Ribaltamento

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B. PROIEZIONI ORTOGONALI
C. ASSONOMETRIA
Ribaltamento
È possibile evidenziare la porzione di piano
interessata con un’operazione di ribaltamento dello stesso su uno dei piani di proiezione. Questo ribaltamento, che fa coincidere la superficie del piano ribaltato con il piano fondamentale, viene messo in opera ese-
guendo una rotazione lungo una delle sue
tracce, utilizzata come asse di rotazione.
Quindi un piano potrà essere ribaltato sul
P.O., P.V. o P.L. usando come asse di rotazione rispettivamente la sua prima, seconda
o terza traccia.
Ribaltamento sul P.V. o sul P.O. di un piano
perpendicolare al P.L. (piano parallelo alla L.T.)
Metodo dell’asse di rotazione
Per eseguire il ribaltamento illustrato in figura l’asse di rotazione
deve essere evidentemente la prima traccia. La porzione di piano
compresa nel primo diedro risulterà, alla fine dell’esercizio, coincidente con il P.O. A ribaltamento avvenuto, la prima, la seconda e la
terza traccia delimitano la porzione di piano ribaltato sul P.O., e si
conservano perpendicolari tra loro come nella posizione spaziale
iniziale. Per ribaltare il piano α sul P.O., procediamo nel modo seguente.
Per ribaltare la superficie di questo piano sul P.O. o sul P.V. basterà
usare come asse di rotazione rispettivamente o t’α o t’’α. La rotazione
si effettua graficamente sulla terza proiezione, utilizzando come
centro per il ribaltamento sul P.O. l’incontro tra t’’’α e la L.T., e come
centro per il ribaltamento sul P.V. l’incontro tra t’’’α e la verticale di
intersezione tra P.V. e P.L.
R Eseguiamo la normale proiezione del piano α disegnando le tracce sui piani fondamentali.
t’ α
(β
)
90°
(t”α)
(t’
α)
fig. 1
P.L
.
t”’α
V.
P.
Per determinare il punto in cui passa la (t’’α)
bisogna centrare nel punto A (fig. 2) di intersezione tra t’α e t’β e riportare la retta di intersezione su t’β (fig. 2).
t”
α
R Con un’operazione analoga eseguiamo il ribaltamento della traccia t’’’
α nella (t’’’
α ).
(t”
α)
t’
α
R Occorre anzitutto disegnare t’β e t’’β, tracce
del piano β perpendicolare al P.O. e passante per la retta di massima pendenza del piano α (che può essere identificato applicando il procedimento studiato).
.
O
P.
P.L
.
P.V.
t”’α
P.L.
t”α
(t’α)
R Disegniamo quindi le tracce T1r e T2r e
centriamo il compasso nell’intersezione tra
la t’β (prima traccia del piano β) e la L.T. con
apertura fino alla T2r e descriviamo un arco
che interseca nel punto (T2r) la (t’’β), perpendicolare alla t’β e che rappresenta il ribaltamento della t’’β sul P.O.
R Congiungendo T1r con (T2r), troviamo
l’angolo γ e la vera grandezza (r) della retta
di intersezione tra il piano α e il piano β.
t’α
)
(t”’ α
t”α
(t” α)
t”’
α
L.T.
.
O
P.
t’α
86
β
.
O
P.
R Eseguiamo la rotazione conducendo una semiretta ortogonale alla t’α uscente dal punto di incontro tra la t’α e la L.T. Otteniamo la
(t’’α) che è il ribaltamento della traccia t’’α.
V.
P.
)
(t” β
V.
P.
t’ β
Ribaltamento sul P.O. di un piano
perpendicolare al P.O. e inclinato rispetto al P.V. e al P.L.
Metodo dell’asse di rotazione
utilizzando come asse di rotazione la sua
prima traccia t’α (fig. 1); ne consegue che
l’altra traccia, la t’’α, è quella che si muove e,
a ribaltamento avvenuto, dovrà giacere sul
P.O.
Per ribaltare il piano α dobbiamo conoscere
l’esatta posizione della (t’’α) sul P.O. e pertanto ci serviamo di un piano ausiliario β
perpendicolare al P.O. e alla t’α, asse di rotazione del ribaltamento. Il piano ausiliario β è
delimitato dalle tracce t’β e t’’β (fig. 1). Il ribaltamento sul P.O. della retta di intersezione
dei piani α e β darà la misura della distanza
tra la t’α e la (t’’α). Per conoscere la vera dimensione della retta di intersezione è sufficiente ribaltare il piano β, su cui la retta giace, sul P.O.
t”β
Ribaltamento sul P.O. di un piano
generico α
Metodo del piano ausiliario passante
per la retta di massima pendenza
Il piano generico α viene ribaltato sul P.O.
