UTE di ERBA
Anno accademico 2015-16
ATTUALITA’
SCONTRO FRA SUNNITI E SCIITI IN MEDIO ORIENTE
L’USO DELLA RELIGIONE PER IL POTERE STRATEGICO
Non è da oggi che Sunniti e Sciiti si scontrano e quando questo succede si danno ovviamente delle
motivazioni di ordine religioso, perché in effetti le due anime dell’Islamismo non hanno mai avuto nel
corso dei secoli una buona convivenza. Ma se in certi momenti emergono e con particolare virulenza,
allora ci devono essere ragioni strategiche più importanti.
Se già nel mondo arabo ci sono queste divisioni che sono la ragione stessa per la quale Maometto ha
ideato la sua rivoluzione religiosa, ancora di più si possono capire queste ostilità fra popolazioni che di
fatto non si possono assimilare tutte al mondo arabo, già al suo interno diviso e mai capace di costruire
una entità nazionale. C’è in effetti da chiedersi se mai sia possibile parlare di una nazione araba, prima
ancora di poter realizzare uno Stato arabo: la stessa penisola arabica si presenta oggi con più entità
statuali, tra cui dobbiamo considerare gli Emirati arabi uniti, che sembrano più una sorta di
federazione fra sceicchi diversi. Tutti i tentativi fatti di costituire una Repubblica araba unita, sono
naufragati, sia perché non esisteva neppure una contiguità territoriale, sia perché la storia, la cukltura,
l’amalgama anche religiosa di quei territori impedivano il realizzarsi di un simile sogno, che rimane
utopia. L’unico momento nel quale si poteva parlare di un solo territorio islamico era nel periodo
imperiale ottomano, in cui però la massima autorità politica e religiosa era di fatto estranea al mondo
arabo, essendo di origine turca.
Ancora oggi la Turchia manifesta velleità imperialistiche nella zona, che evidentemente, sia con la
caduta dei regimi dittatoriali, sia con lo scenario internazionale in movimento, sta rivelando un vuoto
da colmare.
Ed è un po’ questa la ragione per la quale abbiamo come delle prove di assestamento in uno scenario
terremotato dai cambiamenti in corso sia nell’ambito politico internazionale sia in quello di natura
economico.
Nel Medio Oriente la situazione è in continua ebollizione dalla caduta dell’Impero turco, che è venuto
meno con la conclusione della prima guerra mondiale: da allora ci sono assestamenti che dipendono
da chi vuole intervenire a riempire il vuoto.
Francia e Inghilterra hanno di fatto gestito, piuttosto male, il mandato della Società delle Nazioni,
agendo di fatto con lo spirito coloniale.
Dopo la II guerra mondiale gli USA hanno di fatto sostituito le potenze europee, avendo però come
antagonista l’URSS che cercava un suo inserimento mediante le rivoluzioni “socialiste” arabe, che
rovesciavano le monarchie volute dal sistema franco-britannico. Un altro elemento di “disturbo” è
stata la presenza di Israele, che viene visto come una presenza del mondo occidentale, sia perché gli
Ebrei presenti provengono in gran parte dall’Europa sconvolta dal nazismo, sia perché il sistema di
governo messo in campo ha le stese connotazioni del sistema occidentale.
L’altro elemento destabilizzante nel territorio è l’Iran, paese mussulmano, ma non arabo e comunque
sempre desideroso di svolgere nell’area una politica di potenza e di potenza imperialista, secondo la
sua vocazione storica.
Ebrei e Persiani sono sempre stati nel corso della storia popoli e culture non facilmente assimilabili: ne
sanno qualcosa i Romani che qui non hanno potuto realizzare lo schema adottato in altre parti per
esercitare il proprio potere imperiale.
La rivoluzione islamica avvenuta in Iran ha creato una repubblica islamica dove potere religioso e
politico coincidono, secondo i dettami coranici. In questo modo gli Sciiti che erano e sono minoranza
numerica rispetto alla maggioranza sunnita, hanno trovato finalmente la possibilità di esprimersi
anche sotto il profilo politico e sono divenuti un punto di riferimento per tutte le minoranze sciite degli
altri Paesi limitrofi, che sono di fatto arabi.
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In effetti abbiamo avuto subito una guerre tra Iran e Iraq, dovuta principalmente al fatto che questi
stati sono limitrofi e che in Iraq esisteva ed esiste tuttora una forte minoranza sciita, la quale è in
questo momento al potere, dopo la caduta di Saddam Hussein, contrastata dai sunniti che non solo
fanno attentati alle moschee sciite, ma vanno ad ingrossare le fila dei miliziani antagonisti del califfato
dell’ISIS, che rivendica la sua appartenenza al sistema sunnita e non fa mistero di voler distruggere
fisicamente tutti coloro che sono sciiti, considerati peggiori degli stessi infedeli.
Se in precedenza i vari emiri del golfo si muovevano all’ombra della protezione USA (legati al golfo per
questioni di ordine economico e strategico), e lo facevano contro l’URSS ostile per il suo ateismo ad
ogni forma religiosa, ora, con la caduta dell’URSS, gli USA non sono più considerati necessari, anche
perché rappresentano un sistema laicista e areligioso incompatibile con il sistema religioso islamico.
Le rivoluzioni della cosiddetta primavera araba, che evidentemente mettono in discussione i sistemi
monarchici e dittatoriali per una visione “democratica” della società, hanno creato non pochi problemi
per un sistema che appare evidentemente in evoluzione, così come lo è il sistema iraniano in cui il
governo “clericale” mal si configura con le istanze soprattutto giovanili di modernità.
