Indice sommario Dottrina Borasi Ivan: L’anticipazione dell’assunzione probatoria nel processo penale: evoluzione e prospettive future, pag. 22 Nevoli Francesco: Intercettazioni informatiche e telematiche: ricorso ad impianti esterni ed obbligo motivazionale del pubblico ministero, pag. 76 Turconi Marco: Insufficienza di provae giudizio di merito sulla colpevolezza in sede di impugnazione nel sistema processuale statunitense, pag. 1 Bibliografia Bartolini Francesco, Corso Piermaria: Codice del giudice di pace civile e penale, pag. 29 Corso Piermaria, Guadalupi Stefano: Formulario del processo penale, pag. 29 Iascone Potito L.: Codice di pubblica sicurezza e le leggi per le forze dell’ordine, pag. 29 Ruaro Massimo: La magistratura di sorveglianza, pag. 29 Giurisprudenza Amnistia, indulto e grazia Indulto – Applicazione oltre i limiti di legge in sede di cognizione – Rettificazione in sede esecutiva F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3851 (c.c. 25 novembre 2008), Mazzarino, m., pag. 81 Indulto – Indulto concesso dal giudice della cognizione – Revoca da parte del giudice dell’esecuzione F Cass. pen., sez. I, 4 dicembre 2008, n. 45076 (c.c. 30 ottobre 2008), Colavecchia, m., pag. 81 Indulto – Revoca di diritto – Reato continuato in parte commesso entro il termine rilevante ai fini della revoca F Cass. pen., sez. I, 20 gennaio 2009, n. 2060 (c.c. 11 novembre 2008), Marincola, m., pag. 81 Appello penale Cognizione del giudice di appello – Benefici – Pronuncia di condanna in riforma d’assoluzione di primo grado F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3917 (ud. 8 gennaio 2009), Chiacchierini, m., pag. 81 Cognizione del giudice di appello – Reformatio in peius – Concessione della provvisionale da parte del giudice d’appello F Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2008, n. 42134 (ud. 1 ottobre 2008), Federico, m., pag. 81 Decisione in camera di consiglio – Concordato sui motivi di appello – Motivazione sul mancato proscioglimento F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43367 (ud. 24 settembre 2008), De Simone e altri, m., pag. 81 Incidentale – Appello principale del coimputato – Notificazione agli altri imputati F Cass. pen., sez. II, 14 ottobre 2008, n. 38810 (ud. 1 ottobre 2008), Pippa, m., pag. 81 Motivi – Impugnazione del P.G. avverso sentenza assolutoria di primo grado non formalmente ar- ticolata per capi e punti – Ammissibilità F Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 2008, n. 46451 (ud. 21 ottobre 2008), Cordisco e altro, m., pag. 81 Applicazione della pena su richiesta delle parti Ambito di applicazione – Cosiddetto patteggiamento allargato – Applicabilità in caso di procedimento celebrato con il rito abbreviato F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47749 (ud. 9 dicembre 2008), Monfardini, m., pag. 81 Pena – Patteggiamento allargato – Interdizione quinquennale dai pubblici uffici F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4424 (c.c. 14 gennaio 2009), P.G. in proc. Abbas e altri, m., pag. 81 Pena – Pena applicata superiore ai due anni per sfruttamento della prostituzione – Omessa applicazione dell’obbligatoria misura di sicurezza F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47519 (c.c. 5 novembre 2008), P.G. in proc. Uhunoma e altri, m., pag. 82 Presupposti – Consenso delle parti – Revoca del consenso prestato prima della ratifica dell’accordo F Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 3580 (c.c. 9 gennaio 2009), Aluku, m., pag. 82 Presupposti – Contestazione della recidiva qualificata – Idoneità a determinare la preclusione del patteggiamento F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48477 (c.c. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Ogana e altro, m., pag. 82 Sentenza – Attenuanti – Motivazione F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4104 (ud. 12 novembre 2008), P.G. in proc. Corazzini, m., pag. 82 Sentenza – Condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e all’applicazione di una pena accessoria – Correzione di errore materiale in sede di legittimità F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48443 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Funari, m., pag. 82 Sentenza – Confisca – Obbligo di motivazione F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2703 (c.c. 20 novembre 2008), Forcari, m., pag. 82 Sentenza – Confisca facoltativa – Condizioni F Cass. pen., sez. VI, 24 novembre 2008, n. 43816 (c.c. 30 ottobre 2008), Tidli, m., pag. 82 Sentenza – Effetti – Estinzione del reato F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46256 (c.c. 13 novembre 2008), Sylla, m., pag. 82 Sentenza – Estinzione del reato – Commissione del delitto nel termine di cinque anni dall’irrevocabilità della sentenza F Cass. pen., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 1281 (c.c. 20 novembre 2008), Ciracì, m., pag. 82 Sentenza – Falsità in documenti – Dichiarazione nella sentenza di patteggiamento F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37665 (c.c. 28 maggio 2008), Coccitto, m., pag. 82 Sentenza – Recidiva – Preclusione F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 1007 (c.c. 13 novembre 2008), P.G. in proc. Manfredi, m., pag. 82 Sentenza – Revoca dell’indulto – Idoneità F Cass. pen., sez. I, 19 novembre 2008, n. 43158 (c.c. 23 ottobre 2008), P.M. in proc. Zani, m., pag. 82 Sentenza – Sentenza emessa negli atti preliminari al dibattimento senza lettura del dispositivo – Equiparazione a provvedimento camerale F Cass. pen., sez. I, 11 febbraio 2009, n. 5984 (c.c. 21 gennaio 2009), Bruzzese, m., pag. 83 Atti e provvedimenti del giudice penale Correzione di errori materiali – Procedimento – Provvedimento finale – Impugnabilità – Esclusione – Fondamento F Cass. pen., sez. I, 17 luglio 2009, n. 29871, Losito, pag. 68 Correzione di errori materiali – Procedura de plano – Illegittimità F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1460 (c.c. 3 dicembre 2008), Sanna, m., pag. 83 Correzione di errori materiali – Riesame – Potere del tribunale di correggere l’errore materiale contenuto nell’ordinanza del Gip F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7136 (c.c. 20 gennaio 2009), Soru, m., pag. 83 Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Estinzione del reato – Insufficienza o contraddittorietà della prova di responsabilità F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39220 (ud. 16 luglio 2008), Pasculli e altri, m., pag. 83 Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Morte del reo – Ricorso per cassazione tardivo F Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 2008, n. 36524 (ud. 26 giugno 2008), Zancocchia, m., pag. 83 Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Ricorso per cassazione – Vizi della motivazione F Cass. pen., sez. VI, 29 novembre 2008, n. 44591 (c.c. 4 novembre 2008), P.M. in proc. Nocco e altri, m., pag. 83 Deposito – Atti mancanti – Ricostituzione dell’atto F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1207 (ud. 11 dicembre 2008), Friuli e altro, m., pag. 83 Atti preliminari al dibattimento Decreto di citazione – Notificazione – Omessa notificazione al difensore di fiducia F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6240 (ud. 14 gennaio 2009), Plaka, m., pag. 83 Proscioglimento prima del dibattimento – Deliberazione prima dell’apertura del dibattimento – Impugnazione F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2441 (ud. 16 dicembre 2008), P.G. in proc. Forte, m., pag. 83 Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza – Di assoluzione ex art. 129 c.p.p F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45334 (ud. 25 novembre 2008), P.G. in proc. Piscitello, m., pag. 83 Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa a norma dell’art. 129 c.p.p. all’esito della discussione nel dibattimento – Prima del dibattimento F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48126 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Del Buono, m., pag. 83 Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa dopo la verifica della costituzione delle parti e dopo le conclusioni delle medesime – Proscioglimento per evidente innocenza F indice sommario II Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48124 (ud. 3 dicembre 2008), P.G. in proc. Piscitello, m., pag. 83 Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa nel corso degli atti introduttivi del dibattimento – Prima del dibattimento F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48128 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Lionello, m., pag. 84 Atti processuali penali Copie – Procedimento conclusosi con l’archiviazione – Richiesta di copia integrale degli atti F Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2008, n. 36167 (c.c. 9 aprile 2008), Acampora, m., pag. 84 Copie – Richiesta di copia integrale degli atti – Provvedimento di rigetto F Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2008, n. 36167 (c.c. 9 aprile 2008), Acampora, m., pag. 84 Lingua italiana – Traduzione – Imputato del quale già risulti la non conoscenza della lingua italiana F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48469 (c.c. 4 dicembre 2008), Abdalla, m., pag. 84 Lingua italiana – Traduzione degli atti – Persona offesa alloglotta che non conosca la lingua italiana F Cass. pen., sez. II, 29 settembre 2008, n. 36988 (c.c. 18 settembre 2008), Fati, m., pag. 84 Memorie e richieste delle parti – Parere di carattere professionale – Natura di memoria F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3500 (ud. 23 settembre 2008), P.M. in proc. Rossini e altro, m., pag. 84 Processo verbale – Trascrizione – Trascrizione della fonoregistrazione dell’udienza F Cass. pen., sez. V, 9 dicembre 2008, n. 45506 (ud. 4 novembre 2008), Nerini, m., pag. 84 Azione penale Querela – Persone giuridiche – Enti e associazioni F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1206 (ud. 9 dicembre 2008), Gulino, m., pag. 84 Querela – Surrogazione di copie e ricostituzione di atti – Applicabilità F Cass. pen., sez. V, 4 febbraio 2009, n. 4942 (ud. 18 dicembre 2008), Toia, m., pag. 84 Cassazione penale Declaratoria immediata di cause di non punibilità – Prescrizione – Rilevabilità di nullità di ordine generale F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39217 (ud. 11 luglio 2008), Crippa, m., pag. 84 Declaratoria immediata di cause di non punibilità – Sentenza di assoluzione ex art. 129, comma secondo, c.p.p. – Condizioni F Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2008, n. 33309 (ud. 8 luglio 2008), Rizzato, m., pag. 84 Difesa e difensori – Sottoscrizione del ricorso – Ricorso per cassazione proposto personalmente dalla persona offesa F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48440 (c.c. 20 novembre 2008), Saccucci e altro, m., pag. 84 Giudizio di rinvio – Annullamento con rinvio di sentenza predibattimentale – Individuazione del giudice di rinvio F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47386 (ud. 18 novembre 2008), P.M. in proc. Nicastro, m., pag. 85 Giudizio di rinvio – Annullamento di ordinanza da parte della Corte di cassazione – Ordinanza emessa in sede di rinvio dallo stesso giudice autore del provvedimento annullato F Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 2009, n. 607 (c.c. 25 novembre 2008), Giardini, m., pag. 85 Giudizio di rinvio – Divieto di reformatio in peius – Operatività F Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 2008, n. 38820 (ud. 16 settembre 2008), Artico, m., pag. 85 Giudizio di rinvio – Insufficienza e contraddittorietà degli elementi probatori sull’attribuibilità soggettiva del fatto – Declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione emessa in sede predibattimentale F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44848 (ud. 5 novembre 2008), Cascio, m., pag. 85 Giudizio di rinvio – Poteri e obblighi del giudice di rinvio – Limiti F Cass. pen., sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 4546 (c.c. 9 gennaio 2009), Sassi, m., pag. 85 Motivi di ricorso – Riproposizione di questione di costituzionalità come unico motivo di ricorso – Inammissibilità F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45311 (c.c. 6 novembre 2008), Santangelo, m., pag. 85 Motivi di ricorso – Vizi della motivazione – Denunciabilità con riferimento a questione di diritto F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3706 (ud. 21 gennaio 2009), P.C. in proc. Haggag, m., pag. 85 Motivi di ricorso – Vizi della motivazione – Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41263 (c.c. 19 settembre 2008), P.G. in proc. Yaro, m., pag. 85 Poteri della Cassazione – Sentenza emessa in primo grado dal tribunale in composizione monocratica – Riqualificazione del fatto in appello F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48390 (ud. 9 dicembre 2008), Fravili, m., pag. 85 Procedimento – Camera di consiglio – Sentenza di patteggiamento F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46253 (c.c. 12 novembre 2008), P.G. in proc. Cacace, m., pag. 85 Procedimento – Cognizione della Corte di cassazione – Natura pertinenziale di un intervento edilizio F Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 2009, n. 3445 (c.c. 17 dicembre 2008), Criscuolo, m., pag. 85 Ricorso – Del detenuto – Inammissibilità F Cass. pen., sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1773 (ud. 25 novembre 2008), Cavuoto, m., pag. 85 Ricorso – Per saltum – Misura cautelare F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45402 (c.c. 7 novembre 2008), Pavone, m., pag. 86 Ricorso – Per saltum – Sentenza di assoluzione emessa a seguito di rito abbreviato F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48139 (ud. 10 dicembre 2008), P.G. in proc. Alias Zaratye Huaman e alt, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario – Causa d’estinzione del reato F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41237 (c.c. 28 ottobre 2008), Insogna, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p. – Errore di fatto F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48461 (c.c. 20 novembre 2008), Rannisi, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Deduzione di errori di interpretazione giuridica F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3522 (c.c. 9 dicembre 2008), Previti e altri, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Errore di valutazione F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2945 (c.c. 25 novembre 2008), Caso, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Ricorso proposto da imputato condannato solo agli effetti civili F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46277 (c.c. 3 dicembre 2008), Gava, m., pag. 86 Ricorso – Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto – Esperibilità da parte di soggetto diverso dal condannato F Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2009, n. 1265 (c.c. 11 dicembre 2008), Gullì, m., pag. 86 Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Condanna al pagamento di una somma alla cassa delle ammende – Condonabilità F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47772 (c.c. 6 novembre 2008), P.G. in proc. Sicilia, m., pag. 86 Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Modifica delle statuizioni in senso favorevole all’imputato – Esclusione F Cass. pen., sez. VI, 2 gennaio 2009, n. 15 (ud. 9 ottobre 2008), Dell’Orso, m., pag. 86 Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Ricorso inammissibile proposto da maggiorenne con riferimento a pena inflittagli da minorenne – Esclusione F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48166 (c.c. 26 novembre 2008), Patti, m., pag. 86 Sentenza – Annullamento parziale – Effetti F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2843 (ud. 20 novembre 2008), Talarico, m., pag. 87 Circolazione stradale Guida in stato di ebbrezza – Accertamento – Modalità F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4118 (ud. 9 dicembre 2008), Ahmetovic, m., pag. 87 Patente – Revoca e sospensione – Sospensione F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48438 (c.c. 20 novembre 2008), Palermo e altro, m., pag. 87 Circostanze del reato Aggravanti – Contestazione – Modalità F Cass. pen., sez. V, 13 ottobre 2008, n. 38588 (ud. 16 settembre 2008), Fornaro e altri, m., pag. 87 Competenza penale Competenza per territorio – Competenza per il reato di importazione di stupefacenti nel territorio dello Stato – Criteri di individuazione F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45482 (c.c. 19 novembre 2008), Confl. comp. in proc. Nunez., m., pag. 87 Competenza per territorio – Incompetenza – Misure cautelari F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3816 (c.c. 14 ottobre 2008), Leone, m., pag. 87 Competenza per territorio – Procedimenti connessi – Connessione di reati – Reato più grave – Luogo di commissione – Individuazione – Impossibilità – Conseguenze F Cass. pen., sez. un., 20 ottobre 2009, n. 40537, Confl. comp. in proc. Orlandelli, pag. 42 Competenza per territorio – Procedimenti riguardanti magistrati – Magistrato danneggiato F Cass. pen., sez. V, 15 dicembre 2008, n. 46098 (ud. 12 novembre 2008), Giusti, m., pag. 87 Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Interpretazione F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45364 (ud. 5 novembre 2008), Di Giorgio e altro, m., pag. 87 Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Residenza F Cass. pen., sez. II, 10 dicembre 2008, n. 45743 (ud. 4 novembre 2008), Rappa, m., pag. 87 indice sommario Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Residenza dell’imputato F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 411 (c.c. 10 dicembre 2008), Confl. comp. in proc. Barretta, m., pag. 87 Conflitti – Casi – Declaratoria di inammissibilità dell’istanza di rito abbreviato da parte del Gup e ritenuta sua illegittimità da parte del giudice dibattimentale F Cass. pen., sez. I, 18 dicembre 2008, n. 47021 (c.c. 30 ottobre 2008), Confl. comp. in proc. Di Vincenzo, m., pag. 87 Conflitti – Conflitto negativo – Competenza del Gip distrettuale per i reati di frode informatica F Cass. pen., sez. I, 4 dicembre 2008, n. 45078 (c.c. 30 ottobre 2008), Confl. comp. in proc. Saviano e altro, m., pag. 88 Conflitti – Conflitto negativo – Deroghe F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2470 (c.c. 16 dicembre 2008), Confl. comp. in proc. Antonelli, m., pag. 88 Conflitti – Conflitto negativo – Deroghe alla disciplina in tema di competenza per territorio introdotta in materia di rifiuto nella regione Campania F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48160 (c.c. 18 novembre 2008), Conf. comp. in proc. Ecoscreening, m., pag. 88 Questione di competenza – Dichiarazione di incompetenza – Misure cautelari disposte F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1146 (c.c. 21 ottobre 2008), Bisesti, m., pag. 88 Corte costituzionale Sindacato di legittimità costituzionale – Giudizio incidentale – Manifesta infondatezza F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3706 (ud. 21 gennaio 2009), P.C. in proc. Haggag, m., pag. 88 Cosa giudicata penale Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Applicabilità anche in sede di esecuzione F Cass. pen., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 1285 (c.c. 20 novembre 2008), Linfeng, m., pag. 88 Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Circostanze di fatto raccolte in altro procedimento definito con sentenza irrevocabile di assoluzione F Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 2008, n. 45153 (c.c. 13 novembre 2008), Ucciero e altro, m., pag. 88 Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Diversità del fatto F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44860 (c.c. 5 novembre 2008), Ficara, m., pag. 88 Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Ne bis in idem europeo F Cass. pen., sez. V, 20 febbraio 2009, n. 7687 (ud. 11 novembre 2008), Tagietti, m., pag. 88 Difesa e difensori Di fiducia – Nomina – Di due difensori – Mancato avviso di udienza ad uno dei difensori – Nullità – Deduzione in appello dal difensore presente – Necessità a pena di decadenza F Cass. pen., sez. II, 24 settembre 2009, n. 37507, Volpe, pag. 59 Di fiducia – Nomina – Persona arrestata o fermata F Cass. pen., sez. VI, 7 febbraio 2009, n. 5495 (c.c. 5 febbraio 2009), Ciulica, m., pag. 88 Di fiducia – Nomina – Riferimento alla presentazione dei motivi di appello F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39039 (c.c. 23 settembre 2008), Pizzone, m., pag. 89 Di ufficio – Nomina – Sostituzione F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5496 (ud. 2 dicembre 2008), Vergati, m., pag. 89 Di ufficio – Principio di immutabilità del difensore di ufficio – Sostituzione irrituale da parte della polizia giudiziaria F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3837 (c.c. 8 gennaio 2009), Ren, m., pag. 89 Di ufficio – Rinuncia al mandato del difensore di fiducia – Nomina del difensore d’ufficio non individuato nell’elenco F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1133 (ud. 21 ottobre 2008), Michelotto, m., pag. 89 Incompatibilità – Pluralità di imputati che abbiano reso dichiarazioni sulla responsabilità di altro imputato in procedimento connesso o probatoriamente collegato – Divieto di assunzione della difesa da parte di uno stesso difensore F Cass. pen., sez. VI, 18 dicembre 2008, n. 47079 (c.c. 27 novembre 2008), Froncillo, m., pag. 89 Patrocinio dei non abbienti – Condizioni di ammissione – Stato reddituale del richiedente – Redditi da attività illecite – Accertamento – Criteri – Fattispecie F Trib. pen. Matera, 1 ottobre 2009, Monacelli, pag. 72 Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa decisione nel termine F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3607 (ud. 16 gennaio 2009), Barletta e altri, m., pag. 89 Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa decisione nel termine di rito F Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 46439 (ud. 18 novembre 2008), Belgacem, m., pag. 89 Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa o tardiva decisione F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2071 (ud. 25 novembre 2008), Romanelli e altro, m., pag. 89 Patrocinio dei non abbienti – Liquidazione compensi – Prescrizione F Cass. pen., sez. IV, 2 ottobre 2008, n. 37539 (c.c. 2 luglio 2008), Gallace, m., pag. 89 Edilizia e urbanistica Contravvenzioni – Ordine di demolizione – Estensione ad altri manufatti F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2872 (c.c. 11 dicembre 2008), P.M. in proc. Corimbi, m., pag. 89 Contravvenzioni – Permesso di costruire – Necessità F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2877 (c.c. 11 dicembre 2008), Zaccari, m., pag. 89 Contravvenzioni – Sequestro preventivo – Esigenze cautelari F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 825 (c.c. 4 dicembre 2008), Violante, m., pag. 90 Esecuzione in materia penale Computo della pena – Eventi incidenti sulla misura della pena – Applicabilità dell’indulto F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44323 (c.c. 12 novembre 2008), Pocher, m., pag. 90 Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso – Nozione F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44862 (c.c. 5 novembre 2008), Lombardo, m., pag. 90 Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Individuazione della violazione più grave – Criteri F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48204 (c.c. 10 dicembre 2008), Abello, m., pag. 90 Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Individuazione della violazione più grave – Criterio F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44860 (c.c. 5 novembre 2008), Ficara, m., pag. 90 Disciplina del concorso formale e del reato con- tinuato – Onere della prova a carico del condannato – Allegazione di elementi specifici e concreti da cui desumere l’esistenza del vincolo della continuazione F Cass. pen., sez. VII, 6 febbraio 2009, n. 5305 (c.c. 16 dicembre 2008), D’Amato, m., pag. 90 Pluralità di sentenze per lo stesso fatto – Istanza di revisione di sentenza di patteggiamento – Asserita inconciliabilità con sentenza dibattimentale di assoluzione relativa ai coimputati F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47794 (c.c. 11 dicembre 2008), Cimino e altro, m., pag. 90 Procedimento di esecuzione – Legittimo impedimento dell’interessato libero – Condizioni di rilevanza F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45475 (c.c. 19 novembre 2008), Guglielmi, m., pag. 90 Procedimento di esecuzione – Notificazioni – Estratto contumaciale della sentenza F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2941 (c.c. 20 novembre 2008), Chimienti, m., pag. 90 Procedimento di esecuzione – Potere del giudice – Provvedimento di confisca ex art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992 n. 306 emesso a seguito del contraddittorio partecipato tra le parti F Cass. pen., sez. I, 4 novembre 2008, n. 41078 (c.c. 16 ottobre 2008), Arena, m., pag. 90 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Competenza F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45481 (c.c. 19 novembre 2008), m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Confisca F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 1008 (c.c. 13 novembre 2008), Valletta e altri, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Confisca F Cass. pen., sez. I, 29 gennaio 2009, n. 4196 (c.c. 9 gennaio 2009), Laforet, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Decisione F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3736 (c.c. 15 gennaio 2009), P.M. in proc. Anello, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Declaratoria di inammissibilità dell’opposizione per manifesta infondatezza F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45773 (c.c. 2 dicembre 2008), Stara, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Indulto F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48214 (c.c. 16 dicembre 2008), Amato, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Istanza di applicazione della continuazione F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44859 (c.c. 5 novembre 2008), Caci, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Opposizione a provvedimento de plano e modificazione del thema decidendum F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47537 (c.c. 2 dicembre 2008), P.M. in proc. Caprioli, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Provvedimenti F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46786 (c.c. 20 novembre 2008), Bifani, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Questioni sul titolo esecutivo F Cass. pen., sez. V, 25 settembre 2008, n. 36779 (ud. 17 giugno 2008), Kraiem, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Vizio relativo alla declaratoria di contumacia F Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 2009, n. 4554 (c.c. 26 novembre 2008), Baratta, m., pag. 91 Procedimento di esecuzione – Procedimento ini- III indice sommario IV ziato ex officio – Nullità F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6901 (c.c. 18 novembre 2008), Favato, m., pag. 92 Procedimento di esecuzione – Sospensione dell’esecuzione – Divieto per i recidivi reiterati F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 409 (c.c. 10 dicembre 2008), Sardelli, m., pag. 92 Procedimento di esecuzione – Sospensione dell’esecuzione – Divieto sopravvenuto – Retroattività – Sussistenza F Trib. pen. Torino, sez. sorv., 7 ottobre 2009, C. B., pag. 71 Procedimento di esecuzione – Sospensione dell’esecuzione – Non superamento del limite di pena per la concessione per effetto dell’indulto F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46246 (c.c. 5 novembre 2008), Sanna, m., pag. 92 Falsa testimonianza Casi di non punibilità – Indagato di reato connesso o collegato – Sopravvenuta archiviazione F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44274 (ud. 7 ottobre 2008), Russo, m., pag. 92 Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento Contraffazione di altri pubblici sigilli – Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza – Esclusione F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43436 (ud. 23 ottobre 2008), Miccoli, m., pag. 92 Giudice di pace Competenza penale – Impugnazioni – Appello F Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2008, n. 38733 (ud. 20 giugno 2008), Iacoi e altro, m., pag. 92 Competenza penale – Persona offesa – Facoltà di impugnazione F Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2008, n. 38699 (ud. 18 giugno 2008), Buratti e altri, m., pag. 92 Giudice penale Astensione – Sostituzione del giudice astenuto – Inosservanza dell’art. 36, comma terzo, c.p.p F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41261 (c.c. 17 settembre 2008), Ciurea e altro, m., pag. 92 Incompatibilità – Atti compiuti nel procedimento – Insussistenza dell’incompatibilità F Cass. pen., sez. II, 10 novembre 2008, n. 41913 (c.c. 22 ottobre 2008), Violento, m., pag. 92 Incompatibilità – Atti compiuti nel procedimento – Precedente pronuncia sulla responsabilità d’altro imputato in concorso non necessario nel reato F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41268 (c.c. 16 ottobre 2008), Giovannetti e altri, m., pag. 92 Incompatibilità – Procedimenti in materia di prevenzione – Inammissibilità F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2821 (c.c. 2 dicembre 2008), De Rito, m., pag. 92 Ricusazione – Casi – Ricusazione dei magistrati di intero collegio giudicante F Cass. pen., sez. VI, 4 dicembre 2008, n. 45267 (ud. 21 ottobre 2008), Marinozzi, m., pag. 93 Ricusazione – Dichiarazione – Causa di ricusazione divenuta nota F Cass. pen., sez. V, 2 febbraio 2009, n. 4396 (c.c. 9 dicembre 2008), Querci, m., pag. 93 Ricusazione – Dichiarazione – Soggetti legittimati F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48494 (c.c. 12 dicembre 2008), P.O. in proc. Dimola e altri, m., pag. 93 Ricusazione – Di tutti i componenti del collegio di Cassazione – Inammissibilità F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 47 (c.c. 11 dicembre 2008), Bucciarelli, m., pag. 93 Ricusazione – Pregressa trattazione da parte del giudice di procedimento contro coimputati del ricusante per fatti fondati su medesime prove – Esclusione F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2819 (c.c. 20 novembre 2008), Marabiti e altro, m., pag. 93 Giudizio abbreviato Presupposti – Ammissione di giudizio abbreviato con integrazione probatoria – Mancata acquisizione della prova F Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 2008, n. 37551 (ud. 25 giugno 2008), Spinola, m., pag. 93 Procedimento – Decisione – Diversità del fatto rispetto all’imputazione F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 595 (ud. 21 ottobre 2008), P.G. in proc. Anzalone, m., pag. 93 Procedimento – Eccezione d’incompetenza per territorio – Improponibilità F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2841 (ud. 20 novembre 2008), Greco e altro, m., pag. 93 Procedimento – Integrazione probatoria – Poteri del giudice – Questione di legittimità costituzionale dell’art. 441 c.p.p. – Manifesta infondatezza F Cass. pen., sez. III, 12 ottobre 2009, n. 39718, X, pag. 55 Richiesta – Termini – Tardività F Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 2008, n. 45144 (c.c. 13 novembre 2008), Lottino, m., pag. 93 Giudizio direttissimo Instaurazione – Instaurazione irrituale – Conseguenze F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43232 (ud. 4 novembre 2008), Biagini, m., pag. 93 Presupposti – Arresto in flagranza – Convalida dell’arresto F Cass. pen., sez. IV, 28 luglio 2008, n. 31454 (ud. 25 giugno 2008), Alberti, m., pag. 93 Presupposti – Arresto in flagranza – Convalida dell’arresto F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43718 (c.c. 13 novembre 2008), P.M. in proc. Beremli, m., pag. 93 Giudizio immediato Presupposti – Evidenza della prova – Richiesta di giudizio immediato – Imputato in stato di custodia cautelare – Respingimento per carenza del requisito dell’evidenza della prova – Profili di inammissibilità – Fattispecie F Cass. pen., sez. II, 6 ottobre 2009, n. 38727, P.M. in proc. Moramarco, pag. 53 Giudizio penale di primo grado Dibattimento – Discussione finale – Conclusioni solo in rito e non anche nel merito dell’accusa F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5498 (ud. 2 dicembre 2008), Isola e altro, m., pag. 93 Dibattimento – Esame dei testimoni – Coimputato e persona offesa F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2096 (ud. 11 dicembre 2008), De Marco, m., pag. 94 Dibattimento – Esame dei testimoni – Dichiarazioni assunte direttamente dal giudice F Cass. pen., sez. V, 7 ottobre 2008, n. 38271 (ud. 17 luglio 2008), Cutone e altro, m., pag. 94 Dibattimento – Esame dei testimoni – Mancata citazione del teste per l’udienza F Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 2103 (ud. 11 novembre 2008), Sinigaglia e altro, m., pag. 94 Dibattimento – Formalità di apertura – Dichiarazione di contumacia F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39217 (ud. 11 luglio 2008), Crippa, m., pag. 94 Dibattimento – Formalità di apertura – Dichiarazione di contumacia F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1201 (ud. 25 novembre 2008), D’Agostino e altri, m., pag. 94 Dibattimento – Impossibilità di esaurirlo in una unica udienza – Sospensione ex art. 477 c.p.p. – Sospensione dei termini di custodia cautelare – Rapporto F Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2009, n. 40059, Toscano, pag. 52 Dibattimento – Lettura di atti, documenti, deposizioni – Condizioni F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1202 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Albano e altri, m., pag. 94 Dibattimento – Lettura di atti, documenti, deposizioni – Dichiarazioni rese alla P.G. da cittadina straniera dedita alla prostituzione e successivamente resasi irreperibile F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46221 (ud. 12 novembre 2008), Tavanxhiu, m., pag. 94 Dibattimento – Nuove contestazioni – Reato concorrente F Cass. pen., sez. II, 22 gennaio 2009, n. 3192 (ud. 8 gennaio 2009), Caltabiano, m., pag. 94 Dibattimento – Questioni preliminari – Riunione dei giudizi F Cass. pen., sez. II, 31 ottobre 2008, n. 40824 (ud. 9 ottobre 2008), Ruggiero e altri, m., pag. 94 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47105 (ud. 13 novembre 2008), Valente e altri, m., pag. 94 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47753 (ud. 9 dicembre 2008), Fettah, m., pag. 94 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2776 (ud. 2 dicembre 2008), Seminara e altri, m., pag. 94 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato F Cass. pen., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 43885 (ud. 5 novembre 2008), Lamberti, m., pag. 95 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47622 (ud. 29 ottobre 2008), Di Tuccio e altro, m., pag. 95 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2838 (ud. 20 novembre 2008), Zenobi, m., pag. 95 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6241 (ud. 14 gennaio 2009), Avallone, m., pag. 95 Dibattimento – Rinvio e sospensione – Udienza di rinvio celebrata in orario anticipato rispetto a quello indicato nell’ordinanza di differimento F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46228 (ud. 27 novembre 2008), Carlino e altri, m., pag. 95 Istruzione dibattimentale – Poteri del presidente – Assunzione di nuovi mezzi di prova F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44524 (ud. 29 ottobre 2008), P.M. in proc. Scarano, m., pag. 95 Giudizio per decreto Decreto di condanna – Necessità di avviso conclusioni indagini – Esclusione F Cass. pen., sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1794 (ud. 3 dicembre 2008), Carvelli, m., pag. 95 Divieto di condanna – Declaratoria di nullità del decreto penale di condanna – Restituzione de- indice sommario gli atti al P.M F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48452 (c.c. 20 novembre 2008), P.M. in proc. Esposito, m., pag. 95 Opposizione – Legittimazione – Del difensore F Cass. pen., sez. I, 8 aprile 2009, n. 15166 (c.c. 4 marzo 2009), Azzinnaro, m., pag. 95 Opposizione – Richiesta di oblazione – Opposizione con richiesta di oblazione F Cass. pen., sez. III, 21 gennaio 2009, n. 2430 (c.c. 22 ottobre 2008), P.G. in proc. Pettine e altro, m., pag. 95 Opposizione – Rinuncia – Legittimità F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47505 (ud. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Calcagno, m., pag. 95 Richiesta – Rigetto della richiesta – Impugnazione F Cass. pen., sez. VI, 4 dicembre 2008, n. 45290 (c.c. 11 novembre 2008), P.M. in proc. Esposito, m., pag. 95 Richiesta – Sentenza di proscioglimento pronunciata dal Gip – Impugnazione esperibile F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46332 (c.c. 26 novembre 2008), P.G. in proc. Stellino, m., pag. 96 Impugnazioni penali in genere Ammissibilità o inammissibilità – Inammissibilità – Presenza di due diversi motivi di inammissibilità F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2483 (c.c. 9 gennaio 2009), Larosa, m., pag. 96 Ammissibilità o inammissibilità – Ricorso per cassazione – Prospettazione unicamente di questione di legittimità costituzionale F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 409 (c.c. 10 dicembre 2008), Sardelli, m., pag. 96 Dichiarazione di impugnazione – Forma – Requisiti F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48152 (c.c. 18 novembre 2008), Trasmondi, m., pag. 96 Effetto estensivo – Abbreviato non ammesso in primo grado – Richiesta al giudice d’appello di applicazione della relativa diminuente F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri, m., pag. 96 Impugnazione del difensore dell’imputato – Appello avverso le sentenze di proscioglimento per vizio totale di mente – Esclusione – Illegittimità costituzionale F Corte cost., 29 ottobre 2009, n. 274, Corte d’appello di Napoli in proc. pen. G.M, pag. 31 Impugnazione della parte civile – Sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace – Legittimazione della parte civile alla proposizione, ai soli effetti civili, dell’appello F Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2009, n. 4695 (ud. 5 dicembre 2008), Simoni e altro, m., pag. 96 Impugnazione del pubblico ministero – Impugnazione proposta dal P.M. e presentata in cancelleria dal difensore della parte civile – Inammissibilità F Cass. pen., sez. V, 12 novembre 2008, n. 42064 (ud. 2 luglio 2008), De Alexandris e altro, m., pag. 96 Interesse ad impugnare – Assoluzione ex art. 530, comma secondo, c.p.p. – Esclusione F Cass. pen., sez. V, 4 dicembre 2008, n. 45091 (ud. 24 ottobre 2008), Burini e altro, m., pag. 96 Interesse ad impugnare – Inosservanza o erronea applicazione della legge penale – Impugnazione del P.M F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48488 (c.c. 11 dicembre 2008), P.G. in proc. Manzi, m., pag. 96 Interesse ad impugnare – Misura cautelare personale – Passaggio in giudicato della sentenza F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46795 (c.c. 20 novembre 2008), Ambesi, m., pag. 96 Interessi civili – Estinzione del reato e decisione agli effetti civili – Condanna al risarcimento in primo grado ed estinzione del reato in sede di gravame F Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 3593 (ud. 25 novembre 2008), Orrú e altro, m., pag. 96 Interessi civili – Estinzione del reato e decisione agli effetti civili – Obblighi del giudice del gravame F Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2008, n. 33309 (ud. 8 luglio 2008), Rizzato, m., pag. 96 Mezzi di impugnazione (tassatività) – Provvedimento di revoca del decreto penale – Esclusione F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47373 (ud. 25 settembre 2008), Schirripa, m., pag. 97 Mezzi di impugnazione (tassatività) – Richiesta di emissione di decreto penale di condanna – Sentenza di proscioglimento F Cass. pen., sez. V, 2 febbraio 2009, n. 4387 (c.c. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Anello, m., pag. 97 Motivi – Indicazione di motivi generici nell’atto di impugnazione – Successiva presentazione di motivi nuovi ad integrazione e specificazione di quelli già dedotti F Cass. pen., sez. VI, 19 dicembre 2008, n. 47414 (ud. 30 ottobre 2008), Arruzzoli e altri, m., pag. 97 Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Ordinanza – Emessa nel giudizio F Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6633 (c.c. 28 gennaio 2009), Mezzino e altri, m., pag. 97 Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Annullamento del decreto di citazione a giudizio per l’erroneità dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45383 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Lepri, m., pag. 97 Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Esclusione F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47766 (c.c. 6 novembre 2008), P.M. in proc. Lungari, m., pag. 97 Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Esclusione F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3716 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Schepis e altro, m., pag. 97 Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Sentenza che dispone misure di sicurezza – Competenza funzionale del tribunale di sorveglianza F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2457 (c.c. 16 dicembre 2008), Pedone, m., pag. 97 Spese – Modifica della decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato – Condanna alle spese processuali F Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 2008, n. 46453 (ud. 21 ottobre 2008), Colombo e altro, m., pag. 97 Termini – Ordinanze dibattimentali determinanti il regresso del procedimento – Termini per impugnare e loro decorrenza F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48188 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Vurzer, m., pag. 97 Imputato Dichiarazioni – Indizianti – Dichiarazioni rese al curatore fallimentare F Cass. pen., sez. V, 24 settembre 2008, n. 36593 (ud. 18 aprile 2008), Mangano e altri, m., pag. 97 Dichiarazioni – Indizianti – Dichiarazioni rese da soggetto che doveva essere sentito come indagato F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43232 (ud. 4 novembre 2008), Biagini, m., pag. 98 Indagini preliminari Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Avviso dell’udienza al difensore F Cass. pen., sez. IV, 20 ottobre 2008, n. 39274 (ud. 25 settembre 2008), Proietti e altro, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Mancata convalida F Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2009, n. 4684 (c.c. 10 dicembre 2008), Maida, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza F Cass. pen., sez. II, 31 ottobre 2008, n. 40863 (c.c. 9 ottobre 2008), Valenti, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46063 (c.c. 25 novembre 2008), Torcasio e altro, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48428 (c.c. 20 novembre 2008), Obidigbo, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Facoltativo – Convalida F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48429 (c.c. 20 novembre 2008), Giai Checco, m., pag. 98 Arresto in flagranza e fermo – Stato di flagranza – Decorso di un certo lasso di tempo F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42041 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Manuguerra, m., pag. 98 Attività ad iniziativa della polizia giudiziaria – Accertamenti – Anche diretti all’acquisizione della notizia di reato F Cass. pen., sez. II, 2 dicembre 2008, n. 44912 (ud. 30 ottobre 2008), Sozzo, m., pag. 98 Attività ad iniziativa della polizia giudiziaria – Sequestro – Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44538 (c.c. 9 ottobre 2008), Elefante, m., pag. 98 Attività del P.M. – Accertamenti tecnici non ripetibili – Avviso agl iinteressati F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37708 (c.c. 24 settembre 2008), Vastante, m., pag. 98 Attività del P.M. – Accertamento sulle particelle di polvere da sparo prelevate con lo «stub» – Natura F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48415 (c.c. 14 ottobre 2008), Nirta, m., pag. 99 Attività del P.M. – Assunzione di informazioni – Divieto di cui all’art. 430 bis c.p.p. – Applicabilità in caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede di appello – Esclusione F Cass. pen., sez. III, 22 settembre 2009, n. 36826, Khemissi, pag. 61 Attività del P.M. – Documentazione degli atti – Consulenza tecnica F Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2009, n. 1264 (c.c. 4 dicembre 2008), Speranza e altri, m., pag. 99 Chiusura – Archiviazione – Opposizione della persona offesa F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6229 (c.c. 14 gennaio 2009), P.O. in proc. Celentano e altri, m., pag. 99 Chiusura – Archiviazione – Riapertura delle indagini F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 546 (c.c. 18 dicembre 2008), Giordano, m., pag. 99 Chiusura – Archiviazione – Richiesta del pubblico ministero F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4272 (c.c. 28 novembre 2008), P.C. in proc. Nappi e altri, m., pag. 99 Chiusura – Avviso all’indagato – Richiesta dell’indagato di essere interrogato F Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 2109 (ud. 2 dicembre 2008), Carenza, m., pag. 99 Chiusura – Avviso di conclusione delle indagini – Richiesta di effettuazione dell’interrogatorio dell’indagato F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio V VI indice sommario 2009, n. 404 (c.c. 10 dicembre 2008), P.M. in proc. Satariano, m., pag. 99 Chiusura – Avviso ex art. 415 bis c.p.p. – Regressione del procedimento F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42037 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Pelosi, m., pag. 99 Chiusura – Notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini – Omissione F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47529 (c.c. 2 dicembre 2008), P.M. in proc. Barcellona e altro, m., pag. 99 Chiusura – Richiesta di archiviazione – Insussistenza di gravi indizi di colpevolezza F Cass. pen., sez. II, 11 dicembre 2008, n. 45825 (ud. 11 novembre 2008), Langella, m., pag. 99 Chiusura – Termini – Decorrenza del termine iniziale – Dalla notizia di reato – Ritardo nell’iscrizione – Conseguenze F Cass. pen., sez. un., 20 ottobre 2009, n. 40538, Lattanzi, pag. 35 Chiusura – Termini – Proroga F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48430 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Della Croce Di Dojol, m., pag. 99 Incidente probatorio – Incidente probatorio disposto da Gip dopo la conclusione delle indagini preliminari – Abnormità F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42038 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Desideri, m., pag. 99 Incidente probatorio – Perizia – Esame orale del perito F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44847 (ud. 5 novembre 2008), Valenti e altro, m., pag. 100 Incidente probatorio – Udienza – Esame del teste minorenne F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7141 (ud. 8 gennaio 2009), Rosato e altro, m., pag. 100 Udienza preliminare – Assunzione delle prove – Integrazione delle indagini F Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2008, n. 42131 (ud. 30 settembre 2008), Guerriero e altri, m., pag. 100 Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere F Cass. pen., sez. II, 11 settembre 2008, n. 35178 (c.c. 3 luglio 2008), P.M. in proc. Brunetti, m., pag. 100 Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere F Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2008, n. 45046 (c.c. 11 novembre 2008), P.M. in proc. Corona e altri, m., pag. 100 Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46307 (c.c. 17 ottobre 2008), P.G. in proc. Berretta, m., pag. 100 Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere F Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 46403 (c.c. 28 ottobre 2008), P.M. in proc. Mior e altri, m., pag. 100 Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2652 (c.c. 27 novembre 2008), Sorbello e altro, m., pag. 100 Udienza preliminare – Declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità a seguito della richiesta di rinvio a giudizio – Decisione adottata de plano F Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2008, n. 45049 (c.c. 25 novembre 2008), P.G. in proc. Bodea, m., pag. 100 Udienza preliminare – Fascicolo – Per il dibattimento F Cass. pen., sez. VI, 3 dicembre 2008, n. 44970 (ud. 6 novembre 2008), Romondia, m., pag. 100 Udienza preliminare – Richiesta di rinvio a giudizio – Fascicolo delle indagini preliminari F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47497 (ud. 19 novembre 2008), Giangrasso, m., pag. 101 Istituti di prevenzione e pena (ordinamento penitenziario) Misure alternative alla detenzione in genere – Concessione o diniego – Stato di custodia in carcere per titolo diverso da quello in esecuzione F Cass. pen., sez. I, 18 dicembre 2008, n. 47017 (c.c. 30 ottobre 2008), Vella, m., pag. 101 Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Affidamento in prova in casi particolari F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44315 (c.c. 14 ottobre 2008), Mastrovito, m., pag. 101 Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Eccezione di incompetenza F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47528 (c.c. 2 dicembre 2008), Pulci, m., pag. 101 Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Semidetenzione F Cass. pen., sez. I, 3 dicembre 2008, n. 45001 (c.c. 18 novembre 2008), Di Rocco, m., pag. 101 Procedimento di sorveglianza – Difensore fiduciario – Nomina intervenuta nel procedimento di cognizione o esecuzione F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47530 (c.c. 2 dicembre 2008), Sansone, m., pag. 101 Procedimento di sorveglianza – Principio del ne bis in idem – Operatività F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44849 (c.c. 14 ottobre 2008), Calandruccio, m., pag. 101 Trattamento penitenziario – Benefici penitenziari – Pena risultante da cumulo giuridico F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46246 (c.c. 5 novembre 2008), Sanna, m., pag. 101 Trattamento penitenziario – Intercettazione di conversazioni di detenuti – Divieto di controllo F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3932 (c.c. 28 novembre 2008), Martinelli, m., pag. 101 Trattamento penitenziario – Regime detentivo differenziato ex art. 41 bis c.p. – Proroga F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4428 (c.c. 14 gennaio 2009), Riedo, m., pag. 102 Uffici di sorveglianza – Magistratura di sorveglianza – Competenza per territorio F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3856 (c.c. 13 gennaio 2009), Giannella, m., pag. 102 Misure cautelari personali Arresti domiciliari – Divieto di comunicazione con persone non coabitanti – Imposizione per fini di prevenzione di esigenze cautelari non endoprocessuali F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3516 (c.c. 15 ottobre 2008), Turra, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Divieto – Sussistenza F Cass. pen., sez. I, 16 gennaio 2009, n. 1438 (c.c. 27 novembre 2008), Froncillo e altro, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Esigenze cautelari – Valutazione F Cass. pen., sez. II, 22 gennaio 2009, n. 3173 (c.c. 19 dicembre 2008), Di Martino, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevolezza – Dichiarazioni non verbalizzate dalla P.G: rese dalla persona offesa nell’imminenza del fatto F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47545 (c.c. 2 dicembre 2008), Morfei e altro, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevo- lezza – Individuazione di persona dinanzi alla P.G F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47545 (c.c. 2 dicembre 2008), Morfei e altro, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevolezza – Risultanze di altro procedimento non ancora conclusosi con sentenza definitiva F Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2009, n. 88 (c.c. 6 novembre 2008), Calabrese e altro, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46060 (c.c. 14 novembre 2008), Verolla, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46290 (c.c. 4 dicembre 2008), Calderaro, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48420 (c.c. 5 novembre 2008), Bernardi e altri, m., pag. 102 Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri F Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2009, n. 634 (c.c. 10 dicembre 2008), Brahimi, m., pag. 102 Estinzione – Revoca e sostituzione – Aggravamento delle esigenze cautelari F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2948 (c.c. 4 dicembre 2008), Martucci, m., pag. 103 Estinzione – Revoca e sostituzione – Richiesta del parere al P.M F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45313 (c.c. 11 novembre 2008), Di Bucci, m., pag. 103 Estinzione – Revoca e sostituzione – Riferimento esclusivo alla durata dell’applicazione della misura pari ai due terzi della condanna F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44364 (c.c. 18 novembre 2008), P.G. in proc. Monfardini, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Giudizio abbreviato F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46303 (c.c. 30 settembre 2008), Balbo e altro, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Pluralità di reati contestati F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2721 (c.c. 8 gennaio 2009), Salafia, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37705 (c.c. 24 settembre 2008), Schiavone, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47614 (c.c. 12 dicembre 2008), Comisso e altri, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47789 (c.c. 9 dicembre 2008), Panico, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. I, 7 gennaio 2009, n. 74 (c.c. 18 dicembre 2008), Minardi e altro, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 2009, n. 3423 (c.c. 14 gennaio 2009), Montinaro, m., pag. 103 Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4435 (c.c. 14 gennaio 2009), Grozavu, m., pag. 103 Estinzione – Termini di durata massima della custodia cautelare – Contestazione a catena F indice sommario Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2649 (c.c. 25 novembre 2008), Endrizzi, m., pag. 104 Estinzione – Termini di durata massima della custodia cautelare – Scarcerazione F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46788 (c.c. 20 novembre 2008), Fieraru Farcas, m., pag. 104 Impugnazioni – Appello – Cognizione del giudice di appello F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46262 (c.c. 18 novembre 2008), Pagano, m., pag. 104 Impugnazioni – Appello – Del pubblico ministero F Cass. pen., sez. VI, 24 ottobre 2008, n. 39926 (c.c. 16 ottobre 2008), P.M. in proc. Alpignano e altri, m., pag. 104 Impugnazioni – Appello – Poteri del giudice d’appello F Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2008, n. 36317 (c.c. 11 aprile 2008), Farinelli, m., pag. 104 Impugnazioni – Competenza – Giudice che ha la disponibilità materiale e giuridica degli atti F Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2009, n. 7452 (c.c. 28 gennaio 2009), Kadori, m., pag. 104 Impugnazioni – Formazione del giudice cautelare – Portata e limiti F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1180 (c.c. 26 novembre 2008), Elia e altro, m., pag. 104 Impugnazioni – Impugnazione avverso provvedimento applicativo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria – Revoca della misura nelle more del procedimento d’impugnazione F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43784 (c.c. 30 ottobre 2008), Alò, m., pag. 104 Impugnazioni – Impugnazione avverso provvedimento applicativo o confermativo della custodia cautelare – Revoca della custodia nelle more del procedimento F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3531 (c.c. 14 gennaio 2009), Gervasi, m., pag. 104 Impugnazioni – Revoca o sostituzione della misura con una meno afflittiva nelle more della decisione sull’impugnazione – Persistenza dell’interesse F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3528 (c.c. 14 gennaio 2009), Caruso e altro, m., pag. 104 Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Annullamento con rinvio dell’ordinanza con la quale il tribunale aveva annullato quella applicativa della misura cautelare F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39029 (c.c. 16 settembre 2008), Bruni, m., pag. 105 Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Inammissibilità globale dell’appello per genericità dei motivi F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48472 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Fezza, m., pag. 105 Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Motivi F Cass. pen., sez. V, 15 dicembre 2008, n. 46124 (c.c. 8 ottobre 2008), Pagliaro, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Decisione F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5641 (c.c. 20 gennaio 2009), Karasani, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Procedimento F Cass. pen., sez. II, 30 ottobre 2008, n. 40498 (c.c. 15 ottobre 2008), Di Matteo, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Procedimento F Cass. pen., sez. VI, 2 gennaio 2009, n. 8 (c.c. 3 dicembre 2008), Battaglia, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Procedimento F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1456 (c.c. 5 novembre 2008), Melato, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Procedimento F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3838 (c.c. 8 gennaio 2009), Kiwan, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Richiesta F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5640 (c.c. 20 gennaio 2009), Spadei Rangel, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Termine F Cass. pen., sez. V, 22 dicembre 2008, n. 47556 (c.c. 2 ottobre 2008), Curea Grigore, m., pag. 105 Impugnazioni – Riesame – Termine per la richiesta F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1455 (c.c. 5 novembre 2008), D’Arrigo, m., pag. 105 Impugnazioni – Risultanti dal contenuto di intercettazioni telefoniche dichiarate inutilizzabili in diverso procedimento de libertate – Inutilizzabilità ai fini dell’emissione di altro provvedimento cautelare F Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 1753 (c.c. 14 novembre 2008), Di Maio e altro, m., pag. 105 Procedimento applicativo – Aggravamento del regime cautelare in seguito alla trasgressione delle prescrizioni imposte – Interrogatorio di garanzia F Cass. pen., sez. un., 4 febbraio 2009, n. 4932 (c.c. 18 dicembre 2008), Giannone, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Interrogatorio F Cass. pen., sez. VI, 6 novembre 2008, n. 41685 (c.c. 30 ottobre 2008), Campos Avila, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Interrogatorio F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 535 (c.c. 12 dicembre 2008), Dimodugno, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Motivazione F Cass. pen., sez. I, 20 febbraio 2009, n. 7454 (c.c. 13 gennaio 2009), Esposito, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Poteri del Gip – Possibilità di motivare la decisione diversamente da quanto prospettato nella domanda cautelare F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5623 (c.c. 16 gennaio 2009), Agbana, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Richiesta – Formulata in dibattimento F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1179 (c.c. 26 novembre 2008), Napolitano, m., pag. 106 Procedimento applicativo – Richiesta – Mancata trasmissione di alcuni atti al Gip e al tribunale del riesame F Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 2009, n. 4567 (c.c. 22 gennaio 2009), Di Lorenzo, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Condizioni ostative – Dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 9 settembre 2008, n. 35003 (c.c. 4 giugno 2008), Chetet, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Condizioni ostative – Dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47045 (c.c. 12 novembre 2008), Lisa, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Custodia cautelare eccedente la pena riportata – Effetti della sentenza n. 219 del 2008 della Corte cost F Cass. pen., sez. IV, 24 luglio 2008, n. 31114 (c.c. 25 giugno 2008), Latella e altro, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Dolo o colpa grave del richiedente – Condizione di tossicodipendente F Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37037 (c.c. 10 giugno 2008), Tuscano e altro, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Dolo o colpa grave del richiedente – Valutazione F Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37026 (c.c. 3 giugno 2008), Bologna, m., pag. 106 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Assenza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2659 (c.c. 3 dicembre 2008), Vottari, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Cause ostative F Cass. pen., sez. IV, 19 novembre 2008, n. 43309 (c.c. 23 ottobre 2008), P.G. in proc. Bodaj e altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Cause ostative F Cass. pen., sez. IV, 19 novembre 2008, n. 43302 (c.c. 23 ottobre 2008), Tucci, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Custodia cautelare in assenza delle condizioni di applicabilità F Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6628 (c.c. 23 gennaio 2009), Min, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Detenzione a fini estradizionali F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2678 (c.c. 12 dicembre 2008), Pramstaller ed altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Dolo o colpa F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47684 (c.c. 15 ottobre 2008), P.G. in proc. Miele e altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 29 ottobre 2008, n. 40291 (c.c. 10 giugno 2008), Maggi ed altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 31 ottobre 2008, n. 40902 (c.c. 23 settembre 2008), Locci e altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47041 (c.c. 12 novembre 2008), Calzetta e altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47047 (c.c. 18 novembre 2008), Marzola e altro, m., pag. 107 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 29 dicembre 2008, n. 48247 (c.c. 13 novembre 2008), Cekrezi e altro, m., pag. 108 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2674 (c.c. 10 dicembre 2008), Zappella, m., pag. 108 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4159 (c.c. 9 dicembre 2008), Lafranceschina, m., pag. 108 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancata previsione dell’indennizzo per i reati prescritti F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4150 (c.c. 12 novembre 2008), Nuzzo e altro, m., pag. 108 Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Sentenza di proscioglimento nel merito F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2660 (c.c. 3 dicembre 2008), Di Pietro, m., pag. 108 Misure cautelari reali Condizioni di applicabilità – Generali – Potere del giudice F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47563 (c.c. 29 ottobre 2008), Mauri, m., pag. 108 Condizioni di applicabilità – Generali – Valutazione del fumus commissi delicti F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2808 (c.c. 2 ottobre 2008), Bedino e altri, m., pag. 108 Impugnazioni – Formazione del giudizio cautelare VII VIII indice sommario – Estensione alle sole questioni decise e non a quelle dedotte F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4273 (c.c. 28 novembre 2008), Schembri e altro, m., pag. 108 Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Ricorso contro decisione emessa su istanza di riesame di sequestro F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2808 (c.c. 2 ottobre 2008), Bedino e altri, m., pag. 108 Impugnazioni – Riesame – Avviso d’udienza F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37702 (c.c. 24 settembre 2008), P.M. in proc. Conti, m., pag. 108 Impugnazioni – Riesame – Motivazione del provvedimento di sequestro F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47120 (c.c. 26 novembre 2008), P.M. in proc. Gargiulo, m., pag. 108 Impugnazioni – Riesame – Motivi F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3816 (c.c. 14 ottobre 2008), Leone, m., pag. 109 Impugnazioni – Riesame – Procedimento F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2698 (c.c. 13 novembre 2008), Granata, m., pag. 109 Impugnazioni – Riesame – Richiesta F Cass. pen., sez. VI, 6 novembre 2008, n. 41682 (c.c. 30 ottobre 2008), Hussein, m., pag. 109 Sequestro conservativo – Applicabilità del sequestro su beni di proprietà di terzi – Possibilità F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3810 (c.c. 19 dicembre 2008), Co, m., pag. 109 Sequestro conservativo – Conversione in pignoramento – Sentenza irrevocabile di condanna al risarcimento F Cass. pen., sez. VI, 14 novembre 2008, n. 42698 (c.c. 10 luglio 2008), Fabris, m., pag. 109 Sequestro conservativo – Esecuzione del provvedimento – Forme previste dal codice di procedura civile F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3810 (c.c. 19 dicembre 2008), Co.me.f.i. Metalli srl e altri, m., pag. 109 Sequestro conservativo – Presupposti – Periculum in mora F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43246 (c.c. 26 settembre 2008), Ronco, m., pag. 109 Sequestro conservativo – Presupposti – Periculum in mora F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43241 (c.c. 16 settembre 2008), Nachira e altro, m., pag. 109 Sequestro preventivo – Bene oggetto di sentenza definitiva di accoglimento di azione revocatoria – Dissequestro e restituzione al curatore F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43245 (c.c. 25 settembre 2008), Giuffrida e altro, m., pag. 109 Sequestro preventivo – Condizioni di applicabilità – Sequestro preventivo finalizzato alla confisca F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45389 (c.c. 6 novembre 2008), Perino Gelsomino, m., pag. 109 Sequestro preventivo – Condizioni di applicabilità – Sequestro preventivo non finalizzato alla confisca F Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 2009, n. 1806 (c.c. 4 novembre 2008), Pepe, m., pag. 109 Sequestro preventivo – Oggetto – Bene acquistato col denaro provento di reato F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45389 (c.c. 6 novembre 2008), Perino Gelsomino, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Oggetto – Bene sottoposto a pegno regolare F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45400 (c.c. 7 novembre 2008), Palmieri, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Oggetto – Beni sottoposti alla misura del congelamento F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3718 (c.c. 4 dicembre 2008), Minin, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Oggetto – Cose pertinenti al reato F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44271 (c.c. 7 ottobre 2008), P.M. in proc. Calcestruzzi S, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Ordinanza di convalida – Omessa o ritardata notifica F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6914 (c.c. 12 dicembre 2008), Benassi e altro, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Revoca – Rigetto della relativa istanza da parte del giudice F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4273 (c.c. 28 novembre 2008), Schembri e altro, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Sentenza di condanna – Permanenza degli effetti del sequestro – Condizioni F Cass. pen., sez. VI, 16 ottobre 2009, n. 40388, P.M. in proc. Armenise, pag. 49 Sequestro preventivo – Sequestro funzionale alla confisca per equivalente – Presupposti F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2823 (c.c. 10 dicembre 2008), Schiattarella, m., pag. 110 Sequestro preventivo – Sequestro funzionale alla successiva confisca per equivalente – Pluralità di indagati quali concorrenti nel medesimo reato F Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 5401 (c.c. 28 gennaio 2009), Di Fazio, m., pag. 110 Misure di prevenzione Appartenenti ad associazioni mafiose – Sequestro e confisca dei beni – Possibilità dei terzi titolari di diritti reali sui beni confiscati di esperire incidente di esecuzione F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43715 (c.c. 13 novembre 2008), Mancuso, m., pag. 110 Appartenenti ad associazioni mafiose – Sequestro e confisca dei beni – Terzi titolari di diritti reali di garanzia sui beni confiscati F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2501 (c.c. 14 gennaio 2009), San Paolo Imi S, m., pag. 110 Pericolosità sociale – Appartenenti ad associazioni mafiose – Attualità della partecipazione F Cass. pen., sez. VI, 9 gennaio 2009, n. 499 (c.c. 21 novembre 2008), Conversano, m., pag. 110 Procedimento – Imposizione di una cauzione – Richiesta di rateizzazione F Cass. pen., sez. II, 17 dicembre 2008, n. 46751 (c.c. 18 novembre 2008), Sabatelli e altri, m., pag. 111 Procedimento – Impugnazioni – Decreto applicativo della sorveglianza speciale di P.S F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5630 (c.c. 20 gennaio 2009), Geraci, m., pag. 111 Procedimento – Intercettazioni in procedimenti diversi – Utilizzabilità F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37659 (c.c. 28 maggio 2008), Simonetta, m., pag. 111 Procedimento – Ne bis in idem – Applicabilità F Cass. pen., sez. VI, 11 dicembre 2008, n. 45815 (c.c. 29 ottobre 2008), Cammarata e altro, m., pag. 111 Revoca e modifica – Revoca della misura di prevenzione per difetto originario di pericolosità sociale – Conseguenze F Cass. pen., sez. I, 1 dicembre 2008, n. 44601 (ud. 11 novembre 2008), Pagano, m., pag. 111 Singole misure – Divieto di accesso ai lavori dove si svolgono competizioni agonistiche – Convalida del provvedimento questorile F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1461 (c.c. 3 dicembre 2008), Di Maggio, m., pag. 111 Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Contestuale ordine di comparizione in Questura F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5502 (c.c. 6 novembre 2008), Piccinelli, m., pag. 111, 111 Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Contestuale ordine di comparizione in Questura F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5501 (c.c. 6 novembre 2008), Caruso, m., pag. 111 Misure di sicurezza Patrimoniali – Confisca – Applicabilità anche in caso di patteggiamento per i delitti in materia di contrabbando F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2489 (c.c. 9 gennaio 2009), P.M. in proc. De Filippo, m., pag. 111 Patrimoniali – Confisca – Per equivalente F Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2009, n. 625 (c.c. 21 novembre 2008), Scirrotta, m., pag. 111 Patrimoniali – Confisca – Sentenza già pronunciata e non ancora passata in giudicato F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41218 (c.c. 2 ottobre 2008), Barchi, m., pag. 112 Procedimento – Impugnazioni – Ricorribilità per saltum F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5636 (c.c. 20 gennaio 2009), Mandrean, m., pag. 112 Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Ordinanza di convalida del Gip F Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 377 (c.c. 16 dicembre 2008), D’Onorio De Meo e altro, m., pag. 112 Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto Difetto di querela – Improcedibilità dell’azione penale F Cass. pen., sez. VI, 26 febbraio 2009, n. 8751 (c.c. 8 gennaio 2009), Jarczewski, m., pag. 112 All’imputato latitante – Notificazione al difensore ed al latitante – Consegna di una sola copia dell’atto al difensore F Cass. pen., sez. II, 20 gennaio 2009, n. 2396 (c.c. 19 dicembre 2008), Pesce, m., pag. 112 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Comunicazione F Cass. pen., sez. V, 22 gennaio 2009, n. 2924 (ud. 14 novembre 2008), Zampino, m., pag. 112 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Comunicazione relativa a diverso procedimento F Cass. pen., sez. I, 19 gennaio 2009, n. 1841 (ud. 18 dicembre 2008), Conforti, m., pag. 112 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Elezione di domicilio effettuata con la richiesta d’ammissione al gratuito patrocinio F Cass. pen., sez. I, 4 novembre 2008, n. 41069 (ud. 23 ottobre 2008), Cardinale, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Elezione di domicilio effettuata nella procedura di ammissione al gratuito patrocinio F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45785 (c.c. 2 dicembre 2008), Ambrosino, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Impossibilità di notificazione al domicilio dichiarato F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41223 (c.c. 8 ottobre 2008), Pavlovic, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Imputato detenuto per altra causa F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3870 (ud. 2 ottobre 2008), Scarlata, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Notificazione presso la residenza F indice sommario Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3895 (ud. 4 dicembre 2008), Alberti e altri, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Notificazioni al domicilio eletto presso il difensore F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7130 (c.c. 15 gennaio 2009), Meconi, m., pag. 113 All’imputato non detenuto – Nomina del difensore di fiducia – Notifica successiva alla prima F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43791 (ud. 10 luglio 2008), Giglia, m., pag. 113 Notificazioni in materia penale A mezzo telefono – Mancanza di prova della conferma telegrafica – Nullità F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46260 (c.c. 18 novembre 2008), Teklehaimanot, m., pag. 112 A persona diversa dall’imputato – Difensore – Negligenza del professionista F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2893 (c.c. 18 dicembre 2008), Capasso, m., pag. 112 A persona diversa dall’imputato – Difensore – Nominato d’ufficio per abbandono della difesa di quello fiduciario F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48161 (c.c. 26 novembre 2008), Maglione, m., pag. 112 Nullità – Estratto contumaciale – Deduzione di vizi di nullità della notifica – Impugnazione tardiva – Necessità F Cass. pen., sez. V, 21 settembre 2009, n. 36517, Cavallo, pag. 63 Nullità – Notificazione all’imputato eseguita a mezzo telefax presso il difensore – Natura della nullità F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2827 (c.c. 10 dicembre 2008), Raimondi, m., pag. 113 Nullità nel processo penale Concernenti l’imputato o la difesa – Notificazione della citazione presso lo studio del difensore di fiducia – Mancanza di elezione di domicilio F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 559 (ud. 9 dicembre 2008), Firmanò e altro, m., pag. 113 Parte civile Costituzione – Esclusione – Mera riproposizione in appello delle istanze già valutate dal giudice di primo grado F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2071 (ud. 25 novembre 2008), Romanelli e altro, m., pag. 113 Costituzione – Forme e termini – Generalità del difensore F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43723 (ud. 12 novembre 2008), Amato De Serpis e altro, m., pag. 113 Costituzione – Giudizio direttissimo – Formalità di costituzione F Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2008, n. 38535 (ud. 20 maggio 2008), Rossetti, m., pag. 113 Costituzione – Revoca – Omessa presentazione delle conclusioni scritte nel giudizio di rinvio F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48397 (ud. 11 dicembre 2008), Russo e altro, m., pag. 114 Legittimazione e interesse – Comitato privo di personalità giuridica e associazione non riconosciuta – Incorporazione F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39228 (ud. 17 luglio 2008), P.C. e Graviano, m., pag. 114 Legittimazione e interesse – Inail – Reati colposi connessi ad infortuni sul lavoro F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47374 (ud. 9 ottobre 2008), Mungari e altri, m., pag. 114 Pena Sospensione condizionale – Concessione per la terza volta – Revoca F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 998 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Ingenito, m., pag. 114 Sospensione condizionale – Subordinazione del beneficio al risarcimento del danno – Obbligo per il giudice della cognizione di accertare le condizioni economiche del reo F Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 3197 (ud. 13 novembre 2008), Calandra, m., pag. 114 Produzione, commercio e consumo Prodotti alimentari – Sostanze vietate – Detenzione F Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 391 (ud. 23 ottobre 2008), Licciardi, m., pag. 114 Prova penale Custodia – Sequestri – Spese F Cass. pen., sez. IV, 28 novembre 2008, n. 44558 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Trionfo ed altro, m., pag. 114 Disposizioni generali – Prove non disciplinate dalla legge – Verbale di P.G. relativo a videoregistrazione in luoghi esposti al pubblico F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37698 (c.c. 17 luglio 2008), Stranieri, m., pag. 114 Disposizioni generali – Prove non disciplinate dalla legge – Videoregistrazione in luoghi esposti al pubblico eseguite dalla P.G F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37698 (c.c. 17 luglio 2008), Stranieri, m., pag. 114 Disposizioni generali – Valutazione – Falsità documentale F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43383 (ud. 1 ottobre 2008), Canestraro e altri, m., pag. 114 Disposizioni generali – Videoriprese dell’ingresso e del piazzale di un’impresa eseguite a mezzo di telecamere installate sulla pubblica via – Autorizzazione del Gip F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4422 (c.c. 18 dicembre 2008), Galati Sansone e altri, m., pag. 114 Documenti e scritture – Acquisizione di sentenze divenute irrevocabili – Efficacia vincolante nel processo ad quem F Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2009, n. 8823 (ud. 13 gennaio 2009), Cafarella, m., pag. 114 Documenti e scritture – Copia – Valore probatorio F Cass. pen., sez. II, 25 settembre 2008, n. 36721 (ud. 21 febbraio 2008), Buraschi e altro, m., pag. 115 Documenti e scritture – Sentenza irrevocabile contenente testimonianze indirette di ufficiali di P.G. – Acquisizione in altro processo F Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2009, n. 8823 (ud. 13 gennaio 2009), Cafarella, m., pag. 115 Documenti e scritture – Verbale di constatazione della guardia di finanza – Utilizzazione processuale F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6881 (ud. 18 novembre 2008), Ceragioli e altri, m., pag. 115 Indizi – Requisiti – Certezza F Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 39882 (ud. 1 ottobre 2008), Zocco e altro, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Ascolto diretto delle registrazioni – Modalità di apprezzamento della prova F Cass. pen., sez. II, 20 gennaio 2009, n. 2409 (ud. 19 dicembre 2008), Di Lodovico, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Eccezionali ragioni d’urgenza per l’utilizzazione di impianti esterni F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37699 (c.c. 17 luglio 2008), Vottari, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Intercettazioni disposte in via d’urgenza F Cass. pen., sez. II, 17 dicembre 2008, n. 46767 (c.c. 20 novembre 2008), Crea, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Trascrizione parziale delle registrazioni ed antecedente alla formale acquisizione delle bobine agli atti del dibattimento F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Utilizzazione di impianti appartenenti a privati F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2744 (ud. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Filareti e altri, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Utilizzazione di impianti esterni F Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2008, n. 45700 (ud. 22 ottobre 2008), Sinopoli, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Ordinanza cautelare basata su intercettazioni – Provvedimento del tribunale del riesame confermativo F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39042 (c.c. 1 ottobre 2008), Samà, m., pag. 115 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme F Cass. pen., sez. VI, 14 novembre 2008, n. 42688 (ud. 24 settembre 2008), Caridi e altri, m., pag. 116 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46056 (c.c. 14 novembre 2008), Montella, m., pag. 116 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme F Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2009, n. 1217 (ud. 1 ottobre 2008), P.G. in proc. Bontate e altri, m., pag. 116 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione – A fini cautelari F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37699 (c.c. 17 luglio 2008), Vottari, m., pag. 116 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione in altri procedimenti – Inutilizzabilità F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44365 (c.c. 18 novembre 2008), Serra, m., pag. 116 Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione in altri procedimenti – Nozione di procedimento diverso F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4169 (c.c. 11 dicembre 2008), Mucciarone, m., pag. 116 Intercettazioni di convesazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Trascrizione delle conversazioni F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise, m., pag. 116 Inutilizzabilità – Dichiarazioni rese dall’indagato alla P.G. senza assistenza difensiva – Inutilizzabilità estesa all’interrogatorio reso al P.M. con l’assistenza del difensore F Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 2009, n. 8632 (ud. 10 febbraio 2009), Pacicca e altri, m., pag. 116 Onere della prova – Fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali – Declaratoria di nullità F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 600 (ud. 17 dicembre 2008), Cavallaro, m., pag. 116 Perizia – Conclusioni del perito – Contrasto con quelle assunte dai consulenti di parte F Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 45126 (ud. 6 novembre 2008), Ghisellini, m., pag. 116 Perizia – Consulenza tecnica – Dichiarazioni delle parti al consulente F Cass. pen., sez. III, 20 IX indice sommario X gennaio 2009, n. 2101 (ud. 11 novembre 2008), Rocca e altro, m., pag. 116 Perizia – Perito – Attività e operazioni F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 809 (ud. 4 dicembre 2008), Gatto, m., pag. 117 Perizia – Perito – Attività e operazioni F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3523 (c.c. 9 dicembre 2008), Aprile, m., pag. 117 Ricognizioni – Ricognizione personale – Configurabilità come prova decisiva F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5611 (ud. 20 gennaio 2009), P.G. in proc. Ficara, m., pag. 117 Ricognizioni – Ricognizioni non formali e fotografiche – Fonte di convincimento del giudice F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri, m., pag. 117 Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame F Cass. pen., sez. II, 18 dicembre 2008, n. 47000 (c.c. 14 novembre 2008), Saladino, m., pag. 117 Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47617 (c.c. 12 dicembre 2008), De Luigi, m., pag. 117 Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame F Cass. pen., sez. V, 30 dicembre 2008, n. 48342 (c.c. 20 novembre 2008), Varchetta, m., pag. 117 Testimoni – Esame testimoniale – Domande suggestive F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47084 (ud. 23 ottobre 2008), Perricone e altri, m., pag. 117 Testimoni – Incompatibilità – Coimputato F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44274 (ud. 7 ottobre 2008), Russo, m., pag. 117 Testimoni – Incompatibilità – Imputato di reato «reciproco» F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 599 (ud. 17 dicembre 2008), Mastroianni, m., pag. 117 Testimoni – Incompatibilità – Imputato di reato collegato F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44527 (ud. 12 novembre 2008), Tanzarella Belvedere e altro, m., pag. 117 Testimoni – Incompatibilità – Persona imputata di reato collegato F Cass. pen., sez. VI, 19 gennaio 2009, n. 1871 (ud. 29 ottobre 2008), Nicolè, m., pag. 117 Testimoni – Persona offesa ed imputata di reato ai danni dell’offensore – Valutazione delle dichiarazioni F Cass. pen., sez. V, 19 dicembre 2008, n. 47363 (ud. 13 novembre 2008), Petrelli (anche Pcn) e altri, m., pag. 118 Testimoni – Testimone che dichiara di non ricordare – Sottrazione all’esame dell’imputato e del difensore F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri, m., pag. 118 Testimoni – Testimonianza indiretta – Confidenze ricevute dall’imputato F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 25 (ud. 11 dicembre 2008), Pesce, m., pag. 118 Rapina Rapina impropria – Requisito dell’immediatezza – Nozione F Cass. pen., sez. VI, 24 ottobre 2008, n. 39924 (c.c. 16 ottobre 2008), P.G. in proc. Aasoul, m., pag. 118 Rapporti giurisdizionali con autorità straniere in materia penale Estradizione – Custodia cautelare all’estero – Computo ai fini della determinazione della durata massima della custodia cautelare F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3862 (c.c. 13 gennaio 2009), Parrella, m., pag. 118 Estradizione – Domanda e documentazione – Convenzione europea di estradizione F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48414 (c.c. 9 ottobre 2008), Dalli Cardillo, m., pag. 118 Estradizione – Mandato d’arresto europeo – Residente non cittadino italiano – Applicabilità dell’art. 18, lett. r), L. n. 69/2005 – Esclusione – Ragioni F Cass. pen., sez. fer., 18 settembre 2009, n. 36322, Grosu, pag. 64 Estradizione – Principio di specialità – Cumulo di pene F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44858 (c.c. 5 novembre 2008), Mazzelli e altro, m., pag. 118 Estradizione – Principio di specialità – Estradizione per l’esecuzione di misura di sicurezza detentiva F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45474 (c.c. 19 novembre 2008), Sarno, m., pag. 118 Estradizione – Procedimento – Competenza F Cass. pen., sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 48008 (c.c. 3 dicembre 2008), Vasiliu, m., pag. 118 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43765 (c.c. 2 luglio 2008), Criollo Puma, m., pag. 118 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48496 (c.c. 19 dicembre 2008), Lusenti, m., pag. 118 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2009, n. 1109 (c.c. 6 novembre 2008), Radu, m., pag. 118 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2009, n. 1122 (c.c. 7 gennaio 2009), Hajdini, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3926 (c.c. 19 novembre 2008), Tabacelea, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 29 gennaio 2009, n. 4263 (c.c. 2 dicembre 2008), Sascau, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio 2009, n. 4293 (c.c. 12 dicembre 2008), Ndoci, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 4 febbraio 2009, n. 4954 (c.c. 18 dicembre 2008), Morlock, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 5400 (c.c. 23 gennaio 2009), Vintur, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Decisione F Cass. pen., sez. VI, 26 febbraio 2009, n. 8751 (c.c. 8 gennaio 2009), Jarczewski, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Misure cautelari F Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2008, n. 44116 (c.c. 2 ottobre 2008), Toma, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Misure cautelari F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48498 (c.c. 19 dicembre 2008), Blomer, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Misure cautelari F Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 1751 (c.c. 5 novembre 2008), La Ferrara, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Misure cautelari F Cass. pen., sez. VI, 19 gennaio 2009, n. 1881 (c.c. 27 novembre 2008), Imperiale, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Misure cuatelari F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3814 (c.c. 22 gennaio 2009), Jarczewski, m., pag. 119 Estradizione – Procedimento – Poteri istruttori della corte di appello F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3926 (c.c. 19 novembre 2008), Tabacelea, m., pag. 120 Estradizione – Sentenza della corte d’appello – Procedura in camera di consiglio F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43764 (c.c. 2 luglio 2008), Sokol Prela, m., pag. 120 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Arresto eseguito dalla polizia giudiziaria F Cass. pen., sez. VI, 4 febbraio 2009, n. 4953 (c.c. 21 novembre 2008), Vitan, m., pag. 120 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Computo della custodia cautelare sofferta in Italia F Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio 2009, n. 4303 (c.c. 28 gennaio 2009), Glameanu, m., pag. 120 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Irretrattabilità dell’avvenuta consegna F Cass. pen., sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 46297 (c.c. 11 dicembre 2008), P.G. in proc. Capucci, m., pag. 120 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Mancata traduzione nella lingua della persona alloglotta dell’avviso d’udienza davanti alla corte d’appello F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48500 (c.c. 19 dicembre 2008), Morlock, m., pag. 120 Riconoscimento delle sentenze penali straniere – Per gli effetti previsti dal codice penale – Richiesta del procuratore generale F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4130 (ud. 16 dicembre 2008), Paganoni, m., pag. 120 Rogatorie – All’estero – Utilizzabilità degli atti assunti F Cass. pen., sez. II, 1 dicembre 2008, n. 44673 (c.c. 12 novembre 2008), Zummo, m., pag. 120 Reati fallimentari Bancarotta fraudolenta – Procedimento per la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento – Sospendibilità del dibattimento F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41255 (c.c. 16 settembre 2008), P.G. in proc. Scambia e altri, m., pag. 120 Bancarotta fraudolenta – Singolo creditore – Qualità di persona offesa F Cass. pen., sez. V, 21 gennaio 2009, n. 2513 (c.c. 18 dicembre 2008), Di Sabatino e altri, m., pag. 120 Reato Concorso di reati – Esecuzione di pene concorrenti – Pene detentive temporanee inferiori ai cinque anni di reclusione inflitte in costanza di espiazione della pena dell’ergastolo F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4420 (ud. 14 gennaio 2009), P.M. in proc. Antonuccio, m., pag. 120 Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Modifiche normative F Cass. pen., sez. VI, 18 febbraio 2009, n. 7112 (ud. 25 novembre 2008), Perrone, m., pag. 121 Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Sospensione F Cass. pen., sez. I, 1 dicembre 2008, n. 44609 (c.c. 14 ottobre 2008), Errante, m., pag. 121 Estinzione (Cause di) – Remissione di querela – Accettazione F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47483 (ud. 13 novembre 2008), P.M. in proc. Mizzitelli, m., pag. 121 Reato continuato – Commissione di reati a distanza temporale tra loro – Presunzione d’inesistenza del disegno criminoso F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3747 (c.c. 16 gennaio 2009), Gargiulo, m., pag. 121 Responsabile civile nel giudizio penale Esclusione – Lesioni colpose da incidente stradale – Assicurazione obbligatoria scaduta e rinnovata il giorno dell’incidente F Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2008, n. 45707 (ud. 29 ottobre 2008), Bigonzi e altri, m., pag. 121 indice sommario Revisione Casi – Prove nuove – Valutazione delle prove F Cass. pen., sez. I, 16 luglio 2008, n. 29486 (ud. 17 giugno 2008), Costanzo e altro, m., pag. 121 Risarcimento del danno Danno da fatto illecito – Da reato – In tema di appalto F Cass. pen., sez. IV, 7 novembre 2008, n. 41815 (ud. 30 settembre 2008), Sbarra e altro, m., pag. 121 Sanzioni civili in materia penale Disciplina – Azioni petitorie e domande di accertamento costitutivo – Esclusione F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43241 (c.c. 16 settembre 2008), Nachira e altro, m., pag. 121 Sentenza penale Deposito – Traduzione in lingua nota all’imputato alloglotta – Necessità F Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2008, n. 44101 (ud. 21 ottobre 2008), Dervina e altro, m., pag. 121 Dispositivo – Dichiarazione di non doversi procedere – Dichiarazione in udienza pubblica F Cass. pen., sez. IV, 29 dicembre 2008, n. 48310 (ud. 28 novembre 2008), P.G. in proc. Pensalfini, m., pag. 121 Dispositivo – Difformità tra dispositivo di udienza e dispositivo di sentenza – Nullità della sentenza F Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2009, n. 125 (ud. 19 novembre 2008), Bassirou, m., pag. 122 Motivazione – Mancanza o contraddittorietà – Pubblicazione del dispositivo F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48431 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. e contino, m., pag. 122 Motivazione – Sentenza d’appello di totale riforma – Doveri motivazionali del giudice di appello F Cass. pen., sez. V, 11 novembre 2008, n. 42033 (ud. 17 ottobre 2008), Pappalardo, m., pag. 122 Nullità – Mancanza del capo di imputazione – Esclusione F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4098 (ud. 5 novembre 2008), Bodelmonte Cosuccia, m., pag. 122 Nullità – Mancanza o incompletezza del capo di imputazione – Esclusione F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1137 (ud. 17 dicembre 2008), Vianello e altri, m., pag. 122 Nullità – Mancata indicazione delle parti civili – Esclusione F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1137 (ud. 17 dicembre 2008), Vianello e altri, m., pag. 122 Nullità – Mutamento del giudice che ha dichiarato la contumacia dell’imputato – Rinnovazione della citazione al contumace F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2836 (ud. 20 novembre 2008), Panariello, m., pag. 122 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Aggravante non contestata nel giudizio di primo grado e ritenuta in appello – Illegittimità F Cass. pen., sez. V, 1 dicembre 2008, n. 44748 (ud. 11 novembre 2008), De Blasi, m., pag. 122 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Concorso in omicidio volontario – Contestazione del fatto come mandante e ritenuta responsabilità anche per l’eecuzione materiale F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3880 (ud. 30 ottobre 2008), Cariolo, m., pag. 122 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Fatto diverso – Rilevato dal giudice di primo grado F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48142 (ud. 16 dicembre 2008), P.G. in proc. Osarenwinda, m., pag. 122 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Finalità – Garanzie del contraddittorio sul contenuto dell’accusa F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2074 (ud. 25 novembre 2008), Fioravanti, m., pag. 122 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Mutamento del fatto – Nozione F Cass. pen., sez. VI, 26 gennaio 2009, n. 3430 (ud. 12 dicembre 2008), Pintus, m., pag. 123 Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Sottrazione di cosa sottoposta a pignoramento e inosservanza degli obblighi del custode di cosa pignorata – Rapporto di eterogeneità F Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2009, n. 81 (ud. 6 novembre 2008), Zecca e altro, m., pag. 123 Requisiti – Sottoscrizione – Collocamento a riposo del presidente del collegio F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3920 (ud. 14 gennaio 2009), Franzè, m., pag. 123 Sicurezza pubblica Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione – Convalida del Gip F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6224 (c.c. 6 novembre 2008), Tonni, m., pag. 123 Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione – Convalida del Gip F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6224 (c.c. 6 novembre 2008), Tonni, m., pag. 123 Stranieri – Inosservanza dell’ordine di allontanamento del Questore – Arresto F Cass. pen., sez. I, 7 gennaio 2009, n. 69 (c.c. 18 dicembre 2008), P.M. in proc. Rusiti, m., pag. 123 Stupefacenti Attività illecita in genere – Natura della sostanza – Accertamento F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4278 (c.c. 13 gennaio 2009), Bonforte, m., pag. 123 Commercio clandestino – Competenza territoriale – Individuazione F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise, m., pag. 123 Termini processuali in materia penale Computo – Termini computati a giorni – Giorno iniziale festivo F Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2009, n. 133 (ud. 19 novembre 2008), Santoro, m., pag. 123 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 33 (c.c. 11 novembre 2008), Cenollari, m., pag. 123 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 837 (c.c. 10 dicembre 2008), Allkanjari, m., pag. 123 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2476 (c.c. 17 dicembre 2008), Leardini, m., pag. 124 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2718 (c.c. 16 dicembre 2008), Holczer, m., pag. 124 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. I, 22 gennaio 2009, n. 2934 (c.c. 9 dicembre 2008), Fiocco, m., pag. 124 Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3746 (c.c. 16 gennaio 2009), Del Duca, m., pag. 124 Tribunale per i minorenni Decisione che respinge l’istanza di riabilitazione speciale per i minorenni – Appellabilità F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45776 (c.c. 2 dicembre 2008), Barbaro, m., pag. 124 Procedimento – Udienza dibattimentale – Giudizio immediato F Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2008, n. 42049 (c.c. 5 maggio 2008), Speziale, m., pag. 124 Tributi e finanze (in materia penale) Dichiarazione dei redditi – Omessa denuncia – Mancata specificazione dell’ammontare effettivo del reddito e del volume di affari F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7121 (c.c. 15 gennaio 2009), P.M. in proc. Shao, m., pag. 124 Reati finanziari in genere – Destinazione ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta di prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate – Reato previsto dall’art. 40, comma primo, lett. c), D.L.vo n. 504 del 1995 F Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 3199 (ud. 26 novembre 2008), Surdo ed altro, m., pag. 124 XI Archivio dellA NUOVA PROCEDURA PENALE Rivista bimestrale di dottrina, giurisprudenza e legislazione Direttori Corrado Sforza Fogliani Pietro Dubolino Francesco Bartolini Piermaria Corso Direttore responsabile Massimiliano Galioni Anno 2010 Dottrina Insufficienza di prova e giudizio di merito sulla colpevolezza in sede di impugnazione nel sistema processuale statunitense (*) di Marco Turconi (*) Le fonti del presente scritto sono rappresentate dai due manuali in lingua italiana di diritto processuale penale comparato che affrontano il tema delle impugnazioni negli ordinamenti statunitensi (FANCHIOTTI V., Lineamenti del processo penale statunitense, Torino, 1987, pp. 149-167 (Il post-trial); BAUER W.J., Il regime delle impugnazioni, in AA.VV., a cura di AMODIO E. - BASSIOUNI M.C., Il processo penale negli Stati Uniti d’America, Milano, 1988, pp. 233-247). Per i principi di diritto penale sostanziale cfr. BASSIOUNI M. C., Diritto penale degli Stati Uniti d’America, Milano, 1985 (trad. it. di L. De Cataldo Neuburger). In lingua inglese si è consultato principalmente 33 The Georgetown Law Journal - Annual Review of Criminal Procedure (2004), pp. 749-872 (Review proceedings): si tratta di una sorta di “digesto” per materia, periodicamente aggiornato, degli istituti processuali dell’ordinamento federale con ampio apparato giurisprudenziale. Le singole norme (U.S. Code, Federal Rules of Evidence, Federal Rules of Criminal Procedure, Federal Rules of Appellate Procedure, ecc.), così come tutte le sentenze federali e statali citate, sono reperibili in internet, oltre che nei repertori consultabili presso la sala di common law della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di Milano. SOMMARIO 1. Gli ordinamenti giuridici statunitensi: organi giudiziari e norme processuali; 2. Il sistema delle impugnazioni: direct reviews e collateral attacks; 3. Le “proto-impugnazioni”: le post-trial motions; 4. L’iter delle impugnazioni ordinarie: direct appeal, last resort, petition of certiorari; 5. L’iter delle impugnazioni straordinarie: l’habeas corpus; 6. L’insufficienza di prova (insufficiency of evidence) in sede di impugnazione: il criterio di giudizio; 7. Il surrettizio giudizio di merito sulla colpevolezza in sede di impugnazione: la casistica. 1. Gli ordinamenti giuridici statunitensi: organi giudiziari e norme processuali 1.1. Negli Stati Uniti d’America vigono cinquanta ordinamenti giuridici statali, più l’ordinamento giuridico federale. Esistono reati statali, previsti dalla legislazione di ciascuno Stato, e reati federali, previsti dalla legislazione federale. I reati statali sono perseguiti e giudicati nell’ambito delle giurisdizioni statali, ciascuna con propri organi e regole processuali. I reati federali sono perseguiti e giudicati nell’ambito della giurisdizione federale, che a sua volta ha propri organi e regole processuali. 1.2. Gli organi giudiziari statali sono i seguenti: 1) Trial courts: competenti per la fase del dibattimento (trial) in cui, di regola, sono diversificati i ruoli del giudice-presidente che dirige l’udienza e risolve ogni questione giuridica, e della giuria, cui è riservato il giudizio di fatto sulla colpevolezza o non colpevolezza (verdetto immotivato guilty/not guilty); in caso di colpevolezza segue separatamente la fase del sentencing (determinazione della pena); tali corti, genericamente denominate lower courts, assumono svariate denominazioni a seconda dello Stato e in base alla circoscrizione territoriale (es. District Court of the County, ecc.); la trial court è inoltre competente in materia di collateral attacks (tra cui l’habeas corpus) in ambito statale. 2) Courts of appeal: competenti in grado di “appello diretto” (direct appeal), inteso formalmente non come secondo giudizio di merito sulla colpevolezza, ma come riesame di errori di diritto del trial e del sentencing; tali corti, genericamente denominate appellate courts o intermediate courts, assumono varie denominazioni nei diversi Stati (es. Court of Criminal Appeals, ecc.) e sono presenti in oltre la metà degli Stati, ma non in tutti. 3) Court of last resort: competente in ultimo grado di appello, sempre in relazione ad errori di diritto; anche tale corte opera quindi come appellate court ed è presente in tutti gli Stati, con varie denominazioni, anche se quasi ovunque è denominata Supreme Court. Poiché i reati sono tipizzati dalle diverse leggi sostanziali di ogni singolo Stato, sovrano in materia penale, esistono diversità da Stato a Stato sia per quanto riguarda il catalogo dei reati (ciò che è reato in uno Stato può non esserlo in altri), sia per quanto riguarda gli elementi costitutivi dei reati, ancorché appartenenti ad una stessa “tipologia”: reati con lo stesso nomen juris possono essere diversamente configurati nelle legislazioni statali. La disciplina processuale negli ordinamenti statali, inclusa la materia delle impugnazioni, è dettata da rules of court (regolamenti delle corti, che ciascuna corte ha il potere di emanare): si tratta di regole di matrice non legislativa elaborate con il contributo di più categorie (giudici, avvocati, professori), continuamente aggiornate Arch. nuova proc. pen. 1/2010 1 dott D o tt r i n a e pubblicate, non organicamente raccolte in un codice ma normalmente suddivise per materia (rules of evidence, ecc.). Pertanto, in materia di impugnazioni, ciascuno Stato ha di norma proprie State Rules of Appellate Procedure; solo la California ha un Penal Code che contiene sia tutta la disciplina sostanziale che quella processuale. 1.3. Gli organi giudiziari federali sono i seguenti: 1) U.S. District Courts (Corti distrettuali): sono competenti per il trial (dibattimento), che si chiude con il verdetto di colpevolezza o non colpevolezza, e per il sentencing (determinazione della pena); sono inoltre competenti per l’habeas corpus federale di detenuti “statali” (oltre che di detenuti “federali”). 2) U.S. Circuit Courts (Corti di circuito): sono competenti, di regola, per l’appello diretto (direct appeal), sempre inteso non come secondo giudizio di merito, ma come riesame di errori di diritto del trial e del sentencing. 3) U.S. Supreme Court (Corte Suprema federale): è competente quale corte di “ultimo appello”, per errori di diritto; può essere inoltre adita da imputati (condannati) in processi statali, dopo l’esaurimento delle impugnazioni dirette in sede statale (appeal e last resort), per denunciare violazioni della Costituzione federale nell’ambito del procedimento statale. Il catalogo dei reati federali è contenuto in diversi titoli dello U.S. Code, che non è un codice penale, ma un testo unico in cui sono raccolte per materia tutte le leggi federali. I reati federali sono progressivamente aumentati con il continuo sviluppo della legislazione federale: essenzialmente si fondano e si giustificano con la lesione di interessi federali ovvero “interstatali”. Alle fattispecie più risalenti caratterizzate dalla violazione dello interstate commerce (la condotta tipica si sviluppa nel territorio di più Stati: ad esempio, traffico di armi attraverso più Stati), si sono affiancate nuove e complesse fattispecie volte a reprimere la criminalità organizzata e il terrorismo internazionale (1). La disciplina del processo federale è dettata da diverse Federal Rules of Court, a seconda della materia (principalmente: Federal Rules of Criminal Procedure, che contengono alcuni principi generali; Federal Rules of Evidence, che contengono i principi in materia di prova) e dell’organo giudiziario avanti il quale si svolge il processo, in quanto anche in sede federale ciascuna corte ha il potere di emanare proprie rules. Ed anche in tal caso le rules of court sono emanate a seguito di articolate procedure cui partecipano più categorie e sono soggette a continuo aggiornamento e pubblicazione: peraltro, le rules fondamentali rappresentano la “codificazione” di principi giurisprudenziali anche molto risalenti nel tempo, che vengono di volta in volta adeguati. 2 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Nell’ordinamento federale le rules rilevanti in materia di impugnazioni sono: - le Federal Rules of Criminal Procedure e, in particolare: la Rule 29 (Motion for a Judgement of Acquittal); la Rule 33 (Motion for a New Trial); la Rule 52 (Plain and Harmless Error); - le Federal Rules of Appellate Procedure, che contengono le regole processuali per i procedimenti avanti le Corti d’appello federali (normalmente, le Circuit Courts); - le Rules of the U.S. Supreme Court, che contengono le regole processuali per i procedimenti avanti la Corte Suprema federale; - il Title 28 U.S. Code e, in particolare: gli artt. 12911292, che individuano le decisioni appellabili; gli artt. 2254-2255, che contengono la disciplina dell’habeas corpus rispettivamente per i detenuti “statali” (condannati in un processo statale) e per quelli “federali” (condannati in un processo federale). 2. Il sistema delle impugnazioni: direct reviews e collateral attacks 2.1. Nonostante negli Stati Uniti d’America non esista una disciplina unitaria né di diritto penale sostanziale né di diritto processuale, è comunque possibile tracciare i principi generali e le regole comuni che caratterizzano tutti gli ordinamenti giuridici in materia di impugnazioni. Le impugnazioni si possono distinguere in direct attacks (o direct reviews) e collateral attacks (o collateral reviews). I primi sono assimilabili alle impugnazioni ordinarie della civil law e si esauriscono con il passaggio in giudicato (rectius: definitività) della condanna. I secondi sono avvicinabili più ad incidenti di esecuzione che alle impugnazioni straordinarie, salvo che per il presupposto che sono esperibili solo dopo che si sono esaurite le impugnazioni ordinarie e la condanna è divenuta definitiva. Non esistendo un appello inteso come secondo grado di merito sull’accertamento della colpevolezza (giudizio di fatto: guilty/not guilty), tutte le impugnazioni hanno la natura di appeal per errori di diritto ovvero violazione di legge. 2.2. L’iter delle impugnazioni ordinarie nei processi per reati statali è il seguente: 1) appello “diretto” alla Court of Appeals, laddove è esistente una intermediate court, per errori di diritto; 2) ricorso alla Supreme Court (statale), per errori di diritto, dopo il rigetto del ricorso da parte della court of appeal o direttamente se non esiste intermediate court; 3) ricorso alla U.S. Supreme Court (Corte Suprema federale, per violazioni, nell’ambito del procedimento statale, di principi ricavabili dalla Costituzionale federale). L’iter delle impugnazioni ordinarie nei processi per reati federali è semplificato: 1) appello “diretto” alla U.S. Circuit Court: vi sono undici circuiti “ordinari” (ciascuno dott D o tt r i n a comprende il territorio di più Stati) e alcuni circuiti “speciali”; 2) ricorso alla U.S. Supreme Court: unica per tutto il territorio con sede nella capitale federale. 2.3. L’iter delle impugnazioni straordinarie si snoda nell’ambito del variegato istituto dei collateral attacks, che nella materia penale sono essenzialmente rappresentati dal ricorso per habeas corpus. Per i condannati statali, il rimedio va prima esaurito nei gradi statali (Trial court, Court of Appeals, Supreme Court), poi eventualmente percorso nei gradi federali (District Court, Circuit Court, U.S. Supreme Court); in casi eccezionali è consentita la possibilità di adire direttamente da parte dei condannati statali la giurisdizione federale. Anche i condannati federali possono avvalersi dell’habeas corpus federale, se pure in base a regole parzialmente differenti. Ulteriori regole ad hoc in materia di habeas corpus sono dettate per i condannati alla pena capitale. 3. Le “proto-impugnazioni”: le post-trial motions 3.1. Prima delle impugnazioni vere e proprie è collocata, sia nei processi statali che in quello federale, una fase post-trial (ancorché, invero, tutto quanto è successivo al trial, incluse le impugnazioni rientra nel post-trial), nella quale possono ed anzi, di regola, devono essere eccepiti gli errori di diritto che possono costituire, se l’eccezione è rigettata, successivi motivi di appello. Le post-trial motions sono quindi eccezioni mediante le quali, dopo la dichiarazione di colpevolezza (verdict o finding) da parte del giudice del fatto (factfinder: giuria popolare nel caso di jury trial; giudice nel caso di bench trial) ed entro un breve termine di decadenza, l’imputato può lamentare, allo stesso giudice del trial, errori di diritto, allo scopo di ottenere, a seconda dei casi: 1) una assoluzione (acquittal): motion for a judgement of acquittal; 2) un nuovo processo (new trial): motion for a new trial; 3) la rideterminazione della sanzione: motion to correct or reduce the sentence (2). Gli errori di diritto non eccepiti in sede di post-trial motions non possono, di regola, essere oggetto di esame per la prima volta in sede di appello, a meno che non si tratti di un errore evidente: plain error (3). 3.2. Motion for a Judgement of Acquittal. La richiesta di un acquittal (termine traducibile con proscioglimento inteso in senso stretto di assoluzione nel merito) è fondata sul presupposto della insufficiency of evidence ovvero l’insufficienza della prova portata dall’accusa nel trial per ritenere provata la colpevolezza, che deve soddisfare lo standard “al di là di ogni ragionevole dubbio”. La motion va proposta entro un breve termine di decadenza: nell’ordinamento federale, 7 giorni dal verdetto di colpevolezza o da quando la giuria è stata congedata in quanto incapace di raggiungere un verdetto (4). La motion può essere proposta anche “in anticipo” durante il trial, chiedendo che il caso non sia nemmeno sottoposto alla giuria, in due fasi processuali: 1) dopo l’assunzione delle sole prove dell’accusa; 2) dopo l’assunzione di tutte le prove, anche della difesa; in entrambi i casi sempre affermando che l’accusa non ha soddisfatto il proprio onere probatorio. In tal caso la Corte può riservarsi, ma la decisione postergata dovrà essere presa sulla base degli atti esistenti al momento in cui la richiesta era stata presentata. In caso di rigetto la motion può essere rinnovata come vera e propria post-trial motion. La motion è accolta se la prova è ritenuta “insufficiente per sostenere una condanna” (insufficient to sustain a conviction): in tal caso, la trial court annulla il verdetto e pronuncia un acquittal (anche prima del verdetto nel caso di motion “anticipata”), ovvero una assoluzione piena nel merito, che equivale ad una pronuncia di non colpevolezza. La giurisprudenza ritiene infatti intangibile tale proscioglimento, ancorché non pronunciato dal factfinder, in quanto “coperto” dalla garanzia del double jeopardy prevista dal V Emendamento, che vieta un secondo processo per lo stesso fatto-reato (Burks vs. United States 437 U.S. 1 (1978) (5). Il criterio elaborato dalla giurisprudenza per stabilire se è fondata o meno la questione di sufficiency of evidence ovvero se sussiste o meno l’errore (di diritto), è il seguente: “se, dopo avere esaminato la prova nell’ottica più favorevole all’accusa, qualsiasi giudice razionale del fatto avrebbe potuto ritenere provati gli elementi costitutivi del reato al di là di un ragionevole dubbio” (Jackson vs. Virginia 443 U.S. 307 - 1979 (6). L’applicazione di tale criterio implica in concreto, attraverso l’esame di un errore di diritto, una valutazione di merito sulla fondatezza dell’imputazione in rapporto alle prove assunte e, quindi, sulla colpevolezza dell’imputato, se pure secondo l’ottica ristretta e “rovesciata” rispetto al favor rei del “più favorevole all’accusa” (in the light most favorable to the prosecution). Tale giudizio non solo può essere svolto dalla trial court in risposta ad una post-trial motion (o addirittura già nel trial), ma può intervenire in tutti i tipi e i gradi delle impugnazioni, laddove si (ri)propone la questione, lamentando il suo precedente rigetto se proposta o, se non proposta, la insufficiency of evidence come plain error. Quindi, se la questione della insufficiency of evidence viene (ri)proposta come motivo di impugnazione, si “aprono le porte” per un surrettizio riesame di merito sulla colpevolezza, se pure sotto forma di esame della correttezza del rigetto della post-trial motion, ovvero tout court del riesame della correttezza del verdetto: se sostenuto Arch. nuova proc. pen. 1/2010 3 dott D o tt r i n a o meno da prova legalmente sufficiente (insufficienza di prova in diritto). Il limite che salvaguarda formalmente il principio dei sistemi di common law, in cui non è previsto un secondo grado di merito sulla colpevolezza, è rappresentato dal fatto che, per stabilire la sufficienza della prova per sostenere la condanna, il riesame delle prove non consente di modificare il risultato probatorio (la credibilità del testimone, ad esempio, non è più opinabile) ed è condotto nell’ottica opposta rispetto al favor rei del “più favorevole all’accusa”. La giurisprudenza ha infatti sempre cura di ammonire, per preservare il ruolo del giudice del fatto (tipicamente, la giuria popolare), che non spetta al giudice dell’impugnazione “misurare” le prove (weight the evidence), ma solo stabilire se la prova è “legalmente sufficiente” (legally sufficient). A tale proposito, ha osservato la Corte Suprema federale in Jackson v. Virginia: “Questo standard familiare attribuisce pieno ruolo alla responsabilità del giudice del fatto il modo equo di risolvere i contrasti nelle testimonianze, di valutare la prova e di ricavare ragionevoli inferenze dai fatti primari ai fatti secondari. Una volta che l’imputato è stato riconosciuto colpevole del reato in imputazione, il ruolo del giudice del fatto come soggetto che valuta la prova è preservato attraverso il principio di diritto per cui in sede di impugnazione (letteralmente “riesame giudiziale”: judicial review) ogni prova deve essere considerata nell’ottica più favorevole all’accusa. Questo criterio incide perciò sulla discrezionalità della giuria solo lo stretto necessario per garantire la fondamentale tutela del giusto processo”. Quest’ultimo passaggio è significativo in quanto, obtorto collo, viene riconosciuto dalla Corte Suprema al giudice dell’impugnazione un potere di rivisitazione delle prove ai fini di un giudizio di “sufficienza” per la condanna, se pure limitato a correggere una violazione di legge e, in ultima analisi, al fine di garantire il giusto processo: in tal modo è bilanciato e neutralizzato il rischio di una condanna ingiusta (id est irragionevole: sganciata dai risultati probatori), da parte del giudice del fatto (giuria popolare), che pronuncia un verdetto immotivato. 3.3. Motion for a New Trial. La richiesta di un nuovo processo (rectius: dibattimento) presenta due possibili fondamenti, nettamente distinti, accomunati dal criterio generale secondo cui: “la Corte può annullare un qualsiasi giudizio e concedere un nuovo trial se l’interesse della giustizia lo richiede” (if the interest of justice so requires) (7). Il primo tipo di richiesta è fondato su determinati errori di diritto (vizi processuali) del dibattimento. In tal caso deve essere proposta entro termini assai ristretti: nell’ordinamento federale, 7 giorni dal verdetto o nel maggior termine concesso dalla Corte durante i 7 giorni. 4 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Le violazioni di legge eccepite possono riguardare, per macro-categorie: - condotta scorretta (misconduct) o irregolarità della giuria; - condotta scorretta (misconduct) del giudice o del prosecutor; - incapacità o negligenza del difensore (casi di ineffective assistence); - errori nella formazione delle prove (casi di violazione delle exclusionary rules e altre violazioni delle evidentiary rules); - errori nella formulazione delle istruzioni alla giuria (misdirection): si lamenta che le istruzioni non abbiano correttamente ed esaurientemente “guidato” i giurati circa le regole di giudizio da adottare e circa i requisiti che integrano gli elementi costitutivi del reato (oggettivi e soggettivi), come previsti nella legislazione di riferimento (statale o federale) ed interpretati dalla giurisprudenza (8). Il secondo tipo di richiesta è fondato sulla sopravvenuta scoperta di nuove prove (new evidence). In tal caso i termini di decadenza per la proposizione della motion sono più lunghi: nell’ordinamento federale, 3 anni dall’accertamento di colpevolezza. Questa seconda ipotesi è assimilabile alla revisione del nostro ordinamento, ancorché limitata nell’ambito temporale (9). In entrambi i casi, se la motion è accolta, la Corte annulla il trial e dispone che si proceda ad un nuovo processo: non opera quindi la garanzia del double jeopardy e l’imputato può essere nuovamente riconosciuto colpevole (10). 3.4. Motion for Correct or Reduce the Sentence. La richiesta di modifica o riduzione della condanna è fondata su vizi processuali (errori di diritto) della fase del sentencing. Può essere eccezionalmente proposta anche quando l’esecuzione è iniziata. Di regola, la richiesta è fondata sul presupposto che la condanna sia stata inflitta senza rispettare determinate garanzie processuali - anche se la fase del sentencing gode di minori garanzie rispetto alla fase del trial - o che sia comunque illegittima, tipicamente per violazione dei range di pena previsti nelle varie sentencing guide-lines. 4. L’iter delle impugnazioni ordinarie: direct appeal, last resort, petition of certiorari 4.1. Il direct appeal è previsto sia negli ordinamenti statali che nell’ordinamento federale come un “diritto”, nel senso che l’esame dei motivi da parte del giudice di appello non necessita di una previa “autorizzazione”, che è invece necessaria per l’esame dei motivi da parte del giudice di ultimo grado (Corti supreme statali e Corte suprema federale). Peraltro, l’appeal intermedio non è un diritto di rango costituzionale federale, per cui i singoli Stati possono anche non prevedere nella loro legislazione la fase intermedia del direct appeal. dott D o tt r i n a Il principio costituzionale che più incide in materia di impugnazioni, delimitandone i confini, è il double jeopardy previsto dal V Emendamento, che ha lo scopo di impedire che lo Stato possa compiere più di un “tentativo” per condannare una persona per uno stesso reato, aumentandone la possibilità (il rischio: jeopardy) di essere riconosciuta colpevole, essendo invece innocente. Il principio del double jeopardy, pertanto, “sbarra la strada” all’impugnazione del rappresentante dell’accusa (prosecutor), così come ad una nuova azione penale (prosecution) (11). Ciò accade però solo in caso di pronuncia di un acquittal (assoluzione), da intendersi come assoluzione in senso stretto ovvero fondata sull’accertamento della non colpevolezza in base ad elementi di fatto, quale è tipicamente il verdetto not guilty (12). Regola generale, comune a tutti gli ordinamenti, è che sono appellabili solo le decisioni qualificate come “finali” (final judgments): l’appello può essere proposto solo dopo che la Corte ha determinato la pena, cioè solo dopo la sentence e non subito dopo il verdict di colpevolezza e nemmeno, anticipatamente, contro decisioni processuali “interlocutorie”. Sono tuttavia previste alcune eccezioni alla final judgment rule, per cui è ammesso l’appello contro decisioni “interlocutorie” (13). Altra regola generale in materia di appello è che sono esaminati dalla Corte solo i motivi di cui l’appellante ha “preservato” il diritto di riesame, proponendo la specifica eccezione durante il dibattimento o, se si tratta di vizi anteriori, nella fase pre-trial (contemporaneous objection rule) (14). Possono quindi farsi valere come motivi di appello e sono oggetto di cognizione della Corte d’appello solo errori di diritto che si sono verificati nel trial o nel sentencing, o anche in precedenza nel pre-trial, purché tempestivamente eccepiti e “coltivati”, da ultimo, e sempre a pena di decadenza, in sede di post-trial motions (principio devolutivo). In definitiva, i motivi di appello sono rappresentati da quegli stessi errori di diritto oggetto di post-trial motions, sia ai fini della richiesta di acquittal, sia ai fini della richiesta di new trial, sia ai fini della richiesta di correzione o riduzione della condanna, per cui il possibile contenuto dei motivi di appello coincide con il possibile contenuto delle post-trial motions. Tra i possibili motivi di appello vi è quindi anche la questione della insufficiency of evidence finalizzata alla pronuncia di una assoluzione nel merito (acquittal), oltre a tutte le ipotesi di violazioni di legge statale o federale a seconda dell’ordinamento e, in ogni caso, della Costituzione federale, in forza dei quali può essere disposto un annullamento (reversal) della decisione impugnata, con rinvio (remand) alla trial court per il new trial. La decadenza da una eccezione procedurale, tuttavia, non sempre determina la decadenza dal corrispondente motivo di appello. Infatti, il riesame è precluso solo se è dimostrato che vi sia una rinuncia dell’eccezione, che consiste in un “intenzionale abbandono” di un diritto conosciuto. Se, viceversa, la decadenza è una mera non asserzione tempestiva di un diritto, la corte d’appello deve valutare se un vizio dedotto ex novo assurge a “errore evidente”: plain error. In tal caso il motivo non è “perduto”: si tratta di violazioni particolarmente gravi, assimilabili alle nullità assolute del nostro ordinamento. L’errore evidente è un errore “chiaro in base alle leggi vigenti” e che “riguarda i diritti fondamentali (substantial rights) dell’imputato”; è rilevabile anche d’ufficio (15). La giurisprudenza ha stabilito di volta in volta se un determinato errore costituisca o meno plain error, in base al criterio generale secondo cui sono tali gli errori “che in ogni modo incidono sulla correttezza, sull’integrità o sulla reputazione pubblica del processo” (16). Anche se la Corte d’appello accerta che l’errore si è verificato, il reversal (annullamento) non è automatico; nonostante ciò, infatti, la Corte può ugualmente confermare una condanna in base al principio che l’errore sia “innocuo”: harmless error (17). La ratio della regola dell’errore innocuo è di evitare di annullare condanne per errore minimali o vizi che hanno poca probabilità, se ne hanno, di avere cambiato l’esito del processo. Anche in tal caso la giurisprudenza ha di volta in volta stabilito se una determinata violazione costituisca o meno harmless error, in base al criterio generale per cui è da escludere il carattere harmless se l’errore è “di per sé lesivo dei diritti dell’imputato (per se injurous to the defendant) ovvero è lesivo di un “diritto fondamentale” (fundamental right) dell’imputato. Peraltro, non è da escludere a priori che violazioni di principi costituzionali possano costituire harmless errors, ma in tal caso l’errore può essere considerato innocuo solo se il prosecutor è in grado di dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che la violazione costituzionale non ha contribuito alla formazione della decisione impugnata, ovvero che, nonostante l’errore, la decisione sarebbe stata la stessa (18). Il criterio di riesame che deve adottare il giudice dell’impugnazione, ai fini dell’eventuale annullamento della decisione impugnata, può essere di diverso tipo: 1) clear error; 2) abuse of discretion; 3) “de novo” review (19). Invero, la dottrina dell’harmless error e le sue applicazioni giurisprudenziali in senso estensivo, così come la restrizione dell’istituto del plain error, o ancora l’adozione di standard rigorosi per il reversal, sono rappresentativi della tendenza delle corti superiori a limitare la portata potenzialmente “distruttiva” dell’appello e delle impugnazioni in generale. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 5 dott D o tt r i n a 4.2. La procedura d’appello, benché solo simile ma non uniforme nei diversi ordinamenti giuridici statali, è comunemente definibile nei suoi tratti essenziali, prendendo a modello la disciplina federale. L’atto introduttivo è la dichiarazione di appello (notice of appeal) da presentare direttamente alla appellate court competente, entro un breve termine di decadenza (20). Segue, sempre entro termini di decadenza relativamente ristretti, il deposito di memorie scritte (briefs) in cui si sviluppano i motivi di appello, a cui è possibile replicare per iscritto da parte dell’appellato ed eventualmente controreplicare da parte dell’appellante. È altresì possibile il deposito di memorie da parte di un amicus curiae, cioè di un soggetto estraneo al caso ma interessato ad “aiutare” la corte nella decisione, a sostegno della conferma o dell’annullamento della decisione (21). Di regola, si svolge la discussione orale del caso (oral argument), che tuttavia può essere non concessa discrezionalmente dalla Corte (22). La Corte d’appello, generalmente in composizione collegiale (tre giudici), procede infine alla deliberazione, normalmente accompagnata da una motivazione scritta redatta da un giudice della maggioranza (leading opinion), mentre gli altri giudici possono redigere opinioni dissenzienti se sono in disaccordo (dissenting opinion), o motivazioni alternative concordi (concurring opinion). Se la decisione della corte è unanime, può essere redatta una motivazione per curiam, cioè dell’intero collegio senza distinzioni. Eccezionalmente è consentito che la decisone sia presa da un collegio allargato a tutti i giudici della Corte (hearing en banc: sorta di “sezioni unite”); così come eccezionalmente è consentito che la decisione della Corte sia dalla stessa successivamente riesaminata en banc (rehearing en banc), prima dell’eventuale ricorso alla Corte Suprema (statale o federale) (23). L’esito finale può essere la conferma della decisone appellata (con la formula: the court affirms, we affirm, the judgment… is affirmed, ecc.), e ciò quando la Corte nega la sussistenza dell’errore o lo qualifica harmless; oppure il “rovesciamento” (reversal) della decisione appellata, e ciò quando la Corte riconosce l’errore di diritto, escludendo altresì che sia harmless. Il reversal comporta la sospensione (vacate) della condanna e, in ogni caso, il rinvio (remand) alla corte di merito (trial court), con le istruzioni da seguire nel giudizio di rinvio, con la formula: we reverse, vacate and remand to… e simili. Non è pertanto possibile da parte del giudice d’appello e di qualsiasi giudice dell’impugnazione la riforma diretta della decisione impugnata; e ciò anche quando il motivo di appello accolto è rappresentato dalla insufficiency of evidence: anche in tal caso, infatti, la Corte d’appello non può annullare senza rinvio, ma deve sempre rimandare il caso alla trial court. Il giudice di rinvio, peraltro, non può 6 1/2010 Arch. nuova proc. pen. che pronunciare l’assoluzione (acquittal), essendo stata riscontrata la non sufficienza della prova e non essendo possibile istruire un nuovo processo con nuove prove per il divieto di double jeopardy. 4.3. Se l’appello è rigettato e la decisione impugnata è confermata, l’appellante, ovvero di regola l’imputato-condannato, può appellare alla Corte Suprema (court of last resort), statale o federale a seconda dei casi. L’appellante può sempre proporre appello diretto alla Corte Suprema statale in quegli Stati in cui non esiste Corte d’appello (intermediate court). La differenza fondamentale rispetto all’appello diretto -ove esistente- è che l’esame del ricorso da parte della Corte Suprema non è un diritto, bensì è soggetto ad una deliberazione preliminare e discrezionale, a maggioranza del collegio, che decide se prendere o non prendere in esame il caso. Per il resto, i motivi che possono essere fatti valere avanti le Corti Supreme sono gli stessi errori di diritto che possono essere fatti valere in sede di appello, sempre che siano stati “preservati”, e salva sempre l’eccezione dei plain errors, incluso il motivo della insufficiency of evidence. Di conseguenza, così come l’appello negli ordinamenti statunitensi non è, formalmente, un secondo grado di merito sulla colpevolezza, così l’oggetto della cognizione da parte della Corte Suprema (statale o federale) non differisce dalla possibile cognizione del giudice di appello, essendo sempre rappresentata da errori di diritto nella fase, principalmente ma non esclusivamente, del trial. In definitiva, anche qualsiasi Corte Suprema opera come una appellate court ed il ricorso alla Corte Suprema è nella sostanza un appeal nel senso proprio degli ordinamenti di commow law: un riesame di errori di diritto (violazioni di legge) verificatisi nell’ambito del giudizio sul fatto in unico grado (verdetto guilty/not guilty e successiva determinazione della pena). E così la disciplina processuale, dopo che si è ottenuta l’autorizzazione (leave) della Corte all’esame del caso, è sostanzialmente analoga all’appello: memorie scritte delle parti ed eventualmente di amici curiae, discussione orale, deliberazione a maggioranza con possibilità di dissenting opinion. Anche i possibili esiti sono i medesimi: conferma o annullamento, in tal caso sempre con rinvio alla trial court. Una peculiarità caratterizza i processi statali. Se la Corte Suprema statale ha rigettato il ricorso confermando la decisione impugnata, è possibile proporre un ulteriore ed ultimo ricorso -sempre con la natura di appeal-, denominato petition of certiorari, alla Corte Suprema federale (U.S. Supreme Court), allegando la violazione o l’erronea interpretazione della Costituzione federale, i cui principi fondamentali, in materia di giusto processo (due process), sono stati estesi agli Stati in forza del XIV Emendamento del Bill of Rights. dott D o tt r i n a Anche in tal caso la Corte Suprema decide preliminarmente e discrezionalmente a maggioranza se prendere in esame il ricorso, rilasciando in caso positivo l’autorizzazione (writ of certiorari) oppure negandola (certiorari denied). La procedura avanti la Corte Suprema federale, adita da un imputato “federale” dopo il rigetto dell’appello avanti la Corte di circuito o adita da un imputato “statale” dopo la decisione sfavorevole della Corte Suprema statale, si svolge secondo le apposite rules emanate dalla Corte stessa, che seguono uno schema sostanzialmente analogo al giudizio di appello. I giudici della Corte Suprema federale sono nove (la Corte giudica sempre en banc), i motivi proponibili concernono sempre e solo errori di diritto, l’esito può essere sempre o la conferma o l’annullamento della decisione impugnata (della Circuit court o della Corte Suprema statale), con rinvio alla trial court (federale o statale). Esauriti i mezzi di impugnazione ordinari la decisione diviene “definitiva”. 5. L’iter delle impugnazioni straordinarie: l’habeas corpus 5.1. La definitività di una decisione con l’esaurimento dei mezzi di impugnazione ordinari non implica che la condanna non sia più “aggredibile” da parte del condannato. Esistono infatti un insieme di rimedi variegati, con notevoli diversità da Stato a Stato, che sono genericamente denominati collateral attacks e che operano come una sorta di impugnazioni straordinarie, in quanto esperibili esclusivamente contro una condanna definitiva; di regola, infatti, i collateral attacks sono preclusi al prosecutor. Tali rimedi sono invero assimilabili non tanto all’istituto della revisione del nostro ordinamento, che negli ordinamenti statunitensi viene garantita, ma limitatamente nel tempo, attraverso la motion for a new trial fondata sulla scoperta di nuove prove, quanto ad “incidenti di esecuzione”: essi, infatti, non sono caratterizzati, come le impugnazioni ordinarie, dall’effetto devolutivo e si propongono alla stessa trial court che ha pronunciato la condanna divenuta definitiva. Si apre così un iter “collaterale” alla condanna, nel frattempo in esecuzione, in cui i motivi di ricorso sono sempre rappresentati da questioni di diritto, che sono dapprima esaminate, in ambito statale, dalla trial court, quindi eventualmente dalla court of appeals (se esistente) ed infine dalla court of last resort; e così specularmente nell’ordinamento federale. Il possibile esito è sempre o la conferma o l’annullamento con rinvio della condanna. Quali siano gli errori di diritto sollevabili in sede di collateral attack è materia che varia nei diversi ordinamenti giuridici: generalmente, i collateral attacks riguardano errori di rilevanza costituzionale non rilevati, e pertanto non già esaminati, o non rilevabili nel trial o negli appeals. In alcuni ordinamenti il rimedio è dato solo per i c.d. jurisdictional errors (ovvero difetto di giurisdizione o illegittimità costituzionale della norma incriminatrice); in altri ordinamenti e nell’ordinamento federale il rimedio è esteso a tutti i c.d. fundamental errors, ovvero alle violazioni costituzionali (delle Costituzioni dei singoli Stati e della Costituzione federale): ad esempio, per violazione del giusto processo (due process clause). 5.2. Il collateral attack per antonomasia nel processo penale è l’habeas corpus, che è previsto a beneficio di tutti i condannati che si trovano in custody, termine che include ma non coincide con la sola detenzione in carcere, in tutti gli ordinamenti statali e in quello federale, laddove svolge un ruolo fondamentale in quanto è esteso anche ai detenuti “statali” (24). È cioè possibile per i condannati statali utilizzare l’habeas corpus avanti le corti federali (eventualmente percorrendone i tre gradi: richiesta alla District Court, appello alla Circuit Court, ricorso alla Supreme Court), utilizzando una procedura ad hoc prevista dalla legislazione federale: di regola, previo esaurimento delle procedure in ambito statale; eccezionalmente, rivolgendosi subito alla district court federale (25). Nella procedura federale, utilizzabile dai condannati statali, sono previsti termini di decadenza per la proposizione del ricorso, un controllo preliminare di non manifesta infondatezza e, ma solo eccezionalmente, un’udienza istruttoria (26). È consentito l’appello previa “autorizzazione” ed, infine, è possibile il ricorso alla Corte Suprema federale. È consentita altresì la proposizione di un nuovo ricorso, solo se fondato su motivi diversi, in casi assolutamente eccezionali (27). Per i condannati statali alla pena capitale sono state introdotte nella disciplina federale ulteriori regole peculiari, in modo da salvaguardare, da un lato, il diritto alla proposizione del rimedio garantendo l’assistenza difensiva, dall’altro “l’effettività” dell’esecuzione della condanna (28). L’habeas corpus è storicamente finalizzato alla tutela della libertà personale mediante la liberazione del condannato. Gli esiti possibili sono quelli tipici dei giudizi di impugnazione, ovvero il rigetto del ricorso con la conferma della condanna o viceversa l’annullamento della condanna, con rinvio ed istruzioni alla trial court competente (29). Il presupposto dell’annullamento è che lo stato di custody sia illegittimo, ovvero, nel sistema federale accessibile tipicamente anche dai condannati statali, fondato su una decisione viziata da un errore “fondamentale”: fundamental error (30). È necessario però che, salvo eccezioni, la questione di diritto non sia stata già decisa nel merito nelle corti statali (in sede di trial o appeals), e che, sempre salvo eccezioni, il principio processuale di rilevanza costituzionale invocato sia stato affermato in una decisione precedente alla definitività della condanna (31). Costituisce fundamental error anche la insufficiency of evidence in quanto integra una violazione del giusto Arch. nuova proc. pen. 1/2010 7 dott D o tt r i n a processo (due process clause): pertanto, anche in sede di habeas corpus, quantomeno federale, può essere proposta la questione della insufficienza di prova per sostenere la condanna, come ribadito dalla Corte Suprema federale in Jackson v. Virginia (32). 6. L’insufficienza di prova (insufficiency of evidence) in sede di impugnazione: il criterio di giudizio 6.1. L’errore di diritto della insufficienza di prova (insufficiency of evidence) può essere quindi proposto come motivo di impugnazione sia nell’ambito dei direct reviews, sia in sede di collateral attack e, in particolare, di habeas corpus federale. Nell’ambito delle impugnazioni ordinarie (direct reviews), la regola generale impone che il motivo, per essere preservato, deve essere presentato, o rinnovato se già anticipato nel trial, in sede di post-trial motion mediante una motion for judgment of aquittal; se rigettata, la questione può essere posta alla corte d’appello in sede di direct appeal; se nuovamente rigettata, può essere reiterata in sede di last resort e, da ultimo, con la petition of certiorari. Il riesame da parte delle corte d’appello di una decisione della trial court di rigetto di una motion for judgment of acquittal fondata sulla insufficiency of evidence avviene in base al criterio de novo (33): ciò significa che non opera il limite dell’abuse of discretion e il giudice dell’impugnazione riesamina nuovamente e pienamente la questione della sufficienza della prova per sostenere la condanna, ancorché in base al principio contra reum secondo cui le prove sono considerate nell’ottica più favorevole dell’accusa. Qualora l’imputato abbia omesso di rinnovare o presentare la motion for judgment of acquittal in sede post-trial, la corte d’appello può esaminare ugualmente la questione di sufficiency of evidence per stabilire se sussiste un plain error ovvero un manifesto errore giudiziario (miscarriage of justice): in tal caso, però, lo standard probatorio ai fini dell’eventuale annullamento è ancora più rigoroso (34). 6.2. La Corte Suprema federale in Jackson v. Virginia (1978) ha ribadito il criterio di giudizio per l’esame della sufficiency of evidence da parte del giudice dell’impugnazione, valido anche in sede di habeas corpus, per effetto dei canoni fissati nel noto caso In re Winship (1972): “Una corte federale in sede di habeas corpus deve considerare non se sussisteva ogni prova per sostenere la condanna, ma se esisteva una prova sufficiente per giustificare che un giudice razionale del fatto riconoscesse la colpevolezza al di là di un ragionevole dubbio (In re Winship, 397 U.S. 358). In re Winship pone quale principio essenziale del giusto processo garantito dal XIV Emendamento che nessuna persona dovrà subire una condanna penale a meno che la prova sia sufficiente, intesa come prova necessaria a convincere il giudice del fatto al di là di un ragionevole dubbio della sussistenza di ogni elemento del reato. Dopo In re Winship, l’indagine critica in sede di riesame della sufficienza della prova per sostenere una 8 1/2010 Arch. nuova proc. pen. condanna penale non deve semplicemente essere finalizzata a stabilire se la giuria è stata correttamente istruita sul ragionevole dubbio, ma a stabilire se le prove risultanti dagli atti (the record evidence) possono ragionevolmente sostenere un riconoscimento di colpevolezza al di là di un dubbio ragionevole. La questione rilevante è se dopo aver esaminato la prove nell’ottica più favorevole all’accusa (in the light most favorable to the prosecution), un qualsiasi giudice del fatto razionale avrebbe potuto riconoscere provati gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole” (35). Nel caso Jackson v. Virginia il ricorso è stato respinto, in quanto il riesame (review) del fascicolo processuale nella luce più favorevole all’accusa ha convinto i giudici della Corte Suprema che un giudice razionale del fatto avrebbe potuto prontamente riconoscere il ricorrente colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio di omicidio di primo grado in base alla legge della Virginia: nella fattispecie non era in discussione che l’imputato avesse sparato alla vittima, ma se vi fosse o meno sufficiente prova che lo avesse fatto con premeditazione, che è un elemento costitutivo del reato di omicidio di primo grado secondo la legge penale della Virginia. Al fine di giungere a questa conclusione, però, anche i giudici della Corte Suprema hanno dovuto inevitabilmente rivalutare il fatto, o meglio “rileggere” le prove secondo le risultanze dagli atti, pur nell’ottica più favorevole all’accusa. Del resto, la stessa Corte Suprema espressamente ha riconosciuto in motivazione che: “una corte federale ha il dovere di valutare i fatti storici quando è chiamata ad applicare uno standard costituzionale ad una condanna inflitta da una corte statale”. La stessa Corte Suprema ha però subito avvertito la possibile e pericolosa inclinazione verso un giudizio di merito in sede di impugnazione, che andrebbe ad invadere il campo del giudice del fatto e romperebbe gli equilibri di un sistema processuale che disconosce un secondo grado di merito sulla colpevolezza. Prosegue infatti la motivazione: “Questa indagine non richiede alla corte di domandare a se stessa se è convinta che la prova al dibattimento fondava un giudizio di colpevolezza al di là di un dubbio ragionevole. Viceversa, la questione rilevante è se dopo aver esaminato la prove nell’ottica più favorevole all’accusa (in the light most favorable to the prosecution), un qualsiasi giudice del fatto razionale avrebbe potuto riconoscere provati gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole”. Segue poi il passo in precedenza già citato: “Questo standard familiare attribuisce pieno ruolo alla responsabilità del giudice del fatto in modo equo di risolvere i contrasti nelle testimonianze, di valutare la prova e di ricavare ragionevoli inferenze dai fatti primari ai fatti secondari. Una volta che l’imputato è stato riconosciuto colpevole del reato in imputazione, il ruolo del giudice del fatto come soggetto che valuta la prova è preservato attraverso il dott D o tt r i n a principio di diritto per cui in sede di “revisione giudiziale” (judicial review) ogni prova deve essere considerata nell’ottica più favorevole all’accusa. Questo criterio incide perciò sulla discrezionalità della giuria solo lo stretto necessario per garantire la fondamentale tutela del giusto processo”. 6.3. Il criterio di giudizio di una questione fondata sulla insufficiency of evidence, esteso dalla Corte Suprema in Jackson v. Virginia anche all’habeas corpus federale, non è affatto una novità ed è anzi assai risalente e consolidato nella giurisprudenza federale della stessa Corte Suprema (36) e delle Corti di circuito, così come si ritrova uniformemente affermato nelle giurisdizioni superiori statali (direct appeal o last resort). Le formule che si rinvengono nella giurisprudenza delle Corti di circuito federali sono del tutto simili e costantemente ripetute, come risulta da una loro rassegna. “Noi applichiamo uno standard di riesame particolarmente deferente nel decidere se un verdetto della giuria si fonda su una prova legittimamente sufficiente (legally sufficient). Non è nostro compito misurare la prova (weight the evidence) o stabilire l’attendibilità dei testimoni. Piuttosto, noi dobbiamo esaminare la prova nella luce più favorevole all’accusa e confermeremo il verdetto se un qualsiasi giudice razionale del fatto avrebbe potuto riconoscere gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole. Pertanto, una questione di insufficienza della prova pone un onere della prova molto pesante a carico dell’appellante” (37). “Nel riesaminare un motivo di insufficienza della prova, noi esaminiamo la totalità della prova, sia diretta sia indiziaria, e dobbiamo trarre tutte le possibile inferenze favorevoli all’accusa (38). “Noi riesaminiano de novo il rigetto di una motion for a directed verdict. Quando la motion è basata su una questione di prova insufficiente, il verdetto di una giuria deve essere confermato se c’è una prova sostanziale (substantial evidence), assunta l’ottica più favorevole all’accusa, per sostenerlo. Questa corte ha definito prova sostanziale quella prova che un ragionevole giudice del fatto avrebbe potuto accettare come adeguata e sufficiente per sostenere una conclusione di colpevolezza dell’imputato al di là di un ragionevole dubbio. Nel valutare l’esistenza di una prova sostanziale noi consideriamo la prova indiziaria allo stesso modo della prova diretta, e concediamo all’accusa il beneficio di tutte le inferenze possibili dai fatti provati a quelli supposti che devono essere provati. Questa corte non può misurare la prova (weight the evidence) o riesaminare la credibilità dei testimoni” (39). “Nel riesaminare la sufficienza della prova esistono alcune regole generali che entrambe le parti riconoscono. La prova deve essere valutata nella luce più favorevole all’accusa per stabilire se un qualsiasi giudice razionale del fatto avrebbe potuto riconoscere gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole. Di conseguenza, tutte le inferenze ragionevoli devono essere sviluppate in favore dell’accusa e tutte le contraddizioni della prova devono essere risolte a favore del verdetto della giuria” (40). “Noi riesaminiamo de novo il rigetto di una motion for judgment of acquittal, valutando la prova nell’ottica più favorevole all’accusa. Noi dobbiamo stabilire se esiste prova per la quale una giuria avrebbe riconosciuto l’imputato colpevole al di là di un dubbio ragionevole. Nel riesaminare questa prova, però, non misuriamo la prova o valutiamo la credibilità dei testimoni nel rendere la nostra decisione. Noi dobbiamo annullare il verdetto della giuria solo se nessun giudice razionale del fatto avrebbe riconosciuto gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole (41). “Noi riesaminiamo questioni di sufficienza della prova esaminando la prova nell’ottica più favorevole all’accusa. Ovvero, un solo test si applica nel riesaminare la sufficienza della prova nei processi penali: la prova sia diretta che indiziaria, unitamente alle inferenze razionali che siano sviluppabili dalla stessa, è sufficiente se, valutando la prova nell’ottica più favorevole all’accusa, una giuria razionale avrebbe potuto riconoscere l’imputato colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio” (42). 6.4. Anche il panorama statale, in ordine al criterio di giudizio, è sostanzialmente conforme e da tempo consolidato. Si riportano, a titolo meramente indicativo, le massime rinvenibili nelle decisioni di alcune Corti Supreme statali: “Nel riesaminare la sufficienza della prova per la condanna, noi contiamo solo sulla prova più favorevole al verdetto e alle inferenze razionali dalle quali stabilire se c’è prova sostanziale che garantisca la condanna. Una condanna è basata su prova insufficiente solo quando nessun giudice razionale del fatto avrebbe potuto riconoscere la colpevolezza dell’imputato al di là di un dubbio ragionevole dopo avere esaminato la prova nell’ottica più favorevole all’accusa e dando all’accusa il beneficio di tutte le inferenze che razionalmente devono svilupparsi in suo favore” (43). “Lo standard di riesame per i sufficiency claims è ben stabilito. Noi non rivaluteremo la prova né rimisureremo la credibilità dei testimoni. Viceversa, consideriamo la prova più favorevole al verdetto e sviluppiamo tutte le inferenze razionali che sostengono la precedente decisione. Noi confermiamo la condanna se c’è un risultato probatorio per il quale un giudice razionale del fatto avrebbe potuto riconoscere la colpevolezza dell’imputato al di là di un dubbio ragionevole” (44). “Noi riesaminiamo le eccezioni dell’imputato di prova insufficiente stabilendo se la prova, vista nell’ottica più favorevole all’accusa, avrebbe consentito ad un qualsiasi giudice razionale del fatto di riconoscere gli elementi del reato in imputazione al di là di un dubbio ragionevole” (45). Arch. nuova proc. pen. 1/2010 9 dott D o tt r i n a “Il test per determinare la sufficienza della prova è se una prova sostanziale (substantial evidence) sorregge il verdetto. La prova è sostanziale quando ha sufficiente forza per rendere obbligata la conclusione e va oltre la mera speculazione o congettura” (46). “Nell’esaminare un’eccezione di insufficienza della prova, le corti d’appello riesaminano la prova nell’ottica più favorevole all’accusa e assumono che il giudice del fatto ha ritenuto credibili i testimoni dell’accusa e non ha ritenuto credibili tutte le prove contrastanti. Il riesame in appello è limitato a accertare se il giudice del fatto, conferendo dovuto rispetto alla presunzione di innocenza e all’onere dell’accusa di provare la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, ha potuto ragionevolmente concludere che l’imputato era colpevole sulla base degli elementi di fatto risultanti dal fascicolo e di ogni loro giustificata inferenza” (47). “In sede di riesame, la Corte non sostituisce il suo giudizio a quello del giudice del fatto. Viceversa, il verdetto della giuria non sarà annullato a meno che appare che è totalmente sbagliato o privo di prova a sostegno” (48). “Una questione di insufficienza di prova invoca un interesse al giusto processo e solleva la questione se la prova è legalmente sufficiente (legally sufficient) per sostenere il verdetto della giuria come questione di diritto (as a matter of law). Nel riesaminare questa eccezione, l’indagine rilevante è se, dopo avere esaminate le prove nell’ottica più favorevole all’accusa, qualsiasi giudice del fatto razionale avrebbe potuto riconoscere provati gli elementi essenziali del reato al di là di un dubbio ragionevole” (49). “Un verdetto di colpevolezza non è legalmente valido se è basato esclusivamente su inferenze che danno luogo solo a remote o speculative possibilità di colpevolezza. Nel contestare la sufficienza della prova, l’imputato ha l’onere di mettere in ordine logico tutte le prove e quindi dimostrare perché la prova ordinata logicamente non è sufficiente per sostenere il verdetto” (50). 7. Il surrettizio giudizio di merito sulla colpevolezza in sede di impugnazione: la casistica 7.1. Ma cosa significa, in concreto, esaminare le prove nell’ottica, se pure “rovesciata” e contra reum del più favorevole all’accusa, e quindi stabilire a posteriori che un giudice del fatto razionale non avrebbe potuto condannare l’imputato secondo il canone al di là di ogni ragionevole dubbio? È innegabile che tale valutazione, al di là degli stratificati proclami delle corti volti ad escludere che in sede di impugnazione le prove possano essere nuovamente “ponderate” (weight the evidence), compito riservato al giudice del fatto, implica una valutazione di merito sui fatti in termini di correttezza della sussunzione dei fatti nella fattispecie, sulla base dei risultati probatori in atti, pur sempre non più suscettibili di “ponderazione”, il che costituisce limite invalicabile per il giudice di appello. 10 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Come prima riportato, la stessa Corte Suprema in Jackson v. Virginia ha attribuito espressamente al giudice dell’impugnazione il “dovere di valutare i fatti storici”, in questo senso: la corte verifica la “tenuta probatoria” della condanna in relazione agli elementi costitutivi del reato, per stabilire se, contrariamente al verdetto di colpevolezza, l’imputato non debba piuttosto essere assolto, perché nessun giudice del fatto ragionevole lo avrebbe condannato in base alle prove assunte. Che si tratti di una assoluzione nel merito a tutti gli effetti (acquittal), sulla base degli elementi di fatto, ancorché non pronunciata dal giudice dell’impugnazione, ma dalla trial court in sede di rinvio, è pienamente confermato dal corollario che tale proscioglimento per “prova insufficiente”, ancorché formalmente in diritto, è coperto dalla garanzia del double jeopardy, per cui non è possibile processare nuovamente l’imputato per lo stesso fatto-reato. Il principio è ormai pacifico nella giurisprudenza ed è stato saldamente stabilito dalla Corte Suprema federale in Burks v. United States (437 U.S. 1 1978): “La double jeopardy clause del V Emendamento preclude un secondo trial una volta che la corte dell’impugnazione (reviewing court) ha riconosciuto che la prova era insufficiente per sostenere il verdetto di colpevolezza della giuria, e l’unico rimedio corretto adottabile dalla corte [di rinvio] è l’emissione di una pronuncia di acquittal”. Osserva inoltre la Corte Suprema, con significativa distinzione tra un mero errore di diritto nel trial e la insufficiency of evidence, che è quindi un quid pluris: “Ai fini di stabilire se la double jeopardy clause preclude un secondo trial dopo l’annullamento della condanna, un annullamento basato sulla insufficienza di prova va distinto da un annullamento per un errore nel trial. Nell’affermare che la prova era insufficiente per sostenere la colpevolezza, la corte d’appello stabilisce che l’accusa ha mancato di provare la colpevolezza al di là di un ragionevole dubbio. Dati i requisiti per l’emissione di una pronuncia di acquittal, consentire un secondo trial negherebbe la ratio della double jeopardy clause di vietare un secondo trial, in quanto sarebbe attribuita all’accusa un’altra possibilità di fornire la prova che ha mancato di raccogliere nel primo trial”. Si noti come la Corte Suprema ha apertamente attribuito al giudice di appello la funzione di stabilire se l’accusa abbia “mancato di provare” la colpevolezza al di là di un ragionevole dubbio, attribuendogli cioè il potere-dovere di compiere un giudizio di merito sui fatti dell’imputazione e, quindi, di assolvere (rectius: ordinare di assolvere) a seguito del ri-esame della “legalità” della statuizione del giudice del fatto, che non a caso è svolto con il criterio di giudizio più pieno (de novo review). Si coglie altresì facilmente la ratio del potere-dovere di annullamento per insufficienza di prova attribuito al giudice dell’impugnazione: nel sistema statunitense, in cui il giudizio di fatto sulla colpevolezza è di regola svolto dott D o tt r i n a dalla giuria popolare, che accerta la colpevolezza o meno pronunciando un verdetto immotivato (guilty/not guilty), in cui è pertanto insito il rischio di verdetti irragionevoli “sganciati” dalle risultanze probatorie, il riesame della questione sulla sufficienza della prova ai fini della colpevolezza, così come a fortiori il suo esame in prima battuta da parte della trial court, è tesa a garantire il giusto processo e la corretta applicazione del canone “oltre ogni ragionevole dubbio” (51). Tutto ciò anche a prescindere da eventuali errori nelle istruzioni alla giuria (misdirection) sul significato da attribuire alla formula “oltre ogni ragionevole dubbio” o in ordine ai singoli elementi costitutivi del reato, che pure possono essere motivo di impugnazione, ma il cui eventuale accoglimento dà luogo solo ad un nuovo dibattimento (new trial), ma non ad una assoluzione (acquittal). Il controllo sulla legalità del procedimento da parte del giudice di appello si risolve, a fronte al motivo della insufficiency of evidence, in una verifica motivata della “legalità”, in termini di sufficienza per la colpevolezza, del giudizio di fatto immotivato (verdetto). Tale giudizio gode però di una sorta di presunzione di correttezza: tutte le prove, come risultanti dagli atti e non più sindacabili nel loro risultato, e tutte le inferenze possibili, devono essere “destinate” a favore dell’accusa. Anche per questa ragione, che limita e rovescia il criterio garantistico per il giudizio sulla colpevolezza, che viceversa guida la pronuncia del verdetto da parte del fact-finder, l’annullamento in un grado successivo per insufficienza di prova è assai poco frequente nella prassi. In ogni caso, tale giudizio, quale che ne sia l’esito, implica un esame delle prove, al fine di statuire se le stesse sono (rectius: erano) “sufficienti” per sostenere la condanna al di là di ogni ragionevole dubbio e, in ultima analisi e pur secondo un’ottica rovesciata (non il favor rei ma una sorta di favor per l’accusa o meglio per il verdetto), per verificare se il giudice del fatto ha correttamente giudicato nel merito circa la colpevolezza dell’imputato. Formalmente non si tratta di un secondo giudizio di merito, ma nella sostanza e surrettiziamente il giudice dell’impugnazione finisce per giudicare de novo sulla fondatezza dell’imputazione, dietro lo “schermo” del controllo di diritto, ancorché con un criterio di riesame “ribaltato”: sotto tale profilo mai si potrà parlare di secondo grado di merito assimilabile all’appello dell’ordinamento italiano, ma è altrettanto da sfatare il mito (rectius: il fraintendimento) secondo cui negli Stati Uniti non esiste alcun riesame di merito sui fatti in sede di impugnazione. Ed anzi, la questione della insufficiency of evidence è motivo di impugnazione assai frequente e può essere posta e decisa non solo avanti la corte d’appello in sede di direct appeal, ma anche avanti la Corte Suprema (statale o federale), e financo in sede di impugnazione straordinaria/ incidente di esecuzione (habeas corpus federale), purché si rispettino le regole di preclusione; ancorché preclusa, la questione può essere ugualmente esaminata da qualsiasi giudice di appello secondo il principio del plain error, che tuttavia richiede presupposti più rigorosi per la sua integrazione. 