IL VENERDÌ, SUPPLEMENTO DE LA REPUBBLICA LA GRANDE GUERRA D’ORIENTE Certo, attaccano Parigi. Ma perché la Francia ha bombardato in Siria. Il vero conflitto, profondo, è per il predominio del mondo islamico. E le parti in causa sono sciiti e sunniti B EIRUT. C'è stato un tempo, nella lunga storia del Medio Oriente, in cui chiedere a uno se fosse musulmano sciita, o sunnita, o cristiano, o, persino, ebreo, era considerata una sgradevole intrusione nel privato, un'inutile e quasi offensiva pedanteria. Milioni di uomini tra le rive dell'Eufrate e il Mediterraneo sembravano conquistati dall'aspirazione di darsi un'identità nuova, fuori dai confini umanamente angusti e politicamente artificiali tracciati sulla sabbia del deserto dalle potenze coloniali, ma fuori anche dai condizionamenti dell'appartenenza religiosa. Oggi, invece, sulle rovine del vecchio ordine regionale, travolto da una rivoluzione che ha tradito le sue promesse, riaffiorano conflitti ancestrali, come quello che sembra dilaniare la grande comunità islamica. Le macchie di sangue sono state cancellate dai muri di Burj el-Barajneh, le bancarelle sono tornate ad invadere le strade intorno alla Hussainía, l'edificio che il culto sciita riserva alle cerimonie dell'Ashura, e la moschea sembra discretamente affollata quando scocca la preghiera della sera. La vita, si direbbe, ha riacquistato una sua normalità. Eppure, in questo quartiere della periferia sud di Beirut, la cosiddetta «roccaforte degli Hezbollah», giovedì 12 novembre, lo Stato Islamico ha colpito con terrificante ferocia, uccidendo 44 persone e ferendone più di 200. Non era certo il primo attentato contro Dahìyeh, la banlieue sud di Beirut, dove, come uno Stato nello Stato, detta legge «Partito di. Dio» agli ordini del Sayyed Hassan Nasrallah, il suo capo pro tempore. Tra il Gennaio del 2013 e la Primavera del 2014 una serie di autobombe aveva preso di mira la popolazione e le istituzioni sciite della banlieue beirutina. Quelle bombe recavano la firma di Jabhat alNusra, la filiale siriana di Al Qaeda, ed erano il mezzo ricattatorio e violento per indurre gli Hezbollah a ritirarsi dal mattatoio siriano, nel quale, ubbidendo agli ordini del patron diTeheran, i miliziani di Nasrallah avevano messo i piedi schierandosi a fianco di Bash ar el-A.ssad. Niente di tutto questo traspare dall'attentato del 12 novembre. Certo, il fatto che a rivendicare il massacro sia stato lo Stato Islamico dice abbastanza sulla capacità del Califfato di darsi obbiettivi plurimi, di diversificare la sua tattiche. I due kamikaze di Buij el-Barajneh colpiscono dieci giorni dopo il sabotaggio dell'aereo russo pieno di turisti precipitato nel Sinai e il giorno prima delle folli sparatorie di Parigi. Ma se stiamo alla loro rivendicazioUN PRIMA ne, gli estremisti DEGLI ATTENTATI sunniti che hanno IN FRANCIA, colpito a Beirut UNA BOMBA hanno sempliceSCOPPIAVA A BEIRUT mente voluto «venQUARANTA MORTI dicare l'onore di Maometto», leso 14 secoli fa dagli sciiti, «infedeli, apostati, traditori» e, dunque, mala gente da eliminare. La faida inter-religiosa che divide i musulmani data dalla morte del Profeta, nel 632 dell'era cristiana, ed è una conseguenza della lotta per la successione che esplose nel nucleo dei primi seguaci. Fra i quali era anche il giovane Ali, cugino e dei fedeli, che avevano seguito la sunna, ovvero «la via» tracciata da Maometto, vennero chiamati sunniti. Al di là, delle lontane diatribe storiche, le distinzioni tra fede sunnita e sciita sono più dottrinali che teologiche. Entrambi credono in un solo dio, Allah, e nell'insegnamento del Profeta. Nessun segno esteriore distingue una moschea sciita da una sunnita. I precetti fondamentali dell'Islam, fra cui il pellegrinaggio alla Mecca e itRamadan sono rispettati da entrambi in ugual misura. Cambia, si direbbe, l'architettura della fede, laddove gli sciiti ritengono gli imam, coloro che sono chiamati a guidare la preghiera, ovvero il clero, come un'espressione della volontà divina, e dunque abilitati al governo della comunità (secondo Khomeini, addirittura, obbligati a governare), mentre i sunniti distinguono tra leadership politica e insegnamento religioso. Detto questo, lo scontro che si è riacceso in questi ultimi armi non è affatto tra chi è, o avrebbe dovuto essere, il vero successore di Maometto. Alla base della faida tra sciiti e sunniti c'è la lotta per la