Poiché il mondo occidentale nel suo insieme appare più propenso alle richieste della primavera araba,
l’apparato di potere soprattutto religioso cerca di contrastare queste rivoluzioni; nello stesso tempo le
interferenze occidentali in alcuni Paesi, come l’Iraq e la Libia, evidentemente per la questione
petrolifera, fanno intendere che il mondo occidentale non è più così propenso a sostenere gli emiri e i
regimi arabi. Lo stesso avvicinamento degli USA all’Iran per le questioni nucleari deve aver suscitato
non poche reazioni critiche all’interno del governo saudita, che si sente minacciato dal regime degli
ayatollah.
Evidentemente il quadro politico strategico in Medio Oriente è davvero in evoluzione e le diverse
rivoluzioni in corso, sia nella penisola arabica, sia in Siria, sia nella vicina Africa sahariana, richiedono
mosse strategiche per i nuovi equilibri da creare.
Il Paese più preoccupato è ovviamente l’Arabia Saudita, che ha forse la sensazione di essere come
assediata all’interno e all’esterno: le esecuzioni di persone della resistenza e della opposizione politica
interna rientra in questa ottica e averlo fatto ora lascia intendere che il governo è fortemente
preoccupato per l’evoluzione delle strategie in corso nel Medio Oriente. Nel suo contenzioso con l’Iran
l’Arabia ha di fatto compattato attorno a sé il mondo sunnita non solo della penisola, ma anche di
alcuni Paesi africani (Somalia, Gibuti e Sudan).
Certamente l’Arabia Saudita sta tentando una prova di forza con il vero ostacolo delle sue mire in zona
e cioè il Paese sciita che difende tutti gli Sciiti, già abituati al “martirio”, essendo essa una caratteristica
del proprio credo religioso. L’Arabia non ha la forza numerica dei suoi abitanti e neppure gli strumenti
di cui l’Iran si sta dotando e proprio per questo il governo saudita cerca tutti i mezzi, compresi quelli
del terrorismo, da cui sembrano provenire i capi delle varie cellule integraliste operanti in zona. Al
Qaeda ed ora ISIS sono nate e si avvalgono di forze provenienti dalla penisola arabica e certamente
hanno mezzi e risorse che vengono loro forniti dai ricchi Paesi del golfo. Questo doppio gioco alla lunga
potrà creare non pochi problemi alla monarchia saudita che già avverte molti rischi all’interno stesso
del Paese, dove non mancano i segnali di un bisogno di cambiamento e di modernizzazione del
sistema, come si nota nell’emancipazione femminile.
Non di meno i problemi non mancano neppure all’Iran, nel quale il mondo giovanile appare
insofferente nei confronti di un sistema retrivo come quello religioso. Se ogni tanto si scatenano forze
di piazza, ciò dipende dalla necessità per il sistema di avere sotto controllo la società stessa che molto
di più del mondo arabo, appare aperta alle istanze della modernità.
Lo scontro è aperto e ne fanno le spese soprattutto i Paesi più esposti allo scontro fra sunniti e sciiti,
come la Siria, l’Iraq, lo Yemen, il Libano.
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I DUE MOVIMENTI DELL’ISLAMISMO
Sunnismo
Il sunnismo è la corrente maggioritaria dell'Islam, comprendendo circa il 90% dell'intero mondo islamico. Essa
riconosce la validità della Sunna (consuetudine) e si ritiene erede della giusta interpretazione del Corano.
Storia
Il quarto califfo Ali ibn Abi Talib, sospettato da alcuni di essere il mandante dell'uccisione di Uthman, il terzo califfo, si
scontrò nel 656 con Aisha, moglie del Profeta Maometto, e sconfisse il movimento di opposizione da lei organizzato
nella battaglia del Cammello. Poi Alì affrontò Muawiya, governatore della Siria e capoclan degli Omayyadi a cui
apparteneva il califfo assassinato: gli eserciti dei due avversari si scontrano nel 657 nella piana di Siffin. Le sorti di
Muawiya sembravano ormai compromesse, quando uno dei suoi uomini architettò un'astuzia che capovolse le sorti
della battaglia. Muawiya chiese un "arbitraggio" e Alì accettò, scatenando tra i suoi sostenitori due reazioni opposte.
Alcuni lo accusarono di debolezza e lasciarono i ranghi: sono "coloro che sono usciti", i kharigiti. Gli altri sostennero Alì
e presero il nome di sciiti. I seguaci di Muawiya assunsero il nome di sunniti ("quelli della Sunna").
Caratteristiche
Nato buon ultimo nella discussione teologica islamica, il Sunnismo si differenzia essenzialmente dallo Sciismo
(organizzatosi come dottrina prima del Sunnismo) per il suo netto rifiuto di riconoscere la pretesa degli Sciiti che la
guida della Comunità islamica (Umma) dovesse essere riservata alla discendenza del profeta Maometto attraverso sua
figlia Fāṭima bt. Muhammad e suo cugino ʿAlī ibn Abī Ṭālib. Al contrario il sunnismo è per un'elezione da una ristretta
cerchia della guida della comunità (che una volta era il califfo e oggi potrebbe essere il segretario generale della
Organizzazione della cooperazione islamica).
