Relazione sassano - Università di Macerata

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Curatore speciale del minore: aspetti problematici - relazione - giornata di studio - corsi
tutore e curatore speciale del minore - Università degli Studi di Macerata - Facoltà di Scienze
Politiche - Francesca Sassano
Nozioni generali
Il ruolo che deve svolgere un curatore speciale è veramente delicato. Non è richiesta solo una
competenza specifica nelle materie del diritto , ma anche una sensibilità particolare.
Parimenti la valutazione della sua nomina deve tener conto di entrambe le categorie.
Gli interessi del minore necessitano di una attenzione particolare e l'ordinamento giuridico deve
valorizzarli nell'ambito del riconoscimento di una adeguata tutela.
Il curatore speciale è colui che compie, in nome e per conto altrui, un determinato atto giuridico.
Il curatore speciale, a differenza del genitore o del tutore, è nominato per rappresentare il minorenne
nel compimento di un singolo atto o di una limitata serie di atti (curatore ad acta) o in un
determinato processo (curatore ad processum).
“In tema di rappresentanza e amministrazione dei beni dei figli minori, contro il provvedimento del giudice tutelare con
cui viene disposta la nomina di un curatore speciale è previsto il reclamo alla Corte d’Appello”
Cort. App. Milano 08.10.02
Tale figura ha un compito ben diverso da quello del tutore, che rappresenta stabilmente il minore
quando il genitore è assente oppure è impedito: il compito di rappresentanza del curatore speciale è,
invece, limitato ad un solo affare e, limitatamente al caso di conflitto d’interessi, si svolge in
presenza e per di più in contrasto con la pretesa dell’esercente la responsabilità genitoriale.
Il conflitto d’interessi, infatti, consiste proprio nell’incompatibilità, anche solo potenziale, fra la
posizione del genitore e quella del figlio minorenne.
Recente giurisprudenza ha evidenziato che
Ritenuto che, dopo l'entrata in vigore della l. n. 149/2001, il giudizio di adottabilità di un minore ha, "ab initio",
carattere contenzioso e che il minore, titolare di diritti azionabili, attinenti specificamente alla sua dignità di essere
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umano ed allo sviluppo della sua personalità, ha acquisito, a tutti gli effetti, la qualità di parte, con la conseguenza che al
T.m. non può più riconoscersi la funzione generica di "difensore dei diritti" del minore ed al tempo stesso di giudice, il
che nuocerebbe inevitabilmente alla sua terzietà, il minore deve avere un suo "difensore tecnico", nominato dal suo
rappresentante legale; e ritenuto, ancora, che la normativa convenzionale di matrice internazionale sui diritti sostanziali
e processuali del minore, seppur recepita nel nostro ordinamento per la sua valenza di base ed il suo significato
promozionale, postula per la sua operatività concreta, in una materia di ampia rilevanza sociale come quella della tutela
processuale del minore, una normativa nazionale di adattamento, l'applicazione immediata dell'art. 5 della convenzione
di Strasburgo 25 gennaio 1996 (l. n. 77/2003) giustificherebbe la nomina di un "difensore del minore" da parte del
giudice, vale a dire di un soggetto distinto rispetto al difensore nominato dal rappresentante legale del minore; e farebbe
sì che, non avendo quest'ultimo capacità piena di rapportarsi al "suo" difensore, referente di questo non potrebbe che
essere il giudice che lo ha nominato, giudice che diventerebbe, quindi, in sostanza, rappresentante di fatto del minore, in
palese violazione dell'art. 111 cost. e dei principi sul giusto processo, che impongono inderogabilmente la terzietà e
l'assoluta imparzialità del giudice.
Cassazione civile, sez. I, 17/02/2010, n. 3805
Il conflitto d’interessi si ricollega alla titolarità, in capo all’esercente la responsabilità genitoriale, di
una situazione giuridica idonea a determinare la possibilità che il potere rappresentativo possa
essere in contrasto con l’interesse del minore e presuppone che il genitore sia interessato a un atto di
contenuto diverso o ad un esito della lite diverso da quello che avvantaggi il rappresentato.
Il comma 2 dell'art. 78 c.p.c. si riferisce ai casi in cui sorga un conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato
non altrimenti disciplinato da norme sostanziali, per cui, nei casi di conflitto, la parte non può esercitare direttamente i
poteri che le norme le riconoscono, dovendo gli stessi essere esercitati da un curatore speciale, la cui mancata nomina
attiene all'esercizio dei poteri processuali e non al contraddittorio; ne consegue che, in base al principio secondo il quale
le ipotesi di rimessione della causa al primo giudice sono quelle tassativamente indicate nel comma 1 e 2 dell'art. 354
c.p.c. (oltre a quelle di cui al precedente art. 353), il giudice di appello, in difetto della suddetta nomina in primo grado
per la risoluzione dell'indicato conflitto, deve decidere la causa nel merito, rinnovando eventualmente gli atti nulli
(attività, nella specie, esclusa dall'intervenuta costituzione del curatore speciale nel giudizio di appello, fatta valere su
istanza del rappresentato, produttiva di effetto sanante ai fini della rappresentanza processuale e dei poteri del curatore
in ordine all'impugnazione).
Cassazione civile, sez. III, 25/09/2009, n. 20659.
Una situazione di possibile conflitto è stata tradizionalmente ritenuta ravvisabile, determinando
conseguentemente la nomina del curatore speciale, quando i contrapposti interessi del
rappresentante e del rappresentato sono di carattere patrimoniale; le norme processuali (articoli 78,
79, 80 c.p.c.) che regolano la nomina del curatore speciale anche in caso di conflitto d’interesse non
recano tuttavia alcuna limitazione in tal senso; per di più, l’articolo 79 cit. dispone che la nomina
del curatore speciale “Può essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o
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In tema di conflitto , di recente , anche la Corte Costituzionale si è espressa in maniera significativa:
in riferimento agli art. 2, 3, 24, 30, 31 e 111 cost., non è fondata - nei sensi di cui in motivazione - la q.l.c. dell'art. 250
c.c. nella parte in cui, in caso di azione per il riconoscimento della paternità o maternità naturale e di opposizione da
parte del genitore che per primo ha effettuato il riconoscimento non prevede, per il figlio che non abbia ancora
raggiunto i sedici anni di età, adeguate forme di tutela dei suoi preminenti personalissimi diritti, e in particolare di
autonoma rappresentanza e difesa in giudizio. Al minore, infatti, va riconosciuta, in una tale controversia, la qualità di
parte nel giudizio e se, di regola, la sua rappresentanza sostanziale e processuale è affidata al genitore che lo ha
riconosciuto qualora si prospettino situazioni di conflitto d'interessi - anche in via potenziale - spetta al giudice di
procedere alla nomina di un curatore speciale, ai sensi dell'art. 67 c.p.c., eventualmente anche d'ufficio.
Corte costituzionale, 11/03/2011, n. 83.
Queste disposizioni sul curatore speciale sono presenti da lungo tempo nel nostro ordinamento
giuridico, ma sono state utilizzate solo in pochi casi o in senso puramente formale.
Spesso il curatore, una volta nominato, limitava la propria attività al minimo indispensabile e il
genitore, nonostante il conflitto d’interessi, restava comunque unico arbitro della gestione .
La Corte costituzionale, nella meno recente sentenza 1/2002, ha espressamente affermato che, in
base alla nuova normativa derivante dalle citate Convenzioni internazionali, il minorenne può
assumere la veste di parte nel giudizio, quando sono in gioco i suoi interessi – anche e soprattutto
quelli di natura non immediatamente patrimoniale – e che, per rendere possibile ciò, è
indispensabile la nomina di un curatore speciale, già previsto dal nostro ordinamento.
Questa possibilità, inoltre, è già prevista dal codice civile in alcuni casi di conflitti non patrimoniali,
relativi a diritti personalissimi del minore, attinenti alla filiazione legittima (azioni di
disconoscimento, di contestazione o di reclamo di legittimità) ed alla dichiarazione giudiziale della
paternità o della maternità naturale: in tali casi, gli articoli 244, ult. comma, 247, 2° comma, e 273,
1° comma, c.c. prevedono la nomina di un curatore speciale al minorenne che agisce o resiste in
simili giudizi.
Al curatore, oltre al compito di rappresentanza, può essere attribuito anche quello di “assistenza”
del minorenne in giudizio, corrispondente quasi perfettamente al paradigma esposto nell’articolo 10
della Convenzione di Strasburgo del 1996, per fornirgli informazioni pertinenti, prospettare le
conseguenze pratiche di ogni azione, interpretare ed esporre intelligibilmente al giudice la volontà
dell’assistito; in una parola, “proteggere” l’assistito dai pericoli derivanti dai suoi stessi
atteggiamenti, dettati da immaturità, ignoranza o inesperienza.
La delicatezza e allo stesso tempo l’opportunità di un ruolo attivo del curatore speciale, che non
esprime un suo personale punto di vista ma interpreta, chiariscono, fa emergere e presenta
correttamente al giudice le reali intenzioni del soggetto affidato alle sue cure, informando
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correttamente costui circa le conseguenze delle sue azioni ed il significato di quelle del giudice,
richiede una adeguata formazione e un costante sostegno.
Le disposizioni processuali della legge n. 149/2001, entrate in vigore il 1° luglio 2007, hanno
evidenziato la particolare incisività della funzione del curatore speciale del minore nell’ambito dei
procedimenti civili che lo riguardano (procedure de potestate e di adottabilità).
Con l’espressione curatore speciale ci si riferisce alla funzione di rappresentanza di un incapace di
agire affidata a soggetti determinati in particolari situazioni di disfunzionalità nel rapporto
dell’incapace con chi lo rappresenta legalmente.
Il curatore speciale del minore è, in particolare, il rappresentante del minore nominato nelle
situazioni di conflitto di interessi con i genitori ovvero in caso di mancanza, inerzia o disinteresse
da parte dei genitori stessi.
Il curatore speciale non è necessariamente un avvocato e le sue funzioni possono esplicarsi sia in
relazione ad un atto sia in relazione ad un processo.
Il curatore speciale è il soggetto che compie uno o più atti specifici (curator ad acta) in sostituzione
e nell’interesse del minore nel caso in cui non possano essere compiuti dai genitori, o dagli
esercenti la potestà, per un conflitto di interessi sorto tra questi soggetti ed il minore stesso.
Egli è colui che rappresenta e si sostituisce al minore nel processo in contraddittorio con i genitori
(curator ad processum).
Si distingue dal tutore perché, a differenza di quest’ultimo, ha la cura degli interessi del minore in
una situazione specifica.
Proprio la circostanza che l’attività del curatore speciale si realizza con maggiore frequenza in sede
processuale ha fatto sì che la prassi si sia orientata nel corso degli ultimi anni verso l’attribuzione ad
avvocati delle funzioni di curatore speciale.
Non si tratta di una figura sconosciuta al nostro ordinamento e numerose sono le ipotesi in cui la
legge prevede la nomina un curatore speciale (ad es., si pensi al caso di conflitto d’interessi di
carattere patrimoniale di cui all’art. 320 cod. civ., ed al procedimento in materia di disconoscimento
della paternità ex art. 244 cod. civ.).
Tuttavia, il tema del curatore speciale è tornato di stretta attualità a partire dal luglio 2007, quando
sono entrate in vigore le disposizioni processuali della legge n. 149/2001, la quale ha istituito la
difesa tecnica del minore e di tutti i soggetti coinvolti nei procedimenti de potestate ed in quelli per
la dichiarazione di adottabilità.
