriamo di superare, grazie anche al dialogo teologico, ripreso di recente”. Quindi
ha rinnovato l’invito di Papa Giovanni Paolo II ad un dialogo fraterno per identificare “vie nelle
quali il ministero petrino potrebbe essere oggi esercitato, pur rispettandone la natura e l'essenza”.
L’apostolo Andrea, missionario in Asia Minore e nei territori a sud del Mar Nero, fino in Grecia,
dove patì il martirio, “rappresenta l'incontro fra la cristianità primitiva e la cultura greca” ha
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sottolineato il Papa. Come Pietro, anche Andrea subì il martirio. “Dal suo esempio apprendiamo che
il cammino di ogni singolo cristiano, come quello della Chiesa tutta intera, porta a vita nuova, alla
vita eterna, attraverso l'imitazione di Cristo e l'esperienza della croce”. La Chiesa di Roma e di
Costantinopoli venerano insieme molti martiri “il cui sangue, secondo le celebri parole di
Tertulliano, è divenuto seme di nuovi cristiani” ha detto Papa Benedetto XVI, ricordando che “anche
il secolo appena trascorso ha visto coraggiosi testimoni della fede, sia in Oriente sia in Occidente.
Anche oggi vi sono molti di tali testimoni in diverse parti del mondo. Li ricordiamo nella nostra
preghiera e, in ogni modo possibile, offriamo loro il nostro sostegno, mentre chiediamo con
insistenza a tutti i leader del mondo di rispettare la libertà religiosa come diritto umano
fondamentale.”
Infine il Santo Padre ha auspicato: “Che la nostra preghiera e le attività quotidiane siano ispirate dal
fervente desiderio non soltanto di essere presenti alla Divina Liturgia, ma di essere in grado di
celebrarla insieme, per prendere parte all'unica mensa del Signore, condividendo il medesimo pane e
lo stesso calice”. (S.L.) (Agenzia Fides 1/12/2006 - righe 54, parole 760)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre, plurilingue
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30 novembre 2006 - Firma della Dichiarazione Congiunta nella Sala del Trono del Patriarcato
Ecumenico
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - Firmata la Dichiarazione Congiunta: “Rendiamo
grazie all’Autore di ogni bene perché ci consente di esprimere la nostra gioia di sentirci fratelli e di
rinnovare il nostro impegno in vista della piena comunione”
Istanbul (Agenzia Fides) - Al termine della celebrazione della Divina Liturgia nella Chiesa
Patriarcale di S. Giorgio al Fanar, nella mattina di giovedì 30 novembre, il Santo Padre Benedetto
XVI e il Patriarca Ecumenico S.S. Bartolomeo I si sono recati nella Sala del Trono del Patriarcato
Ecumenico per la firma della Dichiarazione Congiunta.
Il testo, redatto in lingua francese, si apre con l’affermazione che l’incontro fraterno tra Benedetto
XVI, Papa di Roma, e Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico, “è opera di Dio e, in qualche modo, un
dono venuto da Lui”. “Rendiamo grazie all’Autore di ogni bene perché ci consente, ancora una
volta, nella preghiera e nello scambio, di esprimere la nostra gioia di sentirci fratelli e di rinnovare il
nostro impegno in vista della piena comunione”.
La Dichiarazione ricorda gli incontri avvenuti tra Papa Paolo VI ed il Patriarca Atenagora, “che
hanno mostrato al mondo l’urgenza dell’unità e che hanno tracciato dei sentieri sicuri per giungere
ad essa, nel dialogo, nella preghiera e nella vita ecclesiale quotidiana”. Richiama quindi gli incontri
avvenuti tra i loro Successori e le relazioni riallacciate tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di
Costantinopoli dopo l’abolizione delle scomuniche, lanciando un appello ai fedeli perché prendano
parte attiva, con la preghiera e con gesti significativi, al cammino verso la piena unità.
Dopo aver espresso soddisfazione per la ripresa dell’attività della Commissione mista per il Dialogo
teologico, Benedetto XVI e Bartolomeo I affermano che è loro impegno di Pastori dedicarsi alla
missione di annunciare il Vangelo al mondo contemporaneo. Tale missione è “oggi più che mai
attuale e necessaria, anche in paesi tradizionalmente cristiani”, a causa della “crescita della
secolarizzazione, del relativismo e perfino del nichilismo, soprattutto nel mondo occidentale”. Tutto
ciò esige “un rinnovato e potente annuncio del Vangelo, adatto alle culture del nostro tempo”.
“Abbiamo valutato positivamente il cammino verso la formazione dell’Unione Europea” scrivono
nella Dichiarazione e sottolineano che i protagonisti di questa grande iniziativa non possono
mancare di considerare “gli aspetti che toccano la persona umana e i suoi diritti inalienabili,
soprattutto la libertà religiosa”. “In Europa, cattolici ed ortodossi, pur rimanendo aperti alle altre
religioni e al contributo che danno alla cultura, debbono unire i loro sforzi per preservare le radici, le
tradizioni ed i valori cristiani, per assicurare il rispetto della storia, come pure per contribuire alla
cultura dell’Europa futura, alla qualità delle relazioni umane a tutti i livelli”.
Benedetto XVI e Bartolomeo I affermano quindi di aver rivolto lo sguardo “ai luoghi del mondo di
oggi dove vivono i cristiani e alle difficoltà che debbono affrontare, in particolare la povertà, le
guerre e il terrorismo, ma anche le diverse forme di sfruttamento dei poveri, degli emigrati, delle
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donne e dei bambini”. Lanciano quindi un appello “ad intraprendere insieme azioni a favore del
rispetto dei diritti dell’uomo, di ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, come
pure per lo sviluppo economico, sociale e culturale”. La Dichiarazione ribadisce che “uccidere degli
innocenti in nome di Dio è una offesa contro di Lui e contro la dignità umana” e sollecita l’impegno
per un servizio rinnovato all’uomo e per la difesa di ogni vita umana.
Uno dei temi che stanno particolarmente a cuore al Santo Padre ed al Patriarca Ecumenico è il
ristabilimento della pace in Medio Oriente - dove “nostro Signore ha vissuto, ha sofferto, è morto ed
è risuscitato” - affinché “si rafforzi la coesistenza cordiale tra le sue diverse popolazioni, tra le
Chiese e le diverse religioni che vi si trovano”. A questo scopo incoraggiano rapporti più stretti tra i
cristiani e un dialogo interreligioso “autentico e leale”, per combattere ogni forma di violenza e
discriminazione.
Preoccupazioni vengono infine espresse “davanti ai grandi pericoli per l’ambiente naturale” e “alle
conseguenze negative per l’umanità e per tutto il creato che possono derivare da un progresso
economico e tecnologico che non riconosce i propri limiti”: “Consideriamo come uno dei nostri
doveri incoraggiare e sostenere gli sforzi compiuti per proteggere la creazione di Dio e per lasciare
alle generazioni future una terra sulla quale potranno vivere”.
Benedetto XVI e Bartolomeo I concludono la Dichiarazione con un pensiero rivolto ai fedeli delle
due Chiese Sorelle ed un saluto in Cristo agli altri cristiani, assicurandoli “della nostra preghiera e
della nostra disponibilità al dialogo e alla collaborazione”. (S.L.) (Agenzia Fides 1/12/2006 - righe
50, parole 719)
Il testo integrale della Dichiarazione congiunta, in francese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=658
30 novembre 2006 - Visita al Museo di Santa Sofia, alla Moschea Blu ed alla Cattedrale
Armena Apostolica
VATICANO - Papa Benedetto XVI in Turchia - La visita al Museo di Santa Sofia, alla Moschea Blu
ed alla Cattedrale Armena Apostolica
Istanbul (Agenzia Fides) - Nel pomeriggio del 30 novembre, il Santo Padre Benedetto XVI ha
visitato il Museo di Santa Sofia di Istanbul, antica basilica bizantina dedicata alla Divina Sapienza,
poi trasformata in moschea ed oggi museo, dove è stato accolto dal Presidente del Museo, che lo ha
guidato nella visita. Prima di lasciare il Museo di Santa Sofia, il Papa ha firmato il Libro d’Oro.
Quindi il Santo Padre si è recato alla vicina Moschea Sultanahmet - comunemente conosciuta con il
nome di Moschea Blu per i suoi splendidi pannelli interni in ceramiche di Iznik blu e bianche - dove
è stato accolto dal Mufti Mustafa Cagrici.
La tappa successiva è stata alla Cattedrale Armena Apostolica di Istanbul, dedicata alla Santa Madre
di Dio, dove Papa Benedetto XVI è stato accolto da Sua Beatitudine il Patriarca Mesrob II Mutafyan,
ed ha partecipato alla Celebrazione della Parola, durante la quale ha pronunciato un discorso di
saluto in cui tra l’altro ha detto: “ Il nostro incontro è ben più che un semplice gesto di cortesia
ecumenica e di amicizia. È un segno della nostra speranza condivisa nelle promesse di Dio e del
nostro desiderio di vedere adempiuta la preghiera che Gesù elevò per i suoi discepoli alla vigilia
della sua passione e morte: "Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21)”.
Sull’esempio di Gesù, che diede la propria vita sulla croce “per radunare nell'unità i figli di Dio
dispersi, per abbattere i muri di divisione”… “i cristiani sono chiamati ad offrire un segno raggiante
di speranza e di consolazione a questo mondo, così segnato da conflitti e da tensioni”. Papa
Benedetto ha quindi esortato a “fare tutto il possibile per curare le ferite della separazione ed
affrettare l'opera di ricostruzione dell'unità dei cristiani”, ringraziando il Signore “per la sempre più
profonda relazione fraterna sviluppatasi fra la Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Cattolica”.
All’uscita dalla Cattedrale, è stata svelata una lapide a forma di croce armena commemorativa della
visita dei tre Pontefici: Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Quindi il Patriarca ha
accompagnato il Papa nel Salone delle Udienze del Patriarcato Armeno Apostolico dove è avvenuto
l’incontro ufficiale e la presentazione delle rispettive delegazioni.
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Lasciata la Cattedrale Armena Apostolica, il Santo Padre si è recato alla Rappresentanza Pontificia
di Istanbul, dove è stato accolto e salutato dagli Ordinari Cattolici della Turchia, accompagnati da
una piccola rappresentanza di fedeli. Nella Sala delle Udienze ha quindi incontrato il Metropolita
Siro-Ortodosso S.E. Filuksinos Yusuf Çetin, e quindi il Gran Rabbino di Turchia, S.E. Isak Haleva.
