ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE Certificazione di Qualità UNI EN ISO 9001:2008 “Albert Einstein - Antonio Nebbia” Via Abruzzo, s.n. telefono: 071 7507611 internet: www.einstein-nebbia.gov.it Codice Istituto: ANIS00800X ISTITUTO TECNICO Settore ECONOMICO ● AMMINISTRAZIONE, FINANZA E MARKETING ● TURISMO 60025 LORETO (AN) fax: 071 7507660 email: [email protected] pec: [email protected] Member of the Association of European Hotel and Tourism Schools Codice Fiscale: 80011310424 ISTITUTO PROFESSIONALE Settore SERVIZI ● SERVIZI PER L’ENOGASTRONOMIA E L’OSPITALITA’ ALBERGHIERA ● SERVIZI COMMERCIALI Circolare n. 411G Prot. N. 2816/C27 del 14.03.2016 DOCENTI ALUNNI E FAMIGLIE CLASSI PRIME E SECONDE OGGETTO: 15 MARZO GIORNATA FIOCCHETTO LILLA DISTURBI COMPORTAMENTO ALIMENTARE Si comunica che domani martedì 15 marzo ricorre la quinta giornata nazionale del fiocchetto lilla”, dedicata alla sensibilizzazione e alla prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare. In tutta Italia sono svariate le iniziative organizzate per informare su questi fenomeni e portare alla luce i problemi connessi a quelle che sono vere e proprie patologie, ma che ancora vengono sottovalutate da chi ne soffre, spesso giovani donne, e dalle loro famiglie. Questo istituto intende partecipare nelle classi prime e seconde chiedendo ai docenti della quarta ora, compatibilmente con gli impegni didattici già presi, di leggere l’allegato materiale per poi poter affrontare con gli alunni un dibattito su tali tematiche e sui risvolti ad esse correlate. All’entrata della scuola verrà consegnato agli alunni un nastro/braccialetto lilla come simbolo di partecipazione a tale giornata. Il Dirigente Scolastico Prof. Gabriele Torquati 15 marzo 2016, giornata del fiocchetto lilla contro i Distrurbi del Comportamento Alimentare (DCA) “Quando ho cominciato a mangiare e vomitare mi sentivo euforica, era come aver trovato il modo di rinascere ogni volta che io lo volevo. Questo mi aiutava a liberarmi da tutte le angosce, mi sentivo padrona del mio corpo e della mia mente finalmente purificati e mi ero convinta che quello fosse un modo di vivere come un altro. ……….Oggi vomito il vuoto, non mangio più per riempirlo; quando vomito ho la sensazione di vomitare una placenta vuota.” (Fabiola De Clercq, Tutto il pane del mondo, Bompiani) Fabiola De Clercq è nata a Bruxelles nel 1950, successivamente si è trasferita in Italia. I suoi scritti sono incentrati sulla figura della donna e più precisamente sui disturbi psico-alimentari comuni al sesso femminile (ma presenti anche nel mondo maschile, anche se in modo diverso). Avendo lei stessa sofferto di anoressia nervosa e bulimia dopo la guarigione si è posta l'obbiettivo di aiutare le persone afflitte da questi problemi. Ha anche fondato un'associazione (ABA - Associazione Bulimia e Anoressia) volta ad aiutare le persone malate di anoressia e di bulimia. Nel nostro passato possono essere sepolti avvenimenti che non riusciamo a elaborare, a cui non sappiamo, né forse vogliamo, dare un nome. Allora il corpo si ribella, sprofonda nel disagio, e la persona cade nell'anoressia. Un'esperienza che è toccata anche a Michela Marzano, nata a Roma nel 1970, la giovane filosofa italiana docente in un'università di Parigi, che, dopo tanti saggi incentrati sull'etica, ha voluto affidarla al suo libro più intimo, toccante e coraggioso: “Volevo essere una farfalla” (Mondadori). Di seguito si riporta uno stralcio dell’intervista a Michela Marzano del 30/09/2011. - Come definirebbe l'anoressia: disturbo, malattia? Lei usa spesso la parola sintomo... «L'anoressia non è qualcosa di cui vergognarsi, né frutto di una scelta. È, invece, un sintomo da prendere sul serio, che rinvia a qualcosa di più profondo, che investe il rapporto tra quello che si è e quello che gli altri vorrebbero che noi fossimo. In questo senso, è centrale la relazione fra genitori e bambini… Non