Programma 588 Giobbe 25-27 Stasera, nel capitolo 25 del libro di Giobbe, vedremo il discorso finale di Bildad. Fortunatamente è breve. Credo che la luce stia iniziando ad apparire a Bildad. È un uomo molto intelligente. Forse sta iniziando a pensare: “Se Giobbe è colpevole, perché non cade sotto il bombardamento di argomentazioni che gli abbiamo presentato?” Giobbe mantiene la sua integrità e si è ribellato a tali accuse. Ricordiamo che Bildad è il tradizionalista. Crede che Dio segua certe regole. Le cose sono state fatte così per anni, perché dovrebbero cambiare? È lo scienziato che mette la vita in provetta e dice: “Vedi, questo è quello che succede ogni volta”. La legge di Dio è che Lui punirà tutti i peccatori. Ma Bildad si meraviglia perché Giobbe ancora non cede. Ci sono uomini oggi, teologi e scienziati, che parlano della creazione della terra con un linguaggio professionale. Sembra che conoscano cosa Dio fece in certe circostanze tanto tempo fa. Non per mancanza di fiducia nei loro confronti, ma qualcuno sa esattamente quello che significa il primo capitolo della Genesi? Sia Bildad che i nostri contemporanei hanno bisogno di ricordare che i modi di agire di Dio sono completamente diversi e incomprensibili. Leggiamo il discorso di Bildad per intero, sono 6 versetti che troviamo al cap.25 di Giobbe: 1 Allora Bildad di Suac rispose e disse: 2 A Dio appartiene il dominio e il terrore: egli fa regnare la pace nei suoi luoghi altissimi. 3 Le sue legioni si possono forse contare? Su chi non si leva la sua luce? 4 Come può dunque l'uomo essere giusto davanti a Dio? Come può essere puro il nato di donna? 5 Ecco, la luna stessa manca di chiarore, e le stelle non sono pure agli occhi di lui; 6 quanto meno l'uomo, che è un verme, il figlio d'uomo che è un vermiciattolo! Giobbe 25:1-6 Giobbe ha un concetto di Dio che è buono. “Su chi non si leva la Sua luce?” Dio è l’essere supremo, e la domanda, a questo punto è: come può essere giusto un uomo, una creatura, di fronte a un essere supremo e perfetto come Dio è? Ora, questa è una buona domanda, è una domanda che avrebbe dovuto fare all’inizio. Benché ha fatto la giusta domanda, non ha però la giusta risposta. Bene, abbiamo dato uno sguardo da vicino alla luna e abbiamo notato che è un luogo sporco. È coperta di polvere, non è un bel posto dove poter fare un picnic. Quando la luna splende e per la prima volta sei fuori con la tua ragazza è bello, ma lassù non è più così romantico, non ti puoi dondolare sulla falce di luna come dei fidanzatini. Marte non sembra più pulito. Le stelle non sono pure per i suoi occhi. Ci sono persone che parlano di noi come di quelli che hanno origine dai vermi. Non veniamo dai vermi, amici, noi siamo vermi. Questo è quello che siamo agli occhi di Dio. Come può un uomo nato ad una donna essere puro agli occhi di Dio? Questa è la domanda, ed è una buona domanda. È la domanda più importante e Bildad non ha la risposta. Solo il Signore Gesù Cristo ha la risposta a quella domanda. E’ Lui che ci rende puri, ci copre con la sua purezza, Dio ci vede puri se noi ci nascondiamo in Lui, per fede. Dio non vede più noi, ma Gesù. Ora passiamo a quello che è il più lungo discorso di Giobbe. E’ contenuto nei capitoli da 26 a 31. Giobbe professa la sua fede in Dio il suo Creatore, e iniziamo a vedere il suo vero problema. Versetti da 1 a 4 di Giobbe 26: 1 Allora Giobbe rispose e disse: 2 Come hai ben aiutato il debole! Come hai sorretto il braccio senza forza! 3 Come hai ben consigliato chi è privo di saggezza! E che abbondanza di sapere tu gli hai comunicato! 