Infine il Papa ha incontrato i Membri della Conferenza Episcopale cattolica turca e, al termine della
cena, un gruppo di giovani delle comunità cattoliche locali. (S.L.) (Agenzia Fides 1/12/2006 - righe
32, parole 477)
Il testo integrale del discorso del Santo Padre alla Cattedrale Armena Apostolica
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/pontefici/pontefice.php?id=659
VERBA PONTIFICIS
Contemplazione
“Di fatto tuttavia, anche oggi, suscitando spesso la sorpresa di amici e conoscenti, non poche persone
abbandonano carriere professionali spesso promettenti per abbracciare l’austera regola d’un
monastero di clausura. Che cosa le spinge a un passo tanto impegnativo se non l’aver compreso,
come insegna il Vangelo, che il Regno dei cieli è "un tesoro" per il quale vale veramente la pena
abbandonare tutto (cfr Mt 13, 44)? In effetti, questi nostri fratelli e sorelle testimoniano
silenziosamente che in mezzo alle vicende quotidiane, talvolta assai convulse, unico sostegno che
mai vacilla è Dio, roccia incrollabile di fedeltà e di amore. "Todo se pasa, Dios no se muda",
scriveva la grande maestra spirituale santa Teresa d’Avila in un suo celebre testo. E dinanzi alla
diffusa esigenza che molti avvertono di uscire dalla routine quotidiana dei grandi agglomerati urbani
in cerca di spazi propizi al silenzio e alla meditazione, i monasteri di vita contemplativa si offrono
come "oasi" nelle quali l’uomo, pellegrino sulla terra, può meglio attingere alle sorgenti dello Spirito
e dissetarsi lungo il cammino. Questi luoghi, pertanto, apparentemente inutili, sono invece
indispensabili, come i "polmoni" verdi di una città: fanno bene a tutti, anche a quanti non li
frequentano e magari ne ignorano l’esistenza”. (19 novembre 2006 – Angelus)
Dialogo ecumenico
“Ciò che, comunque, va innanzitutto promosso, è l’ecumenismo dell’amore, che discende
direttamente dal comandamento nuovo lasciato da Gesù ai suoi discepoli. L’amore accompagnato da
gesti coerenti crea fiducia, fa aprire i cuori e gli occhi. Il dialogo della carità per sua natura
promuove e illumina il dialogo della verità: è infatti nella piena verità che si avrà l’incontro
definitivo a cui conduce lo Spirito di Cristo. Non sono certamente il relativismo o il facile e falso
irenismo che risolvono la ricerca ecumenica. Essi anzi la travisano e la disorientano. Va poi
intensificata la formazione ecumenica partendo dai fondamenti della fede cristiana, cioè
dall’annuncio dell’amore di Dio che si è rivelato nel volto di Gesù Cristo e contemporamente in
Cristo ha svelato l’uomo all’uomo e gli ha fatto comprendere la sua altissima vocazione (cfr
Gaudium et spes, 22). A queste due essenziali dimensioni dà sostegno la cooperazione pratica tra i
cristiani, che "esprime vivamente quella unità che già vige tra di essi e pone in più piena luce il volto
di Cristo servo" (Unitatis redintegratio, 12)”. (17 novembre 2006 - Udienza ai partecipanti alla
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani)
“In quello stesso spirito, la mia presenza qui oggi è destinata a rinnovare il comune impegno per
proseguire sulla strada verso il ristabilimento – con la grazia di Dio – della piena comunione fra la
Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli. Posso assicurarvi che la Chiesa Cattolica è pronta a
fare tutto il possibile per superare gli ostacoli e per ricercare, insieme con i nostri fratelli e sorelle
ortodossi, mezzi sempre più efficaci di collaborazione pastorale a tale scopo.
I due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, erano dei pescatori che Gesù chiamò a diventare
pescatori di uomini. Il Signore Risorto, prima della sua Ascensione, li inviò insieme agli altri
Apostoli con la missione di fare discepole tutte le nazioni, battezzandole e proclamando i suoi
insegnamenti (cfr Mt 28,19 ss; Lc 24,47; At 1,8).
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Questo incarico lasciatoci dai santi fratelli Pietro e Paolo è lungi dall'essere compiuto. Al contrario,
oggi esso è ancora più urgente e necessario. Esso infatti riguarda non soltanto le culture toccate
marginalmente dal messaggio del Vangelo, ma anche le culture europee da lunga data
profondamente radicate nella tradizione cristiana. Il processo di secolarizzazione ha indebolita la
tenuta di quella tradizione; essa anzi è posta in questione e persino rigettata. Di fronte a questa realtà,
siamo chiamati, insieme con tutte le altre comunità cristiane, a rinnovare la consapevolezza
dell'Europa circa le proprie radici, tradizioni e valori cristiani, ridando loro nuova vitalità.
I nostri sforzi per edificare legami più stretti fra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse sono parte
di questo compito missionario. Le divisioni esistenti fra i cristiani sono uno scandalo per il mondo ed
un ostacolo per la proclamazione del Vangelo. Alla vigilia della propria passione e morte, il Signore,
attorniato dai discepoli, pregò con fervore che essi fossero uno, così che il mondo possa credere (cfr
Gv 17,21). È solo attraverso la comunione fraterna tra i cristiani e attraverso il reciproco amore che
il messaggio dell'amore di Dio per ogni uomo e donna diverrà credibile. Chiunque getti uno sguardo
realistico al mondo cristiano oggi scoprirà l'urgenza di tale testimonianza”. (30 novembre 2006 –
Discorso dopo la Divina Liturgia bizantina nella Chiesa Patriarcale di S. Giorgio al Fanar)
Dialogo interreligioso
“Come ho recentemente ricordato, "abbiamo assolutamente bisogno d’un dialogo autentico tra le
religioni e tra le culture, un dialogo in grado di aiutarci a superare insieme tutte le tensioni in uno
spirito di proficua intesa" (Discorso all'incontro con gli Ambasciatori dei Paesi musulmani, Castel
Gandolfo, 25 settembre 2006). Tale dialogo deve permettere alle diverse religioni di conoscersi
meglio e di rispettarsi reciprocamente, al fine di agire sempre più al servizio delle aspirazioni più
nobili dell'uomo, che è alla ricerca di Dio e della felicità. Desidero, per parte mia, di poter dire
nuovamente durante questo viaggio in Turchia tutta la mia stima per i musulmani, invitandoli a
continuare ad impegnarsi insieme, grazie al reciproco rispetto, in favore della dignità di ogni essere
umano e per la crescita di una società dove la libertà personale e l'attenzione nei confronti dell'altro
permettano a ciascuno di vivere nella pace e nella serenità. È così che le religioni potranno fare la
loro parte nell'affrontare le numerose sfide con le quali le nostre società attualmente si confrontano.
Sicuramente, il riconoscimento del ruolo positivo che svolgono le religioni in seno al corpo sociale
può e deve spingere le nostre società ad approfondire sempre di più la loro conoscenza dell'uomo e a
rispettarne sempre meglio la dignità, ponendolo al centro dell'azione politica, economica, culturale e
sociale. Il nostro mondo deve prendere coscienza sempre più del fatto che tutti gli uomini sono
profondamente solidali ed invitarli a porre in risalto le loro differenze storiche e culturali non per
scontrarsi ma per rispettarsi reciprocamente”. (28 novembre 2006 - Incontro con i Capi Missione del
“Corpo Diplomatico, nella Nunziatura apostolica di Ankara)
cristiani e i musulmani, seguendo le loro rispettive religioni, richiamano l’attenzione sulla verità del
carattere sacro e della dignità della persona. È questa la base del nostro reciproco rispetto e stima,
questa è la base per la collaborazione al servizio della pace fra nazioni e popoli, il desiderio più caro
di tutti i credenti e di tutte le persone di buona volontà.
Per più di quarant'anni, l'insegnamento del Concilio Vaticano II ha ispirato e guidato l'approccio
della Santa Sede e delle Chiese locali di tutto il mondo nei rapporti con i seguaci delle altre religioni.
Seguendo la tradizione biblica, il Concilio insegna che tutto il genere umano condivide un'origine
comune e un comune destino: Dio, nostro Creatore e termine del nostro pellegrinaggio terreno. I
cristiani e i musulmani appartengono alla famiglia di quanti credono nell'unico Dio e che, secondo le
rispettive tradizioni, fanno riferimento ad Abramo (cfr Concilio Vaticano II, Dichiarazione sulle
relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate, 1,3). Questa unità umana e
spirituale nelle nostre origini e nei nostri destini ci sospinge a cercare un comune itinerario, mentre
facciamo la nostra parte in quella ricerca di valori fondamentali che è così caratteristica delle
persone del nostro tempo. Come uomini e donne di religione, siamo posti di fronte alla sfida della
diffusa aspirazione alla giustizia, allo sviluppo, alla solidarietà, alla libertà, alla sicurezza, alla pace,
alla difesa dell'ambiente e delle risorse della terra. Ciò perché anche noi, mentre rispettiamo la
legittima autonomia delle cose temporali, abbiamo un contributo specifico da offrire nella ricerca di
soluzioni adatte a tali pressanti questioni.
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In particolare, possiamo offrire una risposta credibile alla questione che emerge chiaramente dalla
società odierna, anche se essa è spesso messa da parte, la questione, cioè, riguardante il significato e
lo scopo della vita, per ogni individuo e per l'intera umanità. Siamo chiamati ad operare insieme,
così da aiutare la società ad aprirsi al trascendente, riconoscendo a Dio Onnipotente il posto che Gli
spetta. Il modo migliore per andare avanti è quello di un dialogo autentico fra cristiani e musulmani,
basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci meglio l'un l'altro, rispettando le
differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune. Ciò contemporaneamente porterà ad un
autentico rispetto per le scelte responsabili che ogni persona compie, specialmente quelle che
attengono ai valori fondamentali e alle personali convinzioni religiose”. (28 novembre 2006 – Primo
giorno in Turchia e incontro con il Presidente per gli Affari Religiosi, Prof. Ali Bardakoğlu)
Fame nel mondo
“E qui tocchiamo un punto molto dolente: il dramma della fame che, malgrado anche di recente sia
stato affrontato nelle più alte sedi istituzionali, come le Nazioni Unite e in particolare la FAO,
rimane sempre molto grave. L’ultimo Rapporto annuale della FAO ha confermato quanto la Chiesa
sa molto bene dall’esperienza diretta delle comunità e dei missionari: che cioè oltre 800 milioni di
persone vivono in stato di sottoalimentazione e troppe persone, specialmente bambini, muoiono di
fame. Come far fronte a questa situazione che, pur denunciata ripetutamente, non accenna a
risolversi, anzi, per certi versi si va aggravando? Certamente occorre eliminare le cause strutturali
legate al sistema di governo dell’economia mondiale, che destina le maggior parte delle risorse del
pianeta a una minoranza della popolazione. Tale ingiustizia è stata stigmatizzata in diverse occasioni
dai venerati miei Predecessori, i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II. Per incidere su larga
scala è necessario "convertire" il modello di sviluppo globale; lo richiedono ormai non solo lo
scandalo della fame, ma anche le emergenze ambientali ed energetiche. Tuttavia, ogni persona e
ogni famiglia può e deve fare qualcosa per alleviare la fame nel mondo adottando uno stile di vita e
di consumo compatibile con la salvaguardia del creato e con criteri di giustizia verso chi coltiva la
terra in ogni Paese”. (12 novembre 2006 – Angelus)
Formazione
“La formazione integrale dei giovani è uno degli apostolati tradizionali della Compagnia di Gesù fin
dalle sue origini; per questo è una missione di cui fin dall’inizio il Collegio Romano si è fatto carico.
L’affidamento alla Compagnia di Gesù, a Roma presso la Sede Apostolica, del Collegio Germanico, del
Seminario Romano, del Collegio Ungarico, unito al Germanico, del Collegio Inglese, del Collegio
Greco, del Collegio Scozzese e del Collegio Irlandese, aveva l’intento di assicurare una formazione del
clero di quelle nazioni, dove era infranta l’unità della fede e la comunione con la Sede Apostolica.
