Filosofia riflessiva e Filosofia speculativa

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HEGEL
Filosofia riflessiva e Filosofia speculativa
Tutte le filosofie che si sono poste il problema della produzione della totalità lo hanno risolto in modo riflessivo. A
determinare una filosofia riflessiva non è l’oggetto, ma il come la filosofia raggiunga l’oggetto: il compito specifico
della filosofia è infatti giungere alla totalità, ma bisogna anche che ci si interroghi su come giungere a essa.
Dal momento che il problema del filosofo è quello della sua relazione con lo Spirito, il filosofo non può porre con il
proprio pensiero una “soggettività” (Fichte) o un assoluto (Schelling), perché questo “porre” è pur sempre un’attività
dell’intelletto, cioè riflessiva, e come tale genera divisione e non totalità.
La soluzione a questo problema sta nel fare in modo che il discorso sullo Spirito sia un discorso dello Spirito, vale a
dire che il discorso non deve essere un parlare del filosofo, ma uno svelarsi dello Spirito. Solo così la filosofia, cioè il
discorso che parla dello Spirito, ha una sua necessità, da cui tutte le altre discendono, infatti nulla è possibile se non in
quanto è.
Fenomenologia
(costruzione di un discorso dello Spirito su se stesso)
Luogo del discorso ► il
Tempo (lo Spirito si svela
nel tempo come elemento
che diviene)
Parti del discorso ► le
Forme che lo spirito ha
assunto nel tempo, cioè le
varie forme culturali.
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Tappe della Fenomenologia dello Spirito
1. Coscienza
a) certezza sensibile
b) percezione
c) intelletto
2. Autoscienza
a) dialettica di padrone-servo
b) stoicismo-scetticismo
c) coscienza infelice
3. Ragione
a) ragione osservativa
b) ragione pratica
c) rigorismo della virtù
4. Spirito
a) Spirito in sé
b) Spirito che si estrania da sé
c) Spirito che riacquista coscienza di sé
5. Religione
a) Religione naturale-orientale
b) religione greca
c) religione cristiana
6) Sapere assoluto
Ognuna delle tappe della Fenomenologia è costituita da differenti momenti o “figure”. Hegel mostra come la
“determinatezza” di ciascuna delle singole figure sia inadeguata e costringa pertanto a passare al proprio opposto;
quest’ultimo, pur superando il negativo del precedente, si mostra a sua volta ugualmente determinato, inadeguato,
contraddittorio, quindi da superare.
Hegel precisa che la molla di questa dialettica fenomenologica sta nell’ineguaglianza o dislivello tra la Coscienza e il
duo oggetto (che è il negativo) e nel superamento progressivo di questa ineguaglianza. Il momento culminante di
questo processo coincide con il momento in cui lo Spirito diventa oggetto a se stesso.
1. Coscienza. In questa tappa iniziale la Coscienza è intesa in senso gnoseologico, vale a dire come quella che guarda
e conosce il mondo come altro da sé e indipendente da sé. Essa si distingue in tre momenti successivi:
- certezza sensibile
- percezione
- intelletto.
Ciascuno dei tre momenti porta dialetticamente all’altro. Nel momento della sensazione il particolare appare come
verità, pertanto la conoscenza sensibile sembra essere la conoscenza più ricca per la quale non è dato trovare un
limite (assolutizzazione della figura fenomenologica), ma ben presto essa manifesta quella contraddizione che è
inevitabile quando si vuol rendere assoluto ciò che è invece relativo e provvisorio, infatti tutto quello che la conoscenza
sensibile fissa, dilegua continuamente per essere sostituito da altri dati. Anche nella “percezione”, che è il
superamento della suddetta contraddizione, si verifica, per opera di una nuova interna contraddizione, un movimento
dialettico. Nella percezione, infatti, vi è un contrasto tra l’unità delle cose e la molteplicità delle sue proprietà (ad es. il
sale è un’unità semplice e nello stesso tempo una molteplicità: bianco, cristallino, sapido, ecc...). Il superamento
dialettico di tale opposizione si ha con l’«intelletto», con il quale l’oggetto appare come un “fenomeno”, cioè come un
prodotto di forze e di leggi che sono proprie dell’intelletto. La coscienza dunque giunge a comprendere che l’oggetto
“dipende” da qualcos’altro, ossia dall’intelletto e dunque da se medesima (l’oggetto si risolve nel soggetto). In tal
modo la coscienza diventa “autocoscienza” (sapere di sé).