La nuova disciplina legislativa è espressione dei principi contenuti nelle convenzioni internazionali
– segnatamente quella di New York (1989) e quella di Strasburgo (1996) – le quali sanciscono che
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il minore deve considerarsi un soggetto di diritto autonomo anche alla luce di quanto stabilito
dall'art.111 della Costituzione , che disciplina il principio del c.d. giusto processo.
In verità, eccetto che nell’art. 15, con cui è stato sostituito l’art. 16 della l. n. 184/83, la nuova
disciplina non fa menzione del curatore speciale; tuttavia, prevedendo la necessità che il minore sia
assistito da un difensore, implicitamente ha imposto la nomina di un curatore speciale ogni
qualvolta sussista un conflitto di interessi tra minore ed il soggetto tenuto alla sua rappresentanza,
alla luce dell’art. 78, cpv., cod. proc. civ.
Il minore non ha la capacità di agire, non può conferire personalmente mandato a un difensore, ma
ha bisogno di un soggetto che svolga questa attività per lui, soggetto che deve essere diverso dai
genitori quando vi sia, come si è detto, una situazione di conflitto con essi.
Il curatore speciale è nominato d’ufficio dal tribunale – come si legge nei decreti in epigrafe –
oppure su richiesta del pubblico ministero, qualora, come si è detto, sia ravvisabile un conflitto
d’interessi tra il minore ed i genitori o chi, in luogo di questi ultimi, eserciti la potestà.
Qualora il curatore sia, al tempo stesso, un avvocato, potrà costituirsi personalmente in giudizio,
così come è previsto dalla Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata in Italia con la
legge n. 77/2003.
La riunione delle due funzioni (curatore e avvocato) in un unico soggetto sembra preferibile anche
ai fini dei contatti che devono intercorrere con i minori i quali potranno giovarsi di un unico
referente.
Quest’ultimo dovrebbe essere nominato tra i soggetti maggiormente competenti in materia minorile,
dotati di una specifica specializzazione in materia.
Nel caso in cui il minore, rimasto privo dei genitori, sia stato nominato tutore, il conflitto di
interessi tra il tutore e il minore è preventivamente risolto attraverso la nomina di un protutore il
quale rappresenta il minore nei casi in cui l’interesse di questo è in opposizione con l’interesse del
tutore (art. 360, comma 1).
Anche in questo caso residua, la possibilità di nomina di un curatore speciale al minore ogni
qualvolta il protutore sia in conflitto di interessi con lui (art. 360, comma 2).
Infatti , in ipotesi che riguardano istituti di più recente applicazione, la giurisprudenza di merito si è
così espressa :
è opportuna e legittima, ex art. 2645 ter c.c., a tutela e salvaguardia dei beni mobili ed immobili, presenti e futuri di un
minore soggetto a tutela e protutela, l'istituzione, a richiesta del protutore, di un Trust che vincoli i beni predetti al
soddisfacimento delle esigenze, personali e patrimoniali, del minore predetto, qualora, anche alla luce di un motivato
parere redatto da un c.t.u., il Trust sia conveniente ed utile al minore stesso; il provvedimento del G.t. deve prevedere il
rendiconto annuale e deve contenere la designazione e la nomina di un Trustee esperto e di sicuro affidamento,
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affiancato da un "Guardiano" estraneo al gruppo familiare del minore e di pari affidamento e competenza tecnica; fermo
restando che, raggiunta la maggiore età, il minore, se capace, può disporre la cessazione del Trust.
Tribunale Modena, 11/12/2008.
Il curatore speciale chiamato, invece, a rappresentare l’incapace per determinati atti (curatore ad
acta) o anche in sede processuale (curatore ad processum) non svolge né funzione di mera
assistenza, né compiti generali di protezione del soggetto incapace ma ha poteri di rappresentanza
che gli sono conferiti con il provvedimento di nomina e che cessano con l’espletamento
dell’incarico.
Il sistema civile vigente prevede tre ipotesi di riferimento :
a)
le norme del codice civile che prevedono la nomina di un curatore speciale nel conflitto di
interessi per il compimento da parte dei genitori e per conto del minore di atti patrimoniali di
straordinaria amministrazione, oppure quando si riscontra l’inerzia dei genitori in atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione di interesse per i figli minori (art. 321 c.c.);
b)
una normativa applicabile al conflitto di interessi, più ampio patrimoniale e non patrimoniale
tra incapace e rappresentante in sede processuale (artt. 78, 79 e 80 c.p.c.);
c) la normativa, tassativa e tipica nei codici e nelle leggi speciali, da considerare speciale rispetto
alla precedente.
L’art. 320 c.c. prevede la nomina al minore di un curatore speciale in genere ad acta per il
compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.
E' il giudice tutelare che deve autorizzare tale nomina
Essa
include espressamente anche il promovimento di una causa relativa ad atti eccedenti
l’ordinaria amministrazione.
Se il curatore speciale non è un avvocato , dovrà nominarne uno rilasciandogli regolare procura per
agire in giudizio, in ipotesi di difesa tecnica processualmente necessaria.
La giurisprudenza ha precisato che il curatore speciale ad acta nominato dal giudice tutelare può
rappresentare il minore anche nei giudizi sorti in seguito ed in relazione a quell’atto (Cass., sez. un.,
16 ottobre 1985, n. 5073, in Foro it., 1985, I, 2550).
La cassazione ha anche ritenuto che
in tema di processo instaurato dal minore legalmente rappresentato dal genitore esercente la potestà parentale, al
raggiungimento della maggiore età da parte del rappresentato che venga successivamente dichiarato fallito, con
conseguente interruzione del procedimento, l'iniziativa del curatore fallimentare che intenda riassumere il predetto
processo non necessità di essere promossa con atto di riassunzione né nei confronti del genitore (che ha perso la
rappresentanza processuale e non è perciò contraddittore necessario), né nei confronti del fallito (la cui capacità
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processuale è relativa, in quanto subordinata all'eventuale inerzia del curatore, cui spetta la legittimazione a far valere
gli interessi della massa).
Cassazione civile, sez. I, 27/09/2010, n. 20285
Anche per i minori e gli interdetti sotto tutela il giudice tutelare è chiamato ad autorizzare il
promovimento di azioni giudiziarie (art. 374).
L’art. 321 c.c. - inerzia o disinteresse da parte dei genitori nel compimento di uno o più atti di
interesse del figlio sempre eccedenti l’ordinaria amministrazione - prevede che il giudice nomini al
minore un curatore speciale.
Ciò avviene su richiesta degli interessati, dei congiunti o del pubblico ministero.
Gli artt. 78, 79 e 80 c.p.c. prevedono la nomina di un curatore speciale per la rappresentanza in sede
processuale dell’incapace , in caso di conflitto di interessi con il suo rappresentante legale.
Essa
non cessa automaticamente allorché questi diventi maggiorenne ed acquisti, a sua volta, la capacità processuale,
rendendosi necessario che il raggiungimento della maggiore età sia reso noto alle altre parti mediante dichiarazione,
notifica o comunicazione con un atto del processo. Tale principio dell'« ultrattività » della rappresentanza opera tuttavia - soltanto nell'ambito della stessa fase processuale, attesa l'autonomia dei singoli gradi di giudizio.
Cassazione civile, sez. II, 02/09/2010, n. 19015
L’art. 78 c.p.c. prevede la nomina del curatore speciale : in via urgente e provvisoria, se non vi è
un rappresentante per il soggetto incapace che deve esercitare una determinata azione.
La nomina cessa quando subentra il rappresentante.
In via tipica e tassativa, la nomina del curatore speciale è prevista in talune situazioni da
considerarsi speciali , rispetto al contesto normativo da ultimo richiamato.
Infatti,
nel procedimento di adozione, mentre il conflitto d'interessi tra minore e genitore è "in re ipsa", quello con il tutore è
solo potenziale ed il relativo accertamento deve essere compiuto in astratto ed "ex ante" e non in concreto ed a
posteriori, alla stregua degli atteggiamenti assunti dalle parti in causa; pertanto, deve escludersi che il tutore (nella
specie un ente territoriale), pur se nominato nel corso del procedimento, versi sempre e comunque, anche soltanto
potenzialmente, in conflitto d'interessi con il minore. (In applicazione del principio la Corte ha cassato la pronuncia
della Corte d'appello, sezioni minori che aveva dichiarato la nullità del procedimento di primo grado per difetto di
integrità del procedimento dovuta alla costituzione di un unico difensore nella duplice veste di legale del minore e del
tutore).
Cassazione civile, sez. I, 14/07/2010, n. 16553.
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La caratteristica comune di queste situazioni è individuata nella circostanza che il minore in esse è
considerato litisconsorte necessario.
La nomina è atto generalmente dovuto, mentre solo in una ipotesi si costituisce un atto subordinato
ad una valutazione della causa all’interesse del minore.
Però,
in caso di nomina di curatore speciale per il minore, funzionalmente competente ad autorizzare la continuazione
dell'esercizio di un'impresa commerciale è tribunale Ordinario e non il tribunale per i Minorenni, trattandosi di
provvedimento previsto dall'art. 320, comma5, c.c., non richiamato dalla tassativa elencazione di cui all'art. 38 disp. att.
Tribunale minorenni Milano, 14/04/2010.
Una distinzione è prevista nell’art. 121 c.p. dove, nei casi di persona offesa interdetta o minore di
quattordici anni, la querela può essere proposta da un curatore speciale quando manca il
rappresentante legale oppure quando l’incapace è con il suo rappresentante legale in una situazione
di conflitto d'interessi.
La giurisprudenza , anche datata , ha sempre affermato che
in tema di nomina di un curatore speciale per l'esercizio del diritto di querela, la norma di cui all'art. 121 c.p. tende, per
quel che riguarda il rapporto tra genitore e figlio, ed evitare che il diritto di querela per fatti offensivi nei confronti del
figlio non venga esercitato perché vi è un interesse contrastante del genitore, ma non può valere a rendere invalida una
querela proposta dal genitore solo perché il figlio potrebbe avere un interesse personale ad evitare la punizione del
colpevole. Una invalidità del genere non è prevista nè può dedursi dal sistema, il quale tende anzi a favorire la
proposizione della querela, stabilendo (art. 120 comma 3 c.p.) che il minore che ha compiuto gli anni quattordici può
proporre personalmente la querela, ma non può anche impedire che contro la sua volontà la proponga il genitore.
(Fattispecie in cui una madre aveva proposto nell'interesse dei figli minori querela per lesioni e percosse nei confronti
del padre, con il quale aveva in atto procedimento di separazione personale, e costui assumeva che sarebbe stata
necessaria la nomina di un curatore speciale ex art. 121 c.p. in quanto, avendo la moglie un interesse personale alla sua
punizione, sussisteva un conflitto di interessi con i figli, dato che questi erano portatori di un proprio interesse al rispetto
ed alla tutela della personalità del padre che avrebbero potuto far prevalere su quello alla sua punizione; la Cassazione
ha ritenuto infondato tale assunto enunciando il principio di cui in massima).
Cassazione penale, sez. V, 26/05/1992.
Alla nomina provvede il giudice per le indagini preliminari su richiesta del pubblico ministero e il
curatore speciale nominato ha anche la facoltà di costituirsi parte civile (art. 338 c.p.p.), con il
patrocinio di un avvocato (art. 82 c.p.p).
La stessa disciplina è per l’accettazione della remissione di querela (art. 155 c.p. e art. 340 c.p.p.).
