12-10-2004 14:36 Pagina 1 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.A. -Spedizione in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n°46) art.1 comma 1, DCB Genova TGE41304Gior17 ORT.qxp ANNO V | NUMERO 17 | OTTOBRE | DICEMBRE 2004 2 3 4|5 6 7 7 8 La Centaura La Centaura Festival Teatri d’Europa Candido Soap Opera Musical I mestieri del Teatro Teatro e Università Lo Stabile e la Città Articoli di Franco Vazzoler e Guido Davico Bonino Conversazione con Ronconi la locandina e la trama Gli ospiti stranieri alla Corte Lavaudant, Bausch, Nekrosius Ripresa dello spettacolo i protagonisti e le recensioni Elettricista e fonico intervista a Ciraulo e Torlai Incontri nel foyer presentazione di Salotti Un teatro per Ivo Chiesa Un viale per De Ceresa L o s p e t t a c o l o d e l l o S t a b i l e a p r e a l l a C o r t e l a S t a g i o n e e i l F e s t i v a l Te a t r i d ’ E u r o p a Melato donna e centaura LUCA RONCONI CARLO REPETTI nizia una nuova stagione teatrale, e inizia accompagnata dal grande esito ottenuto dal 2004 di Genova Capitale Europea della Cultura. Anche il Teatro Stabile di Genova vuole contribuire a questo obiettivo e, grazie al fondamentale aiuto della Comunità Europea, può offrire al pubblico un importante Festival dei Teatri d’Europa, il primo nella storia culturale della nostra città, un Festival nel quale quattro grandi maestri del teatro internazionale proporranno quattro differenti idee di spettacolo, di cultura. E così, perché proprio il viaggio è il tema principale di “Genova 2004”, andremo in viaggio da Vilnius a Wuppertal, da Parigi a Genova. Anche il nostro spettacolo La Centaura apre questo Festival e la stagione con un viaggio, un’avventura nel teatro barocco, così ricco di suggestioni quanto poco conosciuto; un viaggio che avvicina la Genova di Rubens, di Via Garibaldi, dello splendore seicentesco, alle immaginifiche storie di Giovan Battista Andreini; un viaggio che ci farà attraversare i mondi che costituivano l’universo fantastico del barocco: la commedia, la pastorale, la tragedia; un viaggio che porta ancora una volta a lavorare per noi le due massime espressioni del teatro italiano, Luca Ronconi e Mariangela Melato. Produrre questa Centaura (realizzata in collaborazione col Teatro Metastasio), pensiamo anche sia un’operazione perfettamente in linea con quelli che sono i compiti di un Teatro Pubblico: proporre Teatro d’Arte, cioè spettacoli realizzati al livello più alto possibile in ogni loro componente (dalla regia alla scena, dagli attori alle luci e così via), ma anche spettacoli che siano ricerca dell’inconsueto, del particolare, dello sconosciuto, del testo mai o raramente rappresentato (come in questo caso), spettacoli che oltre alla ricerca del nuovo sulla scena, formino anche i protagonisti del domani: nella Centaura lavorano infatti ventiquattro attori, in maggioranza giovani provenienti dalle tre maggiori scuole italiane, l’Accademia d’Arte drammatica di Roma, la Scuola del Piccolo di Milano e quella dello Stabile di Genova. I (segue a pag. 5) METTE IN SCENA IL “MERAVIGLIOSO” BAROCCO ariangela Melato è la protagonista di un viaggio fantastico nella drammaturgia barocca, di una grande festa del teatro orchestrata con giocosa libertà da Luca Ronconi. La Centaura di Giovan Battista Andreini, prodotto dal Teatro di Genova in collaborazione con il Teatro Metastasio - Stabile della Toscana, è lo spettacolo che giovedì 14 ottobre (ore 20.30 alla Corte) inaugura insieme la stagione dello Stabile e il Festival dei Teatri d’Europa, organizzato nell’ambito delle iniziative per Genova Capitale Europea della Cultura. La vicenda rappresentata ruota intorno a una vorticosa storia d’amore e pazzia, di genitori e figli, di fuga e incontri nella selva dei Centauri, di violenza e gelosia, di mostruosi rispecchiamenti. Le teatrali meraviglie di Andreini s’intrecciano nella storia di due sorelle - una donna e l’altra centaura - entrambe interpretate da Mariangela Melato, dando origine a un coinvolgente gioco di allegorie, d’iperboliche passioni, di agnizioni e di magie. Accanto a Mariangela Melato, recitano nello spettacolo (in scena sino a giovedì 4 novembre) Roberto Alinghieri, Riccardo Bini, Massimo Brizi, Sara Cianfriglia, Arianna Comes, Emilio Dino Conti, Stefano Corsi, Giovanni Crippa, Pasquale di Filippo, Raffaele Esposito, Ludovico Fremont, Luca Giordana, Alberto Giusta, Mario Menini, Stefano Moretti, Enzo Paci, Flavio Parenti, Franca Penone, Tea Sammarti, Marco Sciaccaluga, Simone Toni, Mariangeles Torres, Antonio Zavatteri. Le scene sono di Margherita Palli, i costumi di Gabriele Mayer, le musiche di Paolo Terni e le luci di Sandro Sussi. M La trama COMMEDIA - ATTO I Il primo atto è Commedia e si svolge nell’isola di Creta, poco lontano dal luogo in cui Dedalo costruì il suo labirinto. I vecchi Soliquio e Tritonio sono scontenti dei loro figli, Lelio e Filenia, che si sono innamorati, rifiutando l’uno di sposare la ragazza ricca sceltagli dal padre e l’altra essendo fuggita di casa per seguirlo. Decidono di farli rinchiudere in manicomio per rinsavirli. Poco lontano, Lidia, figlia del re di Rodi Cercàso, racconta alla fida Bernetta la storia della sua famiglia macchiata dalla nascita, prima di lei, di una figlia centaura, creduta frutto dell’adulterio della madre e ingiustamente abbandonata sulle acque. Lidia racconta anche come, innamoratasi di Fidimarte, lo abbia sposato contro il volere del padre e sia con lui fuggita a Creta sotto falso nome (in realtà si chiama Trinea), ma come ora costui (che si fa chiamare Capitan Rinoceronte) l’abbia lasciata sola per andare alla guerra. (segue a pag. 3) Grandi eventi dai Teatri d’Europa Festival per GeNova 04. Con Ronconi, Pina Bausch, Lavaudant e Nekrosius a rappresentazione di La Centaura inaugura il primo Festival Teatri d’Europa (14 ottobre-27 novembre), realizzato dallo Stabile genovese con il contributo del Comitato GeNova04. Quattro grandi spettacoli internazionali, tre ospiti stranieri: Il giardino dei ciliegi (La Cerisaie) di Anton Cechov con la regia di Georges Lavaudant (9, 10, 11 novembre), Kontakthof mit Damen und Herren ab 65 della più grande coreografa contemporanea, Pina Bausch (18, 20, 21 novembre), e Amleto (Hamletas) di William Shakespeare con l’acclamata messa in scena di Eimuntas Nekrosius (25, 26, 27 novembre). Per il pubblico genovese, una preziosa occasione culturale, che vedrà confrontarsi sul palcoscenico della Corte quattro grandi registi e altrettanti centri di produzione fra i più importanti e vitali d’Europa: lo Stabile di Genova, il Théâtre de l’Odéon di Parigi, il tedesco Tanztheater di Wuppertal e il lituano Teatro di Vilnius. Al fine di agevolare al massimo la comprensione degli spettacoli, Il giardino dei ciliegi e Hamletas saranno rappresentati con traduzione elettronica. Gli abbonati dello Stabile possono liberamente scegliere tutti gli spettacoli di prosa del Festival Teatri d’Europa e assistere a quello di Pina Bausch con il 30% di sconto. (servizi a pagg. 4 e 5) L AL DUSE, «CANDIDO SOAP OPERA MUSICAL» “Videoclip” illuminista Rappresentata sul finire della scorsa stagione come novità assoluta, torna sul palcoscenico del Duse (23 novembre - 5 dicembre) la rivisitazione in forma di “soap opera musical” del Candido di Voltaire, prodotta dal Teatro Stabile di Genova nell’ambito delle attività per GeNova04. Lo scrittore Aldo Nove e il regista-musicista Andrea Liberovici sono partiti dai contenuti «tremendamente attuali» del capolavoro della letteratura del Settecento per ricavarne una sorta di grande “videoclip” illuminista. Candido e Cacambo, venditori del Nulla per conto del potente manipolatore Pangloss, si avventurano nel mondo contemporaneo. Sulla loro strada s’imbattono in guerre, fanno la conoscenza di un missile intelligente, vedono le conseguenze del crollo delle ideologie, attraversano, sempre virtualmente, i continenti. Incontrano anche la Vecchia, sempre alle prese con i lifting per ringiovanire, e la bella Cunegonda, anche lei venditrice (dapprima del superfluo e poi del proprio corpo), della quale Candido s’innamora perdutamente. Uno spettacolo ricco di ritmo e di musica, caratterizzato da una struttura narrativa che vede interagire gli attori in carne ed ossa con altri che esistono solo in video. (continua a pag.6) In alto: Mariangela Melato donna, nel ruolo di Lidia, e centaura, nel ruolo di Rosibea A sinistra: la famiglia dei centauri: Arianna Comes (Crinea), Simone Toni (Plageone), Ludovico Fremont (Efinoo). Sopra (in senso orario): scene di Kontakthof, Il giardino dei ciliegi, Hamletas (foto Marcello Norberth) Il Teatro della Corte intitolato a Ivo Chiesa Con due cerimonie molto affettuose, il 21 settembre la città di Genova ha intitolato