La questione della guida
Secondo il Sunnismo, alla guida politica e spirituale (non strettamente religiosa però) della Comunità poteva accedere
qualunque musulmano pubere, di buona moralità, di sufficiente dottrina e sano di corpo e di mente. Il fatto di essere
Meccano o, almeno, Arabo, era un elemento preferenziale non essenziale. Sotto questo profilo il Sunnismo respingeva
quindi decisamente la pretesa dei kharigiti che la guida della società islamica fosse riservata al migliore dei credenti:
qualità difficile da individuare e ancor più difficile da mantenere, perché un semplice peccato, anche non grave,
avrebbe fatto perdere tale qualità all'Imam ("guida", ma intesa qui come sinonimo di califfo) e lo avrebbe fatto
decadere dal suo supremo ufficio.
Le differenze politiche furono mascherate dalla discussione teologica riguardante chi potesse essere qualificato
musulmano e la natura del peccato, se esso fosse o meno in grado di far perdere la qualifica di credente. Il riferimento
tradizionale dei sunniti in materia di califfato è l'esempio dei "califfi ben guidati", cioè i primi quattro dopo Maometto
(Abu Bakr, Omar, Othman e Ali). Da notare che tutti e quattro furono eletti (da una ristretta cerchia di notabili) e
quindi il Sunnismo avrebbe in teoria, se non in pratica, una predilezione per la democrazia (vedi democrazia islamica).
Ma cosa sta succedendo esattamente tra sunniti e sciiti? Chi sono e dove ha origine il loro conflitto?
I musulmani si dividono in due principali rami: sunniti e sciiti. I sunniti costituiscono tra l'87 e il 90 per cento della
popolazione complessiva di musulmani nel mondo. Gli sciiti costituiscono il restante della popolazione musulmana: tra
il 10 e il 13 per cento.
I membri delle due scuole di pensiero hanno coesistito per centinaia di anni condividendo i princìpi fondamentali
dell'Islam, spesso chiamati “i cinque pilastri”:
- Shahadatein: l'accettazione di un unico Dio e di Maometto come suo ultimo profeta;
- Salah: le cinque preghiere quotidiane obbligatorie;
- Zakah: la donazione del 2.5 per cento dello stipendio annuale ai poveri;
- Siam: il digiuno nel mese di ramadan;
- Hajj: il pellegrinaggio a La Mecca da fare almeno una volta nella vita (obbligatorio per tutti quelli che sono in grado di
affrontarlo).
Se questi princìpi sono pressoché identici, quali sono le differenze tra sciiti e sunniti? Riguardano i rituali, la legge, la
teologia e il modo di organizzare la società.
Il significato dei termini sunnita e sciita
- Il termine sunnita deriva dall'arabo Ahl al-Sunnah che significa “il popolo delle tradizioni [di Maometto]”. I sunniti
ritengono di essere la scuola di pensiero più ortodossa e tradizionalista dell'Islam.
- Il termine sciita deriva dall'arabo Shi'atu Ali, ovvero “sostenitori [politici] di Ali”, genero di Maometto.
La scissione
Subito dopo la morte del profeta Maometto nel 632, i musulmani si divisero in due rami: il primo, i futuri sunniti,
sosteneva che il nuovo leader della comunità musulmana, ovvero il legittimo califfo, fosse Abu Bakr, compagno di
Maometto e importante studioso islamico.
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Il secondo ramo, i futuri sciiti, sosteneva che diventare califfo fosse invece un diritto riservato ai discendenti di
Maometto e che quindi spettasse a Ali ibn Abi Talib, il genero del profeta, dal momento che Maometto non aveva figli
maschi.
Molte scuole di pensiero sunnite ritengono che gli sciiti siano i peggiori nemici dell'Islam. A differenza degli ebrei e dei
cristiani che sono considerati più semplicemente miscredenti, gli sciiti sono spesso visti come eretici e vengono
accusati di venerare il loro Imam Ali e i suoi discendenti.
Qual è la differenza tra imam e califfo
Nell'Islam sunnita il califfo è il leader dell'intera ummah, comunità musulmana, ed è una figura politica, mentre l'imam
è semplicemente una figura religiosa che guida la preghiera in moschea.
Nell'Islam sciita invece la parola imam è anche sostituita a califfo, e i dodici imam riconosciuti ufficialmente dagli sciiti,
tutti appartenenti alla famiglia del profeta Maometto, sono da loro considerati come i leader spirituali, religiosi e
politici della ummah.
Distribuzione geografica
La maggior parte degli sciiti - tra il 68 e l'80 per cento - vive in quattro Paesi: Iran, Pakistan, India e Iraq. L'Iran da solo
ne ospita quasi 70 milioni, circa il 40 per cento della popolazione totale degli sciiti nel mondo.
Secondo il Pew Research Center, i Paesi a maggioranza musulmana sono 49, di cui Iran, Iraq, Azerbaijan e Bahrain
sono gli unici a maggioranza sciita, e il Libano l'unico a non avere una netta maggioranza tra le due scuole di pensiero.
Quando è cominciata ad aumentare la violenza settaria
Nei Paesi a maggioranza sunnita gli sciiti appartengono spesso alle classi sociali più basse e vengono frequentemente
perseguitati. Ciò ha aumentato il loro senso di oppressione, che ha radici profonde nella storia.
Undici dei dodici imam riconosciuti ufficialmente dagli sciiti sono infatti stati assassinati per mano dei regimi sunniti al
potere. Anche per questo, gli sciiti si sono fatti notare sempre meno all'interno della società, vivendo talvolta anche
nell'anonimato, almeno fino alla rivoluzione iraniana del 1979 che li ha portati al potere in Iran.