Tuttora questi Collegi inviano, o quasi esclusivamente o in buon numero, i loro alunni all’Università
Gregoriana, in continuità con quella missione originaria. A tali Collegi menzionati lungo la storia se ne
sono aggiunti molti altri. Quanto mai impegnativo è dunque il compito che grava sulle vostre spalle, cari
Professori e Docenti! Opportunamente quindi, dopo profonda riflessione avete redatto una
"Dichiarazione d’Intenti", essenziale per un’istituzione come la vostra, perché indica sinteticamente la
sua natura e missione. Sulla sua base state portando a termine il rinnovamento degli Statuti
dell’Università e dei Regolamenti Generali, come anche degli Statuti e dei Regolamenti delle diverse
Facoltà, Istituti e Centri. Questo contribuirà a meglio definire l’identità della Gregoriana, consentendo la
redazione di programmi accademici più adeguati all’adempimento della missione che le è propria. Una
missione facile e difficile insieme. Facile, perché l’identità e la missione della Gregoriana sono chiare
fin dalle sue prime origini, sulla base delle indicazioni ribadite da tanti Romani Pontefici, tra i quali ben
sedici furono alunni di questa Università. Missione al tempo stesso difficile, perché suppone costante
fedeltà alla propria storia e tradizione, per non perdere le proprie radici storiche, e insieme apertura alla
realtà attuale per rispondere, dopo un attento discernimento, con spirito creativo alle necessità della
Chiesa e del mondo di oggi”. (3 novembre 2006 – Visita alla Pontificia Università Gregoriana)
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Libertà religiosa
“Continente asiatico e quello europeo, di incrocio di culture e di religioni, si è dotata nel secolo
scorso dei mezzi per divenire un grande Paese moderno, in particolare facendo la scelta di un regime
di laicità, distinguendo chiaramente la società civile e la religione, così da permettere a ciascuna di
essere autonoma nel proprio ambito, sempre rispettando la sfera dell'altra. Il fatto che la maggioranza
della popolazione di questo Paese sia musulmana costituisce un elemento significativo nella vita
della società di cui lo Stato non può che tener conto, ma la Costituzione turca riconosce ad ogni
cittadino i diritti alla libertà di culto e alla libertà di coscienza. È compito delle Autorità civili in ogni
Paese democratico garantire la libertà effettiva di tutti i credenti e permettere loro di organizzare
liberamente la vita della propria comunità religiosa. Ovviamente, mi auguro che i credenti, a
qualsiasi comunità religiosa appartengano, continuino a beneficiare di tali diritti, nella certezza che
la libertà religiosa è una espressione fondamentale della libertà umana e che la presenza attiva delle
religioni nella società è un fattore di progresso e di arricchimento per tutti. Ciò implica, certo, che le
religioni per parte loro non cerchino di esercitare direttamente un potere politico, poiché a questo
non sono chiamate e, in particolare, che rinuncino assolutamente a giustificare il ricorso alla violenza
come espressione legittima della pratica religiosa. Saluto a questo proposito la comunità cattolica di
questo Paese, poco numerosa ma molto desiderosa di partecipare nel modo migliore allo sviluppo
del Paese, specialmente attraverso l'educazione dei giovani, e l’edificazione della pace e
dell’armonia tra tutti i cittadini”. (28 novembre 2006 - Incontro con i Capi Missione del Corpo
Diplomatico, nella Nunziatura apostolica di Ankara)
Malati
“La persistenza delle malattie infettive che, nonostante i benefici effetti della prevenzione posta in
essere sulla base del progresso della scienza, della tecnologia medica e delle politiche sociali,
continuano a mietere numerose vittime, mette in risalto i limiti inevitabili della condizione umana.
L’impegno umano, però, non deve mai arrendersi nel cercare mezzi e modalità d’intervento più
efficaci per combattere questi mali e per ridurre i disagi di quanti ne sono vittime. Schiere di uomini
e donne hanno, in passato, messo a disposizione di malati con patologie ripugnanti le loro
competenze e la loro carica di umana generosità. Nell’ambito della Comunità cristiana numerose
"sono state le persone consacrate che hanno sacrificato la loro vita nel servizio alle vittime di
malattie contagiose, mostrando che la dedizione fino all'eroismo appartiene all'indole profetica della
vita consacrata" (Esort. ap. Vita consecrata, 83). A così lodevoli iniziative e a così generosi gesti di
amore si contrappongono tuttavia non poche ingiustizie. Come dimenticare i tanti malati infettivi
costretti a vivere segregati, e talora segnati da uno stigma che li umilia? Tali deprecabili situazioni
appaiono con maggiore gravità nella disparità delle condizioni sociali ed economiche tra il Nord e il
Sud del mondo. Ad esse è importante rispondere con interventi concreti, che favoriscano la
prossimità all’ammalato, rendano più viva l’evangelizzazione della cultura e propongano motivi
ispiratori dei programmi economici e politici dei governi.
In primo luogo, la prossimità al malato colpito da malattie infettive: è questo un obiettivo a cui la
Comunità ecclesiale deve sempre tendere. L’esempio del Cristo che, rompendo con le prescrizioni
del tempo, non solo si lasciava avvicinare dai lebbrosi ma li ristabiliva nella salute e nella loro
dignità di persone, ha "contagiato" molti suoi discepoli lungo gli oltre due mila anni di storia
cristiana. Il bacio al lebbroso di Francesco d’Assisi ha trovato imitatori non solo in personaggi eroici
come il beato Damiano De Veuster, morto nell’isola di Molokai mentre assisteva i lebbrosi, o come
la beata Teresa di Calcutta, oppure le religiose italiane uccise qualche anno fa dal virus dell’ebola,
ma pure in tanti promotori di iniziative a favore dei malati infettivi, soprattutto nei Paesi in via di
sviluppo. Questa ricca tradizione della Chiesa cattolica va tenuta viva perché, attraverso l’esercizio
della carità verso chi soffre, siano resi visibili i valori ispirati ad autentica umanità e al Vangelo: la
dignità della persona, la misericordia, l’identificazione di Cristo al malato. Ogni intervento resta
insufficiente, se in esso non si rende percepibile l’amore per l’uomo, un amore che si nutre
dell’incontro con Cristo”. (24 novembre 2006 – Udienza ai partecipanti alla XXI Conferenza
Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute sul tema: "Gli aspetti
pastorali della cura delle malattie infettive")
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Pace
“Oltre quarant'anni orsono, il Concilio Vaticano II scriveva che "la pace non è la semplice assenza
della guerra, né può ridursi al solo rendere stabile l'equilibrio delle forze contrastanti", ma "è il frutto
dell'ordine impresso nell'umana società dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che
aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta" (Gaudium et spes, 78). In realtà,
abbiamo imparato che la vera pace ha bisogno della giustizia, per correggere le disuguaglianze
economiche e i disordini politici che sono sempre fattori di tensioni e minacce in tutta la società. Lo
sviluppo recente del terrorismo e l'evoluzione di certi conflitti regionali, d'altra parte, hanno posto in
evidenza la necessità di rispettare le decisioni delle Istituzioni internazionali ed anzi di sostenerle,
dotandole in particolare di mezzi efficaci per prevenire i conflitti e per mantenere, grazie a forze di
interposizione, zone di neutralità fra i belligeranti. Questo rimane, tuttavia, insufficiente se non si
giunge al vero dialogo, cioè alla concertazione tra le esigenze delle parti coinvolte, al fine di
giungere a soluzioni politiche accettabili e durature, rispettose delle persone e dei popoli. Penso, in
modo particolare, al conflitto del Medio Oriente, che perdura in modo inquietante pesando su tutta la
vita internazionale, con il rischio di veder espandersi conflitti periferici e diffondersi le azioni
terroristiche; saluto gli sforzi di numerosi Paesi che si sono impegnati oggi nella ricostruzione della
pace in Libano, e fra di essi la Turchia. Faccio appello ancora una volta, davanti a voi, Signore e
Signori Ambasciatori, alla vigilanza della comunità internazionale perché non si sottragga alle sue
responsabilità e dispieghi tutti gli sforzi necessari per promuovere, tra tutte le parti in causa, il
dialogo, che solo permette di assicurare il rispetto verso gli altri, pur salvaguardando gli interessi
legittimi e rifiutando il ricorso alla violenza. Come avevo scritto nel mio primo Messaggio per la
Giornata Mondiale della Pace, "La verità della pace chiama tutti a coltivare relazioni feconde e
sincere, stimola a ricercare e a percorrere le strade del perdono e della riconciliazione, ad essere
trasparenti nelle trattazioni e fedeli alla parola data" (1° gennaio 2006, n. 6)”. (28 novembre 2006 Incontro con i Capi Missione del Corpo Diplomatico, nella Nunziatura apostolica di Ankara)
Rifugiati
“In tema di integrazione delle famiglie degli immigrati, sento il dovere di richiamare l'attenzione
sulle famiglie dei rifugiati, le cui condizioni sembrano peggiorate rispetto al passato, anche per
quanto riguarda proprio il ricongiungimento dei nuclei familiari. Nei campi loro destinati, alle
difficoltà logistiche, a quelle personali legate ai traumi e allo stress emozionale per le tragiche
esperienze vissute, si unisce qualche volta persino il rischio del coinvolgimento di donne e bambini
nello sfruttamento sessuale, come meccanismo di sopravvivenza. In questi casi occorre un'attenta
presenza pastorale che, oltre all'assistenza capace di lenire le ferite del cuore, offra un sostegno da
parte della comunità cristiana in grado di ripristinare la cultura del rispetto e di far riscoprire il vero
valore dell'amore. Occorre incoraggiare chi è interiormente distrutto a recuperare la fiducia in se
stesso. Bisogna poi impegnarsi perché siano garantiti i diritti e la dignità delle famiglie e venga
assicurato ad esse un alloggio consono alle loro esigenze. Ai rifugiati va chiesto di coltivare un
atteggiamento aperto e positivo verso la società che li accoglie, mantenendo una disponibilità attiva
alle proposte di partecipazione per costruire insieme una comunità integrata, che sia "casa comune"
di tutti.
Tra i migranti vi è una categoria da considerare in modo speciale: è quella degli studenti di altri
Paesi, che si ritrovano lontani da casa, senza un'adeguata conoscenza della lingua, talora privi di
amicizie e in possesso non raramente di borse di studio insufficienti. Ancor più grave diviene la loro
condizione quando si tratta di studenti sposati. Con le sue Istituzioni la Chiesa si sforza di rendere
meno dolorosa la mancanza del sostegno familiare di questi giovani studenti, e li aiuta ad integrarsi
nelle città che li accolgono, mettendoli in contatto con famiglie pronte ad ospitarli e a facilitarne la
reciproca conoscenza. Come ho avuto modo di dire in altra occasione, venire in aiuto degli studenti
esteri è "un importante campo d'azione pastorale. Infatti, i giovani che lasciano il proprio Paese per
motivo di studio vanno incontro a non pochi problemi e soprattutto al rischio di una crisi d'identità"
(L'Osservatore Romano, 15 dicembre 2005).