Ribaltamento di piani spaziali
Il ribaltamento di un piano dello spazio su
uno dei piani fondamentali di proiezione è
un procedimento che consente di risolvere,
tra gli altri, il problema del ritrovamento delle dimensioni reali di una figura spaziale inclinata.
D. PROSPETTIVA
t”
α
13.
A. COSTRUZIONI DI GEOMETRIA PIANA
P.O.
R Concludiamo la costruzione centrando
il compasso in T1r con apertura uguale a
T1r − (T2r) e tracciando un arco che interseca t’β da cui, congiungendo con il punto
V, intersezione delle tracce di α con la
L.T., otteniamo ( t’’α) che è il ribaltamento ricercato.
Questo metodo di ribaltamento, esaminato
in dettaglio nelle pagine seguenti, è la base
per il procedimento di costruzione delle
proiezioni ortogonali di un poligono in posizione generica.
fig. 2
(t”α)
87
A. COSTRUZIONI DI GEOMETRIA PIANA
E S E R C I T A Z I O N I
B. PROIEZIONI ORTOGONALI
C. ASSONOMETRIA
SS CA HP EE DR E
1. Honeycomb
House
Tavola n. 11
Riprodurre e completare il disegno della manopola, utilizzando i procedimenti suggeriti
e una scala di rappresentazione adeguata,
rilevando le misure necessarie con una
squadretta.
Costruzioni di riferimento: suddivisione
di circonferenze in parti uguali; costruzione
di circonferenza e tangenti.
Procedimento
D. PROSPETTIVA
OV PE ED RE AR TE I V E P E R
R Tracciare gli assi e la circonferenza con ori-
R Rilevare le dimensioni delle razze e trac-
gine nel punto 1, con linea tratto-punto, che
successivamente dovrà essere suddivisa in
sei parti uguali.
R Tracciare la sequenza di angoli di 30° necessari all’individuazione dell’asse di simmetria dello spessore di ciascuna razza.
R Rilevare le dimensioni di R’ e R’’ e riportare
in ciascuna delle sei origini la coppia di archi.
ciare il loro spessore, avendo cura di rispettare la posizione delle tangenti alle circonferenze.
R Tracciare le circonferenze interne aventi
origine nel punto 1.
R Completare il disegno applicando spessori e tipologie di linee adeguate.
Palo Alto, California
L’edificio, progettato da Wright tra il 1935 e
il 1937, è un’abitazione privata.
30°
Procedimento
R Ci proponiamo di evidenziare la matrice
triangolare dell’edificio. La pianta è strutturata su una maglia di rette inclinate di 60° e possiamo quindi considerarla come una composizione di triangoli equilateri. Gli elementi fondamentali sono figure piane ottenute dalla ripetizione del triangolo equilatero; per esempio, l’esagono regolare ottenuto da sei triangoli, il rombo da due, il trapezio isoscele da tre.
l’autore
Frank Lloyd Wright
1867-1959
Conseguita la laurea in ingegneria, lavora
per un certo periodo a Chicago, imparando l’uso di nuove tecniche e di nuovi materiali. Sviluppa ben presto un linguaggio
personale e lo applica nei primi progetti di
abitazioni residenziali, le cosiddette prairie houses, edificate nelle vicinanze di
Chicago. Nell’architettura di Wright l’edificio si fonde con il paesaggio circostante
ed è sempre pensato in relazione alle persone che lo abitano. Non a caso Wright
cura tutti i particolari, dal mobile appositamente progettato alla grande vetrata
che interagisce con l’esterno. Tra le esperienze più significative, la sua permanenza in Giappone per la progettazione dell’Imperial Hotel di Tokyo. Il contatto con
la cultura orientale segna i suoi progetti
del dopoguerra, soprattutto per l’impiego
delle forme circolari.
Prospettiva aerea.
°
30
l
R
1
ll
R
24
Pianta: 1 ingresso; 2 sala da pranzo/salotto;
3 cucina; 4 stanza dei giochi;
5 camera da letto; 6 studio;
7 piscina; 8 porticato.
25
4
PARTE 2
Il disegno dal vero
2. Disegnare dal vero
L’inquadratura
el disegno dal vero, inquadrare significa stabilire, su una superficie bidimensionale, le dimensioni e la struttura della composizione dell'immagine da riprodurre. Osservando un'immagine reale che si desidera copiare, occorre dunque prima di tutto determinare la forma e le
dimensioni che il nostro elaborato dovrà occupare sulla superficie bidimensionale, per esempio su un foglio.