Da lì, la loro voglia di mettere fine alle persecuzioni e di affermarsi politicamente anche negli altri Paesi islamici li ha
spinti a riorganizzarsi socialmente formando partiti e gruppi militanti.
L'impatto della violenza settaria su alcuni Paesi islamici
ARABIA SAUDITA
Il governo dell'Arabia Saudita è composto principalmente da sunniti e la stessa monarchia al potere appartiene al
ramo sunnita. L'Arabia Saudita è in costante competizione con l'Iran sciita, che teme potrebbe creare disordini
all'interno delle comunità sciite che vivono nei Paesi del Golfo: sia l'Iran che l'Arabia Saudita aspirano infatti a
diventare la principale potenza nella regione.
BAHREIN
La maggioranza della popolazione del Bahrein è sciita. Tuttavia al potere vi è una monarchia sunnita. Ispirati dalla
primavera araba, nel 2011 gli sciiti hanno cominciato a manifestare per i loro diritti. Il governo del Bahrein e i suoi
alleati, tra cui l'Arabia Saudita, hanno represso con violenza le proteste, uccidendo centinaia di civili.
IRAQ
Per molto tempo, la maggioranza sciita del Paese è stata oppressa dal regime sunnita in Iraq, dove si trovano la
maggior parte dei luoghi sacri per i musulmani sciiti. Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003, sono
saliti al potere gli sciiti e hanno cominciato a prendere di mira la comunità sunnita, torturata e perseguitata con
squadroni della morte. In risposta alla crescente violenza nei loro confronti, i sunniti hanno organizzato diversi attacchi
suicidi e attentati. La guerra civile non ha fatto che esasperare gli atteggiamenti nazionalistici degli sciiti al potere e ha
in gran parte contribuito al rafforzamento del gruppo militante sunnita dell'Isis.
IRAN
Per l'Iran la cosa più importante è salvaguardare i suoi interessi regionali. Dopo la rivoluzione iraniana del 1979 che ha
portato gli sciiti al potere, l'Iran ha cominciato a finanziare e incoraggiare le rivolte sciite nella regione orientale
dell'Arabia Saudita, ricca di riserve di petrolio. Il governo iraniano sostiene anche il governo alauita (un ramo sciita) di
Assad in Siria, che fa da ponte con il Libano, permettendo di continuare a finanziare le attività del gruppo militante
sciita degli Hezbollah.
LIBANO
Il Libano è sempre stato abbastanza stabile, vista l'assenza di una netta maggioranza sciita o sunnita all'interno del
Paese. Il potere è distribuito ugualmente: il presidente del governo libanese deve essere un cristiano, il primo ministro
un sunnita e il portavoce del parlamento uno sciita. I conflitti si concentrano principalmente nel nord del Paese, ai
confini con la Siria, dove il gruppo militante sciita degli Hezbollah sostiene il governo di Assad.
PAKISTAN
Soltanto il 10-15 per cento della popolazione musulmana del Pakistan è sciita e non ha alcuna influenza a livello
politico. Per questo motivo gli sciiti del Paese sono spesso vittime di discriminazioni e attentati principalmente
condotti dai due gruppi militanti sunniti alleati fra loro: Lashkar-e-Jhangvi e i Tehreek-e-Taliban Pakistan.
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SIRIA
Il presidente al potere Bashar al-Assad appartiene alla minoranza degli alauiti (un ramo sciita). Le proteste contro il
suo governo sono cominciate nel marzo del 2011 e sono state represse con la violenza. La guerra civile, tutt'oggi in
corso, ha in parte contribuito a esasperare i sentimenti di odio e rancore tra sciiti e sunniti all'interno del Paese.
YEMEN
I ribelli houthi, presenti principalmente nel nord dello Yemen, sono sciiti e rappresentano circa un terzo della
popolazione totale del Paese. Gli houthi sono riusciti a costringere alle dimissioni il presidente Hadi, riconosciuto dalla
comunità internazionale, e hanno così preso il controllo, nonostante la maggioranza di tribù sunnite nel sud del Paese
non li riconosca. Una coalizione di Paesi arabi sotto la guida dell'Arabia Saudita sostiene l'ex presidente Hadi contro i
ribelli houthi, che sono pro-Iran. Vaste parti del territorio dello Yemen sono inoltre sotto il controllo del gruppo
militante sunnita Al Qaeda nella penisola araba, che si contrappone sia agli houthi che al governo di Hadi, e che da
anni è preso di mira dalla controversa campagna di droni americani all'interno del Paese.
Da
MISSIONI CONSOLATA agosto – settembre 2013
SUNNITI
Profeta
Muhammad (nome completo: Abu- l-Qasim Muhammad ibn ʿAbd Allah ibn ʿAbd al-Muttalib al-Hashimi) nacque a
Mecca intorno al 570 d.C. e morì a Medina nel 632. Era parte del clan hashimita della potente tribù araba dei Quraysh.
Fu il Profeta e il fondatore della religione musulmana, secondo la tradizione islamica, incaricato da Dio (Allah),
attraverso l’angelo Gabriele (Jibril), di diffondere la sua Parola (il Corano) tra gli Arabi, allora politeisti.
Nascita sunniti
È la corrente che si formò dopo la morte del profeta Muhammad tra coloro che appoggiarono la nomina a califfo
(khalifa, vicario, successore) di Abu Bakr, uno dei primi compagni, convertiti all’Islam e uno dei suoceri di Muhammad
(era il padre di ‘Aisha, la giovane e battagliera sposa). I sunniti sono i seguaci della sunna (pratica, tradizione) secondo
quanto raccontato dai compagni del Profeta (sahaba) negli ahadith(hadith, al singolare), detti e fatti di Muhammad.