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Cari fratelli e sorelle, possa la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato diventare utile
occasione per sensibilizzare le Comunità ecclesiali e l'opinione pubblica sulle necessità e i problemi,
come pure sulle potenzialità positive delle famiglie migranti. Rivolgo in modo speciale il mio
pensiero a quanti sono direttamente coinvolti nel vasto fenomeno della migrazione, ed a coloro che
spendono le loro energie pastorali a servizio della mobilità umana. La parola dell'apostolo Paolo:
"caritas Christi urget nos" (2 Cor 5,14), li spinga a donarsi preferenzialmente ai fratelli e alle sorelle
che più sono nel bisogno. Con questi sentimenti, invoco su ciascuno la divina assistenza ed a tutti
imparto con affetto una speciale Benedizione Apostolica”. (15 novembre 2006 - Messaggio per la
93a Giornata Mondiale del Migrante)
San Paolo
“Guardando a Paolo, potremmo formulare così l’interrogativo di fondo: come avviene l’incontro di
un essere umano con Cristo? E in che cosa consiste il rapporto che ne deriva? La risposta data da
Paolo può essere compresa in due momenti. In primo luogo, Paolo ci aiuta a capire il valore
assolutamente fondante e insostituibile della fede. Ecco che cosa scrive nella Lettera ai Romani:
«Noi riteniamo che l'uomo viene giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della
Legge» (3,28). E così pure nella Lettera ai Galati: «L'uomo non è giustificato dalle opere della
Legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo; perciò abbiamo creduto anche noi in Gesù
Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della Legge, poiché dalle opere
della Legge non verrà mai giustificato nessuno» (2,16). «Essere giustificati» significa essere resi
giusti, cioè essere accolti dalla giustizia misericordiosa di Dio, ed entrare in comunione con Lui, e di
conseguenza poter stabilire un rapporto molto più autentico con tutti i nostri fratelli: e questo sulla
base di un totale perdono dei nostri peccati. Ebbene, Paolo dice con tutta chiarezza che questa
condizione di vita non dipende dalle nostre eventuali opere buone, ma da una pura grazia di Dio:
«Siamo giustificati gratuitamente per sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù»
(Rm 3,24).
Con queste parole san Paolo esprime il contenuto fondamentale della sua conversione, la nuova
direzione della sua vita risultante dal suo incontro col Cristo risorto. Paolo, prima della conversione,
non era stato un uomo lontano da Dio e dalla sua Legge. Al contrario, era un osservante, con una
osservanza fedele fino al fanatismo. Nella luce dell’incontro con Cristo capì, però, che con questo
aveva cercato di costruire se stesso, la sua propria giustizia, e che con tutta questa giustizia era
vissuto per se stesso. Capì che un nuovo orientamento della sua vita era assolutamente necessario. E
questo nuovo orientamento lo troviamo espresso nelle sue parole: «Questa vita che io vivo nella
carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20).
Paolo, quindi, non vive più per sé, per la sua propria giustizia. Vive di Cristo e con Cristo: dando se
stesso, non più cercando e costruendo se stesso. Questa è la nuova giustizia, il nuovo orientamento
donatoci dal Signore, donatoci dalla fede. Davanti alla croce del Cristo, espressione estrema della
sua autodonazione, non c’è nessuno che possa vantare se stesso, la propria giustizia fatta da sé, per
sé! Altrove Paolo, riecheggiando Geremia, esplicita questo pensiero scrivendo: «Chi si vanta si vanti
nel Signore» (1 Cor 1,31 = Ger 9,22s); oppure: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce
del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso come io per il
mondo» (Gal 6,14)”. (8 novembre 2006 – Udienza generale)
“Paolo ci insegna anche un’altra cosa importante: egli dice che non esiste vera preghiera senza la
presenza dello Spirito in noi. Scrive infatti: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché
nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare – quanto è vero che non sappiamo come
parlare con Dio! - ; ma lo Spirito stesso intercede per noi con insistenza, con gemiti inesprimibili; e
colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti
secondo i disegni di Dio» (Rm 8,26-27). È come dire che lo Spirito Santo, cioè lo Spirito del Padre e
del Figlio, è ormai come l'anima della nostra anima, la parte più segreta del nostro essere, da dove
sale incessantemente verso Dio un moto di preghiera, di cui non possiamo nemmeno precisare i
termini. Lo Spirito, infatti, sempre desto in noi, supplisce alle nostre carenze e offre al Padre la
nostra adorazione, insieme con le nostre aspirazioni più profonde. Naturalmente ciò richiede un
livello di grande comunione vitale con lo Spirito. E’ un invito ad essere sempre più sensibili, più
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attenti a questa presenza dello Spirito in noi, a trasformarla in preghiera, a sentire questa presenza e
ad imparare così a pregare, a parlare col Padre da figli nello Spirito Santo”. (15 novembre 2006 –
udienza generale)
Santi e defunti
“La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è
anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6,3). Nella seconda Lettura, l’apostolo Giovanni osserva:
"Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo
realmente!" (1 Gv 3,1). E’ Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli
adottivi. Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così
grande mistero? Come non rispondere all’amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti?
In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui.
Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità
divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad
amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio
così ci rende felici”. (1 novembre 2006 – Omelia della Messa nella Solennità di Tutti i Santi)
“Celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi e domani commemoreremo i fedeli defunti. Queste due
ricorrenze liturgiche, molto sentite, ci offrono una singolare opportunità per meditare sulla vita eterna.
L’uomo moderno l’aspetta ancora questa vita eterna, o ritiene che essa appartenga a una mitologia ormai
superata? In questo nostro tempo, più che nel passato, si è talmente assorbiti dalle cose terrene, che
talora riesce difficile pensare a Dio come protagonista della storia e della nostra stessa vita. L’esistenza
umana però, per sua natura, è protesa a qualcosa di più grande, che la trascenda; è insopprimibile
nell’essere umano l’anelito alla giustizia, alla verità, alla felicità piena. Dinanzi all’enigma della morte,
sono vivi in molti il desiderio e la speranza di ritrovare nell’aldilà i propri cari. Come pure è forte la
convinzione di un giudizio finale che ristabilisca la giustizia, l’attesa di un definitivo confronto in cui a
ciascuno sia dato quanto gli è dovuto”. (1 novembre 2006 – Angelus)
Stato e Chiesa
“La Sua odierna visita, Signor Presidente, non è solo la felice conferma di una ormai pluridecennale
tradizione di reciproche visite, scambiate fra il Successore di Pietro e la più alta Carica dello Stato
italiano, ma riveste un importante significato, perché consente una particolare sosta di riflessione
sulle ragioni profonde degli incontri che avvengono fra i rappresentanti della Chiesa e quelli dello
Stato. Esse mi sembrano chiaramente esposte dal Concilio Vaticano II, che nella Costituzione
pastorale "Gaudium et spes" afferma: "La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e
autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio
della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane. Esse svolgeranno questo loro
servizio a vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio coltiveranno una sana
collaborazione tra di loro, secondo modalità adatte alle circostanze di luogo e di tempo" (n. 76).
Si tratta di una visione condivisa anche dallo Stato italiano, che nella sua Costituzione afferma
anzitutto che "lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e
sovrani" e ribadisce poi che "i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi" (art. 7). Questa
impostazione delle relazioni fra la Chiesa e lo Stato ha ispirato anche l’Accordo che apporta
modificazioni al Concordato Lateranense, firmato dalla Santa Sede e dall’Italia il 18 febbraio 1984,
nel quale sono state riaffermate sia la indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa sia la
"reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese (art. 1). Mi associo
volentieri all’auspicio formulato da Lei, Signor Presidente, all’inizio del Suo mandato, che questa
collaborazione possa continuare a svilupparsi concretamente. Sì, Chiesa e Stato, pur pienamente
distinti, sono entrambi chiamati, secondo la loro rispettiva missione e con i propri fini e mezzi, a
servire l’uomo, che è allo stesso tempo destinatario e partecipe della missione salvifica della Chiesa
e cittadino dello Stato. E’ nell’uomo che queste due società si incontrano e collaborano per meglio
promuoverne il bene integrale.
Questa sollecitudine della comunità civile nei riguardi del bene dei cittadini non si può limitare ad
alcune dimensioni della persona, quali la salute fisica, il benessere economico, la formazione
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intellettuale o le relazioni sociali. L’uomo si presenta di fronte allo Stato anche con la sua
dimensione religiosa, che "consiste anzitutto in atti interni volontari e liberi, con i quali l'essere
umano si dirige immediatamente verso Dio" (Dignitatis humanae, 3). Tali atti "non possono essere
né comandati, né proibiti" dall’autorità umana, la quale, al contrario, è tenuta a rispettare e
promuovere questa dimensione: come ha autorevolmente insegnato il Concilio Vaticano II a
proposito del diritto alla libertà religiosa, nessuno può essere costretto "ad agire contro la sua
coscienza" né si può "impedirgli di agire in conformità ad essa, soprattutto in campo religioso"
(ibid.). Sarebbe però riduttivo ritenere che sia sufficientemente garantito il diritto di libertà religiosa,
quando non si fa violenza o non si interviene sulle convinzioni personali o ci si limita a rispettare la
manifestazione della fede che avviene nell’ambito del luogo di culto. Non si può infatti dimenticare
che "la stessa natura sociale dell'essere umano esige che egli esprima esternamente gli atti interni di
religione, comunichi con altri in materia religiosa e professi la propria religione in modo
comunitario" (ibid.). La libertà religiosa è pertanto un diritto non solo del singolo, ma altresì della
famiglia, dei gruppi religiosi e della stessa Chiesa (cfr Dignitatis humanae, 4-5.13) e l’esercizio di
questo diritto ha un influsso sui molteplici ambiti e situazioni in cui il credente viene a trovarsi e ad
operare. Un adeguato rispetto del diritto alla libertà religiosa implica, dunque, l’impegno del potere
civile a "creare condizioni propizie allo sviluppo della vita religiosa, cosicché i cittadini siano
realmente in grado di esercitare i loro diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la
società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e
verso la sua santa volontà" (Dignitatis humanae, 6).
Questi alti principi, proclamati dal Concilio Vaticano II, sono del resto patrimonio di molte società
civili, compresa l’Italia. Essi sono, infatti, presenti sia nella Carta costituzionale italiana sia nei
numerosi documenti internazionali che proclamano i diritti dell’uomo. Ed anche Lei, Signor
Presidente, non ha mancato di richiamare opportunamente la necessità del riconoscimento da dare
alla dimensione sociale e pubblica del fatto religioso. Il medesimo Concilio ricorda che, quando la
società rispetta e promuove la dimensione religiosa dei suoi membri, essa riceve in cambio i "beni di
giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e verso la sua santa volontà"
(ibid.). La libertà, che la Chiesa e i cristiani rivendicano, non pregiudica gli interessi dello Stato o di
altri gruppi sociali e non mira ad una supremazia autoritaria su di essi, ma è piuttosto la condizione
affinché, come ho detto durante il recente Convegno Nazionale Ecclesiale svoltosi a Verona, si possa
espletare quel prezioso servizio che la Chiesa offre all’Italia e ad ogni Paese in cui essa è presente.
Tale servizio alla società, che consiste principalmente nel "dare risposte positive e convincenti alle
attese e agli interrogativi della nostra gente" (cfr Discorso ai partecipanti al Convegno Nazionale
Ecclesiale a Verona) offrendo alla loro vita la luce della fede, la forza della speranza e il calore della
carità, si esprime anche nei riguardi dell’ambito civile e politico. Infatti, se è vero che per la sua
natura e missione "la Chiesa non è e non intende essere un agente politico", tuttavia essa "ha un
interesse profondo per il bene della comunità politica" (ibid.)”. (20 novembre 2006 – Discorso al
Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, ricevuto in Visita ufficiale)
INTERVENTUS SUPER QUAESTIONES
Cultura
Città del Vaticano - Il Pontificio Consiglio della Cultura ha organizzato due importanti incontri in
India, a Goa, dal 20 al 23 novembre. Si tratta rispettivamente del primo incontro dei responsabili di
Centri Culturali Cattolici in India, e di un incontro continentale con i responsabili della cultura delle
conferenze episcopali dell'Asia, assieme ai membri e consultori del PCC di questo continente.
Tema dell’incontro, presieduto dal Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della
Cultura, saranno i “Centri Culturali Cattolici: Risorse culturali per vivere la fede cristiana in dialogo
con le culture tradizionali nel contesto di una cultura in trasformazione”.
Saranno presenti a questo meeting i responsabili di oltre 40 centri di tutto il subcontinente.