7.2. Un esame meramente esemplificativo della sterminata casistica è assolutamente illuminante del fatto che le Corti di appello operano una surrettizia valutazione di merito sulla colpevolezza, in forma di riesame della correttezza della affermazione di responsabilità da parte del giudice del fatto ovvero della esistenza di prova legalmente sufficiente in ordine ai singoli elementi costitutivi del reato previsti dalla legge penale, statale o federale a seconda dei casi. In particolare, nella giurisprudenza federale numerosissimi sono i casi in cui è in contestazione il requisito dello interstate commerce (“commercio” attraverso più Stati), elemento costitutivo di svariati reati federali, tipicamente in materia di armi e crimini violenti, che giustifica come tale l’intervento della giurisdizione federale; diversamente, lo stesso fatto potrebbe integrare solo un reato statale. Si consideri il seguente caso (52). L’imputato era accusato del delitto federale di possesso di un fucile, che richiede il necessario passaggio dell’arma da uno Stato all’altro (interstate commerce). Nessuna arma era mai stata rinvenuta, ma l’accusa aveva portato come testimone un esperto che aveva dichiarato che lo Stato dell’Indiana (il luogo di commissione del fatto) non era sede di nessuna “principale” fabbrica di fucili. L’esperto non aveva mai spiegato che cosa intendesse per fabbrica “principale”. In sede di appello l’imputato ha eccepito che non vi era sufficiente prova che l’arma fosse stata trasportata da uno Stato all’altro, argomento non proposto al dibattimento con una motion a norma della rule 29 F.R.E. La Corte di appello per il Settimo Circuito, esaminando la questione sulla base del plain error, ha accolto il motivo, pur osservando che raramente riforma per insufficienza della prova. La Corte ha concluso che sarebbe pura speculazione sostenere che il fucile oggetto di imputazione fosse stato fabbricato al di fuori dell’Indiana, quando l’unica prova era che l’Indiana non ha “principali” fabbriche di fucili. Potrebbero esserci abbastanza fabbriche “secondarie” per rendere più verosimile piuttosto che non verosimile che l’arma fosse stata fabbricata nello Stato (53). Si consideri il seguente altro caso (54). L’imputato era stato condannato per tre delitti federali: furto di un’auto con violenza sul conducente (carjacking), possesso di arma da fuoco da parte di un pregiudicato, porto di arma da fuoco brandita durante un crimine violento. L’imputato ha impugnato la condanna sostenendo che l’accusa non era riuscita a provare il requisito del “commercio interstatale” (interstate commerce), elemento esenziale dei primi due reati e, di conseguenza, non era riuscita a proArch. nuova proc. pen. 1/2010 11 dott D o tt r i n a vare neanche il terzo reato, non avendo provato il delitto presupposto. L’accusa ha riconosciuto che non vi era prova che l’arma fosse coinvolta in un “commercio interstatale”, associandosi alla richiesta di annullamento della condanna per il secondo capo di imputazione. In relazione al primo capo di imputazione, l’imputato ha sostenuto che non vi era sufficiente prova perché l’accusa non aveva offerto prova che il tipo di veicolo coinvolto (di una certa marca e modello) avesse viaggiato attraverso più stati. L’accusa ha affermato che, sebbene non fosse riuscita a dare prova del passaggio interstatale, rientrava nella “conoscenza comune” (common knowledge) della giuria che nessun veicolo di quella marca e modello fosse stato fabbricato in Mississippi (luogo di rinvenimento dell’auto) prima della data del fatto. La Corte d’appello per il Quinto Circuito ha stabilito che, nel caso di specie, la prova non era meramente attenuata, ma vi era una totale assenza di prova a sostegno del requisito dello interstate commerce. L’accusa non era riuscita a dare una dimostrazione persuasiva che la presenza o l’assenza di un produttore di veicoli di quella marca in Mississippi era materia di comune conoscenza per i giurati in Mississippi. E poiché l’accusa non aveva presentato nessuna prova che il veicolo avesse viaggiato in interstate commmerce, elemento fondamentale del reato, la Corte ha concluso che la condanna dell’imputato per il primo capo di imputazione integrasse un manifesto errore giudiziario (manifest miscarriage of justice). L’insufficienza di prova del delitto presupposto determinava anche l’insufficienza di prova in ordine al terzo capo di imputazione. La Corte ha pertanto riformato la decisione, sospeso le condanne e rinviato alla Corte distrettuale per il successivo giudizio, da svolgersi nel rispetto dei principi affermati. Si tratta di due casi, invero abbastanza rari nella prassi, in cui la Corte d’appello ha annullato la condanna sulla base della insufficienza di prova; addirittura, in entrambi i casi, riconoscendo un plain error. Molto più numerosi sono peraltro i casi in cui la Corte d’appello rigetta la questione di insufficiency of evidence e conferma la decisione impugnata. Sempre in ambito federale, si consideri il seguente caso relativo a stupefacenti (55). L’imputato era stato condannato per possesso di marijuana con l’intento di spaccio (possession with intent to distribute). L’imputato aveva in precedenza proposto una motion for a judgement of acquittal a norma della rule 29 F.R.E., che era stata rigettata e il cui rigetto era oggetto di appello: in tal caso, quindi, la questione della sufficiency of evidence non è stata esaminata in base alla plain error doctrine, ma in forma di riesame, secondo il criterio de novo, della correttezza dell’ordinanza di diniego della District Court. L’imputato ha sostenuto che l’accusa aveva presentato una prova insufficiente del fatto che egli avesse consapevolezza della presenza di circa una tonnellata e mezza di 12 1/2010 Arch. nuova proc. pen. marijuana nel rimorchio del trattore che stava guidando, avendo testimoniato che quando aveva ispezionato il rimorchio aveva visto solo il “pagliericcio” e non aveva sentito nessun odore di marijuana. L’imputato ha asserito che non era esperto di scoperta di droga e che non aveva più sentito per decenni puzza di marijuana da quando era giovane. La Corte d’appello per il Nono Circuito, riesaminando de novo il diniego della motion ex rule 29 F.R.E., ha premesso che per affermare la colpevolezza per possesso di marijuana con l’intenzione di cederla, devono essere integrati tre elementi: 1) il possesso di marijuana; 2) la consapevolezza del possesso; 3) la finalità di “spaccio”. Ha inoltre precisato che la prova indiziaria non è di per sé meno concludente della prova diretta. Riguardo le argomentazioni difensive, la Corte ha osservato che, nonostante tutto, l’imputato quale conducente e unico occupante di un trattore con rimorchio carico di marijuana, aveva l’esclusivo dominio e controllo su un grosso quantitativo di droga che aveva un valore stimato di oltre un milione di dollari, il che costituiva prova indiziaria circa la consapevolezza dell’imputato. Inoltre, l’accusa ha ricordato che aveva prodotto prove aggiuntive della colpevolezza al dibattimento. L’imputato aveva reso numerose, contrastanti e incredibili versioni dei fatti prima agli agenti e poi al processo. L’imputato non solo aveva testimoniato che aveva accettato il lavoro di trasporto da una persona che non conosceva, ma aveva anche dichiarato che non aveva avuto nessun contatto comunicativo con nessuna delle altre parti coinvolte. A fronte del fatto che avesse venti anni di esperienza quale conducente di autocarri, l’imputato aveva solo controllato l’esterno del veicolo, affermando di non avere ispezionato il carico o che cosa avrebbe potuto contenere il rimorchio prima della partenza. L’imputato ha argomentato che la mera presenza in un luogo dove sono rinvenuti stupefacenti, come un autocarro o una abitazione, non è sufficiente per sostenere una condanna per possesso a fini di spaccio (with intent to distribute), citando due casi in cui la Corte d’appello aveva, in fattispecie simili, accolto l’impugnazione per insufficienza di prova. L’accusa ha replicato che le fattispecie erano diverse, perché in un caso l’imputato era un semplice individuo presente in casa quando fu scoperta la droga, nel secondo l’imputato non era il conducente dell’auto, non possedeva le chiavi e non ne era il proprietario. L’accusa ha osservato che le contraddittorie e implausibili versioni date dall’imputato erano indicative di una “conscia colpevolezza” e che il totale dominio e controllo del rimorchio del trattore fornivano ampia prova di consapevolezza e finalità di spaccio. Alla luce delle prove, la Corte d’appello ha conclusivamente confermato il diniego della motion dell’imputato ex rule 29 F.R.E. e confermato la condanna. dott D o tt r i n a Il caso è emblematico e affronta la questione, dibattuta anche nella giurisprudenza italiana, della sussistenza di sufficiente prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, in relazione all’elemento psicologico del reato di detenzione di sostanze stupefacenti, in circostanze tali da fare dubitare della consapevolezza della presenza dello stupefacente, specie nei casi di più persone presenti al momento del rinvenimento, laddove è da stabilire il limite tra connivenza non punibile e concorso di persone nel reato (casi dell’ospite o del convivente nell’abitazione, del passeggero nel medesimo veicolo, ecc.). La risposta dei giudici varia proprio a seconda delle peculiari circostanze del caso concreto. E ciò ben si vede anche nel caso appena esposto, in cui alla luce delle circostanze concrete (l’imputato conduceva da solo un veicolo di sua proprietà con un rimorchio carico di un ingente quantitativo di droga di elevato valore economico e aveva dato versioni contrastanti e poco credibili dei fatti) la Corte d’appello ha ritenuto corretto il rigetto della richiesta di assoluzione per insufficienza di prova (motion for a judgement of acquittal). Ma dal medesimo caso si evince che in altri casi, diversamente caratterizzati in punto di fatto (mera presenza sul luogo del rinvenimento, senza altri elementi di prova a carico), la Corte ha dichiarato la prova insufficiente e annullato la condanna (56). 7.3. La giurisprudenza statale è ugualmente ricca e illuminante, anche su casi apparentemente spiccioli, dai quali pure si trae piena conferma dell’assunto secondo cui il riesame del giudice superiore è penetrante anche in fatto, allorquando è (ri)proposto il motivo della insufficienza di prova. Per esempio, numerosi sono i casi in tema di guida in stato di ebbrezza, laddove, così come nella giurisprudenza italiana, è controverso se il reato possa essere ritenuto sufficientemente provato, in assenza di alcool-test, sulla base della testimonianza dell’agente di polizia che riferisce di un aspetto o di una condotta “sintomatologica” dell’imputato. Si consideri il seguente caso (57). L’imputato ha proposto appello contro la condanna per guida sotto l’influenza di alcool (reato previsto e punito da tutte le legislazioni statali, nel caso di specie da quella del North Dakota). Dopo l’assunzione delle prove a carico, l’imputato aveva richiesto l’assoluzione immediata (judgement of acquittal) basata sulla insufficienza di prova. La Corte aveva rigettato la richiesta e l’imputato aveva presentato le prove a discarico. Prima di sottoporre il caso alla giuria, l’imputato aveva nuovamente richiesto l’assoluzione per insufficienza di prova. La Corte aveva rigettato e sottoposto il caso alla giuria, che aveva pronunciato verdetto di colpevolezza. In appello, l’imputato ha dedotto che non vi era prova sufficiente per sostenere la condanna. La Corte d’appello ha confermato la condanna. Questi i fatti. L’imputato era stato arrestato per guida sotto l’influenza di alcool. Una notte l’imputato aveva preso in prestito l’auto di un suo collega e compagno di stanza. Un agente di polizia aveva notato il veicolo spostato rispetto al flusso di traffico e che continuava a ondeggiare. L’agente aveva fermato l’imputato per guida “vagante”. L’agente aveva notato che l’imputato aveva problemi di equilibrio, occhi rossi, eloquio difficoltoso e puzzava di alcool. Dell’alcool era stato trovato nel veicolo e l’agente aveva confermato che un odore di alcool proveniva dall’interno del veicolo. L’imputato aveva testimoniato che aveva scarso equilibrio a causa di una lesione alla schiena e di una costola rotta e che i suoi occhi potevano essere rossi perché si era poco prima svegliato da un lungo sonno. Aveva anche testimoniato che aveva bevuto in precedenza quel pomeriggio, ma non beveva una birra da circa le 2.30 del pomeriggio. Il compagno di stanza aveva testimoniato che l’imputato aveva bevuto poche birre, dormito per parecchie ore, si era risvegliato, aveva cenato ed era tornato a dormire. L’imputato alla fine aveva lasciato la casa alle 10.30 di sera. Il compagno di stanza aveva dichiarato che l’imputato non presentava eloquio difficoltoso o occhi rossi quando era uscito e che non aveva portato birra con sé, né aveva bevuto durante la cena. Il compagno di stanza aveva anche affermato che le lattine aperte trovate nel veicolo appartenevano più verosimilmente a lui. L’imputato aveva acconsentito ad un test preliminare dell’aria alveolare, ma non era riuscito a soffiare nel macchinario come gli era stato spiegato e non aveva prodotto un campione sufficiente, forse per rendere i risultati discutibili. Nessun formale test chimico che misurasse l’alcool nel sangue era stato eseguito. L’imputato aveva rifiutato di sottoporsi ad esame del sangue, ma sosteneva di avere fatto numerose richieste per un test alveolare. Poiché nessun alcool-test chimico era stato eseguito, l’unica prova dello stato di intossicazione dell’imputato era la testimonianza dell’agente di polizia che riportava le sue osservazioni dell’imputato durante il fermo della guida e il conseguente arresto. In appello l’imputato ha dedotto che non vi era sufficiente prova per condannarlo, principalmente perché non vi era nessuna analisi chimica del contenuto di alcool nel sangue, eccetto il test preliminare dell’aria alveolare. Dopo avere ribadito la tradizionale regola di giudizio in materia di insufficient evidence, la Corte d’appello (che nel caso di specie è la Corte Suprema del North Dakota, non esistendo in questo Stato una intermediate court), ha richiamato la disciplina sostanziale statale in materia di guida in stato di ebbrezza, che prevede due fattispecie penalmente sanzionate. Una prima ipotesi, che integra una violazione di per sé, è costituita dalla guida con un tasso alcoolemico superiore ad una certa soglia accertato con un test chimico entro due ore dalla guida; una seconda ipotesi “residuale” vieta comunque la guida “sotto l’influenza di un liquore intossicante”: in tal caso non è richiesto un test Arch. nuova proc. pen. 1/2010 13 dott D o tt r i n a chimico per la condanna e il fatto sussiste a prescindere dalla concentrazione di alcool nel sangue; tuttavia, l’accusa deve provare che l’imputato, mentre era alla guida di un veicolo su una pubblica via, ha perso la lucidità mentale e il controllo di sé che avrebbe dovuto avere. Alla luce di questi principi e dopo avere riesaminato la prova nell’ottica più favorevole all’accusa, la Corte ha concluso che la giuria ragionevolmente aveva affermato la colpevolezza dell’imputato per la seconda fattispecie di guida in stato di ebbrezza, essendo irrilevanti le argomentazioni della difesa circa la mancanza della prova del contenuto di alcool nel sangue e il diniego dell’agente di polizia di un test dell’aria alveolare. Anche in materia di stupefacenti la casistica statale è ricchissima, ad esempio nei casi “limite” di possesso per poco tempo e/o consumo di gruppo di droghe, ugualmente controversi nella giurisprudenza italiana. Si consideri il seguente caso (58). L’imputato era stato condannato per possesso di marijuana (nel caso di specie a norma della legge penale dello Stato dell’Indiana) e, in sede di appello, ha dedotto che la prova presentata nel trial non era sufficiente per sostenere la condanna. Questi i fatti. L’imputato e tre amici si erano recati ad una festa paesana e più tardi nella serata erano andati a casa di uno degli amici, che aveva in casa un sacchetto di marijuana. L’imputato aveva preparato una sigaretta di marijuana e tutti e quattro avevano fumato. L’imputato aveva messo la rimanente marijuana in un pacchetto di sigarette e tutti erano usciti per una passeggiata. Un agente di polizia, inviato nei dintorni della casa dopo una segnalazione di una possibile effrazione di un veicolo che coinvolgeva quattro persone, aveva trovato i quattro seduti nel portico di casa; nell’identificarli l’agente aveva notato un pacchetto di sigarette leggermente aperto appoggiato per terra e un sacchetto di plastica dentro il pacchetto. Dopo che nessuno aveva ammesso che il pacchetto era suo, l’agente lo aveva aperto e aveva trovato delle foglie verdi dentro il sacchetto di plastica. Dalla sua esperienza l’agente aveva concluso che la sostanza era marijuana perché aveva “lo stesso odore, lo stesso aspetto e la stessa consistenza della marijuana”. L’imputato, deducendo che la prova era insufficiente, ha enfatizzato che la prova presentata nel trial dimostrava che la marijuana era del proprietario di casa e che lui non aveva mai avuto il possesso del pacchetto di sigarette; inoltre che non vi era prova che la sostanza fosse effettivamente marijuana. Dopo avere richiamato il noto standard di riesame delle richieste fondate sulla sufficiency of evidence, la Corte ha premesso che, in base alla disciplina di diritto penale dello Stato, per condannare l’imputato l’accusa è tenuta a provare al di là di ogni ragionevole dubbio che l’imputato consapevolmente è in possesso di marijuana: il possesso di una sostanza illecita può essere dimostrato sia da un possesso presente (actual) che da un possesso preceden- 14 1/2010 Arch. nuova proc. pen. te; il possesso è attuale quando si ha un diretto controllo fisico sulla cosa. La Corte, preliminarmente, ha ritenuto che vi fosse prova sufficiente che la sostanza fosse marijuana perché una delle persone presenti ai fatti aveva testimoniato che aveva fumato marijuana e che la sostanza che il gruppo aveva fumato era marijuana; inoltre, l’agente di polizia aveva testimoniato che aveva concluso che la sostanza era marijuana sulla base dell’esperienza e sulla base del suo odore, consistenza e aspetto. La Corte ha poi stabilito che vi era prova sufficiente che l’imputato aveva avuto il possesso “attuale” di marijuana in quanto nel trial due dei presenti avevano testimoniato che tutti e quattro avevano fumato marijuana e che l’imputato aveva arrotolato la marijuana in una sigaretta prima che tutti fumassero: secondo la Corte, la manipolazione fisica della sostanza combinata con il suo susseguente consumo avevano integrato un possesso attuale sufficiente per sostenere la condanna, mentre la Corte non può, quando accerta la sufficienza della prova, rivalutare la credibilità dei testimoni. Invero, potrebbero essere citati infiniti casi sia statali che federali, anche relativi a fattispecie più complesse, in cui il giudice di appello (sia esso indifferentemente la Court of appeal o la Supreme court), a fronte della deduzione da parte dell’imputato della insufficiency of evidence, definisce i singoli elementi costituivi del reato oggetto di imputazione così come interpretati dalla giurisprudenza; quindi, stabilisce nel merito se le prove portate nel trial, non più controvertibili quanto alla ricostruzione dei fatti, hanno sufficientemente dimostrato o meno la sussistenza dei predetti elementi e, in definitiva, la colpevolezza o meno del’imputato, se pure sotto forma di riesame della correttezza in diritto della condanna dell’imputato. Volendo ancora esemplificare: nell’ambito di ciascuna legislazione, le corti di appello si trovano a stabilire se in materia di sequestro di persona (kidnapping) è sufficientemente provato il “secret confinement”, se in materia di violazione di domicilio (home invasion) è sufficientemente provato l’“entering without permission”, se in materia di violenza carnale (sexual penetration) è sufficientemente provata la “penetration”, e così via. Dalla lettura dei casi si evince chiaramente come ogni volta la Corte d’appello entra nel merito dell’imputazione, consultando i verbali del dibattimento, ripercorrendo i risultati probatori e qualificando i fatti, per stabilire se integrano o meno uno specifico requisito della fattispecie, di cui si lamenta l’insufficienza di prova. Non solo. In un sistema in cui spesso si affastellano più norme penali sostanziali in relazione a fatti analoghi, per cui a norme che codificano reati di common law in cui la condotta è descritta con clausole generali, si affiancano nuove figure di reato con condotte dettagliate e aggiornate all’evoluzione tecnologica, l’esame della sufficiency of evidence coinvolge la correttezza della “scelta” dell’accusa dott D o tt r i n a nella formulazione dell’imputazione: se, ad esempio, esiste una fattispecie specifica nella quale potrebbero rientrare (se provati) i fatti oggetto di imputazione, ma è stata contestata una fattispecie generale di cui è rilevato che, in base ai fatti come provati, difetta un requisito essenziale, la corte annulla la condanna per insufficienza di prova e rinvia con l’ordine di pronunciare un acquittal, garantito dal divieto di double jeopardy. Si consideri il seguente caso (59). L’imputato era stato condannato per oltraggio alla pubblica decenza (outraging public decency) secondo la legge statale (nel caso di specie dell’Oklahoma). La condotta specifica contestata era quella di avere fotografato alcune donne sotto i loro vestiti con una foto-camera in un luogo pubblico. La Corte d’appello così ha riassunto i fatti. Il personale per la sicurezza di un grande magazzino aveva fermato l’imputato per il suo comportamento sospetto. L’imputato stava girando in parecchi reparti del negozio mentre parlava al cellulare con un “palmare” nell’altra mano. La “security” aveva ritenuto che l’imputato stesse scattando fotografie posizionando il “palmare”, dotato di fotocamera, tra le gambe di donne che indossavano gonne, ad insaputa delle stesse. Non erano state rinvenute fotografie, né il palmare aveva dimostrato che fossero state scattate fotografie La Corte ha esaminato i requisiti del reato di “oltraggio alla pubblica decenza” secondo la legge statale e, citando la giurisprudenza in materia, ha sottolineato che tale fattispecie riguarda le condotte che sono state commesse “apertamente” (openly) e che il termine openly significa “in modo non clandestino, non privatamente o in privato ed è usato nel senso di non essere nascosto, come contrario di nascosto o segreto”. La Corte a questo punto ha osservato che, dalle prove testimoniali, risultava che le presunte condotte erano, per lo meno in via presuntiva, “clandestine”. Le presunte vittime non sarebbero mai state consapevoli delle presunte condotte commesse nei loro confronti, tanto che era stata l’impressione che l’imputato stesse cercando di agire di nascosto che aveva attirato l’attenzione della sicurezza del negozio. La Corte ha ricordato che l’accusa ha discrezionalità nella scelta delle imputazioni e può scegliere tra più fattispecie previste dalle legge; ma, una volta fatta la scelta, l’accusa deve provare ciascun elemento al di là di un dubbio ragionevole. La Corte ha concluso che, nel caso di specie, l’accusa aveva scelto di contestare una fattispecie più generale, quando fattispecie più specifiche e direttamente pertinenti alle condotte oggetto dei fatti avrebbero potuto essere contestate. Dal momento che l’accusa ha scelto di procedere per oltraggio alla pubblica decenza e i fatti non integravano gli elementi costitutivi del predetto reato (specificamente il requisito “openly”) il vizio atteneva alla insufficienza della prova in diritto. Siccome un “rischio” (jeopardy) era stato corso nel presente caso, l’unico rimedio doveva essere l’annullamento con ordine di archiviare. 7.4. In conclusione, al di là dell’esito del singolo caso, la Corte di appello (rectius: qualsiasi giudice di appello, sia esso anche la Corte suprema statale o federale), nell’esaminare la questione della sufficiency of evidence, ancorché eserciti formalmente un sindacato circa la correttezza in diritto della decisione del giudice del fatto, riesamina nel merito la “tenuta” della condanna in relazione alle prove assunte, pur sempre non più discutibili in punto di credibilità. Questo è il limite invalicabile del giudice di appello in sede di esame della sufficiency of evidence: le prove non possono essere ri-valutate in ordine alla attendibilità della loro fonte materiale, ma sono poste come tali in relazione agli elementi costitutivi della fattispecie penale, per stabilire la sussumibilità dei fatti nella fattispecie e, quindi, in ultima analisi ma solo surrettiziamente, la colpevolezza dell’imputato. Il sindacato che esercitano le corti d’appello statunitensi ha infatti sempre per oggetto la sussistenza o meno di un errore di diritto (nel caso di specie: insufficiency of evidence), che però implica ed anzi ha proprio per oggetto la verifica della sussimibilità dei fatti nella fattispecie in relazione a tutti i suoi elementi costitutivi: oggettivi e soggettivi. Si è pertanto certamente distanti dal riesame di merito pieno e diretto sulla colpevolezza condotto dalla Corte d’appello nel sistema italiano, che include anche la rivalutazione della attendibilità delle prove ed è condotto sempre secondo il favor rei in forza della presunzione di innocenza, ovvero nell’ottica più favorevole all’imputato e non nell’ottica più favorevole all’accusa. I due sistemi non sono pertanto sovrapponili, perché il riesame è svolto con strumenti diversi e con criteri di giudizio più limitanti e “deteriori” per il condannato negli Stati Uniti. Tuttavia, se pure con le dovute precisazioni, è sicuramente da sfatare il “mito” secondo cui nel sistema statunitense non viene svolto un riesame di merito sulla colpevolezza, se pure nella forma di verifica della “legalità” della condanna. Ed anzi, tale giudizio non è di competenza della sola corte per l’appello “diretto” (direct appeal), ma di qualsiasi corte d’appello in senso lato e quindi è rinnovabile avanti la Corte Suprema (statale o federale) e finanche in sede di habeas corpus. Se quindi non esiste formalmente un secondo grado di merito sulla colpevolezza, nella sostanza, attraverso l’esame della questione della sufficiency of evidence, il giudice superiore affronta tuttavia e necessariamente il merito dell’imputazione ovvero, indirettamente, la sussistenza o meno della colpevolezza. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 15 dott D o tt r i n a Infatti, se pure formalmente la cognizione del giudice di appello, in tutte le sue articolazioni, ha sempre per oggetto un errore di diritto, nel caso della insufficienza di prova “in diritto” il riesame coinvolge gli elementi costitutivi della fattispecie penale: qualora alcuni o uno degli elementi costitutivi siano ritenuti non sufficientemente provati sulla base delle prove assunte nel trial, per quanto non più controvertibili e rilette nell’ottica più favorevole all’accusa, la Corte d’appello annulla la condanna e rinvia alla corte inferiore. Tale corte ha l’obbligo in sede di giudizio rinvio di attenersi al principio affermato dal giudice di appello, il che comporta inevitabilmente la pronuncia da parte del giudice di rinvio di una sentenza di assoluzione nel merito in senso stretto (acquittal), coperta dalla garanzia del divieto di un nuovo processo per lo stesso fatto. Il che produce, in definitiva, un risultato assimilabile a quello che nel nostro ordinamento producono alternativamente: 1) una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, per difetto di un elemento costitutivo del reato che attiene alla tipicità, alla antigiuridicità o alla colpevolezza in senso stretto (ovvero per difetto di un elemento materiale o psicologico), pronunciata dalla Corte d’appello in secondo grado -anche ma non necessariamente ex art. 530 comma 2 c.p.p.-, divenuta definitiva e come tale garantita dal divieto di bis in idem; 2) una sentenza di annullamento senza rinvio ex art. 620 c.p.p. da parte della Corte di cassazione, allorquando la stessa ritiene che i fatti, così come provati in atti, non sono sussumibili nel reato contestato, in accoglimento tipicamente del motivo di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p. (inosservanza o erronea applicazione della legge penale). Note (1) È possibile che uno stesso fatto configuri un reato statale (anche in più Stati) e un reato federale: in tal caso, in base alla dual sovereignty rule, come elaborata dalla Corte Suprema federale, non è da escludere che l’imputato possa essere sottoposto sia al processo statale che a quello federale, e quindi a due condanne. Nella prassi, tuttavia, ciò di regola non avviene in base all’esercizio “calibrato” (discrezionale) dell’azione penale.Il requisito dello interstate commerce è un elemento costitutivo tipico di molti reati federali da provare, come tutti i requisiti della fattispecie, al di là di ogni ragionevole dubbio: proprio il difetto di prova dello interstate commerce spesso rappresenta questione di insufficiency of evidence in sede di impugnazione (come si vedrà meglio infra). (2) A rigore non si tratta di una post-trial motion in quanto tale richiesta si propone non dopo la dichiarazione di colpevolezza ma dopo il sentencing, ovvero la determinazione della pena; tuttavia, la richiesta soggiace alla medesima disciplina delle post-trial motions perché è decisa dal giudice del trial e perché, se non proposta, determina la decadenza del motivo di appello con il medesimo oggetto. (3) In base alla plain error doctrine l’errore è riconosciuto “evidente”, quando, oltre ad essere chiaro in base alle leggi vigenti e riguardare diritti fondamentali (substantial rights), “viola seriamente la correttezza, l’integrità, o la pubblica reputazione del processo (seriously affects 16 1/2010 Arch. nuova proc. pen. the fairness, integrity or public reputation of judicial proceedings). Sul punto si tornerà meglio infra. (4) La disciplina nell’ordinamento federale è contenuta nella rule 29 delle Federal Rules of Criminal Procedure. (5) L’applicazione della double jeopardy clause presuppone, secondo la giurisprudenza, un accertamento di non colpevolezza in base ad elementi di fatto. Sul punto si tornerà meglio infra. Si può sin d’ora anticipare che, in base a tale principio, può trarsi argomento per ritenere che l’esame della sufficiency of evidence non solo da parte del giudice del trial in sede di post-trial motion ma anche, e soprattutto, da parte un qualsiasi giudice in sede di impugnazione, laddove la motion è (ri) proposta, comporta un riesame nel merito della colpevolezza sulla base delle prove assunte, se pure in forza del criterio “rovesciato” elaborato dalla giurisprudenza (nell’ottica più favorevole all’accusa). (6) Si tratta di un criterio tradizionale molto risalente, adottato sia dalle corti federali, sia da quelle statali, che giudicano in sede di impugnazione (direct o collateral), allorquando è proposta questione di insufficiency of evidence. Sul punto si tornerà meglio infra.Il caso deciso dalla Corte Suprema era un ricorso per habeas corpus di un detenuto statale in cui era denunciata l’insufficienza della prova dell’elemento costitutivo della premeditazione necessario per la condanna a titolo di omicidio “di primo grado” in base alla legge penale della Virginia.In sede statale tutte le corti, nei vari gradi, avevano rigettato il motivo. Il detenuto aveva così adito in sede di habeas corpus la corte federale distrettuale, che, applicando il criterio no evidence (nessuna prova) secondo Thompson v. Louisville (362 U.S. 199 - 1960), aveva accolto il ricorso affermando che gli atti difettavano della prova della premeditazione. Applicando lo stesso criterio, la Corte di appello federale (5th Circuit) aveva ribaltato la decisione, affermando che esisteva una qualche prova che il ricorrente avesse premeditato l’uccisione della vittima.La Corte Suprema federale, richiamando i principi di In re Winship (397 U.S. 358) e ritenendo inadeguato il criterio no evidence per proteggere l’imputato da scorrette applicazioni dello standard costituzionale del dubbio ragionevole dettato da Winship, che rientra nella garanzia del giusto processo, ha affermato che “il condannato ha diritto al rimedio dell’habeas corpus se è provato che, sulla base delle prove acquisite nel trial, nessun giudice del fatto razionale, avrebbe potuto trovare un risultato probatorio di colpevolezza al di là di un dubbio ragionevole… Il riesame degli atti in questo caso, nell’ottica più favorevole all’accusa, dimostra che un giudice del fatto razionale avrebbe potuto riconoscere il ricorrente colpevole al di là di un dubbio ragionevole di omicidio di primo grado in base alla legge della Virginia”.Pertanto, nel caso di specie, il ricorso è stato respinto e confermata la decisione della Corte di circuito.Il criterio si ritrova costantemente affermato e applicato nella giurisprudenza federale (corti di circuito) e nelle corti di appello e supreme statali, che giudicano in grado di impugnazione (direct appeal o last resort), allorquando è sollevato il motivo di appello della insufficiency of evidence. Sul punto si tornerà meglio infra. (7) Principio giurisprudenziale risalente, così codificato, nell’ordinamento federale, dalla rule 33(a) delle Federal Rules of Criminal Procedure. (8) Si tratta di un motivo frequente in quanto il contenuto delle istruzioni è frutto di una macchinosa procedura che coinvolge tutte le parti (prosecutor, difesa, giudice) e, ancorché siano diffusi presso le corti modelli standard di istruzioni, è sempre necessario adeguare il modello al caso concreto, spiegando in maniera capillare ai giurati tutti i principi di diritto applicabili, sia sostanziali (ad esempio, in cosa consiste la mens rea id est il dolo nello specifico reato in imputazione), sia processuali (ad esempio, quale è il significato del criterio “al di là di ogni ragionevole dubbio” necessario ai fini del verdetto di colpevolezza). Per la procedura di jury instructions nell’ordinamento federale cfr. rule 30 Federal Rules of Criminal Procedure. (9) Per ottenere un nuovo dibattimento basato su prove recentemente scoperte l’imputato deve dimostrare che: 1) la prova è stata scoperta dopo il dibattimento; 2) l’impossibilità di conoscere la prova al tempo del dibattimento non è dovuta a colpa dell’imputato; 3) la prova dott D o tt r i n a è essenziale per le questioni oggetto del processo; 4) la prova è veritiera e non è meramente sovrabbondante o accusatoria (impeaching); 5) il nuovo dibattimento avrebbe probabilmente un esito differente.Spirato il termine di decadenza (3 anni nell’ordinamento federale), non è più possibile ottenere la revisione del processo e, quand’anche si scoprano nuove prove, salva la possibilità di proporre l’habeas corpus federale (ma non sulla base dell’innocenza “attuale”, ma solo ricorrendone i presupposti ovvero che lo status detentionis sia in violazione della Costituzione e delle leggi federali), l’unico rimedio esperibile è rappresentato dalla richiesta di grazia. (10) La Corte può fissare un’udienza istruttoria (evidentiary hearing) sulle questioni oggetto di richiesta di un nuovo dibattimento.In caso di rigetto della motion, la decisione della trial court è appellabile avanti la Corte d’appello, che però può annullare la decisione solo per abuso di discrezionalità (abuse of discretion), in quanto si ritiene che la trial court è in grado di valutare meglio gli effetti, a seconda dei casi, degli errori di diritto eccepiti o della nuova prova dedotta. (11) Nell’ordinamento federale la pubblica accusa può appellare una decisione avversa nell’ambito di un procedimento penale solo quando è autorizzata dalla legge e non è vietato da una norma costituzionale.Il principale limite costituzionale agli appelli della pubblica accusa è appunto il divieto di secondo giudizio per uno stesso reato (double jeopardy) previsto dal Quinto Emendamento.La legge federale (Criminal Appeals Act) consente eccezionalmente ai procuratori federali di appellare ordinanze di archiviazione di imputazioni, ordinanze di esclusione della prova (orders suppressing evidence), ordinanze che dopo il verdetto concedono un nuovo dibattimento, quantificazioni della cauzione e alcune altre ordinanze “conclusive”. (12) È questa l’interpretazione restrittiva data dalla Corte Suprema federale al termine acquittal.Di conseguenza, se è intervenuto nel trial un proscioglimento per ragioni processuali non afferenti il tema della colpevolezza, come nel caso di annullamento per violazione del right to a speedy trial, non opera la garanzia del double jeopardy (U.S. v. Scott, 437 U.S. 82 1978).E così l’annullamento della condanna per ragioni processuali in tutte le sedi di impugnazione, non impedisce la sottoposizione dell’imputato ad un nuovo giudizio in sede di rinvio, salvo che l’accoglimento dell’impugnazione si fondi sulla insufficienza di prova.In tal caso, viceversa, la decisione (obbligata) del giudice di rinvio sulla base del principio affermato dal giudice dell’impugnazione, equivale ad un acquittal in fatto, in quanto implica una valutazione della colpevolezza/non colpevolezza in fatto (Burks v. U.S., 437 U.S. 1 1978). Da ciò si trae argomento per ritenere che l’esame del motivo di appello della sufficiency of evidence, se pure formalmente veicolato come errore di diritto, implica da parte del giudice dell’impugnazione un giudizio di merito sulla colpevolezza, se pure nell’ottica “rovesciata” del più favorevole all’accusa. (13) La materia è disciplinata nell’ordinamento federale dagli articoli 1291-1292 Title 28 U.S. Code.In casi eccezionali, una parte può immediatamente appellare un’ordinanza predibattimentale (pretrial order). In Cohen v. Beneficial Industrial Loan Corp. (337 U.S. 541 - 1949), la Corte Suprema ha sviluppato un’eccezione alla regola dell’appellabilità dei soli provvedimenti “finali” (final judgment rule) per i provvedimenti che decidono definitivamente questioni di diritto separabili da, e accessorie a, diritti fatti valere nel procedimento, le quali sono troppo importanti per negarne il riesame e troppo indipendenti rispetto al procedimento stesso per consentire che il giudizio di appello sia rimandato sino a che l’intero caso sia deciso.Questa eccezione, conosciuta come collateral order doctrine, consente l’appello contro una decisione che: 1) accerta definitivamente la questione controversa; 2) è completamente separata dalla questione sulla colpevolezza dell’imputato; 3) non è validamente suscettibile di riesame in sede di appello contro un provvedimento finale. La Corte Suprema ha stabilito che le ordinanze di rigetto a tre tipi di eccezioni sono immediatamente appellabili secondo la collateral order doctrine: 1) eccezioni predibattimentali (pretrial motions) finalizzate all’archiviazione di una imputazione basate sul principio del divieto di un secondo giudizio per lo stesso reato (double jeopardy clause); 2) eccezioni predibattimentali finalizzate all’archiviazione di una imputazione basate sull’immunità della “discussione parlamentare” (speech and debate clause); 3) richieste di riduzione di una cauzione eccessiva. La Corte Suprema, viceversa, non ha consentito appelli immediati contro ordinanze predibattimentali di rigetto di eccezioni fondate su violazioni della rapidità del processo (speedy trial), sulla natura “vendicativa” dell’azione penale, su violazioni procedurali da parte del grand jury, su richieste di esclusione della prova (motions to suppress evidence) o richieste di rimozione dell’avvocato difensore.Le corti d’appello federali, inoltre, non hanno consentito appelli immediati contro provvedimenti che riguardano questioni processuali, rigetti di richieste di rimozione del prosecutor o del giudice, e proposte di patteggiamento (plea bargains) con la pubblica accusa. (14) Tale regola si applica ai motivi aventi per oggetto l’illegittima ammissione o esclusione di una prova, la scorretta condotta del pubblico ministero, la scorretta condotta del giudice, errori nella determinazione della pena, erronee istruzioni alla giuria, pregiudizio dei giurati, e altri errori di diritto nel dibattimento.I motivi concernenti l’inadeguata assistenza difensiva devono essere preservati mediante un’eccezione in fase di dibattimento, a meno che sussistono particolari circostanze.In un dibattimento con più imputati, un’eccezione “salvaguarda” di regola solo l’imputato nel cui interesse è stata sollevata. La regola opera nei confronti della pubblica così come dell’imputato. L’inosservanza dell’obbligo di eccezione “tempestiva” prevista dall’ordinamento statale può precludere il riesame in sede di habeas corpus federale. Alcuni motivi non sono ritenuti tempestivi se non sono stati sollevati come pre-trial motions, in sede cioè di eccezioni preliminari al dibattimento (difetti nell’esercizio dell’azione penale, difetti nell’imputazione, oltraggiosa condotta della pubblica accusa, esclusione della prova, richieste di discovery e richieste di separazione).Inoltre, una parte deve proporre una tempestiva, anche se non necessariamente contemporanea, eccezione che riguarda un giudice o il contenuto di un atto del giudice. Sebbene una dichiarazione di colpevolezza (guilty plea) comporta la rinuncia a molti motivi relativi alla violazione di diritti costituzionalmente garantiti avvenuta prima della presentazione della dichiarazione, la rule 11(a)(2) delle Federal Rules of Criminal Procedure consente all’imputato di presentare una dichiarazione di colpevolezza condizionata, riservandosi il diritto di appellare su specifiche questioni predibattimentali.In aggiunta all’onere di proposizione di eccezioni specifiche al momento opportuno, l’imputato di regola deve continuare a coltivare le eccezioni nel corso del dibattimento.Un’eccezione preliminare che mira ad escludere una prova pregiudizievole prima della sua stessa introduzione, di regola, non salvaguarda un motivo di appello.Una corte può, comunque, consentire il riesame quando un’eccezione al dibattimento sarebbe stata superflua o quando l’imputato non conosceva i fatti su cui si fonda il motivo proposto in appello. (15) Nell’ordinamento federale la rule 52(b) delle Federal Rules of Criminal Procedure stabilisce che: “un errore evidente che riguarda i diritti fondamentali può essere esaminato anche se non è stato portato all’attenzione della corte”. (16) Principio risalente e consolidato affermato in U.S. v. Atkinson, 297 U.S. 157 (1936). Per stabilire se una decisione viola i diritti sostanziali dell’imputato la Corte deve analizzare l’errore dedotto nel contesto dell’intero fascicolo. L’imputato ha l’onere di persuadere (burden of persuasion) in ordine all’integrazione di questo pregiudizio. E’ più probabile che siano considerati plain errors errori di natura costituzionale piuttosto che errori non costituzionali.Sebbene una varietà di violazioni può integrare errore evidente, i motivi frequentemente riguardano scorrette istruzioni alla giuria, illegittima ammissione di prove, errori nella determinazione della pena o scorrettezze dell’accusa. E’ poco probabile che la Corte riconosca l’errore evidente quando l’avvocato difensore ha contribuito all’errore, quando l’errore riguarda un fatto ammesso dall’imputato, quando l’imputato difetta dal richiedere istruzioni “correttive” alla giuria nel dibattimento, quando istruzioni “correttive” sono date per rimediare all’errore, o quando esiste una prova schiacciante contro l’imputato. Anche se un errore è evidente e viola i diritti sostanziali dell’imputato, la Arch. nuova proc. pen. 1/2010 17 dott D o tt r i n a Corte può esercitare la sua discrezionalità per garantire la tutela dell’imputato solo se l’errore viola seriamente l’imparzialità, l’integrità o la pubblica reputazione dei procedimenti giudiziari. (17) Nell’ordinamento federale la rule 52(a) delle Federal Rules of Criminal Procedure così dispone: “Qualsiasi errore, vizio, irregolarità o deviazione che non intacca diritti fondamentali (substantial rights) deve essere ignorato”. (18) Principio affermato in Chapman v. California, 386 U.S. 18 (1967). Anche l’errore nell’ammissione di un mezzo di prova non è considerato dalla giurisprudenza di per sé lesivo di un substantial right ed è pertanto assoggettato alla verifica di innocuità, in base al criterio del “probabile impatto della prova [erroneamente ammessa] sulla mente dei membri di una giuria media” (Harrington v. California, 395 U.S. 250 1969). E così anche altre violazioni, concernenti l’assenza del difensore in talune fasi o atti (ricognizione, confessione, preliminary hearing) diverse dal trial (in tal caso l’errore è sempre fondamentale e mai harmless) o concernenti la raccolta di prove attraverso perquisizioni o arresti illegittimi in violazione del IV Emendamento, sono assoggettate alla verifica, da effettuarsi caso per caso, della loro innocuità.Anche le violazioni della confrontation clause di cui al VI Emendamento non possono essere considerate sempre e in assoluto errori fondamentali, ma soggiacciono al principio di verifica caso per caso della innocuità, alla luce del valore della prova in relazione alla quale si è verificata la violazione e del valore delle altre prove.Quindi, nel caso di errori costituzionali, la Corte Suprema ha stabilito che una corte può qualificare innocuo l’errore solo in forza di un accertamento al di là di ogni ragionevole dubbio che l’errore non abbia inciso sul giudizio.Per le violazioni non costituzionali, la Corte Suprema ha viceversa respinto un esame della correttezza del risultato: la corte d’appello deve solo accertare con sufficiente sicurezza che il giudizio non sia stato sostanzialmente influenzato dall’errore.Singoli errori innocui possono divenire non innocui se considerati congiuntamente.L’adozione nel dibattimento di provvedimenti “correttivi” accresce la probabilità che una corte d’appello riconosca l’errore innocuo. Nell’esaminare un errore, la corte deve distinguere gli errori “tipici” del dibattimento, che sono soggetti ad analisi secondo il criterio dell’errore innocuo, dai vizi “strutturali” del sistema giudiziario, che non lo sono.Gli errori soggetti all’analisi secondo il criterio dell’errore innocuo comprendono alcune violazioni procedurali del grand jury; la non corrispondenza tra l’imputazione e la prova (proof); scorrette riunioni processuali (di imputati o reati); errori nel colloquio ai fini della dichiarazione di colpevolezza; l’ammissione della prova in violazione delle garanzie del Quarto, Quinto o Sesto Emendamento inclusa l’ammissione di confessioni estorte; errori nell’esame in sede di voir dire dei giurati; scorretta condotta dei giurati; scorretta condotta del pubblico ministero; violazioni del principio del contraddittorio (Confrontation clause); l’assenza dell’imputato nelle fasi dibattimentali; l’illegittima esclusione della prova; errori nell’istruzione della giuria; il difetto di verifica se la dichiarazione di colpevolezza è volontaria; l’assenza dell’imputato in sede di emissione di una sentenza alla pena di morte; errori nella determinazione della pena.Gli errori “strutturali” sono esclusi dall’analisi secondo il criterio dell’errore innocuo perché i diritti interessati sono così fondamentali per un processo equo che una loro violazione non può mai essere considerata innocua.In Arizona v. Fulminante (499 U.S. 279) la Corte Suprema ha osservato che questo tipo di violazioni comprendono negazioni del diritto alla difesa, del diritto ad un giudice imparziale, del diritto ad un dibattimento pubblico e del diritto all’autodifesa nel dibattimento. Il caso era peraltro relativo ad una confessione di un omicidio estorta in carcere da un confidente provocatore in cambio della garanzia di protezione da un possibile duro trattamento carcerario. La trial court aveva respinto la motion to suppress evidence e l’imputato era stato condannato alla pena capitale; la Corte Suprema dell’Arizona aveva riconosciuto il vizio e, ritenuta non appropriata l’harmelss error analysis alla confessione estorta, aveva annullato la condanna e disposto un nuovo processo; la Corte Suprema federale, pur confermando l’annullamento ed il rinvio in quanto il fatto che l’imputato avrebbe potuto essere soggetto a violenza era sufficiente per provare la coercizione, ha osservato che l’harmless error analysis 18 1/2010 Arch. nuova proc. pen. dovrebbe essere nondimeno applicata a qualsiasi confessione estorta.In altre pronunce la Corte Suprema ha altresì stabilito che l’analisi secondo il criterio dell’errore innocuo può non essere adottata nei casi che attengono ad erronee istruzioni alla giuria riguardanti il principio del dubbio ragionevole, a discriminazioni razziali nella scelta del grand jury, ad illegittime ricusazioni di potenziali giurati del processo nei dibattimenti in cui è prevista la pena capitale, e ad alcune violazioni della discovery. Le Corti di circuito hanno escluso l’applicazione dell’analisi secondo il criterio dell’errore innocuo nei seguenti casi: gravi violazioni del diritto ad un processo equo; violazioni del diritto di scelta del difensore; illegittima modifica dell’imputazione; mancanza di accertamento se l’imputato comprendeva la natura delle accuse; difetto di avviso all’imputato del suo diritto a proporre appello contro la condanna; minorazione del diritto dell’imputato alle ricusazioni immotivate; negazioni del diritto al processo con giuria. (19) In base al criterio dell’abuse of discretion una decisione può essere tacciata di abuso di discrezionalità se il giudice della lower court ha difettato nell’esercitare il potere di decisione in modo “sensato, ragionevole e legittimo”. Nella giurisprudenza federale si veda General Electric Co. v. Joiner (522 U.S. 136 - 1997), che ha affermato l’applicazione dell’abuse of discretion standard al riesame delle decisioni riguardanti l’ammissione o meno della prova scientifica.Il clear error è viceversa un criterio più rigoroso in quanto si richiede per l’annullamento un “errore manifesto”.Il criterio de novo è, all’opposto, quello che attribuisce maggiore libertà al giudice dell’impugnazione, che riesamina interamente (“di nuovo”) la decisione. (20) Nell’ordinamento federale, la rule 4(b) delle Federal Rules of Appellate Procedure disciplina l’appello “come diritto” (as of right) nei processi penali (criminal cases) e prevede che l’imputato deve depositare la dichiarazione di appello entro 10 giorni dal deposito della decisione o dell’ordinanza contro cui si propone appello, o dal deposito dell’appello da parte della pubblica accusa (Government). La pubblica accusa deve depositare la dichiarazione di appello entro 30 giorni dal deposito della decisione o dell’ordinanza contro cui si propone appello, o dal deposito della dichiarazione di appello da parte di un qualche imputato.La corte distrettuale può concedere alla parte una proroga per il deposito sino a 30 giorni in base alla dimostrazione di un ritardo scusabile. (21) Nell’ordinamento federale la disciplina è contenuta nelle Federal Rules of Appellate Procedure e, in particolare, nelle rules 28 (memorie delle parti), 29 (memorie di un amicus curiae), 30 (appendici alle memorie); 31 (deposito e termini per le memorie), 32 (forme delle memorie). (22) Nell’ordinamento federale, la disciplina è contenuta nella rule 34 delle Federal Rules of Appellate Procedure che prevede che la discussione orale è sempre concessa, a meno che: 1) l’appello è “frivolo” (frivolous); 2) le questioni in discussione sono state autorevolmente decise; 3) gli argomenti sono stati adeguatamente rappresentanti nelle memorie. Le parti possono rinunciare concordemente alla discussione orale, ma la corte può sempre ordinare che il caso sia discusso. (23) L’istituto è disciplinato nell’ordinamento federale dalla rule 35 delle Federal Rules of Appellate Procedure, che ammette la discussione en banc o il riesame en banc solo quando: 1) è necessario per assicurare e mantenere uniformità delle decisione della corte; o 2) il caso riguarda questioni di eccezionale importanza. Si noti il parallelismo con i casi che, nel nostro ordinamento, consentono l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. (24) Il ricorso per habeas corpus per i detenuti statali (Habeas Relief for State Prisoners) è previsto e disciplinato dall’art. 2254 Title 28 U.S.C.Le corti federali sono competenti a rilasciare un mandato (writ) di habeas corpus su richiesta di una persona che è stata privata della libertà a seguito della decisione di una corte statale solo sull’assunto che tale privazione è avvenuta in violazione della Costituzione o delle leggi o dei trattati degli Stati Uniti.Un detenuto può presentare il ricorso sia nella corte distrettuale per il distretto nel quale è detenuto sia nella corte distrettuale per il distretto nel quale è stato dichiarato colpevole ed è stata determinata la pena.Il richiedente deve essere in stato di privazione dott D o tt r i n a della libertà (incustody): un termine che è stato estensivamente interpretato dalle corti, in modo da includere non solo la carcerazione fisica, ma anche altri significativi mezzi restrittivi della libertà personale. (25) Il ricorso per habeas corpus federale, di regola, non è ammissibile a meno che il ricorrente non abbia esaurito tutti i rimedi disponibili nelle corti statali (exhaustion requirement).L’amministrazione statale può rinunciare al presupposto dell’esaurimento.Le corti federali, peraltro, possono rigettare un ricorso entrando nel merito, anche se il ricorrente non ha esaurito i rimedi statali disponibili.Le corti federali possono derogare al presupposto dell’esaurimento se un’ulteriore procedimento statale sarebbe inutile, e in altri casi limitati.Se un ricorrente non ha presentato il ricorso prima alle corti statali con le modalità prescritte dalle regole processuali statali, le corti federali di regola rifiutano di esaminare il ricorso (procedural bar). (26) A norma dell’art. 2244(d)(1) title 28 U.S.C., i ricorsi ex art. 2254 devono essere depositati entro un anno: 1) dal provvedimento conclusivo in sede di impugnazione diretta [iter delle impugnazioni ordinarie] o dalla scadenza del termine per proporre questo tipo di impugnazione; 2) dalla rimozione di ogni divieto statale che in violazione della costituzione ha impedito il deposito di questo tipo di impugnazioni; 3) dal riconoscimento da parte delle Corte Suprema di un nuovo diritto costituzionale applicabile retroattivamente; o 4) dalla data nella quale i fatti che supportano il ricorso presentato avrebbero potuto essere scoperti con l’adozione della dovuta diligenza.Dopo che un detenuto ha depositato un ricorso ex art. 2254, lo stesso è esaminato prontamente dal giudice al quale è stato assegnato. Se appare manifestamente, dal testo del ricorso e da tutti i documenti, che il ricorrente non ha diritto alla richiesta, il giudice rigetta sommariamente il ricorso, avvisando il ricorrente. Negli altri casi il giudice ordina all’amministrazione di depositare una replica o altra memoria entro un certo termine o altre appropriate condotte. Una corte distrettuale può inoltre rigettare un ricorso di un detenuto statale se un qualsiasi ritardo nel presentare il ricorso ha pregiudicato la capacità di replica dell’amministrazione statale, a meno che il ricorrente dimostri che le allegazioni che fondano la domanda non potevano essere scoperte con ragionevole diligenza prima che maturassero le circostanze pregiudizievoli per l’amministrazione. A norma dell’art. 2254(e)(2) title 28 U.S.C., se il ricorrente non ha sviluppato la factual basis di un ricorso nei procedimenti avanti le corti statali, la corte distrettuale può concedere un’udienza istruttoria solo se il ricorrente ha dimostrato che il ricorso è fondato su: o un nuovo principio di diritto costituzionale, reso retroattivo in impugnazioni analoghe dalla Corte Suprema o su elementi di fatto che non si sarebbero potuti scoprire prima con l’adozione della dovuta diligenza; è inoltre necessario che i fatti che supportano la richiesta dimostrano con prova chiara e convincente che, senza l’errore costituzionale, nessun giudice del fatto ragionevole avrebbe condannato il ricorrente. A norma dell’art. 2254(e)(1) del Title 28 U.S.C., l’accertamento di una questione di fatto da parte di una corte statale si presume corretta e può essere “ribaltata” solo da una prova chiara e convincente. La Corte Suprema ha applicato la presunzione di correttezza ex art. 2254(e)(1) agli accertamenti di fatto delle corti statali che riguardano l’esclusione motivata di un giurato, la parzialità di un giurato, le identificazioni da parte di un testimone, la capacità di partecipare al processo, la capacità di rinunciare a procedimenti post-dibattimento, e la colpevolezza (culpability).La presunzione di correttezza non si applica alle questioni di diritto e alle questioni miste di fatto e diritto. (27) A norma dell’art. 2244 del Title 28 U.S.C., un ricorrente può presentare un secondo o successivo ricorso per habeas solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione da un collegio di tre giudici nella competente corte d’appello. Al fine di ottenere un provvedimento di autorizzazione, il ricorrente deve dimostrare prima facie che la questione non era stata presentata in un precedente ricorso per habeas federale.Inoltre, il ricorrente deve dimostrare che: 1) la nuova questione riguarda una nuova regola di diritto costituzionale, resa retroattiva ai casi in sede di impugnazione analoga dalla Corte Suprema, che prima non era invocabile; o 2) che i fatti posti a base della nuova richiesta non avrebbero potuto essere scoperti precedentemente con l’adozione della dovuta diligenza e che i fatti che supportano la richiesta, se provati e visti nell’ottica dell’intero materiale probatorio, dimostrano con prova chiara e convincente che, senza l’errore costituzionale, nessun giudice del fatto avrebbe riconosciuto il ricorrente colpevole. L’accoglimento o il rigetto di una autorizzazione da parte della corte d’appello non è appellabile e non è soggetta a riesame.Un ricorrente che vuole appellare contro un provvedimento conclusivo che rigetta l’habeascorpus deve richiedere un “certificato di appellabilità” al giudice della corte distrettuale che ha reso la decisione o a un giudice della corte di circuito, nel rispetto del termine di 30 giorni e delle altre regole processuali che disciplinano la presentazione degli appelli.Il giudice distrettuale o di circuito può rilasciare un certificato di appellabilità solo se il ricorrente ha dato una dimostrazione sostanziale del diniego di diritti costituzionali. Quando rilascia un certificato di appellabilità il giudice deve indicare le specifiche ragioni che soddisfano lo standard della dimostrazione sostanziale. Le corti di appello “ribaltano” le determinazioni in fatto delle corti distrettuali solo quando sono chiaramente erronee (criterio del clear error e non dell’abuse of discretion). (28) La nuova disciplina è stata introdotta dall’Antiterrorism and Effective Death Penalty Act (AEDPA, 1996), ma si applica solo a condizione che gli Stati rispettino certi standard di garanzia, previsti dall’art. 2261 Title 28 U.S.C. (volti per lo più a garantire l’assistenza difensiva nell’ambito delle procedure interne successive alla condanna; nel 2003 solo uno Stato, l’Arizona, le rispettava): tali regole ad hoc si aggiungono e, in parte, si sostituiscono alle regole che disciplinano i ricorsi ex art. 2254 nei casi non capitali.Se lo Stato rispetta i requisiti, il ricorso per habeas corpus del condannato a morte diviene soggetto: 1) a più brevi limitazioni temporali (art. 2263 Title 28 U.S.C.): non oltre 180 giorni da che la condanna diventa definitiva, salvi i casi di sospensione del termine, tra cui il deposito di un collateral attack in sede statale; 2) a limitazioni dei motivi di ricorso (art. 2264 Title 28 U.S.C.): solo questioni già correttamente poste e decise nel merito nelle corti statali, salvo eccezioni; a una regolamentazione rigorosa della sospensione dell’esecuzione (art. 2262 Title 28 U.S.C.): la trattazione da parte di una qualsiasi corte competente di un ricorso per habeas corpus ex art. 2254 sospende l’esecuzione, che però viene meno, tra l’altro, se il ricorrente manca di dare prova del diniego di un diritto federale e nel caso di rigetto del ricorso; dopo di che la corte non può più disporre sospensioni, a meno che la corte d’appello autorizzi la richiesta di una seconda o successiva trattazione del ricorso a norma dell’art. 2244(b) Title 28 U.S.C. (29) Durante la pendenza di un ricorso la corte distrettuale può sospendere qualsiasi procedimento avanti ad una corte statale contro il ricorrente.Se la corte decide il merito del ricorso a favore del detenuto, ha ampia discrezionalità nello scegliere il rimedio appropriato. Nell’accogliere domande di habeas corpus le corti per lo più ordinano allo Stato di rideterminare la pena, riclassificare la condanna o garantire un nuovo dibattimento su specifiche questioni. La liberazione incondizionata è un rimedio di ultimo livello, che è di regola concesso solo quando uno Stato ha mancato di rispettare i provvedimenti delle corti federali che prevedevano altre forme di beneficio. (30) I ricorsi per violazioni di leggi federali sono accolti solo se la violazione assurge al grado di errore “fondamentale”, che si risolve in un grave errore giudiziario o non è compatibile con i più elementari principi del giusto processo. Le violazioni di leggi statali non sono deducibili, a meno che tali violazioni abbiano rilevanza costituzionale. Perciò, le irregolarità che si verificano nei procedimenti statali sono deducibili solo se si risolvono in una assoluta iniquità e, di conseguenza, hanno violato il diritto del ricorrente al giusto processo previsto dal Quattordicesimo Emendamento della Costituzione federale (che estende agli ordinamenti statali la due process clause del V Emendamento)). I motivi comuni di habeas corpus comprendono questioni basate sul Sesto Emendamento di inadeguata assistenza difensiva, questioni basate sul Quinto Emendamento che riguardano dichiarazioni ottenute in violazione di Miranda v. Arizona, questioni di scorrettezza del pubblico ministero e del giudice, questioni di “prova insufficiente” (insufficient evidence).I motivi relativi al fatto che la prova ottenuta in violazione del Quarto Emendamento è Arch. nuova proc. pen. 1/2010 19 dott D o tt r i n a stata illegittimamente ammessa nel dibattimento non sono esaminabili in sede di habeas corpus, se tali questioni sono state pienamente ed equamente discusse nelle corti statali. I motivi relativi alla inadeguatezza della difesa fondate su una carenza di argomentazione nel discutere una questione riguardante il Quarto Emendamento, viceversa, sono esaminabili in sede di habeas corpus.Una questione di innocenza “attuale” (scoperta sopravvenuta di elementi che provano l’innocenza), non è deducibile in assenza di una autonoma violazione costituzionale nelle precedenti fasi che hanno condotto alla condanna del detenuto.In Herrera v. Collins (506 U.S. 390 1993) il condannato aveva presentato un ricorso di habeas corpus federale dieci anni dopo le condanne, impugnando le stesse (per omicidio di primo grado) sulla base del fatto che prove scoperte recentemente, in forma di dichiarazioni giurate che attestavano che suo fratello (nel frattempo deceduto) aveva commesso gli omicidi, dimostravano che egli era “attualmente” innocente per quegli omicidi. La Corte Suprema ha affermato che dopo un provvedimento definitivo non si applica più la presunzione di innocenza. Una nuova richiesta di innocenza è basata su questioni di fatto e l’habeas non è la sede adatta per correggere errori di fatto. La Corte ha osservato che una richiesta di grazia è il rimedio corretto per questioni di innocenza basate sulla scoperta di nuove prove troppo tardiva per presentare una richiesta di nuovo dibattimento (motion for a new trial). La Corte in Herrera ha lasciato aperta la possibilità che in casi di pena capitale una dimostrazione veramente persuasiva di innocenza “attuale” potrebbe rendere l’esecuzione capitale incostituzionale, se non ci sono mezzi statali di ricorso dopo la condanna, anche se la condanna è stata il prodotto di un processo equo, assicurando quindi il ricorso per habeas federale se non sono disponibili mezzi statali che abbiano per oggetto questo tipo di questioni. Peraltro, tale ipotesi dovrebbe essere rara, tanto che, secondo la Corte, la soglia per dimostrare un simile fondamento dovrebbe essere necessariamente straordinariamente elevata (nella giurisprudenza di circuito si registrano casi in cui il ricorso è stato sempre rigettato). (31) A norma dell’articolo 2254(d)(1) title 28 U.S.C., il ricorso per habeas corpus non è ammissibile per nessuna questione decisa nel merito nelle corti statali a meno che la decisione statale sia stata: 1) contraria alla, o conseguenza di una irragionevole applicazione della legge federale chiaramente interpretata, come stabilito dalla Corte Suprema; oppure 2) basata su un irragionevole accertamento dei fatti.Sulla base di quanto statuito dalla Corte Suprema in Teague v. Lane (489 U.S. 288 1989), il ricorso per habeas corpus non è generalmente ammissibile se l’accoglimento del ricorso richiederebbe l’affermazione o l’applicazione di un “nuovo” principio costituzionale di procedura penale, nel senso che un nuovo principio non è applicabile retroattivamente ai riesami per habeas corpus di condanne che sono divenute definitive prima che il nuovo principio fosse affermato, a meno che il nuovo principio ricada in due eccezioni, tra cui quella che si tratta di un principio “spartiacque” di procedura penale, che riguarda la “fondamentale equità e correttezza” del procedimento. (32) Questo caso è infatti un habeas corpus pervenuto in ultimo grado alla Corte Suprema federale da un condannato statale, che, dopo che la condanna statale era divenuta definitiva, aveva adito la giurisdizione federale, lamentando l’insufficienza di prova dell’elemento costitutivo della premeditazione, richiesto per la condanna per omicidio di primo grado secondo la legislazione della Virginia. (33) Il principio è pacifico. Nella giurisprudenza delle Corti di circuito, cfr. ex plurimis, United States v. Tubiolo, 134 F.3d 989, 991 (9th Cir. 1998). (34) Sul punto si può citare, a titolo illustrativo di un orientamento diffuso, la giurisprudenza delle Corti di circuito. In United States v. Groves (7th Cir. November 22, 2006) la Corte ha esaminato il motivo della insufficiency of evidence (circa la prova non sufficiente che un’arma fosse stata trasportata attraverso più Stati) considerandolo sulla base di un plain error, a fronte del fatto che il motivo non era stato sollevato con una motion for a judgment of acquittal a norma della rule 29 delle Federal Rules of Criminal Procedure. In United States v. Galvan 949 F.2d 777, 783 (5th Cir. 1991) la Corte ha affermato che, se l’imputato ha omesso 20 1/2010 Arch. nuova proc. pen. di rinnovare la questione alla chiusura del trial, la questione è esaminata se c’è stato un manifesto “errore giudiziario” (miscarriage of justice), come chiarito in United States v. McIntosh , 280 F.3d 479, 483 (5th Cir. 2002): “Ciò accade solo quando il fascicolo è privo di prova in ordine alla colpevolezza o contiene una prova su un elemento chiave del reato che è così tenue che una condanna sarebbe scioccante”. In United States v. Goode (10th Cir. April 16, 2007), la Corte, preso atto che l’imputato aveva posto la questione in appello sulla base di elementi specifici diversi (che pertanto dovevano essere considerati rinunciati non essendo stati posti in sede post-trial), ha esaminato la questione della sufficiency of evidence in base alla plain error doctrine e, richiamando United States v. Kimler, 335 F.3d 1132, 1141 (10th Cir. 2003), ha affermato che per ottenere il rimedio in base a questo principio l’imputato deve dimostrare un errore che sia evidente (che significa chiaro e ovvio a norma della legge vigente) e che violi i diritti fondamentali; se soddisfa questi criteri, la Corte può esercitare la sua discrezionalità per correggere l’errore se lo stesso viola seriamente la correttezza, l’integrità o la pubblica reputazione del processo. In United States v. Alvarez-Valenzuela, 231 F.3d 1198, 1201 (9th Cir. 2000) la Corte ha osservato: “La mancata rinnovazione della motion alla fine del trial non significa che vi è stata rinuncia, ma solo che è richiesto uno standard di riesame più elevato. Questa corte può riesaminare una motion for judgment of acquittal non rinnovata, ma solo al fine di prevenire un manifesto errore giudiziario o nel caso di plain error”. (35) La ragione dell’intervento della Corte Suprema derivava dalla necessità di stabilire quale regola applicare in materia di insufficient evidence nelle procedure di habeas corpus federale dopo la sentenza In re Winship, che aveva elevato la regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio a garanzia fondamentale del giusto processo (XIV Emendamento): la Corte non ha ritenuto più adeguato il meno garantista no evidence standard ed ha affermato lo standard dell’oltre ogni ragionevole dubbio anche in sede di riesame, se pure nell’ottica più favorevole all’accusa, di fatto ampliando il sindacato di merito del giudice dell’impugnazione. (36) Glasser v. United States, 315 U.S. 60, 80 (1942): “Non è nostro compito misurare la prova (weight the evidence) o stabilire la credibilità dei testimoni. Il verdetto di una giuria deve essere confermato se c’è prova “sostanziale” (substantial evidence), assumendo l’ottica più favorevole all’accusa, per sostenerlo (la Corte Suprema richiama un caso di circuito: United States v. Manton, 107 F.2d 834, 839 (2nd Cir. 1938). Si veda anche Johnson v. Louisiana, 406 U.S. 356 (1972), che affronta il tema della prova insufficiente in relazione a verdetti non unanimi e risolve la questione della legittimità costituzionale di verdetti non unanimi. (37) United States v. Dent, 149 F.3d 180, 187 (3rd Cir. 1998). (38) United States v. Gambone, 314 F.3d 163, 170 (3rd Cir. 2003), cert. denied, 540 U.S. 815 (2003). (39) United States v. Alerre, 430 F.3d 681, 693 (4th Cir. 2005; cert. denied, 126 S.Ct. 1925, 2006); United States v. Wilson, 118 F.3d 228, 234 (4th Cir. 1997). (40) United States v. Alvarez-Valenzuela, 231 F.3d 1198, 1201 (9th Cir. 2000). (41) United States v. Bailey, 327 F.3d 1131, 1140 (10th Cir. 2003). (42) United States v. Lang, 81 F.3d 955, 962 (10th Cir. 1996); United States v. Sanders, 929, F.2d 1466, 1470 (10th Cir 1991). (43) State v. Kunkel, 548 N.W.2d 773 (North Dakota, 1996); State v. Schill, 406 N.W.2d 660 (North Dakota, 1987). (44) Sanders v. State, 704 N.E.2d 119, 123 (Indiana, 1999); O’Connell v. State, 742 N.E.2d 943, 949 (Indiana 2001). (45) Speuhler v. State, 709 P.2d 202 (Oklahoma, 1985). (46) Hatley v. State, 5 S.W.3d 86, 88 (Arkansas, 1999); Wortham v. State, 985 S.W.2d 329 (Arkansas, 1999). (47) State v. Pippitt, 645 N.W.2d 87, 92 (Minnesota, 2002); State v. Harris, 589 N.W. 2d 782, 791 (Minnesota, 1999). (48) Canipe v. Commonwealth, 491 S.E. 2d 747, 754 (Virginia, 1997). Tale criterio sembra più rigoroso, adombrando il criterio no evidence. (49) State v. Thompkins, 678 N.E.2d 541 (Ohio, 1997); State v. Scott, 800 N.E.2d 1133 (Ohio, 2004). (50) State v. Vigil, 840 P.2d 788, 793 (Utah, 1992). dott D o tt r i n a (51) L’ipotesi inversa di verdetto di non colpevolezza “contro” le risultanze probatorie, che non consente appello all’accusa, è viceversa intesa come garanzia del sistema, in quanto è data la possibilità alla giuria (il popolo) di assolvere l’imputato tutte le volte che non sia (più) avvertito il disvalore sociale del fatto-reato: cd. jury nullification: la giuria opera una sorta di abolitio criminis di fatti non ritenuti meritevoli di sanzione penale. (52) United States v. Groves (7th Cir. n. 05-2902, November 22, 2006). (53) In un caso simile, l’esito è stato opposto, non essendo stato ritenuto integrato un plain error.L’imputato era stato condannato per il reato federale di possesso di un’arma da fuoco, rinvenuta nel suo veicolo dalla polizia in occasione del suo arresto nello Stato del New Mexico, per fatti diversi. Nel dibattimento, l’agente di polizia aveva testimoniato che l’arma era stata fabbricata in Spagna ed era giunta dalla Spagna negli Stati Uniti attraverso un importatore; aveva inoltre testimoniato che nessuna arma è fabbricata in New Mexico e che quindi un’arma trovata in New Mexico deve avere necessariamente “viaggiato” in qualche “commercio interstatale”. Dopo che la giuria aveva ricevuto le istruzioni riguardo i presupposti che integrano interstate commerce (è necessario che “prima che l’imputato possedesse l’arma, la stessa sia stata trasportata da uno stato ad un altro”), l’imputato aveva presentato una richiesta di assoluzione a norma della rule 29 F.R.E., che era stata respinta e non era stata riproposta come post-trial motion.In appello l’imputato ha sostenuto che non vi era prova sufficiente per la giuria per affermare che l’arma in suo possesso fosse stata trasportata da uno Stato ad un altro, come richiesto dalle istruzioni. L’accusa aveva solo dimostrato che l’arma era stata fabbricata in Spagna e trovata in New Mexico, ma non vi era prova di passaggio da uno Stato (degli Stati Uniti) ad un altro, essendo il New Mexico uno stato di frontiera.La Corte d’appello ha osservato che la questione poteva essere esaminata solo in base ai principi del plain error, essendo stata sollevata tardivamente in appello, in quanto, pur essendo stata proposta prima che la giuria emettesse il verdetto, non era stata rinnovata nel post-trial e doveva ritenersi rinunciata.In base a tali principi, l’appellante deve dimostrare l’esistenza di un errore evidente che viola diritti fondamentali; soddisfatti questi presupposti, la Corte può esercitare la sua discrezionalità per sanare l’errore se lo stesso intacca seriamente l’equità, l’integrità e la pubblica reputazione dei procedimenti.Nel caso di specie, la Corte ha riconosciuto soddisfatti i primi tre elementi, ma ha ritenuto che l’errore lamentato non comportasse una seria violazione dell’equità, integrità e pubblica reputazione dei procedimenti ovvero che non fosse integrato un miscarriage of justice. (54) United States v. Burton (5th Cir. n. 02-60428, March 12, 2003). (55) United States v. Zamorano-Leyva (9th Cir. n. 05-10412, November 16, 2006). (56) I casi federali in materia di stupefacenti sono frequentissimi e riguardano la presenza di prova insufficiente in ordine a tutti i requisiti oggettivi e soggettivi delle diverse fattispecie penali, quali ad esempio “l’accordo di possedere con l’intento di commercializzare” (conspiracy to possess with intent to distribuite) o “il tentativo di possedere con l’intento di commercializzare” sostanze stupefacenti (attempt to possess with intent to distribute). (57) State v. Knowels (Supreme Court of North Dakota, 671 N.W.2nd816 December 2, 2003). (58) Lewis v. State (Court of Appeals of Indiana August 22, 2007). (59) Cornelius v. State (Court of Criminal Appeals of the State of Oklahoma, June 5, 2005). Arch. nuova proc. pen. 1/2010 21 dott D o tt r i n a L’anticipazione dell’assunzione probatoria nel processo penale: evoluzione e prospettive future di Ivan Borasi SOMMARIO 1. Premessa; 2. Le fonti; 3. I soggetti legittimati. Il giudice competente a decidere. Fasi del procedimento penale interessate dalla richiesta de qua; 4. I casi: in particolare il comma 1 bis dell’art. 392 c.p.p; 5. Il contraddittorio sulla richiesta e la revocabilità; 6. Il possibile differimento; 7. La decisione sulla richiesta di incidente probatorio; 8. La disciplina dell’udienza; 9. Gli atti preliminari urgenti e l’udienza predibattimentale; 10. I limiti di utilizzabilità delle prove assunte anticipatamente; 11. Conclusione. 1. Premessa In primis è necessario chiarire che la volontà di effettuare un’analisi mirata in ordine all’assunzione anticipata delle prove è sorta a seguito della modifica della disciplina dell’incidente probatorio da parte del decreto legge n. 11 del 2009 come convertito dalla legge n. 38 del 2009 e della pubblicazione dell’ordinanza della Corte Costituzionale n. 146 del 2009. Tali modifiche di seguito vengono esaminate sia in chiave evolutiva rispetto al passato sia con una prospettiva de iure condendo. La diatriba interpretativa riguarda la valenza da attribuire agli istituti di anticipazione di formazione della prova (1), id est se si tratti di istituti a valenza eccezionale e derogatoria oppure fisiologici rispetto alla dinamica del processo penale. La presente analisi vuole dare uno sguardo alla disciplina de qua con particolare riferimento ai punti problematici nell’interpretazione dottrinale e nell’applicazione giurisprudenziale, in modo da proporre all’interprete dei punti fermi e non delle incertezze. 2. Le fonti La fonte costituzionale di riferimento è rappresentata dall’art. 111 Cost. (2) che individua il principio del contraddittorio nella formazione della prova avanti ad un giudice terzo ed imparziale. La norma fondamentale in materia di giusto processo non costituzionalizza il principio che la prova deve essere formata in dibattimento e che il giudice che l’assume deve essere lo stesso che decide, questi sono meri corollari fatti propri dal codice di rito ma che possono essere derogati da una disciplina di legge successiva, purchè non contra- 22 1/2010 Arch. nuova proc. pen. stante con il canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost. ricavato dall’interpretazione della Corte Costituzionale. I principi CEDU rilevanti in materia (3) sono contenuti all’art. 6 e non aggiungono nulla in più rispetto alla disciplina del giusto processo penale costituzionalizzato. La vexata quaestio, quindi, è rappresentata dall’individuazione del preciso limite costituzionale o convenzionale dell’anticipazione dell’assunzione della prova rispetto alla sede naturale individuata dal codice di rito nel dibattimento. A livello codicistico l’istituto dell’incidente probatorio è disciplinato agli artt. 392 e ss. c.p.p., mentre la disciplina in materia di atti urgenti in sede di atti preliminari al dibattimento è contenuta all’art. 467 c.p.p. (4). Queste due discipline fanno parte della categoria generale unitaria dell’assunzione anticipata delle prove, avente natura eccezionale e governata dal principio di tassatività (5). All’interno di tale generale categoria parcours obligé è la distinzione di due importanti “famiglie”, quella legata alla indifferibilità ed urgenza in concreto, da un lato, e quella riferita ad una predeterminata scelta legislativa governata da varie considerazioni giuridiche, dall’altro. 3. I soggetti legittimati. Il giudice competente a decidere. Fasi del procedimento penale interessate dalla richiesta de qua I soggetti legittimati alla richiesta di incidente probatorio sono la persona sottoposta alle indagini (o l’imputato) e il pubblico ministero anche su sollecitazione della persona offesa ex art. 394 c.p.p. (oltre che la parte civile costituita in sede di udienza preliminare (6)). Pur vigendo in materia il principio di tassatività deve ritenersi, sulla base del generale potere ex artt. 99 e 61 c.p.p., che anche il difensore dell’indagato/imputato possa richiedere, anche senza procura speciale, l’effettuazione dell’incidente probatorio (7). Competente a decidere sulla richiesta di incidente probatorio sono, a seconda della fase in cui si trova il procedimento al momento della richiesta, il g.i.p. nella fase delle indagini preliminari, o il g.u.p. in udienza preliminare, ovviamente del tribunale competente per il reato contestato. In materia di atti urgenti, invece, la competenza appartiene al presidente del tribunale o della corte d’assise competente, salvo che per il procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, ove la competenza funzionale appartiene al g.i.p.. Vexata quaestio è rappresentata dalle fasi procedimentali di transizione ove vige, salva specifica disciplina contraria, la regola che la competenza a decidere segue il fascicolo (8) id est spetti al giudice che ha la “disponibilità” momentanea dello stesso. In caso di incidenti probatori plurimi il principio generale è quello della reductio ad unum (9) ex art. 398 comma 4 c.p.p. sulla base del principio di economia processuale dott D o tt r i n a strettamente connesso con la disciplina dell’estensione prevista dal codice. L’incidente probatorio può essere effettuato dall’iscrizione della notizia di reato da parte del p.m. fino al passaggio del fascicolo al giudice del processo, salva successivamente la disciplina degli atti urgenti ex artt. 467 c.p.p., 240 bis commi 6 e 7 disp. coord. c.p.p.. Tale asserzione ha la propria fonte non esclusivamente nella disciplina positiva di cui sopra ma anche nell’interpretazione della stessa datane dalla Corte Costituzionale (10). 4. I casi: in particolare il comma 1 bis dell’art. 392 c.p.p. La modifica apportata sull’onda dell’emotività per gravissimi episodi in tema di violenza sessuale è di portata generale e rivoluzionaria. D’ora in poi sarà possibile formare la testimonianza della persona offesa maggiorenne e la testimonianza del minorenne indipendentemente da ragioni di indifferibilità ma per mera strategia processuale; tutto ciò ovviamente con riferimento all’elenco dei reati indicati nella norma stessa sulla base di una preventiva valutazione legislativa. Il retour de flamme sembra teso ad ampliare di nuovo i casi di anticipazione nella formazione della prova, astraendo sempre più tale possibilità da concrete esigenze derogatorie di un principio generale, ormai sbiadito, di formazione della prova nel dibattimento. Tale tendenza è iniziata già con la modifica delle lettere c) e d) dell’art. 392 c.p.p. (11) svincolando l’esame dell’indagato sulla responsabilità altrui e l’esame dei soggetti ex art. 210 c.p.p. dal requisito di indifferibilità di cui alle lettere a) e b) dello stesso art. 392 c.p.p..; nozione quest’ultima a sua volta da tenere distinta dal concetto di irripetibilità (12). Tali modifiche non possono però mai astrarsi dalle problematiche organizzative degli uffici giudiziari, che possono condizionare fortemente le richieste, almeno da parte della pubblica accusa, di tale nuovo strumento. La modifica de qua se posta in relazione alla possibilità di estensione ex art. 402 c.p.p. può avere astrattamente effetti notevoli nel procedimento con possibili nuove iscrizioni a registro noti oppure riunioni nella fase delle indagini preliminari di procedimenti originariamente autonomi, seppure con progressione parallela; strettamente connesso a tale estensione è anche il profilo dell’utilizzabilità processuale ex art. 403 c.p.p.. Ulteriori casi di incidente probatorio sono disciplinati agli artt. 70 c.p.p. e 117 disp. att. c.p.p. (13) i quali sono strettamente correlati all’ipotesi indicata all’art. 392 comma 2 c.p.p. L’art. 117 disp. att. c.p.p.. richiamando l’art. 360 c.p.p. permette che si formuli la riserva di incidente probatorio previsto per tale disciplina. Quest’ultima norma prevede il caso di richiesta di perizia che secondo un giudizio prognostico porterebbe ad una sospensione del dibattimento superiore a sessanta giorni. Nel caso concreto tale evenienza è facilmente verificabile qualora si tenga presente che la tempistica comprende anche la fase del giuramento e quella del deposito dell’elaborato peritale (14). L’ipotesi di cui all’art. 70 comma 3 c.p.p. riguarda la perizia richiesta dalla parte nella fase delle indagini preliminari volta ad ottenere l’“esame” dell’indagato in ordine alla cosciente partecipazione al procedimento, che deve avvenire nelle forme dell’incidente probatorio; stesso principio per la medesima ratio deve valere per la perizia disposta, in questo caso anche d’ufficio, in una fase successiva, purchè predibattimentale. Si tenga presente che negli altri casi di perizia d’ufficio la forma dell’incidente probatorio deve essere comunque chiesta dalle parti e non disposta d’ufficio dal giudice. De iure condendo non è irrazionale sostenere la modifica legislativa tesa a imporre l’espletamento delle perizie in ordine alla capacità di partecipazione cosciente al procedimento ed alla capacità di intendere e volere al momento del fatto in un momento anteriore a quello processuale; ciò per evitare che la sede dibattimentale sia “paralizzata” da tali incidenti processuali. L’istituto per arrivare a questo dovrà essere proprio l’incidente probatorio. Per quanto riguarda l’udienza prevista per la perizia sulla trascrizione delle registrazioni (15), sullo stralcio delle stesse e per la distruzione delle intercettazioni illegali devono essere rispettati i principi del giusto processo, di difesa e di azione, che si cristallizzano nel contraddittorio tra le parti fatto proprio nel modello di udienza di cui all’art. 401 c.p.p., ciò sulla base di una interpretazione estensiva basata sui principi di cui agli artt. 24, 111, 112 Cost. (16). De iure condito, seguendo l’insegnamento del leading case in materia C. Cost. sent. n. 173 del 2009 è da ritenere che ogni qualvolta che si debba assumere anticipatamente una prova che verrà utilizzata in sede decisoria deve utilizzarsi il paradigma dell’udienza stabilita per l’incidente probatorio ex art. 401 c.p.p.. Tale decisione rappresenta un revirement rispetto alla tendenza ad un utilizzo analogico del modello camerale ex art. 127 c.p.p.. Si parla anche di ipotesi di incidente probatorio nei casi indicati agli artt. 141 bis e 299 comma 4 ter c.p.p.. L’art. 141 bis c.p.p. riguarda la modalità di documentazione dell’interrogatorio della persona in stato di detenzione, e prevede la possibilità di provvedere con le forme della perizia; secondo un’interpretazione tale assunzione deve avvenire con le forme dell’incidente probatorio (17). L’art. 299 comma 4 ter c.p.p., in tema di accertamenti sulla condizione di salute o altre condizioni o qualità personali dell’imputato con riferimento ad una richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare, secondo una certa interpretazione prevede un caso di incidente probatorio peritale, analogicamente all’art. 268 c.p.p. (18). Altra ipotesi in subiecta materia è stata introdotta all’art. 391 bis comma 11 c.p.p. laddove si prevede la possiArch. nuova proc. pen. 1/2010 23 dott D o tt r i n a bilità di derogare ai casi previsti dalla disciplina ordinaria nel caso di esercizio della facoltà di non rispondere da parte del testimone o dell’esaminato; id est in tale situazione non rilevano i principi di indifferibilità ed urgenza (19). Controversa in dottrina è la possibilità di procedere ad incidente probatorio nel procedimento contro ignoti. La soluzione preferibile è quella positiva facendo leva sull’utilità sostanziale di tale visione, salva ovviamente la sanzione prevista in caso di soggetto che doveva essere indagato ma non lo è stato. Anche il presunto indagato può ottenere l’assunzione di prove in sede anticipata, così come il p.m. può cristallizzare con le forme de quibus prove a discarico dell’indagato-imputato (20). 