4 Ma, a chi ti credi di aver parlato? E di chi è lo spirito che parla per mezzo tuo? Giobbe 26:1-4 “Bildad, non hai una risposta per me. Zofar, non mi hai risposto. Elifaz, le tue risposte non mi aiutano. Avete parlato molto, ma non avete risposto”. Tutti loro hanno detto molte cose buone, ma senza alcun significato diretto, non comunicavano nulla a Giobbe, perché nessuno di loro poteva dare la risposta alla domanda del perché della sofferenza di Giobbe. Finalmente Bildad, hai formulato la giusta domanda, ma non hai la risposta; così, chi aiuti con le tue parole? Ora Giobbe si lancia veramente nel suo discorso. In esso metterà a nudo la sua anima. Ha molto da dire, ed alcune cose sono veramente grandi. Si muove dentro l’area della Creazione di cui Dio è il Creatore. Versetti da 5 a 14 di Giobbe 26: 5 Davanti a Dio tremano le ombre disotto alle acque e ai loro abitanti. 6 Davanti a lui il soggiorno dei morti è nudo, l'abisso è senza velo. 7 Egli distende il settentrione sul vuoto, sospende la terra sul nulla. 8 Rinchiude le acque nelle sue nubi, e le nubi non scoppiano per il peso. 9 Nasconde l'aspetto del suo trono, vi distende sopra le sue nuvole. 10 Ha tracciato un cerchio sulla superficie delle acque là dove la luce confina con le tenebre. 11 Le colonne del cielo sono scosse, tremano alla sua minaccia. 12 Con la sua forza egli solleva il mare, con la sua intelligenza ne abbatte l'orgoglio. 13 Al suo soffio il cielo torna sereno, la sua mano trafigge il drago fuggente. 14 Ecco, questi non sono che gli estremi lembi della sua azione. Non ce ne giunge all'orecchio che un breve sussurro. Ma il tuono delle sue potenti opere chi può comprenderlo? Giobbe 26:5-8 Molto è stato detto del fatto che Lui “distende il settentrione sul vuoto”. Da quando abbiamo i potentissimi telescopi, notiamo che non possiamo puntare un telescopio in qualsiasi direzione dell’universo di Dio senza trovarlo pieno di stelle. Giobbe sta dicendo che Dio distende e copre l’universo. Lui può coprire qualunque posto vuoto. Anche lo spazio è creazione di Dio. Dio ha creato ogni stella. Milioni d’anni luce oltre il confine c’è un’altra stella, e Dio ha creato anche quella. Che cosa li trattiene dallo sfregarsi o dallo scontrarsi come fanno le auto sulle nostre strade? Bene, Dio ha messo uno spazio tra loro. Quale spazio? Forse alcune persone risponderebbero, “Il nulla”. Amica, amico, c’è qualche cosa. Non so cosa, ma c’è qualche cosa. Dio creò i corpi celesti lontani tra loro. È come un lubrificante che Lui usa per trattenere l’universo dallo scontrarsi. Ascoltiamo l’apostolo Paolo: “Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”. (Romani 8:38-39). Nessuna creatura è letteralmente “nessun’altra cosa creata”. Lo spazio è una delle cose create da Dio. Amica, amico, questo ci da qualche cosa su cui riflettere. Cos’è lo spazio? Ci vuole molto tempo per andare sulla luna. Cos’è tutta questa distesa tra la terra e la luna? Non ditemi che è il nulla, perché c’è qualche cosa. Cos’è? Non lo so. So semplicemente che lo chiamiamo spazio. Dio lo creò, ed è lì fuori perché serve al proposito di Dio. Dio “sospende la terra sul nulla”. Chi a quel tempo disse questo a Giobbe? Ricorda che Giobbe visse nell’era dei patriarchi, e l’uomo non conosceva ancora che questa terra è sospesa nello spazio. Che Dio sostiene l’enorme palla della terra nello spazio senza nessun supporto ma con la sua legge era un concetto sconosciuto per gli antichi astronomi. Giobbe capì che “Lui sostiene la terra sul nulla”. Non c’è un sostegno. Se crolla, in quale direzione andrebbe? Noi parliamo della gravità, ma