Ministero dell`Istruzione, dell` Università e della Ricerca

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ESAME DI STATO DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE
Proposta Rete Les Emilia Romagna – Istituto Capofila Liceo Laura Bassi Bologna
Gruppo di lavoro A019 Diritto ed Economia Politica – Tipologia: Tema e trattazione
Coordinatore: Marialuce Bongiovanni (Liceo Laura Bassi Bologna). Componenti: Gloria
Durighetto ( Liceo Sabin Bologna); Ersilia Lemme ( IIS Mattei San Lazzaro); Fiorella Guidotti
(IIS Mattei San Lazzaro); Antonella De Luca ( I. Montessori, Porretta); Alfiero Salucci ( Liceo
Da Vinci, Casalecchio); Fabrizia Piazzolla (Liceo Morgagni Forli).
Il candidato è tenuto a svolgere a scelta, una delle aree tematiche proposte e, a seguire,
per ciascuna trattazione scelta i quesiti di approfondimento che la accompagnano.
I.
Globalizzazione e movimenti alteromondialisti
A) “ Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la sicurezza finanziaria vostra e quella della
vostra famiglia, le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, vi è un
importante cambiamento politico di cui dovete essere consapevoli. Io chiamo questo
cambiamento la «ascesa di autorità illegittima». Il governo di rappresentanti chiaramente
identificabili e democraticamente eletti viene gradualmente soppiantato da un nuovo governo
ombra in cui enormi imprese transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo di più
in più decisioni che riguardano tutta la nostra vita quotidiana. Essi possono agire attraverso le
lobby o oscuri «comitati di esperti»; attraverso organismi ad hoc che ottengono un
riconoscimento ufficiale; talvolta, attraverso accordi negoziati in segreto e preparati con cura da
executive delle imprese al più alto livello. Lavorano a livello nazionale, europeo e
sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo
campo di azione per le attività delle corporate. Non si tratta di una sorta di teoria paranoica
della cospirazione: i segni sono tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da
riconoscere. Noi continuiamo a credere, almeno in Europa, di vivere in un sistema
democratico.
(…) Come se non bastasse l’infiltrazione nei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario da parte
delle imprese transnazionali, anche le Nazioni Unite sono ormai un obiettivo delle Tnc. (...)Non
sono solo le dimensioni, gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le
democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di influenzare, spesso dall’interno,
i governi e la loro abilità a operare come una vera e propria classe sociale che difende i propri
interessi economici, anche contro il bene comune. Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi
che riguardano ciascuno di noi. Se i cittadini che hanno a cuore la democrazia le ignorano, lo
fanno a loro rischio”.
Susan George, Intervento tenuto al Festival Internazionale di Ferrara (4/5/8 ottobre 2013), in
www.ilmanifesto.it, 4.10.2013
B) «[…] Credo che i manifestanti di Seattle sbaglino a rifiutare la globalizzazione. Il paradosso di
questo movimento è che nasce da una protesta globale, il che indica di per sé che la
globalizzazione è un fenomeno inevitabile del mondo moderno. Detto questo non nego che
essa possa comportare effetti laterali negativi, come un aumento intollerabile delle
disuguaglianze all' interno dei Paesi e a livello internazionale. La globalizzazione tuttavia è un
fattore di crescita economica e di diffusione del benessere. La lezione che si può trarre da tutto
ciò è che va accompagnata a un allargamento della democrazia e delle libertà individuali […] .
Lo sviluppo non si può misurare solo in termini di crescita del prodotto interno lordo o del
reddito individuale. Lo sviluppo deve essere inteso in una accezione più vasta che includa
anche la crescita umana, quella che Aristotele chiamava eudaimonia […] »
Amartya Sen, Corriere della Sera, 11/7/2000
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Il candidato, nel discutere il tema della globalizzazione

si soffermi a descrivere le conseguenze dell’integrazione dei mercati mondiali per i
paesi poveri, avendo particolare riguardo al legame tra diffusione del benessere e
aumento della disuguaglianza, tra crescita economica e allargamento della democrazia.
