I topi campagnoli o arvicole I topi appartengono alla classe dei mammiferi; sono pieni di astuzia, di avidità, di dinamicità e di prolificità. Fra le varie specie che popolano le nostre campagne, quelle più presenti sono Pitymys savii Sèl. e Apodemus sylvaticus L. La prima detta anche arvicola, più diffusa, più numerosa e più dannosa, conosciuta volgarmente come «topo a coda corta», ha un pelo grigiastro tendente al rossiccio, muso tozzo, gli occhi piccoli, le orecchie corte, piccole e poco visibili perché nascoste nel pelo; è lungo circa 10 cm, si sposta correndo velocemente, non è capace di saltare e di arrampicarsi sugli alberi. La seconda specie molto meno numerosa della prima, è il muride conosciuto volgarmente come «topo a coda lunga « con pelo e lunghezza quasi uguale al topo a coda corta, però se ne differenzia per avere il muso aguzzo, gli occhi grandi, le orecchie abbastanza sviluppate, e le zampe posteriori robuste, capace di fargli fare lunghi salti e di arrampicarsi sugli alberi. BIOLOGIA I topi campagnoli hanno costituito, in generale e da sempre, una delle più serie preoccupazione per l’umanitàI e il topo campagnolo o arvicola, nelle diverse specie non è stato da meno per l’agricoltura. Si possono ricordare come esempi più vicini a noi le memorande invasioni dei cereali nel Tavoliere di Puglia. Il topo campagnolo ( = arvicola) può vivere oltre i due anni, partorisce sino a cinque volte in un anno e dà alla luce per ogni parto da due a sei figli. I figli possono iniziare l’attività riproduttiva dopo 3-4 mesi e quindi avere in un anno tre o quattro generazioni. La loro attività che dura tutto l’anno è legata in qualche modo alla presenza di nutrimento. Entrambe le specie si nutrono di colture erbacee coltivate e spontanee, con preferenza per i cereali, ma in mancanza di erbe possono rodere le radici degli alberi sino alla zona del colletto. I danni - Nelle carciofaie i topi campagnoli vivono sotto terra fino alla profondità di 50 cm ed oltre, scavano gallerie tortuose e ramificate con un foro di uscita, non sempre attivo per ognuna di esse. Scavando una galleria, si portano sotto le ceppaie del carciofo che rodono fino ad arrivare alla zona del colletto. La pianta attaccata manifesta il danno quando è abbastanza avanzato ed irreparabile. Inizialmente si ha un leggero afflosciamento delle foglie, cui segue velocemente un afflosciamento completo fino alla morte della pianta, che se presa per le foglie, si stacca facilmente dal terreno lasciando un foro somigliante a quello che il topo pratica per uscire in superficie. Distrutta una pianta, senza uscire all’aperto, il topo scava una galleria per portarsi sotto un’altra pianta, dove continua l’opera distruttiva della carciofaia. La difesa non è delle più agevoli e spesso con scarso successo, quando l’intervento è tardivo alla presenza già di numerosa popolazione, quindi un primo consiglio è quello di essere tempestivi negli interventi, iniziandoli già dall’estate non appena si noti l’attività dei topi, anche attraverso i fori di uscita passato, è stato quello detto del carduccio, che consisteva nell’estirpare, muniti di guanti, (per evitare di lasciare odori che potevano indurre il topo ad abbandonare e chiudere il foro stesso) la pianta colpita senza far cadere terra nel foro e mettere in esso un carduccio, cosparso alla base con fosfuro di zinco. Possibilità migliori si hanno mettendo nel foro delle apposite esche avvelenate con prodotti anticoagulanti. Questo metodo può essere applicato anche direttamente nei fori attivi che i topi praticano per venire in superficie. Per accertarsi che il foro sia attivo è sufficiente chiudere tutti quelli esistenti ed intervenire su quelli che il topo pratica subito dopo, specialmente in estate. L’altro metodo più praticabile è quello di cospargere il terreno di sostanze a base di cumarine, o indadione, tutti anticoagulanti, limitandole nelle zone con presenza di topi. Se la carciofaia è frequentata da volatili è necessario porre queste sostanze sotto ripari, come coppi, canalette, ecc., che fra l’altro proteggono le esche stesse (sono in commercio delle apposite apparecchiature utili a questo scopo). Si chiude la nota col ricordare di essere tempestivi nell’affrontare questo problema se si vuole avere un successo apprezzabile e soprattutto per non subire danno che creano vuoti improduttivi nella carciofaia. Per ottenere ciò e più consigliabile intervenire durante l’estate, quando non essendovi nutrimento né né nel terreno né in superficie, i topi vengono più facilmente all’aperto a nutrirsi dell’esca avvelenata. I prodotti fitosanitari da adoperare sono quelli previsti dalle linee guida regione Puglia. Una ulteriore possibilità di difesa, può essere il ricorso, all’inizio della «forzatura» per la ripresa vegetativa della carciofaia, l’allagamento della stessa costringendo i topi a portarsi in superficie, ove occorre adoperare mezzi per catturarli e distruggerli. I prodotti Fitosanitari