Come parte dell’intenso programma culturale, in questa sua prima visita a Goa, il Cardinale Poupard
presiederà la celebrazione eucaristica per il 79º anniversario del Ven. P. Agnelo, un santo sacerdote,
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membro della Società dei Missionari di San Francesco Saverio, istituto nato a Goa, ospite
dell’incontro dei Centri Culturali Cattolici, in rapida espansione, con 312 membri sacerdoti, attivi in
28 diocesi, principalmente in India e Nepal, nonché in diversi paesi europei. Conta più di 100
studenti di filosofia e teologia che si preparano alla missione di portare Gesù Cristo a coloro che
ancora non lo conoscono o sono diventati indifferenti.
Inoltre, il Cardinale inaugurerà una mostra di Arte Cristiana, organizzata dall’Arcidiocesi di Goa e
Daman, nella storica città di Goa Antica, elaborata da artisti di diverse religioni. L’Arcidiocesi di
Goa e Daman, custodisce nella Basilica di Bom Jesus le spoglie mortali dell’Apostolo dell’Oriente,
il grande missionario San Francesco Saverio. Dopo aver ricevuto la fede, la Chiesa di Goa è stata
vivaio di numerosi missionari, tra cui il Beato Joseph Vaz.
La visita del Presidente del Pontificio Consiglio è attesa con entusiasmo dai cattolici in India, e si
spera che possa dare ulteriore slancio missionario alla piccola comunità cattolica, il 2% della vasta
popolazione del paese, per annunciare e testimoniare la fede in Cristo nel dialogo fiducioso con tutti
gli abitanti, più di un miliardo, del vasto subcontinente.
L’invito che il Cardinale rivolge ai Centri Culturali Cattolici è promuovere una vita coerente,
incentrata su Cristo e all’insegna dell’amore, per manifestare il volto compassionevole di Gesù in
mezzo ai poveri, i giovani, gli indigeni e i sofferenti, come testimoniato dalla Beata Madre Teresa,
nonché da innumerevoli testimoni del Cristo, schiudendo così a coloro che non lo conoscono il
mistero dell’amore di Dio incarnato in Cristo.
Il Cardinale Poupard, che ricopre contemporaneamente la carica di Presidente del Pontificio
Consiglio per il Dialogo Interreligioso, durante il suo soggiorno in India, presiederà anche un
Simposio su “Globalizzazione e Culture Indiane: verso una maggiore armonia tra i popoli”,
organizzato dal Pilar Theological College il 23 novembre. Diversi rappresentanti, di religione indù,
islamica e cristiana, tra cui un numeroso gruppo di studenti universitari, offriranno le loro
prospettive sull’impatto della globalizzazione nel continente indiano, in rapida trasformazione.
(AP) (18/11/2006 Agenzia Fides; Righe:43; Parole:521)
Difesa vita
Città del Messico - La Conferenza Episcopale Messicana (CEM) ha espresso, attraverso un
comunicato firmato da Mons. Carlos Aguiar Retes, Vescovo di Texcoco e Segretario Generale della
CEM, la sua opposizione al Disegno di legge sulle Società di Convivenza, "un'iniziativa di legge che
pretende di legittimare le relazioni delle società di convivenza e velatamente vuole dare origine ad
una legislazione che incoraggi meccanismi che approvino i matrimoni tra persone dello stesso sesso,
con il diritto di adottare bambini". Secondo i Vescovi "una legge come questa pretende di dare
soluzioni incomplete e momentanee ad un problema che è più complesso". La controversa Legge
sulle Società di Convivenza, approvata dall'Assemblea Legislativa del Distretto Federale con 43 voti
a favore e 17 contrari, permette a persone dello stesso sesso di unirsi per formare "un focolare
comune".
I Vescovi affermano che la famiglia “è la comunità umana fondamentale. Come è la famiglia così
sarà la nazione, perché così è l'uomo". Per questo "quando il valore della famiglia è minacciato da
pressioni sociali ed economiche, la Chiesa reagisce riaffermando che la famiglia formata dall’unione
di un uomo ed una donna, è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il
bene comune di ogni società, nazione e Stato". In questo senso, ricordano che la Chiesa cattolica
"guarda con vero amore a tutti gli uomini e le donne, senza tenere conto di preferenze o inclinazioni",
ma non per questo può evitare di opporsi “ad atteggiamenti che danneggiano l’uomo stesso nel suo
progetto integrale di vita". I Vescovi concludono chiedendo ai legislatori "di legiferare in favore
della dignità dell'essere umano e della famiglia, poiché la famiglia è la vera misura della grandezza
di una nazione". (RG) (Agenzia Fides 10/11/2006; righe 20, parole 292)
Fátima - Alla fine della loro Assemblea Plenaria, celebrata a Fatima dal 13 al 16 novembre, i
Vescovi portoghesi hanno emesso un comunicato sulle attività svolte e sulle principali conclusioni
emerse, oltre ad una Nota pastorale sulla "Procreazione medicalmente assistita". Il tema generale
dell'Assemblea è stato "Comunione Episcopale per la Missione ecclesiale rinnovata", ed aveva come
temi di discussione la trasmissione della fede come ascolto ed interpellanza della cultura, la missione
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a favore della vita come dono da accogliere e promuovere, l'esigenza della dignità nel mondo del
lavoro.
I Presidenti delle diverse Commissioni Episcopali hanno informato sulle attività in corso e sui
progetti futuri. La Commissione per la Dottrina della Fede e l’Ecumenismo ha informato sulla III
Assemblea Ecumenica Europea che si terrà nel settembre 2007 a Sibiu, (Romania); la Commissione
per l’Educazione Cristiana ha illustrato la revisione di due nuovi catechismi; la Commissione per il
Laicato e la Famiglia ha annunciato la costituzione di un Consiglio per affrontare le questioni
relative alla Famiglia e alla Vita, richiamando l'attenzione sull'assenza di rappresentanti della Chiesa
Cattolica in due organismi statali recentemente creati: la Commissione per la Promozione delle
Politiche Familiari ed il Consiglio Consultivo delle Famiglie.
L'Assemblea ha riflettuto anche sul documento di lavoro intitolato "Famiglia, Scuola ed Università",
dedicato al tema della trasmissione della fede in un momento in cui la profonda crisi della famiglia
obbliga ad un esame accurato sulla situazione. I Vescovi ritengono che si debbano "incentivare i
movimenti ecclesiali che offrono strade esigenti per un vissuto cristiano della famiglia, tenere in
considerazione le occasioni per accogliere quanti chiedono il matrimonio o il battesimo, aiutare i
genitori a trasmettere i valori della fede con metodi pedagogici adeguati e semplici".
Riguardo al prossimo referendum sull'aborto che si svolgerà in Portogallo, l'Assemblea Plenaria dei
Vescovi ha manifestato il desiderio che “si apra un periodo di riflessione serio e profondo per
rischiarare le coscienze". L'Assemblea ha pubblicato anche una Nota Pastorale sulla Procreazione
Medicalmente Assistita "per rischiarare le coscienze dei fedeli cattolici" su questo tema. I Vescovi
ritengono necessario legiferare su questo punto per non cadere in abusi intollerabili, ed anche perché
è necessario "stabilire i limiti tra quello che è tecnicamente possibile e quello che è eticamente
accettabile". Inoltre ricordano che una delle conseguenze di questa tecnica interessa gli embrioni
eccedenti, ed affermano che "non è moralmente legittimo il loro impiego per la ricerca scientifica,
per il rispetto dovuto alla dignità dell'essere umano già presente nell'embrione". Ai genitori che non
possono avere figli, i Vescovi ricordano che la sterilità non è un male assoluto e che possono
utilizzare le loro capacità come genitori in altro modo, per mezzo dell'adozione o dedicandosi al
servizio degli altri. (RG) (Agenzia Fides 20/11/2006; righe 34, parole 458)
Il testo integrale del comunicato finale, in portoghese
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/chieselocali/chieselocali.php?id=342
Dialogo interreligioso
Città del Vaticano - Il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, in collaborazione con il
Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, ha organizzato un Incontro interreligioso
internazionale per i giovani, che si è svolto ad Assisi dal 4 all’8 novembre, per commemorare il XX
anniversario della Giornata di preghiera per la Pace del 27 ottobre 1986 indetta dal Servo di Dio
Papa Giovanni Paolo II (vedi Agenzia Fides 21/10/2006). L’obiettivo era di trasmettere alle giovani
generazioni lo “spirito di Assisi” che è incentrato soprattutto nella preghiera per la pace, secondo le
diverse tradizioni religiose.
Sono stati invitati un centinaio di giovani di tutto il mondo: la metà appartenenti alle denominazioni
cristiane ed il resto delle altre tradizioni religiose. All’invito rivolto dal Card. Paul Poupard,
Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, hanno risposto 45 giovani di
differenti religioni provenienti da 29 nazioni: hindu, taoisti, buddisti, jainisti, ebrei, musulmani,
zoroastriani, sikh, baha’i, tenrikyo e brama. I rappresentanti del Cristianesimo erano 35 cattolici e 16
rappresentanti di altre Chiese e comunità cristiane. Questi giovani hanno formato un’unica famiglia
per quattro giorni. Sessioni plenarie, lavori di gruppo, discussioni e pellegrinaggi sono stati i
momenti che hanno scandito i giorni dell’incontro. I giovani hanno potuto sperimentare l’ospitalità
francescana ed impregnarsi dell’atmosfera di Assisi, la città di San Francesco e Santa Chiara. Dei
locali del Sacro Convento erano stati riservati per la meditazione e la preghiera secondo le diverse
tradizioni religiose. Nei giorni del Meeting hanno celebrato la Santa Messa per i giovani il Card.
Roger Etchegaray, il Card. Paul Poupard e Sua Ecc. Mons. Pierluigi Celata. Anche l’Arcivescovo di
Assisi, Mons. Domenico Sorrentino, ha dato il suo benvenuto ai giovani. Durante il Meeting si sono
alternate conferenze, esperienze e testimonianze su questi 20 anni e sulla attuale situazione delle
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relazioni interreligiose. I giovani sono stati invitati a diventare protagonisti attivi della pace una volta
ritornati nei loro Paesi e comunità.
Il Meeting si è concluso a Roma, con la partecipazione all’udienza generale del Santo Padre
Benedetto XVI in piazza San Pietro, mercoledì 8 novembre, che ha salutato i giovani con queste
parole: “Cari giovani: il nostro mondo ha urgentemente bisogno della pace! L'Incontro di Assisi ha
ribadito il potere della preghiera nell'edificazione della pace. L'autentica preghiera trasforma i cuori,
ci apre al dialogo, alla comprensione ed alla riconciliazione, ed abbatte i muri eretti dalla violenza,
dall'odio e dalla vendetta. Possiate far ritorno alle vostre comunità religiose come testimoni dello
'spirito di Assisi', messaggeri di quella pace che è un prezioso dono di Dio, e come segni viventi di
speranza per il nostro mondo".