Nel delineare le ragioni politiche ed economiche che hanno promosso il fenomeno
della globalizzazione, il candidato affronti la posizione dei movimenti alteromondialisti
per attutire gli effetti negativi della globalizzazione quali, ad esempio, la revisione
dell'attuale sistema finanziario nota con il nome Tobin Tax
Quesiti di approfondimento per la I traccia
Il candidato risponda ai seguenti quesiti in un massimo di 10 righe o 120-150 parole per ciascun
quesito:
1. Quali sono le critiche che i movimenti alteromondialisti
muovono alle organizzazioni internazionali - che promuovono la
globalizzazione dell'economia ed il commercio libero?
2. Alteromondialista sono i movimenti che si oppongono
all’ordine mondiale esistente, criticando soprattutto la guerra e il
liberismo delle nazioni più potenti, in difesa dei diritti di quelle più
povere, Qual è l’origine di questi movimenti?
3. La globalizzazione è considerata da alcuni un fattore di
crescita economica e di diffusione del benessere. Qual è stata la
politica adottata dalla maggioranza dei governi a partire dagli
anni ottanta del secolo scorso che ha consentito l’avvio del
fenomeno della globalizzazione attuale?
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II
Capitale umano e crescita economica
«Dove saranno di casa, nei prossimi anni, nei prossimi decenni, il successo e la crescita? In
quei Paesi che sapranno investire nei propri cittadini. Perché il capitale umano è sempre più
importante; perché non basta possedere petrolio e materie prime per prosperare; perché le
persone e non le risorse o le macchine determinano già, ma lo faranno sempre di più, la nostra
ricchezza. Questa è la mia visione dell’umanità: le persone sono importanti [...] So che questo
termine, capitale umano, non piace ad alcuni. In Germania, nel 2000, c’è stato persino un voto
per abolirlo dalla lingua tedesca. No, io penso invece che il capitale umano, e dunque le
informazioni, la conoscenza e le abitudini stesse delle persone, siano decisivi. Di più: i Paesi
crollano se non investono nelle persone. Il XXI secolo segnerà la rivoluzione del capitale umano
e la conoscenza sarà – è già – il fondamento di ogni aspetto della vita umana [...] Tanto
maggiore è il livello delle competenze, tanto maggiori sono anche i benefici economici e i livelli
di reddito di chi queste conoscenze ha saputo acquisire e sviluppare [...] I laureati nel mondo
sono passati in quindici anni da 82 a 212 milioni e i siti internet da 9.300 a 110 milioni. Sempre
l’alta formazione vuol dire stipendi migliori e non dobbiamo pensare che la formazione e la
conoscenza abbiano ricadute solo sulla sfera economica. No, hanno a che fare anche con
salute, matrimonio, famiglia, crescita dei figli, capacità di pianificare meglio le risorse, migliore
adattabilità agli imprevisti. [...] Si deve puntare con forza ad un sistema scolastico di qualità:
meno alunni nelle classi, più insegnanti da pagare meglio (perché un bravo insegnante spesso
fa la differenza nella vita di una persona), programmi intensivi. [...] L’economia del XXI secolo
sarà più aperta verso le donne. Il loro grado di istruzione supererà quello degli uomini, già ora i
salari delle donne sono in crescita rispetto a quelli dei maschi e sempre alle donne tocca e
toccherà di trovare impiego in professioni assai importanti, nel passato al di fuori dei loro
orizzonti. [...] Il capitale umano è un potente motore di crescita e quei Paesi con scarsi
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investimenti in capitale umano sono destinati a soccombere nella competizione economica.
Certo, sono necessari altri cambiamenti per far sì che questa linea di condotta trovi compiuta
affermazione” [...] Ecco dunque, la necessità tanto di mercati del lavoro flessibili quanto delle
facilitazioni da garantire a chi avvia nuove attività imprenditoriali [...] Insomma, il fattore più
importante sempre più sarà legato a come i Paesi tratteranno la propria cittadinanza,
permettendo a tutti di partecipare in modo moderno alla vita della società.»