2. Autocoscienza.
Hegel presenta l’autocoscienza come un’attività eminentemente pratica e la serie dei suoi momenti come una serie di
sforzi pratici, storicamente circostanziati, per l’emancipazione della personalità umana. Il problema fondamentale
dell’autocoscienza consiste pertanto nel fatto che essa sa che gli oggetti dipendono da lei, ma non sente riconosciuto
tale dominio. Il primo momento dello sviluppo dialettico dell’autocoscienza è il desiderio, ossia quella tendenza ad
appropriarsi delle cose e a far dipendere tutto da sé. Nel suo slancio espansivo l’autocoscienza si incontra con gli
oggetti della natura animata che le fanno resistenza ed essa pone il proprio impegno a superare tale resistenza.
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L’autocoscienza, o possiamo dire l’uomo, però, incontra anche altri uomini che resistono efficacemente al suo sforzo
espansivo e lo costringono a ripiegarsi. Questo momento è di capitale importanza, perché per mezzo di esso si effettua
lo sdoppiamento ed insieme il riconoscimento di sé nell’altro e dell’altro in sé. Tutto ciò si effettua non in modo
pacifico, ma attraverso una dura lotta per la vita. L’esito di tale lotta è l’assoggettamento del più debole da parte del
più forte. Si stabilisce, così, quella relazione servo-padrone che ha la sua concreta espressione nella società antica.
Il padrone, giovandosi del servo per soddisfare i suoi desideri, ottiene, oltre al soddisfacimento di questi, anche un
ascendente su un altro uomo. Il rapporto, però, gradualmente si inverte: il servo lavora secondo il volere del padrone
e a vantaggio di esso, tuttavia, lavorando, egli non solo forma le cose, ma forma anche se stesso ed acquista
coscienza del proprio valore.
A questa sua emancipazione crescente fa riscontro una crescente degradazione del apdrone che, vivendo del lavoro
altrui, si fa sempre più dipendente dal servo, tanto che alla fine il padrone si rivela come “servo del servo”, mentre il
servo come “padrone del padrone”. La lotta, dunque, si conclude con il trionfo della “libertà” attraverso la redenzione
del lavoro. La libertà che l’autocoscienza raggiunge nei confronti delle altre autocoscienze non è però completa, di qui
la necessità di passare al momento successivo dello Stoicismo-Scetticismo.
Lo Stoicismo rappresenta la libertà della coscienza, in quanto essa scopre che la libertà è del tutto indifferente alle
condizioni esteriori di vita, compresa la servitù. Lo Stoicismo trapassa dialetticamente nello Scetticismo, il quale
trasforma il distacco dal mondo in un atteggiamento di negazione del mondo. Ma lo scetticismo, negando tutto ciò che
la coscienza prendeva per certo, svuota l’autocoscienza e la porta all’autocontraddizione, infatti l’autocoscienza
scettica nega le cose che è costretta a fare (l’autocoscienza nega la validità delle percezioni, ma percepisce; nega la
validità del pensiero, ma pensa; nega i valori dell’agire morale, eppure li segue).
La suddetta contraddizione determina un nuovo momento fenomenologico, quello della coscienza infelice, in cui la
coscienza di sé appare come duplicata, sdoppiata. I due lati dello sdoppiamento sono l’aspetto immutabile e l’aspetto
mutevole; il primo è fatto coincidere con un Dio trascendente, il secondo con l’uomo. La coscienza infelice è il tratto
che, secondo Hegel, caratterizza soprattutto il Cristianesimo medievale. La ricerca del divino rende la coscienza
consapevole del carattere essenzialmente spirituale della propria natura, per cui essa si riconosce come Ragione, ossia
certezza di essere ogni realtà.