il Teatro della Corte a Ivo Chiesa e dedicato a Ferruccio De Ceresa un viale nei giardini di Brignole. Con la moglie e il figlio di Chiesa, Laura e Massimo, e il fratello di De Ceresa, Bruno, erano presenti le autorità cittadine (il vicesindaco Ghio e gli assessori Borzani del Comune e Castellani della Provincia), personalità delle istituzioni (il giudice costituzionale Fernanda Contri) e dell’Università (il prof. Buonaccorsi), il vicepresidente vicario Maurizio Scaparro e il vicepresidente teatro Enzo Gentile dell’Agis nazionale, il presidente dell’Antad Luca De Fusco con molti direttori di teatri pubblici, il direttore dello Stabile genovese Carlo Repetti con il condirettore Marco Sciaccaluga, tanti attori con in primo piano Mariangela Melato ed Eros Pagni, i collaboratori e gli amici di sempre. (servizio a pag. 8) TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:36 Pagina 2 La Centaura 2 «Tr a t u t t i n o n c 'è i l p i ù stravagante di questo suggetto i n t i t o l a t o L a Ce n t a u r a » (ANDREINI) « L' u n i o n e d e g l i o p p o s t i , d i r i s o e p i a n t o, d i b a s s o e a l t o, f a p e n s a re a l l e t r a g i c o m m e d i e d i S h a ke s p e a re » ( V A Z Z O L E R ) Isabella Andreini «Altro che di Centaura io non poteva imporre il nome a quest'opra con più corpi e mostruosissima in sé stessa» ( A N D R E I N I ) «Andreini è davvero “peregrino” e “stravagante”, due aggettivi che hanno per radice quella del viaggiare e vagare» ( D A V I C O B O N I N O ) Nel labirinto della Centaura Giovan Battista Andreini e il gioco teatrale di Luca Ronconi Il primo incontro di Ronconi con Giovan Battista Andreini - nel 1972, La Centaura: saggio con gli allievi dell’Accademia d’Arte drammatica - presenta un interessante collegamento con l’Orlando Furioso di cui è poco posteriore. Da allora, nella attività di Ronconi le “occasioni” legate a Giovan Battista Andreini si sarebbero moltiplicate: Le due comedie in comedia (Biennale Venezia, 1984); Amor nello specchio (Accademia, 1987); la lettura alla Sapienza di Roma, nel 1989, di brani del Convitato; infine Amor nello specchio con Mariangela Melato (Ferrara, estate 2002) davanti al Palazzo dei Diamanti. Dunque, Andreini è nel lavoro di Ronconi, forse, l’autore italiano a cui è tornato con maggiore assiduità, quasi con la volontà di trasformarlo in un “classico”. E non è da trascurare il fatto che in questo modo Ronconi abbia contribuito, attraverso la scena, a stimolare gli Andreini è l’autore italiano cui Ronconi è tornato con maggiore assiduità, quasi con la volontà di trasformarlo in un “classico” studi su questo autore che oggi appaiono, a livello scientifico, ormai consistenti e maturi, anche se non ancora definitivi. Non soltanto, infatti, questi incontri con Andreini (siano il saggio dell’Accademia o lo spettacolo alla Biennale di Venezia) consentono la scoperta di una grande drammaturgia italiana, sempre trascurata, ma offrono una inedita (almeno per le scene) lettura della Commedia dell’Arte, guardando ad essa, come osserva Ferdinando Taviani, «alla luce della sua storia e non del mito», senza lasciarsi «incantare dalle maschere degli Arlecchini», ma rifacendosi a «ciò che davvero resta come reperto del professionismo teatrale dei comici dell’Arte: non l’idea vaga d’Improvvisazione, ma i libri in cui alcuni comici di professione cercarono di metamorfosare il loro sapere scenico». Così, dopo Amor nello specchio, lo spettacolo di due anni fa a Ferrara, proseguendo questa logica - e grazie alla presenza di Mariangela Melato, che ne era stata la protagonista - il ritorno alla Centaura realizza anche un “dittico”. Edita a Parigi nel 1622 e dedicata a Maria de’ Medici, La Centaura è uno dei testi pubblicati durante la tournée francese della compagnia dei Fedeli, al servizio del duca di Mantova. La compagnia in quell’occasione era per la seconda volta in Francia, dopo il soggiorno del 1613-14, ma priva di alcuni attori significativi: il co-direttore Pier Maria Cecchini (Frittellino), la moglie Orsola Posmai (Florinda) e Aniello Testa (Aurelio). È questa compagnia che traspare, attraverso i ruoli, dietro il sistema dei personaggi della Centaura: Giovan Battista è Lelio, Capitan Rinoceronte è Girolamo Garavini, Bernetta è Urania Liberati, Filenia il cui vero nome è Florinda è la moglie di Giovan Battista,Virginia Ramponi, e Lidia è Virginia Rotari, che sposerà Giovan Battista dopo la morte della Ramponi ed era da tempo sua amante, in una sorta di ménage à trois ufficializzato; i due vecchi erano il veneziano Federico Ricci, il Pantalone della compagnia (probabilmente Soliquio) e il bolognese Giovanni Rivani, che recitava nel ruolo del Dottore (qui Tritonio); a Lorenzo Nettuni, chiamato Fichetto, potrebbe corrispondere il ruolo di Fedele. Secondo Taviani «la presenza di nomi fissi della compagnia dei Fedeli non basta a dimostrare che La Centaura sia stata effettivamente rappresentata»; ma offre lo stesso una immagine della compagnia e crea una omologia analogica Comico e drammaturgo di Guido Davico Bonino fra il teatro e il libro, fa questo lo specchio dell’altro, garantisce la sopravvivenza dell’uno nell’altro. La chiave per capire la struttura della Centaura è quella non della fusione dei generi, del loro mescolamento, ma piuttosto quello della loro metamorfosi: per cui anche l’atto comico e quello pastorale sia nello sviluppo della fabula (la commedia non si chiude in alcun modo, ma lascia aperto lo spazio dell’avventura; il temporaneo lieto fine della pastorale è incrinato dalla notizia che Cercaso sta morendo), sia nella compresenza di toni discordanti (il comico ridicolo, il patetico, il luttuoso) - finiscono per saggiare tutti i livelli e tutti i generi. Ecco allora il valore non classicistico dell’unione degli opposti, di riso e pianto, di basso e alto, di tragedia e commedia che fa pensare alle tragicommedie shakespeariane. Anche se poi, a ben vedere, tutta l’operazione drammaturgica di gioco evidentemente parallelo degli equivoci sulle persone) che dominano l’atto centrale fino alla scena del rogo, dove gli equivoci (che coinvolgono Tirsi e Filenia, ma anche i genitori Soliquio e Tritonio) continuano fino in punto di morte e sono sciolti grazie al meccanismo dell’agnizione. Se la reggia del terz’atto è l’emblema della politica del “secolo di ferro”, l’arcadia-isola del secondo atto è la terra di confine fra un mondo selvaggio, primitivo e la storia; e l’ospedale dei pazzi, intorno a cui ruota il primo atto, allude alla confusione di un mondo alla rovescia, in cui, nella chiave di una vorticosa comicità, non si distingue più fra amore finto e amore vero, fra pazzia vera e finzione della pazzia. Giovan Battista Andreini, chi è costui? (…) Si potrebbe, sbrigativamente, limitarsi a rispondere che è un attore-commediografo: uno di quegli interpreti-scrittori (…) alla cui rilettura, negli ultimi vent’anni, dobbiamo il radicale ribaltamento della tradizionale (ed errata, almeno in grossa parte) concezione della Commedia dell’Arte come commedia “all’improvviso”, senza dunque un copione minuziosamente scritto in precedenza, e di improvvisazione soprattutto mimico-gestuale-ginnico-coreutica, sulla base di un’ispirazione grossamente popolare (quando non oscena), comunque non colta e poco o nulla “letteraria”. Ma forse sarebbe opportuno aggiungere che l’Andreini era figlio d’arte; che fu un attore dalla vicenda biografica, e quindi dalla esperienza culturale, europea; che fu uno scrittore (non solo per il teatro) di una versatilità straordinaria. (…) Dal 1604 al 1651, tre anni dunque prima di morire, Andreini (nato forse nel 1579) pubblica in undici città diverse (ci sono Milano, Firenze, Bologna, Casale, Venezia, Ferrara, Mantova, Torino, Vicenza, Pavia, ma c’è anche Parigi, città dove era tutt’altro che semplice pubblicare per uno straniero e per un attore) qualcosa come trentuno tra opere e (chiamiamole così) operine. Ci sono anni particolarmente prolifici, come il 1623, in cui arriva a pubblicare cinque opere; ma ciò che colpisce non è la quantità, semmai la varietà della sua adesione ai più disparati generi letterari. È, intanto, poeta: elegiaco-mitologico (Il pianto di Apollo, 1606), burlesco (L’olivastro, ovvero il poeta sfortunato, 1642), soprattutto sacro, nel metro canonico del genere, l’ottava rima (La Maddalena, 1610; La divina visione, 1623; Il Cristo sofferente, 1651): e ci sarebbe, tra l’altro, da chiedersi quanto vi sia di genuino, in lui, in codesta scelta preferenziale e quanto, invece, di tatticamente precostituito, per darsi un inattaccabile status devozionale (chi scrive quelle ottave, non dimentichiamocelo, è pur sempre un attore). Ma poi è, essenzialmente, un drammaturgo, che non si risparmia: ad