Quest'aspetto del disegno dal vero è definito da due elementi rilevanti: il formato del supporto sul quale dobbiamo realizzare l'elaborato e il tipo d'immagine che desideriamo riprodurre.
Le due componenti, spesso, s'influenzano reciprocamente perché, a seconda delle esigenze,
una può determinare la struttura dell'altra. Se, per esempio, dobbiamo riprodurre un soggetto
reale su un formato prestabilito, l'inquadratura dovrà, in qualche modo, conformarsi al formato;
oppure, in assenza di vincoli, se il soggetto da rappresentare è sviluppato in senso verticale o
orizzontale dovremo riprodurlo su un supporto le cui dimensioni contengano, in proporzione,
l'immagine che vogliamo ottenere.
N
● Quando si disegna dal vero, uno degli errori più comuni è quello di basarsi
esclusivamente su quello che percepisce l'occhio.
Bisogna invece tenere conto che ciò
che si vede è l'elaborazione di diverse
informazioni che provengono dall'e-
sperienza che abbiamo di ciò che stiamo osservando.
Quando disegniamo, per esempio, il
piano di un tavolo con sopra degli oggetti, tendiamo solitamente a rappresentare il piano il più ampio possibile,
perché sappiamo che contiene la su-
perficie della base degli altri oggetti e
perché ne conosciamo la forma.
L'immagine che ne deriverà, tuttavia,
risulterà innaturale, in quanto gli oggetti appariranno sollevati rispetto al
tavolo, dando l'impressione di cadere
verso l'osservatore.
● Un espediente utilizzato, fin dall'antichità, dagli artisti e dai disegnatori è
quello di osservare gli oggetti da rappresentare attraverso un foro praticato
su una mascherina.
In questo modo, costringendo la visione a un solo occhio, si annulla la visione binoculare e si determina, anche,
un punto di vista preciso.
Proviamo a...
● Proviamo a disegnare una composizione attraverso una visione monoculare con l'ausilio di un cartoncino nero, un cartone vegetale, un foglio di acetato
trasparente e una penna vetrografica.
A Incollato il cartoncino su un supporto realizzato
con il cartone vegetale, pratichiamo nel cartoncino
nero un foro (1-2 cm circa) da cui potremo osservare
agevolmente la composizione che intendiamo riprodurre.
B Iincolliamo poi il foglio di acetato su un altro supporto, realizzato sempre con il cartone vegetale,
creando una finestra trasparente.
26
● Un supporto con un formato quadrato costringe, per esempio, a operare alcuni tagli rispetto a un soggetto che riproduce una visione panoramica sviluppata orizzontalmente.
Occorrerà, quindi, cercare d'inquadra-
re quelle parti della veduta che, pur nei
limiti del formato, rendano riconoscibile il soggetto.
Non avendo invece vincoli sul formato
del supporto potremo scegliere liberamente un'inquadratura orizzontale per
rappresentare meglio la visione panoramica che stiamo osservando, oppure
un formato verticale per riprodurre, per
esempio, un edificio sviluppato in altezza.
n altro aspetto rilevante per l'inquadratura è determinato dal taglio compositivo, cioè da
come intendiamo strutturare l'immagine all'interno della cornice che la contiene. Uno stesso soggetto, infatti, può prestarsi a varie composizioni che, nella riproduzione, determinano differenti valori espressivi. A questo proposito, occorre considerare gli aspetti relativi ai formati e al
piano compositivo indagati nel capitolo sulla Superficie: ricordiamo che la disposizione del soggetto secondo le immaginarie linee sottese del quadrato o rettangolo che inscrive l'immagine
determina il carattere più o meno dinamico della composizione.
U
C Infine, collochiamo l'acetato fra il cartoncino nero (su cui abbiamo praticato il foro) e la composizione da riprodurre e, osservando
la composizione dal foro praticato nel cartoncino, utilizzando la
penna vetrografica disegniamo sull'acetato l'immagine che stiamo
osservando, seguendone i contorni.
● L'immagine di una
cattedrale gotica, per
esempio, può esaltare il
suo aspetto imponente
e proteso verso l'alto attraverso un'inquadratura frontale che, riprendendola dal basso, ne
accentua la fuga prospettica verso il cielo.