Come espressione della loro speranza per un mondo di armonia e di pace, i giovani hanno deciso di
inviare un “Messaggio dei giovani ai giovani”, che è stato redatto da 7 giovani partecipanti al
Meeting rappresentanti di sette diverse confessioni religiose. Nel Messaggio i giovani scrivono di
essere venuti ad Assisi, “chiamati da circa 30 nazioni e in rappresentanza di 13 tradizioni religiose,
per commemorare il 20° anniversario della storica Giornata di Preghiera per la Pace nel mondo del
1986”. Invitati dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e ed inviati dalle rispettive
comunità e organizzazioni religiose, i giovani affermano di avere riportato ad Assisi “la fiamma di
pace accesa dai nostri leader spirituali 20 anni fa in questo stesso sacro luogo”. L’incontro, avvenuto
con onestà e sincerità, in un clima di dialogo genuino, ha voluto consolidare i legami di fraternità
che uniscono tutti come fratelli e sorelle. “Abbiamo condiviso e imparato la cultura e la professione
religiosa gli uni degli altri, non per minimizzare o ignorare le nostre differenze, ma per crescere nel
rispetto reciproco, nella stima e nella comprensione”. I giovani proseguono: “Abbiamo pregato
secondo le nostre rispettive tradizioni religiose, implorando da Dio il prezioso dono della pace…
Siamo andati pellegrini al luogo della conversione di San Francesco d’Assisi, 800 anni fa, quando
Dio disse a Francesco ‘Va’, ricostruisci la mia casa’. Allo stesso modo oggi, nello spirito delle nostre
rispettive religioni, noi giovani sentiamo la chiamata ad “andare, a ricostruire il nostro mondo”, che
è troppo spesso lacerato dalla violenza e dalla guerra”.
I giovani quindi lanciano un appello a tutti perché la pace è un bene da ricercare soprattutto nei
nostri cuori. “Ci sforziamo di seguire il sentiero della pace guidati dai precetti delle nostre rispettive
tradizioni religiose. Nello ‘spirito di Assisi’ e con una sola voce, facciamo eco alle parole del grande
ambasciatore di pace, il Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, e gridiamo “Mai più la violenza! Mai
più la guerra! Mai più il terrorismo! Nel nome di Dio, ogni religione possa portare sulla terra
giustizia e pace, perdono e vita, amore! Noi giovani rappresentiamo una nuova generazione e una
nuova speranza. Siamo decisi a tornare nelle nostre famiglie e comunità per essere sostenitori della
comprensione e del rispetto multireligioso e multiculturale. Accettiamo la responsabilità di
continuare il dialogo iniziato qui ad Assisi, ci impegniamo a lavorare a tempo pieno per la giustizia e
ad essere strumenti di pace nella nostra patria e in ogni angolo della terra”. (S.L.) (Agenzia Fides
14/11/2006 - Righe 58; Parole 857)
Formazione
Bangalore - “I giovani oggi affrontano sfide difficili. Le scuole e i collegi cattolici devono coltivare
le quattro Virtù Cardinali: Prudenza, che rende capaci di comprendere cosa è giusto; Giustizia, che
rende consapevoli dei propri doveri; Temperanza, che assicura il controllo dei desideri; Fortezza, per
avere il coraggio di lottare per i propri diritti e non lasciarsi abbattere”. Lo ha detto Mons. Bernard
Moras, Arcivescovo di Bangalore, intervenendo alla cerimonia di celebrazione per il 125°
anniversario di fondazione del Collegio San Giuseppe di Bangalore.
“Il Collegio ha lavorato duramente in tutti questi anni per preparare studenti appassionati e
responsabili. Ha formato la vita di molti e ha servito bene la società indiana”, ha aggiunto. Elogiando
il corpo docente e il curriculum studiorum, Mons. Moras ha descritto l’istituto, gestito dai Gesuiti,
come un luogo che “prepara i giovani ad agire per il cambiamento sociale”, specialmente quelli
appartenenti alle classi meno privilegiate o apertamente discriminate. “L’educazione in India - ha
spiegato -nella vita economica, sociale e politica, è all’incrocio con forze che intendono dettare i loro
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valori. Occorre essere pronti a portare valori universali. In questa situazione, il San Joseph College
merita un posto di primo piano”.
Alla celebrazione sono interventi numerosi personaggi del mondo dell’economia, dell’impresa,
leader politici, attivisti per i diritti umani che hanno studiato al Collegio dei Gesuiti avvalendosi di
una preparazione filosofica, storica, scientifica di altissimo livello. L’attuale Preside, il Gesuita P.
Ambrose Pinto, ha raccontato della crescita del College dalla sua fondazione a oggi, ripercorrendone
la storia. Tutti gli interventi hanno sottolineato il ruolo fondamentale che l’istituto ricopre nella
formazione dei giovani, cattolici e non, ai valori di democrazia, pluralismo, rispetto, armonia sociale.
(PA) (Agenzia Fides 14/11/2006 righe 26 parole 261)
Missione
Buenos Aires - “Ci sentiamo chiamati dal Santo Padre e dai nostri Vescovi a vivere la nostra fede
nella vita pubblica a favore dell'uomo, della giustizia e della verità. Crediamo che promuovere il
risveglio di un vero umanesimo, deve essere l'obiettivo centrale dell'unità del nostro pensiero e della
nostra azione nella società civile e nella politica. Desideriamo riaffermare così il nostro dovere ed il
nostro diritto a vivere il Vangelo servendo la persona umana e la società". E’ quanto si legge nelle
Conclusioni del Primo Congresso di Evangelizzazione della Cultura “I cattolici nella società civile e
nella oolitica” organizzato dalla Pontificia Università Cattolica Argentina dal 3 al 5 novembre (vedi
Fides 30/10/2006).
I partecipanti riconoscono che “la presenza rinnovata dei cattolici nella vita pubblica, deve
cominciare dalla fede in Gesù Cristo”. Il migliore apporto che “possono dare i cattolici in tempi in
cui il destino dell'umanità è diventato molte volte irrilevante, è la promozione di una nuova cultura
del rispetto della persona umana in tutte le sue dimensioni". Di fronte alle sfide di una cultura che
tende alla disumanizzazione “i cattolici non possono rimanere muti o indifferenti”. Ancora una volta
“dobbiamo riaffermare la nostra opzione, la nostra passione per la persona umana, specialmente per i
poveri, i deboli e i sofferenti, con speciale attenzione per le nuove forme di povertà". Anche
l'istituzione familiare è stata oggetto di una speciale attenzione da parte del Congresso, nel desiderio
che “si rafforzi ad ogni livello l’impegno di tutti per sostenere la famiglia, affinché anche oggi
continui ad essere come sempre, secondo il disegno di Dio, 'santuario della vita'.”
I partecipanti al Congresso si mostrano inoltre preoccupati che l’attuale disumanizzazione della
cultura porti ad una disumanizzazione della politica, che "manipola le persone oppure le elimina", e
si impegnano a "creare un'autentica cultura cristiana non solo a livello intellettuale, ma soprattutto
nella vita pratica, proponendo nuove forme di pensiero, di vita e di servizio centrate sulla dignità
della persona umana". L'evangelizzazione della cultura è un altro campo privilegiato della presenza e
dell’impegno della Chiesa e di ogni cristiano. “Assumiamo la sfida - afferma il Messaggio finale - di
collaborare per l'educazione integrale della persona umana e di ripensare creativamente la
formazione di nuovi dirigenti promotori dell'umanesimo cristiano. Crediamo che l'inclusione sociale,
educativa e culturale dei nostri fratelli, sia una delle grandi sfide che dobbano assumere i cattolici
nella vita pubblica". Il Messaggio si conclude invocando il fuoco dello Spirito Santo, affinché
"illumini le nostre menti e risvegli in noi il desiderio di contemplarti, susciti l'amore per i fratelli,
soprattutto gli afflitti, e l'ardore per annunciarti all'inizio di questo secolo". (RG) (Agenzia Fides
7/11/2006; righe 31, parole 436)
Il Testo integrale del Messaggio Finale del Congresso
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/chieselocali/chieselocali.php?id=325
Tai Nan - “Venite, pascete le mie pecorelle”è stato il tema dell’Incontro di preghiera per le
vocazioni che si è svolto recentemente nella diocesi di Tai Nan, nella parrocchia di Dong Men,
guidato dal Vescovo Mons. Bosco Lin. Secondo quanto riferisce Christian Life Weekly, sacerdoti,
religiose e tanti fedeli hanno potuto ascoltare alcune testimonianze commoventi sulla vocazione,
Anche il Vescovo stesso ha condiviso la sua testimonianza: sua madre infatti ha offerto tutti e tre i
suoi figli alla Chiesa nel ministero del sacerdozio. Don Li Ruo Wang e la religiosa paolina Sr.
Huang Su Ling hanno presentato la propria vocazione sottolineando che “l’Amore è la mia
vocazione”. Don Li Ruo Wang ha detto di essere rimasto stupito perché il Signore ha scelto uno
capriccioso come lui, che quando era piccolo scappava in chiesa solo per sfuggire alle punizioni
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fisiche dei genitori. Oggi è un sacerdote attivissimo nella pastorale e nella vita della Chiesa. Suor
Huang invece previene da una famiglia benestante, ed era coccolata sia dalla mamma che dal papà.
Fin da quando era piccola la mamma aveva preparato una dote ricchissima per lei, ma il Signore l’ha
“incastrata completamente”. I fedeli partecipanti all’incontro di preghiera sono rimasti commossi
all’ascoltare queste testimonianze vocazionali e si sono detti disposti a trasformare le proprie
famiglie nella “prima scuola della vocazione”.
Secondo il “Catholic Church Directory 2004” pubblicato dalla Segreteria della Conferenza
Episcopale Regionale di Taiwan, la diocesi di Tai Nan è composta da 14,448 fedeli con 69 sacerdoti,
8 fratelli religiosi, 72 religiose, 12 catechisti. La diocesi si divide in 5 decanati, 47 parrocchie,
dispone di 2 pubblicazioni e un settimanale. Inoltre gestisce una scuola linguistica, una scuola
professionale, 3 scuole medie, 1 scuola elementare, 20 asili, 6 collegi, 6 centri per ragazzi con
problemi mentali, 1 orfanotrofio e una casa per anziani. (N.Z.)(Agenzia Fides 10/11/2006 Righe: 34
Parole: 391)
Singapore - Dopo una lunga ed accurata preparazione, il III Congresso Mondiale di
Evangelizzazione e Pastorale della Comunità cattolica della diaspora cinese sul tema “I discendenti
degli Imperatori di Yan e Huang, oggetto dell’Evangelizzazione” è stato aperto solennemente a
Singapore venerdì 17 novembre. Oltre 200 fedeli della comunità della diaspora cinese provenuti da
Malesia, Singapore e da oltre un centinaio di diocesi di 14 paesi del mondo, sono presenti a
Singapore. Inoltre prendono parte ai lavori tanti fedeli di Hong Kong, Macao e Taiwan. I sacerdoti
del continente che studiano a Singapore partecipano al Congresso come osservatori.
Alla solenne Concelebrazione Eucaristica di inaugurazione erano presenti Mons. Xie, Arcivescovo
di Singapore, Mons. Zhong Arcivescovo emerito della Malesia, padre Paolo Pang OFM,
responsabile dell’Ufficio per la Promozione e l’Apostolato della Comunità cattolica cinese della
diaspora presso la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, mons. Joseph Chiang, venuto
dal New Jersey (USA), mons. Li Zhen, ex Rettore dell’Università Cattolica di Fu Ren. Insieme a
loro hanno concelebrato 36 sacerdoti della comunità della diaspora cinese. La comunità cinese di
Singapore ha offerto ai partecipanti una bellissima serata.
Mons. Li Zhen ha parlato sul tema “La cultura di Yan Huang”; don Luke Tsui Kam Yiu, sacerdote
diocesano di Hong Kong che si occupa da anni della formazione vocazionale e pastorale nella Cina
continentale, ha parlato su “L’Evangelizzazione oggi”. Durante l’assemblea vi è stato un fruttuoso
scambio di esperienze in cui ognuna delle delegazioni dei diversi paesi ha raccontato il proprio modo
di vivere la fede cristiana in un ambiente straniero e soprattutto culturalmente diverso dalle proprie
radici. La riflessione proposta ha approfondito il rapporto tra il Cristianesimo e il Confucianesimo, la
filosofia seguita dalla maggior parte dei cinesi, oltre ai problemi dell’inculturazione e alle sfide della
missione per i cattolici cinesi in diaspora.