esempio, nella cosiddetta poesia drammatica, d’occasione, se deve “mettere in uso” la scrittura teatrale per celebrazioni civili, da quel Mincio ubbidiente, del 1620, intermezzo drammatico con musiche, per l’inaugurazione di un’opera di ingegneria sul fiume omonimo, all’Arno festeggiante del 1636. Ma anche quando si mette al tavolino libero da committenze, implicite o esplicite, Andreini è davvero “peregrino” e “stravagante” (due aggettivi-chiave, tra l’altro, nella poetica letteraria del secolo, che Giovan Battista fa suoi, o parlando del proprio lavoro o sottointitolando singole opere): due aggettivi che, ove appena si rifletta al loro etimo, hanno poi per radice quella del viaggiare e vagare ovunque: e del traversare, così facendo, tutti i generi teatrali dell’epoca. Una è tragedia in versi sciolti (Florinda, 1606); dieci sono propriamente le sue commedie (Lo Schiavetto; 1612; La Venetiana, 1619; La Centaura, Amor nello specchio, La Sultana, Li duo Lelii simili, La Ferinda, tutte del 1622; Le due comedie in comedia, del 1623; La Campanaccia, 1627; La Rosa, 1638); quattro sono commedie (o tragicommedie) boschereccie (La Turca, 1611; Lelio bandito, 1620; La Rosella, 1632, Li duo baci, 1634); un paio sono opere pastorali (L’Ismenia, 1639 e Lella piangente, 1644): ma prima sono venuti quella sorta di protomelodrammi, che sono le sacre rappresentazioni in versi, (con musiche altrui) Maddalena e Adamo rispettivamente del 1617 e del 1613, la seconda divenuta celebre perché sembra che Milton ne abbia tratto qualche spunto per il suo Paradiso perduto. (…) Estratto dal saggio pubblicato nel volume edito da “Il Melangolo” Franco Vazzoler estratti dal saggio pubblicato nel volume edito da “Il Melangolo” in occasione dello spettacolo In alto: Mariangela Melato (Lidia) e Giovanni Crippa (Fidimarte) A sinistra: Riccardo Bini (Re Cercàso), con Pasquale Di Filippo (Artalone) e Stefano Moretti (Perlino) Andreini ha una dimensione metateatrale, come è evidente dal progetto stesso di una gabbia strutturale che basa i tre atti sui tre generi teatrali, realizzando quella sorta di “summa” dei tre generi codificati dalla tradizione; e all’interno di questa metateatralità si colloca l’esibizione dei meccanismi della gemellarità e dei travestimenti (il La chiave per capire “La Centaura” non è la fusione dei generi, ma la loro metamorfosi Gli spettacoli ospiti dal 15 ottobre al 9 gennaio Ivanov La vedova scaltra di Anton Cechov Duse 15 / 27 ottobre di Carlo Goldoni Duse 16 / 21 novembre Il male di vivere di un novello Amleto nella Russia di fine Ottocento. Scritto da Anton Cechov a soli 27 anni, Ivanov viene presentato in prima nazionale nel nuovo allestimento del Progetto URT, che lo ha realizzato in collaborazione con il Teatro Stabile di Genova. Lo spettacolo è diretto e interpretato da Jurij Ferrini, con attori quasi tutti formatisi alla Scuola di Recitazione dello Stabile. Martedì 19 ottobre (ore 17.30) nel foyer della Corte, l’Associazione per il Teatro Stabile di Genova organizza un incontro con Jurij Ferrini e gli attori della compagnia. Interverrà il prof. Giampaolo Gandolfo. La bella Rosaura si destreggia tra quattro pretendenti di nazionalità diversa. Una Commedia di Carattere che preannuncia il capolavoro della Locandiera. Regia di Marco Bernardi, con Patrizia Milani e Carlo Simoni. ottobre | dicembre 2004 Zio Vanja di Anton Cechov Corte 30 novembre / 5 dicembre Per il grande drammaturgo russo di cui ricorre quest’anno il centenario dalla morte, la tragedia, o se si preferisce la commedia dell’esistenza sta nell’essere condannati al quotidiano e nel veder tramontare i propri sogni col passare del tempo. Con Alessandro Haber e Manuela Mandracchia, per la regia di Nanni Garella. Il viaggio di Fabrizio De André di Pino Petruzzelli e Luigi Viva Duse 7 / 12 dicembre La vita e le opere del cantautore genovese raccontate da Mauro Pirovano e Pino Petruzzelli, il quale sottolinea: «I testi di Fabrizio De André puoi leggerli anche senza la musica e la voce dell’autore, perché sono veri e umani, intrisi di un senso alto della cultura popolare». L’avaro di Molière Corte 9 / 19 dicembre Un classico della storia del teatro di tutti i tempi. Un capolavoro capace di rivelare sempre qualcosa di nuovo dell’umanità e del mondo. Gabriele Lavia, protagonista e regista, ha messo in scena uno spettacolo di grande suggestione teatrale, recentemente premiato agli Olimpici del teatro per la regia e come migliore spettacolo dell’anno. Vecchi tempi di Harold Pinter Duse 14 / 23 dicembre Due attrici (Galatea Ranzi e Valentina Sperlì) e un protagonista della scena italiana (Umberto Orsini) alle prese con i fantasmi del passato evocati da un grande drammaturgo, sempre alla ricerca di un senso della vita. Un classico del teatro del Novecento, per la regia di Roberto Andò. e citazioni letterarie. La risata come potente antidoto contro violenze, intolleranze e razzismi vecchi e nuovi. Pigmalione (My Fair Lady) di George Bernard Shaw Corte 28 dicembre / 9 gennaio Oylem Goylem di e con Moni Ovadia Corte 20 / 23 dicembre Umorismo e tradizione ebraica, intelligenza colta per uno spettacolo popolare. Moni Ovadia e i suoi musicisti usano con grande sapienza teatrale le forme del cabaret classico: brani musicali e canti si alternano a storielle, aneddoti La scommessa del professore di fonetica: trasformare in una dama dell’alta società una fioraia dall’orribile pronuncia cockney. Dal teatro di prosa al musical hollywoodiano, e ritorno. Una commedia che negli anni conserva tutto il suo fascino. Con Geppy Gleijeses, Marco Messeri, Marianella Bargilli e Valeria Fabrizi. Regia di Roberto Guicciardini. TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 3 La Centaura 3 CONVERSA ZIONE CON LUCA RONCONI, REGISTA DI “LA CENTAURA” IN SCENA AL TEATRO DELLA CORTE-IVO CHIESA Un viaggio nella pura teatralità Figure iperboliche, pluralità di generi, agnizioni: la metafora del mondo Il titolo e il suo doppio La Centaura è un titolo dalla doppia valenza. Non fa riferimento solo alla Centaura come personaggio, ma sottolinea anche (come ben puntualizza lo stesso Andreini) che Centaura è la commedia stessa, composta com’è di più generi teatrali. Vi si racconta una storia di figli perduti, di genitori e di sorelle ritrovate, e lo si fa in varie forme che attraversano tutta la vicenda, costruendo un tessuto drammaturgico interessante, anche perché si esplica sia nell’incontro con persone identiche a sé (e nello stesso tempo da sé diverse), sia nel ricongiungimento finale, anche se in termini catastrofici, del rapporto genitori e figli. Commedia metafisica Si potrebbe dire che La Centaura è piuttosto una commedia metafisica. Si ponga attenzione, ad esempio, alla scena sesta del terzo atto in cui Lucrenio e Fermino riassumono la vicenda e parlano del rapporto tra il male del mondo e la provvidenza divina. Si tratta di una scena marginale dal punto di vista narrativo, ma fondamentale per la comprensione del testo. In modo coerente con lo spirito controriformista, Andreini porta in primo piano l’idea provvidenziale che infine “tutto si converte al bene”. Poco importa, in fin dei conti, che Andreini affermi questo per convinzione personale o, come è legittimo pensare, per opportunismo: il fatto è che il suo teatro partecipa di questa idea provvidenziale, dove, infine, tutti i contrari si risolvono. suggerire che la realtà sia pura rappresentazione, pura teatralità, che abbia per destinatario uno spettatore trascendente. Spirito barocco Il nostro non è uno spettacolo barocco nel senso scenografico del termine. Sarebbe sbagliato attendersi questo.Del resto,se ben si leggono le didascalie dello stesso Andreini, si scopre che anche lui non aveva affatto in mente uno spettacolo costruito su effetti speciali meravigliosi. Si limita solo a indicare una semplice attrezzeria teatrale e invita lo spettatore a collaborare con la sua fantasia alla situazione,piuttosto che aspettarsi l’esibizione scenografica del meraviglioso. In questo senso, il nostro non è certo uno spettacolo di figuratività barocca, anche se sarà sicuramente uno spettacolo di spirito barocco. Viaggio nel teatro La Centaura può essere raccontata come il viaggio (o se si preferisce la fuga) di un gruppo di persone - gli amanti e i loro famigliari - attraverso altri mondi in cui incontrano anche delle figure parallele. E questo tema si salda con l’altra struttura del viaggio proposta dal testo in quanto percorso lungo i tre generi dominanti nel teatro del tempo: la Com- doppio (o del sosia) e quello dell’agnizione. La Commedia non è più quella che intendiamo oggi, la Pastorale non sappiamo più neppure che cosa sia e lo spirito della Tragedia se ne è scappato via già da tempo dai nostri palcoscenici; ma