Gary Becker, Festival dell’Economia di Trento, edizione 2008
“ (…) L’istruzione viene generalmente percepita come un importante fattore di crescita per gli
individui e per le economie nel loro complesso. Tuttavia, solo in tempi relativamente recenti,
segnatamente all’inizio degli anni sessanta, la teoria economica ha incominciato ad occuparsi
sistematicamente di questo argomento. Le teorie che sono state elaborate possono essere
generalmente ricondotte a due filoni. Il primo, anche dal punto di vista cronologico, è quello
relativo alla teoria del “capitale umano”; il secondo viene ricondotto alle teorie della crescita
endogena.
In prima approssimazione, si può dire che le teorie sul capitale umano hanno come riferimento
l’individuo e i benefici, ad esempio in termini di reddito, che per esso derivano dal ricevere un
determinato tipo di istruzione; il secondo tipo di teorie ha invece come riferimento lo sviluppo di
un paese e i fattori che lo determinano, e si rifà, come si è appena detto, alle teorie della
crescita endogena, a partire dal modello elaborato da Lucas.
Il principio fondamentale delle teorie del primo tipo, che accomunano il capitale fisico a quello
umano, consiste nel fatto che nell’attività di apprendimento gli individui sacrificano tempo e/o
denaro in vista di un rendimento futuro: l’istruzione è un modo attraverso il quale gli individui,
proprio come per gli investimenti in capitale fisico, sopportano maggiori costi oggi per ottenere
maggiori guadagni domani. È pertanto possibile effettuare una stima del rendimento
dell’investimento in istruzione. Le teorie della crescita endogena mostrano tra l’altro come lo
stock di capitale umano sia uno dei fattori chiave che determinano il tasso di crescita del
prodotto. Attraverso un meccanismo simile a quello degli spillover tecnologici ( meccanismi di
diffusione della conoscenza al di là dei confini dell'organizzazione, o della regione dove le
risorse di conoscenza sono state generate per la prima volta, ndr) , un alto livello di capitale
umano tende ad alimentare un più elevato livello di ricerca scientifica, che a sua volta richiede
capitale umano: si innesta dunque un circolo virtuoso che determina alti tassi di crescita
economica. Inoltre il capitale umano è, come abbiamo detto sopra, requisito fondamentale per
l’attrazione degli investimenti esteri.
Accanto a questi effetti, se ne può certamente collocare uno che lega il livello di istruzione alla
produttività del lavoro, ovvero alla produttività totale, ricollegandosi al paragrafo precedente. In
conclusione, un capitale umano di migliore qualità, ottenuto attraverso investimenti in istruzione
e formazione, contribuisce alla crescita e al progresso tecnologico del Paese (…)
“ Conoscere per competere. Capitale umano, tecnologia e sviluppo economico” di Carlo Viviani, Docente di
Politica Economica,LUISS “Guido Carli”, in www.rivista.ssef.it
Il candidato

esponga le proprie riflessioni sull’importanza degli investimenti in capitale umano,
soffermandosi, in particolare, sulla relazione con la crescita e lo sviluppo
economico. Alla luce dell’importanza crescente dell’economia della conoscenza, il
candidato indichi quali potrebbero sono le politiche europee a sostegno di istruzione e
formazione
Quesiti di approfondimento per la II traccia
Il candidato risponda ai seguenti quesiti in un massimo di 10 righe o 120-150 parole per ciascun quesito
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1. Con l’età della globalizzazione
l’economia delle materie prime è stata
soppiantata dall’economia della
conoscenza. Qual è l’idea di fondo di
questa teoria?
2. Cosa testimoniano i dati sul livello del
capitale umano delle persone occupate nel
nostro Paese (tab. 1)?
3. Perché si può sostenere che differenziali
di capitale umano possono contribuire a
spiegare i differenziali di produttività del
lavoro e di produttività totale tra il nostro
Paese e i suoi concorrenti (tab. 2)?