Il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, Card. Ivan Dias, ha inviato un suo
messaggio a p. Peng e a tutti i partecipanti al Congresso in cui si dice felice per questa iniziativa, si
congratula con gli organizzatori e prega “affinché Dio benedica con molte grazie e favori celesti tutti
i partecipanti”. Il Card. Dias ricorda che tutti siamo consapevoli che “i lavoratori nella vigna del
Signore sono insufficienti, e questo problema è diventato sempre più serio ai nostri giorni”, quindi il
tema scelto per il Congresso è quanto mai “appropriato ed urgente”. “I cattolici della diaspora cinese
siano orgogliosi di trasmettere la loro fede cattolica ai propri discendenti e di far conoscere e
venerare il Nome di Gesù Cristo dai loro posteri”. Il Cardinale augura infine pieno successo al
Congresso.
Il Congresso si concluderà domani, 21 novembre, con l’annuncio di luogo e data del prossimo
incontro. Un sacerdote che studia a Singapore ha dichiarato a Faith: “Sono felice di poter partecipare
a tale incontro come osservatore. Sono commosso nel vedere come tante comunità cattoliche della
diaspora non hanno dimenticato la loro radice cinese e partecipano attivamente all’evangelizzazione.
Auspico che possiamo stabilire un rapporto solido di famiglia e di amicizia con la comunità della
diaspora, e portare avanti insieme lo sviluppo e l’evangelizzazione della Chiesa nel mondo cinese”.
Il Congresso Mondiale di Evangelizzazione e Pastorale della Comunità cattolica della diaspora
cinese è una iniziativa lanciata da padre Paolo Pang OFM, responsabile dell’Ufficio per la
Promozione e l’Apostolato della Comunità cattolica cinese in diaspora presso la Congregazione per
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l’Evangelizzazione dei Popoli. Si svolge in comunità diverse ogni 3 anni, per sensibilizzare la
comunità della diaspora cinese all’evangelizzazione, consolidare la comunione e la solidarietà tra le
comunità e con la Chiesa locale e quella universale scambiando le esperienze pastorali e missionarie.
I precedenti Congressi della diaspora cattolica cinese si sono tenuti: a Roma nell’anno 2000, dal 27
settembre al 3 ottobre, sul tema “Cammino insieme verso Cristo nella cultura cinese”, ed a San
Francisco, negli Stati Uniti d’America, dal 21 al 25 settembre 2003, sul tema “Cultura Kong e Meng,
prefazione dell’Evangelizzazione”. Durante l’Anno del Grande Giubileo, il primo Congresso
coincise con la canonizzazione dei Santi Martiri cinesi. I partecipanti al primo Congresso furono 117,
mentre al secondo Congresso di San Francisco si registrarono 120 partecipanti. (NZ)(Agenzia Fides
20/11/2006 Righe: 57 Parole: 685)
Il testo integrale del messaggio del Card. Dias, In inglese
http://www.evangelizatio.org/portale/congregazione/prefetto/prefetto.php?id=121#
San José - I Vescovi della Conferenza Episcopale del Costa Rica (CECOR), hanno indirizzato un
Messaggio a tutti i fedeli per l'inizio del nuovo Anno liturgico, che ha per titolo "Affinché i popoli
abbiano vita in Lui". Lo scopo è di "offrire alcune riflessioni ed orientamenti che permettano una
maggiore apertura alla grazia abbondante che il Signore continuerà a riversare particolarmente in
questo anno liturgico", contrassegnato dalla celebrazione della V Conferenza Generale
dell'Episcopato Latinoamericano, dal 13 al 31 maggio in Brasile.
Considerando questo grande avvenimento, i Vescovi ringraziano per il grande sforzo realizzato in
tutte le diocesi del paese in questo tempo di preparazione. "Proclamare Dio nel mondo attuale è una
sfida enorme che non possiamo né vogliamo evitare" affermano i Vescovi. In questo senso
intendono contribuire al lavoro di evangelizzazione fornendo "alcuni orientamenti che, favorendo
una maggiore coscienza e approfondimento nella nostra condizione di discepoli e missionari di Gesù
Cristo, possano rendere più vigorosa quella testimonianza evangelizzatrice che oggi ci si richiede".
Esprimono quindi il desiderio che la proposta della V Conferenza "affinché i nostri popoli abbiano
vita in Lui" si trasformi in un principio che guidi e illumini tutta l'azione pastorale durante l'anno
2007.
I Vescovi analizzano tre aree importanti nella vita della Chiesa: profetica, liturgica e sociale.
Rispetto all'area profetica i Vescovi propongono di dare maggiore impulso alla pastorale biblica e di
incrementare l'uso della Sacra Scrittura; di rinnovare il cammino di iniziazione cristiana; di
rivitalizzare i cammini di catechesi; di essere più coscienti dell'importanza della formazione di tutti
gli operatori laici e per questo chiedono ai sacerdoti di consacrare buona parte del loro tempo a
questo importante lavoro. Inoltre i Vescovi annunciano l'elaborazione di un testo di sostegno
sull'identità del cattolico.
Riguardo all'area liturgica, considerata "uno dei principali mezzi di evangelizzazione su cui conta la
Chiesa”, i Vescovi lanciano un appello a Pastori e laici, per “favorire celebrazioni nelle quali si
possa vivere più intensamente il Mistero Cristiano”. I Vescovi manifestano anche il desiderio che "la
celebrazione della V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano sia sostenuta dalla
preghiera di tutti i fedeli", lanciando varie proposte tra le quali: includere nelle Sante Messe
un'intenzione su questo tema nella preghiera universale dei fedeli; realizzare Ore di Adorazione per
questa intenzione principale, celebrare il Rosario dell'Aurora durante tutti i sabati del mese di
maggio, nel quale avrà luogo la Conferenza, promuovere qualche celebrazione mariana all’inizio e
alla conclusione della Conferenza Generale.
Per quanto riguarda l'area sociale, i Vescovi constatano le numerose sfide alla Chiesa, che
costituiscono un'urgenza alla quale dare risposta. “Non possiamo essere tranquilli finché ci sono i
nostri fratelli che non hanno il necessario per vivere - continua il Messaggio -. Per questo motivo è
necessario risvegliare una nuova immaginazione e creatività al momento di esercitare la nostra carità;
in maniera tale che i poveri trovino nella Chiesa la loro casa". Ricordano ai laici la loro
responsabilità di essere agenti di trasformazione nelle realtà temporali dell'economia, della politica e
della cultura. I Vescovi non dimenticano le famiglie, che “si sentono minacciate da pratiche ed
ideologie che attentano alla loro natura e costituzione", e per questo chiedono ai Pastori di lavorare
"a favore di quel piccolo nucleo sociale nel quale, da diverse prospettive, deve investirsi il meglio
delle nostre risorse pastorali".
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I Vescovi concludono il messaggio ricordando la loro responsabilità di offrire un annuncio chiaro del
vero volto di Gesù Cristo come risposta al secolarismo e all'incredulità di tanti oggigiorno. (RG)
(Agenzia Fides 29/11/2006; righe 44, parole 581)
QUAESTIONES
VATICANO - “Le Pontificie Opere Missionarie entrano in una fase nuova... E’ arrivata l’ora
di dedicarsi con maggior impegno al loro consolidamento a livello delle Chiese locali e a livello
delle rispettive nazioni” afferma il Presidente delle Pontificie Opere Missionarie, l’Arcivescovo
Hoser, aprendo l’Assemblea Speciale
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Con il saluto del Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli e Presidente del Comitato Supremo delle Pontificie Opere
Missionarie, si è aperta oggi a Roma l’Assemblea Speciale delle Pontificie Opere Missionarie,
attraverso l’incontro del Consiglio Superiore ristretto.
“E’ un momento umano di fraternità, di solidarietà e d’inquietudine per le sorti di quelli che vivono
in abbandono, lasciati a se stessi” ha detto l’Arcivescovo Henryk Hoser, Presidente delle POM, nel
suo discorso introduttivo ai lavori. “E’ un fatto ecclesiale perché siamo credenti, discepoli di Cristo,
annunciatori della Buona Novella - ha proseguito l’Arcivescovo -. Noi ci incontriamo nel nome del
Signore, sicuri della Sua presenza, attenti alla voce dello Spirito Santo e, allo stesso tempo, fedeli
alla Chiesa ed alle sue scelte. Siamo motivati dalla carità che ci spinge e dalla speranza che ci orienta.
La terza caratteristica che qui s’impone, è il tempo operativo. Il nostro incontro, infatti, non è altro
che il prolungamento dei lavori dell’Assemblea Generale Ordinaria, soprattutto per quanto riguarda
la parte riservata all’esame delle proposte dei Segretariati Generali circa l’assegnazione dei sussidi”.
Proseguendo nel suo discorso, il Presidente delle Pontificie Opere Missionarie ha anche guardato
con fiducia al futuro: “Le Pontificie Opere entrano in una fase nuova, a seguito del lungo processo di
aggiornamento dello Statuto e dei testi annessi. E’ dunque arrivata l’ora di accelerare la proverbiale
velocità di crociera, dedicandosi con maggior impegno al consolidamento delle stesse POM alla base
o, in altre parole, a livello delle Chiese locali e a livello delle rispettive nazioni. Tra gli impegni
principali vedrei la missione e la formazione dei Direttori Nazionali nei Territori di Missione”. Dopo
aver ricordato le diverse fasi del ciclo decisionale delle POM in merito all’assegnazione dei sussidi,
l’Arcivescovo ha concluso con questo auspicio: “Sono sicuro che l’Assemblea Speciale 2006 non
mancherà di offrirci occasioni per riaffermare la nostra unità di preghiera, di intenti e di cuori
immersi nell’Amore di Cristo per la sua Chiesa”. (S.L.) (Agenzia Fides 8/11/2006, righe 25, parole
337)
AMERICA/MESSICO - Messaggio del Card. Ivan Dias al IV Simposio Internazionale di
Missionología nel centenario della nascita di Mons. Alonso Manuel Escalante, primo Superiore
Generale dei Missionari di Guadalupe, “un Pastore che consacrò la sua vita all'annuncio
missionario della fede”
Città del Messico (Agenzia Fides) - In occasione del Centenario della nascita di Mons. Alonso
Manuel Escalante, primo Superiore Generale dei Missionari di Guadalupe, si celebra il 9 e 10
novembre il IV Simposio Internazionale di Missionología. Questo evento si colloca nella cornice di
un anno ricco di anniversari per i Missionari di Guadalupe: i 50 anni del Seminario Minore delle
Missioni; il centenario della nascita di Mons. Escalante, i 50 anni della missione in Giappone ed i 25
anni di presenza in Angola (vedi Fides 16/1/2006).
Il tema generale che affronta il Simposio è quello del discepolato e della missione della Chiesa del
Messico e dell’America, con l’obiettivo di riflettere sull'essere e l’agire missionario "Ad gentes"
della Chiesa del Messico e dell’America nel Centenario della nascita di Mons. Alonso Manuel
Escalante y Escalante. Il Simposio si svolge nell'Auditorium Fray Bartolomeo de las Casas del
Seminario delle Missioni (Università Intercontinentale). Sarà anche trasmesso via Internet, attraverso
la pagina web dei Missionari di Guadalupe: www.mg.org.mx.