il viaggio teatrale che ci propone Andreini ha ancora molti motivi per essere fatto. Personaggi iperbolici I personaggi della Centaura sono figure iperboliche, personaggi estremi. L’ambito primordiale della loro esistenza è l’impersonalità della passione e non l’individualità della psicologia. Sono personaggi attraversati dalle passioni. Ci sono pochissimi sentimenti, ma una fortissima passionalità. E allora si capisce anche perché alcuni personaggi siano centauri: nella loro componente bestiale c’è una parte significativa della natura umana. I luoghi e la scena Il luogo centrale del primo atto di La Centaura è un manicomio, da cui i personaggi escono ed entrano come da una specie di mondo insano, dove i genitori sono corrotti o ottusi, comunque sempre oppressivi, e dove il rapporto coniugale è inesorabilmente contrassegnato dal- Metafora del mondo La Centaura propone la teatralità come una specie di categoria eterna. Fa riferimento a un’idea di teatro diversa dalla nostra. Per noi, il teatro è la rappresentazione di un fatto di fronte a una società, con Andreini invece si ha sempre l’impressione che il teatro del mondo sia una rappresentazione fatta per un occhio superiore, anzi che anche il mondo rappresentato sia tutto in funzione di questo occhio superiore. Il teatro diventa così metafora del mondo, piuttosto che suo specchio. Lungi dall’essere un riflesso della realtà, il teatro di Andreini sembra Scena corale nel manicomio di Stillino (Riccardo Bini, al centro) media (l’evasione), la Pastorale (l’approdo) e la Tragedia (la conclusione).Tanto è vero che questo viaggio - attraverso tre luoghi, ma anche tre vortici che risucchiano i personaggi al loro interno - porta ben presto in primo piano due temi che appartengono alla tradizione più classica del teatro: vale a dire, quello del l’infedeltà: pur rappresentata comicamente, la famiglia esce alquanto malconcia dal primo atto, e in generale da tutta La Centaura. Nel secondo atto, quello denominato “Pastorale”, il primato della natura crea l’attesa di una settecentesca Arcadia rasserenante, laddove invece, pur sempre con divertimento, ci si trova gettati in un mondo di bestialità, di violenza, d’incesti, di aggressioni e di omicidi. Nel terzo atto, infine, la scena diventa non solo il luogo dell’Inganno,della Bugia e dell’Adulazione (come sottolinea l’allegoria iniziale),ma soprattutto il luogo del lutto, più simile a un “Trauerspiel” che a una vera Tragedia. Con più specifico riferimento alla cultura italiana, potrei poi aggiungere che la vera figura teatrale che attraversa come un filo invisibile tutti e tre i “generi” che compongono La Centaura sia quella del melodramma. Teatro come gioco In un periodo in cui l’elemento ludico sembra essere fuggito dal palcoscenico del mondo, mi piace ricordare a me stesso e agli altri che il teatro non cessa di essere un gioco. È quest’una delle cose che apprezzo di più nel teatro barocco e in particolare in quello di Andreini: il ritrovarvi quell’elemento di gioco troppo spesso perduto.Attenzione, però: il gioco non va confuso con il disimpegno, perché in qualche modo è sempre la via attraverso la quale si esprime una visione del mondo. Lo spettatore La Centaura chiede allo spettatore un preciso ruolo. Quello dello spettatore, appunto: un occhio posto al di fuori dell’azione. Il principio di identificazione è estraneo alla Commedia dell’Arte. Quando parlo del teatro come gioco, intendo anche che lo spettatore è invitato a partecipare al gioco, non a identificarsi con i personaggi, i quali in questo tipo di teatro sono sempre in funzione del gioco e mai si propongono come specchio degli spettatori. Ogni gioco ha delle regole alle quali bisogna attenersi: chi non lo fa corre il rischio di perderne il contatto, ma tutti gli altri possono trarne, come dice anche Andreini, “diletto e conoscenza” (lui preferisce parlare di “edificazione”), giungendo a scoprire che il barocco spirito ludico, lungi dall’essere inutile e vacuo, è in grado di sortire esiti emozionanti. estratti dalla conversazione a cura di Aldo Viganò pubblicata nel volume edito da “Il Melangolo” Il teatro di Luca Ronconi nel Foyer della Corte RASSEGNA VIDEO - INGRESSO LIBERO In occasione della messa in scena di La Centaura lo Stabile di Genova propone nel foyer del Teatro della Corte una rassegna video di spettacoli diretti da Luca Ronconi. 1/10 (ore 16): L’affare Makropulos; 6/10 (ore 14.30): Lolita; 8/10 (ore 16): Infinities; 13/10 (ore 16): Le rane; 15/10 (ore 14.30): Il lutto si addice ad Elettra; 20/10 (ore 16): Amor nello specchio; 22/10 (ore 16): Le baccanti; 27/10: (ore 15): Quel che sapeva Maisie; 29/10 (ore 16.30): Prometeo incate nato. L A TR AMA (continua da pagina 1) Ora, però, dopo tanto soffrire, Lidia confessa di essersi innamorata a prima vista proprio di quel Lelio, che ritroviamo rinchiuso in manicomio con Filenia, a fingere di essere pazzi pur di stare insieme. Intanto, Fidimarte torna dalla guerra pentito di aver abbandonato l’amata sposa e decide di verificare se anche lei lo ami ancora, facendole pervenire una lettera in cui dichiara di essersi innamorato di una Principessa straniera. Dapprima, Lidia s’infuria; poi risponde alla missiva, confessando a sua volta il nuovo amore per Lelio, la qualcosa manda in bestia Fidimarte e lo induce a escogitare la vendetta. Conosciuto Lelio, pertanto, gli espone il piano: lui organizzerà la fuga di Filenia e Lelio dal manicomio, purché Lelio finga di corrispondere all’amore di Lidia e la convinca a partire con loro, permettendo così a lui di trarre vendetta della moglie adultera. La realizzazione del piano, spinge i vecchi Soliquio e Tritonio a organizzare anche loro una barca per inseguire i figli, al fine di riportarli a casa. PASTORALE - ATTO II Il secondo atto è Pastorale e si svolge in una selva in riva al mare di Creta. Qui il centauro Plageone sta litigando con la moglie Rosibea, alla presenza dei figli Crinea e Efinoo. Plageone e Rosibea sono cresciuti come fratelli, dopo che il padre di lui la trovò sull’acqua abbandonata in una cassetta. Saputa la verità, si sono sposati e lei ha partorito dapprima un figlio dalle sembianze umane, che Plageone crede il frutto dell’adulterio e che ha fatto scappare di casa con le sue violenze; cosa che Rosibea non gli perdona, tanto più che ora gli rimprovera anche le attenzioni per la ninfa Filli. La lite sta degenerando, quando interviene a rappacificare la famiglia il mago Astianante che, facendo apparire in cielo un segno divino, rivela l’innocenza di Rosibea essendo lei la figlia centaura del re di Rodi Cercàso. Intanto, su quegli stessi lidi viene gettata la barca di Soliquio e Tritonio. Quest’ultimo, in preda a un terribile mal di mare confessa la propria colpa, con sistente nell’aver un giorno rubato le due figlie di nome Florinda del re di Cipro, di averne persa una durante la fuga da un attacco dei turchi e di essere l’altra Filenia. Sentito questo, ora Soliquio non considera più Filenia un malpartito per il suo Lelio. Lì arrivano anche, una dopo l’altra, l’imbarcazione che porta Lelio con Lidia e Filenia, e quella del loro inseguitore Fidimarte. Inizia così il balletto degli equivoci e delle agnizioni, perché in quella selva vivono anche Filli (sorella gemella di Filenia) e Tirsi (fratello gemello, creduto perduto, di Lelio) i quali sono cresciuti credendosi fratelli, eppur si amano. Mentre le coppie dei fratelli, ingannati dalle somiglianze, s’intrecciano in amplessi amorosi e Soliquio e Tritonio, non essendo riconosciuti dal doppio dei loro rispettivi figli, pensano che questi siano ancora adirati con loro, Lidia viene raggiunta da Fidimarte che con ira la ferisce, e lei si può salvare solo per l’intervento di Efinoo e di Rosibea, con conseguente agnizione delle due sorelle. Arriva la notizia che Tirsi e Filli, scoperti dagli abitanti del posto in flagrante incesto sono stati condannati al rogo. In realtà, si tratta di Tirsi e Filenia, e la girandola delle agnizioni coinvolge tutti: Soliquio e Tritonio, il pastore Clonico creduto padre di Tirsi e Filli, anche Filli e Lelio diventati ormai amanti. Intervengono anche i centauri e i riconciliati Lidia e Fidimarte. Il clima di festa è incrinato solo dall’annuncio che su quei lidi è sbarcato re Cercàso, ormai gravemente malato. TRAGEDIA - ATTO III Il terzo atto è Tragedia e si svolge in una reggia di Creta, dove Cercàso è stato convinto a trasferirsi dal suo reggente Artalone. L’allegoria di Adulazione, Inganno e Bugia introduce il personaggio di Artalone, ambizioso reggente di dieci regni, compreso Rodi e Cipro, che attende con impazienza di succedere a Cercàso. Si aprono le porte ed entra Cercàso sul letto di morte, fatto oggetto d’ingannevole adulazione e cordoglio da