III
Crisi della sovranità nazionale e diritto sovranazionale
“ (...) mi riferisco all’economia a mercato globale, quella del nostro tempo. Qui tutte le classiche
funzioni economiche perdono una connotazione nazionale. Non sono solo le merci a circolare
oltre i confini nazionali; la stessa organizzazione produttiva e distributiva si disloca e si ramifica
all’estero. Rilevazioni statistiche hanno messo in evidenza che nove fra le quindici maggiori
imprese del nostro tempo hanno più del 50% del loro patrimonio all’estero e cinque più del 70%;
sette hanno all’estero più del 50% e tre più del 70% dell’occupazione. Queste rilevazioni
contraddicono, o quanto meno rendono non più attuale, l’arcaica filosofia dell’imperialismo, che
attribuiva alle Grandi Potenze la funzione di spianare alle imprese nazionali la strada per la
conquista dei mercati mondiali. Gli odierni protagonisti della globalizzazione sono, piuttosto che
gli Stati, le imprese transnazionali. La Shell ha un patrimonio estero pari al 67,8% del totale, e
una occupazione estera pari al 77,9%; la Volkswagen ha un patrimonio estero pari all’84,8% ed
una occupazione estera pari al 44%; ma la Nestlé è l’impresa più globalizzante, con un
patrimonio estero pari all’86,9% ed una occupazione estera pari al 97%. Orbene, la prima di
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queste imprese ha capitale olandese, la seconda è tedesca e la terza è svizzera. Si può oggi
dominare il mercato mondiale senza avere alle spalle una grande potenza militare e neppure
una significativa potenza politica. Le imprese transnazionali possono fare a meno dell’una,
come dell’altra; hanno in se stesse la forza che le sospinge alla conquista dei mercati mondiali.
Con l’avvento del mercato globale l’economia si dissocia dalla politica. Siamo agli antipodi del
pensiero di Fichte: le imprese del nostro tempo, secondo i sociologi, «si muovono in uno spazio
abitato solo dall’economia, non anche dalla politica». I giuristi, a loro volta, denunciano
l’«arretramento della sovranità degli Stati» (…)
Globalizzazione dell’economia e universalità del diritto di Francesco Galgano, in
Politica Del Diritto / a. XL, n. 2, giugno 2009. Pag. 177-192
“Secondo un'opinione che gode di largo credito nel mondo occidentale, il sistema degli Stati
sovrani è ormai avviato a un rapido tramonto. Questo sistema si era affermato in Europa con la
pace di Vestfalia, che nel 1648 aveva concluso la guerra dei Trent'anni. E si era affermato come
il primo ordinamento internazionale veramente 'moderno': si fondava cioè sul pluralismo degli
Stati nazionali, territoriali e sovrani che erano sorti sulle rovine dell'universalismo politico
dell'Impero e del Papato. […]
Questo modello, stabilizzatosi in Europa nel corso del Settecento e dell'Ottocento, è divenuto
universale nei primi decenni del Novecento grazie all'espansione della comunità internazionale
ed è rimasto sostanzialmente immutato fino alla seconda guerra mondiale, subendo una
parziale revisione soltanto con la Carta delle Nazioni Unite. Pur proclamando solennemente
l'«eguale sovranità degli Stati» la Carta ha dato vita a un organo come il Consiglio di sicurezza,
che dispone di poteri sovranazionali molto ampi ed è egemonizzato - di diritto e non solo di fatto
- dalle cinque potenze vincitrici del conflitto mondiale. […]
Oggi - si sostiene - l'intero sistema vestfaliano è in declino perché la sovranità 'esterna' degli
Stati nazionali è soffocata dal potere soverchiante di autorità sovranazionali, mentre la sovranità
'interna' viene erosa, oltre che dall'interferenza di fonti normative esterne, da una serie di
contro poteri locali che rivendicano spazi di autonomia sempre più ampi.