Essi si considerano il ramo ortodosso dell’Islam.
Diffusione
La maggior parte dei musulmani sono sunniti. Circa l’80% del totale.
Tradizione
I sunniti, chiamati anche Ahl al-Sunna, credono che la sunna del Profeta -di cui sono parte, insieme al Corano, la
collezione di ahadith - debba essere seguita come esempio da tutti i musulmani. Gli ahadith, decine di migliaia,
riportati da amici e compagni della prima ora, furono scelti da ricercatori e storici dei secoli XI e XII, sulla base di criteri
di affidabilità in una isnad (catena di trasmissione) che doveva arrivare, a ritroso, fino a Muhammad. I sunniti
accettano solo detti riferiti esclusivamente dal Profeta e non dei suoi discendenti.
Clero
Non c’è un vero e proprio clero. Chiunque, preparato islamicamente, può essere un imam, cioè colui che guida la
preghiera, il culto, o essere chiamato shaykh. Il mondo arabo sunnita brulica di shuyukh (plurale di shaykh), perché è
sufficiente essere benestante, o anziano, o avere un ruolo di visibilità e responsabilità in gruppi, associazioni,
comunità, o nella società, per ottenere tale titolo onorifico, in segno di rispetto o deferenza. Sono invece i saggi, gli
studiosi (‘ulema’, mufti, mullah) che dominano il discorso religioso con le loro prediche, in particolare su internet o in
televisione.
Imam
È colui che guida la preghiera, cioè colui che sta davanti ai fedeli e conduce il culto; e i quattro fondatori delle scuole
giuridiche. Il titolo imam era usato parallelamente a quello di Khalifa.
Testi sacri
Sono il Corano e gli ahadith.
Religione e politica - Secondo i sunniti stato e religione non sono separabili.
Scuole di giurisprudenza - I sunniti prevedono scuole (madhhab, strada, cammino) di giurisprudenza (fiqh), che
seguono le linee di quattro grandi pensatori: malikita, shafi’ita, hanbalita e hanafita. Tali scuole giuridiche si
formarono entro il XII secolo: il sunnismo segue un pensiero fermo a quella epoca, con alcune riforme apportate nei
secoli successivi, fino al riformismo islamico dell’Ottocento-Novecento, quello che portò poi alla formazione del
neosalafismo e del fondamentalismo in generale. Nell’elaborazione delle leggi del diritto islamico i sunniti praticano il
taqlid, inteso come accettazione, imitazione, emulazione.
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Celebrante
Il predicatore, khatib, sta in piedi su un pulpito, minbar.
Moschee
Sono costruzioni semplici e austere. A parte quelle del passato di architettura arabo-islamica o ottomana.
Pilastri del culto
Per i sunniti sono 5:
1) la testimonianza di fede, al-shahada;
2) la preghiera rituale, al-salah;
3) l'elemosina canonica, al-zakah;
4) il digiuno durante il mese di Ramadan, sawm o siyam;
5) il pellegrinaggio a Mecca almeno una volta nella vita, hajj.
Professione di fede (shahada) - Si ripete la formula: «Testimonio che non c’è divinità se non Iddio, e Muhammad è il
suo Profeta». Questa frase è ripetuta anche durante il richiamo alla preghiera, l’adhan.
Atteggiamento nella preghiera
I credenti eseguono le preghiere con le mani congiunte all’altezza del diaframma, e su un tappeto. Stanno l’uno vicino
all’altro, e alla fine del ciclo di orazioni, girano il capo a destra e poi a sinistra.
Donne
Il ruolo delle donne e quello degli uomini, sia nelle società sciite sia in quelle sunnite, differisce in molti aspetti, e
dipende da stato a stato. Alcuni studiosi prevedono lo jihad al-Nikah (un «matrimonio temporaneo per il jihad»): tale
pratica legittima la partecipazione femminile al jihad attraverso il proprio corpo offerto ai jihadisti impegnati nelle
guerre contro i nemici. (In realtà, a fronte di qualche decina di ragazze che si offrono volontarie, sperando nella
ricompensa del paradiso, tale pratica è usata per legittimare decine di migliaia di stupri commessi - ad esempio - ai
danni di bambine e ragazzine siriane sia in Siria che nei vari campi profughi).
Velo islamico
L’uso del velo per le donne musulmane è obbligatorio sia nel mondo sunnita sia nel mondo sciita, in base ai versetti di
due sure del Corano (XXXIII, 59 e XXIV, 31).
Feste
I sunniti celebrano solo due feste:
Eid al-Fitr, che segna la fine del mese di digiuno, Ramadan,
e la Eid al-Adha, festa del sacrificio, alla fine del pellegrinaggio (hajj) a Mecca.
Cibi e bevande
È vietata la carne di maiale, così come il consumo di alcolici.
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SCIITI
Profeta
Nessuna differenza con i sunniti sulla figura di Muhammad.
Nascita sciiti
Da shiʿa, shi‘at ‘Ali, «partito di ‘Ali», cugino e genero di Muhammad. Si costituì, secondo la tradizione sciita, nel giorno
di Ghadir Khum, quando Muhammad alzò la mano di ‘Ali mostrando che lui sarebbe stato il suo successore (khalifa)
nella direzione della comunità islamica, umma. Gli sciiti credono che il califfato spettasse a ‘Ali e che gli fu
ingiustamente sottratto con la nomina di altri tre successori, prima di lui - Abu Bakr, ‘Omar e ‘Uthman - che loro non
riconoscono. Costituiscono il secondo gruppo dell’Islam.