parte di Artalone, al quale consegna una carta che lo dichiara erede di Rodi e, se non si faranno vive le sorelle figlie dell’antico re, anche di Cipro. Artalone già tripudia, ma giunge notizia che Cercàso è morto dopo aver riconsegnato Cipro alle ricomparse due Florinde (eredi legittime di quel trono) e di aver nel contempo riabbracciato Rosibea e perdonato Lidia. In una scena a parte, Lucrenio e Fermino parlano del rapporto tra il male del mondo e la provvidenza divina. Alla presenza di tutti si svolgono i solenni funerali di Cercàso. Durante la cerimonia, si manifestano prodigi che annunciano disgrazia e morte, per esorcizzare i quali il sacerdote chiede sacrifici. Con l’aiuto del coppiere Bibieno, Artalone avvelena tutti i convenuti. Scoperto, è ferito a morte da Plageone e Rosibea. Prima di spirare, racconta la propria storia, da cui Rosibea e Plageone apprendono con orrore che egli è il loro figlio d’aspetto umano. Rosibea e Plageone si suicidano. La centaurina Crinea viene incoronata regina di Rodi. GENEALOGIA REGNO DI RODI Re Cercàso Trinea detta Lidia (umana) sposa di Fidimarte e innamorata di Lelio Rosibea (centaura) sposa di Plageone (centauro) da loro nascono Artalone (umano) Crinea (centaura) Efinoo (centauro) REGNO DI CIPRO Re Teucro padre di due gemelle Florinda 1 (detta Filenia) Florinda 2 (detta Filli) entrambe rapite da Tritonio e di lui credute figlie ottobre | dicembre 2004 TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 4 4 Grandi spettacoli stranieri pe L A R A S S E G N A , Fra ottobre e novembre 2004, a inaugurare la stagione del Teatro Stabile di Genova è il Festival Teatri d’Europa, quattro grandi spettacoli provenienti da quattro nazioni della nuova Europa: Francia, Germania, Lituania e, naturalmente, Italia. È la prima volta che Genova e il suo Teatro Stabile promuovono un Festival internazionale di prosa, e di così alto livello, e questo avviene in stretta collaborazione con il Comitato Genova 2004, significativamente nel periodo conclusivo dell’anno in cui Genova è Capitale Europea della Cultura. Il Festival si apre con una produzione del nostro Teatro Stabile, per la regia di Luca Ronconi, protagonista Mariangela Melato, Grifo d’argento della città di Genova: un modo, credo, opportuno per sottolineare ancora una volta la dimensione davvero europea della cultura della nostra città, cultura della quale i teatri sono, da oltre mezzo secolo, il momento di più alta, costante espressione. Che sia dunque di buon auspicio per il futuro di Genova questo Festival, nuovo dialogo dei genovesi con i grandi artisti d’Europa. Giuseppe Pericu Sindaco di Genova Presidente del Comitato Genova 2004 A P E R T A D A “ L A C E N T A U R A ” , P R O P O N E C E L E B R I A L L E S T I M E N T I D A G E O R Fra i ciliegi di Cechov con l’Odéon-Théâtre d’Europe La rassegna degli spettacoli stranieri al Festival Teatri d’Europa si apre con un capolavoro del teatro moderno. Quattro frammenti temporali, apparentemente semplici e quotidiani. Uno per atto e per stagione. L’ultima opera teatrale di Anton Cechov, scritta nello stesso anno della sua morte avvenuta esattamente cento anni fa, è la sinfonia, in quattro movimenti, di un lungo addio a un giardino dei ciliegi da tutti amato. Per Ljubov Andreevna, la proprietaria che torna a casa dopo una sventurata storia d’amore, quel giardino rappresenta l’innocenza dell’infanzia e la sua vendita la fine di tutto. Per Lopachin, il figlio di contadini arricchito, l’unico personaggio che non è stregato da quel posto, esso significa solo la ricchezza e il riscatto sociale, da conquistare anche a colpi di accetta. E tra questi due estremi, tra la bellezza sterile o il tesoro da corrompere, anche tutti gli altri personaggi della commedia - il fratello di Ljubov, Leonid Gaiev, la sua figlia naturale Ania e quella adottiva Varia, i pochi conoscenti che ancora vivono con loro e intorno a loro - portano in sé il proprio giardino dei ciliegi, perduto il quale la casa si spopola e la vita li disperde. Prodotto in occasione del centenario della morte di Cechov, lo spettacolo del Théâtre de l’Odéon, una delle più significative realtà della scena parigina, viene presentato con traduzione elettronica simultanea tramite sottotitoli. Entusiastica l’accoglienza del pubblico e della stampa internazionale. La bella regia di Georges Lavaudant tiene in bilico due estremi - il versante commedia e quello più esplicitamente drammatico – entro i quali si ha il piacere di ritrovare un’interpretazione composta, scorrevole, energica e caratterizzata da una forte poesia». (LE MONDE) «Ciascuno qui raggiunge la perfezione e sviluppa tutte le potenzialità ideali del proprio personaggio». (LE FIGARO) «Con grazia celestiale, uno spazio scenico dal candore immacolato, risplendente di piena luminosità come il colore di un gabbiano o della neve, incanto di una dimora familiare che ormai sta per cessare di esistere». (LA TERRASSE) WUPPE PARIGI LAVAUDANT CO R T E 9 , 1 0 , 1 1 N O V E M B R E GENOVA Il giardino dei ciliegi La Cerisaie di Anton Cechov traduzione di André Markowicz e Françoise Morvan regia scene e costumi luci suono con Gaiev Iascia Duniascia Epichodov Ania Trofimov Piscik Varia Firs Ljubov Lopachin Carlotta e capo stazione un viandante Georges Lavaudant Jean-Pierre Vergier Georges Lavaudant Jean-Louis Imbert Gilles Arbona Joseph Menant Elise Berthelier Hervé Briaux Laurence Cordier Olivier Cruveiller Pascal Elso Aline Le Berre Philippe Morier-Genoud Sylvie Orcier Patrick Pineau Marie Trystram Jean-Marie Boeglin Bernard Vergne LO SPETTACOLO È SOTTOTITOLATO IN ITALIANO «Una messa in scena fremente di vita». (LA CROIX) RONCONI Amleto principe dei ghiacci una rock-star per William Shakespeare Passione giovanile e distacco ironico, grande ricchezza figurativa e assoluta precisione stilistica: è tra questi estremi che il lituano Eimuntas Nekrosius (uno dei maggiori registi del teatro contemporaneo) dà vita alle parole di Shakespeare come se fossero pronunciate per la prima volta. E il grande lampadario di ghiaccio, che sovrasta la scena gocciolando per tutto lo spettacolo, diventa l’emblematico segno di un allestimento dalla grande forza teatrale, pieno di vitalità e di feroce disperazione, con splendido protagonista un attore - Andrius Mamontovas - notissimo in patria per i suoi trascorsi da rock-star. Come accade con le favole antiche, la storia di Amleto è nota a tutti, ma l’emozione torna inesorabilmente a rinascere, come se fosse nuova, a ogni ben fatta rappresentazione sul palcoscenico. «Shakespeare bisogna leggerlo con attenzione, tutte le risposte sono lì, nel testo», annota il regista Nekrosius. «La scelta delle materie prime che ho usato in questo ottobre | dicembre 2004 F I R M A T I spettacolo - il ghiaccio, e poi l’acqua e il fuoco - è molto semplice e logica. Da dove arriva lo spettro del padre di Amleto che noi abbiamo considerato un vero e proprio deus ex machina? Dal profondo, dal freddo. Questo ci ha suggerito il ghiaccio, che poi si scioglie a poco a poco al fuoco della vendetta e torna a essere acqua… Tutto molto semplice. L’arte non è una cosa complicata». TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 5 5 per il Festival Teatri d’Europa E O R G E S L A V A U D A N T ( F R A N C I A ) , P I N A B A U S C H ( G E R M A N I A ) , E I M U N T A S N E K R O S I U S ( L I T U A N I A ) Affascinante Pina Bausch VILNIUS il Teatro-Danza racconta l’amore over 65 NEKROSIUS PPERTAL BAUSCH Kontakthof mit Damen und Herren ab 65 è la nuova versione, completamente rivisitata, di un classico della grande coreografa tedesca Pina Bausch, mitico punto di riferimento di tutto il teatro-danza contemporaneo. Kontakthof significa letteralmente “luogo di contatti”, punto d’incontro, ed è uno spettacolo ricco di gioia di vivere che parla delle relazioni umane, della sofferenza e della gioia che animano il corpo in movimento. I protagonisti sono ballerini over 65 di Wuppertal (città dove Pina Bausch ha il suo “Tanztheater”), che consegnano allo spettatore la testimonianza dell’avventura emotiva che caratterizza la vita di ogni essere umano, raccontata attraverso le variazioni dei mille modi seduttivi dell’amore. mit Damen und Herren ab 65 «L’espressione più compiuta delle riflessioni della coreografa sull'eterno tema degli scontri amorosi, della lotta tra uomo e donna» (PANORAMA) uno spettacolo di Pina Bausch «Un incontro indimenticabile. Uno strappo violento che scardina il modo precedente di accostarsi a uno spettacolo teatrale, chiedendo a chi assiste una presenza partecipe senza via di scampo» (GRAZIA) «Una festa degli occhi e dell'intelligenza» (L’UNITÀ) CO R T E 2 5 , 2 6 , 2 7 N O V E M B R E Hamletas di William Shakespeare traduzione di Aleksas Churginas