lettera quaresima 2009 (2) (Sola lettura)

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DIOCESI DI CASSANO ALLO IONIO
Lettera del Vescovo
S.E. Vincenzo Bertolone
per la Quaresima 2009
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Che il Signore accompagni quanti sono chiamati ad
“annunciare e testimoniare” il Vangelo nella missione popolare; li
guidi e li protegga donando loro la certezza che con la carità tutto
è possibile.
Ed infine, fratelli e sorelle, iniziando il cammino quaresimale rivolgo a voi questo messaggio per incoraggiarvi sulla via della
conversione, che porta ad una conoscenza sempre più piena del
mistero di bene che Dio serba per noi.
Maria, Madre della misericordia, sostenga i nostri passi.
Ella ha conosciuto ed accolto per prima il disegno d’amore del Padre, ha creduto ed è la “benedetta tra le donne” (Lc 1,42). Ha obbedito nella sofferenza ed è stata così resa partecipe, per prima, della
gloria dei figli di Dio.
Maria con la sua presenza ci conforti; sia “segno di sicura
speranza” (Lumen gentium, 68) ed interceda presso Dio, affinché si
rinnovi per noi l’effusione della divina misericordia che converte il
cuore e ci fa figli devoti e grati.
Cassano, 17 febbraio 2009
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? Vincenzo Bertolone
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L’ESSENZIALE È SOLO CRISTO
Lettera per la Quaresima 2009
Ecco perché il tempo quaresimale va letto nella sua scansione annuale come un memento, una sollecitazione a curarsi delle
cose davvero essenziali. Dante, ad un certo punto del suo viaggio
nell’Inferno, riceve dal “maestro” Virgilio un invito perentorio:
“Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”. Ciò vale anche per noi
oggi: non sciupiamo né tempo, né energie in cose di poco momento, ma dedichiamo l’uno e le altre a ciò che è davvero essenziale,
ricordando che per San Paolo essenziale è solo Cristo nostra Pasqua.
CONCLUSIONI
Cari fratelli e sorelle, che il Signore vi guidi e vi sostenga in
questo tempo forte dell’anno liturgico affinché siate capaci ogni
giorno di praticare con umiltà e sincerità il santo esercizio della
verifica e della rinuncia, sapendo dire di no a tutto ciò che può
ostacolare o rallentare il cammino di conversione. Mi è di ausilio
una frase del Vangelo, che trovo di una radicalità assoluta: “Chi
odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna
“ (Gv 12,25). Certo, il martirio non c’è richiesto, oggi; ma qualche
rinuncia concreta sì. Facciamo in modo di non deludere il Signore e
noi stessi, giacché le piccole rinunce sono già l’inizio della vera
libertà.
Che questo tempo di preghiera e di contemplazione sia per voi occasione preziosa per riscoprire il valore e l’importanza del silenzio
e del raccoglimento necessari a mettere ordine ed equilibrio nella
vita e nelle giornate e, soprattutto, a recuperare il contatto con Dio,
per evitare il rischio di diminuire l’intensità interiore. Con generosità, allora, e senza mancare ai vostri doveri, sforzatevi di creare
maggiore spazio per il Signore, ascoltare la sua voce e contemplare
il suo Volto.
Non è cosa da poco l’impegno quaresimale, lo so. Però, rassicuratevi, non siete soli e, soprattutto, abbiate la certezza che dopo questo passaggio l’orizzonte che si apre è la luce radiosa e carica di
grazia della Pasqua del Signore.
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Carissimi fratelli e sorelle,
Carissimi confratelli nel sacerdozio,
INTRODUZIONE
nell’anno liturgico ci sono alcuni tempi forti, di duro allenamento spirituale, che racchiudono, per così dire, una grazia speciale. E la grazia propria della Quaresima è di prepararci a un incontro rinnovato con Cristo nella sua Pasqua di morte e di resurrezione. Non dobbiamo perciò lasciare passare invano questo tempo,
ma viverlo come rinnovamento del cuore, di esame di coscienza sul
presente e di seri propositi per il futuro.
Al riguardo, mi piacerebbe che in fasi dell’anno liturgico
come questa, trovassero spazio nelle parrocchie momenti di riflessione, di approfondimento di qualche lezione dell’ultimo Convegno
su “Cristo Verità, Via, Vita”.
L’austera Quaresima in tutta la sua durata è cammino di
conversione - scandito dall’impegno nella preghiera, nella misericordia (elemosina!) e nel digiuno - che ogni anno accompagna la
Chiesa alle sorgenti indefettibili della Parola da ascoltare perché
educa e conduce tutti noi alla somiglianza con il nostro Signore
Gesù Cristo! Per questo sarebbe mio desiderio che in tutte le parrocchie, come ho già cercato di proporre fin dall’inizio del mio
ministero, si faccia la lectio divina ogni settimana ed
in modo speciale in Quaresima.