Diffusione
Il 10-15% dei musulmani è costituito da sciiti delle diverse correnti (duodecimana, la principale, e poi ismaelita,
zaidita). Lo sciismo (si veda la cartina) è diffuso in Iran (la maggioranza della popolazione), Iraq (un terzo della
popolazione musulmana), Pakistan (20%), Arabia Saudita (15%), Bahrein (70%), Libano (27%), Azerbaigian (85%),
Yemen (50%), Siria, Turchia, e in altre parti del mondo, compreso l’Occidente.
Tradizione
Sono chiamatiAhl al-Bayt, la gente della Casa. Anche loro seguono gli ahadith, ma accettano anche detti di discendenti
del Profeta.
Clero
Ha un clero organizzato, preparato in università specifiche di scienze islamiche o nelle hawza(scuole teologiche). Per
diventare shaykh c’è bisogno di una cerimonia, mentre, per salire nella gerarchia, il credente deve continuare a
studiare, fino a diventare mullah e poi ayatollah. Nello sciismo l’ayatollah(ayatu-l-Lah, segno di Dio) è considerato il
più alto dignitario del clero. È un titolo conferito a coloro che hanno ottenuto meriti, sia per proclamazione che per
nomina da parte di un altro ayatollah. Per diventare ayatollah, oltre agli studi specifici e una grande conoscenza della
religione, il fedele deve essere un discendente diretto di Muhammad.
Imam
L’imam è colui che deve guidare la religione in assenza del Profeta. Per i Duodecimani sono 12 gli imam, tutti
discendenti di Muhammad, e dotati di infallibilità. Il 12° imam è l’imam occulto, il Mahdi. Quello dell'imamato è un
concetto-chiave che distingue sciiti da sunniti.
Testi sacri
Come i sunniti, con un’estensione per gli ahadith.
Religione e politica
Gli sciiti hanno una tradizione di indipendenza dei leader religiosi rispetto a quelli politici. Tuttavia, lo stato è soggetto
al clero, il quale monitora e decide se un governante è degno di governare e se rispetta le linee guida islamiche.
Scuole di giurisprudenza
La maddhab sciita è la jafarita, ma ce ne sono molte altre, e ogni credente segue le scuole che ritiene meglio, senza
imposizioni preordinate. Lo sciismo non accetta l’imitazione di giuristi morti, ma segue quelli in vita. Inoltre, i
saggi/studiosi sciiti di scienze religiose divergono dai loro colleghi sunniti perché danno molto più peso all’esercizio
della ragione e dell’intelletto. Per esempio, al posto del qiyas(una delle fonti del diritto musulmano, usul al-fiqh, che si
basa sul principio di analogia per induzione, analizzando casi simili), gli sciiti usano lo ‘aql o ijtihad, «raziocinio
individuale». Rappresenta lo sforzo di riflessione che gli ‘ulema’ (scienziati, studiosi di scienze islamiche) o i mufti
(accademici islamici cui è riconosciuta la capacità di interpretare la legge, la shari‘a) intraprendono per interpretare le
fonti della legge (usul al-fiqh) e formare opinioni legali qualificate, dando regole al fedele e informandolo sulla liceità o
meno di un’azione.
Celebrante
Il predicatore sta in piedi di fronte alla comunità.
Moschee
Le moschee sciite sono decorate finemente, esteticamente accoglienti e attraenti. Si confronti una qualsiasi moschea
dell’Arabia Saudita con quelle di Teheran o Isfahan, capolavori di bellezza e arte.
Pilastri del culto
Nello sciismo duodecimano ci sono 10 pilastri, chiamati «ausiliari della fede» (furuʿ al-din):
1) al-salah (in persiano, namaz);
2) sawm;
3) al-zakah (2,5% della ricchezza; non prevede donazioni in denaro, ma in oro, grano, animali, prodotti);
4) khums, una tassa annuale del 20% circa del reddito da donare agli imam e ai bisognosi;
5) hajj;
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6) jihad, la lotta sulla via di Dio (ce ne sono di molte tipologie);
7) amr-bil-Marouf, incoraggiare, prendere parte a ciò che è buono;
8) nahi anil munkar, rigettare, proibire ciò che è male;
9) tawalla, esprimere l’amore per il bene (per gli amici di Dio, i suoi Profeti, coloro che desiderano e sostengono la
giustizia, la verità);
10) tabarra, esprimere odio e rifiuto per il male (verso i nemici di Dio, dei Profeti e dell’Umanità, e verso gli
oppressori).
Professione di fede (shahada)
Gli sciiti aggiungono «e ‘Ali ibn Abi Talib è amico di Dio».
Atteggiamento nella preghiera
Gli sciiti pregano con le mani in parallelo rispetto al corpo, davanti alle cosce. La preghiera è realizzata con l’ausilio di
una pietra (turbah) su cui va a posarsi la fronte, nella genuflessione sopra il tappeto. Essa termina pronunciando tre
volte il takbir («Allahu akbar», Dio è il più grande).