essa spinge verso il centro della terra. Quando metti qualche cosa lontano nello spazio, non c’è niente che lo spinga. Così dov’è il sopra e dove il sotto? E cosa lo trattiene nello spazio? Possiamo avere una risposta in Colossesi 1:17: “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui”. La parola sussistere significa “tenere insieme”. In Cristo tutto è tenuto insieme. Ora ci stiamo muovendo in una grande parte del libro di Giobbe. Giobbe aveva una forte opinione di Dio come il Creatore. Lì dove era, su quel cumulo di cenere poteva guardare le stelle nella notte. Aveva speso del tempo per farlo anche in passato. Dio ha contornato il cielo con le stelle. Probabilmente il drago fuggente che Giobbe menziona è una costellazione. Sta richiamando l’attenzione sulla grandezza di Dio come Colui che si è rivelato nel cielo tramite la Sua meravigliosa creazione. Vediamo che Giobbe conosceva Dio come il Creatore; lo concepì come il Redentore; ma Giobbe non conosce Dio come l’unico che lo ama e che provvede a lui. Non capiva che Dio non avrebbe lasciato che qualcosa gli accadesse, perché avrebbe provveduto per lui. Dopo aver riconosciuto chi è Dio, Giobbe passa a condannare il malvagio. Ora ci avviciniamo al tema base di questo libro. Il libro di Giobbe arriva giusto dove siamo, al centro della nostra vita. Dentro la sofferenza che Giobbe sta patendo c’è una lezione che deve imparare. Per questo dico che la lezione principale del libro di Giobbe, il motivo per cui è scritto, non è spiegare perché i credenti soffrono. Dietro tutto questo c’è il grande insegnamento del pentimento, il pentimento di un figlio di Dio. Quando un peccatore va a Dio, non è pentito? Paolo disse al carceriere di Filippi: “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia” (Atti 16:31). Paolo non menzionò il pentimento, ma il pentimento è nella parola “credere”, perché quando un peccatore va a Cristo per la fede, ci va perché sa di essere perduto e si allontana anche dal peccato. Nel caso del carceriere di Filippi, l’idolatria era il peccato da cui doveva allontanarsi. Di quello doveva pentirsi. Andare a Cristo è la parte importante. Oggi molti figli di Dio e molti peccatori si sentono autosufficienti. Nessuno che si crede autosufficiente ha bisogno di pentirsi, come questo libro ci rivelerà. Questa è la grande lezione del libro di Giobbe. Leggiamo il capitolo 27 di Giobbe, versetti da 1 a 6 1 Giobbe riprese il suo discorso e disse: 2 Come vive Dio che mi nega giustizia, come vive l'Onnipotente che mi amareggia la vita, 3 finché avrò fiato e il soffio di Dio sarà nelle mie narici, 4 le mie labbra, no, non diranno nulla d'ingiusto, la mia lingua non proferirà falsità. 5 Lungi da me l'idea di darvi ragione! Fino all'ultimo respiro non mi lascerò togliere la mia integrità. 6 Ho preso a difendere la mia giustizia e non cederò; il cuore non mi rimprovera uno solo dei miei giorni. Giobbe 27:1-6 Giobbe dice chiaramente che è determinato. Zofar non ha risposto, e così Giobbe parla di nuovo e dice: “Non accetterò mai le accuse che voi tre, che vi chiamate amici, avete fatto contro di me”. Al contrario egli dice: Non vi darò ragione. E’ così convinto di aver ragione che usa Dio come termine di paragone: ‘Come Dio vive e ha fatto ciò che ha voluto, così le mie labbra non parleranno ingiustamente, nemmeno la mia lingua emetterà inganno’ Tutti i suoi amici sono stati capaci solo di portarlo sempre più sulla difensiva. Nella sua autodifesa non c’è spirito contrito e nemmeno una mente umile. Ciò fa sembrare Dio come l’unico ingiusto, mentre Giobbe è perfettamente