3. Ragione
La “ragione” nasce nel momento in cui la Coscienza acquisisce la “certezza di essere ogni realtà”. È questa la posizione
propria dell’Idealismo. Le tappe fenomenologiche della Ragione sono le progressive tappe dialettiche dell’acquisizione
dell’unità di pensare e di essere. La prima tappa, cioè quella della ragione che osserva la natura o ragione
osservativa, è costituita dalla scienza della natura, la quale si muove fin da principio sul piano della consapevolezza
che il mondo è penetrabile dalla ragione, ossia è razionale. Dall’osservazione dei fatti empirici e degli oggetti sensibili
la ragione osservativa trae i concetti e le leggi, distinguendo, raggruppando, astraendo e, dove l’osservazione non
basta, essa si serve dell’esperimento. I risultati che essa consegue, però, sono sempre meno soddisfacenti, infatti con
il fissare in concetti sempre più generali i dati sensibili osservati, il divenire si irrigidisce in una realtà permanente; in
altri termini, la ragione pretende di costituire una costante legalità di rapporti a cui la vita, però, si rifiuta di sottostare.
La ragione osservativa non riesce dunque ad adempiere al compito che si era proposto, pertanto essa si modifica in
ragione che agisce o ragione pratica, la cui attività consiste nell’iniziare a realizzarsi, dapprima, come individuo per
elevarsi, alfine, all’universale, superando i limiti dell’individualità e raggiungendo la superiore unione spirituale degli
individui. Le tappe di questo processo sono indicate da Hegel in tre figurazioni:
- faustismo (il momento in cui l’uomo ricerca la felicità nel piacere e nel godimento, come il primo faust; l’arbitrio
dell’individuo trova però un arresto nell’ordine oggettivo delle cose, che non gli permette di oltrepassare impunemente
il proprio limite);
- sentimentalismo (è il momento in cui l’uomo segue la legge del cuore individuale, come Rousseau. In questa fase,
però, si rivela un nuovo contrasto tra il sentimento individualistico e il mondo che, incurante dei desideri dei singoli,
segue la propria legge);
- rigorismo della virtù (è il momento in cui predominano la virtù e l’uomo di virtù, come l’ideale dell’«incorruttibile»
Robespierre. In questa fase, pertanto, attraverso la forza intransigente del moralismo, si vuole vincere il corso del
mondo per attuare il proprio ordinamento).
Ma né l’edonista, né il sentimentale, né il moralista riescono a vincere il corso del mondo. La soluzione del conflitto tra
l’individuo e il mondo, tra il soggetto e l’oggetto appartiene a una fase più alta dell’attività della Ragione, cioè a quella
che sintetizza l’opera della “ragione osservativa”, esploratrice del mondo oggettivo, e della “ragione attiva”, che
afferma il diritto dell’individualità. tale fase è lo Spirito.
4. Spirito
È definito da Hegel come “Io che Noi, Noi che è Io”, e ciò evidenzia la dimensione intersoggettiva, sociale dello Spirito.
Di conseguenza per tutto il corso delrestante itinerario fenomenologico, le “figure” diventano “figure di un mondo”,
tappe della storia, che ci mostrano lo Spirito “alienato nel tempo” e che attraverso questa alienazione si realizza e si
ritrova e, alla fine, si autoconosce. Le tappe sono
- Spirito in sé come eticità, proprio del mondo greco e romano;
- Spirito che si estrania da sé, tipico della contraddizione dell’epoca moderna;
- Spirito che riacquista certezza di sé.
5. La Religione
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Attraverso di essa si giunge alla meta, al Sapere Assoluto. La Religione può essere considerata come l’autocoscienza
dell’Assoluto, ma ancora non perfetta, ossia nelle forme della rappresentazione e non del concetto. In questa fase
hegel distingue tre tappe:
- religione naturale-orientale (rappresenta l’Assoluto in forma di elementi o di cose naturali);
- religione greca (rappresneta l’Assoluto in forma umana, ossia di soggetto finito);
- religione cristiana (il vertice...).