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La legge penale prevede nei casi di conflitto di interessi la nomina di un curatore speciale, soltanto
in ipotesi di reati perseguibili a querela e non per le ipotesi più gravi perseguibili d’ufficio se il
minore ha meno di quattordici anni.
Dalla figura del curatore speciale si ricava un primo schema
per
definire le caratteristiche
funzionali dell’avvocato del minore.
Il procedimento per la limitazione o la decadenza della potestà genitoriale (art. 336 c.c.) e il
procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità (art. 8 della legge 4 maggio 1983, n.
184) costituiscono ipotesi oggettive di conflitto di interessi .
Nel precedente testo dell’art. 336 c. si era sollevato il problema della compatibilità costituzionale
delle norme che non prevedono l’obbligatoria nomina di un curatore speciale in quei procedimenti.
La questione è stata superata dalla legge 28 marzo 2001, n.149 che ha introdotto anche nel
procedimento regolato dall’art. 336, ultimo comma, c.c. l’obbligo della nomina di un avvocato del
minore.
La Corte Costituzionale con la sentenza 14 luglio 1986, n. 185 non ha ritenuto incostituzionale il
fatto che in tali procedimenti non sia previsto l’obbligo di nomina di un curatore speciale al minore
sulla base della considerazione che il minore non è parte nei procedimenti in questione,
evidenziando le differenze tra le situazioni di nomina obbligatoria di un rappresentante sostitutivo
dei genitori e le situazioni in cui la nomina è solamente facoltativa.
Di solito il curatore speciale è un avvocato ma vi sono casi di nomina alla funzione di curatore
speciale
di persone che non esercitano la professione di avvocato e questi ,per le attività
processuali, dovrà nominare necessariamente un avvocato.
In tutti i casi in cui il curatore speciale è un avvocato, la fonte del potere di rappresentanza è
costituita dal decreto di nomina.
La nomina del curatore speciale del minore in base all’art. 320 c.c. è ipotizzabile soltanto per i casi
previsti e richiamati nella norma medesima.
In queste evenienze il giudice tutelare nomina il curatore speciale ove riscontri un conflitto di
interessi. un conflitto nella rappresentanza può evidenziarsi in occasione della autorizzazione di un
atto di straordinaria amministrazione, ma può anche evidenziarsi in caso di inerzia da parte dei
genitori i quali “non possono o non vogliono compiere uno o più atti nell’interesse del figlio
eccedente l’ordinaria amministrazione” (art. 321 c.c.).
Tra gli atti rientrano, anche le azioni giudiziarie da promuovere, sempre che il loro contenuto sia
direttamente patrimoniale. In tali casi il curatore speciale è un curatore ad processum.
Questa fattispecie di nomina si avvicina alle ipotesi di nomina previste nell’art. 78, comma 2, c.p.c.
nelle quali anche il tribunale è chiamato a valutare se per la rappresentanza del minore nella causa
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sia o meno necessaria la nomina di un curatore speciale al minore; in tali casi, il minore è convenuto
in giudizio e la nomina andrà richiesta dall’attore salvo il potere del giudice istruttore ex art. 182
c.p.c. di promuoverne d’ufficio la nomina quando rileva il difetto di rappresentanza.
E' interessante il richiamo, in sede giurisprudenziale, nelle ipotesi esaminate , alla disciplina relativa
alla condanna alle spese
È legittima la condanna alle spese giudiziali nel procedimento promosso in sede di reclamo, ex art. 739 c.p.c., avverso
provvedimento reso in camera di consiglio, atteso che ivi si profila comunque un conflitto tra parte impugnante e parte
destinataria del reclamo, la cui soluzione implica una soccombenza che resta sottoposta alle regole dettate dagli art. 91
ss. c.p.c. e che, inoltre, se lo sviluppo del procedimento (in camera di consiglio) nella fase di impugnazione non può
ovviamente conferire al procedimento stesso carattere contenzioso in senso proprio, si deve tuttavia riconoscere che in
tale fase le posizioni delle parti con riguardo al provvedimento dato assumono un rilievo formale autonomo, che dà
fondamento alla applicazione estensiva dell'art. 91 cit. (Fattispecie relativa alla richiesta, formulata dal padre, di nomina
di un curatore speciale al minore in relazione alla sussistenza di un conflitto di interessi patrimoniale tra lo stesso e la
madre, ritenuta insussistente dal giudice tutelare con decreto confermato in sede di reclamo) .
Cassazione civile, sez. I, 16/05/2007, n. 11320
Le patologie e i rimedi .
a) il reclamo avverso la nomina del curatore speciale di cui all’art. 320 c.c.
Il provvedimento del giudice tutelare che nomina il curatore speciale ai sensi dell’art. 320 c.c. ed
autorizza il compimento dell’atto è reclamabile da parte dei richiedenti davanti al tribunale. L’art.
45 disp. Att. c.c. stabilisce che la competenza a decidere sul reclamo avverso i provvedimenti del
giudice tutelare adottati ai sensi dell’art. 320 c.c. è del tribunale ordinario in Camera di consiglio.
Il procedimento segue le regole del rito camerale.
Il decreto del giudice tutelare è reclamabile con ricorso entro dieci giorni dalla comunicazione fatta
al richiedente e il provvedimento finale non è ricorribile per cassazione ( art 739 cpp ultimo
comma)
Esso, infatti , non ha natura decisoria e può sempre essere revocabile e modificabile ad opera del
giudice che lo ha adottato.
Può anche essere sottoposto alla verifica anche di legittimità, da parte del giudice di primo grado e
di quello di appello.
b) il reclamo avverso la nomina del curatore speciale di cui all’art. 321 c.c.
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Il medesimo schema può essere applicato al provvedimento adottato ai sensi dell’art. 321 c.c. : il
rito è camerale e, la competenza a decidere sul reclamo appartiene alla Corte d’appello.
Se si ritiene il provvedimento di nomina del curatore speciale - ai sensi dell’art. 321 c.c. di
competenza del giudice tutelare come per le ipotesi dell’art. 320 c.c. - la competenza sul reclamo
spetta al tribunale.
Il reclamo è sempre revocabile e modificabile ad opera del giudice che lo ha adottato e sottoposto
alla verifica anche di legittimità da parte del giudice di primo grado e di quello di appello.
c) l'annullabilità dell’atto privo di autorizzazione
Nell’ipotesi in cui un atto sia in violazione delle disposizioni indicate nell’art. 320 c.c. o nell’art.
321 c.c. è prevista la sanzione dell’annullabilità su istanza soltanto dei genitori esercenti la potestà o
del figlio oppure dei suoi eredi o vanti causa (art. 322 c.c.) .
Non è richiesto per l’annullabilità dell’atto, che il conflitto di interessi sia riconoscibile dal terzo.
Quindi, si dovrà essere necessariamente nominare un curatore speciale al minore sia nell’ipotesi in
cui sia il figlio a richiedere l’annullamento e sia quando il minore è convenuto in giudizio .
Il conflitto di interessi nel processo civile (artt. 78, 79 e 80 c.p.c.)
L’art. 78 c.p.c. stabilisce al comma 1 che “se manca la persona cui spetta la rappresentanza o
l’assistenza, o vi siano ragioni di urgenza può essere nominato all’incapace, alla persona giuridica
o all’associazione non riconosciuta un curatore speciale che lo rappresenti o assista affinché
subentri colui al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza”.
Il comma 2 dispone che “si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato,
quando vi è conflitto di interessi col rappresentante”.
Tale nomina non influisce sul decorrere del tempo ai fini prescrizionali, poiché, non ha effetto
sospensivo, infatti
in tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine annuale di decadenza entro il quale va introdotto da parte
del padre il giudizio ai sensi degli art. 235, comma 1 n. 3, e 244, comma 2, c.c., come emendato con sentenza della
Corte cost. n. 134 del 1985, decorre dalla data di acquisizione della conoscenza dell'adulterio della moglie, e non da
quella di raggiunta certezza negativa della paternità biologica. Sulla decorrenza di detto termine non ha effetto
sospensivo la nomina di un curatore speciale al minore, in quanto esso è suscettibile di sospensione nella sola ipotesi,
prevista dall'art. 245 c.c., di interdizione della parte interessata
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(Cass. Civ. , sez. I, 25 febbraio 2005, n. 4090 in Giust. civ. Mass. 2005, 9).
Il contesto in cui tale norma è inserita è quello della capacità processuale, cioè della loro capacità
di partecipare al processo riconosciuta. ( art. 75 c.p.c.) alle persone che hanno il libero esercizio dei
diritti che vi si fanno valere.
I minori possono stare in giudizio solo se rappresentati dai genitori o da chi, comunque esercita la
potestà.
Il rappresentante non deve necessariamente essere sempre la stessa persona fisica.
L’art. 78 c.p.c. prevede le ipotesi in cui il giudice è chiamato ad affidare le funzioni di
rappresentanza ad un curatore speciale che viene nominato in via urgente e provvisoria o in via
sostitutiva e definitiva , a seconda dei casi prospettati.
La competenza a nominare il curatore speciale ex art. 78 c.p.c., ove la causa sia già pendente, spetta al giudice istruttore
designato per la trattazione della causa, tanto più ove il conflitto di interesse sia rilevato d'ufficio dallo stesso giudice
(Trib. Verona, 02 marzo 2004 in Giur. merito 2004, 2235 )
Il caso in cui il minore sia convenuto in giudizio è, infatti, quello più ricorrente in cui si presenti la
situazione di conflitto di interessi, che determina la necessità di nomina del curatore speciale.
La nomina può essere richiesta dall’attore salvo il potere giudiziale (art. 182 c.p.c.) di promuoverne
d’ufficio, la nomina in difetto di rappresentanza.
Con riguardo al riconoscimento del figlio naturale che sia stato già riconosciuto da uno dei genitori, il consenso di
quest'ultimo, richiesto quando il figlio non abbia ancora compiuto i sedici anni (art. 250 comma 3 c.c.), e non sia quindi
munito della capacità di apprezzare direttamente l'opportunità dell'atto, non è ricollegabile a posizioni soggettive
proprie, del genitore stesso, ma si giustifica esclusivamente per il suo potere di rappresentare il minore e, quindi, di
valutarne l'interesse morale e materiale rispetto al secondo riconoscimento (potere di rappresentanza che viene poi
esercitato anche nell'eventuale giudizio promosso con ricorso avverso per il rifiuto del consenso, ove la qualità di parte
in senso sostanziale spetta al minore). Pertanto, il decesso o la sopravvenuta incapacità di detto genitore non rende
libero il secondo riconoscimento del figlio infrasedicenne, ma implica che l'indicata valutazione compete a chi assuma
la rappresentanza del minore, cioè al tutore od al curatore speciale (salva restando la rilevanza di quell'evento quale
elemento da considerare per vagliare il concreto interesse del minore, anche nel suddetto giudizio).
Cassazione civile, sez. I, 10/11/1988, n. 6059
Il difetto di nomina produce la nullità del giudizio per difetto di contraddittorio.Ma
il difetto di legittimazione processuale della persona fisica o giuridica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un
altro soggetto, può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a
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tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva
rappresentanza, il quale manifesti la volontà di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator. Tanto la
ratifica, quanto la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la
procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la parte in giudizio, trattandosi
di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazioni degli art. 83 e 125
c.p.c. La sanatoria retroattiva, peraltro, non è impedita dalla previsione dell'art. 182 c.p.c., secondo cui sono fatte salve
le decadenze già verificatesi. Questa, infatti, va riferita alle decadenze sostanziali (sancite, cioè, per l'esercizio del diritto
e dell'azione: art. 2964 ss. c.c.) e non a quelle che si esauriscono nell'ambito del processo, com'è dimostrato dal fatto
che, in caso contrario, si avrebbe l'inapplicabilità (inammissibile sotto il profilo sistematico) del citato art. 182 c.p.c. in
tutte le ipotesi in cui le parti incorrono in decadenze processuali già nell'atto introduttivo
(Cass. Civ. , sez. III, 27 ottobre 2005, n. 20913 in Giust. civ. Mass. 2005, 10).