LA QUARESIMA
Ho usato parole o espressioni come austerità, tempo
“forte”, duro allenamento spirituale: tutto ciò è vero. E, tuttavia,
nella Quaresima c’è un grande e consolatorio senso di dolcezza,
perché essa, carissimi, è cammino di liberazione, scaturendo
dall’incontro con il Volto di Cristo, Salvatore e Signore; un Volto
tentato, trasfigurato, vero tempio, Dono d’Amore del Padre, Chicco
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di frumento che muore ed è glorificato.
Un appuntamento antico la Quaresima ma, anche un appuntamento sempre attuale. La Chiesa, il popolo in cammino, avverte il bisogno di rinnovare l’alleanza con Dio, di cui vuole stringere la mano in segno di riconciliazione. Perché ciò avvenga, ogni
cristiano è invitato a rivedere la propria esistenza nella linea del
battesimo.
Un appuntamento antico, dunque, quello della Quaresima.
Ricorda il cammino di Israele nel deserto. Ricorda i 40 giorni di
preghiera passati da Mosè sul monte. Anche per Gesù, inserito nella storia del suo popolo, è stata intensa l’esperienza dei quaranta
giorni di deserto, considerato luogo della tentazione, della prova.
La vittoria di Gesù su Satana, sconfitto proprio nel suo territorio, il
deserto, segna l’inizio della nuova vita, la vita dei figli. Gesù, dunque, in quei lunghi giorni di digiuno e penitenza affrontò grandi
sacrifici.
Dalla contemplazione di questo Volto si attinga la forza
per cambiarsi da meri “impiegati” della fede, in convinti
“condiligenti”, veri testimoni, che sulle orme dell’apostolo Paolo,
considerano la propria missione una collaborazione improrogabile
all’opera di Dio, interpretando con profondo senso realistico il doversi fare tutto a tutti, per portare ad ogni costo qualcuno alla conoscenza e all’amore dell’unico, vero Maestro: Cristo.
andare incontro alla luce gloriosa del mattino di Pasqua.
LE MISSIONI POPOLARI
Ci vengono in aiuto le pratiche penitenziali, così care alla
tradizione biblica e cristiana che ci dispongono meglio a fare esperienza della potenza liberante e misericordiosa di Dio.
Sembrerebbe un paradosso: l’esercizio penitenziale preludio
dell’esperienza glorificante di Dio, conditio sine qua non per partecipare allo splendore del Risorto. Eppure proprio “La penitenza
cristiana…”, scriveva Paolo VI, “…è destinata a restaurare
nell’uomo la sua primigenia fisionomia, quella che riflette
l’immagine di Dio, come Dio l’aveva concepita creando l’uomo; e
per imprimere nel volto umano, dopo l’afflizione della penitenza,
lo splendore pasquale del Cristo risorto”.
È necessario perciò capire che questo esercizio di penitenza
L’esperienza gloriosa del mattino di Pasqua sia la forza
trainante dei nostri numerosi proponimenti di questo tempo quaresimale, oltre tutto esaltante per noi perché vivremo la grande esperienza della missione popolare.
Con questi sentimenti, i nostri passi s’accompagneranno a
quelli di Gesù verso Gerusalemme, là dove nella croce si compirà il
mistero della nostra salvezza. E di là ripartiremo, insieme con Lui,
per annunciare a chi ormai non spera più che Egli è risorto. È la
missione che dobbiamo compiere. Evangelizzare Cristo Signore a
tutti. Ai giovani, anzitutto, perché superino il dubbio e trovino certezza, perché non li avvilisca mai la rassegnazione o la rinuncia,
ma riviva in essi la speranza, perché nell’incontro con Gesù trovino
la vera gioia e il senso vero della vita. Ma non solo ai giovani. Anche a tutti coloro in cui è andata affievolendosi, forse fino a spegnersi, la luce della fede. Ad essi ci accosteremo, con delicata discrezione e rispetto, dando ragione della speranza che è in noi (cfr.
1 Pt 3,15).
In essa sentiamoci coinvolti tutti con l’entusiasmo di chi
ha incontrato la novità del Vangelo, di cui vive e si nutre; di chi per
esperienza è consapevole che solo l’ascolto assiduo della Parola
conduce alla verità; di chi, avverte l’urgenza di annunciare il Vangelo a tutti, come fece S. Paolo.
Mettendoci sulle sue orme, dirigiamo i passi della nostra missione
popolare che vogliamo sia motivata da scelte determinate, libere da
dubbi, tentennamenti o scoraggianti previsioni da profeti di sventure. Che ciascuno di noi diventi prossimo alla gente del nostro territorio con tutta umiltà, ma, al contempo, anche con la ferma convinzione delle nostre idee ed azioni ispirate al Vangelo.