Gli Stati nazionali sembrano aver perso le funzioni di controllo e di razionalizzazione delle forze
economiche, sociali e tecnologiche per le quali erano stati creati. Al posto del modello di
Vestfalia si sta affermando una modalità inedita di govemance globale in virtù della quale sia i
rapporti interstatali, sia i rapporti fra gli Stati e i loro cittadini sono sottoposti al controllo e al
potere di intervento di nuovi soggetti.
Si tratta di soggetti sovranazionali o transnazionali, dotati di poteri politici, economici e militari
per lo più informali o debolmente formalizzati. Questo si verifica sia a livello regionale - si pensi
in particolare al processo di integrazione europea -, sia a livello globale, grazie al ruolo svolto da
istituzioni come, fra le altre, le Nazioni Unite (e le numerose agenzie ad esse collegate), il
Fondo monetario internazionale, la Banca Mondiale, il G8, l'OCSE, l'Alleanza atlantica.
Se il sistema di Vestfalia è in crisi, si aggiunge, lo si deve anche al fatto che gli Stati nazionali
non sono in grado di affrontare i 'problemi globali' posti dai processi di integrazione: la garanzia
della pace attraverso la prevenzione dei conflitti locali, la perequazione dello sviluppo
economico, il controllo delle turbolenze finanziarie, l'utilizzazione razionale delle risorse,
l'equilibrio ecologico, il contenimento della spinta demografica della specie, la repressione della
criminalità internazionale, la protezione dei diritti fondamentali degli individui e in particolare
delle donne (con l'istituzione di corti penali internazionali).”
D. Zolo, Globalizzazione, Laterza, Roma-Bari, 2004
Il candidato

descriva il complesso fenomeno della globalizzazione economica, soffermandosi su
come il potere decisionale delle forze dei mercati abbia finito per prevalere sulla
efficacia regolativa delle legislazioni statali e delle istituzioni politiche ed economiche
internazionali. Nel commentare le tematiche sopra riportate, il candidato - illustrando le
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caratteristiche della sovranità dello Stato – chiarisca quali siano, a suo parere, le
principali sfide del mondo globalizzato che tale modello di sovranità non è in grado
di affrontare
Quesiti di approfondimento per la III traccia
Il candidato risponda ai seguenti quesiti in un massimo di 10 righe o 120-150 parole per ciascun quesito
1) L'Organizzazione mondiale del
commercio (OMC), conosciuta anche con il
nome inglese di World Trade
Organization (WTO), è un'organizzazione
internazionale cui aderiscono, al 3 marzo
2013, 159 Paesi a cui se ne aggiungono 25
con ruolo di osservatori, i quali rappresentano
circa il 97% del commercio mondiale di beni e
servizi. Qual è la funzione principale?
2) E’ convincimento comune che la
rivoluzione capitalistica dettata dalla
globalizzazione, a sua volta generata
dall’innovazione scientifico - tecnologica,
ridefinendo i rapporti tra la politica e
l’economia abbia favorito il sorgere - ma
sarebbe meglio dire il rinascere - di un
fenomeno giuridico non statale,
la lex mercatoria. Qual è il ruolo della lex
mercatoria nel contesto attuale e quali i suoi
protagonisti?
Mappa degli stati membri dell'OMC:
██ membri
██ membri rappresentati dalla UE
██ osservatori
██
3) Quali sono le norme della Costituzione
italiana che fanno da cornice alla collocazione
dell'Italia nell'ordinamento giuridico
internazionale?
IV
Crisi dell’euro, debito pubblico, politica monetaria
“L'euro crollerà a un rapporto di 1:1 contro il dollaro? Ecco la previsione clamorosa. Il 2015 è
l’anno del “o la va o la spacca” per l’Eurozona. A sei anni e mezzo dallo scoppio della crisi
finanziaria e a 5 anni dall’inizio dell’agonia della Grecia e della crisi dei debiti sovrani, la moneta
unica sembra essere stata messa in salvo da una scomparsa data quasi per certa nell’estate
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del 2012, prima che il governatore della BCE, Mario Draghi, pronunciasse quel drammatico
“whatever it takes”, segnalando ai mercati il 26 luglio di quell’anno che avrebbe protetto l’euro a
ogni costo.