27
2
1. Territorio e città
La struttura
scatolare è concepita per accogliere
messaggi pubblicitari
e per rinforzare
l’immagine
del manufatto
Il parco urbano
Asta d’acciaio
dipinta
Copertura piana
scatolare
Copertura conica
e trasparente del modulo
Struttura
in acciaio
verniciato
PIANTA DELLA COPERTURA
Arredare la città
Arredare e abbellire la città sono attività che, anche nel passato, sono state
praticate e riconosciute come importanti per la qualità estetica dell’impianto urbano, dei suoi edifici e delle sue
strade .
La sensibilità e la cura verso “la città
bella” si esercitavano, soprattutto, in
tre direzioni: la pavimentazione, variegata nelle forme, nei materiali e nel
disegno; l’intonaco, che ricopriva di
effetti coloristici le mura delle case; le
coperture, con tutta la loro varietà di
soluzioni architettoniche e cromatiche.
Oggi l’arredo urbano è finalizzato al
recupero estetico e funzionale di aree
e superfici cittadine di utilizzazione
pubblica. Viene realizzato con l’installazione di attrezzature, strutture e oggetti che possiedono, solitamente, requisiti di resistenza all’usura, di fruibilità e di impatto estetico .
Rientrano nell’ambito dell’arredo urbano gli interventi di sistemazione del
verde, di illuminazione di piazze e
strade, di organizzazione del traffico e
della viabilità.
Pensilina per la fermata dell’autobus
La pensilina è una struttura che permette
un’agevole sosta per l’attesa dell’autobus,
munita di posti a sedere e di un telefono pubblico. L’illuminazione è stata studiata in modo che la fermata potesse essere facilmente
individuata di notte. Nelle immagini: due visioni prospettiche (a-b); le piante (c-d).
La caratteristica più importante è la modularità dell’intera struttura: possiamo osservare
l’assemblaggio delle coperture che permette
di estendere e ampliare lo spazio sottostante
a seconda delle necessità. La struttura multipla ottenuta mediante il semplice accostamento degli elementi standard potrà essere
integrata con elementi nuovi, quali chioschi
per giornali o bibite.
c
Sedili
b
Pannelli trasparenti
con illuminazione
incorporata
d
Modulo esagonale
informativo
multimediale
Sedili
PIANTA DEL LIVELLO DELLA STRADA
Arredo
di una piazza urbana
Asta luminosa
(per l’identificazione da lontano della
fermata, di notte)
Pubblicità
Blocco esagonale
atto ad accogliere
la pianta della città,
l’orario dell’autobus,
il telefono pubblico ecc.
Piazza Picapietra, Genova. Gli elementi modulari a forma cilindrica rappresentati in questi disegni fanno parte di un
progetto che si pone come obiettivo la rivitalizzazione delle piazze cittadine. Senza modificare
le strutture architettoniche esistenti, mediante
interventi mirati è possibile operare una conversione, trasformando uno
spazio urbano di transito, privo di vitalità sociale, in una vera piazza, intesa come luogo di incontro e di sosta. Celati
dietro un involucro semplice di un corpo geometrico basilare, il cilindro e gli elementi modulari assolvono molteplici
funzioni e si trasformano
con straordinaria versatilità: da totem di identificazione e segnalazione
dei percorsi di accesso,
se si presentano come
volumi chiusi, a chioschi
edicola, bar, sportello
informazioni, strutture
espositive per mostre
d’arte, o semplicemente
servizi igienici.
Progetto d’illuminazione
Un particolare importante nell’arredo urbano
è l’illuminazione. La scelta giusta della tipologia degli elementi illuminanti in base alle
necessità oggettive del luogo (altezza dei
lampioni, potenza luminosa ecc.) e la loro
correlazione formale con il tessuto urbano
circostante giocano un ruolo essenziale nell’aspetto funzionale ed estetico dell’area.
a
28
29
Le Corbusier
e l’abitazione
come «macchina
per abitare»
1
Le Corbusier,
Disegni
del Battistero
di Pisa (1907).
smo, sempre presente in Le Corbusier e nel razionalismo, tra spinte moderniste e innovazione radicale dei materiali da un lato e adesione al mondo
classico dall’altro trova riscontro negli ultimi capitoli del libro, dove si analizzano gli schemi planimetrici dei Fori romani, dei palazzi e delle ville
dell’antichità, ma soprattutto il Partenone, «pura
creazione dello spirito», una «macchina per creare
emozioni» ( p. 28).
«La casa è una macchina per abitare»
Gli inizi Charles-Edouard Jeanneret detto Le
2
Corbusier (La Chaux-de-Fond,1887-Cap Martin,
1965) è certamente l’artista che ha più influenzato
l’architettura del XX secolo.
Studia incisione presso la Scuola di arti applicate
della città natale, ma fondamentali per la sua formazione sono i viaggi in Europa e in Medio Oriente, durante i quali studia da autodidatta l’architettura realizzando numerosi schizzi e disegni .