5. Il contraddittorio sulla richiesta e la revocabilità In generale la richiesta di incidente probatorio può essere rafforzata dal deposito di atti di indagine utili a corroborarla. In particolare quando la richiesta de qua proviene dal p.m., nei casi di cui all’art. 392 comma 1 bis c.p.p. (21), è prevista l’obbligatoria discovery completa delle indagini sino a quel punto effettuate dalla pubblica accusa. Mette conto osservare come l’obbligo di deposito nella cancelleria del giudice deputato a vagliare la richiesta non comporti automaticamente la possibilità di accedere a tale materiale, che sarà possibile solamente qualora il giudicante sciolga positivamente la riserva e fissi l’udienza per l’assunzione. Il contraddittorio sul punto è assicurato dalla disciplina di cui all’art. 396 c.p.p. in tema di deduzioni cartolari e dalla normativa prevista per l’udienza partecipata dall’art. 401 c.p.p.. L’art. 396 c.p.p. prevede che il “controinteressato” possa presentare deduzioni cartolari entro due giorni dalla notifica prevista all’art. 395 c.p.p. riguardanti i profili di ammissibilità e fondatezza della richiesta. Tale termine deve ritenersi ordinatorio anche sulla base della regola generale ex art. 191 comma 2 c.p.p. inerente ai vizi probatori (22). Si tenga presente che in fase di udienza preliminare, invece, gli artt. 419 c.p.p. e 131 disp. att. c.p.p. consentono al richiedente la visione del complesso degli atti delle indagini preliminari. In una prospettiva de iure condendo è auspicabile una modifica della normativa attuale nel senso di trasformare quello che ora è un caso speciale relegato all’art. 393 comma 2 bis c.p.p. in regola generale, quanto meno per i casi di cui all’art. 392 c.p.p. non caratterizzati da indifferibilità ed urgenza ma bensì governati da esigenze di strategia processuale. 6. Il possibile differimento L’art. 397 c.p.p. prevede il “potere” di differimento del p.m. sulla richiesta di incidente probatorio della difesa dell’indagato, e ciò sulla base di esigenze investigative, 24 1/2010 Arch. nuova proc. pen. con il solo limite dato dall’urgenza dell’assunzione a pena di irripetibilità. Il provvedimento viene preso dal giudice che procede inaudita altera parte e solamente qualora ritenga di accogliere la richiesta di assunzione anticipata della prova. Tale ordinanza non è impugnabile, come evincibile dal generale principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (23). L’istituto è chiaramente ispirato dall’intento del legislatore codicistico di tutelare la segretezza dell’indagine penale anche da strategie difensive tese a minarlo, in modo da permettere il buon esito delle indagini (24). Sempre in tema di differimento, profilo interessante riguarda il rapporto tra l’art. 360 c.p.p. e l’incidente probatorio, ove la non irripetibilità deve contemperarsi con l’urgenza dell’accertamento; la sanzione dell’inutilizzabilità è lo strumento atto a sorvegliare il corretto bilanciamento. 7. La decisione sulla richiesta di incidente probatorio Il giudice, valutando la richiesta di incidente probatorio, nonché le deduzioni e produzioni cartolari delle parti, emette ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta de qua. Tale decisione avrà due steps rappresentati da un giudizio di ammissibilità sulla base dei criteri formali previsti all’art. 392 commi 1 e 2 c.p.p. e nelle disposizioni generali in materia di prove, e da un giudizio di fondatezza basato sui criteri sostanziali contenuti agli artt. 392, 70 c.p.p. e 117 disp. att. c.p.p. (25). L’ordinanza de qua di accoglimento o di rigetto non è impugnabile; ciò lo si può ricavare dal generale principio di tassatività dei mezzi di impugnazione (26). L’accoglimento rappresenta un momento importantissimo di anticipazione dell’ammissione di una prova che andrà direttamente a far parte del materiale utilizzabile in sede decisoria ex art. 431 comma 1 lett. e) c.p.p.. Il rigetto, qualora basato su valutazioni in ordine all’ammissibilità della prova, potrà incidere, seppur non vincolare, la valutazione che successivamente il giudice dibattimentale andrà a fare relativamente alle richieste di prove che in tale sede verranno verosimilmente reiterate. De iure condendo sarebbe ragionevole differenziare la disciplina testè citata, in particolare prevedendo un filtro dibattimentale di ammissibilità-utilizzabilità della prova nei casi di incidente probatorio non caratterizzato dal requisito dell’irripetibilità, legando tale momento ad una disciplina positiva in tema di ripetibilità in dibattimento della prova assunta anticipatamente. Il filtro de quo permetterebbe al giudice, anche ex officio, di non ritenere ammissibile-utilizzabile tout court quanto assunto anticipatamente se non in quanto legato ad una eventuale ed ulteriore assunzione “integrativa” in dibattimento, sul solco di una visione dinamica e di sistema del potere di vaglio delle prove. dott D o tt r i n a 8. La disciplina dell’udienza La disciplina dell’udienza partecipata ed anticipata è contenuta all’art. 401 c.p.p. (27). L’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del p.m. e del difensore dell’indagato. Anche il difensore della persona offesa ha diritto di parteciparvi. L’indagato e la persona offesa hanno diritto di assistere all’incidente probatorio quando si deve assumere una prova orale, negli altri casi l’assistenza è subordinata all’autorizzazione del giudice. Le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento e la persona offesa può chiedere al giudice di fare domande all’esaminando. Profilo particolarmente interessante riguarda il problema del legittimo impedimento del difensore in relazione al procedimento de quo; trattandosi di procedimento in camera di consiglio (28) come regola generale non vi è diritto ad un rinvio essendo bastevole per la regolarità della procedura la mera sostituzione ex art. 97 comma 4 c.p.p., senza che quest’ultimo abbia diritto ad un termine a difesa diverso ad un rinvio ad horas seguendo una interpretazione costituzionalmente orientata di tutta la disciplina in materia. Altro punto fermo della disciplina riguarda la necessaria discovery prevista a pena di nullità per l’assunzione della prova orale, ove il p.m. deve depositare tutte le dichiarazioni rese in precedenza dal soggetto da esaminare, cosa che non deve avvenire nel caso di ricognizione (29). In caso di perizia in subiecta materia il rinvio alle forme dibattimentali comprende anche la necessità che il perito prima della lettura della relazione venga esaminato e controesaminato, in modo da non ledere i diritti e le garanzie di nessuno. 9. Gli atti preliminari urgenti e l’udienza predibattimentale I presupposti dell’incidente ex art. 467 c.p.p. sono gli stessi di quelli previsti all’art. 392 c.p.p., sia in ordine ai casi che ai presupposti dell’assunzione (30), mentre in relazione al soggetto assuntore deve ritenersi, seguendo un’interpretazione letterale e sistematica, che titolare sia il solo presidente del collegio giudicante con le forme previste per l’udienza dibattimentale (31), quindi in udienza pubblica. Si applica la stessa disciplina durante il periodo feriale ai sensi dell’art. 240 bis disp. coord. c.p.p. (32) anche a dibattimento aperto. In particolare bisogna ricordare che l’udienza prevista ad hoc per l’incombente probatorio si celebra solamente a richiesta di parte (33) e l’avviso della stessa dovrà, seppur non previsto specificamente dalla norma, essere spedito anche all’imputato personalmente in quanto per quest’ultimo non vale la domiciliazione ex lege prevista per le altre parti private. Non incombe in capo al p.m., o agli altri legittimati alla richiesta, contrariamente a quanto avviene in caso di incidente probatorio, l’onere di comunicare alle controparti la richiesta de qua (34). 10. I limiti di utilizzabilità delle prove assunte anticipatamente In tema di utilizzabilità delle prove assunte anticipatamente la disciplina di riferimento è contenuta all’art. 403 c.p.p. (35). La suddetta norma non è altro che la positivizzazione sul piano decisorio del principio del contraddittorio nella formazione della prova, id est solo l’imputato che attraverso il proprio difensore ha potuto contraddire nella formazione della prova può subire gli effetti delle prove assunte anticipatamente rispetto al dibattimento; tale limitazione non deve valere se gli effetti sono in bonam partem per l’imputato (36). Eadem ratio nel caso in cui l’imputato venga raggiunto dagli indizi di colpevolezza successivamente all’assunzione probatoria ma dopo che la ripetizione dell’atto sia divenuta impossibile; in caso contrario tali prove non sono utilizzabili, in malam partem, nei suoi confronti. Corollario della disciplina suddetta concerne l’efficacia del giudicato assolutorio con sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta in sede di incidente probatorio. In particolare per l’art. 404 c.p.p. tale efficacia non si produce qualora il danneggiato non sia stato posto nelle condizioni di partecipare all’assunzione anticipata, o abbia accettato anche tacitamente tale situazione (37). Questione strettamente connessa al principio portato dall’art. 431 comma 1 lett. e) c.p.p. riguarda la ripetibilità in dibattimento della prova assunta in sede di incidente probatorio; la regola generale è quella della non ripetibilità, ad eccezione del caso in cui il giudice ritenga l’attività de qua assolutamente necessaria per il decidere (38). La commistione della disciplina de qua con l’art. 240 c.p.p., come da ultimo modificato, non può portare a ritenere impossibile la testimonianza nelle forme dell’incidente probatorio avente ad oggetto la genesi dell’acquisizione della notizia illegale (39). 11. Conclusione Il novum è rappresentato dal fatto che l’incidente probatorio è sempre meno un istituto eccezionale rispetto al principio della formazione della prova nella sedes naturale dibattimentale. Seguendo quanto costituzionalizzato con il giusto processo penale all’art. 111 Cost., vale a dire il principio del contraddittorio nella formazione della prova, si deve convenire che la prova può formarsi non necessariamente nella sede dibattimentale vera e propria, ma anche in una sede precedente, purchè nel contraddittorio delle parti, come avviene per l’incidente probatorio e per gli atti urgenti predibattimentali. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 25 dott D o tt r i n a Il giudice che assume la prova può essere anche un giudice diverso da quello che andrà a decidere (40) purchè tale assunzione avvenga nel contraddittorio delle parti e avanti ad un giudice terzo ed imparziale, come accade in subiecta materia. Tutto ciò premesso, la tendenza evolutiva ampliativa dei casi e delle condizioni dell’assunzione anticipata delle prove è coerente con l’assunto del giusto processo e non si scontra con i principi dell’equo processo CEDU, purchè tale disciplina non contrasti con il canone della ragionevolezza. Tale anticipazione non è più dovuta solamente a necessità temporali, ma anche a strategie processuali concrete, rectius presunte dal legislatore. In conclusione, l’udienza partecipata prevista per l’incidente probatorio sta diventando il modello di garanzie (41) minimo per svolgere un’attività fuori dalla propria sede naturale e che possa avere risvolti decisori, mentre è recessiva la disciplina di cui all’art. 127 c.p.p. (42) come modellato variamente dal legislatore. Forse sono maturi i tempi anche di una rivisitazione codicistica del principio portato per il processo penale dall’art. 525, comma 2, c.p.p. che prevede la partecipazione alla decisione a pena di nullità assoluta degli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Tale principio sembra ormai privo di consistenza concreta soprattutto laddove con istituti di formazione anticipata si “svilisce” la sedes naturale di formazione della prova, oltre che con principi quale quello di acquisizione su accordo delle parti di atti delle indagini preliminari. A riprova di quanto sopra, nel processo civile, seppure a tutela di interessi di rango minore, tale principio non esiste, ma non si è mai dubitato che tale processo non sia un giusto processo. In prospettiva futura sarebbe utile prevedere anche un caso di incidente probatorio effettuato su accordo delle parti, in linea con la tendenza evolutiva del processo penale tesa ad accordare una importanza sempre maggiore alla concorde volontà delle parti in materia di prove. Infine, mette conto osservare come per poter assecondare sino in fondo tale prospettiva de iure condendo sia indispensabile chiarire che il principio dell’oralità nel processo penale ha sempre meno importanza a favore del risultato probatorio documentale; tale evoluzione prende atto del cambiamento dei tempi e del risultato concreto che si vuole perseguire, che non deve mai essere sganciato dal principio della ragionevole durata del processo. Note (1) Per un approfondimento si vedano ESPOSITO, Contributo allo studio dell’incidente probatorio, Napoli, 1989; KALB, L’incidente probatorio, Napoli, 1990; MACCHIA, Incidente probatorio e udienza preliminare: un matrimonio con qualche ombra, in Cass. pen., 1994, 1790 e ss.; RENON, L’incidente probatorio nel procedimento penale: tra riforme ordinarie e riforme costituzionali, Padova, 2000; MORSELLI, L’incidente 26 1/2010 Arch. nuova proc. pen. probatorio, Torino, 2000; DI GERONIMO, L’incidente probatorio, Padova, 2000; TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2000, 368 e ss.; DALIA-FERRAIOLI, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 2000, 511 e ss.; SAU, L’incidente probatorio, Padova, 2001; TRANCHINA, L’intervento dell’organo giurisdizionale durante lo svolgimento delle attività di indagine, in SIRACUSANO-GALATI-TRANCHINA-ZAPPALÀ, Diritto processuale penale, Milano, 2004, II, 152 e ss.; CORDERO, Procedura penale, Milano, 2006, 871 e ss.; BIONDI, L’incidente probatorio nel processo penale, Milano, 2006; NAPPI, Guida al codice di procedura penale, Milano, 2007, 369 e ss.; FASSONE, Il giudizio, in FORTUNADRAGONE-FASSONE-GIUSTOZZI, Manuale pratico del processo penale, Padova, 2007, 867 e ss.; GRILLI, Il dibattimento penale, Padova, 2007, 21 e ss.; CUOMO-SCIOLI, L’incidente probatorio, Torino, 2007; SAU, sub art. 392, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDASPANGHER, Milano, 2007, II, 3505 e ss.; SERVI, sub art. 467, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 4514 e ss.; GRILLO, sub art. 392, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, I, 2977 e ss.; PULVIRENTI, sub art. 467, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, II, 3584 e ss.; CASACCIA, sub art. 392, in Codice di procedura penale, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, 2008, IV, 290 e ss.; D’ANDRIA, sub art. 467, in Codice di procedura penale, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, 2008, VI, 4 e ss.; DOMINIONI-GIORGI, La metamorfosi dell’incidente probatorio. Una scelta politica “contro” il giusto processo, in www.media. camerepenali.it/200905/4648.pdf?ver=1, 2009. (2) Fra i tanti Cfr. GIALUZ, sub art. 111, in Commentario breve alla costituzione, a cura di BARTOLE-BIN, Padova, 2008, 959 e ss.; PERCHINUNNO, Fondamento del giusto processo: dalle origini all’attuazione, Bari, 2005, 93 e ss.. (3) In tema si veda RUSSO-QUAINI, La convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della corte di Strasburgo, Milano, 2006, 141 e ss.. (4) Per il procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica si vedano gli artt. 549 e 554 c.p.p.. (5) Sul punto si veda SAU, sub art. 392, cit., 3508. (6) Cfr. MORSELLI, op. cit., 199. (7) In puncto Cfr. GRILLO, sub art. 393, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, I, 3001. (8) In puncto si veda GRILLI, op. cit., 22. (9) Sul punto si veda MORSELLI, op. cit., 234 e ss.. (10) Ex multis C. Cost. sent. n. 77 del 1994, in CP, 1994, 1788 e ss., con nota seguente di MACCHIA, op. cit.; C. Cost. ord. n. 249 del 2003, in www.giurcost.org; C. Cost. ord. n. 146 del 2009, in www.giurcost.org. (11) Cfr. art. 4 legge n. 267 del 1997. (12) Cfr. SAU, sub art. 392, cit., 3509-3510. (13) Sul punto si veda SAU, L’incidente probatorio, cit., 188 e ss.. (14) Cfr. GRILLO, op. cit., 2986. (15) In puncto MORSELLI, op. cit., 149. (16) In tema di distruzione delle intercettazioni illegali si veda C. Cost. sent. n. 173 del 2009 in www.giurcost.org. (17) Cfr. SAU, sub art. 392, cit., 3530. (18) Cfr. SAU, sub art. 392, cit., 3530. (19) Cfr. SAU, sub art. 392, cit., 3531. (20) Su tali casi si veda SAU, sub art. 392, cit., 3531 e ss.. (21) Si veda l’art. 393 comma 2 bis c.p.p.. (22) In puncto si veda SAU, sub art. 392, cit., 3537 e ss.. (23) Cfr. SAU, sub art. 397, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 3564. (24) Sul punto Cfr. GRILLO, sub art. 397, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, I, 3015. (25) Cfr. SAU, sub art. 398, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 3571. (26) Cfr. SAU, sub art. 398, cit., 3575. (27) Si vedano SAU, sub art. 401, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 3583 e ss.; GRILLO, sub art. 401, in Codice di procedura penale, a cura di TRAN- dott D o tt r i n a CHINA, Milano, 2008, I, 3027 e ss.; CASACCIA, sub art. 401, in Codice di procedura penale, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, 2008, IV, 322 e ss.. (28) Cfr. Cass., Sez. un. pen., n. 31461 del 2006 in www.italgiure. giustizia.it. (29) Cfr. GRILLO, sub art. 401, op. cit., 3031. (30) In puncto Cfr. FASSONE, op. cit., 868. (31) Cfr. FASSONE, op. cit., 870. (32) Cfr. SERVI, op. cit., 4517. (33) Che può essere anche una reiterazione di una richiesta rigettata nel passato, in questo senso PULVIRENTI, op. cit., 3587. (34) In puncto PULVIRENTI, op. cit., 3588. (35) Si vedano SAU, sub art. 403, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 3604 e ss.; GRILLO, sub art. 403, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, I, 3034 e ss.; CASACCIA, sub art. 403, in Codice di procedura penale, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, 2008, IV, 330 e ss.. (36) In tema si veda GRILLO, sub art. 403, op. cit., 3037. (37) Si vedano SAU, sub art. 404, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2007, II, 3612 e ss.; GRILLO, sub art. 404, in Codice di procedura penale, a cura di TRANCHINA, Milano, 2008, I, 3039 e ss.; CASACCIA, sub art. 404, in Codice di procedura penale, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, 2008, IV, 334 e ss. (38) Per un approfondimento sul punto Cfr. DI GERONIMO, op. cit., 205 e ss.. (39) In tal senso Ord. G.I.P. Tribunale di Milano 19/01/2009 (R.G. G.I.P. n. 9633/08) in www.tribunale.milano.it, 7. (40) Il principio inverso non è costituzionalizzato, tanto che vi sono nel codice di rito altri casi in cui prove sono utilizzabili ai fini della decisione e non sono formate davanti al giudice che istruisce e decide, ad esempio in caso di acquisizione su accordo tra le parti. (41) In tema si veda C. Cost. sent. n. 173 del 2009 in www.giurcost. org. (42) Sui vari modelli previsti per l’udienza camerale ex art. 127 c.p.p. Cfr. Cass., Sez. un. pen., n. 31461 del 2006 in www.italgiure.giustizia.it. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 27 Bibliografia Bartolini Francesco Corso Piermaria Codice del giudice di pace civile e penale Ed. La Tribuna, Piacenza 2009, pp. 928, € 25,00 Il codice in recensione è aggiornato con le più recenti novità legislative, tra le quali si segnalano: - la L. 15 luglio 2009, n. 94 (“pacchetto sicurezza”) che ha dettato le nuove competenze del Giudice di pace in materia di contrasto dell’immigrazione clandestina e del soggiorno illegale nel territorio dello Stato; - la L. 18 giugno 2009, n. 69, di riforma del processo civile, che ha fra l’altro mutato i criteri della competenza per valore, ed ha attribuito al Giudice di pace la competenza per le cause relative a interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. Il volume in recensione risulta inoltre aggiornato con le massime giurisprudenziali più recenti e rilevanti, emesse in materia dalla Corte di Cassazione. M.F. Corso Piermaria Guadalupi Stefano Formulario del processo penale Ed. La Tribuna, Piacenza 2009, pp. 640, € 40,00 La nuova edizione del formulario in recensione, riveduta ed aggiornata con il “pacchetto sicurezza” (L. 15 luglio 2009, n. 94), contiene 387 for- mule, annotate con la giurisprudenza per la corretta predisposizione degli atti processuali. L’Opera offre ai suoi lettori uno strumento di consultazione completo ed approfondito che, seguendo le norme contenute nel Codice di procedura penale, fornisce una serie di tracce per la formulazione di istanze, memorie, atti di impugnazione, eccezioni e conferimento di incarichi. Le formule più importanti sono corredate da note giurisprudenziali estremamente aggiornate, che forniscono un utile complemento teoricopratico. F.R. Iascone Potito L. Codice di pubblica sicurezza e le leggi per le forze dell’ordine Ed. La Tribuna, Piacenza 2009, pp. 1856, € 37,00 La nuova edizione del codice in recensione, diretta agli avvocati, magistrati e componenti delle Forze dell’ordine, è stata aggiornata con tutte le più rilevanti novità legislative recentemente intervenute, fra le quali si segnalano: - il D.M. 8 agosto 2009, recante le norme di attuazione relative agli ambiti operativi delle associazioni di osservatori volontari (cd. “ronde”); - la L 15 lulgio 2009, n. 94, disposizioni in materia di sicurezza pubblica, che ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina di contrasto della criminalità; - il D.M. 23 giugno 2009, recante nuove norme sulle caratteristiche di sicurezza del passaporto elettronico. M.P. Ruaro Massimo La magistratura di sorveglianza Ed. Giuffrè, Milano 2009, pp. 500, € 55,00 L’opera in recensione contiene una completa e approfondita analisi del procedimento di sorveglianza, disciplinato dagli artt. 666 e 678 c.p.p. Tale procedimento presenta alcune peculiarità che lo rendono un unicum nel panorama processuale penale: può essere sufficiente ricordare la predisposizione di un autonomo sistema di determinazione della competenza territoriale; la possibilità di un’attivazione ex officio iudicis; l’adozione di un sistema probatorio del tutto particolare, sia per quanto riguarda la tipologia dei mezzi di prova, sia in relazione ai relativi protocolli di acquisizione; infine, la (problematica) efficacia “rebus sic stantibus” dei provvedimenti conclusivi. La metodologia di analisi, incentrata su un costante riferimento ai parametri costituzionali, privilegia il raffronto, per molti versi obbligato, con le categorie del processo di cognizione, anche se tale raffronto si sforza di non essere mai meccanico, attribuendo adeguato spazio alle peculiarità desumibili dalla legislazione penitenziaria e da altre normative di settore. V.C. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 29 Costituzionale CORTE COSTITUZIONALE 29 ottobre 2009, n. 274 Pres. Amirante – Est. Frigo – Ric. Corte d’appello di Napoli in proc. pen. G.M Impugnazioni penali in genere y Impugnazione del difensore dell’imputato y Appello avverso le sentenze di proscioglimento per vizio totale di mente y Esclusione y Illegittimità costituzionale . È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., l’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui esclude che l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità, derivante da vizio totale di mente. (c.p.p. art. 443) (1) (1) La sentenza della Corte cost. del 4 aprile 2008, n. 85, più volte citata in motivazione, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2008, 397. Ritenuto in fatto Con ordinanza del 22 febbraio 2008, depositata il successivo 11 marzo, la Corte d’appello di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui esclude che», nel giudizio abbreviato, «l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione pronunziate ai sensi dell’art. 88 del codice penale (proscioglimento per vizio totale di mente)». La Corte rimettente riferisce di essere investita dell’appello proposto dai difensori dell’imputato contro la sentenza emessa il 28 giugno 2007 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, a seguito di giudizio abbreviato. Detta sentenza aveva assolto l’imputato dal reato di tentato omicidio in danno della convivente, in quanto non imputabile per vizio totale di mente, applicando al medesimo, ai sensi dell’art. 222 cod. pen., la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario per la durata minima di cinque anni. Con l’atto di appello, i difensori avevano chiesto che il fatto venisse qualificato come lesione personale, non avendo la persona offesa corso pericolo di vita; che fosse riconosciuta la desistenza, ai sensi dell’art. 56, terzo comma, cod. pen.; che venisse infine applicata una misura di sicurezza meno afflittiva, così come consentito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2003. All’udienza camerale, di fronte alla richiesta del Procuratore generale della Repubblica di dichiarare inammissibile l’appello alla luce della nuova formulazione dell’art. 443, comma 1, cod. proc. pen., i difensori avevano eccepito l’illegittimità costituzionale di tale norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che la disposizione censurata esclude, in via generale, l’appello dell’imputato contro le sentenze di proscioglimento: con la conseguenza che la decisione sull’ammissibilità del gravame viene a dipendere dalla soluzione della questione stessa. La sentenza che dichiara il difetto di imputabilità ai sensi dell’art. 88 cod. pen., pur presentando aspetti peculiari, è qualificata, difatti, dall’art. 530 cod. proc. pen. come sentenza di assoluzione: dato letterale, questo, che non consentirebbe alcuna interpretazione del novellato art. 443 cod. proc. pen. atta a superare la preclusione censurata. Né soccorrerebbe, nella specie, l’art. 680, comma 2, cod. proc. pen., che prevede la competenza del tribunale di sorveglianza sulle impugnazioni contro le sentenze di condanna o di proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Per costante giurisprudenza di legittimità, infatti, detta disposizione si applica - conformemente al tenore letterale di detta norma e dell’art. 579, commi 1 e 2, cod. proc. pen. - solo quando l’impugnazione investa in via esclusiva il capo della sentenza concernente le misure di sicurezza: mentre, nel giudizio a quo, il gravame della difesa è volto a contestare anche la qualificazione giuridica del fatto. Riguardo, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente osserva come la sentenza di assoluzione emessa ai sensi dell’art. 88 cod. pen. abbia connotazioni particolari, che valgono a differenziarla dalla generalità delle altre pronunce assolutorie. Essa presuppone, difatti, che il giudice abbia accertato la sussistenza del «fatto-reato», la sua riferibilità all’imputato «in termini materiali e di colpevolezza» e l’assenza di cause di giustificazione: sicché, in presenza di tutti i presupposti per una condanna, l’assoluzione viene pronunciata solo perché l’imputato era affetto da vizio totale di mente al momento del fatto. Al tempo stesso, poi, la sentenza in parola «comporta l’applicazione di una sanzione particolarmente invasiva e limitativa della libertà personale, Arch. nuova proc. pen. 1/2010 31 giur C o s tit u z i o n a l e quale il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario o in una casa di cura e custodia per una durata massima non fissata dalla legge, ma soggetta al riesame ai sensi dell’art. 208 cod. pen.». Risulterebbe, pertanto, di tutta evidenza come l’imputato sia portatore di un rilevante interesse a vedere rivalutate, anche nel merito, la sussistenza dei presupposti della pronuncia, la ricorrenza degli estremi per l’applicazione della misura di sicurezza e l’adeguatezza della misura applicata rispetto alle accertate condizioni di salute. La preclusione dell’appello, introdotta dall’art. 2 della legge n. 46 del 2006, si risolverebbe, di conseguenza, in una menomazione del diritto di difesa, tutelato dall’art. 24, secondo comma, Cost. La soppressione del potere di appello non potrebbe ritenersi compensata, infatti, dall’ampliamento dei motivi di ricorso per cassazione, operato dalla stessa legge n. 46 del 2006: giacché - come rilevato dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 26 e n. 320 del 2007 - quale che sia l’effettiva portata dei nuovi e più ampi casi di ricorso, il rimedio non attinge comunque alla pienezza del riesame di merito consentito dall’appello. Né, d’altro canto, la preclusione censurata potrebbe trovare giustificazione nella scelta del giudizio abbreviato, operata dallo stesso imputato. Come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 363 del 1991, difatti, il potere di impugnazione dell’imputato, in quanto esplicazione di valori fondamentali, quali il diritto di difesa e l’interesse a far valere la propria innocenza, non potrebbe essere sacrificato in vista delle finalità di speditezza ed economia processuale, proprie del suddetto rito semplificato. La disposizione violerebbe, altresì, in parte qua, l’art. 111, secondo comma, Cost. A seguito delle declaratorie di incostituzionalità degli artt. 1 e 2 della legge n. 46 del 2006, di cui alle citate sentenze n. 26 e n. 320 del 2007, il pubblico ministero può attualmente appellare le sentenze di proscioglimento pronunciate tanto nel giudizio ordinario che a seguito di giudizio abbreviato: donde una asimmetria di poteri inconciliabile con il principio costituzionale di parità delle parti processuali. Risulterebbe leso, da ultimo, anche l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza. In contrasto con tale canone, difatti, il vigente testo dell’art. 443 cod. proc. pen. impedisce all’imputato di appellare le sentenze di assoluzione per vizio totale di mente, che determinano l’applicazione di una misura di sicurezza limitativa della libertà personale e di durata non prefissata nel massimo; mentre gli consente di proporre appello contro le sentenze di condanna alla sola pena della multa, obiettivamente meno afflittiva. Considerato in diritto 1. - La Corte d’appello di Napoli dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dell’art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella 32 1/2010 Arch. nuova proc. pen. parte in cui non consente all’imputato di proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità derivante da vizio totale di mente, emesse a seguito di giudizio abbreviato. Ad avviso della Corte rimettente, la norma censurata violerebbe il diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), privando l’imputato della possibilità di far valere doglianze di merito contro una sentenza che - come quella considerata - per un verso, presuppone l’accertamento del «fatto-reato» e della sua riferibilità all’imputato; e, per altro verso, comporta l’applicazione di misure di sicurezza particolarmente afflittive, di durata massima non prefissata. La preclusione denunciata non potrebbe essere giustificata dalla scelta del giudizio abbreviato, operata dallo stesso imputato, giacché il diritto di difesa di quest’ultimo - di cui il potere di appello è espressione - non sarebbe suscettibile di venir sacrificato, per il suo valore preminente, in vista delle finalità deflattive proprie del rito semplificato. Risulterebbe leso, inoltre, il principio di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma, Cost.), stante l’asimmetria dei poteri dell’imputato rispetto a quelli del pubblico ministero, il quale, a seguito delle declaratorie di incostituzionalità di cui alle sentenze n. 26 e n. 320 del 2007, è attualmente abilitato ad appellare contro le sentenze di proscioglimento emesse tanto nel giudizio ordinario che all’esito del giudizio abbreviato. Sarebbe violato, infine, il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), posto che l’art. 443 cod. proc. pen., nel testo attualmente in vigore, consente all’imputato di proporre appello contro le sentenze di condanna anche alla sola multa: pena obiettivamente meno afflittiva rispetto alla misura di sicurezza applicabile con la sentenza di assoluzione per vizio totale di mente. 2. - In via preliminare, va rilevato come i presupposti interpretativi su cui la Corte rimettente basa tanto il giudizio di rilevanza della questione che le censure di costituzionalità appaiano senz’altro condivisibili. Il vigente testo dell’art. 443, comma 1, cod. proc. pen. è la risultante della modifica operata dall’art. 2 della legge n. 46 del 2006 (che ha soppresso l’inciso limitativo finale, già presente nella norma censurata, «quando l’appello tende ad ottenere una diversa formula») e della successiva sentenza n. 320 del 2007 di questa Corte (che ha rimosso la limitazione ivi prevista al potere di impugnazione nei confronti del pubblico ministero). Esso stabilisce la radicale inappellabilità, da parte dell’imputato, delle sentenze di proscioglimento emesse in esito al giudizio abbreviato: genus che abbraccia, alla luce della sistematica del codice di rito (si veda l’art. 530 cod. proc. pen., incluso nella sezione dedicata, appunto, alla «sentenza di proscioglimento»), anche le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità dovuto a vizio totale di mente (art. 88 cod. pen.). Pienamente plausibile appare, altresì, l’ulteriore assunto della Corte rimettente, secondo cui non soccorre - almeno nel caso di specie - l’art. 680, comma 2, cod. proc. pen., ove si prevede la competenza del tribunale di sorveglianza sulle impugnazioni contro le sentenze di condanna o di giur C o s tit u z i o n a l e proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Ammessa pure l’estensibilità al giudizio abbreviato della clausola di salvezza degli artt. 579 e 680 cod. proc. pen., presente nell’art. 593, comma 1, cod. proc. pen. con riferimento all’appello nel giudizio ordinario, è dirimente il rilievo che - secondo il corrente indirizzo della giurisprudenza di legittimità (che riflette, peraltro, la chiara lettera dei citati artt. 579 e 680) - la competenza del tribunale di sorveglianza (e, dunque, anche la residua appellabilità avanti ad esso delle sentenze che qui interessano) resterebbe comunque circoscritta alle impugnazioni che attengono, in via esclusiva, al capo relativo alle misure di sicurezza. Nella specie, per contro, l’appello proposto dalla difesa dell’imputato ha un contenuto più ampio, investendo anche la qualificazione giuridica del fatto e il mancato riconoscimento della desistenza, ai sensi dell’art. 56, terzo comma, cod. pen. 3. - Nel merito la questione è fondata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. 3.1. - Il tema oggetto di scrutinio va affrontato alla luce dei principi ispiratori del rito alternativo in cui la limitazione censurata si innesta: principi che impediscono una automatica estensione all’ipotesi considerata degli argomenti in base ai quali questa Corte, con sentenza n. 85 del 2008, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 593, comma 1, cod. proc. pen., come sostituito dall’art. 1 della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui esclude che l’imputato possa appellare le sentenze di proscioglimento emesse a seguito di giudizio ordinario (fatta eccezione per talune limitate ipotesi). Il giudizio abbreviato si fonda, difatti, come è noto, sulla «libera e consapevole accettazione», da parte dell’imputato - quale contropartita per un trattamento premiale sul piano sanzionatorio (riduzione di un terzo della pena eventualmente inflitta) - di «limitazioni di diritti e facoltà […], altrimenti riconosciuti nel rito ordinario» (sentenza n. 288 del 1997). Tra i “sacrifici” richiesti all’imputato figura - a fianco del consenso ad essere giudicato sulla base degli atti raccolti nelle indagini preliminari, con conseguente rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova in sede dibattimentale - anche l’accettazione preventiva di limitazioni alla facoltà di appello. Ciò è nella logica di un rito alternativo che, per un verso, persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione dei processi; e, per altro verso, si fonda - ormai in via esclusiva - sulla volontà dello stesso imputato. Tuttavia, le limitazioni all’appello dell’imputato, per poter essere considerate costituzionalmente compatibili, debbono risultare comunque basate su criteri razionali, nel confronto con i casi di perdurante appellabilità, e debbono trovare, altresì, «un fondamento ragionevolmente commisurato … al rilievo costituzionale dell’interesse inciso» (sentenza n. 363 del 1991). Come più volte rilevato da questa Corte, difatti, pur in assenza di un riconoscimento costituzionale della garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito, il potere di appello dell’imputato si presenta correlato al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), che gli conferisce una più accentuata «forza di resistenza» di fronte a «sollecitazioni di segno inverso», legate alla realizzazione di obiettivi di speditezza processuale (sentenza n. 26 del 2007; si vedano, altresì, le sentenze n. 298 del 2008 e n. 98 del 1994). In questa prospettiva, la Corte dichiarò costituzionalmente illegittima, per contrasto con l’art. 3 Cost., l’originaria preclusione dell’appello dell’imputato contro le sentenze di condanna a pena che comunque non dovesse essere eseguita, sancita dall’art. 443, comma 2, cod. proc. pen. (sentenza n. 363 del 1991). Il criterio che discriminava, quanto alla facoltà di appello, i soggetti condannati a seguito di giudizio abbreviato - ossia la concreta eseguibilità o meno della pena inflitta - faceva perno, difatti, su «un elemento estrinseco alla natura del reato commesso e ai caratteri della pena irrogata»: trascurando così - irrazionalmente - «ogni riferimento agli aspetti che più sono destinati a caratterizzare la responsabilità dell’imputato e le conseguenze dell’azione criminosa, quali il titolo del reato, il tipo di sanzione, la misura della pena edittale». La Corte ritenne, per contro, che i tre requisiti ora indicati risultassero «pienamente rispettati» dalla preclusione relativa alle sentenze con le quali fossero applicate sanzioni sostitutive, originariamente contemplata dall’art. 443, comma 1, lettera b), cod. proc. pen. La minore gravità dei titoli di reato per i quali operano le sanzioni sostitutive, la minore afflittività di esse e i livelli necessariamente più bassi delle pene edittali di riferimento escludevano, difatti, «vizi di irragionevolezza», consentendo di concludere che la previsione rientrava «negli spazi di discrezionalità legittimamente utilizzabili dal legislatore per realizzare l’obiettivo della rapida definizione del giudizio abbreviato» (sentenza n. 288 del 1997). 3.2. - Circa il caso che qui interessa, questa Corte ha già avuto modo di rilevare, nella citata sentenza n. 85 del 2008, come «la categoria delle sentenze di proscioglimento» - che la norma censurata assoggetta ad un regime unitario, quanto alla sottrazione all’appello dell’imputato - non costituisca un genus unitario, ma abbracci «ipotesi marcatamente eterogenee, quanto all’attitudine lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto». Per questo verso, del tutto particolare si presenta, in effetti, la sentenza di assoluzione per vizio totale di mente. Lungi dall’assumere una valenza pienamente liberatoria, detta pronuncia postula l’accertamento della sussistenza del fatto di reato, della sua riferibilità all’imputato - in termini tanto materiali che psicologici - e dell’assenza di cause di giustificazione: non distinguendosi, dunque, sotto tale profilo, da una sentenza di condanna. Non soltanto per questa ragione, ma anche e soprattutto per il motivo che impone di adottare la formula assolutoria - ossia l’incapacità di intendere e di volere al momento del fatto, dovuta a totale infermità mentale - la sentenza in questione è idonea a causare all’imputato un pregiudizio di ordine morale particolarmente intenso, persino superiore a quello che può derivare da una sentenza di condanna (sentenza n. 85 del 2008). Arch. nuova proc. pen. 1/2010 33 giur C o s tit u z i o n a l e Dalla pronuncia in questione possono conseguire, altresì, rilevantissimi pregiudizi di ordine giuridico, segnatamente allorché, a seguito dell’accertata pericolosità sociale dell’imputato, venga applicata - o possa essere applicata con provvedimento successivo (art. 205, secondo comma, cod. pen.) - una misura di sicurezza, consistente, in specie, nel ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222 cod. pen.) ovvero - per effetto della sentenza n. 253 del 2003 di questa Corte - nella diversa misura, prevista dalla legge, che il giudice individui come idonea ad assicurare adeguate cure all’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale. S’intende come queste misure, limitative della libertà personale e di durata non predeterminata nel massimo, in quanto soggette al meccanismo del riesame della pericolosità, possano risultare, in concreto, di gran lunga più afflittive della pena irrogata con una sentenza di condanna. Non è superfluo aggiungere, peraltro, che nei casi in cui non sia applicabile al prosciolto per vizio totale di mente una misura di sicurezza, in ragione della natura del reato o dei livelli della pena edittale, l’art. 222, primo comma, cod. pen. prevede comunque che «la sentenza di proscioglimento» sia «comunicata all’autorità di pubblica sicurezza», in vista della sottoposizione del soggetto ad opportuni controlli. 3.3. - Sul versante opposto - quello, cioè, dei casi in cui l’impugnazione è ammessa - si deve di contro registrare come, per effetto di novelle legislative successive al ricordato intervento di questa Corte (sentenza n. 363 del 1991), l’art. 443 cod. proc. pen. non contempli più alcun limite all’appello dell’imputato contro le sentenze di condanna: onde può formare oggetto di un suo gravame nel merito anche la sentenza di condanna alla sola pena della multa o che applichi una sanzione sostitutiva. Emerge da ciò una evidente violazione degli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost. Appare, in effetti, irrazionale e lesivo del diritto di difesa che l’imputato possa dolersi nel merito della condanna per un reato bagatellare alla sola pena della multa (anche condizionalmente sospesa), e non sia abilitato, invece, ad appellare l’assoluzione per 34 1/2010 Arch. nuova proc. pen. vizio totale di mente, anche se relativa ad un reato di particolare gravità (nel caso di specie, tentato omicidio) ed a cui si riconnetta l’applicazione di una misura di sicurezza limitativa della libertà personale (nella specie, ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo minimo di cinque anni). Con particolare riguardo all’ipotesi che interessa, il criterio sulla cui base risultano attualmente discriminati i casi in cui l’appello dell’imputato è consentito e quelli in cui è inibito - vale a dire la circostanza che si tratti di sentenza di condanna o di proscioglimento - non tiene conto, in effetti, mutatis mutandis, dei requisiti giustificativi del sacrificio dell’appello nel giudizio abbreviato enucleati dalle citate sentenze n. 288 del 1997 e n. 363 del 1991. L’assoluzione per totale infermità di mente - assimilabile, come detto, ad una condanna, quanto alla attribuzione del fatto all’imputato - può avere, infatti, ad oggetto qualunque tipo di reato, ivi compresi quelli di maggiore allarme sociale; può comportare l’applicazione di misure che, anche se non punitive, risultano marcatamente afflittive (oltre che, in ogni caso, un pregiudizio di ordine morale di particolare intensità); prescinde, infine, dall’entità della pena edittale prevista per il reato oggetto di giudizio. L’interesse dell’imputato a contestare, anche nei profili di merito, i presupposti della pronuncia emessa nei suoi confronti subisce, dunque, una limitazione intrinsecamente irrazionale, in rapporto all’assetto complessivo delle preclusioni dell’appello nel giudizio abbreviato, e priva di adeguata giustificazione nelle caratteristiche e nelle finalità proprie di tale rito. 3.4. - La residua censura della Corte rimettente, riferita all’art. 111, secondo comma, Cost., resta assorbita. 4. - L’art. 443, comma 1, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 2 della legge n. 46 del 2006, va dichiarato, pertanto, costituzionalmente illegittimo nella parte in cui esclude che l’imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità, derivante da vizio totale di mente (art. 88 cod. pen.). (Omissis) Contrasti CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 20 ottobre 2009, n. 40538 (c.c. 24 settembre 2009) Pres. Gemelli – Est. Macchia – P.M. Palombarini (parz. diff.) – Ric. Lattanzi Indagini preliminari y Chiusura y Termini y Decorrenza del termine iniziale y Dalla notizia di reato y Ritardo nell’iscrizione y Conseguenze . Il termine iniziale di decorrenza delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha provveduto ad iscrivere, nel registro delle notizie di reato, il nominativo della persona alla quale il reato è attribuito, senza che al giudice sia consentito di stabilire una diversa decorrenza. Gli eventuali ritardi nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nominativo cui il reato è attribuito, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma 3, c.p.p., anche se si tratta di ritardi colpevoli o abnormi, fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale. (Mass. Redaz.) (c.p.p. art. 335; c.p.p. art. 407) (1) (1) Le S.U. confermano, con la decisone in epigrafe, l’orientamento giurisprudenziale prevalente formatosi sull’argomento. Del tutto minoritario l’indirizzo interpretativo secondo cui la tardiva iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato non determina alcuna invalidità delle indagini preliminari, ma consente, tuttavia, al giudice di rideterminare il termine iniziale, in riferimento al momento in cui si sarebbe dovuta iscrivere la notizia di reato; derivandone da ciò che la tardiva iscrizione può incidere sulla utilizzabilità delle indagini finali, ma non sulla utilizzabilità di quelle svolte prima della iscrizione e che il relativo accertamento non è censurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da congrua e logica motivazione. Si vedano, in tal senso, Cass. pen., sez. V, 19 gennaio 2007, Boscarato, in questa Rivista 2008, 87 e Cass. pen., sez. I, 9 settembre 1992, Barberio, ivi 1993, 863. Svolgimento del processo 1. - Con ordinanza del 10 marzo 2009, il Tribunale di Napoli, quale giudice del riesame, ha annullato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa il 20 febbraio 2009 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale nei confronti di Lattanzi Lucio limitatamente al reato di corruzione di cui al capo 4) della rubrica, confermando il provvedimento custodiale in relazione ai reati di concussione e tentata concussione contestati al medesimo indagato ai capi 2) e 3) della imputazione cautelare. Avverso la statuizione del giudice del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, rassegnando vari motivi di impugnazione. Nel primo si lamenta violazione di legge, in riferimento al presupposto della gravità indiziaria, deducendo che i giudici del riesame avrebbero interpretato in modo distorto le dichiarazioni rese dalla parte offesa Costanzo Enrico, non essendo risultate condotte vessatorie poste in essere nei suoi confronti. Si denuncia, poi, violazione di legge, in quanto il pubblico ministero avrebbe proceduto ad iscrivere il nominativo del Lattanzi nel registro delle notizie di reato soltanto il 17 ottobre 2008, vale a dire tre anni dopo le dichiarazioni gravemente indizianti rese dal Costanzo nel 2005. Sicché, tenuto conto del fatto che non vi sarebbe stata alcuna proroga in ordine al termine per le indagini preliminari, dalla tardiva iscrizione deriverebbe la inutilizzabilità di tutti gli atti di indagine compiuti nei confronti del ricorrente a decorrere dal secondo anno successivo al 2005: inutilizzabilità che travolgerebbe certamente le dichiarazioni rese dal Costanzo al pubblico ministero il 23 ottobre 2008 e reputate fondamentali ai fini dell’apprezzamento della gravità indiziaria. Nel terzo motivo, si nega la configurabilità del tentativo di concussione, contestandosi la sussistenza del relativo metus, a fronte del quale la motivazione offerta dai giudici a quibus risulterebbe meramente apparente. Dalle dichiarazioni della parte offesa emergerebbe infatti che, alla presunta richiesta di denaro da parte dell’indagato, la pretesa vittima avrebbe opposto «un secco rifiuto senza mostrare segni di intimidazione o soggezione nei confronti di colui il quale avrebbe dovuto prestargli favori». Si contesta, poi, nel quarto motivo, che il Lattanzi potesse rivestire la qualità di incaricato di pubblico servizio, giacchè il medesimo era impiegato al Ministero degli Interni con la qualifica di coadiutore amministrativo di quarto livello, svolgendo in concreto semplici mansioni d’ordine, quale addetto all’ufficio accettazione ed archivio. Nel quinto ed ultimo motivo si lamenta violazione di legge in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari di spessore tale da legittimare l’applicazione della misura carceraria. Non sussisterebbe, infatti, la prospettata sistematicità delle condotte delittuose, nulla essendo emerso per tutto il periodo in cui il comportamento dell’indagato era stato “monitorato” dagli organi della indagine. Non vi sarebbe, poi, pericolo di recidiva, posto che il medesimo indagato, addirittura in epoca antecedente alla presunta commissione del fatti, non era più in servizio presso la polizia amministrativa della prefettura di Napoli, mentre in atto si trova per di più sospeso dal servizio. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 35 giur C o n t r a s ti Tutti i punti toccati dai motivi di ricorso sono stati poi ripresi e sviluppati in una diffusa memoria, nella quale sono state ampiamente analizzate le varie acquisizioni probatorie atte a corroborare le diverse censure dedotte. 2. - La Sesta sezione penale, cui il ricorso era stato assegnato, ha rimesso il ricorso stesso a queste Sezioni Unite, avendo registrato un contrasto di giurisprudenza in merito alle conseguenze che scaturiscono dalla ritardata iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p. Secondo un primo orientamento, infatti, si osserva che, presupponendo l’obbligo di iscrizione che a carico della persona siano emersi specifici elementi indizianti e non semplici sospetti, ne consegue che l’apprezzamento circa la tempestività della iscrizione rientra nella esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è comunque sottratto, in ordine all’an ed al quando, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali, nei confronti del pubblico ministero. A fronte di tale prevalente orientamento giurisprudenziale ne viene segnalato altro, secondo il quale la tardiva iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato, pur non determinando la invalidità delle indagini, consente al giudice di rideterminare il momento in cui si sarebbe dovuto iscrivere, con la conseguenza che la tardiva iscrizione può incidere sulla utilizzabilità delle indagini compiute dopo la scadenza del termine, come rideterminato, ma non su quella delle indagini espletate prima della iscrizione. Contrasto, quello appena accennato, che si rinviene anche nelle posizioni della dottrina espressasi sul punto, anche se in termini assai più variegati. 3. - La difesa dell’indagato ha, infine, depositato, in prossimità della udienza davanti a queste Sezioni Unite, diffusa ed articolata memoria, nella quale ha ulteriormente sviluppato - con numerosi richiami al merito delle indagini - l’intera gamma delle censure già poste a fondamento dei motivi di ricorso. Motivi della decisione 1. - L’intera tematica che ruota attorno alla disciplina dei termini delle indagini preliminari ha costituito, sin dalle prime applicazioni del vigente codice di rito, un nodo problematico sul quale si sono venute a misurare opinioni quanto mai disparate. Da parte di alcuni, infatti, si presentava per certi aspetti eccentrica, rispetto ad un modello processuale di ispirazione accusatoria, la scelta di confinare all’interno di spazi temporali assai circoscritti l’attività di indagine del pubblico ministero e della polizia giudiziaria, giacchè, tenuto conto della sostanziale “impermeabilità” del dibattimento agli effetti della utilizzazione del materiale di indagine, e considerata, dunque, la tendenziale snellezza della fase investigativa, mal si spiegava il rigore che contrassegnava la disciplina dei termini delle indagini e, in particolare, la disposizione - processualmente “precludente” - della inutilizzabilità, che sanzionava l’eventuale compimento di atti a termini scaduti. 36 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Evocandosi, d’altra parte, a conforto di tale posizione, la circostanza che normative consimili risultavano del tutto ignote nei Paesi che già adottavano sistemi processuali di stampo accusatorio. Sull’opposto versante, si schierava, invece, chi riteneva che, proprio la dimensione temporale circoscritta, meglio di altre previsioni avrebbe in concreto garantito, da un lato, l’espletamento delle sole indagini necessarie e sufficienti per le scelte relative alla azione penale, e, dall’altro, la tempestiva celebrazione del giudizio: indispensabile epilogo, quest’ultimo, per consentire una acquisizione probatoria “effettiva”, proprio perchè non stemperata dal diluirsi del tempo. Il tutto, non senza sottolineare come il rigoroso vincolo temporale impresso alle indagini, fosse di per sè un segnale inequivoco circa la volontà di precludere “annose” inchieste, che avrebbero ineluttabilmente fatto correre al sistema il rischio di riprodurre antiche - e ormai superate - vocazioni “istruttorie”. Dal dibattito, che animò anche i lavori preparatori della legge-delega sul nuovo codice, sono poi scaturite posizioni ancor più articolate, che hanno dato vita, per un verso, ad una nutrita serie di questioni di legittimità costituzionale, succedutesi - sui vari versanti “critici” della normativa dei termini delle indagini - sino a tempi relativamente recenti; sotto altro profilo, a contrasti di giurisprudenza, quale quello sul quale queste Sezioni Unite sono ora chiamate ad intervenire; e, sotto un terzo ed ultimo profilo, a variegati progetti di riforma della disciplina in questione, a fedele testimonianza di come, alle problematiche interpretative e di sistema, si sia affiancata una esigenza di incisive modifiche, atte a sanare alcune “patologie” applicative, rispetto alle quali, tanto la prassi che gli approdi ermeneutici, hanno offerto risposta obiettivamente insoddisfacente. 2. - La giurisprudenza costituzionale, come si è detto, reiteratamente chiamata a pronunciarsi sulla tematica che qui interessa, ha scrutinato più volte, in termini di compatibilità costituzionale, la disciplina relativa alla previsione dei termini per le indagini preliminari. In particolare, la Corte ha sottolineato come la previsione di specifici limiti cronologici per lo svolgimento delle indagini preliminari e della correlativa sanzione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termini stabiliti per quella fase - aspetto, quest’ultimo, sul quale, per diverse ragioni, si sono in particolare concentrate le censure dei vari giudici rimettenti - costituisca il frutto di una precisa scelta operata dal legislatore delegante, al fine di soddisfare, da un lato, la «necessità di imprimere tempestività alle investigazioni», e, dall’altro, l’esigenza «di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini è assoggettato». Tale opzione, ha soggiunto la Corte, si raccorda intimamente alle finalità stesse della attività di indagine, la quale, lungi dal riprodurre quella funzione “preparatoria” del processo che caratterizzava la fase istruttoria nel codice di rito previgente, è destinata unicamente a consentire - come espressamente recita l’art. 326 c.p.p. - al pubblico ministero di assumere le proprie determinazioni inerenti all’esercizio della azione penale,; con l’ovvio corollario che la tendenziale comple- giur C o n t r a s ti tezza delle indagini, evocata dall’art. 358 del codice di rito, viene funzionalmente a correlarsi, non più al compimento di tutti gli “atti necessari per l’accertamento della verità”, secondo l’ampia e iperbolica enunciazione che definiva i compiti del giudice istruttore nell’art. 299 del codice abrogato, ma al ben più circoscritto ambito che ruota attorno alla scelta se esercitare o meno l’azione penale. In tale prospettiva, dunque - ha soggiunto la Corte non poteva intravedersi alcuna contraddizione logica tra la previsione di un termine entro il quale deve essere portata a compimento l’attività di indagine e il precetto sancito dall’art. 112 Cost. - frequentemente evocato a parametro dai giudici a quibus, sul presupposto che, limitare temporalmente le indagini, può incidere in concreto sulla relativa “effettività”, con correlativo perturbamento dell’obbligo di esercitare l’azione penale - proprio perchè quel termine, in sè considerato, non rappresenta un fattore che, sempre e comunque, è astrattamente idoneo a turbare le determinazioni che il pubblico ministero è chiamato ad assumere al suo spirare. Dunque, ha osservato ancora la Corte, «l’eventuale necessità di svolgere ulteriori atti di investigazione, viene a profilarsi unicamente come ipotesi di mero fatto che, per un verso, non impedisce allo stesso pubblico ministero di stabilire, allo stato delle indagini svolte, se esercitare o meno l’azione penale, mentre, sotto altro profilo, può rinvenire adeguato soddisfacimento, a seconda delle scelte operate, o nella riapertura delle indagini prevista dall’art. 414 del codice di procedura penale o nella attività integrativa di indagine che l’art. 430 consente di compiere anche dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio». Fermo restando, ovviamente - ha conclusivamente rilevato la stessa Corte - la necessità di riservare «alle discrezionali scelte del legislatore l’individuazione degli opportuni strumenti processuali in base ai quali consentire la prosecuzione delle indagini, nelle eccezionali ipotesi in cui sia risultato impossibile portarle a compimento entro il termine massimo previsto dalla legge» (v. la sentenza n. 174 del 1992, nonchè le ordinanze n. 436 del 1991, n. 222 del 1992, n. 48 del 1993, n. 485 del 1993, 239 del 1994, n. 350 del 1996). L’altro versante sul quale la Corte costituzionale è stata reiteratamente investita, è rappresentato proprio dallo specifico problema ora devoluto a queste Sezioni Unite. In più occasioni, infatti, diverse autorità giudiziarie hanno sospettato di illegittimità costituzionale la disciplina dei termini delle indagini, nella parte in cui non è prevista la possibilità di far retroagire la decorrenza degli stessi nei casi in cui sia stata indebitamente ritardata la iscrizione del nominativo dell’indagato nell’apposito registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p. Sul punto, peraltro, la Corte, malgrado talune puntualizzazioni circa la utilizzabilità degli atti compiuti prima della formale iscrizione (v. ordinanza n. 307 del 2005), non ha offerto risposta nel merito, avendo nelle varie occasioni reputato inammissibili i quesiti formulati (v. le ordinanze n. 337 del 1996, n. 94 del 1998, n. 306 del 2005, n. 400 del 2006).. Sul versante costituzionale, dunque, la problematica connessa alla mancata previsione di specifici rimedi processuali atti a “correggere” l’eventuale ritardo nella iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., agli effetti della individuazione del dies a quo, dal quale far decorrere i termini i durata delle indagini preliminari, resta ancora questione “aperta.” Va solo rilevato, semmai, come, alla luce del numero delle ordinanze di rimessione e del lungo arco di tempo in cui le varie autorità giudiziarie hanno sollevato i riferiti dubbi di legittimità costituzionale, il problema dei possibili “arbitrii” del pubblico ministero sia stato e sia tuttora acutamente avvertito anche nella pratica quotidiana, evidentemente nella consapevolezza di quanto ardua risulti la possibilità di risolvere la quaestio attraverso una semplice operazione di tipo interpretativo. 3. - La sostanziale impossibilità di offrire soluzioni ermeneutiche tali da ricomporre, all’interno del sistema, quale positivamente disciplinato, gli eventuali patologici ritardi nella iscrizione del nominativo dell’indagato, è, d’altra parte, ben testimoniata dagli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza di questa Corte, pur nell’ambito del contrasto che queste Sezioni Unite sono state chiamate a dirimere. Secondo, infatti, l’orientamento di gran lunga prevalente, la disciplina processuale non consente di ritenere conferito al giudice un potere di “retrodatazione” della iscrizione del nominativo cui la notizia di reato deve essere attribuita a far tempo dalla data della effettiva emersione, con la conseguenza di rendere inutilizzabili gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine, così come rideterminato dal giudice. Si è, infatti, affermato che l’obbligo imposto al pubblico ministero di iscrizione della notitia criminis nell’apposito registro previsto dall’art. 335 c.p.p., risponde all’esigenza di garantire il rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari e presuppone che a carico di una persona nota emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti, e non di meri sospetti. Da ciò si è fatto discendere il corollario per il quale il ritardo nella iscrizione, non è concetto che possa assumersi in via di semplice presunzione, ma è un dato che consegue unicamente alla concreta verifica circa il momento in cui il pubblico ministero ha acquisito gli elementi conoscitivi necessari a delineare una notizia di reato nei confronti di una persona, in termini di ragionevole determinatezza. Ne consegue ulteriormente che, in difetto di tale presupposto, il quale investe l’an ed il quando e determina il dies a quo della notitia criminis, l’apprezzamento della tempestività dell’iscrizione, che rientra - si è affermato in più occasioni - nella «valutazione discrezionale» del pubblico ministero, non può affidarsi a postume congetture; né l’eventuale violazione del dovere di tempestiva iscrizione, che pur potrebbe configurare responsabilità disciplinari o addirittura penali a carico del pubblico ministero negligente, è causa di nullità degli atti compiuti, non ipotizzabile in assenza di una espressa previsione di legge, in ossequio al principio di tassatività, fissato dall’art. 177 del codice di rito (in linea con tale orientamento, v., tra le altre, Cass., Sez. V, 18 ottobre 1993, Crici; Cass., Sez. I, 28 aprile 1995, Grimoli; Cass., Sez. IV, 27 agosto 1996, Guddo; Cass., Sez. VI, 24 ottobre 1997, Todini; Cass., Sez. I, 11 marzo 1999, Testa; Cass., Sez. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 37 giur C o n t r a s ti V, 27 marzo 1999, P.G. in proc. Longarini; Cass., Sez. VI, 17 febbraio 2003, Parrella; Cass., Sez. IV, 22 giugno 2004, Kurtaj; Cass., Sez. V, 23 settembre 2005, Supino; Cass., Sez. VI, 2 ottobre 2006, Bianchi; Cass., Sez. VI, 10 ottobre 2007, P.M. in proc. Genovese; Cass., Sez. II, 21 febbraio 2008, P.G. in proc. Chirillo; Cass., Sez. V, 8 aprile 2008, Bruno). Tale orientamento, d’altra parte, è già stato condiviso da queste Sezioni Unite (Sez. un., 21 giugno 2000, Tammaro, mass. uff. n. 216248), le quali hanno avuto modo di ribadire che «l’omessa annotazione della notitia criminis nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p., con l’indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini “contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta”, non determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti sino al momento dell’effettiva iscrizione nel registro, poichè, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall’art. 407 c.p.p., al cui scadere consegue l’inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre, per l’indagato, dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla». Ciò in quanto, hanno ribadito queste Sezioni Unite, «l’apprezzamento della tempestività della iscrizione, il cui obbligo nasce solo ove a carico di una persona emerga l’esistenza di specifici elementi indizianti e non di meri sospetti, rientra nell’esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è sottratto, in ordine all’an e al quando, al sindacato del giudice, ferma restando la configurabilità di ipotesi di responsabilità disciplinari o addirittura penali nei confronti del pubblico ministero negligente». A fronte di tale coeso quadro giurisprudenziale se ne registra altro, del tutto minoritario, nel quale si afferma, invece, che la tardiva iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato non determina alcuna invalidità delle indagini preliminari, ma consente, tuttavia, al giudice di rideterminare il termine iniziale, in riferimento al momento in cui si sarebbe dovuta iscrivere la notizia di reato; derivandone da ciò che la tardiva iscrizione può incidere sulla utilizzabilità delle indagini finali, ma non sulla utilizzabilità di quelle svolte prima della iscrizione e che il relativo accertamento non è censurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da congrua e logica motivazione (in tal senso, pur se con varietà di accenti e di passaggi argomentativi, Cass., Sez. I, 6 luglio 1992, Barberio; Cass., Sez. I, 27 marzo 1998, Dell’Anna; Cass., Sez. V, 8 ottobre 2003, Liscai; Cass., Sez. V, 21 settembre 2006 Boscarato). Secondo un terzo orientamento, infine, solo abnormi ed ingiustificati ritardi nella iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro delle notizie di reato potrebbero, al di là di profili di responsabilità interna dell’ufficio, dar luogo ad illegittimità delle iscrizioni stesse, con riferimento alla loro data. Con la conseguenza che, in tali ipotesi, spetterebbe al giudice individuare il momento in cui la notitia criminis poteva e doveva essere annotata nell’apposito registro ai fini della decorrenza del termine delle indagini preliminari. Non senza soggiungere, peraltro, talune 38 1/2010 Arch. nuova proc. pen. puntualizzazioni, che valgono a rendere ancor più indeterminato il perimetro entro il quale dovrebbe svolgersi il “controllo sostitutivo” del giudice. Si è, infatti, precisato che andrebbe comunque tenuto presente il fatto che l’obbligo del pubblico ministero di procedere «immediatamente» alle iscrizioni previste nel comma 1 dell’art. 335 c.p.p., «non implica la rigidità di un termine computabile a ore o a giorni e può ritenersi regolarmente adempiuto pur quando l’iscrizione sia avvenuta, per certe plausibili ragioni, a distanza di qualche giorno rispetto alla data di acquisizione della notitia criminis»; e ciò - si è affermato risulterebbe del resto in linea «con l’ovvia considerazione che il pubblico ministero non può non fruire di un certo ambito temporale per l’esame e la valutazione della notizia di reato e l’individuazione del nome del soggetto da iscrivere nel registro degli indagati» (Cass., Sez. I, 11 maggio 1994, Scuderi, nonchè, in particolare, Cass., Sez. I, 4 gennaio 1999, n. 3192, Iamonte ed altri, non massimata). 4. - L’orientamento prevalente merita di essere condiviso. L’enunciato che contraddistingue la disciplina introdotta dall’art. 335 del codice di rito è, infatti, univoco nel suo valore e significato precettivo. Il compito della “iscrizione” è, infatti, soggettivamente demandato al pubblico ministero, cui pertanto viene conferito il relativo munus, senza che il disposto normativo consenta di intravedere altre figure, del processo o delle indagini, legittimate a surrogare il “ritardato” esercizio di tale potere-dovere. La circostanza, poi, che il pubblico ministero sia chiamato ad iscrivere “immediatamente” la notitia criminis ed il nominativo dell’indagato, evoca la configurazione di un siffatto incombente in termini di rigorosa “doverosità”, nel senso di riconnettere in capo all’organo titolare dell’azione penale uno specifico - e indilazionabile - obbligo giuridico, che deve essere adempiuto senza alcuna soluzione di continuità rispetto al momento in cui sorgono i relativi presupposti. Si è, quindi, totalmente al di fuori di qualsiasi possibilità di scelta, non solo in relazione all’an, ma anche rispetto al quid - l’iscrizione riguarda, infatti, “ogni” notizia di reato - ed al quando. In questo senso, quindi, deve ritenersi non pertinente il riferimento ad un potere “discrezionale” del pubblico ministero, pur presente in larga parte delle decisioni di questa Corte che hanno aderito alla impostazione di queste Sezioni Unite, espressa nella già ricordata sentenza Tammaro. Il compito del pubblico ministero, infatti, è quello - in teoria, del tutto “neutro” - di “riscontrare” l’esistenza dei presupposti normativi che impongono l’iscrizione: non di effettuare valutazioni realmente “discrezionali”, che ineluttabilmente finirebbero per coinvolgere l’esercizio di un potere difficilmente compatibile - anche sul versante dei valori costituzionali coinvolti - con la totale assenza di qualsiasi controllo giurisdizionale. D’altra parte, e come si è già messo in evidenza, i numerosi interventi della Corte costituzionale ed il ripetersi dei dubbi di legittimità della normativa in esame - pur nella diversità dei profili contestati - rappresentano un dato in sè indicativo della “criticità” del problema: aspetto, quest’ultimo, senz’altro acuito, ove i “poteri” del pubblico ministero, in parte qua, non fossero correttamen- giur C o n t r a s ti te inquadrati, facendo riferimento ad inesistenti spazi di “discrezionalità”. La vaghezza, però, dei parametri identificativi del “momento” di insorgenza dell’obbligo di procedere agli adempimenti previsti dall’art. 335 c.p.p. è per certi aspetti ineludibile e scaturisce, a ben guardare, dalla stessa scelta del legislatore di configurare l’iscrizione come un atto a struttura “complessa”: nel senso che in esso simbioticamente convivono una componente “oggettiva”, quale è la configurazione di un determinato fatto (“notizia”) come sussumibile nell’ambito di una determinata fattispecie criminosa (“di reato”, con un suo nomen iuris ben definito come risulta evidenziato dalla circostanza che «se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l’aggiornamento delle iscrizioni...»); nonchè di una componente “soggettiva”, rappresentata dal nominativo dell’indagato. Componente, quest’ultima, essenziale, perchè è solo dopo che viene individuato il soggetto cui attribuire il reato che i termini cominciano a decorrere. 5. - L’improprio richiamo ad un concetto di “discrezionalità”, come si è accennato del tutto inaccettabile, ove non parametrato sulla falsariga di rigorosi presupposti, sindacabili e controllabili in sede giurisdizionale, coglie, però, un aspetto di indiscutibile risalto, quale è quello rappresentato dalla naturale “fluidità” che presenta lo scrutinio dei fatti che concretamente possono determinare la insorgenza dell’obbligo di iscrizione. Il codice, infatti, non somministra una definizione normativa di ciò che è “notizia di reato”: certamente, l’espressione evoca un quid minus di ciò che rappresenta la base fattuale per elevare l’imputazione; ma è anche un quid pluris rispetto ad una indefinita “ipotesi” di reato, che, come si è visto, la giurisprudenza di questa Corte individua nella figura del semplice sospetto. Tra questi due termini, in ipotesi estremi, regna, però, un’area, tutta da perscrutare sul piano contenutistico, giacchè è evidente che la configurabilità, anche solo in termini di “notizia di reato,” di una complessa fattispecie associativa, evoca un “lavorio” definitorio che può comportare (ed è ciò che qui interessa) spazi temporali non comparabili rispetto a quelli che, invece, consuetamente richiedono fatti ictu oculi sussumibili nell’ambito di una determinata fattispecie di reato. Ancor più il discorso vale per la individuazione della persona cui il reato deve essere attribuito; al punto che è lo stesso legislatore, stavolta, ad aver espressamente previsto che l’obbligo di iscrizione del relativo nominativo debba avvenire soltanto «dal momento in cui [esso] risulta»: quando, cioè, la identificazione del soggetto e la attribuibilità a questi del reato, assume una certa pregnanza. D’altra parte, la sostanziale “fluidità” dei parametri alla stregua dei quali definire il momento di acquisizione della notizia di reato e l’identificazione del relativo “responsabile”, è, per certi aspetti, desumibile dallo stesso quadro normativo di riferimento. Stabilisce, per esempio, l’art. 109 disp. att. c.p.p., che la segreteria del pubblico ministero annota sugli atti «che possono contenere notizia di reato» la data e l’ora in cui sono pervenuti, e li «sottopone immediatamente» al pubblico ministero «per l’eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato». È evidente, quindi, che, per un verso, lo “scrutinio” di ciò che è o non è notizia di reato può apparire in concreto problematico; dal’altro, che tale “scrutinio” è normativamente riservato al pubblico ministero. Altro e, forse, ancor più significativo esempio è offerto dal fatto che l’ordinamento ha espressamente previsto, nel d.m. 30 settembre 1989, recante l’approvazione dei registri in materia penale, l’impianto di un apposito registro, denominato “modello 45: Registro degli atti non costituenti notizia di reato” (ispirato ai cosiddetti “Atti relativi”, registro C, conosciuto sotto la vigenza del codice abrogato), nel quale raccogliere, appunto, quegli atti che riposano ancora nel “limbo” della incerta definibilità, ma che richiedono una fase di accertamenti “preliminari”. Sono note, al riguardo, le varie polemiche insorte circa la possibilità di utilizzare tale registro come uno strumento improprio che abiliterebbe il pubblico ministero ad una sorta di potere incontrollato di “cestinazione”, costituzionalmente incompatibile con il necessario controllo giurisdizionale sulle scelte che il pubblico ministero compie in ordine all’obbligo di esercitare l’azione penale. Ma ciò che qui conta, non è la “patologia” dell’impiego strumentale di un registro in luogo dell’altro, quanto, piuttosto, l’esistenza di un “rapporto” tra i fatti da iscrivere nell’uno e le eventuali “trasmigrazioni” nell’altro, a testimonianza, appunto, della già segnalata “fluidità” definitoria di cui innanzi si è fatto cenno. Queste Sezioni Unite, infatti, hanno avuto modo di puntualizzare, al riguardo, che, in tema di azione penale, mentre il procedimento attivato a seguito di iscrizione degli atti nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p. (cosiddetto “mod. 21”) ha come esito necessitato l’inizio della azione penale o la richiesta di archiviazione, l’iscrizione degli atti nel registro non contenente notizie di reato (cosiddetto “mod. 45”) può sfociare, o in un provvedimento di diretta trasmissione degli atti in archivio da parte del pubblico ministero in relazione a quei fatti che, fin dall’inizio, appaiono come penalmente irrilevanti, o può condurre al medesimo esito della procedura prevista per le ordinarie notitiae criminis, qualora siano state compiute indagini preliminari o il fatto originario sia stato riconsiderato o comunque sia sopravvenuta una notizia di reato. In questo secondo caso - hanno puntualizzato queste Sezioni Unite - l’eventuale richiesta di archiviazione non è condizionata al previo adempimento, da parte del pubblico ministero, dell’obbligo di reiscrizione degli atti nel registro “mod. 21”, in quanto la valutazione, esplicita o implicita, circa la natura degli atti, spetta al titolare della azione penale indipendentemente dal dato formale dell’iscrizione in questo o quel registro, e al giudice per le indagini preliminari non è riconosciuto alcun sindacato nè su quella valutazione, nè sulle modalità di iscrizione degli atti in un registro piuttosto che in un altro (Cass., Sez. un., 22 novembre 2000, P:M: in proc. ignoti, mass. uff. n. 217473). 6. - Il dato normativo è, dunque, univocamente convergente nel delineare in termini di rigorosa scansione Arch. nuova proc. pen. 1/2010 39 giur C o n t r a s ti temporale la sequenza che contraddistingue l’«obbligo» del pubblico ministero: appena acquisita, infatti, la notizia di reato, nei termini di configurabilità oggettiva di cui si è detto (base fattuale idonea a configurare un “fatto” come sussumibile in una determinata fattispecie di reato), il pubblico ministero è tenuto a procedere, senza soluzione di continuità e senza alcuna sfera di “discrezionalità”, alla relativa iscrizione nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p. Allo stesso modo, e sul versante della attribuibilità soggettiva, una volta conseguiti elementi “obiettivi”di identificazione del soggetto “responsabile” (tali, dunque, da superare la soglia del generico e “personale” sospetto), con altrettanta tempestività il pubblico ministero sarà tenuto a procedere alla iscrizione del relativo nominativo. Ciò spiega e giustifica - anche sul piano della legittimità costituzionale - la scelta del legislatore di far decorrere da quel momento i termini delle indagini preliminari, e permettere, sulla base di dati incontrovertibili, il controllo del loro rispetto e l’agevole enucleazione di quali siano gli atti da assoggettare alla sanzione della inutilizzabilità, perchè compiuti dopo la scadenza dei termini stessi. Resta peraltro aperto - come dianzi s’è fatto cenno il problema delle possibili “patologie” e dei correttivi interni al sistema, giacchè gli eventuali ritardi rispetto all’obbligo di procedere “immediatamente” alle iscrizioni delle notizie di reato, richiederebbero, quale efficace rimedio, la individuazione di un giudice e di un procedimento che consentisse l’adozione di un qualche provvedimento “surrogatorio,” che la legge non ha previsto. Al riguardo, può rammentarsi che un intervento sostitutivo del giudice, proprio in tema di “iscrizioni” nel registro di cui all’art. 335 c.p.p., è espressamente previsto in tema di archiviazione nei procedimenti a carico di ignoti, giacchè l’art. 415, comma 2, ultimo periodo, c.p.p., stabilisce che - in presenza di richiesta di archiviazione per essere ignoto l’autore del fatto - il giudice per le indagini preliminari, ove invece ritenga che il reato sia da attribuire a persona già individuata, ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizia di reato. Ma proprio tale previsione dimostra, da un lato, che i poteri di intervento del giudice sono tipici e nominati, saldandosi essi alla esigenza, costituzionalmente imposta, che sia soltanto la legge a stabilire le attribuzioni processuali di tale organo; e, dall’altro, che un simile intervento “sostitutivo” (in sè evidentemente eccezionale), non si giustifica in funzione del controllo circa la tempestività e completezza delle “iscrizioni”, ma sul diverso versante - costituzionalmente presidiato dall’art. 112 Cost. - della necessità di sottoporre al sindacato giurisdizionale la domanda di “inazione” che il pubblico ministero promuove, attraverso la richiesta di archiviazione per essere ignoto l’autore del fatto. «Il problema dell’archiviazione - puntualizzò, infatti, la Corte costituzionale - sta nell’evitare il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorietà ed anzi controllando, caso per caso, la legalità dell’inazione» (Corte cost., sentenza n. 88 del 1991). Il potere del giudice, quindi, di disporre la iscrizione del nominativo dell’indagato in sede di archiviazione contro ignoti, mira ad impedire la elusione 40 1/2010 Arch. nuova proc. pen. dell’obbligo di esercitare l’azione penale; una prospettiva, dunque, del tutto peculiare e dalla quale sarebbe perciò stesso arbitrario desumere l’esistenza di un più generale potere di controllo giurisdizionale circa i tempi ed i modi attraverso i quali il pubblico ministero procede alle iscrizioni nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. L’unico “tassello normativo” per il tramite del quale è forse possibile configurare un potere di “apprezzamento” da parte del giudice, circa la “tempestività” delle iscrizioni, è offerto, a ben guardare, soltanto dalla disciplina che regola il regime delle proroghe del termine per le indagini preliminari (art. 406 c.p.p.), non apparendo estranea a quel sistema l’idea di un giudice che, in presenza di iscrizioni “tardive”, calibri la concessione o il diniego della proroga in funzione, anche, della durata delle indagini eventualmente espletate prima della tardiva iscrizione. Al di fuori di tale ipotesi, manca una struttura normativa di riferimento. Non esiste, infatti, nel sistema, nè un principio generale di “sindacabilità” degli atti del pubblico ministero, nè un altrettanto generalizzato compito di “garanzia” affidato al giudice per le indagini preliminari. Si tratta, infatti, di un giudice “per” le indagini, e non “delle” indagini preliminari, il quale - proprio per impedire la riproduzione di funzioni lato sensu “istruttorie” - non governa l’attività di indagine nè è chiamato a controllarla, svolgendo funzioni, si è detto, “intermittenti”, che sono soltanto quelle previste dall’ordinamento. Stabilisce, infatti, l’art. 328 c.p.p., che il giudice per le indagini preliminari provvede sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa «nei casi previsti dalla legge». Compiti, dunque, non soltanto limitati, ma anche tassativamente tipizzati. 