In caso di incapacità naturale la giurisprudenza esclude la possibilità di nominare all’infermo di
mente un curatore speciale, in quanto l’incapacità naturale non determina l’incapacità di stare in
giudizio fino a quando non si sia provveduto alla nomina di un tutore provvisorio o di un curatore
provvisorio o non sia pronunciata sentenza di interdizione e che in ogni caso non comporta
l’invalidità degli atti processuali compiuti da o nei confronti dell’incapace.
Sulla base degli artt. 148, 261, 277, c.c., per cui i genitori naturali hanno l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i
figli, in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo: ciò significa,
in particolare, tener conto non dei redditi effettivi, ma di quelli che il genitore ha la capacità di conseguire. L’azione per
la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale può essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore
che esercita la potestà ovvero dal tutore, che, a differenza del genitore, deve chiedere l’autorizzazione del Giudice, il
quale può nominare un curatore speciale. Ne consegue la legittimità della domanda della madre di risarcimento del
danno nell’interesse del minore.
Cassazione civile, sez. I, 14/07/2010, n. 16551
Sulla base di quanto dispone l’art. 79 c.p.c. la nomina del curatore speciale può essere richiesta dal
pubblico ministero, dalla persona che deve essere rappresentata o assistita nonché dai suoi prossimi
congiunti e, in caso di conflitto di interessi anche dal rappresentante.
Con riguardo all'intervento obbligatorio del P.M. nella materia minorile in genere, la Corte
Costituzionale ha precisato che quest'ultimo, pur non agendo in veste di sostituto processuale dei
minori, nell'assicurare la legalità della decisione della controversia, è chiamato a curare la tutela
degli interessi dei minori nell'esercizio di tutte le attività processuali a lui consentite (deduzione di
prove, conclusioni, impugnazioni della sentenza): ci si vuol riferire a quanto espresso da Corte cost.
14 luglio 1986 n. 185, cit. Con altra pronuncia, la medesima Corte ha affermato l'incostituzionalità
dell'art. 70 c.p.c. nella parte in cui non prescrive l'intervento obbligatorio del P.M. nei giudizi tra
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genitori naturali che comportino provvedimenti relativi ai figli minori, anche solo economici, per
assicurare la tutela degli interessi di questi (Corte cost. 25 giugno 1996 n. 214, in questa Rivista
1996, I, 1341). Il P.M. è, infatti, organo non solo di giustizia, svolgendo una funzione di controllo
sull'operato del giudice, “ma anche di promozione e tutela dei diritti del minore”, attraverso il diritto
di impugnazione, la partecipazione attiva al giudizio, il potere di impulso processuale e i pareri resi
nella varie fasi del giudizio: cfr., in tal senso, Moro, Manuale di diritto minorile,)
L’art. 80 c.p.c. si occupa del procedimento del procedimento di nomina e prevede che l’istanza si
propone con ricorso al presidente dell’ufficio giudiziario davanti al quale s’intende proporre la
causa.
L'istanza per la nomina di un curatore speciale ad una delle parti va proposta, qualora il giudizio sia già pendente, al
giudice investito della causa e non al presidente dell'ufficio giudiziario
(Trib. Brindisi, 20 novembre 2000 in Foro it. 2001, I, 713).
Con il deposito dell' istanza si apre un procedimento di volontaria giurisdizione nel quale il giudice,
previa assunzione di informazioni e sentite possibilmente le persone interessate, provvede con
decreto .
Esso viene comunicato al pubblico ministero perché, per le ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 78
determini , se occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza
dell’incapace.
Ai sensi degli art. 28 e 80, comma 1, c.p.c. il presidente del Tribunale è funzionalmente competente per la nomina del
curatore speciale sia "ante causam" che in corso di causa
(Trib. Milano, 02 marzo 2000 in Giur. milanese 2000, 446).
Gli elementi comuni tra gli artt. 320 e 321 c.c. e l’art. 78 c.p.c.
Sia il curatore speciale indicato negli artt. 320 e 321 c.c. che il curatore speciale cui fanno
riferimento negli artt. 78, 79 e 81 c.p.c. hanno la stessa funzione di rappresentanza degli interessi
del minore sia per il compimento di un atto determinatoche per una particolare evenienza
processuale.
Il giudice della causa può esaminare la situazione dei rapporti tra rappresentato e rappresentante in
relazione a tutti gli aspetti della lite sottoposta al suo giudizio e risultati dagli atti processuali e
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ritenere sussistente una situazione di conflitto di interessi, senza trovare condizionamento alcuno
nell’eventuale difforme avviso espresso nella diversa sede della volontaria giurisdizione del giudice
tutelare il quale pur abbia autorizzato il rappresentante alla lite e magari anche il delibato incidenter
tantum ed escluso l’ipotesi di un conflitto di interessi.
Il curatore speciale in caso di mancanza dei rappresentanti legali
La situazione di conflitto di interessi (art. 78, comma 2, c.p.c.) non esaurisce le ipotesi di nomina di
un curatore speciale al minore in base agli artt. 78, 79 e 80 c.p.c.,
Vi sono ipotesi in cui un minore è privo di rappresentanza legale e sussista l’esigenza di una sua
rappresentanza processuale
Vi sono altre ipotesi in cui il minore privo di rappresentanza è convenuto in una causa in via di
urgenza.
In queste ipotesi la funzione della nomina supplisce temporaneamente
alla mancanza di
rappresentanza e il decreto di nomina ha efficacia temporale limitata.
Il conflitto di interessi rilevabile in un processo difficilmente ha carattere non patrimoniale.
La norma di cui all’art. 78, comma 2, c.p.c. è, certamente da considerare una norma di portata
generale.
La disposizione di carattere generale dell'art. 75 cod. proc. civ., comma 2, che individua nella
rappresentanza lo strumento con il quale rimediare al difetto di capacità; e che si traduce nella
introduzione della possibilità di avvalersi anche nel processo degli strumenti con i quali il diritto
sostanziale provvede al difetto di capacità per l'esercizio dei diritti dei soggetti incapaci: e cioè
dell'istituto della rappresentanza legale con l'attribuzione al rappresentante del potere di stare in
giudizio, consentendo la relativa attività processuale in modo da realizzare la produzione degli
effetti in capo al minore, che in questo modo sta in giudizio con il nome, tramite il rappresentante
legale
Dalla disposizione della L. n. 184 del 1983, art. 8, discende quale logico corollario la partecipazione
necessaria del minore al giudizio e fin dalla fase iniziale onde fare ivi valere autonomamente i
propri diritti, dei quali tuttavia egli,quantunque sia titolare, non ha il libero esercizio (ovvero non ha
capacità processuale); con la conseguenza che deve esservi rappresentato e che si rende necessaria
l'interposizione soggettiva di un rappresentante legale.
Il richiamo della legge allo strumento della rappresentanza non può non significare il richiamo alle
norme che ne disciplinano il funzionamento (art. 1387 cod. civ.): e , anche con riguardo ai minori ,
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la legge alla sottrazione dei poteri attinenti al libero esercizio dei diritti sostanziali fa normalmente
corrispondere il conferimento legale dei corrispondenti poteri ad altri soggetti che si qualificano
come rappresentanti legali "in tutti gli atti civili": soggetti che l'art. 320 cod. civ., individua
anzitutto nei genitori,e quindi gli artt. 343 e 357 cod. civ. "se entrambi i genitori sono morti o per
altre cause non possono esercitare la potestà" nel tutore.
Il sistema è completato dall'art. 78 cod. proc. civ., per il quale "Se manca la persona a cui spetta la
rappresentanza .... può essere nominato all'incapace, ...un curatore speciale che lo rappresenti,
finchè subentri colui al quale spetta la rappresentanza.... Si procede altresì alla nomina di un
curatore speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante".
Pertanto, siccome il legislatore ha utilizzato anche nell'ambito del processo lo strumento della
rappresentanza legale, e non essendo il potere di agire e resistere in giudizio disponibile
autonomamente dalla titolarità del bene della vita per il quale la tutela giurisdizionale venga
postulata (Cass. 9893/2004), si deve concludere che le persone fisiche investite del relativo potere sì
identificano in quelle che hanno la rappresentanza processuale dell'incapace. E che anche nei
giudizi di adottabilità la rappresentanza processuale del minore deve passare attraverso le figure del
genitore, del tutore, ovvero "ove occorra" del curatore speciale (Cass. 27239/2008; 1206/2002).
Il potere di nomina di un curatore speciale al minore in casi di conflitto di interessi deve cedere di
fronte al principio di tassatività in base al quale non può essere nominato un curatore speciale al
minore per l’esercizio dei poteri di rappresentanza processuale quando la legge lo ritiene
espressamente inammissibile.
Si può distinguere tra curatore rappresentante e curatore assistente .
Curatore rappresentante “è colui che, al verificarsi di talune situazioni, si sostituisce ad un altro
soggetto, sia esso il titolare dei diritti o dei rapporti o sia il titolare di un ufficio, ed agisce in sua
vece”, mentre curatore assistente “è colui che si affianca al soggetto che agisce e con lui coopera
al miglior soddisfacimento dei suoi interessi” .
Nel caso specifico del curatore assistente ( artt. 394 e 424 c.c.) si ha “la figura dell'atto complesso”
c.d. ineguale, che si distingue dall'atto complesso c.d. eguale (artt. 2258 e 2266 c.c.), poiché nella
prima fattispecie vi è una dichiarazione principale o fondamentale (dell'assistito) e un'altra
secondaria (del curatore-assistente) ( F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile,
Napoli, 1970, 212)
Il curatore speciale di cui all'art. 356 c.c. rappresenta una figura eccezionale di curatore la cui
nomina proviene da un privato e non dall'autorità giudiziaria .
La dottrina ha ravvisato nella figura del curatore speciale in esame un autonomo ufficio di diritto
privato, non obbligatorio e con caratteri peculiari.
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Nel caso di donazione il conflitto di interessi fra donante e donatario discende dalla stessa natura contrattuale del
negozio con la conseguenza che, trattandosi di liberalità in favore di un minore proveniente da chi sullo stesso esercita
la potestà, la competenza per la nomina del curatore speciale spetta sempre al giudice tutelare ai sensi dell'art. 320 c.c. e
non al tribunale ex art. 321 c.c., essendo irrilevante che donanti siano entrambi i genitori, uno soltanto di essi o l'unico
che eserciti la potestà
(Cort. App. Palermo, 07 dicembre 1989 in Vita not. 1990, 652).
Si ritiene generalmente che la nomina abbia natura accessoria rispetto alla liberalità .
Ne deriva che la nomina non può farsi se non con le forme richieste per il corrispondente atto
negoziale .
Essa non può, quindi, essere successiva alla donazione, poiché ciò comporterebbe una modifica del
contratto, produttivo di effetti sin dal momento della stipula.
Diversamente accade nel caso di attribuzione con atto di ultima volontà.