Lavora negli studi di Hoffmann, Perret e Behrens,
ma soprattutto incontra Tony Garnier, che segna il
giovane artista con il suo rivoluzionario progetto
della Cité industrielle (1901-04, pubblicato nel
1917), sintesi di riforma sociale, moderna tecnologia edilizia e tradizione accademica francese, con
edifici le cui forme sono ridotte a rettangoli e quadrati e i tetti sono usati come giardini. Torna quindi
come insegnante nella sua vecchia scuola: qui progetta già a partire dal 1914 la Maison Dom-Ino
, pensata per una produzione in serie con elementi modulari prefabbricati in cemento armato.
Le Corbusier,
Progetti della
Maison Dom-Ino:
pianta del piano terra
(a sinistra) e sezioni
(sotto).
Le Corbusier, Tracciati regolatori sulla
casa di Ozenfant.
Sopra, Le Corbusier, Progetto
per la Maison Citrohan
(1920-22).
4
Vers une architecture Le Corbusier si trasferisce a Parigi nel 1917, esordendo come pittore e
fondando con il pittore cubista Amédée Ozenfant
e il poeta Paul Dermée la corrente pittorica del
purismo e la rivista d’avanguardia “L’Esprit Nouveau”. Qui sono pubblicati gli articoli poi raccolti
nel libro più rivoluzionario di Le Corbusier (che fu
sempre grande divulgatore delle proprie idee):
Vers une architecture (1923). L’architettura deve
ripartire, secondo l’autore, dall’«estetica dell’ingegnere»: i riferimenti sono il Viadotto di Garabit di
Eiffel (con cui apre il libro, p. 28) da un lato e il
Lingotto di Trucco (con il quale lo chiude, p.
118) dall’altro. Con le Tre avvertenze agli architetti Le Corbusier mette in evidenza gli aspetti più
propri della composizione architettonica: il volume, la superficie, la pianta e soprattutto i “tracciati regolatori” , cioè quell’insieme di regole
geometriche che egli usa sia per analizzare gli
edifici del passato, tentando di capirne le regole
proporzionali, sia per progettare i propri edifici
con lo scopo di realizzare un’armonia compositiva. Le Corbusier, infine, prende in considerazione
l’«estetica delle macchine», di ascendenza futurista, analizzando i piroscafi, gli aereoplani, le automobili, cioè quelle costruzioni che vedono privilegiati gli aspetti tecnici e funzionali rispetto a quelli estetici: anche le case devono essere costruite
in serie, come delle macchine; i nuovi materiali e
le nuove tecniche di costruzione necessariamente
impongono l’abbandono dei vecchi stili. Il duali-
76
3
Le Corbusier, Progetto per un’ipotesi
di aggregazione di Maison Dom-Ino
(1914-15).
5
6
Sotto, Le Corbusier,
Quartiere-giardino a Pessac
(1925).
Nell’ultima parte del libro Le Corbusier ritorna a
uno dei suoi temi più cari: la “casa in serie”. La
Maison Dom-Ino (che nel nome richiama il gioco
con tessere giustapponibili) è il punto di partenza:
su sei dadi sopra il suolo si elevavano le ossature
e le lastre dei solai in cemento armato; i muri e i
tramezzi non sono altro che riempimenti leggeri
che possono essere fatti senza l’ausilio di mano
d’opera specializzata. Finestre, porte, armadi a
muro sono di serie.
A partire dal 1921 Le Corbusier progetta la Maison Citrohan (dal nome dell’industria automobilistica Citroën), una casa concepita per essere
prodotta in serie come un’automobile. Dice Le
Corbusier: «dal momento che il prezzo delle costruzioni è quadruplicato, bisogna ridurre della
metà le vecchie pretese architettoniche e almeno
della metà il cubo delle case [...]. La bellezza? sarà
raggiunta attraverso la proporzione». Perciò «non
bisogna vergognarsi di abitare in una casa senza il
tetto aguzzo, di possedere muri lisci come fogli di
lamiera, finestre simili ai telai delle fabbriche. Ma
ciò di cui si può essere fieri è di avere una casa
pratica come una macchina per scrivere». Nella
Maison Citrohan, sviluppata su due livelli, viene
utilizzato per la prima volta il soggiorno a doppia
altezza su metà della pianta, dividendo funzionalmente la zona giorno a piano terra dalla zona notte
al piano superiore. Una versione di questo modello
di abitazione viene usato nel 1925 da Le Corbusier
per costruire un Quartiere-giardino a Pessac
, presso Bordeaux, costituito da 130 abitazioni,
viene realizzato in meno di un anno usando un sistema di standardizzazione degli elementi. Qui Le
Corbusier sperimentò per la prima volta l’integrazione del colore con l’architettura per ottenere
“spazio”: la terra di Siena bruciata in alcune facciate, il blu oltremare «per allontanare le linee di altre case», il verde pallido per confondere «certe sezioni con il fogliame».