Donne
Per gli sciiti, due donne sono considerate come modello per tutte, e hanno un ruolo particolarmente importante:
Fatima Zahra (figlia del profeta Muhammad, moglie di ‘Ali e madre di Hasan e Hussayn) e Zaynab, la figlia di ‘Ali e
Fatima. Nel mondo sciita è permesso il mut‘a: matrimonio a tempo tra un uomo e una donna non sposata. Il
matrimonio, siglato attraverso un contratto e il pagamento di una somma di denaro a compensazione, può durare da
qualche ora a anni. In realtà si tratta di un’istituzione pre-islamica, condannata dagli ayatollah iraniani e avversata dal
sunnismo che la considera al pari della prostituzione. Il mut‘a viene riconosciuto come una sorta di salvacondotto
legale per i rapporti sessuali non finalizzati alla procreazione (prevista all’interno del matrimonio permanente).
Velo islamico
Cambia soltanto il nome e la tipologia. Ad esempio, in Iran è diffuso lo chador, un manto che copre tutto il corpo.
Feste
Gli sciiti festeggiano anche:
Mawild, l’anniversario della nascita del Profeta, della figlia Fatima e di tutti e 12 gli imam;
l’Eid al-Ghadir, per ricordare la nomina di ‘Ali come successore di Muhammad;
la morte di tutti gli imam, e in particolare Ashura, in cui viene ricordato il martirio di Hussayn a Karbala.
Quaranta giorni dopo Ashura c’è la festa di ‘Arba‘iyn, a ricordo della visita dei suoi familiari al sepolcro.
Cibi e bevande
Non ci sono differenze con il sunnismo.
Perché sciiti e sunniti litigano
La tensione fra Iran e Arabia Saudita è l'ultima espressione di un conflitto secolare,
che negli ultimi decenni è stato aggravato dall'instabilità politica del Medio Oriente
Negli ultimi giorni nuove tensioni fra Iran e Arabia Saudita, causate dall’uccisione di un importante leader religioso
islamico sciita da parte dell’Arabia Saudita, hanno fatto riparlare delle profonde divisioni religiose presenti nei paesi
del Medio Oriente. L’Islam, la religione praticata dalla stragrande maggioranza degli abitanti della zona, si divide infatti
in due principali rami dottrinali: quello dei sunniti e quello degli sciiti. È una divisione piuttosto profonda e che esiste
da secoli: negli ultimi decenni però si è intrecciata con le vicende politiche locali, diventando sempre più rilevante per
decidere e comprendere guerre, alleanze e interessi.
Qualche esempio: la Siria, un paese a maggioranza sunnita, fino a pochi anni fa era governata dalla famiglia Assad e da
un giro di potenti funzionari, tutti sciiti. Dal 1979 al 2003 l’Iraq – la cui popolazione è a maggioranza sciita – è stato
dominato da Saddam Hussein, legatissimo a potentati locali sunniti. Ora Siria e Iraq sono i due paesi del Medio Oriente
in cui la situazione è più grave e ingarbugliata: in Siria dal 2011 si combatte una guerra civile che finora ha causato più
di 200mila morti, mentre l’Iraq ha un governo debolissimo che ha enormi difficoltà a contrastare l’ISIS (o Stato
Islamico), il gruppo terroristico islamista più potente da due anni a questa parte – e sunnita.
Nel caso di questi giorni, i tumulti sono stati causati dal fatto che l’Arabia Saudita – il più stabile e ricco paese del
Medio Oriente, a maggioranza sunnita – ha condannato a morte e ucciso Nimr al Nimr, un popolare leader islamico
locale che però apparteneva alla minoranza sciita: che invece è maggioritaria in Iran, un altro degli stati più ricchi e
stabili del Medio Oriente.
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Un po’ di storia
Le divisioni tra sciiti e sunniti risalgono alla morte del fondatore dell’Islam, il profeta Maometto, nel 632 d.C.: alcuni
fedeli di Maometto pensavano che l’eredità religiosa e politica di dovesse andare ad Abu Bakr, amico e padre della
moglie di Maometto. I fedeli in questione erano gli antenati dei moderni “sunniti”, che sono anche il ramo
maggioritario dell’Islam moderno: è stato stimato che fra l’85 e il 90 per cento dei musulmani nel mondo – circa 1,5
miliardi di persone – siano sunniti. Sin dalla morte di Maometto però esisteva una minoranza, che oggi chiamiamo
“sciita”, che credeva che il successore dovesse essere un consanguineo del profeta: questo gruppo diceva che
Maometto aveva consacrato come suo successore Ali, suo cugino e genero.
Anche se Ali governò per un periodo come quarto “califfo” del regno arabo, il titolo attribuito ai successori di
Maometto, presto prevalsero i sunniti. La divisione tra i due rami dell’Islam divenne ancora più forte nel 680 d.C.,
quando il figlio di Ali fu ucciso a Karbala, città del moderno Iraq, dai soldati del governo del califfo sunnita. Da quel
momento i governanti sunniti continuarono a monopolizzare il potere politico, mentre gli sciiti facevano riferimento ai
loro imam, i principali capi religiosi, i primi 12 dei quali erano discendenti diretti di Ali.
Con il passare degli anni le differenze tra i due gruppi sono aumentate e oggi ci sono alcune cose condivise e altre
dibattute. Tutti i musulmani sono d’accordo che Allah sia l’unico dio, che Maometto sia il suo messaggero, e che ci
siano cinque pilastri rituali dell’Islam, tra cui il Ramadan, il mese di digiuno, e il Corano, il libro sacro. Mentre però i
sunniti si basano molto sulla pratica del profeta e sui suoi insegnamenti (la “sunna”), gli sciiti vedono le figure religiose
degli ayatollah come manifestazioni di dio sulla terra, e credono che il dodicesimo e ultimo imam discendente da
Maometto sia nascosto e un giorno riapparirà per compiere la volontà divina.