con Claudio Gertrude Amleto spettro del padre di Amleto Orazio Ofelia Laerte Polonio attori Eimuntas Nekrosius Nadezda Gultiajeva Faustas Latenas Romas Trejnis Audrius Jankauskas Vytautas Runsas Dalia Storyk Andrius Mamontovas Vitas Petkevicius Salvijus Trepulis Viktorija Kuodyte Kestutis Jakstas Povlas Budrys Algirdas Dainavicius Vladimiras Jefremovas Gabrielia Kuodite musicista Tadas Sumskas LO SPETTACOLO È SOTTOTITOLATO IN ITALIANO Kontakthof «Potente ed energica capofila del genere teatro-danza - è stato scritto - Pina Bausch è riuscita a modificare gli orizzonti culturali ed estetici della danza del nostro tempo, guadagnandosi non solo una schiera di imitatori, ma un pubblico insospettabile: forse il pubblico più largo e nuovo che qualsiasi altro coreografo di oggi abbia attirato a sé» «Festosa e tragicomica cerimonia dedicata al corteggiamento» (FAMIGLIA CRISTIANA) regia scene e costumi musiche luci CO R T E 1 8 , 2 0 , 2 1 N O V E M B R E (con Signore e Signori oltre i 65) regia e coreografia Pina Bausch scene e costumi Rolf Borzik assistente alla regia Rolf Borzik Marion Cito, Hans Pop direzione Josephine Ann Endicott e supervisione delle prove Beatrice Libonati supervisione rappresentazioni Bénédicte Billiet assistente Robert Sturm preparazione alle prove Ed Kortlandt costumi ricreati da Marion Cito assistenti costumista Petra Leidner, Birgit Stoessel cura dei testi Beatrice Libonati con Jakob Andersen, Rosemarie Asbeck, Lore Duwe-Scherwat, Jutta Geike, Inge Glebe, Günther Glörfeld, Peter Kemp, Gerd Killmer, Anke Klammer, Werner Klammer, Thea Koch, Dieter Linden, Ernest Martin, Heinz Meyer, Brigitte Montabon, Renate Nickisch, Heinz Nölle, Klaus Rubert, Edith Rudorff, Bärbel Sanner-Egemann, Hannelore Schneider, Margarita Schwarzer, Alfred Siekmann, Ursula Siekmann, Reiner Strassmann, Margret Thieler musiche Charlie Chaplin Anton Karas, Juan Llossas, Nino Rota, Jean Sibelius e altri direttore tecnico Manfred Marczewski direttore luci Jo Verlei (segue da pag. 1) Il nostro impegno per questa Centaura e per i tre spettacoli stranieri diretti da Pina Bausch, Georges Lavaudant e Eimuntas Nekrosius, a cui si affianca un Otello giapponese, proseguirà durante tutta la stagione con le altre nostre produzioni (Chi ha paura di Virginia Woolf? con l’inedita coppia Melato-Lavia, la novità Galois, e L’illusion comique con Pagni diretto da Sciaccaluga) e con l’ospitalità. Il Duse aprirà con Ivanov di Cechov diretto da un altro “figlio” di questo Teatro, Jurij Ferrini, e un nostro spettacolo, La vita di Galileo Galilei di Bertolt Brecht per la regia di Massimo Mesciulam e Alberto Giusta, sarà presente nel Festival della Scienza. Insomma, a noi pare di aver fatto il possibile per offrire agli spettatori occasioni stimolanti e vitali. Ora chiediamo anche al pubblico genovese di essere curioso di fronte alle nostre proposte: la vitalità e la forza culturale di una città infatti non dipende solo da chi produce cultura ma anche, e forse soprattutto, dalla curiosità dei suoi abitanti. Carlo Repetti Shakespeare con gli occhi a mandorla Al Duse un “Otello” messo in scena - con sottotitoli - da una compagnia giapponese Otello, ovvero William Shakespeare messo in scena alla giapponese. L’occasione è ghiotta per tutti gli appassionati di teatro, che hanno pochissime occasioni per sapere quanto accade sui palcoscenici dell’Estremo Oriente. In che modo si rispecchia il pubblico del Sol Levante nella storia del Moro di Venezia? E gli attori come recitano quelle passioni che sembrano così legate alla cultura occidentale? Chi sono per loro i turchi che assediano l’isola di Cipro? Chi è Iago, “malvagio senza motivazione”? In un‘epoca di globalizzazione anche culturale, il regista Ion Caramitru promette un Otello capace di essere fedele al testo scespiriano, ma nello stesso tempo di interpretarlo con sguardo teso a coniugare tradizione giapponese e fermenti della scena contemporanea. E da qui emerge un altro forte motivo d’interesse per la venuta al Teatro Duse di questa compagnia giapponese. «La guerra - dice il regista - è il tema centrale del nostro allestimento. Tanto è vero che nel nostro Otello accade che, anche quando arriva la pace, la guerra torna a presentarsi sotto forma della lotta per la conquista di Eva. Tutti i soldati, a Cipro, fanno sogni erotici a proposito di Desdemona. Non vi tornano in mente le immagini di Marilyn Monroe che fa visita ai soldati americani in Vietnam? Otello è la tragedia del nostro tempo, con tutte le sue passioni e quelle guerre sofisti- cate, nelle quali l’odio tra le razze e le religioni resuscitano gli antichi conflitti che sembravano definitivamente spenti dalla civiltà». Ci sono davvero molti motivi per essere curiosi di uno spettacolo che s’annuncia tutto da scoprire e da godere. Interpreti e personaggi: Rikiya Koyama (Otello), Mitsutaka Tachikawa (Iago), Motonobu Hoshino (Brabanzio e Graziano),Shigehiro Tanaka (il Doge e Lodovico), Goki Ogawa (Roderigo), Ryutaro Nishikawa (Montano), Shinia Honda (Cassio), Atsuko Ogawa (Desdemona), Konomi Tsuboi (Emilia), Kanako Obayashi (Bianca). Regia Ion Caramitru; costumi Natsumi Toyama, Nao Furusawa; luci Ryuichi Okino; musiche Kei Wada; produzione Kikuo Yamazaki; direttore artistico Seiya Tamura. ottobre | dicembre 2004 TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 6 Candido 6 Tor na al Duse «Candido Soap Opera Musical»: r ivisitazione di Voltaire, secondo Andrea Liberovici e Aldo Nove “Videoclip” illuminista ‘‘ ‘‘ ‘‘ ‘‘ Il quartetto degli interpreti è straordinario. Un successo che più vivo non si potrebbe (Il Lavoro-Repubblica) Avventure su avventure, ritmi esilaranti: la faccenda si sviluppa sui ritmi di un’epica contemporanea (Corriere della Sera) Spettacolo gradevole e di Il 30 novembre, alle ore 10, Liberovici e gli attori della compagnia saranno alla Facoltà di Lettere (Aula N, via Balbi 4) per un incontro con gli studenti, a cura di Eugenio Buonaccorsi. successo, dal ritmo fluente e ottobre | dicembre 2004 Il Teatro Stabile di Genova partecipa alla seconda edizione del Festival della Scienza sia con una propria messa in scena (Vita di Galileo Galilei di Bertolt Brecht), sia ospitando al Duse una rassegna di spettacoli provenienti da altre realtà teatrali. Messo in scena nello scorso gennaio in forma di esercitazione da Massimo Mesciulam e Alberto Giusta, Vita di Galileo Galilei viene ora riproposto al nuovo Teatro della Gioventù di via Cesarea (martedì 2 novembre alle ore 20.30 e nelle mattinate seguenti sino a venerdì 5 novembre, alle ore 10.30) con l’interpretazione dello stesso Mesciulam, di Andrea Nicolini e di attori diplomati della Scuola di Recitazione dello Stabile di Genova. A partire da giovedì 29 ottobre prende il via al Duse (sempre alle ore 20.30) un programma comprendente La musica ai tempi di Leonardo (29/10: concerto con strumenti disegnati da Leonardo), Ambrossia (30 e 31/10: spettacolo con e sulle bolle di sapone), Sylvatica (2 e 3/11: tra scienza e danza), Scienza magica (4 e 5/11: esibizione di tre celebri illusionisti), Scienza e coscienza (6/11: tra scienza e musica), Il canto delle stelle (7/11: il firmamento fa spettacolo). scorrevole. Risata liberatoria (Il Giornale) Il venerdì precedente, 26/11 (ore 21), il Cineclub Lumière organizza una serata dedicata a Candido che si apre con la proiezione di 500.000 leoni. Le ultime di J.W. Ovvero J.W., realizzato da Liberovici, su sceneggiatura sua e di Nove, con Funari nel ruolo del protagonista. Nella seconda parte della serata, al termine della rappresentazione di Candido al Duse, interverranno anche gli attori dello spettacolo. ‘‘ ‘‘ ‘‘ ‘‘ Ivan Castiglione (Candido), Caterina Guzzanti (Cunegonda), Fabrizio Matteini (Cacambo), Tea Sammarti (la Vecchia) e Gianfranco Funari (Pangloss), insieme a tanti altri che, come Funari, appaiono solo in video, sono i protagonisti di uno spettacolo multimediale (parole, musica, video) firmato da Andrea Liberovici (regia e musica) e Aldo Nove (coautore del testo) che si avvale delle sonorità “dal vivo” eseguite da un’orchestra composta da Gloria Clemente, Francesco Carpena, Roberto Fatticcioni, Davide L’Abbate, Pietro Sinigaglia. Le scene sono di Paolo Giacchero e i costumi di Silvia Aymonino. Sandro Sussi firma le luci e Francesca Camponero i movimenti coreografici. Il Festival della Scienza a Teatro Colpi di genio e lampi di trash. Ribaldo “soap musical” che calza sul nostro presente come l’ironia di Voltaire Alcuni momenti dello spettacolo Candido Soap Opera Musical. Al centro, la compagnia al completo con Andrea Liberovici e Aldo Nove (Il Secolo XIX) A UN’AMICA DEI TEATRI GENOVESI La scomparsa di Laura Carlomagno priva tutti i teatri di Genova di un’amica generosa e appassionata: sempre presente agli