Armiamoci, come Paolo, di quella “paziente e benigna carità” che
“non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode della ingiustizia, ma si compiace della verità…”, e che “tutto copre, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13,47).
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PREGHIERA, ELEMOSINA, DIGIUNO
Un’odierna accezione di “sacrificio” è sapersi accettare
con tutti i nostri limiti: in merito a intelligenza, carattere, cultura,
esperienze, frustrazioni, responsabilità, cariche, problemi. Tutto
dovrà rapportarci serenamente agli altri, evitando complessi
d’inferiorità e di superiorità.
Sacrificio è anche vivere le vicende della Chiesa, della
comunità di fede di cui facciamo parte; è il nostro sforzo per dare
alla nostra carità un volto e un contenuto sempre più aderenti alle
esigenze e alle attese del nostro tempo, per renderci nel mondo un
segno sempre più valido e convincente delle cose del cielo.
Sacrificio è la collaborazione con la vita di gruppo, quell’agire ordinato e solidale che educa a dare con generosità e a ricevere con
semplicità.
In una sola e conclusiva espressione, sacrificio è dare tutto a tutti,
sempre per poi sapersi accontentare di quello che il nostro Signore,
dall’eternità, ha disposto per il nostro cammino spirituale.
Dio Padre nella sua misericordia ha disposto per tutti un
cuore capace di amare come il Figlio Unigenito ha amato. Possediamo in potenza un amore che ha sapore di sacrificio, che permette all’anima di rimanere ancorata in Dio e di godere una pace profonda. Chi ama con la mansuetudine, il disinteresse e la purezza del
cuore di Cristo sa di aver usato la propria vita come un seme in un
solco profondo e sicuro. Il riconoscimento e il plauso degli uomini
possono mancare; i risultati potranno non essere consolanti o addirittura deludenti. Che importa? L’anima che sa amare il sacrificio,
il premio migliore lo percepisce dentro di sé, fiduciosa di piacere al
Signore.
Sacrificio e misericordia, sacrificio e perdono: che bei binomi! Alla
fine della Quaresima essi ci porteranno a ripetere con sincerità:
avevo un nemico, non ce l’ho più; ero ritroso nel salutare alcune
persone ed ora lo faccio con naturalezza; mi costava ascoltare i
guai degli altri ed ora mi capita di farlo senza guardare l’orologio;
giustificavo con facilità egoismi e indifferenze, ma ormai mi sono
aperto al fratello perché finalmente lo vedo alla luce di Cristo. Tutto ciò ci libererà finalmente dai nostri egocentrismi, dalle nostre
remore, dai nostri limiti, dalle nostre false certezze, ci aiuterà a
rimettere tutto in ordine. Così soltanto ritroveremo l’orientamento
giusto, il passaggio vero verso una piena liberazione, e potremo
non è una manifestazione mortificante, quanto piuttosto una via per
ritrovare la nostra vera umanità, naturalmente tesa al vero, al buono, al bello, doni originari di Dio. Ma per arrivare alla sana e santa
percezione del vero, del buono e del bello che è in noi e fuori di
noi, ovvero per recuperare la nostra somiglianza con Cristo, è indispensabile riscoprire l’originaria direzione dei nostri sensi, che
naturalmente aperti al vero, al bello e al buono, a causa del peccato
agiscono in noi come facoltà ambivalenti: capaci di innalzarci o di
abbrutirc:; ali che portano più vicini a Dio, o macigni di pietra che
ci bloccano in basso. In se stessi i sensi continuano ad essere validi
e preziosi; è la nostra padronanza su di essi che fa difetto; è il loro
uso che ci pone grossi problemi psicologici e morali, umani e religiosi.
Per nostra buona sorte ci vengono incontro i tre ricordati atti penitenziali: la preghiera che ci sostiene nel cammino; la misericordia
che esalta la carità; e il digiuno che ci educa e ci orienta verso
l’amore vero.
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La preghiera
La preghiera, fatta con animo puro, libera dalla morte.
Essa è il segno visibile, il frutto di una ricerca sincera e appassionata di Dio. Scrive Pascal : “Sappiate che [questo discorso] è fatto da
uno che si è messo in ginocchio prima e dopo, per pregare quel
Essere infinito, al quale sottomettere tutto se stesso…”. Pascal era
un filosofo, eppure perfettamente conscio che Dio lo si conosce e
lo si ritrova con il cuore più che con la mente, nelle difficoltà, più
che nello studio; nell’umile sottomissione, più che nella difesa ad
oltranza di un simulacro di libertà.
Conta più un cordiale colloquio con Dio, nel quale devono prevalere espressioni di amore che un lungo monologo a senso unico, nel
quale a prevalere sono tante domande e poco ascolto.