Nei dogmi fondamentali del Cristianesimo Hegel vede i concetti cardine della propria filosofia: l’Incarnazione, il regno
dello Spirito e la Trinità esprimono infatti il concetto di Spirito che si aliena per autopossedersi e che nel suo esserealtro mantiene l’uguaglianza di sé con sé, operando la sintesi suprema degli opposti. Il superamento della forma di
conoscenza “rappresentativa” propria della religione porta, infine, al puro concetto, ossia alla fase del sapere
assoluto, che Hegel esporrà nella logica, nella filosofia della Natura e nella filosofia dello Spirito.
Appendix
RAGIONE
Il fallimento della ragione dipende dal fatto che essa ha cercato di realizzarsi come mera individualità (ora come
“piacere”, ora come “cuore”, ora come “virtù”), sì che il mondo si è mostrato solamente come una universalità
“opinata”.
SPIRITO
Rappresenta il momento dell’integrarsi della ragione dell’individuo nella vita di un popolo, nelle sue istituzioni politiche.
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Scienza della logica
Mostrando come un tale sapere assoluto divenga possibile, la Fenomenologia, in un certo senso, lo fonda. Lo fonda
dal punto di vista della coscienza, in modo antropologico (perché la coscienza in questione è una dimensione
tipicamente umana) e in modo storico (perché quella coscienza rappresenta la memoria del passato e il potenziale
culturale dell’uomo). D’altra parte il sapere assoluto ha come ogni sapere i propri principi e una propria trama
concettuale. In questo senso, la sua fondazione più rigorosa sarà data dalla scienza di quei principi e di quelle trame,
ossia dalla scienza della sua interna “logica”. Ad essa è dedicata la Scienza della logica, articolata in tre libri, i quali
trattano rispettivamente
- la dottrina dell’essere;
- la dottrina dell’essenza;
- la dottrina del concetto.
Quello della logica è un sapere assoluto, cioè un sapere che intende costituirsi oltre la contrapposizione di soggettivo e
oggettivo, di pensiero ed essere. I principi di un tale sapere dovranno dunque valere tanto come principi del
conoscere, quanto come principi dell’essere ed essi dovranno essere cercati nel pensiero puro. Con questa
espressione Hegel vuole indicare un pensiero che non è ancora questa o quella maniera di pensare determinata,
vincolata a un determinato interesse per le cose e a un determinato ordine di fenomeni. Solo innalzandosi al di là di
tale pensiero, la riflessione può raggiungere quelle funzioni universali, condizioni preliminari a ogni atto particolare,
concreto del pensare e che costituiscono appunto i principi del sapere assoluto. Hegel sostiene che il “cominciamento
logico”, vale a dire ciò che può avviare l’analisi del pensiero puro, del pensiero inteso come condizione di possibilità del
pensare in generale, va ricercato nell’Essere. L’essere è infatti la disposizione originaria del pensiero,da cui tutte le
altre discendono, infatti nulla è possibile se non in quanto è. L’essere di cui parla Hegel è l’essere indeterminato, cosa
che lo fa, però, coincidere con il puro nulla.
L’essere e il nulla non sono elementi staccati, dei quali l’uno sussiste prima dell’altro e si converte nell’altro, ma
rappresentano soltanto due espressioni correlative dello stesso essere indeterminato. L’unità dell’essere e del nonessere si determina, pertanto, come “divenire” (essere – non essere – divenire). Dopo aver spiegato il
“cominciamento”, Hegel prende in esame quelle che sono le determinazioni immediate dell’essere, cioè le forme più
elementari del pensiero, quali la qualità, la quantità, la misura.
Essenza
La logica dell’essenza procede a scavare in profondità, per trovare le radici dell’essere. Anzi, è l’essere stesso che si
ripiega e si approfondisce riflettendo su se stesso. In altre parole si potrebbe dire che la logica dell’essenza studia il
pensiero che vuol vedere che cosa c’è sotto la superficie dell’essere e arriva al fondo di esso. Attraverso le tre
categorie principali della riflessione, del fenomeno e della realtà in atto, Hegel studia le tappe nelle quali il fondo
dell’essere (l’essenza), prograssivamente prima pare, poi ap-pare, infine si manifesta pienamente. Si trovano in
questa parte della Logica le discussioni sui celebri principi di identità e di non-contraddizione di cui Aristotele aveva
fornito la prima trattazione. A tale proposito Hegel esamina le due coppie identità-differenza e diversitàopposizione. L’identità non può mai darsi se non in unità con il suo contrario, la differenza.