Il testamento è, infatti, per sua natura inefficace e revocabile fino alla morte; la circostanza che la
nomina sia contenuta in un testamento diverso da quello contenente l'attribuzione non fa, perciò,
venir meno la contemporaneità delle disposizioni .
Nel silenzio del legislatore circa i requisiti che deve possedere il curatore speciale, tra i soggetti
legittimati a svolgere tale compito rientra anche il minore emancipato autorizzato all'esercizio
dell'impresa commerciale.
Questi infatti gode, come rileva la maggioranza della dottrina, di una capacità di agire pressoché
piena, salve le eccezioni testualmente previste (artt. 591, comma 2, n. 1 e 472 c.c.).
L'accettazione della liberalità dovrà provenire necessariamente dal rappresentante legale
dell'incapace e mai dal curatore speciale .
Quest'ultimo si intenderà potenzialmente investito dei poteri di amministrazione e rappresentanza
sui beni donati o lasciati per testamento solo successivamente all'ingresso dei medesimi nel
patrimonio dell'incapace.
Quanto al regime autorizzatorio cui è subordinata la validità dell'accettazione della liberalità,
sembra opportuno sottolineare come, nel caso di incapace sotto tutela, l'art. 374, n. 3 c.c., con
riferimento all'accettazione di donazioni e legati , richieda l'autorizzazione del giudice tutelare solo
nel caso in cui dette liberalità siano soggette a pesi o condizioni.
La dottrina ritiene, poi, che il curatore debba accettare la nomina, e ciò può avvenire anche
implicitamente mediante l'amministrazione dei beni donati o lasciati con atto di ultima volontà .
Non sarebbero richieste al curatore speciale, a differenza di quanto avviene per il tutore, né la
redazione dell'inventario né la prestazione del giuramento : con riferimento all'inventario esso non
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risulterebbe necessario in quanto i beni da amministrare provengono da una specifica attribuzione
Quanto al giuramento, nella fattispecie in esame non ricorrono quegli interessi pubblicistici
connessi invece all'istituto della tutela .
Il rifiuto dell'incarico di curatore è del pari svincolato da oneri formali ed è attuabile attraverso
l'astensione da ogni attività riguardante il patrimonio relitto.
Cosa accede in ipotesi di ritardata , ma obbligatoria , nomina del curatore speciale?
Alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla mancata assistenza da parte di questo ad uno od a più atti
processuali in tanto può conseguire la dichiarazione della nullità dell’intero processo e/o dell’atto e di tutti quelli
successivi, in quanto la parte interessata alleghi e dimostri il reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata
partecipazione all’atto ha comportato per la propria effettiva tutela giurisdizionale.
Cassazione civile, sez. I, 19/07/2010, n. 16870
I principi affermati recentemente dalla Suprema Corte - in fattispecie analoghe - con le sentenze nn.
3804, 7281, 7282 e 12290 del 2010, principi che possono essere così sintetizzati:
a) il nuovo procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità - configurato dalla L. n. 149
del 2001, che ha profondamente modificato quello disciplinato dalla L. n. 184 del 1983 - non
prevede la nomina necessaria di un curatore speciale al minore, il quale è rappresentato nel giudizio
o dai genitori ovvero dal tutore, perchè il procedimento è unico ed immediatamente contenzioso
essendo stata soppressa la fase dell'opposizione di cui al previgente art. 17 della L. n. 184 del 1983 , con la conseguenza che il rappresentante legale è investito sin dall'apertura del procedimento della
rappresentanza del minore;
b) tale procedimento, ai sensi della L. n. 184 del 1983, su richiamati art. 8, comma 4, e art. 10,
comma 2, come sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, deve svolgersi fin dalla sua apertura con
l'assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento e, in mancanza di
una disposizione specifica contraria, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante secondo le regole
generali, quindi a mezzo del rappresentante legale (genitore o tutore), ovvero, in caso di conflitto
d'interessi del rappresentate legale con il minore, di un curatore speciale, soggetti questi (genitore,
tutore, curatore speciale) ai quali compete la nomina del difensore tecnico;
c) nel medesimo procedimento, il conflitto di interessi tra minore e genitore è in re ipsa, per
incompatibilità anche solo potenziale delle rispettive posizioni - avuto riguardo allo stesso oggetto
del giudizio -, mentre il conflitto di interessi tra minore e tutore deve essere specificamente ed
immediatamente denunciato dal pubblico ministero ovvero da uno dei soggetti indicati dalla L. n.
184 del 1983, art. 10, comma 2, -, accertato in concreto dal giudice e ritenuto idoneo a determinare
la possibilità che il potere rappresentativo del tutore sia da questi) esercitato in contrasto con
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l'interesse del minore, con la conseguenza che, in tal caso, detta denuncia - tendendo alla rimozione
preventiva del conflitto e, quindi, alla immediata sostituzione del rappresentante legale con un
curatore speciale fin dal momento in cui la situazione d'incompatibilità si è determinata - non può
più essere prospettata nelle fasi e nei gradi ulteriori del giudizio, al (solo) fine di conseguire la
dichiarazione di nullità degli atti processuali compiuti sulla base di una situazione non
tempestivamente denunciata;
d) nel procedimento stesso, la L. n. 184 del 1983, art. 8, comma 4, e art. 10, comma 2, come
sostituiti dalla L. n. 149 del 2001, devono essere interpretati nel senso che il dovere del presidente
del tribunale per i minorenni di nominare un difensore d'ufficio ai genitori ed ai parenti entro il
quarto grado, aventi rapporti significativi con il minore, nel caso in cui essi non vi provvedano,
espressamente introdotto con riguardo a tali soggetti, a maggior ragione sussiste nei confronti del
minore, rappresentato dal tutore o dal curatore speciale, che del procedimento di adozione è la parte
principale e in senso formale; tuttavia, alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla
mancata assistenza da parte di questi) ad uno od a più atti processuali, non consegue l'automatica
dichiarazione della nullità dell'intero processo e/o dell'atto e di tutti quelli successivi, potendo tale
sanzione essere invocata dal pubblico ministero o dalle altre parti solo previa allegazione e
dimostrazione del concreto pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata partecipazione
all'atto ha comportato per la effettiva tutela giurisdizionale del minore.
Da tutte le considerazioni che precedono, consegue anche che, ai fini dell'accertamento della
validità del processo con riferimento alla partecipazione del difensore del minoreva fatta
applicazione del principio secondo cui alla ritardata costituzione del difensore del minore o alla
mancata assistenza da parte di questi) a uno od a più atti processuali in tanto può conseguire la
dichiarazione della nullità dell'intero processo e/o dell'atto e di tutti quelli successivi, in quanto la
parte interessata alleghi e dimostri il reale pregiudizio che la tardiva costituzione o la mancata
partecipazione all'atto ha comportato per la propria effettiva tutela giurisdizionale.
I compiti del curatore speciale.
Aspetto avvincente, ma delicato, è quello relativo all’attività che in concreto il curatore è chiamato
a svolgere alla nomina e con l'accettazione dell'incarico.
Essa si desume in maniera particolare dalla citata Convenzione di Strasburgo, la quale, all’art. 9,
prevede che il rappresentante del minore (il curatore) debba informare il fanciullo in maniera
adeguata riguardo alla procedura, fornirgli spiegazioni sugli effetti delle opinioni espresse dal
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minore e sulle possibili conseguenze delle azioni promosse dal rappresentante del minore stesso,
purché quest’ultimo abbia capacità di discernimento e non sia pregiudicato da tali informazioni.
Il curatore deve incontrare il minore, ascoltarlo, parlargli, spiegargli gli effetti del procedimento in
corso, sempre che il minore non sia ulteriormente turbato da tale contatto e sempre che abbia
capacità di discernimento.
E' da considerare che tale attività , a volte , comporti l'opportunità che il curatore speciale e
l'avvocato del minore non si riassumano nella medesima persona fisica, proprio contrariamente a
quanto , con affermazione di carattere generale , si è detto prima.
Interessante è questa giurisprudenza di merito, sebbene datata, poichè pone il delicato problema
della identità sessuale, anche questo di possibile competenza di un curatore speciale
Qualora un infante, denunciato alla nascita di sesso maschile ma affetto da spiccatissimo pseudoermafroditismo
femminile (e pertanto, in realtà, di sesso femminile), abbia urgente bisogno degli interventi chirurgici, sanitari,
farmacologici e psicologici idonei a riportarlo a normalità anche sul piano scolastico e sociale, ed i genitori, pur
dichiaratisi convinti della necessità di porre in atto, senza dilazione, gli interventi necessari al benessere psicofisico del
figlio, non si decidano ad agire, rimanendo a lungo inerti e continuando a rinviare "sine die" ogni cura, al minore va
nominato un curatore speciale che provochi le occorrenti pratiche chirurgiche e terapeutiche e che del minore curi anche
l'equilibrio psicologico ed il fecondo e non frustrante inserimento nei corsi scolastici, attivandosi, insomma, in ogni
modo, anche sul piano giudiziario ed amministrativo, affinché il minore abbia a crescere in maniera serena, regolare e
consona al suo effettivo sesso; "in parte qua", i genitori dell'infante vanno sospesi dalla potestà parentale fin quando
durerà l'opera del curatore, mentre il figlio va affidato all'Usl locale che, d'intesa con il curatore, prodigherà al minore
tutta l'assistenza economica, tecnica e di sostegno anche sociofamiliare rispondente ai propri compiti istituzionali,
relazionando, infine, periodicamente al Tribunale per i minorenni.
Tribunale minorenni Potenza, 29/07/1993
La legge n. 184/83 prevede che il ragazzo il quale abbia compiuto dodici anni debba essere
ascoltato, può ritenersi tale la soglia minima perché il curatore debba colloquiare con il soggetto che
rappresenta, ma lo stesso curatore dovrebbe verificare se, in concreto, anche minori infra dodicenni
o ultra dodicenni abbiano o meno capacità di discernimento, data anche l'evoluzione dei tempi
moderni in relazione alla codificazione della soglia minima , prevista in epoca antecedente a quella
attuale.
Soprattutto, egli deve stabilire se il rapporto con il curatore possa determinare un effetto nocivo per
il ragazzo, già di per sé gravato dalla situazione che ha dato origine alla procedura de potestate od a
quella di adottabilità.
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In quest’ultima ipotesi, il curatore non deve incontrare il minore o, comunque, deve evitare di fargli
domande che possano determinare effetti negativi in rapporto una fase particolarmente delicata che
lo stesso si trova a vivere.
Quando il curatore non possa rappresentare al tribunale la volontà del minore (situazione che può
verificarsi se i genitori impediscano al curatore ogni contatto con i propri figli, o li abbiano
allontanati dal luogo di residenza, in alcune ipotesi commettendo addirittura il reato di sottrazione
di incapaci), ancor più dovrà formarsi un proprio convincimento sulla base delle risultanze
istruttorie, delle informazioni assunte dai Carabinieri del luogo in cui risiede il minore, dalla scuola
e dagli operatori sociali.
Quindi , appare importante non solo l'acquisizione di quelle informazioni ,ma soprattutto la
decodificazione delle stesse, nonchè la valutazione diretta della competenza e degli interventi
effettivamente eseguiti, più che la recezione asettica di valutazioni sui fatti.
È importante sottolineare, poi, che il curatore non si deve limitare a rappresentare la volontà del
minore ed a sostituirsi a lui nel processo, ma ha l’obbligo giuridico di esprimere anche la propria
volontà, la quale deve essere guidata esclusivamente dal fine di perseguire l’interesse superiore del
minore in nome del quale agisce.