Une ville contemporaine Le riflessioni di Le
Corbusier sulla città contemporanea lo portano a
progettare una città per tre milioni di abitanti, sull’esempio delle città verticali americane e delle visioni utopiche di Bruno Taut. Il progetto viene
pubblicato nel 1922 con il titolo Une ville contemporaine ( p. 148). Questi studi sulla “città contemporanea” lo porteranno a sviluppare da un lato
il tema dell’abitazione razionale, di cui la Villa Savoye a Poissy ( p. 78) rappresenta l’esempio ineguagliato, dall’altro le numerose proposte urbanistiche che influenzeranno gli architetti radicali ancora negli anni sessanta: il Plan Voisin ( p. 148),
la Ville radieuse ( p. 148), l’Unité d’habitation di
Marsiglia ( p. 152).
77
SEZIONE 2.
Il progetto del moderno
CAPITOLO 3.
L’architettura dei maestri
Lezione 2
Le eredità del passato
L’ACROPOLI
L’acropoli di Atene è abitata già in
epoca preistoric. È tuttavia in epoca micenea che, per la sua conformazione, il sito si
dimostra particolarmente adatto alla costruzione di un palazzo fortificato: le alte pareti rocciose a strapiombo costituiscono una
muraglia naturale. La fine dell’età micenea
dà inizio al suo utilizzo come luogo di culto
dedicato prevalentemente ad Atena.
La prima fase dell’acropoli, che comprende un Partenone arcaico e un tempio
ad Atena Polias, termina con la distruzione
operata dai persiani nel 480 a.C.: i frammenti di questi edifici costituiscono la cosiddetta “colmata persiana”, un terrapieno formato dai resti di almeno nove edifici e da
sculture che – ritrovate tra il 1886 e 1887
– costituiscono una preziosa documentazione delle prime fasi dell’arte greca.
La prima opera costruita dopo la distruzione del 480 a.C. è la potente cinta muraria, eretta durante il governo di Cimone nei
pochi anni che è al potere (460-455) con il
reimpiego anche di resti di edifici precedenti. Segue il Partenone (448-432 a.C.)
che domina l’acropoli, quindi i Propilei
(437-433 a.C.), i quali, superando il dislivello occidentale della collina, concludono
il percorso della Via Sacra con un ingresso
monumentale su cui si affaccia il preziosissimo tempietto ionico di Atena Nike (430420 a.C.) attribuito a Kallicrates. Vengono
poi edificati il nuovo tempio di Atena Polias
e dell’Eretteo, affiancato dalla loggetta
delle Cariatidi, anch’esso attribuito a
Kallicrates, che presenta quattro colonne su
un fronte e sei sull’altro.
LA STRUTTURA DEL PARTENONE
Il Partenone viene eretto sull’acropoli di
Atene fra il 448 e il 432 a.C. sotto il governo
democratico di Pericle. La supervisione viene
affidata a Fidia con il concorso dell’architetto
Ictino (e probabilmente anche di Kallicrates).
L’edificio custodiva al suo interno la statua
crisoelefantina (cioè di oro e avorio) di
Athena Parthenos (“vergine”) alta 26 braccia
(11 m) e opera di Fidia.
Il tempio è costruito in marmo pentelico
con 17 colonne sui fianchi e otto sulle due
fronti di ordine dorico. Contiene al suo interno
la cella (naos) divisa in due parti: quella più
piccola ospitava la statua crisoelefantina, l’altra probabilmente conteneva il tesoro di
Athena.
Il tempio si erge su un basamento (stilobate) di 30,88 x 69,60 m, più proporzionato,
quindi, rispetto ai precedenti templi arcaici,
82
SEZIONE 2.
Il progetto del moderno
Il Partenone
Sopra, un dettaglio della trabeazione
del Partenone.
Sotto, pianta dell’acropoli:
1. tempio di Atena Nike; 2. Propilei;
3. Eretteo; 4. tempio di Atena; 5. Partenone.
Colonnato del peristilio con le correzioni ottiche
per ovviare all’inclinazione delle colonne.
Il Partenone
in un’immagine
dei nostri giorni (sopra)
e in una ricostruzione
ottocentesca (a destra).