è in senso stretto una malattia, ma un sintomo che va ascoltato. Il ruolo del cibo è importante, sì, ma è essenziale ciò che esso nasconde: si usa il corpo perché non si sono reperite le parole per dire ciò che non va. Quando si trovano le parole per dire "io", il problema è già in via di soluzione, perché è originato dallo sforzo di conformarsi alle aspettative altrui, perdendo di vista ciò che si è e si desidera, fino a non accettare i propri limiti. Nasce un senso di onnipotenza, come se si pensasse di poter fare a meno di tutto, degli altri, delle relazioni, e del cibo... L'anoressia è anche un sintomo sociale, la manifestazione dell'idea che vale chi sa controllare il corpo, il linguaggio, i sentimenti... Le persone che soffrono di anoressia sembrano senza fragilità, mentre è inevitabile che ognuno abbia le proprie debolezze”. - Ciclicamente il tema dell'anoressia torna alla ribalta. In generale, come valuta l'approccio sociale e culturale alla questione? «Intanto, l'aspetto culturale è rilevante. Le immagini che utilizziamo indicano un dover-essere, esse stesse sono sintomo della società in cui viviamo. La domanda che dovremmo porci è: perché vengono valorizzate proprio queste immagini? Il magro è modello della persona che controlla i propri istinti e che, attraverso l'autocontrollo, sembra perfetto. Tuttavia l'aspetto culturale non basta, perché ogni storia di anoressia è diversa dalle altre, come non è sufficiente la sola psicanalisi, ad esempio la psicanalisi del vuoto, per la quale le anoressiche sarebbero tutte ragazze "perverse" che vogliono attirare l'attenzione. Certo che domandano attenzione, ma perché stanno male. È necessario un approccio complesso e personalizzato, non esiste una ricetta unica, benché siano rintracciabili alcune costanti: sensibilità estrema al giudizio altrui, bisogno di accontentare gli altri, perfezionismo, il ruolo delle figure adulte, dai genitori ai professori...». - Lei scrive che non sarebbe mai diventata la persona che è senza questa esperienza... «Se non avessi attraversato questa immensa sofferenza, sarei meno sensibile a certi temi, non avrei lo stesso interesse per l'ingiustizia. La questione decisiva è che cosa fare del proprio dolore. La sofferenza in quanto tale non ha senso, però fa parte della vita: dobbiamo trasformarla, fare in modo che da essa possa germogliare qualcosa di buono». - Ha parlato prima di come sia fondamentale trovare le parole per dire il proprio male: quale parola vorrebbe lasciare alle persone che sono ancora alle prese con questa prova? «Da quando ho pubblicato il libro mi hanno scritto in tanti. Alle presentazioni, dico che non bisogna mai smettere di credere che la situazione possa cambiare. Chi sta male si sente in prigione, ma deve convincersi che troverà la porta. Si può impazzire di dolore, ma lavorando su sé stessi, accettando di mettersi in discussione, si trova il bandolo della matassa. Conosco il vostro dolore, ma vi dico che non è ineluttabile. Trovate le parole per dire l'indicibile. A una presentazione, una ragazza è intervenuta per dire che il mio racconto aveva saputo esprimere ciò che lei non aveva mai saputo esprimere e che, in questo modo, la madre, anche lei presente, aveva finalmente potuto ascoltare e capire che cosa stava vivendo. È stato il momento più bello di questa esperienza. Ho incontrato tanta sofferenza, mi è capitato di commuovermi e piangere ascoltando le storie degli altri». Giornata del fiocchetto lilla 15 marzo 2016 Dovere o Volere? Questo è il dilemma. Gioco di volti tra maschere dai confini sbiaditi, Senza traccia, Perimetri inestesi – sospesi… Esserci? Fagocitante vuoto la sola risposta che trovo, Provo a pattuire appartenenza all’Alterità Mi riscopro sopravvivenza sofferta. Ardo Stoppino di candela tela cerata, D’indaco mi nutro. Rido di vita Volo d’Amore. Villa Miralago - Centro Per La Cura Dei Disturbi Del Comportamento Alimentare – Tullia Scollo