Pertanto, potrà accadere che il curatore, dopo aver espresso la volontà del minore, debba chiedere al
tribunale per i minorenni provvedimenti contrastanti con le aspirazioni ed i desideri del soggetto
rappresentato, pure dallo stesso compiutamente percepiti, ma sicuramente inattuabili o addirittura
dannosi.
Può affermarsi, quindi, che il curatore speciale si sostituisce alla coscienza di quest’ultimo,
valutando le fonti del pregiudizio subito dal suo assistito e chiedendo al giudice competente di
evitare che esse producano ulteriori danni
Purtroppo sono frequenti le ipotesi in cui i minori esprimano una volontà del tutto autolesionista per
attaccamento alle proprie famiglie, anche quando queste ultime non possano considerarsi capaci di
assicurare una crescita sana ed equilibrata dei propri figli, ma siano solo capaci di cagionare
pregiudizio.
I poteri del curatore speciale.
Il curatore speciale è in giudizio il rappresentante del minore, cioè il soggetto investito dell’ufficio
di prospettare e tutelare gli interessi morali e materiali del minore .
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Infatti, la presenza dello stesso assicura ampia tutela anche nei procedimenti camerali con audizione
di minore ultradodicenne, su punto la Corte Costituzionale si è espressa affermano che
non è fondata, in riferimento agli art. 2 e 31 comma 2 cost., in relazione all'art. 12 della convenzione sui diritti del
fanciullo, resa esecutiva con l. n. 176 del 1991, nonché agli art. 3 commi 1 e 2 (per irragionevolezza della disciplina
censurata e per disparità di trattamento rispetto alla procedura di adottabilità) e 111 commi 1 e 2 (per violazione del
principio del giusto processo) cost., la q.l.c. dell'art. 336 comma 2 c.c., nella parte in cui non prevede che nei
procedimenti camerali concernenti la potestà dei genitori siano sentiti il minore ultradodicenne e, se opportuno, anche
quello di età inferiore, o altrimenti i suoi genitori o il tutore, in quanto trattasi di questione che muove da una premessa
interpretativa erronea, dal momento che l'art. 12 della citata convenzione è idoneo ad integrare la disciplina dell'art. 336
comma 2 c.c., nel senso di configurare il minore capace di discernimento come "parte" del procedimento che lo
concerne, con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina di un curatore speciale
(Cort. Cost., 30 gennaio 2002, n. 1 in Giur. cost. 2002, 1).
Egli tutela la posizione dell’incapace da possibili conflitti di interessi con i suoi rappresentanti legali
ed , a seguito della formale nomina, acquista la veste di parte necessaria in ogni fase o grado del
giudizio.
In tema di nomina di un curatore speciale per l'esercizio del diritto di querela, la posizione del minore degli anni
quattordici viene salvaguardata, in forza del combinato disposto degli art. 120 comma 2 e 121 c.p., sia nel caso in cui
egli abbia un rappresentante capace di esercitare il diritto di querela, sia nel caso in cui si trovi nelle condizioni di essere
totalmente privato di tutela, per cui, deve escludersi che l'intervento del curatore speciale presupponga che il minore non
abbia ancora superato i quattordici anni al momento della proposizione della querela, in quanto l'art. 121 c.p. mira
esclusivamente a porre un soggetto privo di rappresentanza nella stessa condizione del coetaneo che, invece, ne sia
provvisto
(Cass. Pen., sez. III, 11 febbraio 2003, n. 12006 in Riv. pen. 2003, 607).
Ciò è stato affermato dalla giurisprudenza, anche in ipotesi di giudizio per la dichiarazione della
paternità in cui, pure, la nomina del curatore speciale non è obbligatoria ( Cass. Sez. I , 04.05.1995,
n.4857, in Giust. Civ. Mass., 1995, 935).
Stesso concetto è stato espresso anche per i giudizi relativi alla fase di opposizione alla
dichiarazione di adattabilità, dove la nomina del curatore speciale per il minore , prevista anche con
la legge del 1967 sull’adozione speciale, è sempre stata obbligatoria.
Infatti, il curatore speciale nominato a seguito dell’opposizione avverso la dichiarazione dello stato
di adottabilità assume nel relativo giudizio la qualità di contraddittore necessario , quindi, una
legittimazione processuale autonoma .
22
Non è tenuto a proporre impugnazione avverso la sentenza che ne disponga le revoca né a
difendere il suddetto stato di adattabilità.
La posizione del curatore speciale è di sostanziale autonomia decisionale nella gestione del
processo che gli è stato affidato.
Egli rappresenta il minore nel contraddittorio con le parti , valuta l’interesse dello stesso , avanza le
richieste istruttorie che ritiene aderenti all’interesse del minore, può impugnare la sentenza o
prestarvi acquiescenza.
L’autonomia del curatore speciale emerge anche nell’ipotesi di nomina dello stesso nel caso di
azione di disconoscimento su istanza del pubblico ministero ( ultimo comma art.244 c.c.).
Infatti, non può essere considerata obbligatoria la proposizione dell’azione da parte del curatore
speciale pure per essa nominato, non solo per quanto è espresso nell’art.344 c.c. ma anche per il
rispetto del principio generale di non considerare obbligatorio l’esercizio di una funzione alla quale
si è autorizzati .
L’autorizzazione rimuove il limite alla proposizione dell’azione ma non è condizione obbligatoria .
Altra questione è , invece, se dall’inerzia del curatore speciale derivi un danno al minore.
Essa è stata affrontata dalla terza sezione della Cassazione con la sentenza n. 5694 del 1999.
La Corte Suprema ha affrontato il problema , per la prima volta nella giurisprudenza, dei rimedi
giuridici in cui l’inerzia colpevole del rappresentante legale del minore crei a lui un danno.
Essa ha precisato che l’ordinamento interno consente una tutela giurisdizionale dei diritti del
minore in tema di risarcimento del danno , anche nel caso di conflitto di interessi con il genitore
esercente la potestà , poiché se essa risultasse imputabile al genitore, il minore , divenuto
maggiorenne potrebbe proporre azione di danno contro il genitore , sollecitando la nomina di un
curatore speciale.
Dalla condotta omissiva deriva certamente la lesione di un diritto soggettivo del minore (
patrimoniale e non ) .( Cass. Sez. III, 09.06.1999, n.5694, in Danno e resp., 1999,1217)
Le possibilità di scelta del curatore speciale
La nomina del curatore speciale e la necessità della stessa si innesta inevitabilmente su di una
disfunzione ed evidenzia un tessuto familiare malato.
23
Nel nostro paese la famiglia, malgrado le profonde trasformazioni subite in quest’ultimo secolo,
costituisce ancora una realtà viva che deve assicurare al bambino protezione , sostegno ed affetto.
La crisi della famiglia tradizionale , o meglio la sua trasformazione, non può far venire meno le
aspettative che ciascun bambino ha all’interno della stessa.
A questa si chiede di essere non soltanto un luogo di riproduzione, ma anche lo strumento per il
raggiungimento del benessere e dello sviluppo del minore.
Purtroppo non sempre la famiglia di oggi è capace di svolgere adeguatamente il suo compito
educativo e socializzante, soprattutto quando entra in crisi.
Vi sono delle famiglie inadeguate che non sono sempre consapevoli di questo loro stato: ad esempio
la famiglia “instabile” che non ha capacità educativa, “ narcisitsta” che si ritiene autosufficiente, per
cui è chiusa ad ogni esperienza sociale, la famiglia “ della riconoscenza” che non esprime amore
rispettoso verso i figli , ma pretende gratitudine con il ricatto e i sacrifici compiuti, la famiglia
“silenziosa” che è incapace di creare una valida comunicazione con i figli, la famiglia “ esigente”
che chiede ai figli di non sbagliare mai ed è sempre pronta a condannare i loro errori.
Inoltre, vi sono casi in cui i minori sono figli di genitori assenti o inidonei, oppure sono orfani di
genitori viventi o vivono in uno stato di abbandono o di semibbandono materiale e morale .
Esistono , poi, per letteratura, i minori “ a rischio” ,in quanto figli di genitori separati.
Tuttavia
la scelta prioritaria di tutelare il minore non deve far pensare ad una contrapposizione meccanica con gli altri membri
della famiglia. La concezione che ci anima è quella di vedere il minore , anche quello maltrattato e compromesso dal
proprio nucleo familiare, come ecologicamente non scindibile dal suo sistema originario di vita.Un minore è ,
naturalmente e secondo la legge, in primo luogo un figlio. La sua stessa esistenza come cittadino – che lo fa
immediatamente titolare di diritti e più tardi di doveri- è dalla legge resa drammaticamente efficace attraverso la
normativa che lo qualifica come avente diritto a vivere in famiglia in quanto figlio (Grezzi D. La tutela del minore ,
Cortina Editore Milano p.2 , 1966).
Quindi, ogni soluzione da adottare nelle possibilità di scelta del curatore speciale ed in ossequio al
suo ufficio non devono in alcun modo prescindere dalla valutazione dell’interesse del minore ,
unico bene da tutelare .
Ogni possibile cautela deve essere adottata e valutata in base alle concrete circostanze del caso.
La valutazione non deve essere affrettata , ciò richiede uno sforzo notevole soprattutto nei casi più
gravi, in cui è necessario un immediato intervento.
D’altra parte, la mancanza di duttilità degli strumenti giuridici esistenti non agevolano gli operatori
del diritto .
24
Inoltre , i diritti di famiglia non hanno una natura patrimoniale, ossia non sono negoziabili per
compensi economici.
Essi possono anche avere contenuto economico , nel senso che possono avere ad oggetto beni o
prestazioni economicamente valutabili , tuttavia ciò non tocca la loro natura non patrimoniale,
trattandosi di posizioni costituite in funzioni di interessi preminenti alla persona e ,pertanto, non
commerciabili.
I diritti di famiglia sono, inoltre, strettamente personali, in quanto volti ad una diretta tutela della
persona, nei suoi interessi morali e materiali.
La legge prevede come dovere imposto dal matrimonio, quello di mantenere, istituire ed educare i
figli ( art.147 c.c.).
La nostra epoca è caratterizzata da un approfondito sentimento dell’infanzia , inteso come coscienza
che essa è uno stadio molto importante della vita nello sviluppo dell’uomo.
Il bambino è una persona umana con esigenze fondamentali da appagare e con caratteristiche
proprie da rispettare.
Di qui l’esigenza di assicurare in situazioni di conflitto o di assenza dei genitori una figura
sostitutiva.
In ipotesi di adozione
il curatore speciale del minore, nominato ai sensi dell'art. 17 l. n. 184 del 1983 a seguito della opposizione avverso la
dichiarazione dello stato di adottabilità, assume nel relativo giudizio, quale contraddittore necessario, una legittimazione
processuale autonoma e può, quindi, esercitare la facoltà di proporre appello o ricorso per cassazione, così come quella
di rinunciarvi, in relazione agli interessi del minore e senza necessità di autorizzazione alcuna; ne consegue che il
suddetto curatore ben può impugnare la sentenza di appello che, riformando quella di primo grado, abbia revocato lo
stato di adottabilità, giacché la revoca dello stato di adottabilità, in funzione del quale sia stata disposta la nomina del
curatore, non comporta l'automatica caducazione di tale nomina
(Cass. Civ. , sez. I, 21 settembre 2000, n. 12491 in Giust. civ. Mass. 2000, 1967)
Inoltre
in tema di adozione, ai sensi dell'art. 10, comma 3, l. 4 maggio 1983 n. 184, avvenuta l'apertura del procedimento
relativo all'accertamento dello stato di adottabilità, la competenza ad adottare, ove ne ricorrano le condizioni, il
provvedimento di nomina, prima in via provvisoria e poi in via definitiva, del tutore al minore spetta al tribunale per i
minorenni. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato il provvedimento del giudice tutelare, avente ad oggetto
la nomina del tutore ad un minore, risultando già, al momento della sua emanazione, il procedimento per la
dichiarazione dello stato di adottabilità).