Nessuna cosa è soltanto se stessa, o uguale a sé, senza essere contemporaneamente anche connessa con altre, cioè
con quello che essa non è. Ogni concetto è pertanto collegato al suo opposto in modo tale che ha verità (e quindi
realtà) non in sé soltanto, cioè preso isolatamente, bensì nell’unità di entrambi. Suddetta nozione di unità degli opposti
mette in discussione, secondo Hegel, il principio di non-contraddizione, che è il principio base dell’Intelletto, il quale è
da considerarsi come il potere che fissa i concetti e li oppone rigidamente, dando così luogo a un sistema che irretisce
la realtà.
Concetto
Hegel intende per concetto l’intero risultato del movimento logico fin qui raggiunto. Esso è ciò che si autocrea e
autocreandosi dà luogo a tutte le determinazioni logiche (la logica hegeliana del concetto è la logica condotta dal punto
di vista di quello che Kant aveva intravisto con il suo IO penso, già sviluppata da Fichte e qui non solo ulteriormente
approfondita, ma portata alle sue conseguenze estreme. Tutto viene visto, ora, come un autodispiegarsi dialettico del
Soggetto, che è tutta la realtà).
Poiché d’altra parte la parola “concetto” indica qualcosa in cui il pensiero si può pienamente riconoscere, dire della
realtà che è concetto significa semplicemente dire che una tale tematizzazione della realtà corrisponde a qualcosa in
cui il pensiero si ritrova come tale. Vuol dire che, pensando la realtà come totalità autocreatrice, io la penso in una
maniera che soddisfa le esigenze del pensiero: esigenze di autocomprensione, di coerenza e di legittimità. Nella stessa
prospettiva Hegel ha chiamato la realtà idea. L’idea è quel concetto della cosa che comprende (nel loro valore
universale) tutte le condizioni (particolari) di esistenza della cosa stessa.
Filosofia della natura
Dal fatto che il mondo è dialetticamente razionale, Hegel conclude che esso deve essere la manifestazione di una
ragione dialettica o Logos o Assoluto impersonale ed infinito, fuori dello spazio e del tempo. Da questa Ragione
eterna o Assoluto scaturisce un sistema infinito di idee che procedono l’una dall’altra secondo un ritmo dialettico di
tesi, antitesi e sintesi in una successione non temporale, ma puramente logica. Il sistema infinito delle idee costituisce
una specie di piano architettonico sul quale il Logos modella tutta la storia del mondo.
Le idee, infatti, non sono che puri pensieri del Logos esprimenti la semplice possibilità logica delle cose, cioè la loro
razionalità o essenza. Ma una possibilità logica che rimanesse sempre tale dimostrerebbe di non essere veramente
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possibile, per questo essa deve realizzarsi o, come dice Hegel, divenire altro da sé, cioè la sua antitesi, tramutandosi
da semplice essenza logica quale è in un oggetto che abbia esistenza reale (ciò che è razionale è reale).
Da quanto detto, risulta pertanto che ciò che esiste realmente non può essere irrazionale, in quanto gli oggetti
esistenti sono le stesse idee fattesi visibili, cioè che hanno assunto la forma di fenomeni che si svolgono nello spazio e
nel tempo (ciò che è reale è razionale). Questa negazione o antitesi dell’Idea è la Natura o Idea fuori di sé.
Anche la Natura, in virtù delle sue interne contraddizioni, si svolge nel sistema triadico della dialettica. tale sistema si
articola in
meccanica (Tesi)
Fisica (Antitesi)
Organica (Sintesi).
Molto importante è notare la contraddizione presente nella Natura, la quale esiste, ma è come se non esistesse in
quanto non è in grado di riconoscersi come esistente. A questo punto è pertanto necessario che l’Idea, dopo essersi
espressa nella Natura, ossia dopo essere uscita “fuori di sé”, ritorna in se stessa come pensiero concreto di sé. L’Idea
in sé (T) e l’Idea fuori di sé o Natura (A) sono dunque sintetizzate nello Spirito.
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