In basso a destra,
il tempio di Atena
Nike.
maggiormente allungati. Tutto il progetto del
Partenone risulta impostato sulla base di sottili
e raffinati calcoli. Vitruvio sostiene che Ictino
aveva scritto un trattato sul Partenone, dove
veniva formalizzato il rapporto di 9:4 (un
rapporto che sappiamo essere molto simile a
quella della sezione aurea, p. 160)) che
regola tutte le principali dimensioni del tempio: del basamento, della larghezza e dell’altezza, dell’interasse delle colonne rispetto al
loro diametro.
LE CORREZIONI OTTICHE
Altrettanto raffinati sono gli accorgimenti
e le correzioni ottiche che vengono realizzati
per eliminare ogni rigidità e deformazione
visiva: dalla curvatura delle linee orizzontali
(per correggere quella dell’occhio), all’inclinazione delle colonne verso l’interno (che altrimenti sarebbero state percepite come inclinate
Le eredità del passato
in avanti), all’ingrossamento delle colonne
angolari (per diminuire l’effetto di contrazione
dovuto alla maggiore luminosità), sino a quelli
necessari per una disposizione armoniosa
dell’edificio (come il rigonfiamento che si
trova a circa 1/3 dell’altezza dalla base delle
colonne). Tale rapporto dinamico con la percezione visiva era accentuato ed esaltato
dalla vivace colorazione policroma degli elementi architettonici (metope, triglifi, cornici
ecc.) nonché dalla decorazione scultorea,
opera di Fidia, che soprattutto nei timpani,
forma un unicum inseparabile con l’architettura stessa.
LE CORBUSIER E IL PARTENONE
L’acropoli e il Partenone restano uno dei
riferimenti principali per tutta l’architettura
razionalista.
Le Corbusier soggiorna nel 1911 per tre
settimane in Grecia, sul Monte Athos. Al
Partenone e all’acropoli dedica un intero
capitolo del suo libro-manifesto Vers une
architecture, dal titolo: “Architettura. Pura
creazione dello spirito”, mettendo in stretta
relazione le riduzioni operate nell’architettura
razionale con lo stile dorico”, in cui «l’uomo
per la nobiltà del suo modo di vedere e il
sacrificio completo dell’accidentale, ha rag-
giunto la ragione superiore dello spirito: l’austerità».
Prendendo come riferimento ciò che resta
del Partenone, più che il suo stato originario,
Le Corbusier dichiara inoltre che l’emozione
di trovarsi davanti al tempio nasce dal “sacrificio” che l’artefice compie nel cercare di raggiungere la dimensione più pura e più economica, pulendo le superfici sino al momento in
cui non c’è più nulla da togliere.
La precisa unità di intenzioni e la concordanza con il luogo genera un «sistema plastico che discende i suoi effetti su ogni parte
della composizione». In realtà per Le
Corbusier il vero autore del Partenone è Fidia:
solo uno scultore può plasmare una «macchina per creare emozioni», come egli definisce
il Partenone, dove l’architettura diventa «il
gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi nella luce».
Le Corbusier, Il Partenone visto attraverso
i Propilei, disegno eseguito durante il viaggio
in Oriente nel 1911.
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Frank Lloyd Wright
Casa Kaufmann
(Fallingwater)
Setti e pilastri in pietra sui quali sono collocati i “vassoi”corrispondenti ai piani orizzontali (solai)
Collegamento con
l’ala degli ospiti
■ Bear Run, Pennsylvania,1936
Fallingwater, la “Casa sulla cascata”, è l’opera più nota
di Wright e anche la più significativa dell’architettura organica, con il libero protendersi delle terrazze intorno al
nucleo centrale e lo schema a croce che genera imprevedibili incastri di volumi e piani a diversi livelli nello spazio. Fallingwater è inoltre l’esito della continua sperimentazione di Wright sulle proprietà strutturali del cemento armato: a parecchi decenni dalla sua costruzione
l’edificio è ancora perfettamente integro.
L
a Casa sulla cascata è per certi versi agli antipodi della Ville
Savoye di Le Corbusier, sebbene si configuri come opera
ugualmente paradigmatica all’interno della poetica del Movimento
moderno, e del pensiero di Wright in particolare, per il rapporto che
genera tra l’architettura e il luogo dove essa si colloca.
La Casa sulla cascata è anche l’esempio della positiva collaborazione
di Wright con la coraggiosa committenza della famiglia Kaufmann.