Questa differenza ha portato i sunniti ad accusare gli sciiti di eresia, e gli sciiti ad accusare i sunniti di avere dato vita a
sette estreme intransigenti. Oggi, semplificando molto, i paesi a maggioranza sciita sono solamente Iran, Iraq e
Bahrein, mentre il resto dei paesi prevalentemente islamici è a netta maggioranza sunnita. Tuttavia prima di questi
anni le due sette dell’Islam non hanno mai dato vita a una guerra delle dimensioni paragonabili per esempio alla
Guerra dei trent’anni, che tra il 1618 e il 1648 mise le diverse sette cristiane una contro l’altra in Europa.
(La distribuzione dei sunniti nei paesi del Medio Oriente, in una cartina di BBC del 2013)
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(La distribuzione degli sciiti nei paesi del Medio Oriente, in una cartina di BBC del 2013)
Oggi
Secondo diversi esperti di Medio Oriente, l’ingarbugliata e violenta situazione degli ultimi anni ha avuto origine in
seguito alla rivoluzione iraniana che nel 1979 ha rovesciato il re locale – lo Scià, alleato fedele degli Stati Uniti – per
instaurare una teocrazia islamica sciita, in forte contrapposizione con tutti i paesi governati dai sunniti nel Golfo
Persico. Nel 1980, cercando di approfittare della debolezza del neonato regime e sperando di ottenere l’egemonia
nella zona, l’Iraq di Saddam Hussein invase l’Iran, dando origine a una guerra molto sanguinosa che durò fino al 1988.
In quegli anni si consolidarono due “blocchi”: i paesi sunniti guidati dall’Arabia Saudita rafforzarono la propria
inimicizia contro la cosiddetta “mezzaluna sciita”, cioè i paesi che in un modo o nell’altro erano sotto l’influenza sciita.
Molte guerre, alleanze e conflitti estemporanei degli anni successivi sono riconducibili alla formazione di questi
blocchi.
L’Iran è un alleato storico della Siria, unico paese guidato da sciiti nel Medio Oriente mediterraneo. L’Iran e la Siria a
loro volta sono sostenitori – anche concreti – del movimento libanese sciita Hezbollah, il cui ramo militare opera nel
sud del Libano e ha come obiettivo la distruzione di Israele. Iran, Siria ed Hezbollah formano la cosiddetta “mezzaluna
sciita”. Nella guerra in Siria sono intervenuti a fianco del presidente siriano Bashar al Assad sia Hezbollah, nelle zone
montagnose al confine con il Libano, sia l’Iran, mandando uomini e armi (e ultimamente anche la Russia, storico
alleato politico della Siria: ma questa è un’altra storia). Questa alleanza si contrappone a quella formata da Egitto e
Arabia Saudita (e Stati Uniti): i primi due sono i paesi più importanti della zona a maggioranza sunnita e fino a pochi
anni fa anche i più stabili.
Poi c’è la questione del terrorismo: Hezbollah è una milizia sciita ma negli ultimi anni i due gruppi più potenti – al
Qaida e l’ISIS, che fra l’altro si combattono fra loro – sono composti da sunniti radicali.
Innestata in problemi locali interni, la presenza di questi gruppi terroristici rende ancora più complicata la situazione: il
governo sciita di Assad è combattuto sia da ribelli “moderati” sia da milizie sunnite fra cui il Fronte al Nusra, il gruppo
che rappresenta al Qaida in Siria. Persino l’ISIS, anche se in misura minore, combatte per far cadere il regime di Assad:
indebolire il suo regime, di conseguenza, ancora oggi significa rischiare una maggiore penetrazione dell’ISIS e di gruppi
sunniti in Siria. Non tutte le ostilità del Medio Oriente si spiegano con questi blocchi: Hamas, il gruppo terroristico più
diffuso in Palestina, è un movimento sunnita ma da anni riceve aiuti dall’Iran, che è il principale nemico di Israele per
diversi motivi politici e religiosi.
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Come hanno spiegato diversi esperti di Medio Oriente, non è mai facile capire dove finisce il conflitto religioso e dove
inizia quello politico, e negli ultimi anni i due si sono intrecciati e rintuzzati a vicenda. A prima vista, inoltre, entrambi i
rami dell’Islam hanno dato origine a regimi ispirati dalla religione molto severi come quelli di Iran e Arabia Saudita, che
pure si odiano e accusano a vicenda.
Le divisioni fra sciiti e sunniti, inoltre, non sono radicate solamente ad alto livello: dato che negli anni sono state
associate a decisioni di politica e sicurezza nazionale, sono ormai entrate nella vita di tutti i giorni di quei paesi. Il Wall
Street Journal sottolinea tristemente che «le persone che hanno più di quarant’anni e abitano in Arabia Saudita o
Pakistan ricordano ancora quando non sapevano – e non gli importava nemmeno – se i loro colleghi o vicini fossero
sunniti o sciiti». Seyed Ali Fadlullah, un importante funzionario sciita libanese, ha però fatto notare che è come se
queste divisioni siano sempre esistite “in potenza”: «Le differenze di dottrina vengono utilizzate perché hanno un
impatto molto efficace: se inviti la tua gente a combattere per ottenere un predominio regionale o internazionale, non
verrà nessuno. Ma le persone agiscono quando viene detto loro che la propria setta religiosa è sotto attacco, o che i
propri luoghi sacri stanno per essere distrutti».
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