Se sulle labbra e nel cuore pronunciamo “Padre”, più che proclamare una realtà (che per troppi aspetti ci sfugge) invochiamo un
dono di cui siamo contemporaneamente indegni e bisognosi. Invochiamo il dono della figliolanza, il dono del perdono e quello della
misericordia. Se noi da una parte abbiamo l’obbligo di distogliere
altri dal culto degli idoli e di istruirli, tanto più dobbiamo impe-
gnarci a salvare tutte le anime che già godono della vera conoscenza di Dio! Già Francesco Bacone (1561-1626) ci insegnava a prendere le distanze dagli idola, cioè dagli errori e dai pregiudizi che
condizionano negativamente la mente e le impediscono di vedere la
verità. A distanza di quattrocento anni, gli idoli non solo persistono, ma addirittura si moltiplicano e diventano più sofisticati, più
subdoli, più accattivanti. Soprattutto la televisione è una grande
fattrice, dispensatrice, divulgatrice e “santificatrice” di idoli nuovi,
anzi nuovissimi.
L’elemosina
I poveri sono tanti e perciò il cristiano sa di dover sovvenire
alle loro necessità: è Dio che lo esige e la Chiesa che ce lo ricorda.
Gesù la raccomanda come uno dei pilastri della vita cristiana, perfettamente disinteressata senza contropartita e persino senza misura: non bisogna restare sordi a nessuno appello perché i poveri sono
sempre con noi. Essa ci ricorda in questo periodo particolare
l’offerta totale di sé fatta da Cristo, il quale da "ricco che era si è
fatto povero per noi” (2Cor 8,9). L’evangelista Matteo aggiunge
che attraverso la misericordia verso i “piccoli” noi raggiungiamo
Gesù in persona (“…ciò che avete fatto ad uno di questi piccoli,
l'avete fatto a me”- Mt 25, 40).
È stato già detto che la preghiera può liberare dalla morte,
ed ora aggiungiamo che è beato colui che si perfeziona mediante
l’elemosina. Facciamo dunque penitenza e doniamo con tutto il
cuore affinché nessuno di noi perisca.
Fratelli, diamo a Dio con generosità tempo, sacrifici, servizio ai
fratelli: non riceveremo in cambio dell’oro, ma Cristo, che è il tesoro più prezioso della nostra vita. Per questo io plaudo a quelle parrocchie in cui già opera la Caritas per i poveri e sollecito le altre ad
istituirla. Anzi colgo l’occasione per invitare tutti i parroci e le
strutture parrocchiali a sensibilizzare i fedeli che possono privarsi
di qualcosa (giorno per giorno) a donarla all’offertorio del giovedì
santo in coena Domini.
A tale carità vi porti il cammino quaresimale, segno visibile
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del vostro impegno e stile missionario. Solo mediante la pratica
della carità, infatti, si potrà fronteggiare il senso di angoscia arrecato dalle difficoltà del presente, che anzi ci debbono servire di
sprone per aprirci sinceramente alle esigenze e ai problemi dei meno fortunati.
Il digiuno
Quanto al digiuno, i grandi maestri di spiritualità hanno
scritto pagine che trasudano grande severità: “L’anima cerchi sempre di inchinarsi: non al più facile, ma al più difficile; non al riposo, ma alla fatica; non al più, ma al meno; non alla ricerca del lato
migliore delle cose create, ma al peggiore e a desiderare la nudità,
privazioni e povertà di quanto v’è nel mondo per amore di Gesù
Cristo” (San Giovanni della Croce). Forse a queste vette non ci
arriveremo tutti, ma ciascuno di noi deve saper ben indirizzare i
propri sacrifici.
Quello che conta è tenere presente che il digiuno è una
«pratica ascetica importante, un’arma spirituale per lottare contro
ogni eventuale attaccamento disordinato a noi stessi» (Benedetto
XVI). Oltre a ciò ci aiuta a coscientizzare che milioni e milioni di
nostri fratelli – in maggioranza bimbi innocenti - muoiono letteralmente di fame. Il digiuno, diceva S. Basilio “nasce in Paradiso”,
con l’invito fatto da Dio ai nostri progenitori a non cibarsi di un
determinato frutto.
Il digiuno ai nostri tempi può anche estrinsecarsi nel rinunciare a tante banalità, volgarità, oscenità che offendono intelligenza e senso morale e mortificano la nostra religiosità.
Sottraiamo un po’ di tempo alla visione di questi spettacoli e dedichiamolo al raccoglimento oppure – le due cose non si elidono – ad ascoltare gli altri (partendo dalle proprie famiglie, dove
si parla così poco!), a donare al prossimo un po’ del nostro tempo e
della nostra disponibilità.
SACRIFICIO E MISERICORDIA
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