appuntamenti che contano, disponibile a dare aiuto disinteressato soprattutto ai giovani. Per molti anni, Laura Carlomagno è stata una figura onnipresente nella vita teatrale cittadina. Giunta a Genova per matrimonio, dopo una lunga permanenza a Londra, ha iniziato subito a lavorare per i maggiori teatri della città, dal Carlo Felice allo Stabile, dove ha svolto numerose funzioni: da direttrice di sala a responsabile della promozione. Ritiratasi a vita privata nel 1996, ha continuato a essere vicina al mondo del teatro, aiutando con la sua presenza e con i suoi consigli anche il Teatro della Tosse, l’Archivolto e il Cargo. TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 7 7 I m e s t i e r i d e l t e a t r o : i n c o n t ro c o n S t e f a n o C i r a u l o, r e s p o n s a b i l e d e g l i e l e t t r i c i s t i , e C l a u d i o To r l a i , f o n i c o d e l Te a t ro S t a b i l e d i G e n ova Effetti e suoni davvero speciali I l n o s t ro v i a g g i o a l l a s co p e r t a d e i m e s t i e r i c h e s i s vo l g o n o d i e t ro l e q u i nte d e l p a l co s ce n i co c o n t i n u a c o n d u e a t t i v i t à s q u i s i t a m e n t e t e c n i c h e : q u e l l e d e l l ’e l e t t r i c i s t a e d e l f o n i c o. Pro t a g o n i s t i s o n o S te f a n o C i ra u l o, c h e è a l Te at ro S t a b i l e d i G e n ova d a l 1 9 8 0 , d ove è a p p ro d ato d o p o u n a s e r i e d i a l t re e s p e r i e n ze m i n o r i . Ad e s s o C i ra u l o è re s p o n s a b i l e d e g l i e l e t t r i c i - s t i d e l l o S t a b i l e e, s p e s s o, c re a a n c h e e f f e t t i s p e c i a l i p e r g l i s p e t t a co l i . C l a u d i o To r l a i , i nve ce, l avo ra co m e f o n i co a l l o S t a b i l e d a l 1 9 8 7 , d o p o e s s e re s t ato p e r q u at t ro a n n i i m p i e g ato co m e te c n i co i n u n’i m p re s a ; m a l a p a s s i o n e p e r g l i e f f e t t i s o n o r i e p e r l e te c n o l o g i e l e g ate a l s u o n o e a l l a m u s i c a l ’ h a co l t i vat a f i n d a ra g a z zo, q u a n d o f a ce va p a r te d i u n g r u p p o m u s i c a l e Luce ed effetti speciali Fonica ed effetti sonori Le richieste stravaganti di registi e scenografi non lo preoccupano. Anzi: «Più sono stravaganti, più richiedono ingegno e più danno soddisfazione» spiega Stefano Ciraulo, responsabile degli elettricisti del Teatro di Genova e anche creatore di effetti speciali per molti spettacoli di produzione dello Stabile. Ed è proprio in questa seconda attività che gli capita di trovarsi di fronte a richieste stravaganti appunto, o alla necessità di soddisfare, in poco tempo, esigenze di scena con soluzioni ingegnose e, possibilmente, poco costose. «La passione per l’illuminotecnica, l’elettronica, l’hi-fi, per gli effetti speciali ce l’ho fin da ragazzino» racconta. «Quando ero alla scuola STEFANO CIRAULO media i professori di applicazioni tecniche mi portavano in giro per le classi a far vedere le mie invenzioni. Ho iniziato a lavorare in teatro, perché me lo aveva chiesto un amico che faceva parte di una compagnia di dilettanti e, dopo altre esperienze, sono arrivato allo Stabile, che mi ha dato la possibilità di crescere professionalmente».Adesso Ciraulo è responsabile della manutenzione degli impianti elettrici e, quindi, di tutto ciò che riguarda la loro efficienza e la loro conformità alle norme di sicurezza, e anche degli interventi di adeguamento e innovazione necessari, sul palcoscenico e in sala. «Il mio compito è anche quello di studiare dove sistemare gli apparecchi e come utilizzarli al meglio durante uno spettacolo e poi - aggiunge - quando me lo chiedono, realizzo apparecchiature per creare effetti speciali, piccole invenzioni o particolari sonorizzazioni della sala. Per esempio - racconta - una volta, per l’allestimento di Suzanna Andler, ho imbottito con 500 piccoli altoparlanti le Ministero Beni e Attività Culturali soci fondatori COMUNE DI GENOVA PROVINCIA DI GENOVA REGIONE LIGURIA socio sostenitore poltrone del teatro Duse per dare a ogni spettatore la sensazione di ascoltare “in diretta” e quindi di spiare una telefonata della protagonista». Recentemente Ciraulo ha progettato anche un impianto per cercare di risolvere un difetto acustico nella parte centrale del Teatro della Corte, installando 50 diffusori di piccole dimensioni distribuiti in platea e in galleria. Nel campo degli effetti speciali, invece, le sue creazioni sono estremamente varie, sia dal punto di vista tecnico che della fantasia. «L’invenzione che forse mi ha dato più soddisfazione - racconta - è stata quella di un pappagallo radiocomandato, su un trespolo, che avevo creato per Re Cervo. Era un pappagallo che muoveva ali, collo, becco e che parlava. Dopo aver realizzato il corpo dell’animale e il sistema di radiocomando, un giorno avevo lasciato il pappagallo sul trespolo perché la scenografa doveva completarlo, ma mi ero dimenticato di “spegnerlo” e così, mentre la scenografa gli metteva le piume, il pappagallo ha iniziato a muoversi. La scenografa si è spaventata ed è venuta subito da me a raccontarmi quello che era successo e che non riusciva a spiegarsi…». Per L’imbalsamatore, invece, Ciraulo aveva creato una serie di meccanismi radioco- Un pappagallo radiocomandato e un drago a tre teste mandati in grado di disintegrare, ogni sera, per effetto di una pozione sbagliata, il corpo imbalsamato di Lenin, cominciando dai piedi fino alla testa. Fra le sue invenzioni gli piace ricordare poi tre teste di un drago che, dopo essere state tagliate in volo, cadevano sul palcoscenico e cominciavano a muoversi da sole, e l’orologio di un metro e mezzo di diametro, creato assieme alla scenografa di Roberto Zucco: un orologio funzionante con lancette che, però, a un certo punto impazzivano e facevano scorrere dieci ore in pochi secondi. Nel finale dei Reverendi, invece, è stata particolarmente apprezzata la “sua” turboelica che, attraverso diffusori sonori distribuiti in tutto il teatro, provocava l’effetto della messa in moto e del decollo di numero 17 • ottobre-dicembre 2004 Edizioni Teatro Stabile di Genova Piazza Borgo Pila, 42 • 16129 Genova www. teatrostabilegenova.it Presidente Avv. Giovanni Salvarezza Direzione Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga Direttore responsabile Aldo Viganò Collaborazione Annamaria Coluccia Segretaria di redazione Monica Speziotto Autorizzazione del Tribunale di Genova n° 34 del 17/11/2000 partner della stagione Progetto grafico: www.firma.it art: Bruna Arena, Genova (009/04) Stampa: Ortolan, Opera (MI) un elicottero che faceva tremare la sala e volare alcuni fogli di carta dal palco verso il pubblico. A volte gli capita anche di dover utilizzare, per la scena, oggetti o apparecchiature che esistono già, ma che hanno normalmente un uso diverso da quello per cui devono essere impiegati in teatro. «In questi casi - racconta la cosa più difficile è spiegare ai fornitori che cosa mi serve e che cosa devo farne e far capire che i tempi di consegna devono essere tassativi, perché quell’oggetto serve prima che lo spettacolo vada in scena. Per chi non conosce questo mondo non è facile capire tutto questo». Cinquanta casse acustiche per una cavalcata Da ragazzo, quando negli anni ‘80 faceva parte di un gruppo musicale genovese, pensava che da grande avrebbe fatto il cantante. La sua vita, però, ha preso poi un’altra direzione e, invece di lavorare con la sua voce, adesso cerca di far sentire al meglio le voci e i tanti altri suoni e rumori che fanno parte di uno spettacolo. È il compito di Claudio Torlai, fonico del Teatro Stabile di Genova, dove lavora dal 1987. «Mi occupo di tutti gli effetti sonori di uno spettacolo spiega - dai rumori, alle voci, alle composizioni musicali». Il che significa non solo curare la fonica in senso stretto - e cioè far sì che la resa acustica sia la migliore possibile, che i microfoni sistemati in sala e quelli utilizzati eventualmente dagli attori funzionino perfettamente - ma anche cercare suoni e rumori particolari richiesti dal regista per soddisfare esigenze sceniche. «Una volta, quando stavamo allestendo Roberto Zucco, sono andato apposta in questura per registrare il rumore di uno sparo di pistola - racconta - ma dopo ci siamo accorti che quel suono non corrispondeva affatto a quello che gli spettatori sono abituati a sentire nei film e che, se lo avessimo utilizzato in scena, non lo avrebbero riconosciuto e, quindi, non si sarebbe ottenuto l’effetto voluto. Il rumore che tutti conosciamo lo abbiamo ottenuto, invece, con due pezzi di legno e un lungo riverbero…». Ricerche e scoperte come questa contri- buiscono a rendere la fase di allestimento di uno spettacolo il momento più interessante