Da allora, però, l’economia dell’Eurozona progressi ne ha fatti pochissimi. La Germania ha
continuato a crescere, seppur abbia rallentato negli ultimi mesi, ma il grosso dell’unione
monetaria è in stagnazione o in recessione, come dimostra anche l’azzeramento dell’inflazione,
al netto del crollo dei prezzi energetici, con alcune economie già in deflazione da molti mesi
(vedi Grecia e Spagna, anzitutto).
Nel frattempo, il rapporto tra debito e Pil si è portato mediamente sopra il 90% del Pil, ma con
punte del 177% in Grecia e del 133% in Italia. Lo stesso deficit è al di sopra del 3% massimo
previsto dal Patto di stabilità in gran parte dei paesi dell’Eurozona. Eppure, la fiducia riposta dai
mercati nella BCE ha fatto crollare i rendimenti dei bond governativi ai minimi storici quasi
ovunque, mentre l’allarme spread sembra cessato…….. “
intervista a Martin Feldstein, docente di Economia all’Università di Harvard, in INVESTIREOGGI , 2/01/2015
«Non ci sono soldi». Sembra essere questo il motivo principale per cui in Italia non si fanno le
riforme. Nonostante l’Italia cresca meno dell’Europa da oltre un decennio e la necessità di
riforme sia sentita da tutti gli italiani e conclamata da tutti i politici, le riforme non si fanno. Quale
che sia il colore politico dei governi, quale che sia la congiuntura. Non si fanno quando
l’economia mondiale è al galoppo e neppure nei momenti di crisi quando, forse, sarebbe più
facile trovare il consenso invocando le condizioni di emergenza. L’unica cosa cui ci siamo
abituati sono gli annunci, ai quali prontamente non segue alcuna realizzazione e che finiscono
immancabilmente per accentuare la frustrazione degli italiani. Il nostro Paese ha un urgente
bisogno di riforme nel sistema formativo e nel mercato del lavoro, nell’organizzazione dello
Stato e nella pubblica amministrazione, nel governo dell’immigrazione, nella regolamentazione
delle professioni, nel mercato del credito, nei criteri di selezione della classe politica e nella
previdenza, solo per citare alcuni dei temi(…). Indietro di quindici anni. La grande crisi
finanziaria (2008-2009) e poi la successiva crisi del debito pubblico ci hanno messo di fronte
drammaticamente ai costi delle mancate riforme.
“Le riforme a costo zero” di Tito Boeri e Pietro Garibaldi, Chiarelettere, Milano, 2011
Il candidato
 dopo aver illustrato le linee generali di politica monetaria e di bilancio, anche alla
luce del trattato di Maastricht che ha introdotto importanti vincoli alle scelte di politica
economica degli Stati membri, si soffermi, in particolare, sulla politica di bilancio
dell’Italia approfondendo, in particolare, l’analisi di uno degli ambiti - indicati da
Boeri e Garibaldi – passibili di riforma per migliorare la situazione economica.
Quesiti di approfondimento per la IV traccia
Il candidato risponda ai seguenti quesiti in un massimo di 10 righe o 120-150 parole per ciascun quesito
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L’immagine a sinistra rappresenta
l’andamento del debito pubblico italiano in
miliardi di euro negli ultimi tre anni.
-----------L'Italia, terza economia dell'Eurozona, ha un
debito pubblico che ha superato quota 2 mila
miliardi. Per l'esattezza siamo a 2.148 miliardi.
La Francia, seconda economia dell'Eurozona,
ha un debito pubblico di 2 mila miliardi. E la
Germania, prima sul podio, ha un debito
pubblico di 2.147 miliardi di euro.
1. Cos’è il debito pubblico?
2. Che rapporto c’è tra debito pubblico e
deficit di bilancio?
3. Quale informazione fornisce il dato sul
debito pubblico?