conquista della supremazia in Medio Oriente, prima, e nel mondo arabo, poi. La rivoluzione khomeinista del 1979 ha dato agli sciiti, considerati per secoli alla stregua di paria, un forte ancoraggio ad una realtà mai sperimentata prima, un Paese ricco di risorse e militarmente forte, capace di nutrire grandi ambizioni, come quella di guidare il mondo islamico, nonostante gli sciiti rappresentino soltanto il 15 per cento dell'Islam, e di praticare una politica espansionistica. genero del Profeta. Alcuni sostenevano che il Califfo, o successore, dovesse essere scelto tra le personalità più qualificate della comunità, altri, ed Ali era tra questi, che dovesse prevalere la legge ereditaria, la successione per linee di sangue. Prevalsero i primi ed Ali divenne il quarto Califfo soltanto nel 656 e per soli cinque anni, perché venne assassinato. Lo scettro dell'Islam passò agli Omayyadi, la dinastia che si sarebbe imposta per oltre un secolo. L'invasione americana dell'Iraq, del 2003, ha aggiunto alla collana delle conquiste sciite un'altra gemma inestimabile. Dopo essere stati oppressi per trent'anni dalla dittatura di Saddam Hussein, gli sciiti iracheni hanno avuto la pazienza e l'abilità di conquistare le leve del nuovo stato iracheno, confinando la minoranza sunnita ad un ruolo marginale. Il regime siriano guidato dagli alawiti, una setta eterodossa dello sciismo, ha scelto di restare nella sfera d'influenza iraniana anDa allora, seguaci di Ali, letteralmente che prima che scoppiasse la rivoluzione. sciata Ali, vennero identificati con la pa- La guerra civile ha rafforzato questo legarola senti. Mentre, gli altri, la maggioranza me. Gli Hezbollah libanesi rappresentano una punta di lancia sul fianco d'Israele. . nulla». Appunto: l'odio settario alligna È questo il quadro che deve aver avuto dove regna il caos, si dice. E dove meglio presente re Abdallah II di Giordania, che in Libano e in Siria? quando nel 2004 ha denunciato che in Alberto Stabile Medio Oriente stava sorgendo e affermandosi «una mezzaluna nera». Per un Paese come l'Arabia Saudita che in questi anni ha preteso d'imporsi come guida del mondo islamico (e non soltanto sunnita) esercitando la propria sovranità sui luoghi santi, Mecca e Medina, e come guardiano dello status quo regionale, l'espansionismo iraniano è apparso e appare come una provocazione insopportabile. Dopo aver cercato in tutti i modi, anche con polemiche minacciose, di convincere gli Stati Uniti a non sdoganare l'Iran con l'accordo che vieta l'uso dell'energia nucleare a fini miliari, Riyad ha declinato la sua risposta aggressiva. Temendo che 11 ran potesse stabilire una pericolosissima - testa di ponte a ridosso del suo confine sud, ha dichiarato guerra alla tribù degli Houti delloYemen,minoranza della locale minoranza sciita, schierando una coalizione di dieci Paesi arabi (e sunniti) capaci di mobilitare una flotta di cento navi da guerra e 40 bombardieri. Nel conflitto siriano, Riyad, al pari della altre monarchie del Golfo, ha investito miliardi di dollari, nel tentativo dì sloggiare Assad e consegnare la Siria, o parte di essa, alla maggioranza siumita. Anche se uno dei pochi punti su cui sciiti e sunniti sembrano concordare è l'odio verso Israele, la necessità di contrastare l'avversario comune sulla base del vecchio detto «il nemico del mio nemico è mio amico», ha molto accorciato le distanze tra Riyad e Tel Aviv. Contatti proficui tra servizi segreti, si dice. I legami ideologici e culturali tra le monarchie del Golfo e l'islamismo radicale dell'Is sono noti e comprovati. Qualcuno ha recentemente definito l'Arabia-Saudita «un Daesh che ce l'ha fatta», alludendo alla condivisone dell'identica base dottrinale, la corrente wahabita, che accomuna lo Stato Islamico e il regime saudita. Per il Califfo al-Baghdadi, come per il suo mentore e predecessore alla testa dell'Is, il terrorista giordano Abu Mussab al-Zarqawi, gli sciiti sono «il serpente in agguato», «coloro che rinnegano dio» (Rafizidi),«i compagni infedeli di Maometto» (da qui il dovere di vendicare l'onore del Profeta), «i nemici peggiori persino dei crociati e degli Americani». Mentre il predicatore Yusuf al-Qaradawi, a proposito di Hezbollah, invece che «partito dio», ha preferito chiamarlo «il partito di Satana». Di contro in uno dei suoi ultimi discorsi Hassan Nasrallah ha additato i dirigenti sauditi come «pance di pigri buoni a