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Tra i conferenzieri figurano Sua Ecc. Mons. Florencio Olvera Ochoa, Vescovo di Cuernavaca e
Presidente della Commissione Episcopale delle Missioni; Padre Ricardo Colín Negrete, M.G; P.
Sergio Cesar Espinosa González. M.G. e alcuni Superiori Generali degli Istituti Missionari
dell'America. Le relazioni previste durante i due giorni del Simposio sono: “Visione missionaria "Ad
gentes" della Chiesa del Messico: storia e impegno"; "E cento anni dopo…? uno sguardo a Mons.
Escalante, discepolo e missionario"; "Santa María di Guadalupe, modello di discepola e missionaria";
"Orizzonti missionari per la Chiesa in America".
In occasione di questo anniversario il Card. Ivan Días, Prefetto della Congregazione per
l'Evangelizzazione dei Popoli, ha inviato un Messaggio al P. Juan José A. Luna Erreguerena,
Superiore Generale dei Missionari di Guadalupe ed a tutti i partecipanti al Simposio, ricordando il
Centenario di Mons. Escalante, “un Pastore che si lasciò guidare fedelmente dalla volontà di Dio e
che seppe guardare oltre le necessità apostoliche della propria Nazione, consacrando la sua vita
all'annuncio missionario della fede". Il Cardinale nel suo messaggio ricorda lo spirito che animò la
vita di questo Pastore, il quale "visse in piena docilità allo Spirito Santo e si lasciò plasmare
interiormente da Lui, per diventare sempre di più simile a Cristo". "In mezzo ad un ambiente
culturale nel quale si riflettono le opinioni più diverse su Gesù e sulla missione della Chiesa continua il Cardinale - è necessario che oggi ci nutriamo della testimonianza di cristiani come Mons.
Escalante che seppe accogliere pienamente Gesù Cristo, nella comunione della Chiesa". Il Card.
Días conclude il suo Messaggio con un appello ai Missionari di Guadalupe, perchè conservino nella
sua autenticità e profondità, in tutte le loro attività, la specificità del loro carisma:
“l'evangelizzazione dei non credenti, portare la Buona Novella della Risurrezione di Cristo a tutti
quelli che non lo conoscono, invitare gli uomini, per mezzo dell'annuncio e della tstimonianza della
fede, a ricevere la filiazione divina che Gesù Cristo ha ottenuto per ogni uomo e che è comunicata ai
fedeli attraverso il battesimo". (RG) (Agenzia Fides 9/11/2006, righe 36, parole 506)
Il testo integrale del Messaggio del Card. Ivan Días, in spagnolo
http://www.evangelizatio.org/portale/adgentes/chieselocali/chieselocali.php?id=327
VATICANO - Messaggio del Card. Ivan Dias, Prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, al Primo Congresso Missionario dell’Africa occidentale, che si apre
oggi a Ouagadougou: “La formazione missionaria del personale apostolico costituisce la priorità
delle priorità”
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - In occasione del Primo Congresso Missionario organizzato dalla
Conferenza Episcopale Regionale dell’Africa occidentale francofona (CERAO), che si apre oggi a
Ouagadougou (Burkina Faso) e si concluderà il 19 novembre, il Card. Ivan Dias, Prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha inviato un suo messaggio ad organizzatori e
partecipanti a questo avvenimento “di grande importanza ecclesiale”. A nome della Congregazione, il
Cardinale saluta fraternamente Sua Ecc. Mons. Théodore Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar e
Presidente della CERAO; Sua Ecc. Mons. Philippe Ouédraogo, Presidente della Conferenza Episcopale
di Burkina Faso e Niger e Presidente della Commissione Episcopale per le Missioni e le POM della
CERAO; Sua Ecc. Mons. Jean-Marie Compaoré che ha offerto l’ospitalità dell’Arcidiocesi di
Ouagadougou all’iniziativa.
I lavori del Congresso, che ha per tema “Mi sarete testimoni fino ai confini della terra. Per portare la
mia Parola e radunare i figli di Dio dispersi”, affronteranno la vocazione missionaria delle Chiese
particolari di questa regione dell’Africa. “Voi volete offrire il vostro generoso contributo
all’evangelizzazione del vostro continente e del mondo - scrive il Card. Dias -, a partire dalla
ricchissima esperienza delle vostre comunità cristiane, suscitando in maniera concreta e feconda un
impegno rinnovato per la missione Ad Gentes”.
Il Messaggio del Card. Dias sottolinea quindi l’importanza di questo Congresso, che saluta “con gioia e
speranza”, il quale si svolge poche settimane prima del Congresso Missionario Continentale di Dar-esSalaam, sulla scia della grande epopea missionaria del XIX secolo e dell’Assemblea Speciale del
Sinodo dei Vescovi per l’Africa del 1994. I Sinodi diocesani e nazionali testimoniano il “dinamismo
missionario delle Chiese locali” rappresentate al Congresso. “Non vi riunite per inventare programmi e
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piani pastorali, ma per rinnovarvi e rinnovare il vostro modo di essere, di vivere e di testimoniare il
Vangelo”.
Citando il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Missionaria Mondiale di
quest’anno, il Card. Dias ricorda che “L'amore che Dio nutre per ogni persona costituisce il cuore
dell’esperienza e dell’annunzio del Vangelo, e quanti l’accolgono ne diventano a loro volta testimoni”.
“All’uomo debole, sottomesso al potere della morte, della sofferenza e del peccato, Dio, ricco di
misericordia, offre la vita eterna affinché tutti gli uomini siano salvati e giungano alla pienezza della
verità” prosegue il Messaggio, che sottolinea le tappe essenziali dell’iniziazione alla fede, espresse nel
catecumenato, che scandiscono il lungo percorso del nostre “essere” in Cristo affinché Cristo sia
formato in noi (cfr Gal 4,19). Seguendo queste tappe catecumenali le Comunità ecclesiali della regione
africana sono nate e si sono formate.
I lavori del Congresso permetteranno di compiere una panoramica storica sulla missione e di prendere in
considerazione alcuni elementi importanti che sono in gioco: la preghiera personale e comunitaria, la
formazione missionaria, l’animazione missionaria e la cooperazione missionaria. “Per la Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli - scrive il Card. Dias - la formazione missionaria del personale
apostolico costituisce la priorità delle priorità. Lo spirito missionario non può progredire se i Vescovi, i
sacerdoti, i religiosi e i laici non prendono una più viva coscienza che l’annuncio del messaggio
evangelico è profondamente iscritto nella loro vocazione di consacrati”.
La priorità dell’animazione missionaria viene dalla convinzione che la Chiesa è nata dal Vangelo, vive
del Vangelo e deve annunciare il Vangelo della Salvezza, afferma ancora il Prefetto del Dicastero
Missionario. Rinnovando il suo incoraggiamento per ogni iniziativa che risvegli lo spirito missionario e
susciti vocazioni missionarie nella regione, il Card. Dias conclude il suo messaggio domandando al
Signore di benedire i lavori del Congresso, che affida alla sollecitudine materna di Maria Regina degli
Apostoli e Madre della Chiesa. (S.L.) (Agenzia Fides 15/11/2006 - Righe 46, Parole 599)
Il testo integrale del Messaggio del Card. Dias, in francese
http://www.evangelizatio.org/portale/congregazione/prefetto/prefetto.php?id=120#
VATICANO - La visita dell’Arcivescovo di Canterbury e Primate della Comunione Anglicana
alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - Questa mattina, venerdì 24 novembre, l’Arcivescovo di Canterbury
e Primate della Comunione Anglicana, Sua Grazia il Dr. Rowan Williams, ha compiuto una visita alla
Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, nell’ambito della visita che sta compiendo a Roma,
dal 21 al 26 novembre, in occasione del 40.mo anniversario dello storico incontro tra Paolo VI e l’allora
Arcivescovo di Canterbury Michael Ramsey.
L’Arcivescovo di Canterbury è stato accolto al suo arrivo al Palazzo di Propaganda Fide da Sua Ecc.
Mons. Robert Sarah, Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, e da Sua Ecc.
Mons. Henrych Hoser, Segretario aggiunto e Presidente delle Pontificie Opere Missionarie. Dopo un
colloquio privato con il Cardinale Prefetto, Sua Eminenza Ivan Dias, la delegazione, con i Superiori e
gli Officiali del Dicastero Missionario, si è recata nella Cappella Newman, recentemente restaurata,
dove è stato eseguito l’inno “Praise to the Holiest”.
Nella Cappella dei Re Magi del Palazzo di Propaganda Fide, si è svolto un momento di preghiera cui ha
partecipato tutto il personale del Dicastero Missionario e delle Pontificie Opere Missionarie. Nel suo
discorso di saluto il Cardinale Prefetto ha sottolineato che “Anglicani e Cattolici sono uniti non solo nel
loro profondo desiderio di accogliere la santa volontà di Dio, ma anche nella chiamata che hanno
ricevuto a condividere la missione salvifica di Cristo, e a realizzarla insieme ogni volta che sia
possibile”. Ricordando la Dichiarazione comune firmata nel 1977 da Papa Paolo VI e dall’allora
Arcivescovo di Canterbury Donald Coggan, in cui si elencavano gli elementi condivisi da Cattolici e
Anglicani, il Card. Dias ha sottolineato che queste sono le robuste fondamenta “sulle quali possiamo
costruire insieme il Regno di Dio, e da cui diffondere la dolce fragranza di Gesù Cristo ai quattro angoli
del pianeta”. Il Cardinale ha poi aggiunto che la chiamata a dare una testimonianza congiunta al
messaggio salvifico del Vangelo “è quanto mai urgente oggi, se consideriamo le comuni sfide che
abbiamo di fronte”.
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Esprimendo la gioia di accogliere il Primate della Comunione Anglicana, il Card. Dias ha ricordato che
il Palazzo di Propaganda Fide, allora Collegio Urbano, ospitò tra i suoi seminaristi provenienti da tutto il
mondo, “un illustre teologo e pioniere nella ricerca dell’unità dei cristiani, la cui vita è stata un dono sia
per gli Anglicani che per i Cattolici: John Henry Newman”. Ordinato sacerdote cattolico proprio nella
Cappella dei Re Magi il 30 maggio 1847, festa della Santissima Trinità, egli “fu un precursore del
Concilio Vaticano Secondo”, e anche di fronte alle difficoltà si affidò sempre completamente al Signore,
trascorrendo lunghe ore in preghiera. Anche oggi il cammino ecumenico trova sfide e ostacoli, e “anche
se non possiamo prevedere la piena comunione ecclesiale, crediamo che lo Spirito Santo di Dio ci guida,
un passo dietro l’altro, verso il nostro destino finale dell’unità nell’amore e nella verità”.
L’Arcivescovo Williams, parlando a braccio, ha ringraziato il Cardinale Dias per le sue parole e per
l’opportunità di pregare insieme. Quindi ha ricordato come la Chiesa sia una realtà missionaria fin dai
primi Apostoli, ed ha ribadito l’impegno di diffondere la “Buona Novella” in ogni angolo del mondo. Il
Primate della Comunione Anglicana ha anche ricordato le sfide comuni che cattolici e anglicani sono
chiamati ad affrontare nella missione in Africa, in Asia e in Sud America, “sfide che solo insieme
possiamo superare”. Al termine dei discorsi è stata recitata la preghiera del Padre nostro, quindi il Card.
Dias e l’Arcivescovo Williams hanno concluso l’incontro impartendo la benedizione a tutti i presenti.
(S.L.) (Agenzia Fides 24/11/2006 - Righe 41, parole 585)
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