7. - Per poter configurare un sindacato giurisdizionale sulla tempestività delle iscrizioni operate dal pubblico ministero, occorrerebbe, dunque, una espressa previsione normativa che disciplinasse non soltanto le attribuzioni processuali da conferire ad un determinato organo della giurisdizione, ma anche il “rito” secondo il quale inscenare un simile accertamento “incidentale”. Basti pensare, ad esempio, alla esigenza di rispettare il contraddittorio, non solo tra i soggetti necessari, ma anche in riferimento agli altri eventuali “partecipanti” della indagine o del processo. Se si introducesse, infatti, un controllo ex post sul merito della “tempestività” delle iscrizioni, con possibilità di “retrodatazione” tale da compromettere la utilizzazione di atti di indagine, il relativo ius ad loquendum non potrebbe non essere riconosciuto anche agli eventuali altri indagati o persone offese, che dalla “postuma” dichiarazione di inutilizzabilità di atti di indagine potrebbero soffrire una grave compromissione, ove quegli atti fossero favorevoli alla loro posizione. L’esigenza di un innesto normativo per portare a soluzione i problemi, da tempo avvertiti, che scaturiscono dalla assenza di effettivi rimedi per le ipotesi di ritardi nella iscrizione nel registro delle notizie di reato, è, d’altra parte, chiaramente testimoniata dal recente disegno di legge n. 1440, presentato dal Ministro della giustizia al Senato della Repubblica il 10 marzo 2009 e recante, fra giur C o n t r a s ti l’altro, varie disposizioni in tema di procedimento penale. In esso, infatti, si prevede una specifica disciplina che attribuisce al giudice, all’atto della richiesta di rinvio a giudizio, il compito di verificare l’iscrizione operata dal pubblico ministero nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. e determinare, se del caso, la data nella quale essa doveva essere effettuata, «anche agli effetti dell’art. 407, comma 3». In modo tale, puntualizza la relazione che accompagna l’iniziativa legislativa, da porre rimedio ad un meccanismo «che rischia di rimettere alle scelte discrezionali del pubblico ministero la concreta determinazione dei tempi processuali. Con le nuove norme - osserva ancora la relazione - non potranno più riverberarsi sull’imputato gli effetti della iscrizione tardiva, a lui non imputabili, con la conseguenza di rendere più certi i termini delle indagini preliminari, a fini sia acceleratori che di garanzia». 8. - Allo stato della normativa vigente, occorre quindi ribadire il principio per il quale il termine per le indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha provveduto ad iscrivere, nel registro delle notizie di reato, il nominativo della persona alla quale il reato è attribuito, senza che al giudice sia consentito di stabilire una diversa decorrenza. Gli eventuali ritardi nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nominativo cui il reato è attribuito, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma 3, c.p.p., anche se si tratta di ritardi colpevoli o abnormi, fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale. 9. - Venendo, dunque, all’esame dei motivi di ricorso, deve conseguentemente essere disattesa la fondatezza della eccezione di inutilizzabilità degli atti di indagine che si assumono compiuti dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari, secondo le prospettive di “retrodatazione” additate dal ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative al presupposto della gravità indiziaria, giacchè le statuizioni del giudice del riesame, lungi dal profilarsi come sterile ed assertiva riproposizione degli elementi già posti a fondamento del provvedimento custodiale, sono dotate di coerente e puntuale motivazione su tutti i profili di maggior pregnanza che hanno connotato l’articolata vicenda oggetto di imputazione cautelare. Contrariamente all’assunto del ricorrente, infatti, gli addebiti di concussione tentata e consumata non riposano su di un acritico recepimento delle dichiarazioni rese dalla parte offesa -peraltro, adeguatamente scandagliate in punto di affidabilità intrinseca e di elementi esterni di conferma - ma su di un coeso tessuto indiziario coerentemente ricomposto in termini di più che adeguata linearità logica. Il tentativo del ricorrente di atomizzare i singoli apporti dichiarativi e prospettare, all’interno di ciascuno di essi, una lettura diversa e alternativa delle vicende, per come ricostruite dai giudici a quibus, finisce, dunque, per refluire sul terreno del riesame del merito, evidentemente estraneo al sindacato di legittimità riservato a questa Corte. Il provvedimento impugnato, infatti, adeguatamente suffraga la sussistenza di una condotta di seria ingerenza sopraffattrice posta in essere dall’indagato, reiteratamente propostosi quale “condizionante” interlocutore pubblico per l’attività imprenditoriale svolta dalla parte offesa; restando invece esclusi - nella ricostruzione dei fatti - i denunciati profili di superfetazione accusatoria, quanto alla sussistenza ed alla portata della coazione subita dalla vittima della concussione, o un più generale erroneo apprezzamento dell’intero compendio indiziario, che non può certo formare oggetto di “rilettura” in questa sede, come invece erroneamente postulato dal ricorrente, specie nelle memorie depositate. Del pari inconferente si rivela, poi, la doglianza relativa alla pretesa mancanza della qualità di incaricato di pubblico servizio dell’indagato, considerato che l’ordinanza impugnata, al di là dei profili di formale inquadramento del Lattanzi quale dipendente della prefettura di Napoli, ha preso in concreto esame - quanto meno ai circoscritti effetti dell’incidente cautelare - le attribuzioni effettive dal medesimo svolte in seno ai pubblici uffici presso i quali operava e l’uso strumentale delle mansioni e delle “esperienze” maturate, in funzione del metus prodotto dalla contestata condotta concussiva Sono invece fondate le articolate censure che il ricorrente ha svolto, tanto nei motivi di ricorso che nelle memorie, in punto di congruità della motivazione in ordine alle esigenze cautelari ed ai connessi profili di adeguatezza della misura prescelta. Ad avviso dei giudici del riesame, infatti, sussisterebbe la necessità di prevenire il pericolo di reiterazione di condotte criminose dello stesso tipo di quelle per le quali si procede, alla luce della «sistematicità con la quale il Lattanzi ha prostituito la sua funzione pubblica»; un periculum in libertate, quello evidenziato, che ad avviso di quei giudici può ritenersi adeguatamente salvaguardato soltanto dalla misura di massimo rigore, in considerazione della temporaneità della sospensione dal servizio e della «dimostrata capacità di influenzare l’iter amministrativo delle pratiche di interesse», attraverso le “conoscenze” di cui potrebbe avvalersi. Simili prospettazioni, però, da un lato non fuoriescono da un sostanziale tautologico rinvio agli addebiti cautelari rivolti all’indagato, mentre, dall’altro, trascurano completamente di esaminare tutta una serie di significative circostanze favorevoli all’indagato, puntualmente richiamate dal ricorrente. I giudici del merito, infatti, hanno innanzitutto omesso di esaminare la concretezza e la attualità delle esigenze di cautela in ragione del tempo trascorso dai fatti, posto che le vicende oggetto di contestazione risalgono all’ormai lontano autunno-inverno del 2005. Va infatti rilevato che, in tema di misure cautelari, la disposizione dettata dall’art. 292, comma 2, lettera c), c.p.p. - la quale espressamente prevede tra i requisiti dell’ordinanza cautelare lo specifico riferimento al «tempo trascorso dalla commissione del reato» - impone al giudice di motivare circa il punto menzionato sotto il profilo della valutazione della pregnanza della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempus commissi delicti, dovendosi ritenere che ad una maggiore distanza temporale dei fatti corrisponda un affievolimento delle esigenze cautelari (Cass., Sez. II, 8 maggio 2008, P.M. in proc. Mezzatenta ed altro). D’altra parte, il giudice del riesame ha totalmente omesso di esaminare, agli effetti di Arch. nuova proc. pen. 1/2010 41 giur C o n t r a s ti quanto previsto dall’art. 273, comma 3, c.p.p., la astratta applicabilità, nella specie, dell’indulto di cui alla legge 31 luglio 2006, n. 241, tenendo conto, in particolare, della natura e gravità dei fatti ai fini della determinazione, in via prognostica, della entità della pena presumibilmente irrogabile, e stabilire, all’esito, se vi sia un margine residuo per l’applicabilità della misura coercitiva (Cass., Sez. VI, 24 maggio 2007, Sganga; Cass., Sez. II, 12 marzo 2009, Vetriani). Apprezzamenti, quelli enunciati, che il ricorrente correttamente lamenta non essere stati in alcun modo svolti, malgrado gli elementi positivi di valutazione prospettati in sede di riesame. Altrettanto è a dirsi, d’altra parte, per ciò che attiene alla concreta e attuale sussistenza del pericolo di reiterazione delle condotte criminose, alla cui congruità motivazionale fa velo non soltanto il mero recepimento dei fatti contestati, lontani nel tempo, ma, soprattutto, la carente esplicitazione di obiettivi elementi in forza dei quali sia possibile ipotizzare che l’indagato, tenuto anche conto della condotta serbata medio tempore, sia attualmente in condizione di “sfruttare” infedelmente un munus pubblico o relazioni maturate nel precedente ambiente lavorativo. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. Il ricorso, nel resto, deve invece essere respinto. (Omissis) CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 20 ottobre 2009, n. 40537 (c.c. 16 luglio 2009) Pres. Gemelli – Est. Franco – P.M. Ciani (conf.) – Ric. Confl. comp. in proc. Orlandelli Competenza penale y Competenza per territorio y Procedimenti connessi y Connessione di reati y Reato più grave y Luogo di commissione y Individuazione y Impossibilità y Conseguenze . In ipotesi di reati connessi, agli effetti della competenza per territorio ai sensi dell’art. 16, comma 1, c.p.p., ove non sia possibile individuare il luogo di commissione del reato più grave secondo le regole oggettive dettate dagli artt. 8 e 9, comma 1, c.p.p., giudice competente deve ritenersi quello del luogo in cui risulta commesso, in via a mano a mano gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati connessi. Quando non sia possibile individuare, secondo le dette regole, il luogo di commissione per nessuno dei reati connessi, la competenza spetterà al giudice competente per il reato più grave in applicazione, in via gradata, dei criteri suppletivi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9 c.p.p.. (Mass. Redaz.) (c.p.p. art. 8; c.p.p. art. 9; c.p.p. art. 16) (1) (1) Le SS.UU. aderiscono, con la decisione in epigrafe, all’orientamento assolutamente dominante sorto in sede di legittimità ed ampiamente documentato in motivazione. Espressione dell’opposto e più recente orientamento, Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 2007, Albertini, in questa Rivista 2009, 107. 42 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Svolgimento del processo 1. Orlandelli Antonino fu rinviato a giudizio dinanzi al tribunale di Tivoli per rispondere di tre reati di ricettazione e di tre reati di truffa, in continuazione tra loro, realizzati mediante la negoziazione di assegni di illecita provenienza. Il giudice, con sentenza del 17 giugno 2008, rilevato il vincolo di connessione esistente tra i delitti contestati, individuò i reati più gravi in quelli di ricettazione, per i quali però era impossibile determinare il luogo di consumazione. Di conseguenza, applicò, con riferimento a tali reati, la regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 2, c.p.p. e quindi dichiarò l’incompetenza territoriale del tribunale di Tivoli, per essere competente quello di Roma, luogo di residenza dell’imputato. Il pubblico ministero presso il tribunale di Roma richiese al giudice per le indagini preliminari l’archiviazione perché il fatto non costituisce reato, sollecitandolo peraltro a sollevare conflitto negativo di competenza. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma, con ordinanza del 27 marzo 2009, sollevò il conflitto negativo di competenza, osservando che, laddove non è possibile stabilire la competenza per territorio in funzione del luogo di commissione del più grave dei reati in continuazione, deve aversi riguardo al luogo di commissione degli altri (meno gravi) reati connessi e non devono invece applicarsi i criteri sussidiari previsti dall’art. 9 c.p.p. in relazione al reato più grave. Nella specie, pertanto, essendo stato consumato il primo reato di truffa nel circondario del tribunale di Tivoli, la competenza per tutti i reati connessi spettava proprio al giudice che, con sentenza, l’aveva denegata. 2. La prima sezione penale - cui il conflitto era stato assegnato -, con ordinanza dell’11 maggio 2009, rilevata l’ammissibilità del conflitto stesso, lo ha rimesso alle Sezioni Unite per la risoluzione della questione se, ai fini della determinazione della competenza per territorio in ordine a reati connessi, qualora non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave, debba farsi ricorso ai criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p. sempre in riferimento al reato più grave, ovvero debba aversi riguardo al luogo di commissione del più grave tra i reati residui. Rileva l’ordinanza che, secondo l’orientamento giurisprudenziale assolutamente maggioritario, nell’ipotesi in esame non si deve fare riferimento alle regole suppletive stabilite dall’art. 9 c.p.p., bensì al luogo di consumazione del reato che, in via decrescente, si presenta come il più grave tra quelli residui. Invece, secondo un orientamento più recente e decisamente minoritario, si deve sempre attribuire la competenza al giudice che risulta competente per il reato più grave in applicazione di tutte le regole stabilite per determinare la competenza, incluse quelle suppletive previste dall’art. 9. L’ordinanza di rimessione osserva che un primo argomento su cui si basa l’orientamento dominante - ossia che l’art. 9 c.p.p. si riferirebbe a procedimenti con reato singolo e non a quelli con più reati connessi - non è concludente giur C o n t r a s ti perché l’art. 16 c.p.p. mutua la competenza per territorio per i reati connessi richiamando proprio la regola di determinazione della competenza per il reato singolo, quello appunto più grave. Un secondo argomento - continuità normativa con la giurisprudenza precedente e rispetto dei valori della certezza del diritto e della uniforme interpretazione della legge - non è invece pertinente perché in realtà non vi è continuità normativa. L’art. 16 del nuovo codice di rito, infatti, ha innovato radicalmente il criterio primario di collegamento, poiché ha rinviato non più ad un dato fattuale di tipo geografico, ma ad un dato giuridico, attribuendo la competenza per territorio per tutti i reati al «giudice competente per il reato più grave». Pertanto, secondo l’ordinanza di rimessione, il criterio di collegamento costituito dal luogo di commissione del reato più grave è assolutamente estraneo alla disciplina vigente, la quale, determinando la competenza territoriale per i reati connessi in funzione (non del luogo di commissione ma) della competenza per il reato più grave, involge necessariamente il richiamo di tutte le regole stabilite circa la competenza per territorio dagli artt. 8, 9 e 10 c.p.p. L’esclusione dei criteri sussidiari di cui all’art. 9 e l’adozione del criterio (non previsto) del luogo di commissione del reato più grave, sarebbero dunque arbitrarie e frutto di interpretazione contra legem, in quanto sovvertono il criterio legale di attrazione nella competenza territoriale del reato più grave e realizzano l’esatto contrario, ossia l’attrazione nella cognizione del giudice competente per il reato meno grave di quello più grave, illegittimamente sottraendolo al giudice naturale, territorialmente competente. Ritenendo di doversi discostare dall’orientamento dominante e di aderire a quello minoritario, il collegio ha, pertanto, investito della questione le Sezioni Unite. Il Primo Presidente Aggiunto ha quindi assegnato il ricorso alle Sezioni Unite Penali, per la trattazione all’odierna udienza in camera di consiglio. Motivi della decisione 3. Va preliminarmente dichiarata l’ammissibilità in rito del conflitto, in quanto l’indubbia esistenza di una situazione di stasi processuale, derivata dal rifiuto, formalmente manifestato, di due giudici a conoscere dello stesso procedimento appare insuperabile senza l’intervento di questa Suprema Corte. 4. Alle Sezioni Unite è stato rimesso il seguente quesito: «se, ai fini della determinazione della competenza per territorio in ordine a reati connessi, qualora non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave, debba farsi ricorso ai criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p. sempre in riferimento al reato più grave, ovvero debba aversi riguardo al luogo di commissione del più grave tra i reati residui». 5. Nel codice di rito del 1930, il caso era regolato dall’art. 47 (Effetti della connessione sulla competenza per territorio), il quale disponeva che «La competenza per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono egualmente competenti per materia appartiene a quello tra essi nella circoscrizione del quale fu commesso il reato più grave o in caso di pari gravità il maggior numero di reati». Nella vigenza di tale disposizione, la giurisprudenza assolutamente dominante di questa Corte aveva costantemente affermato il principio che l’individuazione del giudice competente per i procedimenti connessi doveva essere effettuata non già facendo ricorso ai criteri sussidiari indicati dall’art. 40 c.p.p. (ora, art. 9), bensì procedendo a graduale considerazione del reato (o dei reati) meno gravi, con attribuzione della competenza al giudice del luogo in cui risultava consumato, con oggettivo carattere di certezza, il reato (o i reati) minore rispetto al primo (o ai primi). La giurisprudenza specificava quindi che «Quando non è possibile determinare la competenza per territorio con riferimento ai reati più gravi rispetto ad altri contestati, ma di pari gravità tra loro, perché commessi in pari numero in diverse circoscrizioni, ovvero perché non è possibile individuare il luogo in cui ciascuno di essi fu commesso, la individuazione del giudice competente deve farsi prendendo in considerazione, gradatamente, i reati meno gravi rispetto a quelli inizialmente considerati, e quindi osservando, rispetto al detto secondo gruppo di reati, gli stessi criteri dettati dall’art 47 c.p.p. Se, pertanto, tale secondo gruppo di reati, meno gravi rispetto a quelli inizialmente considerati, comprende reati tra di loro di pari gravità commessi in numero diverso in diverse circoscrizioni, la competenza spetta al giudice nella cui circoscrizione è stato commesso il maggior numero di tali reati» (così Sez. I, 7.2.1966, n. 126, Hermany, m. 101082; nello stesso senso, Sez. I, 6.2.1963, Bovile, non mass., in Cass. pen. Mass. ann. 1963, p. 899, m. 1642; Sez. I, 9.6.1964, Lutti, non mass., ivi 1965, p. 817, m. 1449; Sez. I, 14.6.1967, n. 1918, De Masis, m. 105668; Sez. I, 13.11.1970, n. 2264/71, Pasquero, m. 116993; Sez. I, 24.2.1981, n. 329, Zangrillo, m. 148635; Sez. I, 31.5.1982, n. 1157, Mulinacci, m. 154594; Sez. I, 25.6.1982, n. 1437, Giuntoni, m. 156174; Sez. I, 2.12.1983, n. 2061/84, Macaluso, m. 162730; Sez. I, 5.3.1984, n. 478, Misulin, m. 163923; Sez. I, 25.10.1985, n. 2658, Mori, m. 171117; Sez. I, 25.2.1986, n. 1053, Grieco, m. 172300; Sez. I, 21.1.1991, n. 181, Venturi, m. 187295; contra Sez. I, 6.11.1980, n. 2752, Cerbene, m. 146812, rimasta isolata, senza dar conto del contrario e consolidato orientamento e senza particolare motivazione). 6.1. Nel vigente codice di procedura penale la materia è disciplinata dall’art. 16 (Competenza per territorio determinata dalla connessione), il quale stabilisce, al primo comma, che «La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato». Nonostante la diversa formulazione letterale, la giurisprudenza assolutamente dominante di questa Corte, anche dopo l’entrata in vigore della nuova disposizione, ha continuato a seguire l’interpretazione secondo la quale, ai fini della determinazione della competenza per territoArch. nuova proc. pen. 1/2010 43 giur C o n t r a s ti rio, quando si tratta di più reati connessi, le disposizioni dell’art. 9 c.p.p. devono essere coordinate con quelle di cui al successivo art. 16, sicché ove non sia possibile individuare il luogo di commissione del reato più grave, giudice competente deve ritenersi quello del luogo in cui risulta commesso il reato che, in via decrescente, si presenta come meno grave rispetto al primo e più grave rispetto agli altri residui, non essendo consentito fare ricorso alle regole suppletive stabilite dall’art. 9 c.p.p. (Sez. II, 17.3.1993, n. 5771, Giorgi, m. 194047; Sez. I, 24.9.1993, n. 3624, Cortellucci, m. 195429; Sez. I, 22.5.2000, n. 3731, D’Angelo, m. 216739; Sez. III, 3.10.2000, n. 3522, Pitzettu, m. 218530; Sez. VI, 6.11.2000, n. 4089, Tenaglia, m. 217908, specie punto 11 della motivazione; Sez. I, 12.5.2004, n. 25685, De Simone, m. 228142; Sez. I, 17.10.2007, n. 3947, Halilovic, m. 238372; Sez. I, 22.5.2008, n. 22763, Antonelli, m. 239887; Sez. I, 26.6.2008, n. 29160, Barrero, m. 240480; Sez. I, 3.10.2008, n. 38459, Babul, non mass.). Le ragioni sulle quali tale orientamento è stato fondato sono soprattutto due: a) in primo luogo, e principalmente, si fa riferimento alla esigenza di dare continuità alla giurisprudenza formatasi nella vigenza del codice di rito abrogato. Si osserva infatti che, «considerata la immutata identità di ratio fra l’art. 47 del c.p.p. del 1930 e l’art. 16, comma 1, del nuovo codice di rito, le cui disposizioni attribuiscono uguale forza attrattiva al più grave dei reati connessi, deve ritenersi che è ancora attuale l’indirizzo giurisprudenziale formatosi nel vigore dell’abrogato codice di rito» (Sez. II, 17.3.1993, n. 5771, Giorgi, m. 194047; Sez. I, 5.4.2001, n. 17516, Cisse, m. 218684). b) in secondo luogo, si sostiene che l’art. 9 c.p.p., sia per la sua collocazione sia per il suo contenuto letterale, si riferisce unicamente a procedimenti con reato singolo, sicché non è applicabile a quelli oggettivamente complessi, concernenti più reati connessi tra loro (v. Sez. I, 24.9.1993, n. 3624, Cortellucci, m. 195429; Sez. I, 5.4.2001, n. 17516, Cisse, m. 218684). 6.2. A fronte di tale consolidato orientamento, è stata di recente consapevolmente espressa una tesi contraria, secondo la quale, invece, nel caso in cui sia ignoto il luogo di commissione del più grave tra i reati connessi, le regole suppletive devono trovare applicazione anche con riferimento alla competenza per connessione, e ciò «perché l’art. 16 c.p.p., comma 1, rinvia a tutte le regole stabilite per determinare la competenza in ordine al reato più grave, incluse quelle suppletive previste dall’art. 9 c.p.p.; il criterio della decrescente gravità si direbbe frutto di “interpretazione creativa”. La competenza va quindi individuata con riferimento al reato più grave, anche in applicazione delle regole suppletive dettate dall’art. 9 c.p.p.” (Sez. V, 21.11.2007, n. 46828, Albertini, m. 238888; nello stesso senso Sez. I, 11.12.2007, n. 1515/08, Di Perna, non mass., ma senza dar conto del consolidato orientamento contrario). A volte (v. Sez. V, 21.11.2007, Albertini, cit.) si è fatto riferimento, a supporto di questo orientamento minoritario, anche ad altre decisioni (Sez. I, 7.10.1991, n. 3617, 44 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Liseno, m. 188816; Sez. III, 3.10.2000, n. 3522/01, Pitzettu, m. 218530; Sez. I, 7.12.2005, n. 45388, Saya, m. 233359), le quali però, come la stessa ordinanza di rimessione puntualmente evidenzia, sono in realtà attinenti a fattispecie diverse ed ispirate a diversa ratio decidendi. Così, la sentenza Liseno concerne il caso di un unico reato continuato, commesso in luogo non accertato e in concorso tra soggetti residenti in circoscrizioni diverse, per il quale trova applicazione il criterio di chiusura dell’art. 9, comma 3, c.p.p.; le sentenze Pitzettu e Saya si pongono sostanzialmente nel solco del contrario e prevalente orientamento peraltro espressamente richiamato e ribadito nelle prima di queste due sentenze - in quanto pervengono alla determinazione della competenza territoriale dei reati connessi sulla base dei criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p. con riferimento al reato più grave, soltanto perché per nessuno dei residui (e meno gravi) reati era possibile stabilire il luogo di consumazione ai sensi dell’art. 8 c.p.p. 6.3. La tesi minoritaria è stata condivisa e sviluppata, con una ampia ed approfondita motivazione, dall’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la quale innanzitutto critica le argomentazioni poste a sostegno della tesi dominante. In primo luogo, l’ordinanza ritiene non pertinente l’esigenza di dare continuità alla giurisprudenza formatasi nella vigenza del codice di rito abrogato, in quanto in realtà non esiste continuità normativa fra la vecchia e la nuova disciplina della competenza per territorio per i procedimenti relativi a reati connessi. Infatti, l’art. 47 del codice di rito del 1930 introduceva un criterio autonomo e diretto di determinazione della competenza per i reati connessi, sulla base del collegamento costituito dal luogo di commissione del reato più grave (ovvero del maggior numero di reati se di pari gravità). È allora comprensibile che la giurisprudenza, nel caso in cui tale luogo fosse ignoto, avesse fatto riferimento al reato seguente, in ordine (decrescente) di gravità, tra quelli connessi, del quale fosse accertato il luogo di commissione. Invero, proprio la fedeltà al criterio di collegamento fissato dalla legge accreditava l’interpretazione secondo cui il richiamo al reato più grave doveva intendersi circoscritto dalla clausola limitativa, sottesa: «del quale è noto il luogo della commissione». L’art. 16 del nuovo codice di rito, invece, contiene una innovazione radicale circa il criterio primario di collegamento, perché opera un rinvio non ad un dato di tipo fattuale (come quello geografico del codice abrogato), bensì al dato giuridico della competenza per territorio (in ordine al reato più grave), attraendo tutti i residui reati connessi nella competenza territoriale del «giudice competente per il reato più grave». In secondo luogo, l’ordinanza di rimessione ritiene non concludente l’argomento che l’art. 9 c.p.p. si riferisce a procedimenti con reato singolo, e non contempla l’ipotesi di una pluralità di reati in connessione, e ciò perché l’art. 16 mutua la competenza per territorio per i procedimenti connessi da quella per il reato più grave, ossia richiamando proprio la regola di determinazione della competenza per il reato singolo, quello appunto più grave. giur C o n t r a s ti Secondo l’ordinanza di rimessione, quindi, dovrebbe accogliersi l’orientamento minoritario in base al quale, in osservanza del criterio primario fissato dall’art. 16, comma 1, ai fini della determinazione della competenza per territorio per i reati connessi, deve aversi sempre esclusivo riguardo alla competenza per il più grave dei reati, da individuare con l’applicazione delle regole generali e, se del caso, di tutte quelle suppletive, nessuna esclusa. Ciò in sostanza per le seguenti ragioni: a) il criterio di collegamento costituito dal luogo di commissione del reato più grave (così come ogni altro criterio di tipo materiale e fattuale) è assolutamente estraneo alla vigente disciplina positiva; b) l’art. 16 c.p.p., determinando la competenza territoriale per i reati connessi in funzione (non del luogo di commissione ma) della competenza per il reato più grave, ossia con un collegamento esclusivamente giuridico, involge necessariamente il richiamo di tutte le regole stabilite circa la competenza per territorio dagli artt. 8, 9 e 10 c.p.p. Sarebbe pertanto arbitraria l’esclusione, ai fini della determinazione della competenza del reato più grave (e conseguentemente di tutti i reati connessi) dei criteri sussidiari previsti dall’art. 9 c.p.p. c) l’esclusione dei criteri sussidiari di cui all’art. 9 e l’adozione del diverso criterio di collegamento (non previsto dalla norma) del luogo di commissione del reato gradatamente meno grave si tradurrebbero in una interpretazione contra legem, in quanto sovvertono il criterio legale di attrazione nella competenza territoriale del reato più grave e realizzano l’esatto contrario, ossia l’attrazione nella cognizione del giudice competente per il reato meno grave di quello più grave, illegittimamente sottraendolo al giudice naturale, territorialmente competente. 7. Ritengono le Sezioni Unite che debba confermarsi - con la precisazione di cui si dirà - l’orientamento dominante, essendo tuttora valide e condivisibili le ragioni che lo sorreggono. Al contrario, non appaiono fondate le argomentazioni addotte dall’orientamento minoritario, che sono non decisive e si basano su una interpretazione meramente letterale della disposizione, senza tenere conto della sua ratio e di una sua esegesi logico-sistematica. 7.1. È innanzitutto fallace l’argomento secondo cui la tesi dominante darebbe luogo ad una interpretazione contra legem e sovvertirebbe il criterio legale di determinazione della competenza sottraendola al giudice naturale. Ed invero - a parte il rilievo che, come si vedrà, è proprio l’orientamento minoritario ad essere non conforme al principio del giudice naturale - è evidente come tale argomento dia per certo e si fondi proprio su ciò che invece è tutto da dimostrare, ossia che il criterio legale di determinazione della competenza per i reati connessi sia sempre e solo quello della competenza per il reato più grave - isolatamente considerato - anche quando non ne è noto il luogo di commissione e che il giudice naturale sia sempre e solo quello competente per il reato più grave. Se infatti, attraverso le normali regole ermeneutiche, si giunge ad una diversa interpretazione della disposizione, allora anche il giudice naturale precostituito per legge sarà proprio quello del luogo di commissione del reato gradatamente meno grave e sarà proprio questo il criterio legale di determinazione della competenza. 7.2. Gli altri due argomenti, come già rilevato, si dimostrano non decisivi solo che si superi una interpretazione meramente formale e letterale per operarne una sistematica ed adeguatrice alla luce della ratio della disposizione e dei valori costituzionali di riferimento. In primo luogo, può invero osservarsi che la tradizione penalistica, fin dall’epoca romana, ha da sempre ritenuto naturale che l’individuazione del giudice penale territorialmente competente a giudicare un dato reato debba richiedere la presenza di un collegamento con il luogo di commissione del reato stesso, per tutta una serie di intuitive ragioni, che vanno dall’esigenza di assicurare un effettivo controllo sociale, a quella di agevolare la raccolta delle prove, a quella di ridurre i disagi per le parti e per i testi. Questa peculiare caratteristica della determinazione della competenza territoriale in materia penale, è stata sottolineata anche dalla sent. n. 168 del 2006 della Corte costituzionale, la quale ha rilevato che se è vero che la locuzione «giudice naturale» non ha nell’art. 25 Cost. un significato proprio e distinto da quello di «giudice precostituito per legge», deve tuttavia «riconoscersi che il predicato della “naturalità” assume nel processo penale un carattere del tutto particolare, in ragione della “fisiologica” allocazione di quel processo nel locus commissi delicti». Secondo la Corte, quindi, qualsiasi istituto processuale che producesse l’effetto di “distrarre” il processo dalla sua sede, «inciderebbe su un valore di elevato e specifico risalto per il processo penale; giacché la celebrazione di quel processo in “quel” luogo, risponde ad esigenze di indubbio rilievo, fra le quali, non ultima, va annoverata anche quella - più che tradizionale - per la quale il diritto e la giustizia devono riaffermarsi proprio nel luogo in cui sono stati violati». La radicazione della competenza nel luogo di manifestazione del reato esprime dunque un valore di rilevanza costituzionale, il cui contenuto non si esaurisce nella garanzia della precostituzione, ma esalta il significato della naturalità del giudice designato come competente. Tali principi e tali valori sono stati recepiti anche in sede di redazione del vigente codice di procedura penale. Nella Relazione al Progetto preliminare infatti si sottolinea che i casi di connessione sono stati rigorosamente delimitati «al fine di non vulnerare il principio costituzionale del “giudice naturale precostituito per legge”» (pag. 4), chiaramente sottintendendo che sia normalmente tale quello che abbia un collegamento con il luogo di commissione del reato. Si sottolinea anche che la disciplina della competenza per connessione - divenuta «criterio attributivo della competenza analogo a quello stabilito per materia e per territorio» (pag. 4) - è stata costruita nell’ottica di una rigorosa delimitazione della connessione al fine di rispettare il principio del giudice naturale e di perseguire la massima semplificazione, escludendo ogni discrezionalità nella determinazione del giudice competente (pag. 11). Arch. nuova proc. pen. 1/2010 45 giur C o n t r a s ti 7.3. È quindi evidente, già sulla sola base di questi principi generali e valori costituzionali, che in caso di dubbio debba essere preferita quella interpretazione che privilegi comunque la necessaria presenza di un collegamento della competenza territoriale con il luogo di commissione di almeno uno dei diversi reati commessi, anche quando tale luogo non sia accertato con riferimento al reato più grave, rispetto ad altre interpretazioni che possano portare ad una competenza territoriale del tutto sganciata dal luogo di manifestazione di almeno una parte della complessa fattispecie criminale. A questa doverosa scelta ermeneutica si potrebbe rinunciare solo qualora la lettera della disposizione fosse talmente chiara ed inequivoca, da non lasciare spazio per una interpretazione che privilegi la ratio legis e la stessa intenzione del legislatore storico. Ora, è proprio l’orientamento dominante quello che attribuisce preferenza ad un collegamento «certo» con il luogo in cui è stato commesso almeno uno dei segmenti del complesso criminoso, rispetto ai criteri sussidiari di cui all’art. 9, nei quali il nesso tra luogo e fatto illecito si fa più labile. Tra questi criteri, invero, vi è sia quello del luogo di residenza dell’imputato, che potrebbe spostare la competenza in un luogo completamente sganciato da quello di commissione anche della totalità dei reati connessi meno gravi, sia quello fondato sulla iscrizione della notitia criminis, che è sempre stato visto con grande sospetto e giustamente ritenuto utilizzabile solo in caso di assoluta indispensabilità, perché considerato teoricamente esposto al rischio di manipolazioni. La diffidenza verso questo criterio, del resto, è stata espressa dallo stesso legislatore, tanto che la Relazione al Progetto preliminare al c.p.p. vigente afferma che tale criterio suppletivo, ispirato alla direttiva 35, «non consente di superare ogni riserva in ordine alla possibilità del denunciante di scegliere il giudice competente» (pag. 9). 7.4. In secondo luogo, contrariamente a quanto assume l’ordinanza di rimessione, può ben ritenersi che in realtà non vi sia stata una rottura di continuità normativa, o quanto meno di continuità di ratio legis e di esigenze da tutelare, tra la vecchia e la nuova disciplina in materia di competenza territoriale per i procedimenti connessi, al di là della differenza terminologica (giudice «nella circoscrizione del quale fu commesso il reato più grave» e «giudice competente per il reato più grave»). Ed invero, sempre nella Relazione al Progetto preliminare (pag. 6 s.) si afferma testualmente che «l’articolo 16 contiene una conferma degli ordinari criteri della competenza per territorio determinati dalla connessione …La disciplina adottata nel comma 1 si discosta da quella dell’art. 47 c.p.p. solo in quanto il criterio sussidiario del luogo in cui è stato commesso il maggior numero di reati è stato sostituito da quello del primo reato. La modifica si è resa necessaria in considerazione della disciplina limitativa che è stata prevista dei casi di connessione: in base a tale disciplina, infatti, il criterio del luogo in cui è stato commesso il maggior numero di reati potrebbe rivelarsi non praticabile in quanto tendenzialmente non dovrebbero ve- 46 1/2010 Arch. nuova proc. pen. rificarsi le attuali situazioni di pluralità di reati attribuiti alla cognizione del medesimo giudice». L’intenzione del legislatore storico, quindi, era proprio quella di assicurare una continuità normativa con la disciplina precedente, ossia di non modificare (se non per il caso di una pluralità di reati di pari gravità) il criterio principale di attribuzione della competenza e la soluzione da adottare nel caso di impossibilità di accertare il luogo di commissione del reato più grave. E difatti la dottrina aveva subito rilevato che il criterio principale per l’individuazione della competenza per i procedimenti connessi non si discosta dalla tradizione, giacché, al pari dell’art. 47 c.p.p. del 1930, si fonda sulla vis attractiva esercitata dal giudice competente per il reato più grave. Esattamente pertanto la giurisprudenza di questa Corte, fin dalle sue prime decisioni successive all’entrata in vigore del nuovo codice di rito, ha sottolineato l’identità di ratio tra l’art. 47 del c.p.p. del 1930 e l’art. 16, comma 1, del nuovo codice, le cui disposizioni attribuiscono uguale forza attrattiva al più grave dei reati connessi, sicché il dubbio esegetico doveva risolversi dando continuità all’indirizzo giurisprudenziale formatosi nella vigenza del codice precedente. 7.5. In terzo luogo, è indubbio che anche la ratio dell’art. 16, comma 1, in sé e per sé considerato, è quella di assicurare, per quanto possibile, il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione del reato, o almeno di un segmento del complesso criminoso, garantendo il principio, di valore costituzionale, della «fisiologica allocazione» del processo nel locus commissi delicti. Ora, questa ratio sarebbe certamente non tutelata pienamente se il criterio oggettivo di collegamento dovesse venir meno e dovesse invece darsi applicazione agli incerti e non oggettivi criteri suppletivi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9, solo perché sia impossibile accertare il luogo di commissione del reato più grave, sebbene sia certo il luogo di commissione degli altri reati connessi. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di una serie di reati connessi in cui sia compresa una pluralità di reati più gravi di pari gravità, ed al caso in cui sia noto il luogo di commissione di tutti i reati (più gravi e meno gravi) ad eccezione del primo reato più grave. In questa ipotesi, se dovesse seguirsi l’interpretazione propugnata dall’ordinanza di rimessione, la competenza territoriale dovrebbe comunque essere attribuita al giudice che sarebbe competente per il primo reato più grave isolatamente considerato e perciò al giudice individuato, con riferimento a tale primo reato, in applicazione dei criteri suppletivi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9, pur essendo noto il luogo di commissione anche degli altri reati di pari gravità. È evidente che tale interpretazione darebbe luogo ad un sistema irrazionale ed aleatorio, privo di giustificazione alla luce della ratio legis, e certamente meno conforme al valore espresso in materia penale dal principio del giudice naturale. In sostanza, come ha da tempo acutamente evidenziato una accorta dottrina, l’immediato ricorso al criterio sussidiario, qualora risulti indeterminabile la competenza territoriale in rapporto al luogo di commissione del reato in assoluto più grave, renderebbe parziale l’applicabilità giur C o n t r a s ti dello stesso criterio principale, giacché quest’ultimo verrebbe ad essere pretermesso, pur in presenza di una gerarchia di gravità delle fattispecie connesse, per l’occasionale irrilevanza del primo reato della serie gradata. Effetto questo che, a ben vedere, urta proprio contro il principio di devolvere la reigiudicanda a maggior contenuto di lesività al giudice del luogo in cui tale lesione si è realizzata, che costituisce l’evidente ratio della norma. 7.6. L’interpretazione adottata dalla giurisprudenza dominante non è poi impedita dalla lettera della disposizione. Come si è già ricordato la stessa Relazione al Progetto preliminare del c.p.p. affermava che l’art. 16 contiene una conferma degli ordinari criteri di competenza per territorio determinati dalla connessione, con ciò chiarendo che la diversa espressione utilizzata non implicava affatto - come invece sostiene l’ordinanza di rimessione - un radicale mutamento del precedente sistema di determinazione della competenza per i reati connessi. Tanto che subito dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di rito la dottrina più attenta non mancò di rilevare che il criterio principale per l’individuazione della competenza per i reati connessi non si discostava dalla tradizione e che, in particolare, nonostante la nuova formulazione della disposizione, non si rinvenivano dati testuali per ritenere superato il precedente consolidato orientamento giurisprudenziale. Difatti, anche il nuovo testo continua ad attribuire forza attrattiva al più grave dei reati connessi. Ed effettivamente l’uso della espressione «giudice competente per il reato più grave» al posto di quella di giudice «nella cui circoscrizione fu commesso il reato più grave» non è, di per sé sola ed in mancanza di altri elementi, significativa di una volontà di operare un così profondo stravolgimento del sistema di determinazione della competenza per i reati connessi, eliminando totalmente il criterio oggettivo di collegamento costituito dal luogo di commissione del reato più grave e sostituendolo con un nuovo criterio aleatorio, che irrazionalmente isolerebbe il reato più grave dalla complessiva fattispecie criminosa e mutuerebbe la regola di determinazione della competenza in riferimento esclusivamente al reato più grave, isolatamente considerato. Sembra quindi più logico ritenere che anche la nuova disposizione, quando si è riferita al giudice competente per il reato più grave, non abbia fatto altro che confermare, con una espressione sintetica, che il riferimento va fatto al giudice naturalmente competente perché nella sua circoscrizione è stato commesso il reato più grave e non abbia invece voluto addirittura sostituire, senza peraltro alcuna apparente ragione e razionale giustificazione, un collegamento oggettivo e fattuale (quale richiesto dalla ratio della norma e dai valori costituzionali dianzi richiamati) con un diverso criterio giuridico. 7.7. In conclusione, deve confermarsi l’orientamento dominante nella giurisprudenza di questa Corte, orientamento che non costituisce affatto il frutto di una «interpretazione creativa» e tanto meno di una «interpretazione contra legem» o addirittura contraria al principio del giudice naturale, bensì il frutto di una interpretazione logico-sistematica, aderente alla ratio della disposizione e maggiormente conforme al principio della naturalità del giudice nel processo penale. 8.1. Occorre tuttavia fare un’ulteriore precisazione, dal momento che nell’applicazione dell’orientamento che qui viene confermato si sono talora verificati alcuni equivoci. Secondo il principio adottato, dunque, qualora non sia noto il luogo di commissione del reato più grave (o del primo reato) non può farsi ricorso ai criteri suppletivi di cui all’art. 9 c.p.p. in relazione a tale reato, ma deve farsi riferimento, in successione gradata, al reato più grave (o anteriore nel tempo) fra quelli residui. Con la precisazione, però, che il luogo di commissione del reato più grave (o del primo reato) va individuato utilizzando non solo le regole indicate nell’art. 8, ma eventualmente anche quella di cui al primo comma dell’art. 9, secondo cui «se la competenza non può essere determinata a norma dell’art. 8, è competente il giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta parte dell’azione o dell’omissione». Deve quindi specificarsi che i criteri suppletivi ai quali non può farsi immediatamente riferimento sono quelli di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9. E ciò innanzitutto perché, a ben vedere, quello contenuto nel primo comma dell’art. 9 è più un criterio integrativo delle regole generali fissate dall’art. 8 per individuare il luogo di commissione del reato ai fini della competenza per territorio che non un vero e proprio criterio suppletivo per scegliere un giudice competente quando sia sconosciuto il luogo di commissione. In altri termini, per luogo di commissione, ai fini della competenza per territorio, deve intendersi quello risultante dalle regole poste dall’art. 8 e dal primo comma dell’art. 9, ossia il luogo in cui il reato è stato consumato, ovvero il luogo in cui è avvenuta l’azione od omissione se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte, ovvero il luogo in cui ha avuto inizio la consumazione se si tratta di reato permanente, ovvero il luogo in cui è stato compiuto l’ultimo atto diretto a commettere il delitto se si tratta di delitto tentato, ed infine, se nessuna di queste regole è utilizzabile, l’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione. Tutte queste regole si basano su un elemento oggettivo di tipo territoriale costituito dal luogo di consumazione o dal luogo in cui comunque si è svolta una parte dell’azione o dell’omissione (o in cui si è verificato l’evento) e mirano primariamente alla medesima finalità di stabilire in quale luogo il reato deve intendersi commesso. La regola di cui all’art. 9, comma 1, del resto, risponde chiaramente alla ratio di affidare il giudizio ad un giudice che, per essere quello dell’ultimo luogo dove si è realizzata parte della condotta, risulta, probabilmente, il più vicino al contesto ambientale in cui si è perfezionato l’illecito. Profondamente diversa è invece la ratio degli altri due criteri subordinati - questi sì realmente suppletivi - che sono privi di qualsiasi collegamento oggettivo e geografico con il fatto reato e sono stati discrezionalmente individuati, per fini pratici, dai commi 2 e 3 dell’art. 9 nel luogo di residenza, o di dimora, o di domicilio dell’imputato, o nel luogo della sede del pubblico ministero che per primo ha iscritto la notizia di reato. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 47 giur C o n t r a s ti Inoltre, anche a prescindere dalla differenza ontologica tra i detti criteri, le medesime ragioni logico-sistematiche che inducono a scegliere l’interpretazione secondo cui, quando è ignoto il luogo di commissione del reato più grave, deve farsi riferimento al luogo di commissione del reato gradatamente più grave tra quelli residui, inducono anche a ritenere che ciò possa farsi solo quando, in relazione al reato più grave, sia ignoto anche il luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, ossia non sia applicabile nemmeno la regola dell’art. 9, comma 1. Ciò deriva dalla considerazione congiunta, da un lato, della ratio legis e dell’esigenza di tutela del principio del giudice naturale, e, dall’altro lato, del fatto che il criterio fondamentale fissato dall’art. 16, comma 1, si incentra primariamente sul reato più grave, in relazione al luogo di commissione del quale, quindi, va innanzitutto assicurata la naturalità del giudice. Sulla base di questi principi, deve pertanto ritenersi che, quando sia accertato il luogo in cui è avvenuta almeno una parte della condotta del reato più grave, ciò sia sufficiente per attribuire la competenza al giudice di questo luogo, mentre sarebbe immotivato ed illogico passare al reato meno grave. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un grave reato di cui si conosca il luogo in cui si è svolta la gran parte dell’azione ma non quello di consumazione. Se in tale ipotesi si dovesse attribuire la competenza al giudice del luogo in cui si è consumato un reato connesso molto meno grave, solo per la mera ragione formale che la regola integrativa del luogo in cui è avvenuta parte dell’azione o dell’omissione è contenuta nel primo comma dell’art. 9 e non nell’art. 8, si darebbe spazio ad un sistema incongruo e ad una soluzione irrazionale ed in contrasto con la ratio legis. 8.2. Deve dunque ritenersi che qualora per il reato più grave si ignori il luogo di consumazione (o non sia applicabile una delle altre regole dell’art. 8) ma si conosca dove è avvenuta una parte dell’azione o dell’omissione, giudice competente sarà quello dell’ultimo luogo della parte di azione od omissione, ai sensi dell’art. 9, comma 1. Se nessuno di questi luoghi è conosciuto, non si dovrà fare subito ricorso ai criteri suppletivi di cui all’art. 9, commi 2 e 3, ma si dovrà passare al luogo di commissione del più grave, in via successivamente gradata, fra i residui reati connessi. Anche per questo secondo reato, ovviamente, il luogo di commissione andrà individuato applicando in via gradata le regole di collegamento oggettive dettate dall’art. 8 e dall’art. 9, primo comma (cfr., implicitamente, Sez. I, 3.10.2008, n. 38459, Babul, non mass.; Sez. I, 11.12.2007, n. 1515/08, Di Perna, non mass.). Se poi per tutti i reati connessi non sarà possibile individuare il luogo di commissione secondo le regole di cui agli artt. 8 e 9, comma 1, allora si dovrà tornare a fare riferimento al reato più grave ed individuare il giudice competente in 48 1/2010 Arch. nuova proc. pen. relazione a tale reato sulla base innanzitutto del criterio suppletivo di cui all’art. 9, comma 2, e subordinatamente, qualora anche tale criterio non sia utilizzabile (come nel caso di più concorrenti nel reato più grave aventi diverse residenze: Sez. II, 23.1.1997, n. 1312, Mazza, m. 207125; Sez. V, 21.11.2007, n. 46828, Albertini, m. 238888) del criterio suppletivo di cui all’art. 9, comma 3. Nell’ipotesi poi di più reati connessi di pari gravità dovranno ovviamente essere seguite le stesse regole, e quindi si dovrà passare dal primo reato più grave agli ulteriori reati più gravi più recenti nel tempo (cfr. Sez. I, 22.5.2000, n. 3731, D’Angelo, m. 216739; Sez. I, 26.6.2008, n. 29160, Barrero, m. 240480) e poi a mano a mano agli eventuali reati meno gravi, sempre se per nessuno dei reati via via presi in considerazione si conosca il luogo in cui è avvenuta parte dell’azione o dell’omissione. Queste precisazioni evidenziano anche che l’interpretazione adottata è sì conforme a quella finora dominante, ma si discosta solo in parte da quella minoritaria. Questa infatti sostiene che nell’ipotesi in cui si ignori il luogo di consumazione del reato più grave si deve individuare la competenza facendo subito ricorso alle regole suppletive dell’art. 9 con riferimento sempre al reato più grave. Qui si è invece precisato che nella detta ipotesi si deve far ricorso alla sola regola suppletiva di cui all’art. 9, comma 1, mentre quelle di cui ai commi 2 e 3 potranno essere utilizzate solo quando per nessuno dei reati connessi sia individuabile il luogo di commissione. 9. In conclusione, deve dunque affermarsi il seguente principio di diritto: in ipotesi di reati connessi, agli effetti della competenza per territorio ai sensi dell’art. 16, comma 1, c.p.p., ove non sia possibile individuare il luogo di commissione del reato più grave secondo le regole oggettive dettate dagli artt. 8 e 9, comma 1, c.p.p., giudice competente deve ritenersi quello del luogo in cui risulta commesso, in via a mano a mano gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati connessi. Quando non sia possibile individuare, secondo le dette regole, il luogo di commissione per nessuno dei reati connessi, la competenza spetterà al giudice competente per il reato più grave in applicazione, in via gradata, dei criteri suppletivi di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 9. 10. Nel caso in esame è sconosciuto il luogo di consumazione di tutti e tre i più gravi reati di ricettazione. Sulla base dell’enunciato principio di diritto, la competenza va quindi individuata con riferimento ai meno gravi reati di truffa (capi B, D, ed F). Poiché si tratta di reati di pari gravità consumati in luoghi diversi (Guidonia e Roma), deve aversi riguardo al reato consumato per primo, ossia al reato di cui al capo D), commesso in Guidonia il 14.7.2004. Conseguentemente, va dichiarata la competenza del Tribunale di Tivoli, nel cui circondario è stato consumato il primo reato di truffa. (Omissis) Legittimità Corte di cassazione penale sez. VI, 16 ottobre 2009, n. 40388 (c.c. 26 maggio 2009) Pres. Serpico – Est. Paoloni – P.M. Montagna (diff.) – Ric. P.M. in proc. Armenise Misure cautelari reali y Sequestro preventivo y Sentenza di condanna y Permanenza degli effetti del sequestro y Condizioni . L’art. 323, comma 3, c.p.p., nel prevedere che, in caso di condanna, gli effetti del sequestro preventivo permangano soltanto se sia stata disposta la confisca dei beni sequestrati, intende riferirsi soltanto all’ipotesi che la pronuncia di condanna abbia assunto carattere di irrevocabilità; ragion per cui, in difetto di tale condizione, il fatto che la confisca non sia stata disposta non implica che debba necessariamente darsi luogo alla restituzione dei beni in sequestro, dovendosi invece comunque verificare, da parte del giudice, la permanenza o meno delle esigenze cautelari. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 323) (1) (1) La sentenza della Cassazione penale, terza sezione, dell’11 febbraio 2008, Oriente, citata in motivazione, è pubblicata per esteso in questa Rivista 2008, 444. Si veda anche Trib. pen. di Foggia, 3 febbraio 1997, Glori, in Foro it. 1998, II, 298. Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. Nell’ambito del procedimento penale nei confronti di numerose persone (p.p. contro Silvano Baglivo +36) imputate di molteplici reati contro l’amministrazione pubblica commessi con abuso di pubbliche funzioni (p.o. ASL Taranto 1) il g.i.p. del Tribunale di Taranto. essendo già intervenuto il rinvio a giudizio degli imputati e tra questi di Vito Armenise accusato di associazione per delinquere e di più fatti di peculato, su richiesta del procedente pubblico ministero, disponeva con: 1) decreto in data 24 febbraio 2005 il sequestro preventivo e conservativo di beni mobili e cespiti finanziari dell’imputato costituiti da: un libretto di deposito bancario (giacenza euro 4.490,41); due conti correnti bancari cointestati con la moglie Maria Chiara De Bellis, uno dei quali destinato alla gestione di fondi di investimento e titoli azionari; un conto corrente bancario intestato all’imputato (giacenza euro 61.178,89). Il g.i.p. riteneva i beni così sottoposti a vincolo cautelare qualificabili come instrumentum e pretium sceleris assoggettabili a confisca ex art. 240 c.p. “senza trascurare anche l’ipotesi di confisca obbligatoria prevista dall’art. 322 ter e dall’art. 12 sexies L. 356/92”. Lo stesso g.i.p., ritenuta la compatibilità e possibile concorrenza dei due titoli cautelari reali, disponeva altresì il sequestro conservativo dei medesimi beni mobili siccome congiuntamente destinato, stante l’avvenuto rinvio a giudizio dell’imputato, a garantire l’adempimento delle obbligazioni penali e civili derivanti dal reato. 2) decreto in data 19 ottobre 2005 il sequestro preventivo di un conto corrente bancario intestato alla moglie dell’imputato Armenise, Maria Chiara De Bellis, con giacenza della somma di euro 140.000,00 accreditata mediante trasferimento da altri due conti correnti cointestati all’Armenise e alla moglie. 2. All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Taranto con sentenza pronunciata il 27 giugno 2008 (motivazione depositata il 4 dicembre 2008), dichiarava Vito Armenise colpevole di reati di associazione per delinquere e di peculato e lo condannava, contestualmente disponendo il dissequestro e la restituzione dei beni mobili e dei conti correnti sequestrati allo stesso Armenise e alla moglie. Nella fase anteriore al deposito della motivazione della decisione la difesa dell’imputato invocava la materiale restituzione dei beni dissequestrati. Con una prima ordinanza in data 24 ottobre 2008 il Tribunale di Taranto rigettava l’istanza di restituzione sul presupposto che l’ordine di (dissequestro e) restituzione dei beni emesso con la sentenza di primo grado non potesse ritenersi immediatamente esecutivo, l’art. 323 c.p.p. consentendo la restituzione immediata dei beni dissequestrati soltanto in caso di sentenza di proscioglimento ancorché non definitiva, situazione non ricorrente per l’Armenise condannato con sentenza di primo grado. Considerazioni che, a fronte di rinnovata istanza restitutoria dell’Armenise, il Tribunale riaffermava con una seconda ordinanza del 19 dicembre 2008 (“Si ribadiscono le argomentazioni poste nel provvedimento del 24 ottobre 2008 relativo ad analoga istanza”). 3. Avverso quest’ultimo provvedimento di rigetto l’Armenise ha proposto appello innanzi al Tribunale di Taranto (sezione riesame misure cautelari), adducendo l’erroneità dell’interpretazione dell’art. 323 c.p.p. su cui è stata basata la mancata restituzione dei dissequestrati beni. Dal 3° comma dell’art. 323 c.p.p. deve desumersi che, in caso di condanna dell’imputato, gli effetti del disposto sequestro permangono soltanto se il giudice di merito ha disposto la confisca dei beni sequestrati. Ciò che non è avvenuto nel caso dell’Armenise. La conferma di tale interpretazione si rinverrebbe nel seguente 4° comma dell’art. 323 c.p.p. che consente di mantenere il vincolo di indisponibilità dei beni solo se il giudice di merito, su richiesta del p.m. o Arch. nuova proc. pen. 1/2010 49 giur L e g ittimit à della p.c., ordini che i beni rimangano vincolati a garanzia dei crediti previsti dall’art. 316 c.p.p. Il Tribunale di Taranto, quale giudice dell’appello cautelare reale, con l’ordinanza in data 12 febbraio 2009, richiamata in epigrafe, ha accolto il gravame ed ha disposto la “immediata restituzione” agli aventi diritto (l’imputato e il coniuge) dei beni oggetto dei decreti di sequestro “preventivo” in data 24 febbraio 2005 e 22 ottobre 2005. Muovendo dalla motivazione della sentenza di condanna del 27.6.2008, che giustifica il dissequestro dei conti correnti e dei prodotti finanziari in proprietà del condannato Armenise e della moglie con il fatto che tali beni non possono considerarsi provento dei reati di peculato ascritti all’Armenise, né possono essere confiscati a norma degli artt. 322-ter c.p. e 12 sexies L. 306/92, i giudici di appello fanno propri i rilievi esposti nell’atto di gravame, reputando “formale” l’interpretazione dell’art. 323 co. 1 c.p.p. privilegiata dall’ordinanza reiettiva, secondo cui il dissequestro produrrebbe effetti restitutori immediati solo in caso di proscioglimento dell’imputato. Interpretazione che sarebbe smentita dalla lettura d’insieme della norma”. L’art. 323 co. 3 c.p.p. prevede, per il caso di sentenza di condanna, la permanenza degli effetti del sequestro preventivo soltanto quando sia stata disposta con la stessa sentenza la confisca dei beni sequestrati. Di tal che, argomentando a contrario, ove non sia stata ordinata la confisca dei beni in sequestro, come nel caso concernente l’Armenise, gli effetti del sequestro debbono ritenersi cessati e i beni vanno restituiti agli aventi diritto con effetto immediato. Tale ragionamento è suffragato, ad avviso dei giudici di appello, dal 4° comma dello stesso art. 323 c.p.p., che porrebbe come unica causa ostativa alla ridetta restituzione (in caso di condanna anche non definitiva) il mantenimento del sequestro dei beni a garanzia dei crediti erariali e della parte privata costituita parte civile ordinato su richiesta del p.m. o della parte civile. Evenienza che nel caso di specie non si è verificata. Se ne inferisce, secondo il Tribunale, che “dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e fino al passaggio in giudicato della stessa”, ove non sia possibile ordinare la confisca dei beni, la sola ipotesi in cui il vincolo di indisponibilità può essere mantenuto è quella della perdurante esistenza delle esigenze cautelari (periculum in mora). Ciò che è in linea con la duplice finalità assegnata al sequestro preventivo: impedire che la libera disponibilità di un bene pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze lesive od agevolare la commissione di altri reati oppure consentire la confisca dei beni nei casi in cui è consentito applicare la misura di sicurezza patrimoniale. 4. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Taranto, restitutoria dei beni vincolati da sequestro “preventivo” nei confronti dell’imputato Armenise, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Taranto, deducendo violazione ed erronea applicazione dell’art. 323 c.p.p. determinante coeva illogicità della motivazione. Premette il ricorrente p.m. di non condividere le ragioni di merito giustificatrici del dissequestro del denaro e 50 1/2010 Arch. nuova proc. pen. dei prodotti finanziari dell’imputato e del coniuge attinte dai due decreti di sequestro preventivo disposto dal Tribunale, quale giudice della cognizione di primo grado, con la sentenza del 27 giugno 2008. Beni impropriamente considerati non assoggettabili a confisca obbligatoria a norma dell’art. 322-ter co. I c.p.p. Segnala, per tanto, il p.m. di aver appellato tale capo della sentenza del Tribunale. Tanto chiarito, il ricorrente reputa corretta l’interpretazione dell’art. 323 c.p.p. offerta dallo stesso Tribunale (giudice della cognizione) con le due ordinanze reiettive delle richieste di dissequestro e restituzione dei beni formulate dall’imputato (ordinanze 24 ottobre 2008 e 19 dicembre 2008), trattandosi della sola interpretazione conforme alla lettera della norma, che prevede esclusivamente in caso di proscioglimento dell’imputato con sentenza non definitiva la revoca del sequestro preventivo e l’immediata esecutività della restituzione dei beni che ne formano oggetto, fatto salvo il caso che tali beni non siano suscettibili di essere investiti da un definitivo atto ablativo siccome sottoponibili a confisca obbligatoria ex art. 240 co. 2 c.p. Viceversa, diversamente da quanto suppongono i giudici dell’appello cautelare reale, il legislatore ha escluso in modo espresso l’esecutività immediata dei provvedimenti restitutori dei beni vincolati da sequestro preventivo quando si sia in presenza di una sentenza di condanna, poiché - sostiene il ricorrente p.m. - il legislatore menziona unicamente la “permanenza” degli effetti del sequestro, qualora i beni siano stati sottoposti a confisca facoltativa, misura che però non legittima l’immediata restituzione dei beni oggetto del provvedimento ablatorio in caso contrario. 5. Il ricorso del Procuratore della Repubblica di Taranto è fondato, sussistendo la censurata violazione di legge. Conviene premettere che rimane impregiudicata in questa sede ogni inferenza sulla correttezza giuridica o non della confiscabilità ex art. 322 ter co. 1 c.p. dei beni sequestrati all’imputato Armenise (e alla moglie) in quanto provento (profitto) dei fatti di peculato ascrittigli, confiscabilità esclusa dalla sentenza di condanna di primo grado (Tribunale di Taranto 27 giugno 2008) con decisione censurata, con separato appello, dal ricorrente p.m., poiché trattasi di tematica incidentalmente e in forma surrettizia introdotta dal ricorrente (sulla stessa pendendo impugnazione nella sede sua propria davanti al giudice di cognizione di secondo grado) ed estranea - per il principio di devolutività dell’impugnazione di cui agli artt. 581, 597, 609 c.p.p. (cfr. Cass. sez. 6, 4 febbraio 2009 n. 7507, Iorgu, Rv. 242919) - al thema decidendum del presente ricorso per cassazione, che attiene unicamente alla immediata esecutività o meno di un provvedimento giudiziario di dissequestro di beni sottoposti a sequestro preventivo susseguente a sentenza di condanna rapportata alla latitudine operativa della specifica disposizione di cui all’art. 323 co. 3 c.p.p. A. Non è inutile osservare, in via preliminare e per completezza metodologica, che tutti i provvedimenti succedutisi nella vicenda processuale in esame (sentenza di primo grado che ha ordinato la revoca del sequestro preventivo giur L e g ittimit à e la restituzione dei relativi beni; due provvedimenti dello stesso giudice di primo grado che hanno rigettato la richiesta dell’imputato di subitanea reimmissione in possesso dei beni dissequestrati; odierna impugnata ordinanza del giudice dell’appello cautelare reale) e lo stesso atto di impugnazione del pubblico ministero inopinatamente trascurano di considerare la concorrente funzione conservativa, oltre che preventiva, conferita al vincolo di indisponibilità dei beni dell’Armenise con il primo decreto di sequestro del g.i.p. in data 24 febbraio 2005. Laonde, a tutto voler concedere, l’indicato tema decisorio del ricorso dovrebbe ritenersi confinato alla analisi delle decisioni connesse al solo secondo decreto di sequestro preventivo (e non anche conservativo) emesso in data 22 ottobre 2005, afferente a somma di denaro rifluita da un conto bancario cointestato all’imputato e alla moglie ad un conto bancario intestato alla sola moglie. Per i beni attinti dal primo decreto di sequestro dovrebbe comunque ritenersi erroneamente disposta la revoca del vincolo di indisponibilità e la loro riconsegna all’imputato, vertendosi in situazione di preesistente o anticipata, se così può dirsi, rituale conversione del sequestro preventivo in sequestro conservativo prevista dall’art. 323 co. 4 c.p.p. come generale causa ostativa alla restituzione dei beni in caso ovviamente (avuto riguardo alle finalità del sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p.) di sentenza di condanna. Non vi è dubbio, infatti, che i medesimi beni - come avvenuto per effetto del primo decreto di sequestro del 24 febbraio 2005 - possano essere sottoposti ad un concomitante vincolo cautelare per i concorrenti fini di cui agli artt. 316 e 321 c.p.p. (cfr. Cass. sez. 6, 30 gennaio 1996 n. 560, Finocchi, Rv. 205082). B. La lettura sistematica o “d’insieme” dell’intero art. 323 c.p.p. e non del solo 1° comma della disposizione in esame delineata dal Tribunale di Taranto in funzione di giudice dell’appello cautelare reale non può essere condivisa. In vero non sembra logicamente superabile il dato testuale della norma (1° comma) che circoscrive l’immediata esecutività (intesa, in chiave semantica, come eseguibilità e immediata produzione dei relativi effetti) del provvedimento restitutorio in presenza della duplice condizione della pronuncia di una sentenza di merito liberatoria (di proscioglimento o di non luogo a procedere) non ancora definitiva (impugnabile) e della concomitante assenza dei presupposti per disporsi la confisca obbligatoria (“se non deve disporre la confisca...”) dei beni. L’analisi speculare e comparativa della disposizione di cui al 3° comma dell’art. 323 cpp, focalizzata su una situazione integrata da una sentenza di condanna e dalla sussistenza dei presupposti per disporsi la confisca dei beni, obbligatoria o facoltativa (“quando è stata disposta...”), rende palese l’operatività della previsione della “permanenza” degli effetti del sequestro, quando dei corrispondenti beni si sia disposta la confisca, alle sentenze di condanna divenute definitive e non anche a quelle che, come nel caso dell’imputato Armenise, non abbiano acquisito tale connotazione processuale (in caso diverso il legislatore, in simmetrica sintonia con il disposto del 1° comma, avrebbe fatto uso dell’omologo inciso specificativo della impugnabilità della decisione di condanna). C. L’ordinanza del Tribunale di Taranto impugnata dal p.m. evoca espressamente una decisione di questa Corte regolatrice a sostegno della configurata tesi della esecutività immediata della restituzione dei beni dissequestrati anche a fronte di una sentenza di condanna non irrevocabile. Decisione (Cass. sez. 3, 14 dicembre 2007 n. 6462, Oriente, Rv. 239289) alla cui stregua (secondo la massima estrattata dal CED della S.C.) mentre l’irrevocabilità della sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del provvedimento di sequestro preventivo, diversamente la non definitività della sentenza impedisce la restituzione dei beni sequestrati, a meno che non siano venute a cessare le esigenze cautelari giustificative del vincolo di indisponibilità. Sennonché non soltanto il Tribunale si esime dal verificare la pregiudiziale persistenza delle esigenze di natura socialpreventiva (a prescindere, come si è precisato, da quelle di additiva, natura “conservativa” che scandiscono l’originario primo decreto di sequestro) legittimanti il vincolo imposto su somme e titoli dell’imputato, ma in ogni caso (volendosi considerare il ridetto profilo estraneo alla devolutività dell’appello, circoscritto alla connotazione di esecutività rebus sic stantibus del provvedimento restitutorio adottato dal giudice di merito di primo grado) opera una lettura della menzionata decisione di legittimità fuorviante o parziale. La sentenza in parola appare, anzi, condurre ad esiti ermeneutici contrari o diversi rispetto a quelli delineati dai giudici del gravame cautelare di Taranto. Nel corpo della sentenza di legittimità si chiarisce, infatti, che il legislatore ha fissato l’immediata esecutività per le sole sentenze di proscioglimento, avendo stabilito per quelle di condanna che il sequestro sia mantenuto quando è disposta la confisca, e che “dall’art. 323 c.p.p. non può trarsi la convinzione - argomentando ‘a contrario’ - che, quando non sia disposta la confisca, il bene debba essere comunque restituito anche se la sentenza di condanna non è ancora definitiva, giacché nelle ipotesi di non definitività della pronuncia di condanna subentra la regola generale di cui all’art. 321 co. 3 c.p.p.” (cioè del controllo di persistenza delle esigenze cautelari). D. Per altro che la sentenza di condanna cui fa riferimento l’art. 323 co. 3 c.p.p. debba intendersi nel senso di sentenza definitiva è elemento che riposa su significativi rilievi di carattere logico e sistematico, al di là del pur decisivo ricordato tenore testuale dell’art. 323 c.p.p. In primo luogo sul dato della pacifica possibilità di applicazione e persistenza dell’istituto del sequestro preventivo in ogni stato e grado del processo. In secondo luogo, sul dato della impugnabilità, anche in via autonoma, della sola disposizione che riguarda la confisca (art. 579 co. 3 c.p.p.), con conseguente possibilità per il p.m. di impugnare la sentenza di condanna di primo grado che abbia omesso di disporre la confisca del bene sequestrato (evenienza in concreto prodottasi nel caso di specie, come chiarito, con l’appello proposto dal p.m. contro il capo della sentenza di condanna di primo grado che non ha ordinato la Arch. nuova proc. pen. 1/2010 51 giur L e g ittimit à confisca dei beni in sequestro). In terzo luogo sul dato per cui il sequestro preventivo si caratterizza, al pari di altre misure cautelari, per la sua strumentalità rispetto alla decisione finale, di tal che è ben chiaro che una volta esauritosi l’intero percorso decisorio sulla regiudicanda non v’è ragione perché il vincolo di indisponibilità permanga su beni che non debbano altrimenti essere definitivamente sottratti alla disponibilità e proprietà dell’avente diritto perché assoggettabili e in concreto assoggettati alla confisca. Ciò che vieppiù suffraga la riferibilità del 3° comma dell’art. 323 c.p.p. ad una sentenza di condanna che abbia assunto i crismi della irrevocabilità, il predicato verbale dell’originario vincolo cautelare reale (“permangono gli effetti del sequestro”) altro non designando se non il diacronico trasformarsi, in uno alla dinamica definitoria del giudizio sulla responsabilità penale dell’imputato, della causa (titolo) della condizione di intangibilità da cui sono attinti i beni dell’imputato pertinenti al reato e suscettibili di aggravarne o protrarne le conseguenze o di agevolare la realizzazione di altri reati. Argomenti in diversa misura presi in considerazione dalle decisioni di questa S.C. che avvalorano la prospettazione interpretativa dell’art. 323 c.p.p. fin qui illustrata (cfr.: Cass. sez. 3, 18 febbraio 1999 n. 699, Parisi, Rv. 213278: “Dopo la sentenza definitiva, qualora non sia stata disposta la confisca e non vi sia stata conversione in sequestro conservativo ex art. 323 co. 4 c.p.p., le cose sequestrate devono essere restituite a colui che prova di averne diritto...”; Cass. sez. 3, 21 ottobre 2003 n. 45674, Cotena, Rv. 226860). Sulla base delle considerazioni svolte il ricorso del pubblico ministero deve trovare accoglimento e, per effetto della descritta erronea applicazione dell’art. 323 c.p.p., l’impugnata ordinanza del Tribunale di Taranto (quale giudice dell’appello cautelare reale) deve essere annullata senza rinvio. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. V, 14 ottobre 2009, n. 40059 (c.c. 28 maggio 2009) Pres. Colonnese – Est. Scalera – P.M. Tindari Baglione (conf.) – Ric. Toscano Giudizio penale di primo grado y Dibattimento y Impossibilità di esaurirlo in una unica udienza y Sospensione ex art. 477 c.p.p. y Sospensione dei termini di custodia cautelare y Rapporto . Attesa la diversità di funzioni tra l’art. 477 c.p.p., che prevede la sospensione del dibattimento quando questo non possa esaurirsi in un’unica udienza, e l’art. 304 c.p.p., che disciplina i casi di sospensione dei termini di custodia cautelare, deve escludersi che, in caso di rinvio chiesto dalla difesa, la durata della suddetta sospensione dei termini debba essere contenuta entro il limite di dieci giorni (peraltro meramente ordinatorio) stabilito dal citato art. 477. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 304; c.p.p., art. 477) (1) 52 1/2010 Arch. nuova proc. pen. (1) In merito alla natura meramente ordinatoria dei termini stabiliti nell’art. 477 c.p.p., si vedano Cass. pen., sez. I, 26 aprile 1997, Campisi, in questa Rivista 1997, 695 e Cass. pen., sez. I, 16 marzo 1994, Butera, ivi 1994, 558, secondo le quali la loro inosservanza non determina alcuna nullità o decadenza, né spiega influenza sulla sospensione ex art. 304, primo comma, stesso codice. Di utilità anche Cass. pen., sez. VI, 23 marzo 1994, Di Grigoli, ivi 1994, 577. Motivi della decisione 1.- All’udienza dibattimentale del 4 luglio 2007 il Tribunale di Caltanissetta rinviava al 18 settembre 2007 la trattazione del procedimento penale contro Toscano Giuseppe, imputato del reato di cui all’art. 416 bis c.p. pluriaggravato, detenuto per quella causa; il rinvio veniva disposto su istanza dei difensori, che dichiaravano di aderire all’astensione dalle udienze disposta dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali. Il Toscano, presente all’udienza, aveva aderito espressamente alla richiesta di rinvio avanzata dal difensore. Il Tribunale, nel rinviare il processo, aveva sospeso i termini di prescrizione e di durata della carcerazione cautelare. Il Toscano proponeva appello avverso detto ultimo provvedimento, eccependone dapprima l’invalidità perchè a suo avviso pronunciato in difetto dei presupposti formali e sostanziali prescritti dalla legge, successivamente chiarendo con memoria difensiva che il termine di fase, pari ad anni uno e mesi sei, era stato prorogato di ulteriori mesi due e giorni 14, mentre a suo avviso la proroga non avrebbe potuto essere maggiore di dieci giorni ai sensi del combinato disposto dell’art. 303 c.p.p., art. 304 c.p.p., comma 2, art. 477 c.p.p., comma 2, sostenendo che ogni diversa interpretazione della norme su citate avrebbe demandato al Tribunale il potere di stabilire caso per caso la durata dei termini massimi della custodia cautelare, in violazione dell’art. 13 Cost. e art. 9 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Il Tribunale del Riesame rigettava l’appello con ordinanza del 12 febbraio 2009, osservando che tanto questa Corte che la Corte Costituzionale avevano ritenuto che in casi del genere la sospensione della durata massima della custodia cautelare non può che essere di ampiezza pari a quella dell’effettivo rinvio dell’udienza disposto, atteso che ogni diversa ipotesi interpretativa avrebbe influito sui calendari delle udienze, sugli adempimenti di cancelleria e, in estrema sintesi, sulla razionale organizzazione della giurisdizione penale, aggiungendo conclusivamente che la maggiore durata della custodia cautelare, conseguente alla sospensione, non poteva che far carico alla parte che aveva chiesto il rinvio. 2.- Il ricorso è destituito di fondamento. Il ricorrente infatti fonda la sua tesi su due presupposti, uno in fatto ed uno in diritto, che sono insussistenti. Quanto al primo, il rinvio del dibattimento, contrariamente a quanto pare opinare la difesa del ricorrente, era stato evidentemente disposto ai sensi dell’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a, che statuisce la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare durante il giur L e g ittimit à periodo in cui il dibattimento è sospeso su richiesta dell’imputato o del suo difensore. Quanto al secondo, contrariamente a quanto pare opinare il ricorrente, l’art. 477 c.p.p. e l’art. 304 c.p.p. non hanno la stessa ratio nè la medesima funzione. Infatti l’art. 477 c.p.p. regola l’ipotesi in cui la complessità dell’istruttoria, o altre ragioni di carattere processuale (esclusi i casi di differimenti imposti da esigenze di acquisizione della prova o dalla concessione di termini a difesa), rendano impossibile la conclusione del dibattimento in unica udienza, di modo che è necessaria l’articolazione dell’istruttoria dibattimentale in più udienze. Ove si versasse in tale ipotesi, ai sensi del secondo comma della norma tra l’una udienza e l’altra non potrebbe intercorrere intervallo maggiore di dieci giorni che, si aggiunge incidenter tantum, è stato ritenuto, con costante orientamento di questa Corte, meramente ordinatorio (Cass. pen., sez. I, 17 febbraio 1994, n. 866; sostanzialmente confermativa Cass. pen., sez. I, 25 marzo 2008, n. 12697). L’art. 304 c.p.p. regola invece la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, stabilendo, per quanto qui interessa, che il loro decorso è sospeso per arco di tempo pari all’ampiezza della sospensione del dibattimento quando, come nel caso di specie, questo sia stato rinviato su richiesta dell’imputato o del suo difensore. Le due norme hanno pertanto funzione diversa e si muovono su orbite differenti, di modo che non se ne può coordinare il rispettivo peculiare disposto opinando, come fa il ricorrente, che ove l’udienza del procedimento, che si celebri nei confronti di imputato detenuto, sia rinviata a data successiva a dieci giorni (come è legittimo stante la non perentorietà del termine decadico), comunque la sospensione del decorso dei termini di fase non potrebbe essere maggiore di dieci giorni. Tale interpretazione rimetterebbe all’imputato ed al suo difensore la potestà di disporre dei termini di fase, mercè l’utilizzazione strumentale dei rinvii, per conseguire scarcerazioni indebite. Del resto, ove tale interpretazione dovesse ritenersi possibile, il giudice sarebbe indotto a rigettare ogni richiesta di rinvio del dibattimento per qualsivoglia motivo, non consentendo i carichi degli uffici giudiziari differimenti nell’arco di dieci giorni, e ogni istanza di differimento dovrebbe essere rigettata anche quando, come nel caso di specie, il rinvio dell’udienza fosse stato espressamente chiesto dall’avvocato in adesione alla manifestazione indetta dall’Unione delle Camere Penali, e l’imputato avesse aderito espressamente all’istanza. Si verificherebbe così ben più grave compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, in quanto si instaurerebbe un insanabile conflitto tra il diritto dell’imputato ad essere difeso dal suo difensore di fiducia, che non intendesse invece assisterlo in quell’udienza, e quello di quest’ultimo ad astenersi legittimamente dalle udienze per partecipare democraticamente a manifestazioni che implichino la promozione di valori di civiltà del diritto. Le eccezioni di incostituzionalità proposte sono pertanto manifestamente infondate, ed il ricorso va rigettato. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis) Corte di cassazione penale sez. II, 6 ottobre 2009, n. 38727 (c.c. 1 luglio 2009) Pres. Bardovagni – Est. Fiandanese – P.M. Febbraro (diff.) – Ric. P.M. in proc. Moramarco Giudizio immediato y Presupposti y Evidenza della prova y Richiesta di giudizio immediato y Imputato in stato di custodia cautelare y Respingimento per carenza del requisito dell’evidenza della prova y Profili di inammissibilità y Fattispecie . In tema di giudizio immediato, quando la relativa ri- chiesta sia formulata con riferimento alle previsioni di cui ai commi 1 bis e 1 ter dell’art. 453 c.p.p., relative al caso che l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare per i reati cui detta richiesta si riferisce, deve escludersi che quest’ultima possa essere respinta dal giudice per la ritenuta assenza del requisito costituito dall’evidenza della prova, quale previsto dal comma 1 del citato art. 453. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal pubblico ministero, ha annullato senza rinvio, qualificandolo come abnorme, il provvedimento di reiezione adottato dal giudice). (Mass. Redaz.) (C.p.p., art. 453) (1) (1) Per Cass. pen., sez. III, 6 maggio 1993, Colangelo, in questa Rivista 1994, 105 ed in Cass. pen. 1996, 160 con nota di LORUSSO, l’evidenza della prova, richiesta per il giudizio immediato, non può essere ritenuta insussistente per il solo fatto che nel successivo dibattimento il tribunale abbia proceduto all’assunzione di altri mezzi di prova. Secondo tale precedente, una cosa è l’evidenza della prova, necessaria perché il pubblico ministero possa richiedere il rinvio a giudizio immediato e sulla cui sussistenza è sempre possibile il sindacato del collegio giudicante, mentre altra cosa è la definitività della prova stessa posta a base dell’affermazione di responsabilità. Svolgimento del processo Il G.I.P. del Tribunale di Vigevano, con ordinanza in data 2 febbraio 2009, respingeva la richiesta di giudizio immediato presentata dal P.M., ai sensi degli artt. 453, comma 1 bis e 1 ter c.p.p., nei confronti di Moramarco Antonio, sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 628 c.p. Il G.I.P. osservava che gli artt. 453 e 455 c.p.p., come novellati dal D.L. 23 maggio 2008 n. 92, convertito con modificazioni in legge 24 luglio 2008, n. 125, introducono, bensì, un obbligo del p.m., in presenza di certi presupposti indicati dalla legge, di chiedere il giudizio immediato, lo stesso, però, rimane comunque soggetto al vaglio discrezionale di ammissibilità del G.I.P., il quale non solo dovrà rigettare la richiesta nell’ipotesi tipizzata di cui all’art. 455 cpv. c.p.p., ma dovrà comunque valutare la sussistenza del Arch. nuova proc. pen. 1/2010 53 giur L e g ittimit à requisito generale dell’evidenza della prova di cui all’art. 453 c.p.p. Quest’ultimo non può essere identificato, ad avviso del G.I.P., nei gravi indizi di colpevolezza che costituiscono la condizione per l’applicazione di misure cautelari, sia per una ragione formale, cioè l’utilizzo di due espressioni diverse, sia per una ragione funzionale, poiché l’evidenza della prova va intesa come livello di probabilità della sentenza di condanna tale da ritenere inutile il vaglio dell’udienza preliminare e le garanzie difensive proprie del rito ordinario (art. 415 bis c.p.p.). Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vigevano, deducendo l’abnormità dell’ordinanza impugnata. Il Procuratore della Repubblica osserva che l’evidenza della prova non è richiesta nella nuova ipotesi di giudizio immediato, introdotta dal legislatore con il citato D.L. n. 92 del 2008, essendo essa assorbita/sostituita dal presupposto del regime custodiale cui la persona è sottoposta. La ratio del nuovo istituto, ad avviso del p.m., è quella. di accelerare l’iter processuale per chi si trovi in regime di custodia cautelare in carcere o di arresti domiciliari, posto che la valutazione della gravità indiziaria che legittima l’applicazione della misura cautelare può legittimare un esercizio più rapido dell’azione penale. L’ordinanza impugnata, pertanto, avrebbe determinato, secondo il p.m. ricorrente, una regressione del procedimento in casi non consentiti dalla legge e uno stallo di esso, tenuto conto che nell’ipotesi prevista dall’art. 453, comma i bis, c.p.p., l’esercizio dell’azione penale nelle forme del giudizio immediato è obbligatorio per il p.m Motivi della decisione Il motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto. Il legislatore con il D.L. 23 maggio 2008 n. 92, convertito con modificazioni in legge 24 luglio 2008, n. 125, ha apportato diverse modifiche al codice di procedura penale, in particolare con riferimento ai procedimenti speciali. Gli interventi concernenti il giudizio direttissimo e il giudizio immediato hanno in comune la volontà del legislatore di sostituire alla facoltà di richiesta del rito speciale il dovere di attivarlo, con la salvaguardia del requisito negativo del grave pregiudizio alle indagini, i cui tempi siano incompatibili coli la rapidità del rito. Le condizioni del giudizio immediato di cui all’art. 453, comma 1, rimangono quelle già previste nel testo normativo antecedente alla novella legislativa: evidenza della prova, termine di novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p., interrogatorio dell’imputato ovvero omessa comparizione per rendere l’interrogatorio. L’intervento legislativo con riferimento al giudizio immediato è, però, più ampio, poiché i nuovi commi 1 bis e 1 ter dell’art. 453 e 1 bis dell’art. 455 c.p.p. prevedono un’ipotesi di giudizio immediato con caratteristiche proprie, che impongono di considerarla come autonoma e distinta da quella originaria e riguarda i reati in relazione ai quali la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare. Tale stato impone l’attivazione della procedura ed è condizione imprescindibile di essa la sua 54 1/2010 Arch. nuova proc. pen. permanenza, non solo nel senso che la richiesta non può essere formulata prima che sia “definito” il procedimento di cui all’art. 309 c.p.p. ovvero siano decorsi i termini per la proposizione della richiesta di riesame (comma 1 ter dell’art. 453 c.p.p.), ma anche nel senso che la richiesta deve essere rigettata se nel frattempo l’ordinanza custodiale sia stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La specialità dell’ipotesi di cui al comma 1 bis dell’art. 453, si desume in primo luogo dalla specialità della ratio, che non è solo quella di accelerare i tempi nei procedimenti nei quali il quadro probatorio sia talmente definito da ritenere che il contraddittorio tra le parti non possa condurre alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere nell’udienza preliminare, ma anche di imporre al pubblico ministero di completare celermente le indagini nei casi in cui l’indagato sia in stato di custodia cautelare, in tal modo ottenendo anche il risultato di diminuire le possibilità di scarcerazioni per decorrenza dei termini custodiali nella fase delle indagini preliminari. Tale ratio è evidenziata dalla concessione di un termine per la richiesta di giudizio immediato più ampio di quello previsto per l’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 453, cioè centottanta giorni, che decorre, appunto per la sua specificità, non dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall’art. 335 c.p.p., ma dall’esecuzione della misura. D’altro canto, la disposta citazione a giudizio immediato ai sensi dell’art. 453, comma 1, c.p.p., siccome basata sulla valutazione operata dal solo pubblico ministero in ordine alla evidenza della prova, ben si comprende che sia sottoposta al vaglio del giudice. Invece, la citazione a giudizio immediato disposta ai sensi del comma 1 bis del citato articolo presuppone il controllo del giudice sulla gravità indiziaria nel procedimento di cui all’art. 309 c.p.p. ovvero l’acquiescenza dell’indagato con il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame: ipotesi ben più garantista di quella configurata nel primo comma dell’art. 453 c.p.p., poiché prevede obbligatoriamente che l’indagato possa instaurare un effettivo contraddittorio, altrimenti penalizzato dall’assenza dell’udienza preliminare e delle garanzie difensive proprie del rito ordinario (art. 415 bis c.p.p.). L’ordinanza impugnata sottolinea la differenza sia formale che sostanziale tra “evidenza della prova” e “gravi indizi di colpevolezza”. Occorre osservare, in primo luogo, che erroneamente la stessa ordinanza considera l’”evidenza della prova” come «livello di probabilità della sentenza di condanna», mentre più esattamente deve essere intesa, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, come l’inutilità dell’udienza preliminare per la prevedibile mancanza di elementi che possano condurre alla pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere (da ultimo, Sez. III, 2 marzo 2001, n. 15833, Cornejo Pedroza, Rv. 218674). Ma soprattutto deve osservarsi che, mentre la disposta citazione dell’imputato a giudizio immediato, ai sensi dell’art. 453, comma 1, c.p.p., non può in alcun modo pregiudicare la diversa ed autonoma valutazione che il giudice de libertate sia chiamato ad operare circa la sussi- giur L e g ittimit à stenza o meno dei “gravi indizi di colpevolezza”, richiesti dall’art. 273 c.p.p. per l’applicazione ed il mantenimento delle misure cautelari personali (Sez. IV, 13 giugno 2003, n. 31205, Meliani, Rv. 225735), è del tutto razionale che il legislatore disponga, al contrario, che la valutazione del giudice de libertate sia sufficiente per l’instaurazione del giudizio immediato. Infatti, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, Cost., gli artt. 309 e 310 c.p.p., nella parte in cui non consentono di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell’ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell’art. 429 dello stesso codice, in quanto - postoché il rispetto del “principio di assorbimento” (che rappresenta il punto di equilibrio circa l’autonomia del provvedimento incidentale di libertà rispetto a quello di merito) implica che, soltanto ove intervenga una decisione che in ogni caso contenga in sé una valutazione del merito di incisività tale da assorbire l’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, può dirsi ragionevolmente precluso il riesame di tale punto da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in sede di impugnazione proposta attraverso i provvedimenti de libertate - il decreto che dispone il giudizio, comportando una deliberazione del merito orientata soltanto alla necessità del dibattimento, non può ritenersi in alcun modo assorbente rispetto alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fondamento dell’adozione e del mantenimento delle misure cautelari personali e, quindi, preclusivo del relativo esame in sede di impugnazione de libertate, avente ad oggetto la tutela del bene primario della libertà personale (Sent. n. 71 del 1996; nello stesso senso: Sez. un. 30 ottobre 2002, n. 39915, Vottari, Rv. 222602). Pertanto, ritenere che la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, passata al vaglio del contraddittorio, sia sufficiente, di per sé, a fondare la obbligatoria richiesta di giudizio immediato non può certo ritenersi «irragionevolmente discriminatorio e al tempo stesso gravemente lesivo del diritto di difesa» (Corte cost. cit.), quale, invece, deve ritenersi l’ipotesi inversa di citazione a giudizio immediato che vincoli la valutazione di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, in vista della salvaguardia di un bene di primario risalto quale è quello della libertà personale. Non può non considerarsi, inoltre, che la più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte (Sez. un. 30. maggio 2006, n. 36267, Spennato) ha chiarito che «il giusto processo cautelare è l’epilogo di un cammino che, attraverso varie tappe segnate da interventi del legislatore, di questa Suprema Corte e del Giudice delle leggi, ha visto progressivamente sfumare le tradizionali differenze evidenziate tra decisione cautelare e giudizio di merito, con riferimento alla valutazione degli elementi conoscitivi posti a disposizione del giudice, e ricercare una tendenziale omologazione dei corrispondenti parametri-guida»; tanto che con riferimento ai provvedimenti che comprimono diritti di rilievo costituzionale, qual è quello della libertà, «v’è una chiara spinta all’omologazione dei parametri di valutazione e di utilizzabilità del materiale conoscitivo oggetto delle decisioni del giudice della cautela e di quello del merito». Non vi è ragione, pertanto, per attribuire all’“evidenza della prova” un significato più garantista rispetto a quello espresso dal giudizio cautelare. D’altro canto, né l’“evidenza della prova” né i “gravi indizi di colpevolezza” presuppongono l’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato, poiché non si può prescindere dagli effetti, non ancora apprezzabili, eventualmente connessi alla dinamica della prova nella successiva evoluzione processuale. Deve, quindi, affermarsi il seguente principio di diritto: «il giudizio immediato di cui all’art. 453, comma 1 bis, c.p.p., come introdotto dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni in legge 24 luglio 2008, n. 125, è ipotesi autonoma alla quale non si applicano i presupposti di quella di cui al comma 3. del medesimo articolo, tra i quali l’“evidenza” della prova». La violazione di tale principio da parte dell’ordinanza impugnata ha determinato una situazione di “stallo processuale”, poiché impedisce al pubblico ministero di adempiere ad un obbligo di legge, al quale egli si può sottrarre solo in caso di grave pregiudizio per le indagini, in tal modo non consentendo che il procedimento si svolga secondo le cadenze normativamente imposte; per di più, il g.i.p. ha esercitato un potere valutativo concessogli dalla legge solo nell’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 453 c.p.p. L’ordinanza medesima, quindi, deve considerarsi abnorme, alla luce della costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo la quale l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (per tutte, Sez. un. 24 novembre 1999-26 gennaio 2000, n. 26, Magnani, Rv. 215094). L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Vigevano per l’ulteriore corso. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. III, 12 ottobre 2009, n. 39718 (ud. 17 giugno 2009) Pres. Onorato – Est. Amoresano – P.M. Siniscalchi (conf.) – Ric. X Giudizio abbreviato y Procedimento y Integrazio- ne probatoria y Poteri del giudice y Questione di legittimità costituzionale dell’art. 441 c.p.p. y Manifesta infondatezza . Alla luce del principio già affermato dalla Corte costi- tuzionale (sent. 111/1993) con riferimento ai poteri di integrazione probatoria riconosciuti al giudice dall’art. 507 c.p.p., secondo cui, anche in un sistema di tipo accusatorio, “fine primario e ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità”, deve ritenersi manifestamente infondata la Arch. nuova proc. pen. 1/2010 55 giur L e g ittimit à questione di legittimità costituzionale dell’art. 441, comma 5, c.p.p.,che, nell’ambito del giudizio abbreviato, assolve ad una finalità del tutto analoga a quella del citato art. 507. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 441; c.p.p., art. 557) (1) (1) La sentenza della Corte cost. del 26 marzo 1993, n. 111, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 507 c.p.p., nella parte in cui limita l’esercizio dei poteri istruttori di ufficio da parte del giudice al caso in cui sia terminata l’acquisizione delle prove richieste dalle parti con esclusione del caso in cui le parti, pur potendolo, non abbiano richiesto acquisizione di prova alcuna, è pubblicata per esteso in questa Rivista 1993, 232. Motivi della decisione 1. Con sentenza del 21 ottobre 2008 la Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Venezia in data 25 ottobre 2005, con la quale X, previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., u.c. e delle circostanze attenuanti generiche ed applicata la diminuente per la scelta del rito, era stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. in danno di Y; pena sospesa. Dopo aver richiamato la ricostruzione della vicenda operata dal GIP (la Y era stata assalita improvvisamente mentre era intenta, nel locale in cui lavorava, alla mescita del vino al tavolo, dove con alcuni amici sedeva il X, il quale mettendole le mani sui glutei l’aveva attirata a sé facendola sedere sulle sue ginocchia, afferrandole e palpeggiandole i seni), riteneva la Corte che non vi fosse stato alcun uso distorto dei poteri, riconosciuti al giudice dall’art. 441 c.p., comma 5, nell’acquisizione delle dichiarazioni testimoniali della parte offesa. Secondo la Corte territoriale infatti l’art. 441 c.p., comma 5 introduce nel rito abbreviato, al pari di quanto previsto per il dibattimento dall’art. 507 c.p.p., un meccanismo a tutela dei valori costituzionali di legalità che presiedono all’esercizio dell’azione penale. Il principio dispositivo ha nel processo soltanto una funzione espansiva del potere della parti ma non preclusiva dell’accertamento dei fatti. Tanto premesso, riteneva la Corte assolutamente attendibile la versione dei fatti fornita dalla parte offesa, la quale, se avesse avuto intenti calunniatori, non si sarebbe di certo azzardata a presentare querela citando come testimoni i presenti (amici dell’imputato), i quali avrebbero potuto smentirla. Non attendibili apparivano, invece, le dichiarazioni dei predetti i quali, contraddittoriamente, avevano palesemente cercato di ridimensionare il gesto dell’amico, precisando che si era trattato di uno scherzo. Infine, secondo la Corte territoriale, non c’era dubbio alcuno che la condotta posta in essere dall’imputato rientrasse nella nozione di atto sessuale, inteso in senso oggettivo, come aggressione alla sfera sessuale del soggetto passivo. 2. Propone ricorso per cassazione il X, a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la violazione di legge in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c) o art. 191 c.p.p. 56 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ovvero sollevando questione di illegittimità costituzionale dell’art. 441 c.p.p., comma 5. Una lettura costituzionalmente orientata di tale norma non può che far ritenere che il giudice possa esercitare i poteri di integrazione probatoria soltanto se necessario. Una diversa lettura violerebbe il principio del giudice terzo ed imparziale e contrasterebbe con gli artt. 24, 11 e 3 Cost. Secondo la proposta interpretazione dell’art. 441 c.p.p., comma 5 non può che competere al giudice di appello il controllo del requisito della necessità di acquisizione dei nuovi elementi probatori con possibile alternativa sanzione processuale di nullità ex art. 178 c.p.p. oppure di inutilizzabilità ex art. 191 c.p.p. del materiale acquisito. Non c’è dubbio che la contraddittorietà probatoria rilevata dal GIP per disporre l’esame della parte offesa, lungi dal costituire motivo per esercitare i poteri di cui all’art. 441 c.p.p., comma 5, avrebbe dovuto portare all’assoluzione dell’imputato. Non prevedendo tale norma il diritto alla controprova, una diversa (rispetto a quella proposta) interpretazione non si sottrarrebbe alla eccepita incostituzionalità. Con il secondo motivo denuncia il vizio di mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione. Con i motivi di appello era stata dedotta la completa inattendibilità della parte offesa e, per contro, la piena attendibilità dei testi in ordine alle modalità della condotta posta in essere dal X; la motivazione della sentenza tace completamente su tali rilievi. Non vi è prova di palpeggiamenti dei glutei e dei seni. Con il terzo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione all’art. 609 bis c.p. Non qualsiasi contatto con zona erogena costituisce atto sessuale. A seguito del gesto scherzoso del ricorrente che attirò a sé la p.o. vi fu solo un contatto glutei-ginocchio che palesemente non può essere qualificato come atto sessuale. Con il quarto motivo denuncia il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Non vi fu alcuna coartazione della libertà di autodeterminazione sessuale, avendo l’imputato agito con intento scherzoso (tale atteggiamento esclude il fine di concupiscenza). Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata. 3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 3.1. Quanto all’eccezione di nullità e/o inutilizzabilità del materiale acquisito dal Gip a seguito della disposta integrazione probatoria, venendo denunciata la violazione di norme processuali il giudice di legittimità è giudice anche del fatto. Tanto premesso, rileva, innanzitutto, il Collegio che il ricorrente parte da un presupposto erroneo e cioè che le affermazioni della Y, contenute nell’atto di querela, fossero state smentite dai testi. Il Gip, nel disporre l’integrazione probatoria evidenziava che la Y non era stata sentita a s.i.t. in sede di indagini preliminari e che, comunque, appariva necessario esami- giur L e g ittimit à nare la predetta, per la delicatezza della contestazione, essendo emerse “circostanze non propriamente collimanti con quanto illustrato nell’atto di querela”. La presenza di circostanze non collimanti non significava ovviamente che vi fosse un contrasto insanabile, tale da giustificare una pronuncia assolutoria ex art. 530 cpv. c.p.p. per contraddittorietà degli elementi probatori acquisiti. L’inesistenza di siffatto presunto contrasto viene ribadita, come si vedrà meglio in seguito, dalla Corte territoriale, secondo cui i testi addotti dall’imputato non avevano affatto smentita la ipotesi accusatoria, essendo piuttosto le loro dichiarazioni evasive (soprattutto in ordine alle frasi pronunciate dal X) e contrastanti tra di loro. Essendo utilizzabili tutti gli atti legittimante acquisiti nella fase delle indagini preliminari, non c’è dubbio alcuno che potesse essere valutato come fonte di prova il contenuto dell’atto di querela, che, come si è visto, non era stato affatto smentito dall’altro materiale probatorio acquisito. La decisione di disporre la integrazione probatoria ex art. 441 c.p.p., comma 5, lungi dal “danneggiare” l’imputato, si risolveva quindi in una indubbia garanzia difensiva, venendo la Y sentita in contraddittorio, con la possibilità per la difesa di procedere al controesame della stessa e di far emergere, anche attraverso il meccanismo delle contestazioni, la inattendibilità del contenuto dell’atto di querela. 3.1.1. Ha evidenziato la Corte territoriale che l’art. 441 c.p.p., comma 5 introduce nel rito abbreviato un meccanismo analogo a quello previsto dall’art. 507 c.p.p. per il dibattimento a tutela dei valori costituzionali di legalità che presiedono all’esercizio dell’azione penale. In relazione specificamente all’art. 507 c.p.p. la Corte Costituzionale, nel respingere l’eccezione di incostituzionalità di detta norma, assumeva “che i giudici rimettenti muovevano da una concezione alla stregua della quale il nuovo codice processuale non tenderebbe alla ricerca della verità ma solo ad una decisione correttamente presa in una contesa dialettica tra le parti, secondo un astratto modello accusatorio nel quale un esito vale l’altro, purché correttamente ottenuto. È ben vero che l’esigenza di accentuare la terzietà del giudice - perciò programmaticamente ignaro dei precedenti sviluppi della vicenda procedimentali - ha condotto ad introdurre, di massima, un criterio di separazione funzionale delle fasi processuali, allo scopo di privilegiare il metodo orale di raccolta delle prove, concepito come strumento per favorire la dialettica del contraddittorio e la formazione nel giudice di un convincimento libero da influenze pregresse. Ma tale opzione metodologica non ha fatto trascurare che fine primario ed ineludibile del processo penale non può che rimanere quello della ricerca della verità, e che ad un ordinamento improntato al principio di legalità, nonché al connesso principio di obbligatorietà dell’azione penale non sono consone norme di metodologia processuale che ostacolino in modo irragionevole il processo di accertamento del fatto storico necessario per pervenire ad una giusta decisione. Il potere conferito al giudice dall’art. 507 c.p.p. è, dunque, un potere suppletivo, ma non certo eccezionale. La configurazione del siffatto potere come eccezionale, e quindi da escludere in caso di decadenza o inattività delle parti, discende, nella logica presupposta dai giudici remittenti, dall’assunzione dell’immanenza del nuovo codice, come conseguenza della scelta accusatola, di un principio dispositivo in materia di prova. Si tratta, però, di un assunto che non trova riscontro né nei principi della delega né nel tessuto normativo concretamente disegnato nel codice. Il legislatore delegante ha cioè esattamente considerato, in armonia con l’eliminazione delle disuguaglianze di fatto posto dall’art. 3 Cost., comma 2, - che la parità della armi delle parti normativamente enunciata può talvolta non trovare concreta verifica nella realtà effettuale, sì che il fine della giustizia della decisione può richiedere un intervento riequilibrante del giudice atto a supplire alle carenze di taluna di esse, così evitando condanne o assoluzioni immeritate” (Corte Cost. 26 marzo 1993 n. 111, Azzari). Anche la giurisprudenza di questa Corte, dopo alcune contrastanti decisioni, è ormai consolidata nel ritenere (pur alla luce della nuova formulazione dell’art. 111 Cost.) che il giudice possa esercitare il potere di disporre d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi prova, previsto dall’art. 507 c.p.p., anche con riferimento a quelle prove che le parti avrebbero potuto richiedere e non hanno richiesto, rimanendo comunque impregiudicata la facoltà della parti di richiedere l’ammissione di nuovi mezzi di prova ai sensi dell’art. 495 c.p.p., comma 2 (Cass., sez. un., n. 41281, 17 ottobre 2006). Tale decisione ribadisce il principio già enunciato dalle stesse sezioni unite con la sentenza n. 11227 del 6 novembre 1992, secondo cui l’esercizio del potere previsto dall’art. 507 c.p.p. può essere esercitato anche con riferimento alle prove che le parti avrebbero potuto richiedere e che alla ammissione della prova ex art. 507 c.p.p. il “giudice non potrebbe non far seguire l’ammissione anche delle eventuali prove contrarie”. Una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme che prevedono poteri istruttori da parte del giudice comporta, invero, il riconoscimento del diritto alla prova contraria. E difatti questa Corte, applicando tali principi al rito abbreviato, da un lato, ha ritenuto che “il potere integrativo istruttorio del giudice previsto dall’art. 441 c.p.p., comma 5 è esercitarle anche nel momento stesso in cui viene disposto il giudizio abbreviato, difettando una qualunque previsione in senso contrario e considerato che, sulla base degli atti, il giudice può sin dal primo momento valutare la necessità di acquisire ulteriori elementi necessari alla decisione” (Cass., sez. VI, n. 36236, 7 luglio 2004, Mascarucci) e, dall’altro, ha affermato che all’imputato “che abbia richiesto il rito speciale senza integrazioni probatorie deve riconoscersi, nel caso in cui il giudice assuma d’ufficio nuovi elementi necessari alla decisione, il diritto alla controprova... secondo una ragionevole analogia con l’interpretazione giurisprudenziale dell’art. 507 c.p.p.” (Cfr. Cass., sez. V, n. 11954, 8 febbraio 2005, Marino; Cass., sez. V, n. 19388, 9 maggio 2006). Una siffatta interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 441 c.p.p., comma 5 rende manifestamente Arch. nuova proc. pen. 1/2010 57 giur L e g ittimit à infondata la denunciata incostituzionalità della norma. Peraltro la stessa Corte Costituzionale, nel dichiarare la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 438 c.p.p., comma 5 sollevata con riferimento all’art. 111 c.p.p., comma 2 (nella parte in cui non prevede il diritto del P.M. di chiedere l’ammissione di prova contraria nell’ipotesi in cui l’imputato abbia depositato il fascicolo delle investigazioni difensive e contestualmente formulato richiesta di giudizio abbreviato) ha “suggerito” di esplorare la concreta praticabilità delle soluzioni offerte dall’ordinamento al fine di porre rimedio alla denunciata anomala sperequazione tra accusa e difesa (cfr. ordinanza n. 245 del 2005). Ha evidenziato, invero, la Corte che “il remittente, nell’esprimere le ragioni per cui il potere di assumere, eventualmente anche d’ufficio, gli elementi necessari alla decisione, attribuito al giudice dall’art. 441 c.p.p., comma 5, non sarebbe idoneo a rendere la disciplina censurata conforme a Costituzione, trascura di considerare che nel nuovo giudizio abbreviato il potere di integrazione probatoria è configurato quale strumento di tutela dei valori costituzionali che devono presiedere l’esercizio della funzione giurisdizionale, sicché proprio a tale potere il giudice dovrebbe far ricorso per rassicurare il rispetto di quei valori”. 3.2. La L. 15 febbraio 1996, n. 66 ha unificato la congiunzione carnale violenta e gli atti di libidine previsti dalla normativa previgente nella nozione unitaria di atti sessuali, collocando detti reati tra i delitti contro la persona invece che tra quelli contro la moralità pubblica ed il buon costume. La sfera sessuale, quindi, diventa diritto della persona di gestire liberamente la propria sessualità, con la conseguenza che la condotta rilevante penalmente va valutata in relazione al rispetto dovuto alla persona ed all’attitudine ad offendere la libertà di determinazione della stessa. Non c’è dubbio, pertanto, come ribadito anche di recente da questa Corte (cfr. Cass. sez. III, n. 28815, 9 maggio 2008, Belli) che la “ratio” e la lettera della norma inducono a dare di atti sessuali una nozione “oggettiva”, facendovi rientrare cioè tutti quegli atti che siano oggettivamente idonei ad attentare alla libertà sessuale del soggetto passivo con invasione della sua sfera sessuale. L’aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali, potendo estendersi anche a tutte le altre zone ritenute erogene dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica (cfr. ex multis Cass. pen., sez. III, n. 25 dicembre 2007; Cass. pen., sez. III, 11 gennaio 2006, Beraldo; Cass., sez. III, 1 dicembre 2000, Gerardi; Cass., sez. III, n. 7772/2000, Calò). Sicché nella nozione di atti sessuali debbono farsi rientrare tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale (in questa facendo rientrare anche le zone erogene) con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona, ovvero abuso di inferiorità fisica o psichica. Tra gli atti idonei ad integrare il delitto di cui all’art. 609 bis c.p. vanno ricom- 58 1/2010 Arch. nuova proc. pen. presi anche quelli insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente (come ad es. palpamenti, sfregamenti, baci) - cfr. Cass. pen., sez. III, n. 549/2005. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo è significativo che la normativa introdotta con la L. n. 66 del 1996 abbia eliminato ogni riferimento al concetto di libidine la relazione al codice con riferimento all’art. 521 c.p. faceva riferimento allo “sfogo dell’appetito di lussuria” e la dottrina prevalente riteneva atti di libidine quelli, diversi dalla congiunzione carnale, diretti ad eccitare la concupiscenza verso piaceri carnali, turpi per se stessi o per le circostanze in cui si cerca di provocarli, ovvero diretti a soddisfare tale concupiscenza. Peraltro già sotto l’imperio della disciplina previgente qualche pronuncia aveva ritenuto che nella previsione dell’art. 521 c.p. non fosse richiesto il fine di eccitare o soddisfare la propria libidine. “Tale fine è estraneo alla lettera ed allo spirito della norma, la quale ha per oggetto la tutela della libertà sessuale del soggetto costretto o indotto; onde è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché egli agisca con la coscienza e volontà di costringere od indurre taluno a commettere atti di libidine su sé stesso, sulla persona del colpevole o su altri.” (cfr. Cass. pen., sez. I, 25 novembre 1971, n. 843, Amato ed altri). Tale pronuncia era in qualche modo anticipazione (con il riferimento alla libertà sessuale) e si inseriva nel dibattito culturale che avrebbe poi portato all’approvazione della nuova normativa. Non c’è dubbio alcuno, allora, che l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 609 bis c.p. consista nella coscienza e volontà di compiere un atto lesivo della libertà sessuale della persona e di invadere la sua sfera sessuale senza il consenso della stessa (dolo generico). Irrilevante pertanto è il fine propostosi dal soggetto attivo che può essere diretto a soddisfare la sua concupiscenza, ma anche di altro genere (ludico o di umiliazione della vittima)”. 3.2.1. Tanto premesso, i giudici di merito correttamente hanno ritenuto che la condotta posta in essere dal X vada qualificata come atto sessuale. Va ricordato che, pacificamente, nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Allorché quindi le due sentenze concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella, precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo (cfr. ex multis Cass., sez. I, n. 8868, 26 giugno 2000 - Sangiorgi). Il GIP aveva già evidenziato che dalle dichiarazioni, pienamente attendibili della parte offesa, emergeva che la condotta posta in essere dal X era consistita nel mettere le mani sui glutei della Y facendola sedere a forza sulle sue ginocchia e tenendola stretta a contatto con il suo corpo, giur L e g ittimit à e nell’afferrare e palpeggiare i seni della donna. Secondo il GIP l’aggressione alla sfera sessuale della Y era, oltre che dall’oggettività della condotta, ulteriormente confermata dalle frasi pronunciate dall’imputato. Il X aveva infatti esclamato “nessuno ha il coraggio di farlo, lo faccio io” e poi, dopo gli avvenuti palpeggiamenti, “Tutto qua? Non sei nemmeno un gran che, pensavo fossi meglio”. Tali frasi trovavano spiegazione nella circostanza, pure emersa, che la Y si era sottoposta ad un intervento di tipo estetico al seno. Dopo la disamina delle risultanze processuali, riteneva il GIP, con argomentazioni logiche e coerenti, che il X, avesse voluto mettersi in evidenza davanti agli amici, ponendo in essere la condotta descritta nel capo di imputazione per “verificare” gli esiti dell’intervento estetico. La Corte di Appello ha confermato il giudizio di piena attendibilità della Y sottolineando, in particolare, che se la donna avesse voluto calunniare il B. per trarne “profitto”, non “avrebbe dovuto collocare l’aggressione in un contesto del genere ed indicare degli amici di X a riscontro delle false accuse”. E non ha affatto escluso che vi siano stati i palpeggiamenti al seno, essendosi limitata ad affermare che il X “quantomeno ha palpeggiato i glutei della Y” (pag. 9). Che vi siano stati i palpeggiamenti è confermato, anche secondo la Corte territoriale dalla frase sopra riportata, che non sarebbe stata pronunciata dall’imputato “se non avesse palpeggiato la donna” (pag. 13). La Corte di merito ha, quindi, esaminato (anche comparativamente) le dichiarazioni dei testi, pervenendo, con argomentazioni corrette ed immuni da vizi logici, ad un giudizio di complessiva inattendibilità degli stessi. Ha infatti evidenziato che il contrasto tra le accuse della querelante e le dichiarazioni di Z., C., M. e Ma. non sono affatto insuperabili: essi infatti, tutti amici del X, sentiti dai carabinieri cercarono di ridimensionare la gravità del fatto, incorrendo però in contraddizioni ed inverosimiglianze. E significativo, peraltro, secondo la Corte territoriale che i testi sopraindicati non ricordino la frase pronunciata dall’imputato “fortemente allusiva ad un toccamento in zone erogene” (frase che, peraltro, neppure l’imputato ha escluso di aver pronunciato, limitandosi anche egli ad affermare di non ricordarla). 3.2.2. Con il ricorso viene sostanzialmente prospettata una diversa lettura delle risultanze processuali. Tali prospettazioni non tengono conto, però, che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. La Corte di legittimità ha, quindi, solo il compito di verificare che siano razionali le argomentazioni giustificative relative ai dati empirici assunti dai giudici di merito come elementi di prova, alle inferenze formulate ed ai criteri posti a sostegno dei risultati probatori. Anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la citata L. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 752, 18 dicembre 2006; Cass. pen., sez. II, n. 23419/2007, Vignaroli). 3.2.3. Essendo sufficiente il dolo generico, non c’è dubbio alcuno che il ricorrente avesse, pienamente, la coscienza e volontà di compiere atti lesivi della libertà sessuale, come è reso evidente dalla più volte ricordata frase da lui stesso pronunciata. È irrilevante, come si è visto, che nell’aggressione alla sfera sessuale della Y il X si proponesse di soddisfare la propria concupiscenza sessuale o volesse semplicemente compiere un’azione “dimostrativa” in presenza degli amici. Sul punto, trattandosi di questione di diritto, va precisata ed integrata la motivazione della sentenza impugnata. 3.3. Al rigetto del ricorso segue la condanna alla spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute in questa fase dalla costituita parte civile, che si liquidano, come da richiesta, in complessivi euro 2.450,00 oltre accessori di legge. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. II, 24 settembre 2009, n. 37507 (ud. 30 giugno 2009) Pres. Esposito – Est. Cammino – P.M. Iannelli (diff.) – Ric. Volpe Difesa e difensori y Di fiducia y Nomina y Di due difensori y Mancato avviso di udienza ad uno dei difensori y Nullità y Deduzione in appello dal difensore presente y Necessità a pena di decadenza . La nullità (compresa tra quelle a regime intermedio) derivante dal mancato avviso di udienza ad uno dei due difensori dai quali l’imputato sia assistito, ove sia incorsa nel giudizio d’appello, dev’essere dedotta dal difensore presente, a pena di decadenza, in applicazione analogica dell’art. 180, prima ipotesi, c.p.p., prima della pronuncia della sentenza. (C.p.p., art. 178; c.p.p., art. 180; c.p.p., art. 182) (1) (1) In aggiunta ai numerosi precedenti citati in motivazione, si veda la recente Cass. pen., sez. V, 4 febbraio 2009, Camera, in Ius & Lex dvd, n. 6/2009, ed. La Tribuna. Secondo tale precedente, in caso di nomina da parte dell’imputato di due difensori, l’omessa notifica dell’avviso dell’udienza del giudizio d’appello a uno di essi comporta una nullità a regime intermedio che, qualora non siano presenti all’udienza né l’imputato né i difensori di fiducia e sia stato nominato un difensore Arch. nuova proc. pen. 1/2010 59 giur L e g ittimit à d’ufficio, deve essere da questi eccepita prima della deliberazione della sentenza. In motivazione, la S.C. ha ritenuto applicabile in via analogica la disciplina prevista per il giudizio di primo grado dall’art. 180 c.p.p. Motivi della decisione Con sentenza in data 6 dicembre 2006 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza emessa il 25 luglio 2005 dal Tribunale di Napoli con la quale Volpe Angelo era stato dichiarato, all’esito del giudizio abbreviato, colpevole dei reati di ricettazione e di detenzione per la vendita di supporti VHS e CD per opere musicali e cinematografiche illecitamente duplicate, reati accertati in Napoli il 17 dicembre 2003, ed era stato condannato, ritenuta la continuazione, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e con la diminuente per il rito, alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 400,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali, con la pena accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna. Avverso la predetta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione deducendo: 1. la violazione della legge processuale e la nullità del giudizio di appello non essendo stato notificato l’avviso della data fissata per il giudizio di appello ad entrambi i difensori dell’imputato; l’avviso infatti sarebbe stato notificato unicamente all’avv. Ercole Ragozzini, il quale aveva sottoscritto l’atto di appello, e non anche all’avv. Fabrizio Cavaliere, difensore che non aveva sottoscritto l’atto di appello ma che non era mai stato revocato; all’udienza del 6 dicembre 2006 i due difensori di fiducia e l’imputato erano assenti e, secondo il ricorrente, non opererebbe la sanatoria prevista dall’art. 182 co. 2 c.p.p. (sanatoria che non si sarebbe verificata anche nel caso di nomina di un difensore di ufficio che non avesse sollevato alcuna eccezione); 2. la violazione di legge, con riferimento agli artt. 171 ter legge n. 633/41 e 648 c.p., e il vizio della motivazione in relazione all’errata qualificazione giuridica della condotta contestata come ricettazione anziché come art. 171 ter lett. a) legge n. 633/41 in quanto non si sarebbe tenuto conto che il materiale in sequestro era riprodotto artigianalmente e che la versione difensiva della riproduzione in proprio dei CD musicali, operazione che non necessitava di complesse attrezzature, trovava riscontro logico nelle scarse disponibilità economiche dell’imputato il quale non avrebbe avuto le risorse per acquistare da altri i CD già contraffatti. Il ricorso va rigettato. Il primo motivo è infondato. È infatti principio giurisprudenziale consolidato che quando l’imputato abbia nominato due difensori - sia che si proceda con il rito camerale - sia nel procedimento ordinario (Cass. Sez. un. 27, giugno 2001, n. 33540, Di Sarno; Sez. un. 25 giugno 1997, n. 6, Gattellaro) - entrambi i difensori abbiano diritto all’avviso della data dell’udienza e che, nel caso sia stata omessa la notifica dell’avviso a uno dei difensori, si verifica una nullità a regime intermedio di cui all’art. 179 co. 1 c.p.p. (tra le più recenti Cass. sez. IV, 60 1/2010 Arch. nuova proc. pen. 4 novembre 2008 n. 11772, Pancini; Sez. VI, 24 aprile 2008, n. 18726, Donnhauber; Sez. I, 13 marzo 2008, n. 17307; Sez. VI, 13 febbraio 2008, n. 17881, Quartarano; Sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 21736; Sez. IV, 9 luglio 2003, n. 37471, Massari), ancorché la mancata notifica riguardi il difensore che non aveva proposto impugnazione (Cass. Sez. un., 27 giugno 2001, n. 23, Di Sarno). Detta nullità viene sanata sia dalla mancata deduzione nel termine indicato dall’art. 180 c.p.p. sia dalla presenza all’udienza dell’altro difensore, che abbia svolto la sua difesa senza nulla eccepire in ordine al difetto di avviso al codifensore. Nel caso in esame l’appello riguardava una sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato e si procedeva ai sensi dell’art. 599 c.p.p., richiamato espressamente dall’art. 443 co. 4 c.p.p. Per l’udienza camerale di appello del 6 dicembre 2006 risulta essere stato avvisato solo l’avv. Ercole Ragozzino, che era stato nominato sin dalla fase delle indagini preliminari e aveva presentato l’appello nell’interesse dell’imputato, e non anche l’avv. Fabrizio Cavaliere, nominato per la prima udienza svoltasi dinanzi al Tribunale di Napoli il 27 maggio 2005 (l’avv. Cavaliere era comparso, aveva depositato l’atto di nomina e la procura speciale per la richiesta di giudizio abbreviato, aveva ricevuto l’avviso di deposito della sentenza di primo grado). Alla predetta udienza dinanzi alla Corte di appello di Napoli non comparivano né l’appellante né i due difensori di fiducia. Trattandosi di procedimento camerale di appello, in virtù del disposto degli artt. 127 co. 3 e 599 co. l c.p.p., la presenza del difensore non era necessaria e, in assenza del difensore di fiducia, il giudice non era tenuto a nominare un difensore di ufficio (Cass. sez. V, 27 ottobre 1995, n. 12052, Belvedere). Nemmeno era necessaria la presenza dell’imputato la cui mancata comparizione, salvo che sia legittimamente impedito e abbia manifestato la volontà di essere presente e di essere sentito personalmente, è priva di rilevanza (Cass. sez. II, 3 marzo 2005, n. 13134, Puzzo) e determina, secondo quanto affermato da questa Corte, il verificarsi nei suoi confronti della causa di decadenza prevista dall’art. 182 co. 2 c.p.p. (Cass. sez. IV, 22 dicembre 1998, n. 1996, Cicatiello; Sez. IV, 23 novembre 2005, n. 2405, Scatafassi). La Corte ritiene che in via generale deve convenirsi che l’omesso avviso (ovvero la mancata notifica dell’avviso) della fissazione dell’udienza ad uno dei difensori determini non “assenza” della difesa, a norma dell’art. 178 co. l c.p.p., ma soltanto inosservanza delle disposizioni concernenti l’assistenza dell’imputato, a norma dell’art. 178 lett. c) c.p.p., e quindi una nullità a regime intermedio. Né può essere messo in discussione che nell’ipotesi di citazione per il dibattimento, la nullità deve essere eccepita immediatamente, stante la disciplina dell’art. 182 c.p.p., dall’altro difensore di fiducia comparso o comunque dal difensore di ufficio nominato ex art. 97 co. 4 c.p.p. ed è sanata se non viene eccepita dal difensore presente (sez. V, 4 luglio 2006, n. 29863, Della Corte; sez. IV, 22 dicembre 1998, n. 1996, Cicatiello). giur L e g ittimit à Quanto al momento entro il quale la nullità deve essere eccepita va tuttavia segnalato un orientamento giurisprudenziale (Cass. sez. V, 4 luglio 2006, n. 29863, Della Corte; sez. III, 1° dicembre 1997, n. 529, Laezza), secondo il quale la nullità, di ordine “intermedio”, derivante dal mancato avviso di udienza ad uno dei due difensori di fiducia dai quali l’imputato sia assistito, essendo riferibile alla fase degli atti preliminari al dibattimento e quindi “in quel segmento procedimentale che sta tra il decreto dispositivo del giudizio (art. 429 c.p.p.) o il decreto di citazione diretta a giudizio (art. 552 c.p.p.) e la prima udienza di comparizione davanti al giudice”, da considerare funzionalmente e strutturalmente diversa da quella propriamente dibattimentale, deve essere dedotta, ai sensi di quanto previsto dall’art. 180, prima ipotesi, c.p.p. prima della deliberazione della sentenza di primo grado. Detto termine di deducibilità della nullità riferito alla deliberazione della sentenza di primo grado è stata considerata da recenti sentenze applicabile anche al giudizio di appello (Cass. sez.III, 2 aprile 2008, n. 13824, Straiano; sez.V, 11 dicembre 2008, n. 4940, Camera), essendosi ritenuto che la nullità in questione si collochi nella fase denominata “atti preliminari al giudizio” (art. 601 co. l c.p.p.) comprendenti le notifiche delle citazioni delle parti e dei difensori. L’orientamento sopra menzionato appare al collegio condivisibile e applicabile anche al giudizio camerale di appello previsto dall’art. 599 c.p.p. in cui, analogamente, può affermarsi che l’omesso avviso ad uno dei due difensori si collochi nella fase intercorrente tra la fissazione dell’udienza e l’udienza di comparizione in camera di consiglio, come si desume dall’art. 601 co. 2 c.p.p. che espressamente riconduce l’attività preliminare all’udienza camerale ex art. 599 c.p.p. alle formalità previste per la valida instaurazione del giudizio dibattimentale di appello. Deve pertanto concludersi che la nullità in questione doveva essere dedotta, secondo un’interpretazione analogica dell’art. 180 prima ipotesi c.p.p., prima della deliberazione della sentenza di appello a cura del difensore di fiducia regolarmente avvisato e messo in condizione di comparire e sollevare la relativa eccezione. La dedotta violazione ex art. 606 co. 1 lett. c) c.p.p., con conseguente nullità del giudizio di appello per omessa notifica dell’avviso di udienza al secondo difensore di fiducia, deve ritenersi pertanto nel caso in esame tardivamente dedotta con l’impugnazione. Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto nella sentenza impugnata, con specifico riferimento alla versione difensiva (della riproduzione artigianale fatta personalmente dall’imputato dei CD musicali messi in vendita) ribadita con il ricorso, si pone in rilievo la “mancata allegazione sulla disponibilità dei necessari apparati tecnici per la diretta duplicazione del materiale sequestrato”, a fronte dell’accertata commercializzazione da parte dell’imputato del materiale sequestrato. Detta motivazione appare adeguata, considerato anche che il ricorrente si limita ad evidenziare la fattura artigianale dei CD musicali (non negata dalla Corte territoriale) e a riproporre, sostenendo assertivamente l’antieconomicità dell’acquisto dei prodotti da coloro che avevano provveduto all’illecita riproduzione, la tesi difensiva sulla base di una diversa lettura delle risultanze processuali. Questa Corte tuttavia ha più volte affermato che esula dai suoi poteri una “rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali” (Sez. un., 24 settembre 2003, n. 47289, Petrella; Sez. un., 31 maggio 2000, n. 12, Jakani; Sez. un., 24 novembre 1999, n. 24, Spina; Sez. un., 30 aprile 1997, n. 6402, Dessimone; Sez. un., 27 settembre 1995, n. 30, Mannino; Sez. un., 13 dicembre 1995, n. 930, Clarke). Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. III, 22 settembre 2009, n. 36826 (ud. 8 luglio 2009) Pres. Onorato – Est. Squassoni – P.M. Siniscalchi (conf.) – Ric. Khemissi Indagini preliminari y Attività del P.M. y Assunzione di informazioni y Divieto di cui all’art. 430 bis c.p.p. y Applicabilità in caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede di appello y Esclusione . Il divieto posto dall’art. 430 bis c.p.p. alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero e ai difensori di assumere informazioni “dalla persona ammessa ai sensi dell’art. 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell’art. 422, comma 2, ovvero nella lista prevista dall’art. 468 e presentata alle altre parti processuali” non trova applicazione nel caso di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale disposta in sede di appello ai sensi dell’art. 603, comma 2, c.p.p.). (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 430 bis; c.p.p., art. 603) (1) (1) Nulla esattamente in termini. Per Cass. pen., sez. VI, 24 gennaio 2004, Zorzi, pubblicata integralmente in questa Rivista 2004, 426, l’inutilizzabilità delle informazioni unilateralmente assunte dal pubblico ministero, dalla polizia giudiziaria o dal difensore, in violazione del divieto di cui all’art. 430 bis c.p.p., è da intendersi operante solo con riguardo al momento in cui, nel prosieguo del procedimento, debba farsi luogo alla rituale assunzione, nel contraddittorio delle parti, delle dichiarazioni dei soggetti dai quali le suddette informazioni sono state fornite, giacché solo in quel momento potrebbe verificarsi la loro indebita influenza sulla genuinità della prova, alla cui salvaguardia il citato art. 430 bis è finalizzato. MOTIVI DELLA DECISIONE Ricorre in Cassazione l’imputato Khemissi Rafir Ben Lazaar per l’annullamento della sentenza 27 gennaio 2009 con la quale, in parziale riforma della decisione dei primi Giudici, la Corte di Appello di Roma lo ha ritenuto responsabile del reato di violenza sessuale e condannato alla pena di giustizia. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 61 giur L e g ittimit à Deduce, con un unico motivo, violazione di legge per non avere i Giudici acquisito ex art. 512 c. 1 c.p.p., i verbali delle indagini difensive. In fatto era avvenuto quanto segue. Erano stati individuati due testi dopo la celebrazione del primo giudizio per cui il Legale dell’imputato aveva sollecitato la rinnovazione della istruzione dibattimentale che la Corte aveva disposto; i testimoni, nonostante le ricerche, non erano reperiti per cui il Difensore aveva chiesto la lettura delle deposizioni dallo stesso raccolte a sensi dell’art. 391 bis c.p.p. I Giudici avevano respinto la istanza nel presupposto che l’art. 430 bis c.p.p. vieta, a pena di inutilizzabilità, alla Polizia, al Pubblico Ministero ed al Difensore di assumere informazioni da persone chiamate a testimoniare. Questa conclusione è censurata dal ricorrente il quale sostiene che le ipotesi enucleate nell’art. 430 bis c.p.p. non riguardano il giudizio di secondo grado e che è inibito estendere arbitrariamente i casi di inutilizzabilità che sono tassativi; precisa che la preclusione non era, comunque, riscontrabile perché, al momento della assunzione delle informazioni da parte del Difensore, i testi non erano ancora stati ammessi. L’art. 430 bis c.p.p., introdotto con la legge 479/1999, ha individuato un nuovo divieto probatorio con espressa sanzione di inutilizzabilità (la specificazione è superflua stante il generale principio dell’art. 191 c.p.p.). La norma ha due ricadute processuali. Circoscrive l’ambito temporale di intervento del Pubblico Ministero che sovente ricorreva alla attività integrativa delle indagini oltre i limiti imposti dall’art. 430 c.p.p.; inoltre, tende ad impedire che le persone chiamate a testimoniare subiscano condizionamenti da una pregressa audizione della parte pubblica o privata. A tale fine, per garantire la genuinità della prova orale rappresentativa,la norma preclude al Difensore (ed Pubblico Ministero ed alla Polizia) di assumere informazioni su soggetti compresi nelle liste testimoniali presentate a norma dell’art. 468 c.p.p. o ammessi di ufficio a sensi dell’art. 507 c.p.p. ovvero indicati nella richiesta di incidente probatorio c.p.p. oppure qualora gli stessi siano stati citati dal Giudice in sede di udienza preliminare ex art. 422 c. 2 c.p.p. La lettura della norma rileva che la elencazione ivi contenuta non è esaustiva; non è chiara la ragione per la quale la previsione non sia stata estesa alle persone indicate dallo imputato, che abbia subordinato la richiesta di rito abbreviato alla audizione di testi, o alle persone ammesse a testimoniare di ufficio a sensi dell’art. 441 c. 5 c.p.p. o nel caso di rinnovazione della istruzione dibattimentale in appello. Il primo problema di diritto che il ricorso pone si incentra nel valutare se il divieto contenuto nell’art. 430 bis c.p.p. possa estendersi oltre i casi previsti ed, in particolare, alle ipotesi dell’art. 603 c.p.p. Il ricorrente nega tale possibilità sostenendo che l’applicazione analogica contrasti con il numero tassativo delle previsioni di inutilizzabilità. 62 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Un principio in tale senso non è esplicitato dall’art. 191 c.p.p., ma l’inciso contenuto nella norma (“divieti stabiliti dalla legge”) chiarisce che solo la espressa previsione di un divieto alla acquisizione probatoria rende operante la sanzione; di conseguenza, le ipotesi di inutilizzabilità sono determinabili e collegate ad una precisa disposizione normativa con la ulteriore conseguenza che il principio di tassatività, espressamente sancito in tema di nullità, regola il caso in esame. Un divieto di assumere informazioni non è reperibile nell’art. 430 bis c.p.p. con riferimento al grado di appello (anche se ragioni di ordine sistematico avrebbero consigliato di includerlo) ed una estensione analogica della previsione, si ripete, non è consentita. Tanto premesso, occorre verificare la tesi della Corte territoriale secondo la quale il divieto di cui trattasi, anche per il secondo grado, trova il referente normativo nell’art. 507 c.p.p. espressamente indicato nell’art. 430 bis c.p.p. La rinnovazione della istruzione dibattimentale in appello non prevede un unico regime. La Corte, nel caso di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il primo giudizio, ne ammette l’acquisizione nel rispetto dei limiti previsti dall’art. 495 c. 1 c.p.p. (art. 603 c. 2 c.p.p.) .La Corte dispone la rinnovazione del dibattimento su sollecitazione delle parti se non è in grado di decidere allo stato degli atti (art. 603 c. 1 c.p.p.) o di ufficio se assolutamente necessaria ai fini della decisione (art. 603 c. 3 c.p.p.) o nella ipotesi di imputato contumace che non ha potuto partecipare al giudizio di primo grado (art. 603 c. 4 c.p.p.). Sono riscontrabili elementi omogenei nella previsione dell’art. 507 c. 1 c.p.p. ed in quella dell’art. 603 c. 3 c.p.p. che hanno in comune la attivazione da parte del Giudice dei suoi residuali poteri in ordine alle prove e la assoluta necessità del supplemento istruttorio; tuttavia, la non inclusione, tra i divieti di cui trattasi, della ipotesi dell’art. 603 c. 3 c.p.p. (e dell’art. 603 c. 1 c.p.p.) può essere una scelta legislativa che trova una plausibile spiegazione nella circostanza che il dichiarante è già stato escusso per cui è meno passibile di condizionamenti da parte del Difensore o del Pubblico Ministero o della Polizia. Non è, invece, evidenziabile una corrispondenza ed una sostanziale equipollenza tra la richiesta di parte di escussione di testimoni ex art. 603 c. 2 c.p.p. e la previsione dell’art. 507 c.p.p. dal momento che i presupposti e le scansioni del procedimento per l’ammissione del dichiarante non sono omogenei. Di conseguenza, si deve ritenere che il divieto di assumere informazioni non è applicabile al giudizio di appello nella ipotesi dell’art. 603 c. 2 c.p.p. La proposta esegesi potrebbe evidenziare una ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni analoghe, ma la relativa questione di costituzionalità è inconferente. Nella ipotesi concreta, quando anche esistesse la preclusione dell’art. 430 bis c.p., sarebbe applicabile il secondo comma della norma in virtù del quale il divieto cessa qualora la testimonianza non abbia luogo; nella previsione, di ampia portata, deve includersi la mancata escussione del giur L e g ittimit à teste per sua irreperibilità perché, anche in questo caso, viene meno la necessità di tutela del dichiarante che è la finalità della regola introdotta nel primo comma. Concludendo, la Corte ritiene che i Giudici di merito abbiano disatteso la richiesta difensiva per una errata interpretazione dell’art. 430 bis c.p.p. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma perché i nuovi Giudici, diano lettura delle dichiarazioni assunte da parte dal Difensore dopo avere esaminato se sussistano le condizioni richieste dalla legge per l’applicabilità dell’art. 512 c.p.p. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. V, 21 settembre 2009, n. 36517 (c.c. 26 febbraio 2009) Pres. Amato – Est. Marasca – P.M. Geraci (conf.) – Ric. Cavallo Notificazioni in materia penale y Nullità y Estratto contumaciale y Deduzione di vizi di nullità della notifica y Impugnazione tardiva y Necessità . Anche in presenza delle modifiche dell’art. 175 c.p.p. introdotte dalla legge n. 60 del 2005, rimane valido il principio secondo cui, ove si deducano vizi determinanti nullità della notifica dell’estratto contumaciale, non può essere avanzata richiesta di rimessione in termini per l’impugnazione ma va proposta impugnazione tardiva, sorretta dalla prova che il termine per impugnare non è decorso proprio a causa della suddetta nullità. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 157; c.p.p., art. 175; c.p.p., art. 666) (1) (1) Si veda Cass. pen. sez. V, 29 gennaio 2009, Castano, in Ius & Lex dvd, n. 6/2009, ed. La Tribuna, per la quale sussiste incompatibilità tra la deduzione della nullità della notifica dell’estratto contumaciale e la contestuale istanza di restituzione in termini; quest’ultima presuppone la ritualità dell’atto cui è legato il termine scaduto mentre nel caso di sussistenza della nullità nessuna decadenza dal termine si è verificata, con la conseguenza che, in quest’ultimo caso, l’unico rimedio consentito è l’incidente di esecuzione con contestuale impugnazione tardiva. MOTIVI DELLA DECISIONE Cavallo Renzo è stato condannato a pene severe dal Tribunale di Milano e poi dalla Corte di Appello della stessa città per vari episodi di traffico di sostanze stupefacenti. Il Cavallo, detenuto in Spagna all’epoca del processo, veniva estradato in Italia il 20 agosto 2007 e tratto in arresto in esecuzione di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura Generale della Corte di Appello di Milano il 4 giugno 2001 proprio in esecuzione delle citate sentenze. In data 11 settembre 2007 il Cavallo inoltrava alla Corte di Appello di Milano istanza di restituzione nei termini sostenendo che l’ordine di carcerazione era stato emesso sul presupposto che Renzo Cavallo fosse libero e pertanto non avesse deliberatamente interposto ricorso avverso la sentenza di secondo grado. Il Cavallo precisava ancora che era stato impossibilitato ad avanzare ricorso per cassazione perché detenuto all’estero e che l’estratto contumaciale (presumibilmente della sentenza di secondo grado) era stato notificato con il rito degli irreperibili e non con quello degli imputati all’estero. La Corte di Appello di Milano, con provvedimento del 14 maggio 2008, si dichiarava incompetente e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione. Con atto depositato il 7 luglio 2008, qualificato dall’istante come ricorso ed istanza di immediata trattazione, il Cavallo reiterava le sue richieste e chiariva che la remissione in termini concerneva la possibilità di rifare il processo di appello e che il sostituto che aveva condotto le indagini era a conoscenza che il Cavallo fosse detenuto in Spagna. Così chiariti i termini della questione, va detto che l’istanza del Cavallo è inammissibile. Intanto vi è una evidente incertezza e, quindi, genericità perché nella istanza rivolta alla Corte di Appello di Milano il Cavallo ha sostenuto di essere stato impossibilitato a presentare ricorso per cassazione, mentre nella nota inviata a questa Corte ha sostenuto che voleva essere rimesso in termini per l’appello. È del tutto evidente che la richiesta contenuta nella istanza in data 11 luglio 2007, depositata nei termini previsti dall’articolo 175 c.p.p., essendo, invece, la nota presentata dinanzi a questa Corte tardiva, è quella che deve essere presa in considerazione da questa Corte. Ed, infatti, correttamente la Corte di Appello di Milano ha dichiarato la propria incompetenza, essendo competente a decidere sulla istanza del Cavallo di restituzione in termini per proporre ricorso per cassazione questa Corte ai sensi dell’articolo 175 comma IV c.p.p. (Cass., sez. III penale, 28 novembre 1995, Candice). Bisogna rilevare in punto fatto che il Cavallo nel processo in discussione ha proposto, presumibilmente tramite i suoi difensori, sia l’appello avverso la sentenza di primo grado, sia il ricorso per cassazione, che è stato rigettato il 28 maggio 2001. Da ciò discende la inammissibilità della pretesa del Cavallo di essere rimesso in termini per presentare un nuovo ricorso per cassazione o, in alternativa, come sostenuto nella nota richiamata, un nuovo appello avverso la sentenza di secondo grado, essendosi consumato il diritto alla impugnazione ritualmente utilizzato in entrambi i gradi considerati dai suoi difensori. Ma vi è una altra ragione di inammissibilità per così dire assorbente. Il Cavallo si è in buona sostanza lamentato del fatto che l’estratto contumaciale (presumibilmente della sentenza di secondo grado) non era stato ritualmente notificato con la procedura prevista per gli imputati detenuti all’estero, ma erroneamente, con il rito degli imputati irreperibili. L’istituto disciplinato dall’articolo 175 c.p.p., invero, attiene alla perenzione di un termine, stabilito a pena di decadenza, che, sul presupposto della ritualità della notificazione (SS.UU. penali 9 luglio 2003, Mainente), si assume non osservato per cogenti necessità la cui ricorrenza Arch. nuova proc. pen. 1/2010 63 giur L e g ittimit à abilita l’istante che le invochi a proporre istanza restitutoria (Cass., sez. II penale, 7 novembre 2003, Costantin). Diverso è, invece, il caso in cui si assuma, come nella specie (nullità della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza per inosservanza della procedura riguardante i detenuti all’estero), la ricorrenza di vizi attinenti alla notificazione, nel qual caso non decorre il termine per proporre impugnazione e non si forma il titolo esecutivo (Cass., sez. V, 8 febbraio 2002, Rotti). Infatti in siffatti casi, proprio per l’asserita ricorrenza della nullità che si invoca, non si verifica la decadenza del termine, del quale, pertanto, non può essere disposta la restituzione (Cass., sez. II, 21 dicembre 2004, Ficarotta). In tal caso va proposta impugnazione tardiva sorretta dalla prova che il termine per impugnare non è decorso a causa della nullità della notificazione dell’atto dalla cui data il termine stesso avrebbe dovuto avere decorrenza. Né le modifiche apportate all’articolo 175 comma II dalla legge n. 60 del 2005 hanno mutato i termini della questione perché con le nuove previsioni il legislatore ha inteso introdurre, limitatamente alle sentenze contumaciali e ai decreti penali di condanna, una sorta di presunzione juris tantum di non conoscenza in favore dei soggetti contumaci, ponendo ‘a carico del giudice l’onere di accertare che l’imputato che alleghi la propria ignoranza, nonostante l’avvenuta notificazione nei suoi confronti, abbia avuto davvero ed effettivamente conoscenza del procedimento ed abbia volontariamente rinunciato a comparire (Cass., sez. I, 12 luglio 2006, Somogy). La tutela rafforzata apprestata nei confronti del contumace, insomma, non vale a superare il presupposto dell’avvenuta rituale notificazione. Per le ragioni indicate l’istanza di restituzione nei termini deve essere dichiarata inammissibile ed il Cavallo deve essere condannato a pagare le spese processuali ed a versare la somma, ritenuta equa, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. (Omissis). Corte di Cassazione penale sez. fer., 18 settembre 2009, n. 36322 (c.c. 15 settembre 2009) Pres. Silvestri – Est. Diotallevi – P.M. Riello (conf.) – Ric. Grosu Rapporti giurisdizionali con autorità straniere in materia penale y Estradizione y Mandato d’arresto europeo y Residente non cittadino italiano y Applicabilità dell’art. 18, lett. r), L. n. 69/2005 y Esclusione y Ragioni . In tema di mandato d’arresto europeo, premesso che, quando la richiesta di consegna sia finalizzata all’esecuzione di una pena inflitta con sentenza divenuta irrevocabile, non trova applicazione l’art. 19, lett. c), della legge 22 aprile 2005 n. 69 (secondo il quale, ove si tratti di soggetto residente in Italia, quale che sia la sua nazionalità, la consegna è subordinata alla condizione che il medesimo, dopo essere stato ascoltato, 64 1/2010 Arch. nuova proc. pen. sia rinviato nel nostro paese per scontarvi la pena che eventualmente gli venga inflitta nello Stato richiedente), ma trova applicazione l’art. 18, lett. r), della citata legge (che stabilisce per il solo cittadino italiano il divieto di consegna per l’esecuzione di una pena, quando la corte d’appello disponga che la stessa venga eseguita in Italia), deve ritenersi non irragionevole la inapplicabilità di detta ultima norma al residente che non sia cittadino italiano, posto che l’intervenuta pronuncia di condanna rende giustificata (pur se non obbligata) la scelta operata dal legislatore di privilegiare, in tal caso, ai fini dell’individuazione del luogo di espiazione della pena, lo Stato che ha subito la rottura della trama giuridica che disciplina il suo sistema penale interno. (Mass. Redaz.) (L. 22 aprile 2009, n. 69, art. 9; L. 22 aprile 2009, n. 69, art. 18; L. 22 aprile 2009, n. 69, art. 19) (1) (1) Per Cass. pen., sez. VI, 28 aprile 2008, C., in CED – Archivio penale RV 239651, ai fini dell’operatività del disposto di cui all’art. 19, comma primo, lett. c), n. 69/2005, per poter considerare sussistente il requisito della residenza in Italia, occorre non solo la dimostrazione che l’interessato abbia in Italia la sua dimora abituale - intesa, peraltro, non come assoluta continuità della stessa, ma come “abitudine della dimora”, compatibile anche con frequenti allontanamenti, eventualmente determinati dall’organizzazione e dalle esigenze della vita moderna - ma anche quella che egli intenda stabilmente permanere nel territorio italiano per un apprezzabile periodo di tempo. Si veda anche Cass. pen., sez. VI, 20 novembre 2007, Franconetti, in Riv. pen. 2008, 709, secondo cui il particolare regime previsto dagli artt. 18, lett. r) e 19 lett. c) della legge n. 69, nel caso in cui il mandato d’arresto europeo sia stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale nei confronti di un cittadino italiano, non impedisce l’applicabilità della misura cautelare personale che ne assicuri l’esecuzione. MOTIVI DELLA DECISIONE La cittadina rumena Grosu Gabriella, attualmente detenuta in Italia in quanto destinataria di un mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria della Romania (tribunale di Costanta) in data 12 settembre 2007 in base alla sentenza, divenuta irrevocabile, resa dallo stesso Tribunale in data 6 agosto 2004, con la quale è stata condannata alla pena di anni sei di reclusione per i delitti di “prossenetismo e tratta di esseri umani”, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila, in data 10 giugno 2009, che ne ha disposto la consegna all’Autorità di stato della Romania, richiedente ex lege n. 69/2005, ai fini dell’esecuzione della suddetta pena. Risulta dagli atti che il difensore di fiducia, davanti alla Corte d’appello, ha chiesto di rifiutare la consegna per essere la Grosu madre di una figlia di anni tre, e, in ogni caso, di sospendere la consegna per la sussistenza di gravi ragioni umanitarie, in quanto sia la Grosu che la figlia risultano affette da una grave malattia, quale la sifilide, essendo stata la minore contagiata al momento del parto. La Corte d’appello, nel disporre la consegna della condannata, ha sottolineato come non osti all’adozione del provvedimento l’età della minore, nata il 2 luglio 2005, giur L e g ittimit à circostanza che rende inapplicabile la norma di cui all’art. 18, lett. s) della legge n. 69/2005; ha ritenuto, inoltre, che, in base alla documentazione medica acquisita agli atti, le condizioni di salute della Grosu siano assolutamente compatibili con lo stato di detenzione e che lo stato della malattia, in ogni caso, consenta l’applicazione di cure farmacologiche adeguate anche nel paese di origine. Sulla base di questi elementi ha ritenuto insussistenti le condizioni per applicare l’art. 23, comma 3, l.c., proprio per l’inesistenza di condizioni che possano, allo stato, mettere in pericolo la vita o la salute della Grosu alterando l’equilibrio esistente e provocando un peggioramento della condizione fisica della stessa rispetto a quella prevedibile in caso di permanenza in Italia. La difesa della ricorrente ha censurato il provvedimento impugnato sotto i seguenti profili: a) Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 23, n. 3 legge n. 69/2005, in relazione alle garanzie di cui all’art. 2, lettera a) della stessa legge. Secondo la ricorrente la malattia da cui è affetta minerebbe seriamente la sua salute, in considerazione dell’insorgenza di gravi danni neurologici e di condizioni patologiche tali da mettere a rischio la sua stessa vita, in caso di evoluzione negativa della medesima. Tale evento sarebbe altamente probabile in caso di interruzione della cura derivante dal trasferimento in Romania. b) Mancanza della motivazione in relazione all’art. 23, n. 3 legge n. 69 del 2005. Violazione dell’art. 698 c.p.p. in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Le condizioni di salute della figlia della ricorrente, anche se di età superiore ai tre anni, dovevano essere considerate ostative all’accoglimento del mandato di arresto, proprio in relazione alle esigenze di carattere umanitario, di tutela della vita privata e familiare della madre e della figlia, e di tutela delle rispettive condizioni di salute, del bisogno di assistenza della minore, che ne rimarrebbe priva in caso di consegna della madre all’Autorità giudiziaria rumena. c) Nel merito: in ordine all’applicabilità dell’art. 19, lett. c) 1. n. 69/2005 Nel caso in esame avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 19, lett. c) legge n. 69 del 2005, che avrebbe consentito alla ricorrente di scontare la pena in Italia. La stessa infatti doveva considerarsi stabilmente dimorante in Italia, dove è giunta nel 2004, dove è nata la sua figlia nel 2005 ed è attualmente convivente con un italiano, Cristian Pistilli nella città di Alba Adriatica. A parere della Corte il ricorso è infondato. Per quanto riguarda il primo motivo la Corte d’appello, seppur con una motivazione succinta, ha escluso che le condizioni di salute della ricorrente possano integrare i gravi motivi umanitari. Dalla documentazione acquisita agli atti emerge infatti che lo stato della malattia è assolutamente passibile di trattamento farmacologico e lo stato di salute generale della Grosu è compatibile con il trattenimento in carcere. Le deduzioni della difesa, secondo cui il trasferimento in Romania della ricorrente interromperebbe la possibilità di cura, con conseguente aggravamento dello stato generale dell’interessata, non trovano alcun elemento di riscontro, come quello dell’affermazione di una attuale recrudescenza della stessa, ed anzi contrastano con la possibilità che il trattamento farmacologico possa essere somministrato a prescindere dalla località di dimora e dello stesso stato di detenzione. La condizione specifica della Grosu infatti, risulta in modo pacifico, e dovrà essere presa in considerazione al momento del suo ingresso nella struttura carceraria, anche per l’adozione e la prosecuzione delle cure opportune, possibili anche nel paese di origine, vista la natura della patologia. In tal senso, e più in generale, deve ritenersi che il sistema sanitario della Romania, paese dell’Unione europea, deve ritenersi assolutamente idoneo ad affrontare situazioni quali quelle in esame. Il secondo motivo, in base al quale le ragioni umanitarie dovrebbero fare riferimento anche alla condizione della figlia di quattro anni, portatrice della stessa patologia per essere stata contagiata dalla madre al momento del parto, trova in parte risposta nella stessa previsione normativa che prevede il rifiuto della consegna esclusivamente per le madri con prole fino a tre anni, e dalle ulteriori considerazioni relative alla esistenza della possibilità che la stessa possa seguire la mamma in Romania e trovare un collegamento con la famiglia della stessa, i cui genitori, secondo quanto emerge dalla documentazione trasmessa dalla Autorità giudiziaria rumena, risultano essere residenti nelle vicinanze della città di Costanta. La difficile vicenda che coinvolge anche la piccola dovrà quindi trovare una soluzione, anche sotto il profilo sanitario, in base alle strutture del paese di origine della famiglia, il cui inserimento nell’Unione europea, si ribadisce, non può far ritenere insussistente la possibilità di somministrazione o continuazione del trattamento farmacologico necessario. Il rapporto con la madre dovrà necessariamente procedere secondo i canoni normativi previsti in questi casi, anche in Italia, e di cui, nei suoi tratti essenziali, la relativa disciplina, in assenza di prova contraria e in considerazione dell’ingresso della Romania nell’Unione europea, deve presumersi esistente anche nello Stato emittente il M.A.E. Con il terzo motivo la ricorrente ha lamentato la violazione relativa alla omessa applicazione, nel caso in esame, dell’art. 19, lett. c) legge n. 69 del 2005, in considerazione del fatto che la Grosu dovrebbe ritenersi residente in Italia, in quanto vivrebbe stabilmente nel nostro Paese dal 2004, dove nel 2005 è nata la figlia minore e dove ha fissato il proprio domicilio presso l’abitazione del convivente in Alba Adriatica (Te), via Garibaldi, 132, manifestando anche la volontà di contrarre matrimonio con lo stesso Pistilli. Osserva la Corte che la disposizione riprende il contenuto dell’art. 5, par. 3 della decisione-quadro che prevede la consegna condizionata “ai fini di un’azione penale” del cittadino o del residente dello Stato di esecuzione (“dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di Arch. nuova proc. pen. 1/2010 65 giur L e g ittimit à esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente”). La Corte ha chiarito che la condizione del rinvio costituisce un requisito di legittimità della decisione di consegna, ogni qualvolta non vi sia un’espressa diversa richiesta dell’interessato (Sez. 6, n. 7108 del 12 febbraio 2009-18 febbraio 2009, Bejan). Pertanto la Corte di appello deve sempre verificare che il richiesto non sia residente nello Stato, sulla base degli atti della procedura e delle allegazioni di parte o se del caso delle acquisizioni richieste di ufficio. Soltanto la certezza effettiva della residenza dello straniero in Italia impone l’apposizione della condizione del reinvio. In ordine alla nozione di “residente”, è stato chiarito dalla giurisprudenza che occorre aver riguardo ad una nozione di residenza che si renda funzionale alla assimilazione, operata dalla citata norma, della categoria dello straniero residente allo status del cittadino, con la conseguenza che assume rilievo l’esistenza di un “radicamento reale e non estemporaneo” dello straniero in Italia, che dimostri che egli abbia ivi istituito, con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici. (Sez. 6, 19 marzo 2008-21 marzo 2008, n. 12665, Vaicekauskaite, CED. 239156), (La fattispecie si riferiva ad un caso in cui la Corte ha escluso che ricorresse la suddetta condizione nei confronti di una cittadina lituana, dimorante da meno di tre anni - con più soluzioni di continuità - in Italia, dove aveva svolto saltuaria attività lavorativa, e che aveva mantenuto con il paese di origine solide relazioni familiari). Nello stesso senso la Corte ha affermato che occorre non solo la dimostrazione che l’interessato abbia in Italia la sua dimora abituale - intesa, peraltro, non come assoluta continuità della stessa, ma come “abitudine della dimora”, compatibile anche con frequenti allontanamenti, eventualmente determinati dall’organizzazione e dalle esigenze della vita moderna - ma anche quella che egli intenda stabilmente permanere nel territorio italiano per un apprezzabile periodo di tempo (Sez. 6, 28 aprile 2008-30 aprile 2008, n. 17643, Chaloppe, Rv. 239651) (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la ricorrenza della suddetta condizione nei confronti di un cittadino francese risultato senza fissa dimora e privo di documenti, osservando che il mero certificato di residenza non appare idoneo, da solo, a dimostrare la sussistenza del requisito di legge, a fronte di significative risultanze di segno contrario). A tali principi si e adeguata Cass., Sez. 6, del 14 gennaio 2009-15 gennaio 2009, n. 1421, Markovic, non mass. In realtà, secondo la Corte, nel caso in esame la norma invocata, che riguarda l’esecuzione di un M.A.E. processuale, non può essere applicata, dovendo applicarsi, trattandosi di M.A.E. esecutivo, l’art. 18, lett. r), della legge n. 69 del 2005. Quest’ultima norma riproduce in forma di rifiuto obbligatorio la disposizione contenuta nell’art. 4, par. 6 della decisione quadro 2002/584/GAI, che consente la non ese- 66 1/2010 Arch. nuova proc. pen. cuzione del M.A.E. “se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno”. In un caso di applicazione dell’art. 19, lett. c) l.c. la Corte ha annullato ex officio la decisione di consegna che, in presenza di un titolo definitivo, aveva applicato il regime di cui all’ari. 19, lett. c) legge n. 69/2005, anziché quello previsto dall’art. 18, lett. r) (Sez. 6, 12 febbraio 200820 febbraio 2008, n. 7813 Finotto, Rv. 238724). In questo caso e stato sottolineato che il particolare regime previsto dall’art. 18, lett. r) legge n. 69/2005 si applica al solo cittadino italiano (Sez. 6, 31 maggio 2007-1 giugno 2007, n. 21669 Kabrine) e non può estendersi in via interpretativa allo straniero che dimori o risieda sul territorio italiano, in quanto la decisione-quadro 2002/584/GAI facoltizza gli Stati membri dell’Unione europea ad estendere le guarentigie eventualmente riconosciute ai propri cittadini anche agli stranieri residenti sul loro territorio (Sez. F, 4 settembre 2007-7 settembre 2007, Dobos, n. 34210 Rv. 237055; Sez. 6, 16 aprile 2008-17 aprile 2008, Badilas, n. 16213, Rv. 239720; Sez. 6, 25 giugno 2008-26 giugno 2008, Vizitiu, n. 25879, Rv. 239946, queste ultime pronunciate per fattispecie tutte relative a cittadini rumeni). Tale indirizzo è stato ribadito ancora dalla Corte, con la precisazione che la limitazione del rifiuto al solo cittadino italiano non si porrebbe in contrasto con i principi della Decisione quadro 2002/584/GAI, posto che quest’ultima prevede ipotesi di rifiuto facoltative la cui trasposizione in una specifica disposizione interna è affidata all’autodeterminazione decisoria dei singoli legislatori nazionali. Si tratterebbe, dunque, di una scelta di politica criminale rispondente ad esigenze del proprio ordinamento ed a canoni di valutazione discrezionale immuni da possibili censure di irragionevolezza, sulla quale nessuna incidenza potrebbe esercitare la recente sentenza della Corte di Giustizia CE del 17 luglio 2008, C- 66/08, Kozlowsky, che si è limitata ad offrire l’interpretazione uniforme della nozione di “residenza” richiamata nel citato art. 4, punto 6, senza esprimersi in via generale sulla correttezza o meno delle normative nazionali attuative della Decisione quadro in tema di rifiuto della consegna (Sez. F, 2 settembre 2008-15 settembre 2008, Zvenca, n. 35286, Rv. 241001; Sez. 6, 12 dicembre 2008-16 dicembre 2008, Cervenak, n. 46299, Rv. 242009; Sez. 6, 28 gennaio 2009-30 gennaio 2009, n. 4303 Glameanu, Rv. 242433). Tuttavia occorre dare atto che, da ultimo, la Corte ha mutato orientamento sulla questione, ritenendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lett. r), legge 22 aprile 2005, n. 69, con riferimento agli artt. 3, 27, comma 3 e 117 della Costituzione. La Corte ha infatti ritenuto che le disarmonie di trattamento tra cittadini italiani e residenti, nelle due fattispecie in esame, sono idonee a concretizzare la non manifesta infondatezza della questione, giur L e g ittimit à visto che il requisito della rilevanza nel caso concreto era stato pacificamente accertato con l’indiscussa prova della residenza nei termini indicati dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Orbene, poiché la giurisprudenza appare costante anche nel ritenere impossibile la sussistenza di una lettura alternativa della norma in questione, costituzionalmente orientata e aderente al principio di interpretazione conforme alla decisione quadro, vista l’assoluta prevalenza dell’interpretazione secondo cui la decisione - quadro 2002/584/GAI dà una mera facoltà agli Stati membri dell’Unione europea di estendere le guarentigie eventualmente riconosciute ai propri cittadini anche agli stranieri residenti sul loro territorio, né appare possibile una “dilatazione interpretativa in bonam partem” che estenda allo straniero “residente nello Stato e destinatario di una “richiesta di consegna esecutiva” il più favorevole trattamento riservato al cittadino, in base al chiaro disposto limitativo dell’art. 18, comma 1 lett. r) l.c., e non essendo consentito ricorrere al principio dell’interpretazione conforme con la decisione - quadro per arrivare ad una interpretazione contra legem (cfr. Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza 16 giugno 2005, Pupino), è stata ritenuta ingiustificata, rispetto ai principi contenuti nella decisione-quadro, la differenziazione invece operata dal legislatore italiano, in relazione al principio di individualizzazione del regime di “futura” esecuzione, la distinzione operata in sede di “M.A.E. processuale”e di “M.A.E. esecutivo”. L’incostituzionalità della norma potrebbe dunque prospettarsi in relazione all’art. 117, comma 1 Cost., in quanto non sono stati rispettati i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” e in relazione all’art. 3 della Costituzione, in quanto l’art. 18, comma 1, lett. r) della legge n. 69/2005, introdurrebbe una irragionevole diversità di trattamento del residente non cittadino in caso di M.A.E. esecutivo rispetto a quanto previsto nel caso di M.A.E. processuale. La non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, tuttavia, a parere del collegio, meriterebbe un ulteriore approfondimento, attraverso la lettura coordinata delle disposizioni legislative relative al M.A.E. processuale e quelle relative al M.A.E. esecutivo. La discrasia tra le due norme in realtà può ritenersi solo apparente, o comunque può darsene una interpretazione di compatibilità, se le stesse, invece di leggersi in contrapposizione, si leggano nell’ottica della concatenazione processuale delle due fasi. Più chiaramente il quadro legislativo scelto per consentire l’esercizio dell’azione penale allo Stato richiedente, con l’obbligo di rinvio del residente non cittadino, oltre che del cittadino, sta proprio nella finalità di rendere il più breve possibile lo iato temporale tra la consegna e lo svolgimento della necessaria ed indispensabile attività processuale. Il legislatore, dunque, in assenza di una sentenza definitiva, ha voluto privilegiare la possibilità di mantenere il tessuto relazionale, sociale e affettivo, preservando per quanto possibile il livello di socializzazione raggiunto dall’interessato, prima della pronuncia della eventuale sentenza di condanna da parte dello Stato richiedente. Una volta però pronunciata una sentenza di condanna che sia divenuta irrevocabile non vi sono ostacoli giuridici per lo Stato di provenienza dello straniero di richiedere la consegna del condannato con un nuovo M.A.E. esecutivo. In questo caso può non essere irragionevole, una volta verificata la sussistenza di tutte le condizioni previste dalla legge, che la disciplina normativa preveda la riconsegna da parte dello Stato italiano dei residenti non cittadini allo Stato di provenienza. È pur vero che l’apertura delle frontiere ha reso tutti gli Stati membri solidalmente responsabili nella lotta alla criminalità, ma sembra altrettanto vero che non sia irrazionale prevedere, pur potendosi optare anche per una scelta diversa, che lo Stato che ha subito la rottura della trama giuridica che disciplina il sistema penale interno venga privilegiato nell’individuazione del luogo di espiazione della pena. E l’allentamento dei vincoli relazionali, già subito dall’interessato, per la sottoposizione al M.A.E. processuale, porta ulteriori ragioni alla plausibilità della scelta operata. Ciò premesso, tuttavia, a parere della Corte, nella fattispecie in esame, mancano comunque i presupposti per affermare la rilevanza della questione, con riferimento al punto centrale del possesso della qualità di residente da parte della Grosu Gabriella. In questo caso, infatti, non può parlarsi di un “radicamento reale e non estemporaneo” della Grosu in Italia, che dimostri che la stessa abbia istituito nel nostro Paese, con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale e non occasionale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali o economici. In particolare risulta dagli atti che, con certezza, la ricorrente risulta essere stata presente in Italia alla data in cui ha dato alla luce la figlia Irina e cioè nel luglio 2005. Fino a tale data non è nota una sua residenza fissa, né tantomeno un domicilio, e parimenti per il periodo successivo, almeno fino al febbraio 2008, quando ha fissato il suo domicilio presso l’abitazione di Alba Adriatica. Inoltre viene dedotto un regime di convivenza con il Pistilli Francesco nonostante lo stesso abbia mantenuto la sua residenza in altra località. La Grosu dunque non ha alcuna residenza ufficiale e non risulta dagli atti essere titolare di alcun permesso di soggiorno e non risulta aver svolto alcuna attività lavorativa. Non vi è pertanto alcun elemento che dimostri l’esistenza di un centro di interessi economico e che la stessa, almeno fino al febbraio del 2008, abbia individuato ed organizzato un punto di radicamento reale nel nostro paese; lo stesso domicilio in Alba Adriatica dipende dalla disponibilità dimostrata dal convivente, che però ha ritenuto, come detto, di mantenere la sua residenza in altro luogo; l’affermazione di prossime nozze tra i due sono rimaste una mera affermazione della difesa; la ricorrente al momento dell’arresto è risultata non essere in possesso dei documenti personali, se è vero, come riportato dai carabinieri che hanno proceduto all’arresto, che gli stessi sono stati recuperati dal convivente Pistilli presso la casa di una sua amica. Il quadro complessivo che caratterizza la permanenza della Grosu in Italia, dunque, appare contraddistinto da elementi di assoluta opacità e nebulosità, Arch. nuova proc. pen. 1/2010 67 giur L e g ittimit à per quanto riguarda le sue vicende personali, almeno fino al febbraio 2008, da totale precarietà se riferita alla casa di abitazione, da una incertezza indecifrabile, per quanto riguarda l’attività lavorativa, dalla mera asserzione difensiva di voler formalizzare il rapporto di convivenza da cui sarebbe potuta derivare l’indicazione di una stabile volontà di permanenza nel territorio italiano. Sulla base di queste considerazioni devono ritenersi insussistenti i presupposti per l’operatività del concetto di “residenza”, come richiesto dalle norme in questione; conseguentemente non può trovare ingresso nel presente giudizio la questione di legittimità costituzionale, che per ragioni di completezza espositiva il Collegio ha ritenuto di dover comunque affrontare ex officio. Il giudizio di consegna può dunque essere definito in modo indipendente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lett. r), nella parte in cui non prevede il rifiuto della consegna del residente non cittadino, sollevata in un caso processualmente analogo dalla Corte di cassazione (Cass., ord. sez. VI, 15 luglio 2009, n. 25045, Papierz). Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. Deve darsi comunicazione della decisione a cura della cancelleria a norma dell’art. 22 della legge n. 69/200875. (Omissis). Corte di cassazione penale sez. I, 17 luglio 2009, n. 29871 (c.c. 24 giugno 2009) Pres. Silvestri – Est. Bricchetti – P.M. Galati (diff.) – Ric. Losito Atti e provvedimenti del giudice penale y Correzione di errori materiali y Procedimento y Provvedimento finale y Impugnabilità y Esclusione y Fondamento . In tema di correzione degli errori materiali, deve ritenersi che, stabilendo l’art. 130, comma 2, c.p.p. che il giudice provveda in camera di consiglio “a norma dell’art. 127”, tale richiamo implichi anche la possibilità che avverso la relativa decisione possa essere proposto ricorso per cassazione. (c.p.p., art. 127; c.p.p., art. 130; c.p.p., art. 606) (1) (1) Giurisprudenza contrastante. In senso difforme, in aggiunta alle pronunce citate in motivazione, si veda Cass. pen., sez. II, 15 giugno 2007, P.M. in proc. G.F., in Guida al diritto 2007, 30, 65, che ha affermato l’inoppugnabilità dell’ordinanza che dispone la correzione di errore materiale ex art. 130 c.p.p., atteso che avverso tale ordinanza il codice di procedura penale non prevede alcun mezzo di impugnazione. In tale precedente, i Giudici hanno inoltre affermato che la possibilità di adire con ricorso la Corte di cassazione non può farsi derivare dal rinvio alle forme previste dall’art. 127 c.p.p. contenuto nell’art. 130 c.p.p., giacché tale rinvio deve ritenersi limitato alle regole dell’udienza camerale e non implica la ricezione completa del modello previsto da tale norma, compresa la possibilità di impugnazione del provvedimento, proprio in quanto tale possibilità 68 1/2010 Arch. nuova proc. pen. dovrebbe essere pur sempre prevista dalla legge per il richiamato principio della tassatività delle impugnazioni e dei relativi mezzi sancito dall’art. 568, comma 1, c.p.p. Svolgimento del processo 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari, in applicazione dell’articolo 130 c.p.p., disponeva la correzione della propria decisione, in data 20 giugno 2007, di riconoscimento di sentenza penale straniera di condanna pronunciata (dalla Audiencia Provincial di Girona - Spagna) per traffico di sostanze stupefacenti nei confronti di Mauro Losito, nella parte in cui la pena della multa (irrogata congiuntamente alla pena detentiva di anni dieci di reclusione) era stata, per un lapsus calami, indicata in euro 800,00, anziché 800.000,00. 2. Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Losito, con atto personalmente sottoscritto (cui è seguita memoria illustrativa), chiedendone l’annullamento ed affidando le proprie doglianze a tre motivi. 2.1. Con il primo motivo deduce la violazione degli articoli 1 c.p. e 735, comma 2, c.p.p., rilevando che l’ordinamento penale, per il delitto di traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti (articolo 73, corna 1, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), prevede quale pena pecuniaria massima la multa di euro 260.000,00 e che, pertanto, la Corte di appello non avrebbe potuto, in sede di riconoscimento della sentenza spagnola, determinare la pena in misura superiore. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 130 c.p.p.: la correzione dell’errore aveva comportato una modificazione essenziale della sentenza. 2.3. Con il terzo motivo si duole della manifesta illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui si afferma che la multa di euro 800.000,00 è “sostanzialmente ed astrattamente” compatibile con l’ordinamento italiano che, per la continuazione di reati, consente “l’aumento fino al triplo”. Rileva il ricorrente che, anche aumentando del triplo la pena massima, non si sarebbe potuta irrogare la pena di 800.000,00 euro. Motivi della decisione 3. Il ricorso merita accoglimento nei termini di seguito precisati. 3.1. Deve premettersi che non è condivisibile l’indirizzo interpretativo (cfr. Cass. I, 8 maggio 2002, Capriati, RV 221655; Cass. I, 25 giugno 2002, Celini, RV 221990) secondo il quale l’ordinanza che decide sull’istanza di correzione di errore materiale è inoppugnabile, sia alla luce del principio di tassatività delle impugnazioni (non essendo espressamente previsto avverso di essa alcun mezzo di impugnazione), sia perché il richiamo, contenuto nell’articolo 130, comma 2, c.p.p., alla necessità che il giudice provveda “a norma dell’articolo 127 c.p.p.” è da intendere soltanto nel senso che debbano essere osservate le forme stabilite in tale disposizione, non già anche nel senso che giur L e g ittimit à possa essere impugnato il provvedimento che definisce il procedimento. Si tratta di orientamento che appare smentito anche dalla pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. S.U., 6 novembre 1992, Bernini) che le sopra citate decisioni richiamano, in motivazione, a supporto dell’anzidetta affermazione. L’articolo 130, comma 2, c.p.p. stabilisce - come si è detto - che il giudice provvede in camera di consiglio “a norma dell’articolo 127” c.p.p. Detta disposizione fa parte del consistente gruppo di quelle, contenute nel codice di rito, che in vario modo richiamano l’articolo 127 c.p.p., vale a dire la norma generale sul procedimento in camera di consiglio. E la menzionata pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte ha rilevato, all’esito della ricognizione di tali norme, l’esistenza di due gruppi. In un primo (cui appartengono l’articolo 406 sulla proroga del termine di durata delle indagini preliminari, gli articoli 309 e 310, in materia di misure cautelari; l’articolo 324 in tema di sequestro; l’articolo 263, comma 1, sulla restituzione di cose sequestrate presso terzi; l’articolo 409, in tema di archiviazione; l’articolo 435 sul rigetto della richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere; l’articolo 646 sulla riparazione degli errori giudiziari; l’articolo 734 in tema di riconoscimento delle sentenze straniere; l’articolo 741 sul riconoscimento delle disposizioni civili delle sentenze straniere; l’articolo 743 sull’esecuzione all’estero delle sentenze italiane) i richiami sono contrassegnati dall’impiego della formula “nelle norme previste dall’articolo 127” o da altre equivalenti (Come “secondo le forme”, “con le forme”, “osservando le forme”) e si accompagnano, molto spesso, con l’espressa previsione della ricorribilità per cassazione del provvedimento conclusivo del procedimento camerale, la quale, soltanto per alcuni di tali disposizioni, è giustificata o dai limiti che circoscrivono tale rimedio o da particolari modalità del relativo procedimento. Nel secondo gruppo di norme (che annovera anche l’articolo 130 sulla correzione di errori materiali, oltre all’articolo 41 in tema di ricusazione; all’articolo 263, comma 5, in tema di opposizione al decreto del pubblico ministero sulla restituzione delle cose sequestrate durante le indagini preliminari; all’articolo 269 sulla distruzione delle registrazioni telefoniche a tutela della riservatezza) il richiamo è effettuato con l’espressione “a norma dell’articolo 127”. Ebbene, le disposizioni di questo secondo gruppo - spiegano le Sezioni unite - non contemplano in modo espresso il ricorso per cassazione; l’esperibilità del medesimo è, tuttavia, “ineludibile per evidenti ragioni di garanzia” e va desunta proprio dall’espressione usata (“a norma dell’ar- ticolo 127”), che è, di sicuro, diversa e più ampia, sotto il profilo lessicale, delle altre, così da comprendere anche il suddetto rimedio impugnatorio previsto dal comma 7 della citata disposizione. 3.2. Detto della ricorribilità per cassazione dell’ordinanza pronunciata ex articolo 130 c.p., è possibile passare all’esame dei motivi del ricorso. Ritiene, in sostanza, il ricorrente che la correzione abbia comportato una modificazione essenziale della deliberazione della Corte di appello in ordine al riconoscimento. La doglianza è destituita di fondamento. In materia vale il principio che sono sempre ammissibili interventi correttivi imposti dalla necessità di armonizzare l’estrinsecazione formale della decisione con il suo reale intangibile contenuto, proprio perché incapaci di incidere sulla decisione assunta (v., per tutte, Cass. S.U., 18 maggio 1994, Armati). Orbene, dal contenuto della sentenza di riconoscimento emerge in modo chiaro che essa ha inteso recepire integralmente la sentenza di condanna spagnola, anche nella parte relativa al trattamento sanzionatorio. Deve conseguentemente ritenersi che l’errore sia intervenuto soltanto nel momento in cui si è trattato di trascrivere nel dispositivo della sentenza di riconoscimento la quantità di pena pecuniaria irrogata. Sennonché, nell’intervenire per emendare la sentenza la Corte era, comunque, tenuta ad applicare una pena pecuniaria “legale” e tale è, in subiecta materia, quella corrispondente alla previsione di cui al secondo comma (secondo periodo) dell’articolo 735 c.p.p. Detta disposizione stabilisce sì che la quantità della pena deve essere determinata sulla base di quella fissata nella sentenza straniera, ma introduce, al contempo, un limite legale inderogabile: “tale quantità non può eccedere il limite massimo previsto per lo stesso fatto dalla legge italiana”. Sicché se la pena pecuniaria irrogata con la sentenza straniera eccede detto limite, il giudice che riconosca in toto detta pronuncia non potrà che applicare la pena massima prevista dalla nostra legge per lo stesso fatto o per la pluralità di fatti commessi. Così dovrà fare anche la Corte di appello di Bari, dopo avere chiarito se il Losito sia stato condannato dalle Autorità spagnole per un’unica violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti ovvero per una pluralità di violazioni, unificate dalla continuazione. 4. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Bari. (Omissis). Arch. nuova proc. pen. 1/2010 69 Merito Tribunale penale di Torino sez. sorv., ord. 7 ottobre 2009 Pres. Vignera – Est. Vignera – Ric. C. B. Esecuzione in materia penale y Procedimento di esecuzione y Sospensione dell’esecuzione y Divieto sopravvenuto y Retroattività y Sussistenza . Poiché l’art. 656, comma 9, lettera a), c.p.p. (in quanto norma di natura processuale) è applicabile a tutti i rapporti esecutivi non ancora esauriti, deve essere revocato il decreto di sospensione dell’esecuzione di una sentenza di condanna per i delitti ex artt. 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies c.p., ancorché emesso prima dell’entrata in vigore dell’art. 15 l. 6 febbraio 2006 n. 38 - che ha incluso codesti delitti tra quelli previsti dall’art. 4 bis l. 26 luglio 1975 n. 354, richiamato dall’art. 656, comma 9, lettera a), c.p.p. - e sempreché il relativo procedimento sia ancora pendente. (c.p.p., art. 656; c.p., art. 609 bis; c.p., art. 609 ter; c.p., art. 609 quater; c.p., art. 609 octies; L. 27 luglio 1975, n. 354, art. 4 bis) (1) (1) In argomento si veda Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2006, Aloi, in questa Rivista 2006, 239. Ritenuto in fatto e in diritto Con sentenza del Tribunale di Alessandria in data 25 maggio 2005 C. B. M. J. A. è stato dichiarato colpevole del reato ex artt. 81-609 quater c.p. e condannato alla pena di anni due, mesi dieci di reclusione; divenuta irrevocabile codesta sentenza, il 18 gennaio 2006 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria disponeva la sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, comma 5, c.p.p.; conseguentemente, il condannato depositava tempestivamente ex art. 656, comma 6, c.p.p. istanza di affidamento in prova al servizio sociale, deducendo che in epoca successiva alla superiore condanna non aveva commesso altri reati ed aveva cominciato a svolgere attività di lavoro dipendente (autista); all’epoca della pronuncia del provvedimento di sospensione dell’ordine di esecuzione ex art. 656, comma 5, c.p.p. (18 gennaio 2006) il delitto ex art. 609 quater c.p. non poteva ex se considerarsi ostativo alla sospensione stessa [cfr. Cass. pen., Sez. Unite, 30/05/2006, n. 24561, in Arch. nuova proc. pen., 2007, 2, 239: “Il divieto di sospensione dell’esecuzione previsto dall’art. 656, comma nono lett. a), per il caso di condanna per taluno dei delitti di cui all’art. 4 bis Legge 26 luglio 1975 n. 354 (c.d. Ordinamento peni- tenziario), non opera quando, trattandosi di delitti indicati in detta seconda disposizione soltanto come reati-fine di un’associazione per delinquere, non vi sia stata condanna per quest’ultimo reato (principio affermato, nella specie, con riguardo a condanna per il solo delitto di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis cod. pen., facente parte, prima della modifica dell’art. 4 bis cit. ad opera dell’art. 15 Legge 6 febbraio 2006, n. 38, di quelli indicati unicamente come reati-fine di un’associazione per delinquere)”]; tuttavia, a seguito della modifica dell’art. 4 bis O.P. posta in essere dall’art. 15 Legge 6 febbraio 2006 n. 38, il divieto di sospensione divisato dall’art. 656, comma 9, lettera a), c.p.p. opera pure per il delitto de quo (v. sempre Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2006, n. 24561, cit.: “Il divieto di sospensione dell’esecuzione delle pene detentive previsto dall’art. 656 c.p.p., comma 9 lett. a) operava, prima dell’entrata in vigore della Legge n. 38 del 2006, soltanto per l’associazione a delinquere per i reati inseriti nell’art. 4 bis ord. penit. dall’art. 15 legge n. 38 del 2006, tra cui i delitti in materia sessuale, e non anche per i reati fine indicati nel citato art. 4 bis; dopo tale entrata in vigore, vi sono inclusi anche quelli di violenza sessuale di cui agli artt. 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies c.p.”); poichè nella fattispecie il rapporto esecutivo non si è ancora esaurito, il provvedimento sospensivo del P.M. deve conseguentemente considerarsi inficiato da illegittimità sopravvenuta e va, pertanto, revocato dallo stesso P.M. [v. ancora Cass. pen., sez. un., 30 maggio 2006, n. 24561, cit.: “Le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al principio tempus regit actum, e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall’art. 2 c.p., e dall’art. 25 della Costituzione. (In applicazione di tale principio, le S.U. hanno ritenuto che, in un caso in cui vi era stata condanna per il delitto di violenza sessuale, la sopravvenuta inclusione di tale delitto, per effetto dell’art. 15 della Legge 6 febbraio 2006 n. 38, tra quelli previsti dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario in quanto tali, e non più soltanto come reati-fine di un’associazione per delinquere, comportasse l’operatività, altrimenti esclusa, del divieto della sospensione dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 656, comma nono lett. a), c.p.p., non essendo ancora esaurito il relativo procedimento esecutivo al momento dell’entrata in vigore della novella legislativa)”]; Arch. nuova proc. pen. 1/2010 71 giur M e r it o questa conclusione si impone a fortiori anche alla stregua dell’art. 4 bis O. P. nel testo oggi vigente (recte: come ultimamente modificato dall’art. 3, D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, convertito nella Legge 23 aprile 2009 n. 38; e dall’art. 2, comma 27, Legge 15 luglio 2009 n. 94), il cui comma 1 quater stabilisce: “i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale solo sulla base dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell’art. 80 della presente legge”; tutto ciò impedisce di esaminare nel merito l’istanza presentata dal condannato in stato di libertà; (Omissis) Tribunale penale di Matera 1 ottobre 2009 Pres. Vetrone – Est. Vetrone – Ric. Monacelli Difesa e difensori y Patrocinio dei non abbienti y Condizioni di ammissione y Stato reddituale del richiedente y Redditi da attività illecite y Accertamento y Criteri y Fattispecie . In tema di patrocinio dei non abbienti, il criterio secondo cui l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si basa sull’ultima dichiarazione dei redditi, si riferisce soltanto ai soggetti che abbiano effettuato una regolare dichiarazione dei redditi, non a chi viva di illeciti proventi e, quindi, ometta ogni dichiarazione o la renda non rispondente al vero. In tale ultima ipotesi, i redditi, ai fini della valutazione dell’ammissibilità al gratuito patrocinio, possono essere accertati ricorrendo agli ordinari mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c., tra cui rientrano - appunto il “tenore di vita” e “qualsiasi altro fatto indicativo della percezione di redditi leciti o illeciti”, ossia gli indici di valutazione di cui il GIP in sede ha tenuto e dato conto. (Nel caso di specie era stato accertato, con sentenze passate in giudicato, un’attività significativa di spaccio di sostanze stupefacenti da parte dell’imputato che gli aveva procurato un alto tenore di vita nonostante fosse disoccupato). (D.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76; D.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 92; D.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96; c.c., art. 2729) (1) (1) Giurisprudenza costante. Si vedano Cass. pen., sez. IV, 28 giugno 2007, Salvemini, in Riv. pen. 2008, 554 e Cass. pen., sez. IV, 5 gennaio 2006, Parisi, in questa Rivista 2007, 102. Svolgimento del processo 1. Il giudice per le indagini preliminari di questo Tribunale con decreto del 27 marzo 2008 rigettava l’istanza proposta in data 18 marzo 2008 da Monacelli Giovanni, nato a Modugno il 7 giugno 1950 (domiciliato in Pisticci alla via Mario Pagano n. 23, presso e nello studio dell’avv. N. Cataldo), per essere ammesso - quale indagato nel pro- 72 1/2010 Arch. nuova proc. pen. cedimento n. 2959/05 RGNR, n. 778/06 GIP - al patrocinio a spese dello Stato. Riteneva quel giudice, a sostegno del decisum, che fosse ostativo all’ammissione al beneficio in questione la constatazione che nell’ordinanza applicativa della custodia cautelare (emessa da lui stesso nell’ambito di quel procedimento penale il 28 novembre 2007, nei confronti dell’istante ed altri indagati) fossero stati riconosciuti gravi indizi di colpevolezza a carico del Monacelli in ordine ad un’assidua attività di spaccio di stupefacenti del tipo eroina e cocaina, in un arco temporale compreso tra l’ottobre del 2005 e l’aprile del 2006, effettuata sia “all’ingrosso” (in relazione cioè a ingenti quantitativi di cui all’art. 80, comma 2, d.p.r. 309/1990, ceduti ad altri spacciatori coindagati), sia “al dettaglio”, in concorso del Monacelli con il coindagato (nonché figlio della di lui convivente) Basangiu Dragos Daniel. Evidenziava ancora il GIP che, in relazione all’assiduità dell’attività di spaccio ed ai consistenti quantitativi di stupefacente ceduti (come desumibile dal fatto che il 16 febbraio 2006 Francavilla Ruggiero, coindagato del Monacelli, fosse stato arrestato in flagrante detenzione di gr. 315 di eroina a lui ceduti materialmente da Basangiu Dragos Daniel su disposizione del Monacelli medesimo), dovesse ritenersi che l’attuale ricorrente, servendosi materialmente del collaboratore Basangiu Dragos Daniel, avesse esercitato tale attività criminale come una vera e propria impresa economica svolta in modo professionale, incamerando in tal modo guadagni illeciti di svariate migliaia di euro. Aggiungeva il provvedimento gravato che, a dimostrazione dell’alto tenore di vita, nettamente superiore a quello di un mero disoccupato (tale essendosi dichiarato il Monacelli), che era goduto dal richiedente e dai suoi familiari, vi fossero alcune precise allusioni fatte in tal senso dal coindagato Greco Antonio (acquirente di notevoli quantitativi di stupefacenti presso il Monacelli) durante alcune delle conversazioni ambientali riportate testualmente nell’indicata ordinanza di custodia cautelare 28 novembre 2007. 2. Ricorre avverso il rigetto Monacelli Giovanni, deducendo che trattasi di provvedimento che è stato “emesso in chiara violazione di legge” ed in difetto di “motivazione adeguata”; evidenzia, in particolare, “la violazione dell’art. 96 D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 che impone al giudice di tener conto ai fini del rigetto del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, delle attività economiche eventualmente svolte per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli artt. 76 e 92 della legge”, sostenendo che l’estensore del provvedimento gravato non avrebbe “fatto riferimento ad alcuno dei detti parametri”, dando la stura ad un contenuto motivazionale (a suo dire) apparente, se non assente, per cui, la decisione sarebbe afflitta dal vizio di “violazione di legge e quindi eccesso di potere”. Soggiunge da ultimo il reclamante che “anche la legge sopravvenuta, che rende più difficile l’accesso al gratuito patrocinio, non prevede i casi posti dal GIP (…) a fondamento della (…) decisione”, posto che l’“art. 76 della giur M e r it o legge, così come modificato dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, ai fini dell’esclusione dal beneficio richiede che i soggetti siano stati già condannati con sentenza definitiva per i reati di spaccio aggravato, o di associazione per lo spaccio”. Fissata dallo scrivente, con decreto del 4 giugno 2009, la data dell’udienza di comparizione degli interessati dinanzi a sé in camera di consiglio, il decreto, in uno al ricorso, sono stati notificati a cura dell’istante (come in esso a lui prescritto), ai soggetti “interessati”, individuati nel Ministero dell’Economia e delle Finanze (in persona del Ministro pro tempore (presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza); al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Matera ed all’Agenzia delle Entrate di Matera. Costituendosi in giudizio per l’Agenzia delle entrate, l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Potenza ha depositato in data 20 agosto 2009 comparsa di risposta e fascicolo di parte. All’udienza del 21 settembre 2009 si è presentato il solo avv. Amedeo Cataldo, giusta delega dell’avv. Nicola Cataldo, il quale - nella asserita veste di difensore del Monacelli - ha depositato memoria e fascicolo di parte. Motivi della decisione 1. Va evidenziato, in primis, verificata la tempestività del ricorso, che Monacelli Giovanni, estensore del ricorso in questione, agisce di persona nel presente giudizio: tanto ben può fare, atteso il richiamo che l’art. 99 dpr n. 115 del 2002, norma azionata, fa al rito applicabile alla specie, laddove afferma (comma 2) che “Il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato ...”. La norma richiama cioè l’art. 29 l. n. 794/1942, il quale - in tema di liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato o del procuratore che proponga ricorso al capo dell’ufficio giudiziario adìto per il processo, nei confronti del proprio cliente - stabilisce, al terzo comma, che “Non è obbligatorio il ministero di difensore”. Ed, in proposito, vale denotare che sebbene nel ricorso, da lui sottoscritto e depositato in carcere, Monacelli abbia affermato di conferire “procura speciale al proprio difensore, avvocato Nicola Cataldo”, egli ha anche ha precisato d’aver ciò fatto “perché lo stesso provveda alla notifica del ricorso e del decreto in calce al ricorso”, ossia demandando al legale adempimenti diversi dall’attività della difesa vera e propria. Né diversamente può evincersi dal manoscritto, sempre a firma del Monacelli, che è stato allegato al predetto documento, laddove il medesimo, in data lontana (14 aprile 2009), ha conferito procura speciale al ripetuto avv. Nicola Cataldo ed all’avv. Maria Delfino “per la richiesta di rito abbreviato o patteggiamento”: il che nulla ha a che fare con il presente giudizio, il quale ha natura di procedimento camerale contenzioso (Cass. n. 26168/2006, Zheng c. Agenzia Entrate di Fermo), rientrante nell’ambito della giurisdizione civile, in cui al soggetto che richiede di fare carico allo Stato delle spese del proprio processo si contrappone l’amministrazione finanziaria, che è parte nel giudizio stesso. Ed è questa la ragione per cui il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza d’ammissione al gratuito patrocinio, deve esser necessariamente (come nella specie correttamente è stato) notificato all’ufficio finanziario, che tali spese dovrebbe sopportare (così, testualmente: Cass. n. 18679/2005). 2. Siffatta ultima considerazione e la piana lettura del comma 2 dell’art. 99 dpr n. 115/2002 (Il ricorso è notificato all’ufficio finanziario che è parte nel relativo processo) consente di superare, perché errata, la tesi espressa nella propria comparsa dall’Avvocatura erariale (costituitasi in lite per conto ed in difesa dell’Agenzia delle Entrate), la quale - nel sostenere nel merito la correttezza del“la determinazione del GIP” - ha premesso che “dall’esame del fascicolo processuale emergere(bbe) che l’Agenzia delle Entrate è completamente estranea alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.”. Superflua e ridondante, invece, deve di conseguenza riconoscersi esser stata la notifica del ricorso all’evocato dicastero delle Finanze, atteso che, come chiarito in tema di contenzioso tributario, ma l’assunto ha validità anche nel caso in esame, a seguito dell’istituzione della ripetuta Agenzia delle entrate, divenuta operativa dal 1° gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici (strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria) già demandati agli uffici periferici del Dipartimento delle entrate, con la conseguenza che l’attuale Ministero dell’economia e delle finanze è divenuto anche in questo caso privo di legittimazione sostanziale e processuale (Cass. n. 9004/2007). 3. Entrando, al fine, nel merito, deve stigmatizzarsi l’infondatezza del ricorso proposto da Monacelli, atteso che, contrariamente alle generiche argomentazioni da questi addotte, il provvedimento gravato è sorretto da congrua motivazione - come integralmente riportata in parte narrativa - che non solo non è apparente, ma nemmeno è affetta dal vizio di “violazione di legge e quindi eccesso di potere”, non meglio indicato dal ricorrente. A dimostrare tale infondatezza del ricorso, invero, vale mentovare il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, cui provvedimento gravato si è pedissequamente adeguato, laddove essa afferma che, in tema di patrocinio dei non abbienti, il criterio secondo cui l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si basa sull’ultima dichiarazione dei redditi, si riferisce soltanto ai soggetti che abbiano effettuato una regolare dichiarazione dei redditi, non a chi viva di illeciti proventi e, quindi, ometta (come Monacelli) ogni dichiarazione o la renda non rispondente al vero. In tale ultima ipotesi, i redditi, ai fini della valutazione dell’ammissibilità al gratuito patrocinio, possono essere accertati ricorrendo agli ordinari mezzi di prova, ivi comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c., tra cui rientrano - appunto - il “tenore di vita” e “qualsiasi altro fatto indicativo della percezione di redditi leciti o illeciti”, ossia gli indici di valutazione di cui il GIP in sede ha tenuto e dato conto. Arch. nuova proc. pen. 1/2010 73 giur M e r it o Né va trascurato che, tra i “fatti significativi” nel senso appena indicato assume senza dubbio rilievo - poi - l’attiva partecipazione del Monacelli, accertata con sentenze passate in giudicato, ad un’associazione criminale dedita al commercio di sostanze stupefacenti, nonché la commissione di specifici illeciti sanzionati dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Il che, nella specie, emerge a chiare lettere dal certificato del casellario che era già a corredo del fascicoletto per l’istanza d’ammissione al patrocinio a spese dello Stato: dall’esame del documento, ricco di appostazioni, si ricava infatti che Monacelli è stato condannato in passato, fra altro ancora, oltre che per fatti (se pur lontani) di delitti contro il patrimonio (v.: punti 1., 2.), anche (v. : punti 7. e 10.), riportando severissime pene, per associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) e, in due occasioni (nel 1996 e nel 2006) per violazioni della disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope ex artt. 71, 74 e 75 della legge n. 685/1975 (ossia - giusta la legge dell’epoca - sia per il delitto aggravato di “Produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope”, sia per quello di “Associazione per delinquere” finalizzata allo scopo di commettere il primo delitto) ed ex art. 73 DPR n. 309/1990 (giusta la legge recente). Ed è quindi agevole presumere che i redditi derivanti da detta passata illecita attività, come anche da quella successiva ed ulteriore, ben tratteggiata ed avuta presente nel provvedimento qui gravato - siano comunque superiori al presupposto reddituale al quale è collegato lo stato di non abbienza: ciò, soprattutto laddove, come è stato fatto nel caso in esame, il giudice sia comunque riuscito a ricostruire (seppure approssimativamente (indicandolo in svariate migliaia di euro), il valore complessivo delle transazioni illecite. In sostanza, dovendosi comunque in questa sede aver presenti le ricordate condanne definitive del Monacelli (anche) in ordine ai reati di violazione della disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, Il GIP di Matera, nel provvedimento in esame, non solo ha dato conto, ma ha anche determinato con buona approssimazione la cospicua rilevanza economica del traffico illecito dal Monacelli gestito, e ne ha inferito la sicura significatività dei redditi illeciti del predetto - per via della sua intensa, perdurante e continuativa attività, anche a livelli associativi, di detenzione e spaccio di stupefacente - redditi comunque superiori ai limiti stabiliti dalla legge per la fruizione del beneficio. V’è infine un ulteriore argomento da tener presente, che decapita in radice la pretesa del Monacelli. È la considerazione che il comma 4 bis dell’art. 76 d.p.r. n. 115/2002, introdotto dall’art. 12 ter l. n. 125/2008, stabilisce che: “Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291 74 1/2010 Arch. nuova proc. pen. quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416 bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti”. Trattasi di disposizione che, a far data dal 25 luglio 2008 (giorno di entrata in vigore del ricordato testo normativo), ha introdotto una presunzione legale di insussistenza dei requisiti reddituali per l’accesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato a carico di coloro che abbiano riportato condanna per determinati reati. Orbene, attesa la mancanza di qualsiasi disposizione transitoria che regoli diversamente i rapporti in essere e pendenti, è opinione del decidente che la norma in argomento sia immediatamente applicabile (anche) ad essi, come pure che la nuova previsione (circa la presunzione di superiorità del requisito reddituale al limite previsto per ottenere il patrocinio a spese dello Stato) valga a configurare una di quelle ipotesi di “sopravvenuta mancanza delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92” che, ai sensi dell’art. 112 d.p.r. n. 115/2002, comportano la revoca (con efficacia retroattiva, ai sensi dell’art. 114), anche d’ufficio, del decreto di ammissione al beneficio. Ne consegue che, attesi i ricordati precedenti giudiziari, desumibili dal certificato del casellario giudiziale (non quello aggiornato, ma quello in data 28 marzo 2008, di cui s’è detto) del Monacelli, per lo stesso, stanti le indicate condanne definitive per (più) reati ostativi, dovrebbero comunque allo stato presumersi, in virtù di un fatto sopravvenuto (modifica delle previsioni legali in materia di accesso al patrocinio a spese dello Stato), condizioni di reddito tali sia da escluderne l’ammissione al patrocinio, sia da comportare la revoca di ufficio del decreto ammissivo, ove mai esso fosse stato (e fosse, in accoglimento di questo ricorso) pronunciato. Il che implica addirittura la verificazione d’un profilo di carenza d’interesse del Monacelli alla proposizione del ricorso stesso. 4. Il ricorso in esame deve trovare quindi la sorte del pieno rigetto, ed il provvedimento gravato va confermato, avendo correttamente il primo giudice ritenuta non accoglibile l’istanza sottopostagli dal Monacelli. 5. Quanto alle spese del giudizio (v. art. 29 co. 5 l. n. 794/1947, norma cui - come ricordato - l’art. 99, comma terzo, d.p.r. n. 115/2002 fa espresso richiamo), la soccombenza reciproca ne giustifica l’integrale compensazione fra le parti costituite. Non è dato provvedere in proposito, con riferimento alle parti non costituite. (Omissis) giur M e r it o I CORTE DI ASSISE PENALE di Taranto sez. sorv., 25 marzo 2009 Pres. Di Todaro – Est. Di Todaro – Imp. X Prova penale y Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni y Esecuzione delle operazioni y Intercettazione di flussi telematici . La previsione di cui all’art. 268, comma 3 bis, c.p.p., che prescrive una specifica autorizzazione del pubblico ministero quando si debbano intercettare comunicazioni informatiche o telematiche mediante impianti appartenenti a privati, si giustifica per la presunzione che gli apparati necessari alla captazione dei segnali informatici o telematici, data la loro complessità, debbano essere utilizzati presso i proprietari e, dunque, fuori dal controllo diretto e costante che la polizia giudiziaria può esercitare quando opera in locali di propria pertinenza. (C.p.p., art. 268) II Tribunale penale di Taranto Uff. del Gip, 5 giugno 2008 stata l’associazione di cui al capo a), atteso che comunque il capo di imputazione indica un lasso temporale in riferimento al quale, quindi, gli imputati hanno potuto e potranno esercitare la propria difesa; quanto all’indicazione negli altri capi di imputazione di altri soggetti non più imputati, non si ravvisa alcuna nullità, atteso che la loro qualità potrà avere una rilevanza solo se questi dovranno essere sentiti in dibattimento; non vi è alcuna nullità dei decreti autorizzativi delle intercettazioni dei flussi telematici per le argomentazioni già sviluppate dal G.U.P. e di cui al verbale di udienza preliminare del 5/6/2008, tenuto conto, d’altra parte, come la previsione di cui all’art. 268, co. 3 bis, c.p.p., che prescrive una specifica autorizzazione quando si debbano intercettare comunicazioni informatiche o telematiche mediante impianti appartenenti a privati, norma che non si applica alle intercettazioni telefoniche, si giustifica proprio per la presunzione che gli apparati necessari alla captazione dei segnali informatici o telematici, data la loro complessità, debbano essere utilizzati presso i proprietari e, dunque, fuori dal controllo diretto e costante che la P.G. può esercitare quando opera in locali di propria pertinenza (in tal senso, Cass. 18/11/2004, n. 48461); è fondata la questione relativa ai fascicoli afferenti le misure cautelari, non più in atto; P.Q.M respinge tutte le eccezioni formulate, ad eccezione di quella relativa ai fascicoli afferenti alle misure cautelari, dei quali dispone la restituzione al P.M. Est. Ingenito – Imp. X Prova penale y Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni y Esecuzione delle operazioni y Intercettazione di flussi telematici y Decreto autorizzativo del pubblico ministero y Motivazione y Desumibilità implicita dell’inidoneità tecnica degli impianti installati nella procura della Repubblica . Il decreto con il quale il pubblico ministero autorizza, ai sensi dell’art. 268, comma 3 bis, c.p.p., il compimento delle operazioni di intercettazione di comunicazioni telematiche mediante impianti appartenenti a privati è congruamente motivato con il riferimento alla richiesta di intercettazione della polizia giudiziaria. L’impossibilità di eseguire, mediante gli impianti installati nella procura della Repubblica, le operazioni di decodificazione e visualizzazione dei messaggi di posta elettronica risulta in re ipsa dalle peculiarità tecniche del collegamento da attivarsi, tenuto conto del momento in cui fu disposto. (c.p.p., art. 268) I Motivi della decisione - Non vi è, nel caso, alcuna nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del fatto in relazione alla data di commissione del reato, soprattutto con riferimento al primo momento in cui si sarebbe manife- II Motivi della decisione Contrariamente a quanto esposto nella memoria depositata in data 22/4 u.s. e posta a fondamento dell’eccezione in esame, risulta evidente dalla completa lettura del decreto emesso dal Pubblico Ministero in data 15.5.2001, ore 11.00 e dalla “richiesta d’intercettazione delle e-mail” depositata dalla Digos della Questura di Taranto in data 11.5.2001, il cui contenuto è specificamente richiamato nel provvedimento in questione proprio nella parte in cui fa riferimento alle comunicazioni che “partono e proseguono per posta elettronica a Tizio”, che il P.M. ha autorizzato le operazioni delle intercettazioni delle e-mail sopra indicate così come univocamente richieste dalla P.G., già impegnata in analoghe operazioni giusta decreto precedentemente emesso con riguardo ad intercettazioni telefoniche. Precisamente la P.G. aveva comunicato di essere pronta ad eseguire con urgenza, avendo avuto la disponibilità della società di gestione Internet, denominata “Libero” ad attivare il collegamento atto ad intercettare le e-mail suddette con l’utilizzo di un p.c. in uso a quell’ufficio “pronto alla decodificazione e visualizzazione dei messaggi di posta elettronica scambiati da utenti che sono in contatto con il Tizio ed il Caio duplicati dalla predetta società “Libero” ed inviati sulla posta elettronica in uso a quell’ufficio (omissis)” e non dunque su un indirizzo di posta elettronica in Arch. nuova proc. pen. 1/2010 75 giur M e r it o uso presso l’Ufficio della Procura della Repubblica, per l’evidente implicita inesistenza di una possibilità d’attivazione di un collegamento così particolare nell’anno 2001 da impedirlo con modalità ordinarie. Il P.M. rilasciò, dunque, la sua autorizzazione ad eseguire quelle operazioni così come chieste dalla P.G. e la situazione di urgenza in cui agì fu ritenuta valida dal Gip che emise il relativo decreto in data 16.5.2001, ore 15.50. L’essersi il Pubblico Ministero avvalso, su impulso della P.G., della società di gestione Internet denomina- Intercettazioni informatiche e telematiche: ricorso ad impianti esterni ed obbligo motivazionale del pubblico ministero di Francesco Nevoli SOMMARIO 1. La questione in esame; 2. Le intercettazioni informatiche e telematiche; 3. I limiti costituzionali; 4. Il comma 3 bis dell’art. 268 c.p.p; 5. Gli impianti noleggiati da privati. 1. La questione in esame I due provvedimenti in commento venivano emanati nell’ambito di un processo volto ad accertare la sussistenza del delitto di “associazioni sovversive”, previsto dall’art. 270 c.p. Nel corso delle indagini preliminari, la polizia giudiziaria sollecitava il pubblico ministero ad autorizzare quel medesimo ufficio investigativo all’attivazione, tramite una società di gestione del servizio internet, di un collegamento idoneo ad intercettare il flusso telematico delle caselle di posta elettronica in uso ai leaders del sodalizio in osservazione. Le operazioni sarebbero consistite nella decodificazione e visualizzazione, su un p.c. installato presso quell’ufficio, dei messaggi e-mail relativi a tali caselle, una volta duplicati e trasmessi dal gestore del servizio ad indirizzo di posta elettronica in uso alla stessa polizia giudiziaria. Il pubblico ministero, quindi, autorizzava motu proprio “le operazioni di intercettazione delle e-mail” e contestualmente chiedeva la convalida del proprio provvedimento al giudice per le indagini preliminari, ottenuta nel termine di legge.In udienza 76 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ta “Libero” (utilizzando la facoltà concessagli dall’art. 268, comma 3 bis c.p.p.) assorbe di per sé ogni ulteriore valutazione d’inidoneità degli impianti installati nella Procura della Repubblica risultando in re ipsa impossibile l’attivazione di quelle operazioni di decodificazione e visualizzazione dei messaggi di posta elettronica già previsto per il p.c. presente negli uffici della Questura e dotato di quell’indirizzo di posta elettronica in uso al medesimo. P.Q.M. Respinge l’eccezione di cui sopra. preliminare, la difesa degli imputati eccepiva la nullità e/o l’inutilizzabilità degli atti di captazione dei flussi di comunicazioni telematiche, in quanto le operazioni di intercettazione erano state eseguite presso gli uffici della polizia giudiziaria senza che l’utilizzazione di impianti diversi da quelli installati presso la procura della Repubblica fosse stata mai autorizzata dall’autorità giudiziaria con il provvedimento motivato richiesto dall’art. 268, comma 3, c.p.p.. In particolare, si rilevava che nel decreto del titolare delle investigazioni ne verbum quidem sull’insufficienza o inidoneità degli impianti interni all’ufficio di procura.L’eccezione veniva respinta dal giudice in quanto il pubblico ministero, ricorrendo alla società di gestione del servizio internet, si sarebbe avvalso della facoltà di cui all’art. 268, comma 3 bis, c.p.p.; ciò precluderebbe ogni ulteriore valutazione d’inidoneità degli impianti della procura, risultando in re ipsa impossibile l’attivazione, con modalità ordinarie, di un collegamento così particolare nel periodo storico in cui esso veniva disposto. Riproposta la questione in dibattimento, la doglianza si infrangeva su un nuovo provvedimento di reiezione che, “infarcito” di una citazione giurisprudenziale che - si vedrà - milita a favore della tesi della difesa, recepiva acriticamente il dictum del precedente giudicante.L’analisi dei provvedimenti dei giudici del capoluogo jonico non può prescindere dal corretto inquadramento della questione affrontata nell’ambito della disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni prevista dal codice di rito. A tanto sono propedeutiche le note che seguono in materia di intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche. 2. Le intercettazioni informatiche e telematiche Il crescente interesse mostrato dalle organizzazioni criminali verso strumenti di comunicazione che garantiscano rapidità ed efficacia dei collegamenti e sicurezza delle conversazioni unitamente alla necessità di aggiornare le metodologie di indagine ai risultati del progresso tecnologico in campo informatico e telematico hanno indotto il legislatore ad “intervenire” sulle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni (1), mezzo di ricerca della prova maggiormente esposto alle innovazioni della tecnica (2). rass M e r it o La l. 23.12.1993, n. 547, introduttiva dei reati informatici, ha opportunamente novellato il sistema codicistico delle intercettazioni, introducendo le intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche (3), come qualificate dall’art. 266 bis c.p.p.. La norma appena citata consente le intercettazioni “del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi”. Nonostante non si disponga di un’esplicita nozione normativa che chiarisca cosa debba intendersi per comunicazione telematica o informatica, una definizione è enucleabile dai lavori preparatori nonché dal tenore letterale della nuova previsione. Può, dunque, ritenersi che “la telematica si identifichi con la ricetrasmissione a distanza, in tempo reale, di dati attraverso la linea telefonica. Il flusso di comunicazioni relativo a uno o più sistemi informatici presuppone, invece, lo scambio di dati tra elaboratori elettronici, siano essi collegati via cavo o altrimenti” (4). In realtà, la portata innovativa della norma in oggetto è meno rilevante di quanto prima facie non appaia. Difatti, l’art. 266 c.p.p. già consentiva “l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione”; non v’è dubbio, pertanto, che tutte le comunicazioni che avvengono avvalendosi del sistema telefonico, nelle sue forme più disparate, risultano comprese nel concetto di comunicazioni telefoniche o telecomunicazioni. Ne rimanevano, tuttavia, escluse le intercettazioni informatiche, aventi per oggetto più computer che interagiscono tra loro senza utilizzare lo strumento telefonico, come nel caso di elaboratori collegati tra loro da una rete LAN (Local Area Network). Le intercettazioni informatiche, quindi, possono ritenersi ammissibili nel nostro ordinamento soltanto a seguito della novella del 1993 (5). 3. I limiti costituzionali L’estensione del concetto di comunicazione a tutte le forme di trasmissione di dati in forma digitale determina l’operatività per le stesse della tutela prevista dall’art. 15 Cost., che definisce inviolabili “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione” e ne consente la limitazione “soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” (6). Il Costituente, quindi, impone una duplice riserva, di legge e di giurisdizione (7), a tutela delle “inviolabili” libertà e segretezza delle comunicazioni (8). Dal tenore della norma sembrerebbe demandata alla legge soltanto l’attuazione delle “garanzie” da assicurare alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni: al legislatore spetterebbe indicare esclusivamente i “casi” nei quali la libertà e la segretezza possono essere legittimamente limitate. La locuzione “con le garanzie stabilite dalla legge”, impiegata nell’art. 15, comma 2, Cost., però, non sarebbe perfettamente sovrapponibile all’espressione “nei soli casi e modi stabiliti dalla legge” di cui all’art. 13 Cost. (alla quale, inoltre, l’art. 14 Cost. rinvia), perché implica che oltre le garanzie consistenti nelle riserve anzidette, in se stesse considerate, altre debbano essere istituite dalla legge (9). Queste altre garanzie sono state individuate dalla Corte costituzionale in una celebre decisione in materia di intercettazioni telefoniche di quasi quarant’anni fa (10), “pietra miliare nella storia della giurisprudenza processuale della Consulta” (11). Per il giudice delle leggi nel precetto contenuto nell’art. 15 Cost. trovano “protezione due distinti interessi: quello inerente alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall’art. 2 Cost., e quello connesso all’esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale”. Al contemperamento dei due interessi costituzionali deve tendere il giudice nel valutare, con scrupolosa cautela, la richiesta di autorizzazione all’intercettazione e del corretto uso del potere attribuitogli “deve dare concreta dimostrazione con una adeguata e specifica motivazione del provvedimento autorizzativo” (12). Il rispetto della norma costituzionale non trova soddisfazione solo nell’obbligo di una puntuale motivazione del decreto dell’autorità giudiziaria, in quanto sono richieste altre garanzie. Innanzi tutto, “garanzie che attengono alla predisposizione anche materiale dei servizi tecnici necessari per le intercettazioni telefoniche, in modo che l’autorità giudiziaria possa esercitare anche di fatto il controllo necessario ad assicurare che si proceda alle intercettazioni autorizzate, solo a queste e solo nei limiti dell’autorizzazione”, con l’espresso invito al legislatore di adottare i provvedimenti “idonei ad attuare anche sul piano tecnico le condizioni necessarie all’effettivo controllo”; quindi, garanzie di ordine giuridico concernenti i controlli di legittimità del decreto di autorizzazione ed i limiti di utilizzabilità del materiale intercettivo raccolto. Ogniqualvolta tali garanzie dovessero di fatto risultare aggirate, “un diritto riconosciuto e garantito come inviolabile dalla Costituzione sarebbe davvero esposto a gravissima menomazione”. Con tali parole, si è evidenziato, la Corte ricava dall’art. 15 Cost. “un vero e proprio divieto all’impiego processuale delle prove ottenute in ispregio del precetto risultante dal comma 2 del medesimo testo” (13). Viene così individuata la categoria delle prove “incostituzionali”, da ritenersi assolutamente inutilizzabili nel processo “a prescindere dal fatto che la legge contempli divieti espliciti al loro impiego in iudicio, od offra comunque gli strumenti tecnici necessari ad invalidarne l’efficacia” (14). 4. Il comma 3 bis dell’art. 268 c.p.p. Per le intercettazioni del flusso di comunicazioni informatiche o telematiche il legislatore del 1993 non ha previsto un’autonoma disciplina, ma si è limitato ad interpolare la normativa codicistica generale relativa alle intercettazioni telefoniche ed ambientali (15), integrandone la disciplina dell’esecuzione, oltre che la procedura di acquisizione dei dati registrati. La novità più rilevante attuata dalla legge di riforma consiste nell’introduzione, all’interArch. nuova proc. pen. 1/2010 77 giur M e r it o no dell’art. 268 c.p.p., del comma 3 bis ove si prevede che “quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati” (16). La disposizione è ispirata a criteri eminentemente pratici: la realistica consapevolezza della cronica sottodotazione strutturale delle sedi giudiziarie e la necessità di consentire al pubblico ministero di poter optare per il congegno intercettivo più adatto alle caratteristiche tecniche del collegamento tra computer che si intende sottoporre a controllo (17). Il principio generale in materia è sancito dall’art. 268, comma 3, c.p.p., che impone che le intercettazioni debbano essere compiute per mezzo di impianti installati nelle procure della Repubblica (18). È ammessa deroga unicamente quando questi, in concomitanza con eccezionali ragioni di urgenza, risultino insufficienti o inidonei: in tali casi è consentito al pubblico ministero disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti “esterni”, individuati in quelli di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. Il comma 3 bis, invero, non subordina ad alcuno dei presupposti indicati dalla norma generale il potere del pubblico ministero di ricorrere agli apparati privati per eseguire le intercettazioni informatiche o telematiche. Occorre, pertanto, verificare se l’insufficienza o l’inidoneità degli impianti della procura e la situazione di eccezionale urgenza siano condizioni richieste e sulla cui sussistenza il pubblico ministero è tenuto a specifico obbligo motivazionale - anche per l’utilizzazione degli impianti privati ovvero se ad essi il dominus delle indagini preliminari possa fare ricorso senza limitazione - e formalità - alcuna. Secondo una parte della dottrina, la previsione di un comma 3 bis autonomo rispetto al comma 3 dell’art. 268 c.p.p. consentirebbe di ritenere che la facoltà contenuta nella prima disposizione debba ritenersi del tutto autonoma e svincolata dai criteri previsti per l’utilizzo in generale di impianti di pubblico servizio ovvero della polizia giudiziaria; il ricorso agli impianti dei privati non potrebbe considerarsi “eccezionale” e come tale giustificato solo a fronte di una inidoneità ed insufficienza degli impianti di procura ed in presenza di eccezionali ragioni di urgenza (19). A tanto si aggiunga che il difetto di motivazione, in ordine alle ragioni di utilizzo di impianti appartenenti a privati, non determinerebbe comunque l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni informatiche e telematiche, in quanto tale sanzione è prevista dall’art. 271 c.p.p. per l’inosservanza delle sole disposizioni degli articoli 267 e 268, commi 1 e 3 (20). Altra parte della dottrina considera il comma 3 bis una semplice prosecuzione della norma generale che lo precede e non una disposizione dotata di autonomia propria. L’esistenza di un collegamento lessicale tra i due commi e, quindi, di una continuità logica tra i precetti contenuti in essi sarebbe confermato dall’uso della locuzione “anche” 78 1/2010 Arch. nuova proc. pen. nel comma 3 bis, che può essere agevolmente inteso nel senso che è diretto, fermi i presupposti previsti dal comma 3, esclusivamente ad inserire un’ulteriore alternativa di fronte ad una situazione di impossibilità di utilizzare gli apparati della procura (21). La lettura unitaria dei due commi consentirebbe, inoltre, nonostante la carenza del dato testuale, il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni in tema di divieti di utilizzazione: dalla violazione dei limiti posti all’utilizzazione di impianti privati per le intercettazioni informatiche o telematiche deriverebbe la sanzione dell’inutilizzabilità dei risultati delle operazioni di captazione, e ciò benché l’art. 271 c.p.p. non contenga alcun riferimento al comma 3 bis (22). Questa seconda impostazione appare preferibile in quanto “costituzionalmente obbligata”, alla luce dei principi affermati in materia dalla Corte costituzionale ed analizzati in precedenza. L’esigenza che sullo svolgimento delle operazioni di captazione sia garantito “anche di fatto” il controllo costante ed effettivo dell’autorità giudiziaria impone, in conformità agli insegnamenti della Consulta (23), che il ricorso agli impianti dei privati rimanga una deroga eccezionale alla regola ordinaria. Tale deroga è ammissibile soltanto ove sussistano quelle condizioni che consentono al pubblico ministero di disporre il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria. Sulla sussistenza di tali ragioni, il pubblico ministero è tenuto ad emanare provvedimento motivato a pena di inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni; diversamente, si consentirebbe l’ingresso nel processo di una prova “incostituzionale” in quanto assunta in violazione dell’art. 15, comma 2, Cost.. Un provvedimento di tal fatta difetta tra gli atti del processo penale celebrato dai giudici jonici: non una sola parola, infatti, risulta “spesa” sulla eventuale insufficienza e/o inidoneità delle attrezzature già disponibili negli uffici di procura. Né può darsi corso, salvo incorrere negli strali del giudice delle leggi, ad interpretazioni che ammettano una motivazione implicita sul punto. 5. Gli impianti noleggiati da privati È d’uopo a questo punto, per le peculiarità della questione scrutinata nei provvedimenti in commento, indugiare sull’orientamento consolidato in giurisprudenza a proposito dell’utilizzo di impianti noleggiati da privati. Ad avviso della Corte di cassazione “l’ipotesi in cui la polizia giudiziaria, autorizzata all’esecuzione delle operazioni intercettive mediante impianti diversi da quelli installati presso la procura della Repubblica, vi provveda direttamente, utilizzando apparecchiature noleggiate da privati, rientra nella previsione del comma 3, e non in quella del comma 3 bis, dell’art. 268 c.p.p., in quanto quest’ultimo prevede la diversa ipotesi dell’utilizzazione degli impianti di privati, direttamente da questi gestiti, i quali in tal caso, agiscono come ausiliari del pubblico ministero o della polizia giudiziaria e, quindi, sotto il controllo di questi ultimi” (24). Proprio nella sentenza del giudice di rass M e r it o legittimità richiamata dalla Corte jonica è considerato “impianto in dotazione alla polizia giudiziaria qualunque attrezzatura della quale la stessa abbia la disponibilità presso i propri uffici e, dunque, anche il materiale tecnico che, appartenendo a privati, venga da costoro consegnato in via precaria per effetto di noleggio o d’un qualunque altro contratto” (25). La polizia giudiziaria, gestendo direttamente le apparecchiature appartenenti a privati, ne acquisisce la disponibilità a tutti gli effetti (26), senza che abbia rilevanza alcuna lo strumento (di diritto pubblico o privato) attraverso il quale riceve tale dotazione (sia esso compravendita, leasing, comodato, noleggio o altro) (27); l’art. 268, comma 3, c.p.p., infatti, mira unicamente a tutelare la fondamentale esigenza che terzi estranei a tali impianti non possano accedervi (28). Per le stesse ragioni, quando le operazioni di captazione sono eseguite presso gli uffici della procura della Repubblica con impianto non appartenente all’amministrazione della giustizia, bensì noleggiato da un privato, non c’è necessità di invocare la disciplina derogatoria: l’installazione dell’impianto presso l’ufficio requirente, con accesso limitato al solo personale autorizzato e con la possibilità di costante controllo da parte del magistrato, vale a tutelare ogni esigenza di garanzia della riservatezza (29). A ben vedere, quindi, la vicenda in esame va ricondotta nell’alveo del comma 3 e non del comma 3 bis dell’art. 268 c.p.p., con conseguente ed ineludibile obbligo motivazionale per l’autorità giudiziaria in punto di insufficienza e/o inidoneità degli impianti installati negli uffici di procura. Va, altresì, messo in rilievo che il collegamento tecnico in questione, assicurato dal soggetto gestore del servizio internet ed utilizzato dalla polizia giudiziaria per le operazioni di captazione, consentiva (mediante l’uso di un indirizzo e-mail creato ad hoc) la visualizzazione dei messaggi di posta elettronica intercettati su un comunissimo p.c., quale quello in dotazione ad ogni magistrato del pubblico ministero (30). Note (1) Sulle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni v., in generale, tra gli altri, E. APRILE - F. SPIEZIA, Le intercettazioni telefoniche e ambientali, Milano, 2004; A. BARGI, voce Intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, in Dig. d. pen., Agg. III, I, Torino, 2005, p. 788 ss.; P. BRUNO, voce Intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, in Dig. d. pen., VII, Torino, 1993, p. 175 ss.; A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, Milano, 1996; F. CAPRIOLI, Colloqui riservati e prova penale, Torino, 2000, p. 141 ss.; C. Di MARTINO - T. PROCACCIANTI, Le intercettazioni telefoniche, Padova, 2001; G. FUMU, Commento agli artt. 266-271, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. CHIAVARIO, II, Torino, 1990, p. 771 ss.; L. FILIPPI, voce Intercettazioni telefoniche (diritto processuale penale), in Enc. dir., Agg. VI, Milano, 2002, p. 565 ss; Id., voce Intercettazione di comunicazioni, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2001; C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, Torino, 2007; C. PARODI, Le intercettazioni, Torino, 2002. (2) In questi termini C. DI MARTINO, Le intercettazioni informatiche, in C. DI MARTINO, T. PROCACCIANTI, Le intercettazioni, cit., p. 43-44; cfr. L. UGOCCIONI, sub art. 11 l. 23 dicembre 1993, n. 547, in Leg. pen., 1996, p. 140-141. (3) “Si tratta di un importante strumento di investigazione utilizzabile per contrastare quei fenomeni criminali caratterizzati dall’impiego degli strumenti che le nuove tecnologie offrono per poter realizzare la trasmissione di comunicazioni in maniera sempre più veloce e più difficilmente captabile da terzi”: E. APRILE, F. SPIEZIA, Le intercettazioni, cit., p. 103. La previsione esplicita della possibilità di intercettare comunicazioni informatiche da parte dell’autorità giudiziaria era stata ritenuta necessaria dalla commissione ministeriale incaricata di inserire nel codice penale norme atte a reprimere la criminalità informatica (L. UGOCCIONI, sub art. 11, cit., p. 141); nella relazione al disegno di legge si rilevava la necessità di coordinare le disposizioni sostanziali con il sistema processuale, osservando che “in materia di intercettazioni telefoniche, le disposizioni della legge processuale risulterebbero […] incomplete ove non integrate in concomitanza delle nuove figure di reato” (G. FUMU, sub artt. 266/266 bis, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. CHIAVARIO, Agg. III, Torino, 1998, p. 131). (4) Così testualmente C. MARINELLI, Intercettazioni processuali, cit., p. 21. In argomento cfr. C. SARZANA di S. IPPOLITO, Informatica, internet e diritto penale, Milano, 2003, p. 157, per il quale ciò che distingue il sistema informatico da quello telematico è soltanto il metodo utilizzato per la trasmissione dei dati a distanza, in quanto nel primo caso gli elaboratori sono collegati tra loro per mezzo di un cavo, nel secondo, invece, utilizzano onde guidate, cavi telefonici, ponti radio, ecc. Nella previsione dell’art. 266 bis c.p.p. si ricomprende pure l’intercettazione di dati che avvengono tra due apparecchi di trasmissione in facsimile (telefax), in quanto anche la trasmissione dell’immagine di un documento attraverso la modulazione dei toni su linea telefonica costituisce comunicazione telematica tra due sistemi informatici (C. DI MARTINO, Le intercettazioni informatiche, in C. Di MARTINO - T. PROCACCIANTI, Le intercettazioni, cit., p. 45); sul punto, v. anche C. PARODI, La disciplina delle intercettazioni telematiche, in Dir. pen. e proc., 2003, p. 891. (5) C. PARODI, La disciplina, cit., p. 890. L’utilità dell’art. 266 bis c.p.p. all’interno del sistema è ribadita da L. UGOCCIONI, sub art. 11, cit., p. 141: “Gli strumenti di intercettazione telefonica, infatti, sono in grado di registrare che è in atto una comunicazione via modem, ma non di decifrarne il contenuto; i suoni intercettati, invece, possono essere decodificati solo attraverso un computer programmato per trasformare tali suoni in informazioni comprensibili, prima per il computer stesso, e poi per l’uomo”. Cfr. anche G. FUMU, sub artt. 266/266 bis, cit., p. 133, ad avviso del quale la disposizione acquista una sua precisa valenza soltanto nella parte in cui estende i limiti di ammissibilità delle intercettazioni ai reati “commessi mediante l’impiego di tecnologie informatiche o telematiche”. In argomento v. anche C. DI MARTINO, Le intercettazioni informatiche, in C. DI MARTINO, T. PROCACCIANTI, Le intercettazioni, cit., p. 45 ss. (6) C. PARODI, La disciplina, cit., p. 890; L. UGOCCIONI, sub art. 11, cit., p. 141. C. MARINELLI, Intercettazioni processuali, cit., p. 64, nota che “la disposizione costituzionale trova ampio riscontro nel diritto internazionale pattizio, avendo da tempo la disciplina convenzionale assunto il compito di proclamare e promuovere il rispetto dei diritti umani, a cominciare dagli irrinunciabili e connessi aspetti di tutela attinenti alla libertà personale, domiciliare e di comunicazione”. Rileva L. FILIPPI, voce Intercettazioni telefoniche, cit., p. 571, che la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione è principio sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 12); analoga tutela è prevista nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo del 1950 (art. 8), nel Patto sui diritti civili e politici, adottato dall’ONU il 16 dicembre 1966 e reso esecutivo in Italia con la l. 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, approvata dal Consiglio europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000 (art. 7). (7) Cfr. P. BRUNO, voce Intercettazioni di comunicazioni, cit., p. 181: l’art. 15, comma 2, Cost., appresta “una riserva assoluta di giurisdizione, da ottemperarsi con atto motivato, più rigorosa di quella dettata a protezione della libertà personale, di stampa e di domicilio, in quanto Arch. nuova proc. pen. 1/2010 79 giur M e r it o preclusiva, anche in caso di necessità ed urgenza, di qualsiasi intervento volto a limitarne il contenuto, eseguito motu proprio da parte della polizia giudiziaria”. (8) Così L. FILIPPI, voce Intercettazione di comunicazioni, cit., p. 2. (9) In questi termini, L. FILIPPI, voce Intercettazioni telefoniche, cit., p. 571-572. (10) Corte cost., 4 aprile 1973, n. 34, in Giur. cost., 1973, p. 316, con nota di V. GREVI, Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte Costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche. (11) L’espressione è di A. CAMON, Le riprese visive come mezzo d’indagine: spunti per una riflessione sulle prove “incostituzionali”, in Cass. pen., 1999, p. 1207. (12) Cfr. V. GREVI, Insegnamenti, cit., p. 324-325: «L’obiettivo da perseguire, affidato all’equilibrio ed alla coscienza del magistrato, ma verificabile in sede di motivazione, è quello di un ragionevole “contemperamento dei due interessi costituzionalmente protetti”, dovendosi soprattutto “impedire che il diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche venga ad essere sproporzionatamente sacrificato dalla necessità di garantire un’efficace repressione degli illeciti penali”». (13) V. GREVI, Insegnamenti, cit., p. 338. (14) V. GREVI, Insegnamenti, cit., p. 341, il quale aggiunge che «la regola di esclusione delle prove “incostituzionali” affonda le sue radici […] nella stessa consacrazione costituzionale dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, intesa quale presidio contro il pericolo di condotte illegali provenienti non solo dai privati, ma soprattutto dagli organi dello Stato». Cfr. A. CAMON, Le riprese visive, cit., p. 1205 ss., che applica la teorica alle prove (riprese visive) acquisite secondo metodi che contrastano con l’art. 14 Cost.; analogo divieto probatorio è desunto dall’art. 13 Cost. da P. MOSCARINI, Il regime sanzionatorio delle perquisizioni illecitamente compiute per iniziativa della polizia giudiziaria, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1998, p. 1252 ss. Esclude la configurabilità della categoria C. MARINELLI, Intercettazioni processuali, cit., p. 149 ss., in quanto conduce “ad un quadro di notevole incertezza”. Per una disamina completa dei diversi orientamenti dottrinali sulla tematica delle prove incostituzionali, v. F. CAPRIOLI, Colloqui riservati, cit., p. 236 ss. Per la giurisprudenza, cfr. Cass., sez. un., 24 settembre 1998, Gallieri, in Giust. pen, 1999, III, c. 614, con nota di A. DIDDI, Tutela della privacy e acquisizioni di tabulati telefonici. Sulla propagazione dell’inutilizzabilità a tutti gli atti successivi che trovano giustificazione o fondamento nei risultati dell’intercettazione illegittimamente disposta - principio ribadito dalla Consulta nella sent. n. 34/1973 - cfr. N. TRIGGIANI, Sull’utilizzabilità a fini investigativi dei risultati di una intercettazione telefonica illegittima, in Percorsi di procedura penale, IV, La revisione del codice di procedura penale agli albori del ventennio (1988-2008): riforma globale e tutela dei diritti della persona, a cura di Perchinunno, Milano, 2008, spec. p. 67 ss. (15) E. APRILE - F. SPIEZIA, Le intercettazioni, cit., p. 105. (16) I privati non possono rifiutare la messa a disposizione degli impianti richiesti (C. SARZANA di S. IPPOLITO, Informatica, internet, cit., p. 155). (17) G. FUMU, sub artt. 266/266 bis, cit., p. 141-142. (18) Evidenzia P. BRUNO, voce Intercettazioni di comunicazioni, cit., p. 191, che mediante la concentrazione di tali apparecchiature nelle 80 1/2010 Arch. nuova proc. pen. sedi giudiziarie si è inteso favorire un penetrante controllo da parte della magistratura, in modo da garantire che siano eseguite solo le operazioni autorizzate e siano puntualmente rispettate modalità e limiti prescritti nel provvedimento autorizzativo. (19) Così C. PARODI, Ladisciplina, cit., p. 895. (20) E. APRILE - F. SPIEZIA, Leintercettazioni, cit., p. 106. (21) G. FUMU, sub artt. 266/266 bis, cit., p. 142-143; dello stesso avviso è L. UGOCCIONI, sub art. 11, cit., p. 146. (22) L. UGOCCIONI, sub art. 11, cit., p. 146 ritiene che la soluzione vada cercata ammettendo che ci si trova dinanzi ad una dimenticanza del legislatore, che non ha adeguato l’art. 271 c.p.p. alle esigenze sorte in conseguenza della modifica dell’art. 268 c.p.p. (23) Cfr., Cass., sez. I, 28 settembre 1999, Renelli, in Dir. pen. e proc., 2000, p. 1218, ove si evidenzia che il legislatore del codice di rito del 1988, con gli artt. da 266 a 271, ha regolamentato compiutamente tutta la materia delle intercettazioni, prevedendo la sanzione processuale dell’inutilizzabilità del contenuto delle stesse, avendo presente non soltanto le intercettazioni di comunicazioni telefoniche, ma anche quelle di ogni tipo di comunicazione, quali che siano le modalità di svolgimento. (24) Cass., sez. VI, 14 dicembre 2006, n. 14217, Calasso, in Guida dir., 2007, 17, p. 109. (25) Cass., sez. II, 18 novembre 2004, n. 48461, Chirillo, in Cass. pen., 2006, p. 1039; in senso conforme, Cass., sez. II, 27 ottobre 2005, n. 44213, Alabiso, in Guidadir., 2006, 20, p. 104. (26) Cass., sez. I, 7 aprile 2004, n. 19072, Pizzi, in Cass. pen., 2005, p. 3925; in senso conforme, Cass., sez. IV, 1° luglio 2003, Rodrigo, in C.E.D. Cass., n. 226387; Cass., sez. I, 29 settembre 2000, Bayan, ivi, n. 217548. (27) Cass., sez. VI, 30 settembre 2003, n, 40330, Cirasole, in Guidadir., 2004, 2, p. 106. (28) Cass., sez. fer., 19 agosto 2008, n. 35107, Bruno, in Guida dir., 2008, 46, p. 105; cfr. Cass., sez. VI, 16 giugno 2005, n. 28514, Contorno, in questa rivista, 2006, p. 580. (29) Cass., sez. V, 22 ottobre 2008, n. 46454, Oldi, in Guida dir., 2009, 6, p. 98; in senso conforme, Cass., sez. I, 7 ottobre 2005, n. 45103, Schneeberger, in questa Rivista, 2007, p. 125; Cass., sez. VI, 5 ottobre 2005, n. 41203, Ammaturo, in Guida dir., 2006, 17, p. 107; Cass., sez. VI, 20 settembre 2004, n. 40371, Tamarez Vasquez, in Guida dir., 2004, 46, p. 103; Cass., sez. I, 11 novembre 2003, n. 6905, Franchini, in questa Rivista, 2005, p. 752; Cass., sez. VI, 1° dicembre 2003, n. 2845, P.G. in proc. Cavataio, ivi, 2005, p. 402. (30) È attualmente all’esame del Senato il d.d.l. 11 giugno 2009, n. 1415-A, recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. L’articolato, se da un lato conferma il comma 3 bis dell’art. 268 c.p.p. attualmente vigente, dall’altro prevede la sostituzione del comma 3 della stessa norma con la seguente disposizione: “Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d’appello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini”. Anche in questa maniera è ribadito il principio generale che le operazioni di captazione debbano essere svolte sotto il controllo costante del magistrato inquirente. Massimario I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione Amnistia, indulto e grazia ■ Indulto – Applicazione oltre i limiti di legge in sede di cognizione – Rettificazione in sede esecutiva L’indulto concesso oltre i limiti previsti dalla legge con sentenza passata in giudicato non può essere revocato in sede esecutiva, in base alla constatazione dell’erronea decisione del giudice. poichè all’errore può porsi rimedio solo mediante tempestiva impugnazione del pubblico ministero. F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3851 (c.c. 25 novembre 2008), Mazzarino (C.p. art. 174; c.p.p. art. 674). [RV242435] ■ Indulto – Indulto concesso dal giudice della cognizione – Revoca da parte del giudice dell’esecuzione L’indulto concesso dal giudice della cognizione può essere revocato dal giudice dell’esecuzione solo per la sopravvenienza di una causa prevista dalla legge, e non per un mero ripensamento sulla correttezza della sua applicazione. F Cass. pen., sez. I, 4 dicembre 2008, n. 45076 (c.c. 30 ottobre 2008), Colavecchia (C.p. art. 174; c.p.p. art. 672; c.p.p. art. 674). [RV242335] ■ Indulto – Revoca di diritto – Reato continuato in parte commesso entro il termine rilevante ai fini della revoca In tema di revoca dell’indulto, nel caso in cui il reato commesso entro il termine all’uopo rilevante risulti unito in continuazione con altro più grave commesso precedentemente, per valutare il superamento del limite di pena preclusivo alla concessione del beneficio, il giudice non deve considerare l’aumento di pena applicato in concreto ma deve aver riguardo alla sanzione edittale minima prevista per il reato, con la massima riduzione consentita in presenza di circostanze attenuanti. F Cass. pen., sez. I, 20 gennaio 2009, n. 2060 (c.c. 11 novembre 2008), Marincola (C.p. art. 82; c.p. art. 174; c.p.p. art. 533). [RV242837] Appello penale ■ Cognizione del giudice di appello – Benefici – Pronuncia di condanna in riforma d’assoluzione di primo grado Il giudice d’appello, qualora, su impugnazione del P.M., riformi la sentenza assolutoria di primo grado pronunciando condanna dell’imputato, deve motivare, pur in assenza di specifiche deduzioni di parte, circa l’eventuale, mancata, concessione della sospensione condizionale della pena. F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3917 (ud. 8 gennaio 2009), Chiacchierini (C.p. art. 163; c.p.p. art. 597). [RV242527] ■ Cognizione del giudice di appello – Reformatio in peius – Concessione della provvisionale da parte del giudice d’appello È illegittima la decisione con cui il giudice di appello in assenza di impugnazione del pubblico ministero e della parte civile, e di richiesta di quest’ultima nel corso del giudizio aumenti l’importo della somma a titolo di provvisionale, disposta con la condanna in primo grado, in quanto il divieto di reformatio in peius concerne non solo le statuizioni penali ma anche quelle civili della sentenza. F Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2008, n. 42134 (ud. 1 ottobre 2008), Federico (C.p.p. art. 538; c.p.p. art. 539; c.p.p. art. 576; c.p.p. art. 597). [RV242185] ■ Decisione in camera di consiglio – Concordato sui motivi di appello – Motivazione sul mancato proscioglimento Anche in sede di cosiddetto patteggiamento in appello, il giudice deve accertare l’insussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., ma a tal fine è sufficiente la motivazione consistente nella mera enunciazione di avere effettuato la relativa verifica, ove non consti né sia stata specificamente dedotta l’esistenza di una delle condizioni che avrebbero imposto l’immediato proscioglimento. F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43367 (ud. 24 settembre 2008), De Simone e altri (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 599). [RV242186] ■ Incidentale – Appello principale del coimputato – Notificazione agli altri imputati L’appello principale proposto da uno dei coimputati non deve essere notificato agli altri imputati, che non si siano avvalsi autonomamente del loro potere d’impugnazione, perché in capo a questi non v’è interesse alla proposizione dell’appello incidentale, che è previsto come impugnazione antagonista rispetto a quella della parte processualmente avversa. F Cass. pen., sez. II, 14 ottobre 2008, n. 38810 (ud. 1 ottobre 2008), Pippa (C.p.p. art. 584; c.p.p. art. 595). [RV242048] ■ Motivi – Impugnazione del P.G. avverso sentenza assolutoria di primo grado non formalmente articolata per capi e punti – Ammissibilità È ammissibile l’impugnazione proposta dal P.G. avverso sentenza di assoluzione di primo grado, la quale, ancorché non formalmente articolata per capi e per punti, censuri il percorso logico e motivazionale del primo giudice, gravando la soluzione assolutoria adottata, stante il suo effetto pienamente devolutivo che attribuisce al giudice ad quem gli ampi poteri decisori previsti dall’art. 597, comma secondo, lett. b) c.p.p. F Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 2008, n. 46451 (ud. 21 ottobre 2008), Cordisco e altro (C.p.p. art. 581). [RV242600] Applicazione della pena su richiesta delle parti ■ Ambito di applicazione – Cosiddetto patteggiamento allargato – Applicabilità in caso di procedimento celebrato con il rito abbreviato In tema di «patteggiamento allargato» la disciplina transitoria prevista dall’art. 5 L. n. 134 del 2003 è applicabile a tutti i giudizi destinati a concludersi con una sentenza di merito pendenti in primo grado al momento dell’entrata in vigore della suddetta legge e dunque anche a quelli celebrati nelle forme del rito abbreviato. F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47749 (ud. 9 dicembre 2008), Monfardini (C.p.p. art. 438; c.