giusto. Dice: “Non lascerò che mi togliate la mia integrità”. Vedi, Dio qui non è in scena. Giobbe è piuttosto coraggioso, ma prima che tutto finisca lo vedremo davanti a Dio nella polvere e nella cenere. C’è una lezione per noi. Certamente abbiamo riconosciuto che molte cose dette dagli amici di Giobbe erano vere. Sono anche dell’opinione che quegli uomini avevano le migliori intenzioni. Benché dicessero cose vere, non credo che avessero la verità. Parlavano attraverso l’esperienza, la tradizione e il legalismo, ma non presentarono mai la verità a Giobbe. Siccome erano in errore, Giobbe si convinse di avere ragione lui. Li è dove Giobbe sbagliò. Il fatto che i suoi amici sbagliassero, non faceva Giobbe giusto in nessun modo. Giobbe sarebbe dovuto stare alla presenza di Dio con uno spirito contristato. Qualcuno disse che i problemi sono come il sole. Il sole splende sulla cera, che colerà. Lo stesso sole splende sulla creta, che si indurirà. In questo modo i problemi affliggono persone differenti. Alcuni risponderanno con uno spirito contristato. Essi si scioglieranno davanti la presenza di Dio. Giobbe non è ancora in quella posizione. Ora è duro, duro come pietra nella sua propria integrità. “Mantengo la mia giustizia, e non la lascerò andare: il mio cuore non mi rimprovererà finchè io viva”. Questa è la posizione di molti oggi. Si sentono esattamente in quel modo, la presunzione di essere giusti non fa che alimentare il nostro orgoglio e l'egocentrismo. Proseguiamo con la lettura del vers.7 di Giobbe 27 7 Sia trattato da malvagio il mio nemico, da perverso chi si erge contro di me! Giobbe 27:7 Giobbe sta scartando tutti quelli che non sono d’accordo con lui. Sono suoi nemici. Sono malvagi e ingiusti. Ti dirò che è una posizione pericolosa per qualsiasi uomo! Ora Giobbe parlerà in merito ai malvagi e a quello che accadrà loro. Ora Giobbe farà una lezione. Nel mezzo dei suoi guai, quest’uomo farà una lezione riguardo ai malvagi. Ora leggiamo i versetti da 8 a 11 di Giobbe 27: 8 Quale speranza rimane mai all'empio quando Dio gli toglie, gli rapisce la vita? 9 Dio presterà orecchio al grido di lui, quando gli piomberà addosso l'angoscia? 10 Potrà egli trovare piacere nell'Onnipotente? Invocare Dio in ogni tempo? 11 Io vi mostrerò il modo di agire di Dio, non vi nasconderò i disegni dell'Onnipotente. Giobbe 27:8-11 Giobbe sta dicendo che i malvagi possono prosperare e poi Dio eventualmente li giudicherà. Di questo parlano i versetti da 12 a 18, che non leggeremo. Il discorso di Giobbe termina con i vers.19-23, sempre al cap.27: 19 Va a letto ricco, ma per l'ultima volta; apre gli occhi e non è più. 20 Terrori lo sorprendono come acque; nel cuore della notte lo rapisce un uragano. 21 Il vento d'oriente lo porta via, ed egli se ne va; lo spazza in un turbine dal luogo suo. 22 Dio gli scaglia addosso le sue frecce, senza pietà, per quanto egli tenti di scampare ai suoi colpi. 23 La gente batte le mani quando cade, fischia dietro a lui quando lascia il luogo dove stava. Giobbe 27:19-23 Per i ricchi le cose non sono differenti. Se un uomo è stato malvagio, la sua vita se ne andrà come la fiamma che si spegne, come la candela che è spenta dal vento che soffia attraverso la finestra. Verrà Il tempo in cui la gente applaudirà per la loro distruzione. Il malvagio sarà giudicato. Verrà la fine della loro malvagità e della gloria che pareva avessero. Ma nemmeno tutto questo è la risposta al problema di Giobbe. Giobbe continua il suo discorso con uno dei più bei poemi della creazione che si possano trovare, ma questo lo leggeremo domani sera.