Cassazione civile, sez. I, 31/03/2010, n. 7941
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L'importanza della disciplina del 2001 e la lunga gestazione applicativa nel 2007
La legge 28/03/2001 n. 149 intitolata “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante
"Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", nonché al titolo VIII del libro primo del
codice civile”, ha introdotto una profonda innovazione della normativa in tema di affidamento e
adozione dei minori sia sul piano sostanziale che sul piano processuale.
Essa ha modificato il titolo della legge 184/83, trasformandolo in “Diritto del minore ad una
famiglia”.
Tale mutamento non è terminologico, ma determina il definitivo superamento del dibattito in
ordine alla qualificazione della posizione giuridica del minore come mero interesse ovvero diritto
soggettivo pieno : oggi il minore è senza dubbio portatore di veri e propri diritti.
In tal modo, la legislazione italiana si è allineata alla normativa internazionale, ed in particolare alla
Convenzione di New York del 1989, la quale attribuisce al minore, oltre ai “diritti comuni alle altre
persone”, anche i “diritti propri e specifici della persona in età evolutiva” come ad esempio quelli
al gioco (art. 31) e all’educazione (art. 29).
Essa ha determinato importanti modifiche anche sul piano processuale, introducendo il principio
del contraddittorio nei procedimenti civili di adottabilità e de potestate e riconoscendo al minore la
posizione di parte processuale, nell’ambito degli stessi.
La legge 149/01 ha voluto dare più incisivo riconoscimento al principio del giusto processo e
quindi garantire ad ogni cittadino che il giudizio si svolga “nel contraddittorio tra le parti, in
condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale” (art. 111 Cost. c. 2 come novellato
dalla L. cost. 23/11/99 n. 2).
La ratio della norma in esame era dunque quella di arginare la deriva inquisitoria dei giudizi
minorili, nei quali, in nome della tutela del minore e della speditezza del procedimento, molto
spesso risultava offuscato il diritto di difesa delle parti.
Ciò si evince chiaramente dalla relazione governativa al D.L. 150/01 (quello contenente la prima
proroga dell’entrata in vigore della L. 149/01), che fa esplicito riferimento alla “necessità di
assicurare la effettività della difesa tecnica sia nei confronti dei genitori che dei minori”.
Alla luce delle novità introdotte dalla legge in commento, non si può negare che il minore debba
essere considerato a tutti gli effetti parte del procedimento.
26
Ciò afferma la Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 1 del 30/12/02, secondo la quale dalla
legge n. 149/01 “chiaramente si evince l’attribuzione al minore (nonché ai genitori) della qualità di
parte con tutte le conseguenti implicazioni”.
La modifica legislativa pone in linea la normativa nazionale con quella internazionale, non soltanto
con la già citata Convenzione di New York, che all’art. 12, sancisce il diritto del fanciullo ad
esprimere la propria opinione su ogni questione che lo interessa, in considerazione della sua età e
del suo grado di maturità, e “la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o
amministrativa che lo concerne, sia direttamente sia tramite un rappresentante o un organo
appropriato”, ma anche con la Convenzione di Strasburgo del 25/01/96, ratificata in Italia con L.
77/2003, che mira a promuovere la concessione di diritti processuali in favore dei minori “affinché
possano personalmente o per il tramite di altre persone o organi, essere informati ed autorizzati a
partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria” (art. 1).
Per quanto attiene i procedimenti de potestate la norma introduce, all’art. 336 Cod. Civ., il comma
4, che recita “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori ed il minore sono assistiti
da un difensore”.
Nella formulazione antecedente la norma proseguiva con la precisazione “anche a spese dello Stato
nei casi previsti dalla legge” ma l’inciso è stato abrogato ad opera del D.P.R. 30/05/02 n. 115, c.d.
Testo Unico sulle spese di giustizia.
L’inciso risultava infatti ultroneo alla luce della previsione generalizzata che assicura il patrocinio a
spese dello Stato (art. 74 c. 2 del T.U.).
Per quanto concerne i procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità, la legge in
commento modifica l’art. 8 c. 4 della L. 184/83 introducendo l’inciso: “il procedimento di
adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli
altri parenti di cui al comma 2 dell’articolo 10”.
Il successivo articolo 10 prevede che ai genitori ed ai parenti debba essere nominato un difensore
d’ufficio, ma non contiene alcuna previsione in ordine alla enunciata assistenza legale del minore;
solo i successivi articoli 15 e 16 fanno un fugace riferimento al tutore ovvero al curatore speciale
del minore, cui si prevede che “ove esistano” vada notificata la sentenza che dichiara lo stato di
adottabilità.
Esse, pur introducendo in linea di principio la necessità della assistenza/difesa del minore, non
chiariscono in che modo debba essere assicurata.
L’entrata in vigore delle disposizioni processuali della L. 149/01 è stata prorogata di anno in anno,
per ben sei volte, in attesa dell’emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei
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procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità, ed in generale, di una normativa più
dettagliata sui procedimenti minorili.
La relazione governativa al D.L. 150/01 chiarisce, infatti, che la L. 149/01, “non contiene alcuna
previsione in ordine alla modalità per la nomina del difensore d’ufficio in favore dei genitori e del
minore […] né in ordine al carico delle relative spese processuali eventualmente a carico dello
Stato […]. Per quanto attiene il procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 336
cpc, la previsione della difesa tecnica contenuta nella legge di riforma necessita di una revisione
del procedimento che si svolge dinanzi al Tribunale per i Minorenni nelle forme dei procedimenti in
camera di consiglio e cioè secondo forme procedurali che necessitano di una revisione, anche a
seguito della modifica dell’art. 111 Cost. È quindi necessario regolare le modalità e i tempi
attraverso i quali deve svolgersi l’attività difensiva”.
In assenza delle riforme, la L. 149/01 è entrata pienamente in vigore a far data dal 01/07/07, con
numerosi problemi applicativi dovuti alle evidenti lacune normative in un testo di riforma talvolta
impreciso e contraddittorio.
In mancanza di elementi normativi chiari, ogni Tribunale per i Minorenni ha dovuto interpretare
creando prassi attuative disparate e talvolta discutibili.
L' Unione Nazionale delle Camere Minorili, a distanza di un anno dall’entrata in vigore della legge
ha elaborato un questionario rivolto a 14 Tribunali per i Minorenni sparsi sul territorio nazionale,
per individuare le modalità applicative seguite da ciascuno di essi ed
è stato elaborato un
documento pubblicato sulla rivista on line Minori e Giustizia e sulla rivista Famiglia e Minori del
Sole 24 Ore n. 9/2008.
Sono stati evidenziati numerosi punti di criticità relativi a :
a) l’assistenza del minore prevista, per i procedimenti de potestate, dal comma 4 dell’art. 336. Alla
domanda se si proceda alla nomina di un curatore ovvero di un avvocato del minore, la
maggioranza dei Tribunali per i Minorenni ha risposto di optare per la nomina di un curatore
speciale, anche se non mancano le sedi (ad es. Salerno e Venezia) in cui si procede alla nomina di
un avvocato del minore; tale nomina viene fatta, in prevalenza, d’ufficio, ma in alcuni Tribunali si
ritiene imprescindibile l’istanza di parte o del P.M. i sensi dell’art. 78 c.p.c.;
b) la nomina del curatore speciale non avviene sempre, ma solo in caso di conflitto di interessi che,
nella maggior parte dei Tribunali, valutando caso per caso (fanno eccezione il Tribunale di Ancona,
di Bari e di Potenza, che, ritenendo sempre sussistente il conflitto di interessi, procedono in ogni
caso alla nomina di un curatore speciale del minore);
c) nei procedimenti di adottabilità al minore se venga nominato un curatore ovvero un avvocato
d’ufficio; anche in tal caso, la maggior parte dei Tribunali interpellati nomina in via esclusiva un
28
curatore speciale, fatta eccezione per quello di Ancona e per quello di Salerno, che invece
nominano un difensore d’ufficio;
d) sia nei procedimenti de potestate che per quelli di adottabilità il curatore viene individuato fra
gli avvocati che abbiano esperienza nel settore del diritto minorile, ma ancora in pochissime sedi
(Ancona, Milano, Palermo, Torino) sono stati predisposti albi specifici da parte degli Ordini forensi.
e) il curatore non è retribuito: l’avvocato del minore (ovvero il curatore/avvocato che si costituisca
nel procedimento) può ottenere una retribuzione ove sussistano i presupposti per l’ammissione al
patrocinio a spese dello Stato.
Alcuni Tribunali procedono alla nomina di un avvocato d’ufficio del minore, tanto nei procedimenti
ex art. 336 c.c. che in quelli ex art. 8 L. 184/83 ma questa prassi è una forzatura rispetto alla
previsione legislativa.
Il legislatore del 2001 ha voluto introdurre la nomina officiosa (in favore degli adulti coinvolti nei
procedimenti di adottabilità) e lo ha detto esplicitamente; per questo non sembra possano residuare
dubbi in ordine alla impossibilità, per i giudici minorili, di nominare un difensore d’ufficio.
Appare, invece, imprescindibile, in entrambi i tipi di procedimenti, la nomina di un curatore
speciale del minore in ragione del conflitto di interessi con i genitori.
Nessuno dubita che tale conflitto sussista nei giudizi per la dichiarazione dello stato di adottabilità,
ed esso deve ritenersi esistente in re ipsa anche nei procedimenti de potestate, nei quali si discute
della adeguatezza dei genitori ad assolvere ai propri doveri e conseguentemente della eventuale
limitazione o decadenza dalla potestà.
Infatti
nel procedimento di adozione compete esclusivamente al rappresentante legale del minore la nomina di un avvocato per
la difesa tecnica; tuttavia, qualora venga nominato, quale tutore, un avvocato, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., egli può stare in
giudizio personalmente, senza patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore.
Cassazione civile, sez. I, 14/07/2010, n. 16553.
Una parte della magistratura minorile ritiene che nei giudizi in cui si discuta della capacità
genitoriale di un solo genitore, ovvero quelli caratterizzati da scarsissima conflittualità fra le parti,
almeno uno dei due genitori possa adeguatamente rappresentare gli interessi del fanciullo.
Per questo la nomina del curatore determinerebbe solo ritardi e frammentarietà delle procedure a
discapito della tempestività dell’intervento giurisdizionale.
Ma anche nei casi citati, non può negarsi la sussistenza di un conflitto di interessi fra rappresentato
e rappresentante, quantomeno potenziale: si pensi, ad esempio, all’ipotesi di procedimento
riguardante un solo genitore tossicodipendente, nel quale l’altro (non coinvolto nel procedimento,
29
che quindi dovrebbe poter rappresentare gli interessi del figlio) tenda invece a coprire le mancanze
del coniuge; ovvero, al contrario, si pensi al caso in cui un genitore accusi falsamente l’altro di
tenere comportamenti pregiudizievoli per il minore, non curandosi dell’interesse del figlio.