Tramite fra la famiglia proprietaria dei grandi Magazzini Kaufmann a
Pittsburgh e Wright è il figlio Edgar Kaufmann jr., che lavora nella comunità della Casa-studio Taliesin per un anno: l’entusiasmo con cui il giovane parla del maestro attira l’attenzione dei
suoi genitori, che organizzano – dopo quella al Rockfeller Centre
di New York – la mostra dei progetti di Wright per Broadacre
City presso i Magazzini Pittsburgh e propongono nel 1936 all’architetto di occuparsi del progetto della loro casa a Bear Run.
Bear Run è una proprietà di circa 640 ettari in Pennsylvania,
un tempo posseduta da George Washington e destinata inizialmente alle vacanze estive dei dipendenti della ditta Kaufmann. La distanza eccessiva dalla città e la mancanza di strade agevoli fanno fallire il progetto e i Kaufmann vi costruiscono
quindi un cottage in legno, innamorandosi del posto. «Selvaggio,
animato da un torrente la cui sorgente si trovava nella proprietà
stessa [...] erano specialmente affascinanti le cascate, per fare il bagno, prendere il sole, distendersi psicologicamente»: così Kaufmann
jr. descrive il luogo dove sorgerà la casa.
1
Il sito
Come si vede dall’immagine a destra, il sito
scelto da Wright è esattamente sopra la cascata. La
casa, come mostra anche il disegno sopra, viene incastrata sulla formazione rocciosa al limite della
scarpata. Da qui si protende con gli impressionanti
sbalzi delle terrazze verso l’altra sponda del torrente,
aggirando e inglobando alberi e puntellandosi, come
un equilibrista, sulle rocce del letto del piccolo corso
d’acqua.
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Parapetti in cemento armato di irrigidimento dei piani orizzontali (solai)
Vetrate poste a delimitazione fra interno ed
esterno in virtù dell’uso del vetro. Il confine
tra interno ed esterno è labile, grazie anche
alla decisa proiezione dei piani orizzontali
verso la natura circostante
Piani orizzontali (solai) concepiti come
“Vassoi” interposti fra gli elementi verticali
in pietra (setti e pilastri)
SEZIONE 2.
Il progetto del moderno
CAPITOLO 5.
L’architettura dei maestri
Analisi d’opera
SEZIONE 2.
Il progetto del moderno
CAPITOLO 5.
L’architettura dei maestri
Analisi d’opera
Frank Lloyd Wright
Casa Kaufmann
(Fallingwater)
2
La struttura
Tutta la casa è sorretta dai quattro pilastri
centrali che definiscono la campitura del soggiorno
e dai muri portanti in pietra, perpendicolari al costone al quale sono addossati. Come si vede nell’immagine a destra, Wright concepì l’edificio come un serie di vassoi orizzontali, semplicemente distanziati,
l’uno rispetto all’altro, da brevi massi di pietra. Sotto,
due disegni preparatori dell’autore.
4
Il soggiorno
Dal ridottissimo vano d’entrata si entra nel vasto e luminoso soggiorno, al solaio del
quale è appesa la scala che scende al livello del torrente, sfiorandolo senza toccarlo (come
si vede nell’immagine 6). È questo il livello principale della casa, con la grande terrazza
che domina la cascata, in parte chiusa da una vetrata incorniciata da infissi in ferro dipinti
di rosso, come tutti quelli presenti nella casa. I livelli superiori si restringono progressivamente: alsecondo piano si trova la zona notte, mentre il terzo livello è occupato da una sola camera da letto. Ciascun livello contiene comunque una terrazza orientata secondo direttrici differenti (vedi immagine 2).
5
Il camino
Anche in questo caso, come
nelle prairie houses, il camino è il
punto focale della casa: Wright fissa
la massa del camino direttamente
su un grosso macigno; questo acquista anche una funzione strutturale centrale, e a esso vengono ancorate alcune travi che sostengono
le terrazze.
3
Il ponticello d’accesso
Un ponticello, scavalcando
il torrente, collega la strada di accesso con il percorso che conduce all’ingresso sul retro dell’abitazione, incuneato tra la casa e la
parete rocciosa.
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6
I particolari e il colore
I muri sono costituiti da
strati di pietra, che talvolta sporgono dalla superficie. I bordi delle
terrazze e dei parapetti, squadrati
nei primi progetti, diventano con
l’avanzare dei lavori curvi, in contrasto con la struttura scabra dei
muri e le superfici lisce dei parapetti stessi: questo particolare diventerà ricorrente nei successivi
progetti di Wright.
Terminato l’edificio si pensa alla colorazione delle strutture
in cemento: dopo avere scartato
l’oro – proposto da Wright – viene
preferito un colore ocra-albicocca
che rende calde e luminose le superfici.
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