del lavoro. «Discutere con i registi può essere molto interessante», afferma Torlai. «Per esempio con Langhoff si fa un lavoro bellissimo, molto stimolante, anche se molto stressante. Per Lotta di negro e cani ricordo che mi aveva chiesto di riprodurgli il rumore del vento. Io gli ho registrato il rumore di un po’ di venti ma lui, dopo aver ascoltato, mi ha detto che quelli erano venti siberiani, mentre gli serviva un vento africano. E aveva ragione, perché dopo mi sono reso conto che il rumore dei venti caldi è effettivamente diverso da quello dei venti freddi». Adesso le nuove tecnologie e internet, in particolare, aiutano notevolmente questo lavoro di ricerca, Teatro e Università «Il teatro fa male? Fascinazione e negazione del teatro» è il titolo del ciclo d’incontri organizzato tra ottobre e marzo nel foyer della Corte, con il coordinamento di Marco Salotti e la partecipazione di altri insegnanti dell’Università di Genova. Un’occasione per riflettere, in compagnia degli studenti e di quanti vorranno partecipare (l’ingresso è libero) sulla funzione e il ruolo del teatro in rapporto alle esigenze e alle aspettative dell’epoca e della società. Il tabacco fa male? domandava il titolo di un monologo di Cechov. La risposta è oggi scontata, basta leggere invece che fumare un pacchetto di sigarette. Alla domanda il teatro fa male? la risposta deve essere più articolata, perché dall’antichità al medioevo, dall’età barocca al secolo dei lumi, dal romanticismo al novecento non sempre la risposta è stata automaticamente scontata. Il teatro fa bene, anzi fa benissimo, soprattutto nei giorni nostri così bisognosi di un’ecologia dello spettacolo. Certo il teatro è stato espressione della polis, festa e liturgia sacra, pulpito laico e divertimento, altare per gli eroi e pedana borghese, gradinata per l’anima del popolo e tribuna dell’identità culturale… Ma il teatro è stato anche condannato come uno strumento del demonio, un commercio con il Maligno, una “dolce perversione”, un luogo insano per la salubrità dell’anima e del corpo. Persino la maschera di Arlecchino puzza di zolfo. E Dioniso è il dio dell’ebbrezza e dell’invasamento. Il suo passaggio provoca il ribaltamento di tutti i valori sino al teatro-peste di Artaud. Nel 1697 viene demolito il teatro romano di Tordinona per “l’inconvenienza di un teatro stabile nella città santa”. Esultano gli animi più devoti allo spirito della Controriforma, ma anche le prostitute del centro di Roma, perché è stato distrutto un luogo di sleale concorrenza. Insomma la scena non ha avuto nei secoli vita facile e spesso gli uomini di teatro, da quelli più fragilmente esposti (come i comici dell’arte) a quelli già celebrati dai contemporanei (come Voltaire e Diderot) sono stati costretti a difendere l’illusione necessaria, o almeno benefica, dello spettacolo. Giovan Battista Andreini, autore della Centaura, che aveva scomodato San Tommaso per difendere l’arte comica viene bollato come “un grande ignorante dei nostri tempi”in un trattato del 1604 contro le commedie lascive. Le accuse contro il teatro nell’età della Controriforma riprendono argomentazioni già sviluppate da Lattanzio, da Tertulliano, da Crisostomo e da altri scrittori della cristianità latina. La messinscena della Centaura di Andreini, scritta “ per edificazione e per diletto”, è stata il punto di partenza per una riflessione sul secolare processo di accusa e di difesa nei confronti del teatro. Una polemica che si manifesta clamorosamente anche nel periodo dell’Illuminismo con la celebre lettera di Rousseau contro la dimensione ludica del teatro, luogo inquinante della società. Voltaire, Diderot e gli Enciclopedisti sono avvertiti: niente teatri nell’incontaminata Ginevra! Docenti e studenti della Facoltà di Lettere dell’Università di Genova, registi e attori dello Stabile di Genova si incontreranno nel foyer della Corte per presentare, attraverso la conoscenza storico-scientifica e l’esperienza della scena, la seducente ambiguità del teatro, le opposte prospettive della sua fascinazione d’arte e della sua negatività. Il calendario degli incontri che si estendono dal mese di ottobre a marzo, prevede l’intervento di docenti di storia del teatro, di letteratura cristiana antica, di letteratura francese moderna, di drammaturgia del teatro greco. Gli incontri Teatro-Università raccolgono e sviluppano un’occasione offerta da due spettacoli prodotti dallo Stabile che si pongono su una non casuale linea di continuità. La Centaura di Andreini e L’illusion comique di Corneille sono anche un manifesto drammatizzato sull’arte della scena, sul suo eterno gioco di finzione e realtà, sulla sua effimera e insieme forte resistenza della fantasia. Da un simbolico bestiario del teatro, più che il gabbiano di Cechov utilizzato da Stanislavskij per il Teatro d’Arte di Mosca, bisognerebbe scegliere il centauro di Andreini: un “monstrum”, ovvero un prodigio. Marco Salotti CALENDARIO DEGLI INCONTRI (date da definirsi) Marzo 2005: Il passaggio di Dioniso nelle Baccanti a cura di Margherita Rubino (Teatro e drammaturgia dell’Antichità) Maschera e personaggio nel teatro greco a cura di Margherita Rubino con Valeria Manari (scenografa e costumista) Corneille e L’illusion comique a cura di Pier Luigi Pinelli (Lingua e letteratura francese) con Marco Sciaccaluga (regista) Rousseau contro l’Enciclopedia a cura di Pier Luigi Pinelli Ottobre 2004: Da La Centaura a Lolita nella messinscena di Ronconi a cura di Franco Vazzoler (Letteratura teatrale italiana) e Marco Salotti (Storia e critica del cinema) Novembre 2004: Giovan Battista Andreini e la difesa del teatro. Edificazione, diletto e commedia lasciva a cura di Franco Vazzoler e Sandra Isetta (Letteratura cristiana antica) Teatro e Controriforma. Da Tertulliano alla dolce perversione del Seicento a cura di Sandra Isetta A L T R I I N C O N T R I A D I C E M B R E E G E N N A I O S O N O D A D E F I N I R S I CLAUDIO TORLAI perché molti suoni e rumori si trovano già registrati. A volte, però, non basta aver trovato il suono giusto, perché bisogna anche riprodurlo con effetti particolari. Come per il Tito Andronico «quando - ricorda avevamo sistemato cinquanta casse acustiche in platea per riprodurre il rumore di una cavalcata con il suono di corni inglesi in sottofondo». Durante l’allestimento bisogna tenere conto, poi, anche di una serie di fattori che nelle repliche con il pubblico modificano la resa acustica. «La presenza degli spettatori in sala e il calore che “producono” cambiano moltissimo i suoni, e il fonico deve tenerne conto», spiega Torlai. «Purtroppo la postazione del fonico, in teatro, di solito è la peggiore dal punto di vista acustico e, quindi, durante le prove bisogna entrare e uscire continuamente per ascoltare, cambiare qualcosa se serve, riascoltare». Accanto ad una parte più creativa, che può essere anche molto stressante quando non si riesce a trovare quello che il regista cerca, il fonico ha poi una serie di compiti che richiedono grande precisione e professionalità. «C’è chi dice che il fonico sia un attore in più e in un certo senso è così», spiega Torlai. «Durante uno spettacolo, infatti, è compito suo far sentire al momento giusto un rumore previsto dal copione, una voce fuori campo, uno stacco musicale. Servono molta freddezza e concentrazione, perché basta distrarsi un attimo per fare subito non uno, ma tre o quattro errori di seguito». a cura di Annamaria Coluccia ottobre | dicembre 2004 TGE41304Gior17 ORT.qxp 12-10-2004 14:37 Pagina 8 8 A Ivo Chiesa e Ferruccio De Ceresa I N T I T O L AT I ottobre | dicembre 2004 IL T E AT RO DELLA C O RT E E UN VIALE NEI GIARDINI DI BRIGNOLE La targa stradale dedicata a De Ceresa e quella che nel foyer intitola a Ivo Chiesa il Teatro della Corte sono state scoperte con due cerimonie distinte in una bella mattinata di settembre. Sulla prima, posta sotto un grande platano, è inciso solo il nome completo dell’attore genovese che ha iniziato la carriera a Genova e vi è tornato, dopo tante esperienze nazionali,legando il suo nome allo Stabile, insieme con la moglie Elsa Albani (scomparsa da poco e promotrice di questa cerimonia). E sulla lapide di marmo posta al centro del foyer della Corte si legge: “A Ivo Chiesa direttore per 45 anni del Teatro Stabile di Genova da lui portato ai massimi livelli artistici, diffondendo in Italia e nel mondo cultura e civiltà, la Città dedica questo Teatro”. La figura di De Ceresa è stata ricordata con belle parole dal fratello Bruno e quella di Chiesa da Maurizio Giammusso, autore del volume sul cinquantenario dello Stabile, mentre interventi semplici e commossi sono stati fatti, tra gli altri, da Massimo Chiesa, Mariangela Melato, Eros Pagni, Maurizio Scaparro e Carlo Repetti.