In ipotesi di tal fatta, nessuno dei due genitori sarebbe in grado di tutelare adeguatamente l’interesse
del minore.
la giurisprudenza ha pacificamente affermato che
è ravvisabile il conflitto di interessi, tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentante legale,
ogni volta che l’incompatibilità delle rispettive loro posizioni è anche solo potenziale a prescindere dalla sua effettività”
Corte di Cassazione 16/09/02 n. 13507
La verifica della sussistenza del conflitto va compiuta in astratto, indipendentemente dagli
atteggiamenti e/o dalle difese concretamente assunte dalle parti in giudizio. Per questo non potrà
negarsi la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi fra il minore ed i genitori, anche nelle
ipotesi in cui il procedimento riguardi solo uno di essi.
Appare necessario sempre la nomina del curatore del minore in tutti i procedimenti ex art. 336 c.c.,
al momento dell’apertura del procedimento.
Da questo punto di vista, non appare condivisibile la prassi di scegliere sempre i curatori fra gli
avvocati esperti in diritto minorile, perché le competenze di natura giuridica possono non essere
sufficienti, quantomeno tutte le volte in cui il minore non sia capace di formulare o addirittura di
avere una propria opinione.
In fondo, il compito dell’avvocato non è quello di compiere le scelte esistenziali in favore del
proprio rappresentato, ma quello di dare corso ad un mandato, secondo le decisioni della parte; nel
caso in cui il minore non sia in grado di esprimere la propria volontà, il curatore/avvocato si
vedrebbe investito di una responsabilità che esorbita dal proprio ambito professionale.
Ciò porta a far propendere per una separazione del ruolo di curatore da quello di avvocato, anche se
la prassi si muove in senso differente.
Nel caso del curatore per così dire “puro”, l’onere della costituzione di elenchi o albi grava sugli
enti pubblici, mentre nel caso del curatore /avvocato, saranno gli ordini forensi a doversi attivare
per la costituzione di elenchi, non vincolanti per i magistrati, di professionisti disponibili ad
assumere tale veste ed in possesso di determinate caratteristiche di formazione ed esperienza
professionale.
Conclusioni
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Il minore, quale parte di un giudizio civile o penale, deve essere sempre riconosciuto come
portatore di diritti e , quindi, in tutte le decisioni dei Tribunali, delle autorità amministrative e degli
organi legislativi che lo riguardano, deve essere tenuto in preminente considerazione il suo
superiore interesse.
Occorre, pertanto, compiere ogni sforzo per adottare un corpo di leggi e di provvedimenti per i
giovani, anche quali autori di reati, che rispondano alle loro esigenze di soggetti in crescita e alle
loro prospettive di maturazione e siano ancora più aderenti al principio della finalità rieducativa
della pena, proprio del diritto sostanziale.
La Carta costituzionale ha posto le basi per un processo di progressivo riconoscimento della
categoria sociale dell’infanzia ed il minore è stato individuato nella sua condizione di cittadino in
formazione.
In una riforma della giustizia minorile, civile e penale, che preveda una nuova definizione delle
norme procedurali e della organizzazione attraverso appropriati interventi legislativi, adeguatamente
finanziati, è necessario operare nel medio termine, ove e per quanto possibile, l’accorpamento di
tutte le competenze in materia di minori, mantenendole in capo ad una unica istituzione giudiziaria
specializzata.
I soggetti preposti alla giustizia minorile devono avere , quale requisito indispensabile, una
preparazione di tipo specialistico nel diritto in generale, nel diritto di famiglia e nel campo delle
scienze umane
Questo principio della specializzazione adeguata degli organi della giustizia minorile, deve essere
attuato, rendendo anche obbligatoria, in particolare per i giudici e gli avvocati, la frequenza di
appositi corsi professionali.
Tale principio di specializzazione esige, inoltre, che ai giudici per i minori non siano attribuite
competenze ulteriori e diverse rispetto a quelle che riguardano la materia minorile e familiare.
Ogni processo che riguardi un minore deve essere svolto dinanzi a un giudice o collegio giudicante,
competente, indipendente e imparziale.
I Tribunali per i minorenni o per la famiglia o le sezioni specializzate dei tribunali ordinari devono
avere una presenza capillare sul territorio nazionale, così da garantire un facile accesso al servizio
giustizia, consentire ai giudici un rapporto più proficuo con i servizi locali e una maggiore vicinanza
ai contesti sociali territoriali.
Tutte le procedure del processo minorile civile e penale devono tendere a proteggere al meglio gli
interessi del minore e devono permettere la sua partecipazione e la sua libera espressione.
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Il processo minorile deve affermare l’ applicazione della regola del contraddittorio, in modo tale da
assicurare a tutte le parti interessate di partecipare al processo e di fare conoscere le proprie opinioni
di fronte a un giudice terzo e imparziale (art.111 della Costituzione).
Il minore, nei procedimenti giudiziari penali che lo riguardano, ha diritto a essere ascoltato e
assistito da un proprio avvocato, che abbia le adeguate competenze per tutelare il suo superiore
interesse.
Parimenti, nei procedimenti giudiziari civili che lo riguardano, ha diritto ad essere ascoltato, ad
essere rappresentato dai propri genitori o da un legale rappresentante, e, in caso di conflitti
d’interesse con questi ultimi, da un curatore speciale, nonché ha diritto di accedere ad una
assistenza di natura psico-sociale e legale al fine di tutelare il suo superiore interesse.
Una riforma della giustizia minorile per essere adeguata non può prescindere dallo stabilire regole
che disciplinino e garantiscano l’ascolto del minore soggetto a procedimenti civili o penali, in
particole che “il minore capace di discernimento debba avere il diritto di esprimersi liberamente
su ogni questione che lo interessa……e la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura
giudiziaria o amministrativa che lo concerne” .
Tali regole, nel disciplinare e garantire l’ascolto, devono anche assicurare al minore un’adeguata
protezione psicologica e morale, per tutta la durata dei procedimenti civili e penali che lo
riguardano.
Quindi, le audizioni del minore, il cui contenuto richieda una particolare attenzione e riservatezza,
debbono essere svolte in modo protetto, onde evitare che la contemporanea presenza di tutte le parti
in causa, possa turbare il minore o possa compromettere la genuinità delle sue dichiarazioni, nel
rispetto di tempi celeri e modalità garantiste.
In tema di difesa e di assistenza del minore va ricordato che
La previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 8 l. 184, che introduce l’"assistenza legale" del minore fin dall’inizio del
procedimento, ha notevolissima rilevanza, ed assai significativamente è stata inserita proprio nella disposizione che
costituisce il nucleo fondamentale della normativa, con l’introduzione della nozione di abbandono. Essa acquista
un’indubbia rilevanza generale, tale da incidere su natura e funzione dell’intera procedura: si realizza, fin dall’inizio il
principio del contraddittorio, ed esso si estende pure alla posizione del minore; se si considera che viene pure esclusa
l’officiosità della procedura (art. 9), muta profondamente il carattere della procedura stessa, che dovrebbe considerarsi
contenziosa (le parti private contro il p.m.), seppur sui generis, fin dall’inizio (laddove, anteriormente alla riforma del
2001, solo il procedimento di opposizione al decreto di adottabilità presentava profili contenziosi). Tuttavia la
previsione di un’"assistenza legale" del minore, fin dall’inizio del procedimento, senza indicazione di modalità alcuna al
riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa affatto che debba nominarsi un difensore
d’ufficio al minore stesso, all’atto della apertura del procedimento. Il minore è dunque parte a tutti gli effetti del
procedimento, fin dall’inizio, ma, secondo le regole generali e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio
32
a mezzo del rappresentante, e questi sarà il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi,
un curatore speciale.
Cassazione civile, sez. I, 14/07/2010, n. 16553
Inoltre, nelle ipotesi di conflitto con la famiglia originaria, al minore deve essere affiancata una
figura di riferimento che esprima le sue necessità e che dia voce ai suoi bisogni: il curatore speciale.
Il suo compito istituzionale è certamente diverso in ambito civile da quello penale ed è ricondotto
sempre ad una
forma di tutela delle ragioni del minore e di una valorizzazione delle sue
opportunità.
Nel processo penale le competenze del giudice o del collegio giudicante necessitano in particolar
modo di un supporto interdisciplinare, quindi si ritiene importante la presenza della componente
privata specializzata, affinché i provvedimenti adottati siano proporzionati alle circostanze e alla
gravità del reato, alla situazione del minore e alla sua tutela.
Per quanto concerne la presenza della componente privata anche nei collegi giudicanti civili, si
dovrebbero valutare con la massima attenzione le diverse indicazioni avanzate a tale proposito dalle
associazioni impegnate da anni nelle tutela dei diritti dei minori, dalle categorie professionali
operanti all’interno del sistema della giustizia minorile, dalle sedi scientifiche, dal Forum
permanente del Terzo Settore e dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia, perché solo dall’analisi
accurata dell’attuale sistema della giustizia minorile, si può delineare una sua riforma che non si
limiti a cancellare il passato, ma che crei un sistema sempre più tutelante degli interessi e dei diritti
del minore.
Nei procedimenti riguardanti un minore, nei casi in cui il giudice o il collegio giudicante ritenga
opportuno il contributo interdisciplinare di specialisti, il consulente tecnico di volta in volta
nominato, deve avere particolari competenze nelle scienze del comportamento ed in ambito forense.
Le istituzioni giudiziarie che si occupano di minori devono poter contare sulla collaborazione dei
servizi socio-assistenziale e sanitari territoriali: tale collaborazione deve essere continuativa, anche
sulla base di precisi protocolli d’intesa ed i servizi devono essere adeguatamente specializzati in
materia minorile.
Per quanto riguarda la competenza penale, si invita il Legislatore a regolare i rapporti tra i servizi
del Ministero della Giustizia e i servizi locali affinché si realizzi un’efficace collaborazione
sinergica.
La condanna del minore a pene detentive deve costituire un provvedimento di ultima risorsa, e deve
essere limitata al minimo indispensabile , in quanto la pena deve svolgere la funzione di recupero
del minore per il suo reinserimento nella società civile , oltre che la funzione di riparazione per il
reato commesso.
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Il minore sia italiano che straniero, compreso quello che entra negli Istituti penali Minorili, deve,
pertanto, potere usufruire concretamente di forme alternative alla detenzione, tra le quali la messa
alla prova e, ove possibile, la mediazione penale, senza limitazioni per fattispecie di reato o per
durata minima di espiazione della pena in caso di liberazione condizionale.
In campo penale sono giustificabili modifiche alle diminuenti e alle attenuanti per i minori di età
compresa tra i sedici e i diciotto anni.
Come non appare giustificato, nel caso che la pena a carico del minore possa essere completamente
espiata entro il 22° anno di età, il passaggio, al compimento dei 18 anni, al carcere degli adulti; al
contrario si deve privilegiare il trattamento del giovane adulto in appositi istituti fino
all’espletamento della pena, al fine di portare a compimento i programmi di recupero per lui
previsti.
La riforma della giustizia in campo penale deve essere conforme ai principi e alle norme della
Convenzione delle Nazioni Unite (ONU) e in particolare all’art.40 della stessa Convenzione.
Una riforma della giustizia minorile non può prescindere, come da tempo richiesto dalla Corte
Costituzionale, dalla delineazione di uno specifico ordinamento penitenziario per i minorenni
condannati a pene detentive.
Tali norme sull’ordinamento penitenziario minorile, oltre regolare l’esecuzione delle pene per i
minorenni, devono assicurare l’attuazione di quanto sancito nella Convenzione ONU e in
particolare che “ogni minore privato della libertà sia sempre separato dagli adulti” (art.37.c)
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