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; L. 12 giugno 2003, n. 134, art. 5). [RV242488] ■ Pena – Patteggiamento allargato – Interdizione quinquennale dai pubblici uffici L’applicazione di pena detentiva su richiesta delle parti in misura non inferiore ai tre anni comporta l’irrogazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4424 (c.c. 14 gennaio 2009), P.G. in proc. Abbas e altri (C.p. art. 29; c.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; L. 12 giugno 2003, n. 134). [RV242796] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 81 mas ma s s ima r i o ■ Pena – Pena applicata superiore ai due anni per sfruttamento della prostituzione – Omessa applicazione dell’obbligatoria misura di sicurezza Nel caso di patteggiamento allargato con applicazione di pena superiore ai due anni per il delitto di sfruttamento della prostituzione, l’omessa applicazione della misura di sicurezza detentiva da parte del giudice, obbligatoria per legge, ma non stabilita in modo predeterminato, dà luogo all’annullamento con rinvio in parte qua della sentenza. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47519 (c.c. 5 novembre 2008), P.G. in proc. Uhunoma e altri (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; c.p. art. 538). [RV242060] ■ Presupposti – Consenso delle parti – Revoca del consenso prestato prima della ratifica dell’accordo In tema di patteggiamento, ciascuna parte è libera di revocare il consenso già prestato all’applicazione della pena fino a quando il giudice non ratifichi l’accordo. (In motivazione la Corte in una fattispecie nella quale, dopo l’avvenuto perfezionamento dell’accordo, il P.M. aveva revocato il consenso riformulando l’imputazione, su cui era stato poi raggiunto un nuovo accordo tra le parti ha ulteriormente precisato che è solo tale ratifica che rende l’accordo immodificabile, impedendo all’imputato di rimetterlo in discussione in quanto superato dall’avvenuto patteggiamento). F Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 3580 (c.c. 9 gennaio 2009), Aluku (C.p.p. art. 177; c.p.p. art. 444). [RV242673] ■ Presupposti – Contestazione della recidiva qualificata – Idoneità a determinare la preclusione del patteggiamento Ai fini dell’operatività della recidiva qualificata come causa di esclusione del patteggiamento ai sensi dell’art. 444, comma primo bis, c.p.p., è sufficiente che essa sia stata contestata, in tal senso dovendosi intendere, trattandosi di una circostanza, il concetto di «dichiarazione» al quale si richiama la predetta disposizione per ricomprendere anche le altre situazioni soggettive quali condizione di delinquente abituale, professionale o per tendenza. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48477 (c.c. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Ogana e altro (C.p. art. 99; c.p.p. art. 444). [RV242148] ■ Sentenza – Attenuanti – Motivazione In sede di patteggiamento, la motivazione sulla sussistenza dell’attenuante di cui all’art. 73, comma quinto, D.P.R. n. 309 del 1990 è superflua soltanto se, in base all’imputazione, il fatto risulti a prima vista privo di gravità (per es., in caso di cessione gratuita, di detenzione per uso di terzi di una modesta quantità di sostanza ecc.), ma non anche quando né le modalità e circostanze dell’azione, né la quantità rinvenuta (nella specie: 176 grammi di hashish e 62 compresse di extasy) siano tali da giustificare, in assenza di altri elementi significativi, la qualificazione come fatto di lieve entità, occorrendo in tal caso che il giudice motivi adeguatamente il suo convincimento. F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4104 (ud. 12 novembre 2008), P.G. in proc. Corazzini (C.p.p. art. 444; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73). [RV242829] ■ Sentenza – Condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e all’applicazione di una pena accessoria – Correzione di errore materiale in sede di legittimità In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, sono rimediabili in sede di legittimità, attraverso la procedura di correzione degli errori materiali, le omesse statuizioni sulla condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e sull’applicazione della pena accessoria che non sia rimessa alla valutazione discrezionale del giudice in relazione alla durata o alla specie. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48443 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Funari (C.p.p. art. 130; c.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; c.p.p. art. 535). [RV242427] 82 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Sentenza – Confisca – Obbligo di motivazione In tema di patteggiamento, a seguito della modifica introdotta dalla L. 12 giugno 2003, n. 134, l’estensione dell’applicabilità della misura di sicurezza della confisca a tutte le ipotesi previste dall’art. 240 c.p., e non più solo a quelle previste dal secondo comma di tale disposizione quali ipotesi di confisca obbligatoria, non esime il giudice dal dovere di motivare sulle ragioni per le quali ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine, su quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2703 (c.c. 20 novembre 2008), Forcari (C.p. art. 240; c.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; L. 12 giugno 2003, n. 134). [RV242688] ■ Sentenza – Confisca facoltativa – Condizioni In tema di patteggiamento, il giudice, nel disporre la confisca facoltativa, a norma del primo comma dell’art. 445 c.p.p., deve fornire adeguata motivazione. F Cass. pen., sez. VI, 24 novembre 2008, n. 43816 (c.c. 30 ottobre 2008), Tidli (L. 12 giugno 2003, n. 134, art. 2; c.p.p. art. 240; c.p.p. art. 445). [RV241920] ■ Sentenza – Effetti – Estinzione del reato Il decreto irrevocabile di condanna per delitto commesso nel quinquennio successivo alla sentenza di patteggiamento è ostativo alla declaratoria di estinzione dei reati oggetto della sentenza stessa. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46256 (c.c. 13 novembre 2008), Sylla (C.p.p. art. 445; c.p.p. art. 459). [RV242063] ■ Sentenza – Estinzione del reato – Commissione del delitto nel termine di cinque anni dall’irrevocabilità della sentenza In tema di patteggiamento, l’accoglimento della richiesta di declaratoria di estinzione del reato precedentemente oggetto della sentenza di applicazione della pena è precluso dall’aver l’istante commesso un altro delitto nel quinquennio successivo, non richiedendosi anche che quest’ultimo sia stato oggetto di sentenza irrevocabile. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che non è ipotizzabile una declaratoria di estinzione «condizionata» ovvero subordinata all’eventuale revoca del provvedimento conseguente all’accertamento definitivo di colpevolezza, in quanto l’ordinamento non disciplina la revoca della declaratoria di estinzione del reato, diversamente da quanto accade per la sospensione condizionale della pena). F Cass. pen., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 1281 (c.c. 20 novembre 2008), Ciracì (C.p.p. art. 445). [RV242664] ■ Sentenza – Falsità in documenti – Dichiarazione nella sentenza di patteggiamento La falsità di un documento accertata nel corso del processo deve essere obbligatoriamente dichiarata ai sensi dell’art. 537 c.p.p. anche con la sentenza di applicazione della pena su richiesta. F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37665 (c.c. 28 maggio 2008), Coccitto (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 537). [RV242308] ■ Sentenza – Recidiva – Preclusione Per l’esclusione dal patteggiamento a pena detentiva superiore a due anni, non è sufficiente che dal certificato penale dell’imputato emerga una situazione di recidiva qualificata, ma occorre che la stessa sia stata espressamente riconosciuta e dichiarata dal giudice. F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 1007 (c.c. 13 novembre 2008), P.G. in proc. Manfredi (C.p. art. 99; c.p.p. art. 444). [RV242509] ■ Sentenza – Revoca dell’indulto – Idoneità La sentenza d’applicazione di pena su richiesta delle parti è titolo idoneo alla revoca di diritto dell’indulto (nella specie, ex lege n. 241 del 2006) in riguardo ad un delitto non colposo commesso nei cinque anni dall’entrata in vigore della legge che ha concesso il beneficio. F Cass. pen., sez. I, 19 novembre 2008, n. 43158 (c.c. 23 ottobre 2008), P.M. in proc. Zani (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; L. 31 luglio 2006, n. 241, art. 1). [RV242415] mas ma s s ima r i o ■ Sentenza – Sentenza emessa negli atti preliminari al dibattimento senza lettura del dispositivo – Equiparazione a provvedimento camerale La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti emessa, senza lettura del dispositivo, nel corso degli atti preliminari al dibattimento e depositata nei termini di legge, deve considerarsi come provvedimento adottato in camera di consiglio. Ne consegue che il termine di impugnazione, di quindici giorni, decorre dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito di essa, e non dalla scadenza del termine per il deposito stabilito dalla legge. F Cass. pen., sez. I, 11 febbraio 2009, n. 5984 (c.c. 21 gennaio 2009), Bruzzese (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; c.p.p. art. 585). [RV242453] Atti e provvedimenti del giudice penale ■ Correzione di errori materiali – Procedura de plano – Illegittimità L’adozione de plano ovvero senza fissazione della camera di consiglio ed avviso alle parti, del provvedimento di correzione di errore materiale comporta una nullità di ordine generale ex art. 178 c.p.p. F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1460 (c.c. 3 dicembre 2008), Sanna (C.p.p. art. 127; c.p.p. art. 130). [RV242270] ■ Correzione di errori materiali – Riesame – Potere del tribunale di correggere l’errore materiale contenuto nell’ordinanza del Gip Il Tribunale del riesame ha il potere di correggere gli errori materiali presenti nel provvedimento impositivo della misura cautelare emesso dal G.i.p. (Fattispecie in materia di sequestro preventivo, nella quale l’area paesaggisticamente vincolata, sulla quale insistevano le opere abusive, risultava erroneamente indicata nell’ordinanza del G.i.p.). F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7136 (c.c. 20 gennaio 2009), Soru (C.p.p. art. 130; c.p.p. art. 177; c.p.p. art. 292; c.p.p. art. 309). [RV242677] ■ Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Estinzione del reato – Insufficienza o contraddittorietà della prova di responsabilità In presenza di una causa di estinzione del reato (nella specie, la prescrizione), la formula di proscioglimento nel merito può essere adottata solo quando dagli atti risulti evidente la prova dell’innocenza dell’imputato e non nel caso di insufficienza o contraddittorietà della prova di responsabilità. F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39220 (ud. 16 luglio 2008), Pasculli e altri (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 530; c.p. art. 157). [RV242191] ■ Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Morte del reo – Ricorso per cassazione tardivo La tardività del ricorso per cassazione non impedisce la declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato, che è rilevabile in ogni stato e grado, ed in difetto sarebbe comunque devoluta al giudice dell’esecuzione. F Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 2008, n. 36524 (ud. 26 giugno 2008), Zancocchia (C.p. art. 150; c.p.p. art. 129; c.p.p. art. 673). [RV242114] ■ Declaratoria di determinate cause di non punibilità – Ricorso per cassazione – Vizi della motivazione In presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità i vizi di motivazione della sentenza, poichè il conseguente annullamento con rinvio al giudice di merito sarebbe incompatibile con l’obbligo dell’immediata declaratoria di proscioglimento stabilito dall’art. 129, comma primo, c.p.p. F Cass. pen., sez. VI, 29 novembre 2008, n. 44591 (c.c. 4 novembre 2008), P.M. in proc. Nocco e altri (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 606). [RV242134] ■ Deposito – Atti mancanti – Ricostituzione dell’atto La previsione normativa del potere del giudice di stabilire le modalità di ricostituzione degli atti mancanti non individua alcun vincolo di contenuto e non prevede alcuna sanzione per eventuali vizi dell’attività di formazione, purché la ricostituzio- ne avvenga secondo le forme ritenute dal giudice conformi allo scopo per il quale la procedura è prevista. F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1207 (ud. 11 dicembre 2008), Friuli e altro (C.p.p. art. 113). [RV242749] Atti preliminari al dibattimento ■ Decreto di citazione – Notificazione – Omessa notificazione al difensore di fiducia L’omessa notificazione dell’avviso di dibattimento (nella specie per il giudizio d’appello) al difensore di fiducia dell’imputato determina nullità d’ordine generale insanabile, a nulla rilevando che la notifica sia stata effettuata al difensore d’ufficio, non potendo l’imputato essere privato del diritto di affidare la propria difesa alla persona che riscuota la sua fiducia. F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6240 (ud. 14 gennaio 2009), Plaka (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; c.p.p. art. 601). [RV242530] ■ Proscioglimento prima del dibattimento – Deliberazione prima dell’apertura del dibattimento – Impugnazione Avverso la sentenza predibattimentale, anche se deliberata fuori dalle ipotesi previste dalla legge (nella specie, non in camera di consiglio ma in pubblica udienza prima della dichiarazione di apertura del dibattimento), l’unica impugnazione ammessa è il ricorso per cassazione. F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2441 (ud. 16 dicembre 2008), P.G. in proc. Forte (C.p.p. art. 127; c.p.p. art. 469). [RV242707] ■ Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza – Di assoluzione ex art. 129 c.p.p Deve essere disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza con cui il presidente della Corte d’appello abbia erroneamente qualificato come ricorso per cassazione l’impugnazione proposta avverso la sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p., a sua volta erroneamente indicata come sentenza predibattimentale ex art. 469 c.p.p., con conseguente restituzione degli atti al giudice di appello per lo svolgimento del giudizio di appello. F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45334 (ud. 25 novembre 2008), P.G. in proc. Piscitello (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 469; c.p.p. art. 530). [RV242334] ■ Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa a norma dell’art. 129 c.p.p. all’esito della discussione nel dibattimento – Prima del dibattimento Va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice di appello per lo svolgimento del giudizio di secondo grado, l’ordinanza con cui la Corte d’appello abbia erroneamente qualificato come ricorso per cassazione l’appello proposto avverso la sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p., emessa all’esito della discussione nel dibattimento ma erroneamente indicata dal giudice di secondo grado come sentenza predibattimentale. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48126 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Del Buono (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 469; c.p.p. art. 530; c.p.p. art. 593). [RV242786] ■ Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa dopo la verifica della costituzione delle parti e dopo le conclusioni delle medesime – Proscioglimento per evidente innocenza La sentenza di proscioglimento per evidente causa d’innocenza ex art. 129 c.p.p., emessa dopo la verifica della costituzione delle parti con dichiarazione di contumacia e dopo aver raccolto le conclusioni delle stesse in ordine alla ricorrenza della causa di non punibilità, non può essere qualificata come sentenza predibattimentale, trattandosi a tutti gli effetti di sentenza dibattimentale, come tale appellabile e non solo ricorribile per cassazione. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48124 (ud. 3 dicembre 2008), P.G. in proc. Piscitello (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 469). [RV242486] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 83 mas ma s s ima r i o ■ Proscioglimento prima del dibattimento – Sentenza emessa nel corso degli atti introduttivi del dibattimento – Prima del dibattimento Va annullata senza rinvio, con restituzione degli atti al giudice di primo grado, la sentenza di assoluzione nel merito pronunciata nel corso degli atti introduttivi del dibattimento e quindi al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 469 c.p.p. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48128 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Lionello (c.p.p. art. 129; c.p.p. art. 469; c.p.p. art. 530; c.p.p. art. 593). [RV242788] ■ Processo verbale – Trascrizione – Trascrizione della fonoregistrazione dell’udienza In tema di documentazione degli atti, non determina nullità la mancanza di sottoscrizione da parte del tecnico sulle trascrizioni stenotipiche delle udienze o nel testo delle relative registrazioni. F Cass. pen., sez. V, 9 dicembre 2008, n. 45506 (ud. 4 novembre 2008), Nerini (C.p.p. art. 135; c.p.p. art. 138; c.p.p. art. 139; c.p.p. art. 142). [RV242101] Atti processuali penali ■ Querela – Persone giuridiche – Enti e associazioni Il direttore di un esercizio commerciale (nella specie: direttore di un supermercato), in quanto institore, è legittimato a proporre querela per i fatti-reato commessi in danno dell’esercizio cui egli è preposto. F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1206 (ud. 9 dicembre 2008), Gulino (C.p.p. art. 337; c.c. art. 2203; c.c. art. 2204). [RV242714] ■ Copie – Procedimento conclusosi con l’archiviazione – Richiesta di copia integrale degli atti Non è abnorme e pertanto non è immediatamente ricorribile per cassazione il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari respinge l’istanza della persona indagata di prendere visione e ottenere il rilascio di copia degli atti relativi ad un procedimento conclusosi con decreto d’archiviazione, quando tale rigetto sia stato motivato, per un verso, dalla necessità che l’interesse alla richiesta sia riscontrabile in relazione a singoli atti e non alla loro indistinta totalità e, per altro verso, dalla necessità di salvaguardare il diritto alla riservatezza degli altri soggetti cui gli atti del procedimento si riferiscono. F Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2008, n. 36167 (c.c. 9 aprile 2008), Acampora (C.p.p. art. 116; c.p.p. art. 406). [RV241909] ■ Copie – Richiesta di copia integrale degli atti – Provvedimento di rigetto È inoppugnabile il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari rigetti l’istanza della persona indagata di rilascio di copia degli atti del procedimento conclusosi con decreto d’archiviazione. F Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2008, n. 36167 (c.c. 9 aprile 2008), Acampora (C.p.p. art. 116; c.p.p. art. 409; c.p.p. art. 568). [RV241910] ■ Lingua italiana – Traduzione – Imputato del quale già risulti la non conoscenza della lingua italiana La necessità che l’ordinanza cautelare emessa nei confronti di una persona straniera, della quale risulti dagli atti la mancata conoscenza della lingua italiana, sia tradotta immediatamente in una lingua a lui nota, non implica che tale adempimento debba essere contestuale all’emissione o all’esecuzione dell’ordinanza stessa, dovendosi tener conto dei tempi tecnici richiesti per il reperimento dell’interprete e l’effettuazione della traduzione, con la conseguenza che nessuna nullità sussiste quando tali tempi siano contenuti nell’arco di pochi giorni. (Fattispecie relativa al decorso di sei giorni dalla data di emissione dell’ordinanza custodiale a quella della sua notificazione alla persona interessata, previa traduzione in lingua a lei nota). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48469 (c.c. 4 dicembre 2008), Abdalla (C.p.p. art. 143; c.p.p. art. 292; c.p.p. art. 293). [RV242147] ■ Lingua italiana – Traduzione degli atti – Persona offesa alloglotta che non conosca la lingua italiana La mancata nomina di un interprete non è causa d’inutilizzabilità né di nullità delle dichiarazioni di denuncia e delle successive dichiarazioni rese in sede di ricognizione personale fotografica dalla persona offesa alloglotta, che non conosca la lingua italiana F Cass. pen., sez. II, 29 settembre 2008, n. 36988 (c.c. 18 settembre 2008), Fati (C.p.p. art. 143; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 191; c.p.p. art. 333). [RV242049] ■ Memorie e richieste delle parti – Parere di carattere professionale – Natura di memoria Rientrano, tra le memorie scritte che le parti e i difensori possono presentare al giudice in ogni stato e grado del procedimento, i pareri di carattere professionale in ordine ai fatti di causa, quand’anche non provenienti dal difensore nominato. F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3500 (ud. 23 settembre 2008), P.M. in proc. Rossini e altro (C.p.p. art. 121). [RV242522] 84 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Azione penale ■ Querela – Surrogazione di copie e ricostituzione di atti – Applicabilità La querela può essere oggetto sia della surrogazione di copie che, ove non sia possibile provvedere in tal modo, della ricostituzione di atti. F Cass. pen., sez. V, 4 febbraio 2009, n. 4942 (ud. 18 dicembre 2008), Toia (C.p.p. art. 112; c.p.p. art. 113). [RV242631] Cassazione penale ■ Declaratoria immediata di cause di non punibilità – Prescrizione – Rilevabilità di nullità di ordine generale Nel giudizio di cassazione, qualora già risulti la causa estintiva della prescrizione del reato, non sono rilevabili le nullità, anche di ordine generale, poiché il rinvio al giudice del merito è incompatibile con il principio dell’immediata applicabilità della causa estintiva, salvo che la sentenza abbia deciso anche in ordine al risarcimento dei danni da reato o alle restituzioni, giacché in tal caso la nullità, ove sussistente, deve essere comunque rilevata e dichiarata in sede di legittimità, in quanto si riflette sulla validità delle statuizioni civili. F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39217 (ud. 11 luglio 2008), Crippa (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179). [RV242326] ■ Declaratoria immediata di cause di non punibilità – Sentenza di assoluzione ex art. 129, comma secondo, c.p.p. – Condizioni In presenza di una causa estintiva del reato il giudice del gravame è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione ex art. 129, comma secondo, c.p.p. soltanto se la prova dell’insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale o della non commissione del medesimo da parte dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza necessità di nuove indagini e di ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il principio dell’immediata operatività della causa estintiva. F Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2008, n. 33309 (ud. 8 luglio 2008), Rizzato (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 530; c.p.p. art. 606). [RV241961] ■ Difesa e difensori – Sottoscrizione del ricorso – Ricorso per cassazione proposto personalmente dalla persona offesa In tema di impugnazioni, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto personalmente dalla persona offesa avverso il provvedimento di archiviazione, in quanto lo stesso deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48440 (c.c. 20 novembre 2008), Saccucci e altro (C.p.p. art. 90; c.p.p. art. 408; c.p.p. art. 410; c.p.p. art. 613). [RV242141] mas ma s s ima r i o ■ Giudizio di rinvio – Annullamento con rinvio di sentenza predibattimentale – Individuazione del giudice di rinvio In caso di annullamento con rinvio di una sentenza predibattimentale di non doversi procedere, il giudice di rinvio va individuato in quello di primo grado perchè si è fuori dai casi di ricorso per saltum e il dibattimento di primo grado non è stato celebrato. F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47386 (ud. 18 novembre 2008), P.M. in proc. Nicastro (C.p.p. art. 469; c.p.p. art. 569; c.p.p. art. 623; c.p.p. art. 627). [RV242766] ■ Giudizio di rinvio – Annullamento di ordinanza da parte della Corte di cassazione – Ordinanza emessa in sede di rinvio dallo stesso giudice autore del provvedimento annullato È legittima l’ordinanza emessa, in sede di giudizio di rinvio, dallo stesso giudice autore del provvedimento annullato, in quanto la diversità della persona fisica del giudice chiamato a decidere dopo annullamento con rinvio nel giudizio di legittimità è imposta solo con riferimento alle sentenze. (Fattispecie relativa ad ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione in tema di revoca della sentenza per intervenuta abolitio criminis). F Cass. pen., sez. I, 12 gennaio 2009, n. 607 (c.c. 25 novembre 2008), Giardini (C.p.p. art. 623; c.p.p. art. 627). [RV242382] ■ Giudizio di rinvio – Divieto di reformatio in peius – Operatività In caso di impugnazione del solo imputato, il divieto della reformatio in pejus operante anche nel giudizio di rinvio, si estende a tutti gli eventuali ulteriori giudizi di rinvio, nel senso che la comparazione fra sentenze, necessaria all’individuazione del trattamento meno deteriore, deve essere eseguita tra quella di primo grado e quelle rese in detti giudizi. F Cass. pen., sez. IV, 14 ottobre 2008, n. 38820 (ud. 16 settembre 2008), Artico (C.p.p. art. 597; c.p.p. art. 627). [RV242119] ■ Giudizio di rinvio – Insufficienza e contraddittorietà degli elementi probatori sull’attribuibilità soggettiva del fatto – Declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione emessa in sede predibattimentale È illegittima, nel giudizio di rinvio, la declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione, emessa in sede predibattimentale e senza la rituale comunicazione alla difesa dell’avviso di fissazione dell’udienza, allorché sussistano prove insufficienti e contraddittorie in ordine all’attribuibilità soggettiva del fatto, posto che ai sensi dell’art. 530, comma secondo, c.p.p., si deve equiparare l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi probatori alla mancanza di prove. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44848 (ud. 5 novembre 2008), Cascio (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 530; c.p.p. art. 627). [RV242276] ■ Giudizio di rinvio – Poteri e obblighi del giudice di rinvio – Limiti Il giudice di rinvio, ove non prospetti una questione di costituzionalità della norma applicata dalla Corte di cassazione con la statuizione del principio di diritto, nella interpretazione della stessa data, deve ad essa conformarsi, senza che questo possa dare causa ad un vizio deducibile ex art. 606 c.p.p. o possa determinare, in sede di nuovo ricorso per cassazione, la rimessione della vicenda alle Sezioni Unite. F Cass. pen., sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 4546 (c.c. 9 gennaio 2009), Sassi (C.p.p. art. 606; c.p.p. art. 627). [RV242776] ■ Motivi di ricorso – Riproposizione di questione di costituzionalità come unico motivo di ricorso – Inammissibilità È inammissibile il ricorso per cassazione avente come unico motivo la riproposizione di una questione di legittimità costituzionale su cui il giudice di merito abbia omesso di pronunciarsi. F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45311 (c.c. 6 novembre 2008), Santangelo (C.p.p. art. 606; L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). [RV242338] ■ Motivi di ricorso – Vizi della motivazione – Denunciabilità con riferimento a questione di diritto Nel giudizio di legittimità il vizio di motivazione non è denunciabile con riferimento alle questioni di diritto decise dal giudice di merito. F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3706 (ud. 21 gennaio 2009), P.C. in proc. Haggag (C.p.p. art. 606). [RV242634] ■ Motivi di ricorso – Vizi della motivazione – Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità È congruamente motivata e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità la sentenza che esclude la sussistenza del dolo nei delitti di cui agli artt. 495 (falsa affermazione di avere la qualità personale di cittadina italiana o di altro Stato dell’Unione europea) e 640 c.p. (truffa relativa all’erogazione della somma di euro 1.000 per la nascita del figlio), sulla base della considerazione che l’imputata aveva ricevuto una lettera del Presidente del Consiglio dei Ministri relativa all’attribuzione al figlio neonato della somma indicata e si era limitata a compilare e sottoscrivere, presso l’ufficio postale indicato nella predetta missiva, un modulo prestampato, presentando un documento di identità dal quale risultava non essere cittadina italiana. F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41263 (c.c. 19 settembre 2008), P.G. in proc. Yaro (C.p.p. art. 606; c.p. art. 495; c.p. art. 640). [RV241950] ■ Poteri della Cassazione – Sentenza emessa in primo grado dal tribunale in composizione monocratica – Riqualificazione del fatto in appello Nel caso in cui in sede di appello sia stata data al fatto, giudicato in primo grado dal tribunale in composizione monocratica, una diversa e più grave qualificazione giuridica, per effetto della quale esso rientri nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale, la Corte di cassazione, ove il giudice di appello non abbia provveduto in tal senso e l’eccezione di incompetenza risulti proposta con i motivi di impugnazione, deve annullare senza rinvio la sentenza di primo grado, oltre a quella di appello, con la conseguente trasmissione degli atti al pubblico ministero. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48390 (ud. 9 dicembre 2008), Fravili (C.p.p. art. 33 quinquies; c.p.p. art. 33 octies; c.p.p. art. 597). [RV242422] ■ Procedimento – Camera di consiglio – Sentenza di patteggiamento Qualora la Corte di cassazione accerti l’applicazione di pena patteggiata di specie diversa da quella prevista per il reato oggetto del giudizio, non procede ad annullamento della sentenza di patteggiamento, ma alla sua rettifica a norma dell’art. 619 c.p.p. (Fattispecie nella quale era stata applicata la pena della reclusione, convertita in corrispondente pena pecuniaria, quando per il reato oggetto del giudizio la pena edittale era quella congiunta dell’arresto e dell’ammenda). F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46253 (c.c. 12 novembre 2008), P.G. in proc. Cacace (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 619). [RV242062] ■ Procedimento – Cognizione della Corte di cassazione – Natura pertinenziale di un intervento edilizio In tema d’impugnazioni, non è deducibile per la prima volta davanti alla Corte di cassazione la censura tendente a dimostrare la natura pertinenziale di un intervento edilizio, in quanto la stessa comporta accertamenti di fatto sottratti alla cognizione di legittimità. F Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 2009, n. 3445 (c.c. 17 dicembre 2008), Criscuolo (C.p.p. art. 606; D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 3; D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 44). [RV242169] ■ Ricorso – Del detenuto – Inammissibilità È inammissibile il ricorso per cassazione presentato dall’imputato detenuto alla direzione dell’istituto di pena in busta chiusa, in quanto inevitabilmente privo del requisito dell’autenticazione prescritto dal combinato disposto degli artt. 583 e 591 c.p.p. F Cass. pen., sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1773 (ud. 25 novembre 2008), Cavuoto (C.p.p. art. 123; c.p.p. art. 581; c.p.p. art. 582; c.p.p. art. 583). [RV242495] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 85 mas ma s s ima r i o ■ Ricorso – Per saltum – Misura cautelare Il ricorso immediato per cassazione può essere proposto, ai sensi dell’art. 311, comma secondo, c.p.p., soltanto contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva: ne consegue che avverso i provvedimenti di revoca, modifica o estinzione delle misure cautelari è ammesso esclusivamente il rimedio dell’appello, previsto dall’art. 310 del codice di rito, e, solo successivamente, ricorrendone i presupposti, il ricorso per cassazione. F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45402 (c.c. 7 novembre 2008), Pavone (C.p.p. art. 310; c.p.p. art. 311). [RV242221] ■ Ricorso – Per saltum – Sentenza di assoluzione emessa a seguito di rito abbreviato Il ricorso per cassazione che denuncia anche il vizio di motivazione della sentenza di assoluzione emessa a seguito di rito abbreviato non può essere proposto per saltum ostandovi il generale principio della osservanza dei gradi della giurisdizione, e quindi, se proposto, deve essere convertito in appello. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48139 (ud. 10 dicembre 2008), P.G. in proc. Alias Zaratye Huaman e alt (C.p.p. art. 606). [RV242789] ■ Ricorso – Ricorso straordinario – Causa d’estinzione del reato Il rimedio del ricorso straordinario non può essere esperito per rimediare all’omessa rilevazione da parte della Corte di cassazione di una causa d’estinzione del reato, trattandosi non già di un errore di fatto «percettivo» ma di un errore di diritto. F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41237 (c.c. 28 ottobre 2008), Insogna (C.p.p. art. 625 bis). [RV242416] ■ Ricorso – Ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p. – Errore di fatto È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione proposto ai sensi dell’art. 625 bis, c.p.p., quando il preteso errore di fatto non consista in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio, ma in un errore già commesso, eventualmente, dai giudici di merito, e che, in quanto tale, avrebbe dovuto essere tempestivamente denunciato attraverso gli specifici mezzi di impugnazione proponibili avverso le relative decisioni. (Fattispecie in cui il ricorrente ha dedotto la conferma del diniego delle attenuanti generiche sulla base di un preteso errore percettivo consistito nel ritenere che all’imputato era stata applicata la misura della sorveglianza speciale successivamente, e non anteriormente, ai fatti oggetto del giudizio). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48461 (c.c. 20 novembre 2008), Rannisi (C.p.p. art. 625 bis). [RV242144] ■ Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Deduzione di errori di interpretazione giuridica È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto a norma dell’art. 625 bis c.p.p. con il quale si deducano errori di interpretazione di norme giuridiche, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di un’inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali. (Nella specie erano stati denunciati numerosi errori di fatto, ritenuti dalla Corte tutti riferibili all’interpretazione di norme di diritto e come tali coperti dal giudicato) F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3522 (c.c. 9 dicembre 2008), Previti e altri (C.p.p. art. 625 bis). [RV242658] ■ Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Errore di valutazione Ai fini dell’ammissibilità del ricorso straordinario per errore di fatto è necessario che sia denunciata una disattenzione di ordine meramente percettivo, causata da una svista o da un equivoco, la cui presenza sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso, e che abbia determinato una decisione diversa da quella adottata, dovendosi escludere che il rimedio in oggetto possa essere utilizzato al fine di denunciare un errore di valutazione o di inter- 86 1/2010 Arch. nuova proc. pen. pretazione di norme giuridiche. (Fattispecie in cui il ricorrente lamentava una presunta nullità della notifica, che sarebbe stata effettuata presso lo studio del difensore d’ufficio, anziché nel domicilio dichiarato). F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2945 (c.c. 25 novembre 2008), Caso (C.p.p. art. 161; c.p.p. art. 175; c.p.p. art. 625 bis). [RV242689] ■ Ricorso – Ricorso straordinario per errore di fatto – Ricorso proposto da imputato condannato solo agli effetti civili È inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto contro la sentenza di inammissibilità del ricorso dell’imputato, pronunciata dalla Corte di cassazione, che abbia reso definitiva una decisione di estinzione del reato per prescrizione contenente anche statuizioni civili, confermate in favore della parte civile, di guisa che l’imputato risulti «condannato» solo agli effetti civili. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46277 (c.c. 3 dicembre 2008), Gava (C.p.p. art. 578; c.p.p. art. 625 bis). [RV242079] ■ Ricorso – Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto – Esperibilità da parte di soggetto diverso dal condannato In tema d’impugnazioni, in caso d’omessa pronuncia della Corte di cassazione su un ricorso in materia di riparazione per ingiusta detenzione, non è esperibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, in quanto esso è previsto esclusivamente a favore del condannato. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha precisato che in tal caso è attivabile la procedura di cui all’art. 130 c.p.p.). F Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2009, n. 1265 (c.c. 11 dicembre 2008), Gullì (C.p.p. art. 625 bis). [RV242164] ■ Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Condanna al pagamento di una somma alla cassa delle ammende – Condonabilità La condanna al pagamento di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende in caso di inammissibilità del ricorso per cassazione non rientra nell’indulto, nel caso di specie in quello concesso con L. 31 luglio 2006 n. 241, non avendo ad oggetto una pena pecuniaria ma l’adempimento di una obbligazione civile. F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47772 (c.c. 6 novembre 2008), P.G. in proc. Sicilia (C.p. art. 174; c.p.p. art. 616; L. 31 luglio 2007, n. 241). [RV242624] ■ Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Modifica delle statuizioni in senso favorevole all’imputato – Esclusione In tema di impugnazioni, nell’ipotesi in cui il giudice di appello modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato, non può essere pronunziata condanna alle spese processuali, poichè tale condanna consegue esclusivamente al rigetto dell’impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità. (Fattispecie in cui la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva prosciolto l’imputato da uno dei reati addebitatigli, rideterminando la pena in suo favore). F Cass. pen., sez. VI, 2 gennaio 2009, n. 15 (ud. 9 ottobre 2008), Dell’Orso (C.p.p. art. 592). [RV242128] ■ Sanzione pecuniaria e spese per inammissibilità o rigetto del ricorso – Ricorso inammissibile proposto da maggiorenne con riferimento a pena inflittagli da minorenne – Esclusione L’inammissibilità del ricorso per cassazione (nella specie per oggettiva inoppugnabilità di provvedimento sulla competenza, suscettibile solo di dar luogo a conflitto), dichiarata nell’ambito di procedimento riguardante l’esecuzione di pena inflitta a minorenne, non comporta la condanna del ricorrente, anche se frattanto divenuto maggiorenne, né al pagamento delle spese, né al versamento di una somma a favore della cassa delle ammende. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48166 (c.c. 26 mas ma s s ima r i o novembre 2008), Patti (C.p.p. art. 616; D.L.vo 08 luglio 1989, n. 272, art. 29). [RV242438] ■ Sentenza – Annullamento parziale – Effetti In caso d’annullamento parziale della sentenza, qualora sia rimessa al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato rende definitive tali parti della sentenza ed impedisce l’applicazione delle cause estintive del reato sopravvenute alla pronuncia d’annullamento. F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2843 (ud. 20 novembre 2008), Talarico (C.p.p. art. 624). [RV242494] Circolazione stradale ■ Guida in stato di ebbrezza – Accertamento – Modalità I risultati del prelievo ematico effettuato, secondo i normali protocolli medici di pronto soccorso, durante il ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica a seguito di incidente stradale, sono utilizzabili nei confronti dell’imputato per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell’utilizzabilità processuale, la mancanza del consenso. (In motivazione, la Corte ha precisato che solo il prelievo ematico effettuato, in assenza di consenso, non nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso e dunque non necessario a fini sanitari sarebbe inutilizzabile, per violazione del principio costituzionale di inviolabilità della persona). F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4118 (ud. 9 dicembre 2008), Ahmetovic (Nuovo c.s., art. 186; c.p.p., art. 191). [RV242834] ■ Patente – Revoca e sospensione – Sospensione Con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice, nel determinare la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida nei casi previsti dall’art. 222 del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285, deve tener conto della disciplina vigente al tempo del commesso reato. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48438 (c.c. 20 novembre 2008), Palermo e altro (C.p.p. art. 444; nuovo c.s. art. 186; nuovo c.s. art. 189; L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1). [RV242140] Circostanze del reato ■ Aggravanti – Contestazione – Modalità Ai fini della contestazione di una circostanza aggravante non è indispensabile una formula specifica espressa con enunciazione letterale, né l’indicazione della disposizione di legge che la prevede, essendo sufficiente che, conformemente al principio di correlazione tra accusa e decisione, l’imputato sia posto nelle condizioni di espletare pienamente la difesa sugli elementi di fatto integranti l’aggravante. (Fattispecie in tema di circostanza aggravante ex art. 476, comma secondo, c.p.). F Cass. pen., sez. V, 13 ottobre 2008, n. 38588 (ud. 16 settembre 2008), Fornaro e altri (C.p.p. art. 521; c.p.p. art. 522; c.p. art. 476). [RV242027] Competenza penale ■ Competenza per territorio – Competenza per il reato di importazione di stupefacenti nel territorio dello Stato – Criteri di individuazione Ai fini della determinazione della competenza per territorio in ordine al delitto di importazione nel territorio dello Stato di sostanze stupefacenti, si deve avere riguardo trattandosi di reato di carattere istantaneo al momento di consumazione che coincide con quello in cui il corriere varca la frontiera italiana (nella specie, nel momento di introduzione del velivolo nello spazio aereo italiano), a nulla rilevando le condotte precedenti ad esso. F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45482 (c.c. 19 novembre 2008), Confl. comp. in proc. Nunez. (D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73; c.p.p. art. 8; c.p.p. art. 9). [RV242070] ■ Competenza per territorio – Incompetenza – Misure cautelari Non può costituire motivo di ricorso per cassazione la violazione delle regole di competenza territoriale del giudice che ha emesso l’ordinanza cautelare, se detta violazione, che non è rilevabile d’ufficio nel giudizio di legittimità, non è stata dedotta nel giudizio di riesame. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha precisato che tale conclusione si giustifica in quanto è precluso al giudice di legittimità di decidere su violazioni di legge i cui presupposti di fatto non siano stati già esaminati dal giudice del merito). F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3816 (c.c. 14 ottobre 2008), Leone (C.p.p. art. 8; c.p.p. art. 9; c.p.p. art. 309; c.p.p. art. 324). [RV242822] ■ Competenza per territorio – Procedimenti riguardanti magistrati – Magistrato danneggiato In tema di competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, la deroga alle regole ordinarie opera, nel caso il magistrato assuma la qualità di danneggiato dal reato, indipendentemente dalla circostanza che si sia costituito parte civile nel relativo procedimento. F Cass. pen., sez. V, 15 dicembre 2008, n. 46098 (ud. 12 novembre 2008), Giusti (C.p.p. art. 11). [RV241996] ■ Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Interpretazione In tema di competenza per territorio, il criterio sussidiario costituito dall’ultimo luogo nel quale si è verificata parte dell’azione o dell’omissione che costituisce il reato fa riferimento al contesto unitario della condotta criminosa sicché, nel caso di una pluralità di reati, l’espressione «parte dell’azione» non deve intendersi come frammento del singolo reato, ma va riferita al complesso dell’attività criminosa della quale il reato o i reati facciano parte. F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45364 (ud. 5 novembre 2008), Di Giorgio e altro (C.p.p. art. 8; c.p.p. art. 9). [RV242778] ■ Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Residenza In tema di competenza per territorio, la residenza dell’imputato va individuata secondo criteri di effettività non prescrivendo la legge forme o modalità particolari per le ricerche relative al luogo di abitazione. (Nella fattispecie la Corte, confermando la legittimità dell’adozione da parte del giudice di merito del criterio di cui al comma terzo dell’art. 9 del codice di rito, ha ritenuto che l’eccepita residenza anagrafica non corrispondesse all’affermato principio di effettività). F Cass. pen., sez. II, 10 dicembre 2008, n. 45743 (ud. 4 novembre 2008), Rappa (C.p.p. art. 9). [RV242089] ■ Competenza per territorio – Regole generali e suppletive – Residenza dell’imputato La determinazione della competenza territoriale in forza della regola suppletiva che fa leva sul luogo di residenza, dimora o domicilio dell’imputato deve tener conto del momento di commissione del reato e non può dipendere dai comportamenti dell’imputato successivi al fatto e capaci di risolversi in una scelta del giudice. F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 411 (c.c. 10 dicembre 2008), Confl. comp. in proc. Barretta (c.p.p. art. 9; c.c. art. 43). [RV242458] ■ Conflitti – Casi – Declaratoria di inammissibilità dell’istanza di rito abbreviato da parte del Gup e ritenuta sua illegittimità da parte del giudice dibattimentale Il giudice dibattimentale, ritualmente investito del giudizio, non può declinare la propria competenza funzionale per la sua celebrazione sul rilievo dell’illegittimità della decisione del G.u.p. di inammissibilità dell’istanza di rito abbreviato, potendo solo, se del caso, applicare la prescritta riduzione di pena all’esito del dibattimento, qualora ritenga che la predetta istanza fosse ammissibile. (La Corte ha osservato che, anche dopo le modificazioni apportate alla disciplina del rito abbreviato dalla legge 16 dicembre 1979 n. 479, nessuna norma gli attribuisce, in tale Arch. nuova proc. pen. 1/2010 87 mas ma s s ima r i o situazione, il potere di determinare il regresso del procedimento). F Cass. pen., sez. I, 18 dicembre 2008, n. 47021 (c.c. 30 ottobre 2008), Confl. comp. in proc. Di Vincenzo (C.p.p. art. 28; c.p.p. art. 442; L. 16 dicembre 1999, n. 479). [RV242059] in proc. Haggag (C.p.p. art. 178; L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 24). [RV242635] ■ Conflitti – Conflitto negativo – Competenza del Gip distrettuale per i reati di frode informatica In materia di reati di frode informatica, la competenza del giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, prevista dall’art. 328, comma primo quater, c.p.p., si applica solo ai procedimenti iscritti nel registro delle notizie di reato successivamente alla data dell’entrata in vigore avvenuta il 5 aprile 2008 della legge 18 marzo 2008, n. 48. F Cass. pen., sez. I, 4 dicembre 2008, n. 45078 (c.c. 30 ottobre 2008), Confl. comp. in proc. Saviano e altro (C.p.p. art. 51; c.p.p. art. 328; c.p.p. art. 335; c.p. art. 640 ter). [RV242336] ■ Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Applicabilità anche in sede di esecuzione Il principio del ne bis in idem è applicabile in via analogica con riferimento alle ordinanze del giudice dell’esecuzione nei casi in cui esso costituisca l’unico strumento possibile per eliminare uno dei due provvedimenti emessi per lo stesso fatto contro la stessa persona. (Fattispecie in materia di indulto). F Cass. pen., sez. I, 15 gennaio 2009, n. 1285 (c.c. 20 novembre 2008), Linfeng (C.p.p. art. 649; c.p.p. art. 669; L. 31 luglio 2006, n. 241). [RV242750] ■ Conflitti – Conflitto negativo – Deroghe La speciale competenza attribuita ai magistrati degli uffici giudiziari di Napoli, requirenti e giudicanti, nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania, ai sensi dell’art. 3 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, conv. con modd. in L. 14 luglio 2008, n. 123, deve intendersi limitata ai nuovi reati introdotti dall’art. 2 del citato testo normativo ed a quelli previsti e sanzionati dalla parte quarta del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152. (Fattispecie in tema di conflitto negativo in cui la Corte ha dichiarato la competenza del G.i.p. collegiale regionale in ordine alla convalida del sequestro preventivo di una discarica abusiva di rifiuti speciali, per il reato previsto dall’art. 256 D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152). F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2470 (c.c. 16 dicembre 2008), Confl. comp. in proc. Antonelli (C.p.p. art. 21; c.p.p. art. 22; c.p.p. art. 27; c.p.p. art. 28). [RV242813] ■ Conflitti – Conflitto negativo – Deroghe alla disciplina in tema di competenza per territorio introdotta in materia di rifiuto nella regione Campania La speciale competenza attribuita ai magistrati degli uffici giudiziari di Napoli, requirenti e giudicanti, nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania (art. 3 D.L. 23 maggio 2008, n. 90, conv. con modd. in L. 14 luglio 2008, n. 123), non si estende a tutti i reati ambientali, ma deve intendersi limitata ai nuovi reati introdotti dall’art. 2 del citato testo normativo ed a quelli previsti e sanzionati dalla parte quarta del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48160 (c.c. 18 novembre 2008), Conf. comp. in proc. Ecoscreening (C.p.p. art. 21; c.p.p. art. 22; c.p.p. art. 28; c.p.p. art. 51). [RV241928] ■ Questione di competenza – Dichiarazione di incompetenza – Misure cautelari disposte L’inefficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente a seguito della decorrenza del termine di venti giorni di cui all’art. 27 c.p.p. non preclude al giudice competente l’adozione di una nuova misura cautelare sulla base degli stessi elementi. (In motivazione, la S.C. ha affermato che il nuovo provvedimento cautelare rappresenta un titolo autonomo di detenzione e che l’eventuale omessa scarcerazione nel periodo intermedio non determina l’inefficacia della misura cautelare disposta dal giudice competente). F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1146 (c.c. 21 ottobre 2008), Bisesti (C.p.p. art. 27). [RV242552] Corte costituzionale ■ Sindacato di legittimità costituzionale – Giudizio incidentale – Manifesta infondatezza Non è causa di nullità della sentenza la mancanza, nel dispositivo, della dichiarazione di manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale di una norma, pur esaminata in motivazione, con esposizione delle ragioni giustificative della mancata rimessione degli atti alla Corte costituzionale. F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3706 (ud. 21 gennaio 2009), P.C. 88 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Cosa giudicata penale ■ Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Circostanze di fatto raccolte in altro procedimento definito con sentenza irrevocabile di assoluzione È legittima la valutazione, con autonomo giudizio, di circostanze di fatto raccolte in altro procedimento conclusosi con una sentenza irrevocabile di assoluzione, in quanto la preclusione di un nuovo giudizio impedisce soltanto l’esercizio dell’azione penale in ordine al reato che è stato oggetto del giudicato, mentre non riguarda la rinnovata valutazione di dette circostanze, una volta stabilito che le stesse possano essere rilevanti per l’accertamento di reati diversi da quelli già giudicati. F Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 2008, n. 45153 (c.c. 13 novembre 2008), Ucciero e altro (C.p.p. art. 192; c.p.p. art. 238 bis; c.p.p. art. 649). [RV242210] ■ Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Diversità del fatto Il principio di preclusione del ne bis in idem non opera, per diversità del fatto, nel caso in cui un soggetto faccia parte, in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44860 (c.c. 5 novembre 2008), Ficara (C.p.p. art. 649; c.p. art. 416). [RV242197] ■ Effetti – Inammissibilità di un secondo giudizio – Ne bis in idem europeo Il principio del ne bis in idem europeo, sancito dall’art. 54 della Convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, ratificata e posta in esecuzione dall’Italia con L. 30 settembre 1993, n. 388, opera nel diritto interno solo in presenza di una sentenza o di un decreto penale divenuti irrevocabili, non potendo essere considerato preclusivo del giudizio in Italia per i medesimi fatti un decreto di archiviazione emesso dall’autorità giudiziaria straniera, inidoneo in quanto tale a definire il giudizio con efficacia di giudicato di condanna o di assoluzione. (Nel caso di specie, relativo a un decreto di archiviazione adottato dall’autorità giudiziaria svizzera, la S.C. ha escluso ratione temporis l’applicabilità dell’accordo successivamente concluso tra la Confederazione Svizzera e l’U.E. il 26 ottobre 2004, e riguardante l’adesione della Svizzera all’attuazione, all’applicazione e allo sviluppo dell’Accordo di Schengen). F Cass. pen., sez. V, 20 febbraio 2009, n. 7687 (ud. 11 novembre 2008), Tagietti (C.p.p. art. 649; L. 30 settembre 1993, n. 388; T.I. 14 giugno 1985; T.I. 19 giugno 1990 art. 54). [RV242454] Difesa e difensori ■ Di fiducia – Nomina – Persona arrestata o fermata In tema di nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, è priva di efficacia la nomina del difensore effettuata dal prossimo congiunto dopo che alla stessa abbia già provveduto l’indagato, designando un diverso difensore. F Cass. pen., sez. VI, 7 febbraio 2009, n. 5495 (c.c. 5 febbraio 2009), Ciulica (C.p.p. art. 96). [RV242646] mas ma s s ima r i o ■ Di fiducia – Nomina – Riferimento alla presentazione dei motivi di appello La nomina del difensore di fiducia, fatta esclusivamente per la redazione dei motivi a sostegno dell’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, non ha effetto nel procedimento incidentale de libertate. F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39039 (c.c. 23 settembre 2008), Pizzone (C.p.p. art. 96; c.p.p. art. 123). [RV242317] ■ Di ufficio – Nomina – Sostituzione La nomina di altro difensore di ufficio immediatamente reperibile, ma non iscritto nell’elenco predisposto dal Consiglio dell’ordine forense, per il caso di assenza del difensore di ufficio originariamente designato, non è causa di nullità di ordine generale ai sensi dell’art. 178, comma primo, lett. c) c.p.p. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che l’inosservanza della regola prevista dall’art. 97, comma secondo, c.p.p. può configurare una nullità generale solo se la parte che la deduce dimostri che tale inosservanza abbia cagionato in concreto una lesione o menomazione del diritto di difesa). F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5496 (ud. 2 dicembre 2008), Vergati (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179). [RV242475] ■ Di ufficio – Principio di immutabilità del difensore di ufficio – Sostituzione irrituale da parte della polizia giudiziaria In tema di difesa d’ufficio, l’irrituale sostituzione da parte della polizia giudiziaria del difensore d’ufficio originariamente nominato dall’autorità giudiziaria determina la nullità degli atti successivi solo in presenza di una concreta lesione del diritto di difesa. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che la mera circostanza di aver ricevuto precedentemente l’originario difensore la notifica di alcuni atti non integra né un’attivazione né uno svolgimento concreto di attività difensiva). F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3837 (c.c. 8 gennaio 2009), Ren (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 177; c.p.p. art. 178). [RV242668] ■ Di ufficio – Rinuncia al mandato del difensore di fiducia – Nomina del difensore d’ufficio non individuato nell’elenco È legittima la nomina, in qualità di difensore di ufficio dell’imputato rimasto privo di difesa a seguito di rinuncia all’incarico del difensore di fiducia, di un avvocato non individuato nell’elenco di cui al secondo comma dell’art. 97 c.p.p. ma immediatamente reperibile. (Nel caso di specie, nel corso del giudizio d’appello, dopo la rinuncia al mandato del difensore di fiducia era stato nominato difensore d’ufficio un avvocato presente in aula). F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1133 (ud. 21 ottobre 2008), Michelotto (C.p.p. art. 97). [RV242542] ■ Incompatibilità – Pluralità di imputati che abbiano reso dichiarazioni sulla responsabilità di altro imputato in procedimento connesso o probatoriamente collegato – Divieto di assunzione della difesa da parte di uno stesso difensore L’inosservanza del disposto di cui all’art. 106, comma quarto bis, c.p.p., secondo cui non può essere assunta da uno stesso difensore la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento, ovvero in procedimento connesso o probatoriamente collegato, non costituisce causa di nullità o di inutilizzabilità di dette dichiarazioni, comportando essa soltanto la necessità, da parte del giudice, di una verifica particolarmente incisiva relativamente alla loro attendibilità. F Cass. pen., sez. VI, 18 dicembre 2008, n. 47079 (c.c. 27 novembre 2008), Froncillo (C.p.p. art. 106; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 191). [RV242145] ■ Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa decisione nel termine In tema di patrocinio a spese dello Stato, la nullità assoluta già prevista, prima delle modifiche introdotte dalla L. n. 125 del 2008, per il caso in cui il giudice ometta di decidere nel termine previsto sull’istanza d’ammissione proposta dall’imputato, non opera qualora tale omissione sia priva di concreti effetti pregiudizievoli per la difesa. (In motivazione la Corte, in applicazione del principio, ha precisato che tali effetti non si producono di regola in contesti, come quelli dibattimentali, in cui sia prevista la partecipazione necessaria del difensore). F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3607 (ud. 16 gennaio 2009), Barletta e altri (L. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96; L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 2 ter; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179). [RV242528] ■ Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa decisione nel termine di rito In tema di patrocinio a spese dello Stato, la modifica dell’art. 96 del D.L.vo n. 115 del 2002 che sanzionava con la nullità assoluta l’omessa decisione sull’istanza di ammissione al gratuito patrocinio nel termine ivi previsto ad opera dell’art. 2 ter, comma primo, lett. c) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. n. 125 del 2008, ha reso non più sussistenti le nullità integrate e dedotte vigente la previsione di cui all’art. 96 D.P.R. n. 115 del 2002. F Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 46439 (ud. 18 novembre 2008), Belgacem (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96; D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 2 ter). [RV242312] ■ Patrocinio dei non abbienti – Istanza – Omessa o tardiva decisione In tema di patrocinio a spese dello Stato, l’omessa o la tardiva decisione sull’istanza di ammissione non comporta la nullità degli atti compiuti qualora esse non abbiano determinato alcuna concreta lesione del diritto di difesa dell’istante. (In motivazione, la S.C. ha richiamato l’art. 12 ter lett. c) L. 24 luglio 2008, n. 125, in forza del quale all’art. 96, comma primo, D.L.vo 30 maggio 2002, n. 115 le parole: «, ovvero immediatamente, se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell’articolo 179, comma secondo, del codice di procedura penale» sono state soppresse). F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2071 (ud. 25 novembre 2008), Romanelli e altro (D.L.vo 30 maggio 2002, n. 115, art. 96; L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 12 ter; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179). [RV242357] ■ Patrocinio dei non abbienti – Liquidazione compensi – Prescrizione Il termine di prescrizione del diritto del patrocinatore a spese dello Stato alla liquidazione del compenso decorre dal momento in cui diviene noto (ex lege ovvero previa comunicazione) l’intervenuto deposito della motivazione della sentenza, se non contestuale. F Cass. pen., sez. IV, 2 ottobre 2008, n. 37539 (c.c. 2 luglio 2008), Gallace (C.c. art. 2954; c.c. art. 2956; c.c. art. 2957; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 83; c.p.p. art. 548). [RV242120] Edilizia e urbanistica ■ Contravvenzioni – Ordine di demolizione – Estensione ad altri manufatti In tema di reati edilizi, a seguito dell’irrevocabilità della sentenza di condanna è consentita l’estensione dell’ordine di demolizione ad altri manufatti a condizione che gli stessi siano stati realizzati successivamente all’opera abusiva originaria e, per la loro accessorietà a quest’ultima, rendano ineseguibile l’ordine medesimo. F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2872 (c.c. 11 dicembre 2008), P.M. in proc. Corimbi (D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 31; L. 28 febbraio 1985, n. 47; c.p.p. art. 665; c.p.p. art. 676). [RV242163] ■ Contravvenzioni – Permesso di costruire – Necessità In tema di reati edilizi, integra il reato di costruzione edilizia in assenza di permesso di costruire il mutamento di destinazione d’uso di un immobile mediante realizzazione d’opere edilizie, in quanto l’esecuzione dei lavori, anche se di modesta entità, determina la creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. (Fattispecie relativa a modifica della deArch. nuova proc. pen. 1/2010 89 mas ma s s ima r i o stinazione d’uso di una serra in un deposito adibito a rimessa di velivoli). F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2877 (c.c. 11 dicembre 2008), Zaccari (D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 3; D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 31; D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380, art. 44; c.p.p. art. 321). [RV242165] ■ Contravvenzioni – Sequestro preventivo – Esigenze cautelari In tema di reati edilizi, ai fini dell’adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l’esigenza cautelare di evitare l’aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l’autorizzazione all’uso dell’immobile stesso. F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 825 (c.c. 4 dicembre 2008), Violante (C.p.p. art. 321; D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380). [RV242156] Esecuzione in materia penale ■ Computo della pena – Eventi incidenti sulla misura della pena – Applicabilità dell’indulto Nell’emettere l’ordine di esecuzione di una sentenza di condanna a pena detentiva, il P.M. deve tener conto nella determinazione della pena ancora da espiare, ai fini dell’art. 656 c.p.p., comma quinto, del beneficio dell’indulto, anche se non ancora concretamente concesso dal giudice dell’esecuzione. F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44323 (c.c. 12 novembre 2008), Pocher (C.p. art. 174; c.p.p. art. 656). [RV242463] ■ Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso – Nozione In tema di reato continuato l’identità del disegno criminoso è apprezzabile sulla base degli elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, anche (soltanto) attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti elementi purché significativi. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione aveva escluso la configurabilità della continuazione fra una pluralità di delitti di ricettazione, alcuni dei quali commessi a breve distanza di tempo tra di loro). F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44862 (c.c. 5 novembre 2008), Lombardo (C.p. art. 81; c.p.p. art. 671). [RV242098] ■ Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Individuazione della violazione più grave – Criteri Ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, il giudice deve tenere conto della sanzione più severa concretamente inflitta (nella specie, previa riduzione di un terzo nel caso di condanna pronunciata con rito abbreviato). F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48204 (c.c. 10 dicembre 2008), Abello (C.p. art. 81; c.p.p. art. 671; att. c.p.p. art. 187). [RV242660] ■ Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Individuazione della violazione più grave – Criterio Ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato in sede esecutiva, l’individuazione della violazione più grave è affidata al criterio concreto della pena più grave inflitta, che si differenzia da quello applicato in sede di cognizione, dove si ha riguardo alla gravità in astratto sulla base della valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44860 (c.c. 5 novembre 2008), Ficara (C.p. art. 81; c.p.p. art. 671; att. c.p.p. art. 187). [RV242198] ■ Disciplina del concorso formale e del reato continuato – Onere della prova a carico del condannato – Allegazione 90 1/2010 Arch. nuova proc. pen. di elementi specifici e concreti da cui desumere l’esistenza del vincolo della continuazione In tema di esecuzione, grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno dell’istanza, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti ovvero all’identità o analogia dei titoli di reato, in quanto indici sintomatici non di attuazione di un progetto criminoso unitario quanto, piuttosto, di una abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti. (In motivazione la Corte ha ulteriormente affermato che sussiste una radicale diversità tra l’identità della spinta criminosa o del movente pratico sotteso alle plurime violazioni di legge e l’unicità del disegno criminoso richiesto per la configurabilità del reato continuato). F Cass. pen., sez. VII, 6 febbraio 2009, n. 5305 (c.c. 16 dicembre 2008), D’Amato (C.p. art. 81; c.p.p. art. 186; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 671). [RV242476] ■ Pluralità di sentenze per lo stesso fatto – Istanza di revisione di sentenza di patteggiamento – Asserita inconciliabilità con sentenza dibattimentale di assoluzione relativa ai coimputati L’istanza al giudice dell’esecuzione di revoca ex art. 669, comma ottavo, c.p.p. della sentenza di applicazione della pena per asserita inconciliabilità della stessa con sentenza dibattimentale di assoluzione dei coimputati per il medesimo reato è inammissibile, dovendosi a tal fine attivare il procedimento di revisione ai sensi degli artt. 629 c.p.p., come modificato dalla L. 12 giugno 2003 n. 134, e 630, lett. a), dello stesso codice. (In motivazione, la S.C. ha precisato che con la novella di cui alla L. n. 134 del 2003 non può più trovare applicazione analogica al caso in esame l’istituto della revoca della sentenza ai sensi dell’art. 669, comma ottavo, c.p.p.). F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47794 (c.c. 11 dicembre 2008), Cimino e altro (C.p.p. art. 629; c.p.p. art. 630; c.p.p. art. 669). [RV242629] ■ Procedimento di esecuzione – Legittimo impedimento dell’interessato libero – Condizioni di rilevanza Nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza, perché acquisti rilevanza il legittimo impedimento dell’interessato, la sua preventiva richiesta di essere sentito personalmente è necessaria solo quando si tratti di detenuto e non anche quando il condannato si trovi in stato di libertà. F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45475 (c.c. 19 novembre 2008), Guglielmi (C.p.p. art. 67; c.p.p. art. 420 ter). [RV242068] ■ Procedimento di esecuzione – Notificazioni – Estratto contumaciale della sentenza In tema di esecuzione, ai fini della prova della regolarità della notificazione dell’estratto contumaciale a mezzo del servizio postale, deve escludersi che l’avviso di ricevimento del piego raccomandato spedito con le indicazioni prescritte dall’art. 8, comma secondo, della L. 20 novembre 1982, n. 890, possa essere sostituito dall’estratto del registro dell’ufficio unico notifiche, esecuzioni e protesti del tribunale, recante l’indicazione della data della notifica e del numero della raccomandata rispedita al mittente. F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2941 (c.c. 20 novembre 2008), Chimienti (C.p.p. art. 157; c.p.p. art. 159; c.p.p. art. 161; L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8). [RV242465] ■ Procedimento di esecuzione – Potere del giudice – Provvedimento di confisca ex art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992 n. 306 emesso a seguito del contraddittorio partecipato tra le parti È opponibile e non ricorribile per cassazione il provvedimento di confisca ai sensi dell’art. 12 sexies D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito in L. 8 agosto 1992 n. 356, adottato dal giudice dell’esecuzione a seguito di contraddittorio partecipato tra le parti, sicché il ricorso per cassazione eventualmente proposto deve essere qualificato come opposizione, con la conseguente trasmissione degli atti allo stesso giudice che ha deciso. F Cass. mas ma s s ima r i o pen., sez. I, 4 novembre 2008, n. 41078 (c.c. 16 ottobre 2008), Arena (C.p.p. art. 568; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 667; c.p.p. art. 676). [RV242195] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Competenza Nel caso di cosiddetto patteggiamento della pena in appello, che abbia condotto a una riforma della sentenza di primo grado esclusivamente quoad poenam la competenza in executivis spetta al giudice di primo grado. F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45481 (c.c. 19 novembre 2008)Confl. comp. in proc. Orlandi (C.p.p. art. 599; c.p.p. art. 665). [RV242069] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Confisca In materia di confisca, il provvedimento adottato dal giudice dell’esecuzione non de plano bensì, irritualmente, a seguito d’udienza camerale, è comunque impugnabile nelle forme dell’opposizione e non già attraverso il ricorso per cassazione, con la conseguenza che il giudice di legittimità eventualmente investito dell’impugnazione non può dichiararla inammissibile, ma deve qualificarla come opposizione e disporne la trasmissione al giudice dell’esecuzione. F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 1008 (c.c. 13 novembre 2008), Valletta e altri (C.p.p. art. 666; c.p.p. art. 667; c.p.p. art. 676). [RV242510] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Confisca La confisca disposta in sede esecutiva ai sensi dell’art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modd. nella L. 7 agosto 1992 n. 356 (modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa) è suscettibile di revoca, purché con l’incidente proposto per la rimozione del provvedimento ablativo si deducano non situazioni di fatto costituenti condizioni di legittimità della misura attinenti all’assenza di giustificazione circa la provenienza dei beni e al loro valore non proporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica lecita del soggetto colpito coperte dal giudicato di condanna ma prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, per tali dovendosi intendere anche quelle preesistenti, non valutate nemmeno implicitamente dal giudice. F Cass. pen., sez. I, 29 gennaio 2009, n. 4196 (c.c. 9 gennaio 2009), Laforet (D.L. 08 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 667). [RV242844] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Decisione Il principio della preclusione processuale derivante dal divieto di bis in idem opera anche in sede esecutiva, iscrivendosi in esso la regola che impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta che costituisca mera riproposizione di altra già rigettata, basata sui medesimi elementi. F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3736 (c.c. 15 gennaio 2009), P.M. in proc. Anello (C.p.p. art. 666). [RV242533] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Declaratoria di inammissibilità dell’opposizione per manifesta infondatezza In materia di esecuzione, la dichiarazione de plano della inammissibilità dell’opposizione manifestamente infondata è funzionale al principio di ragionevole durata del processo e non contrasta con gli artt. 111, comma secondo, della Costituzione e 6, comma primo, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che non impongono l’applicazione generalizzata dei principi del contraddittorio e dell’oralità ad ogni tipo di decisione preliminare. F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45773 (c.c. 2 dicembre 2008), Stara (C.p.p. art. 666). [RV242572] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Indulto Il giudizio conseguente all’opposizione proposta contro l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione in materia di indulto deve svolgersi in contraddittorio, con le forme previste dall’art. 666 c.p.p., e non con procedura de plano. Ne consegue che qualora venga adottata quest’ultima procedura, il provvedimento che la conclude è viziato di nullità assoluta per omesso avviso all’interessato e, comunque, per assenza del difensore, non posto in grado di intervenire all’udienza. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48214 (c.c. 16 dicembre 2008), Amato (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 672). [RV242661] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Istanza di applicazione della continuazione È affetta da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento per difetto della partecipazione, necessaria, del difensore, l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione rigetti l’istanza di applicazione della continuazione senza previo avviso di fissazione dell’udienza camerale. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44859 (c.c. 5 novembre 2008), Caci (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; c.p.p. art. 666; c.p. art. 81). [RV242196] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Opposizione a provvedimento de plano e modificazione del thema decidendum Nel procedimento instaurato a seguito di opposizione ad ordinanza assunta de plano dal giudice dell’esecuzione non è consentita, pena la nullità del provvedimento finale per violazione del principio del contraddittorio, la modificazione dell’oggetto della decisione, in quanto, pur non avendo l’opposizione stessa natura di atto di impugnazione, la devoluzione, per quanto ampia, della cognizione alla fase partecipata non può che riguardare il medesimo thema decidendum oggetto del provvedimento de plano. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47537 (c.c. 2 dicembre 2008), P.M. in proc. Caprioli (C.p.p. art. 666; c.p.p. art. 667). [RV242077] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Provvedimenti Deve essere annullato senza rinvio, con trasmissione degli atti per una nuova deliberazione nelle forme previste, il provvedimento che il giudice dell’esecuzione assume de plano ovvero senza fissazione dell’udienza in camera di consiglio, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, perché affetto da nullità d’ordine generale e di carattere assoluto, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, dato che essa comporta l’omessa citazione dell’imputato e l’assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza. F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46786 (c.c. 20 novembre 2008), Bifani (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; c.p.p. art. 666). [RV242477] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Questioni sul titolo esecutivo È inammissibile l’appello tardivamente proposto contro una sentenza pronunciata in contumacia, sul presupposto del mancato decorso dei termini d’impugnazione in ragione del vizio di notifica dell’estratto contumaciale. (La Corte ha chiarito che il sindacato sulla valida formazione del titolo esecutivo va esercitato mediante l’incidente di esecuzione, fermo restando che in tale sede l’osservanza delle «garanzie previste per il caso di irreperibilità del condannato» può essere verificata solo con riguardo a provvedimenti assunti dopo e non prima della pronuncia della sentenza). F Cass. pen., sez. V, 25 settembre 2008, n. 36779 (ud. 17 giugno 2008), Kraiem (C.p.p. art. 175; c.p.p. art. 420 ter; c.p.p. art. 548; c.p.p. art. 670). [RV241952] ■ Procedimento di esecuzione – Poteri del giudice – Vizio relativo alla declaratoria di contumacia In sede di esecuzione non è deducibile il vizio relativo alla declaratoria di contumacia pronunciata nel corso del procedimento di cognizione, che deve essere fatto valere con i mezzi previsti per l’impugnazione contro la sentenza, rimanendo altrimenti sanato e coperto dal giudicato. F Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 2009, Arch. nuova proc. pen. 1/2010 91 mas ma s s ima r i o n. 4554 (c.c. 26 novembre 2008), Baratta (C.p.p. art. 420 quater; c.p.p. art. 648; c.p.p. art. 665; c.p.p. art. 666). [RV242791] ■ Procedimento di esecuzione – Procedimento iniziato ex officio – Nullità Non è affetto da nullità assoluta il procedimento di esecuzione iniziato dal giudice in assenza di richiesta del P.M., non equivalendo quest’ultima all’iniziativa relativa all’esercizio dell’azione penale di cui all’art. 178 lett. b) c.p.p. (In motivazione la Corte ha anche precisato che l’iniziativa del P.M. di cui all’art. 666 c.p.p., essendo esercitabile senza formalità, può identificarsi nelle conclusioni formulate dallo stesso in sede di udienza camerale). F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6901 (c.c. 18 novembre 2008), Favato (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179; c.p.p. art. 666). [RV242734] ■ Procedimento di esecuzione – Sospensione dell’esecuzione – Divieto per i recidivi reiterati Il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione per i recidivi reiterati resta fermo anche in riguardo ai soggetti che, prima dell’entrata in vigore della legge 5 dicembre 2005 n. 251, hanno raggiunto un grado di rieducazione adeguato, desumibile dall’avvenuta concessione di benefici penitenziari con riferimento ad altra condanna. F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 409 (c.c. 10 dicembre 2008), Sardelli (L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 58 quater; L. 05 dicembre 2005, n. 251; c.p.p. art. 99; c.p.p. art. 656). [RV242457] ■ Procedimento di esecuzione – Sospensione dell’esecuzione – Non superamento del limite di pena per la concessione per effetto dell’indulto L’indulto, se estingue la pena e ne fa cessare l’espiazione, non ha però efficacia ablativa ed eliminatoria degli altri effetti scaturenti ope legis quale può essere l’effetto della somma delle pene irrogate sul limite di concedibilità della sospensione dell’ordine di esecuzione delle pene detentive ai sensi dell’art. 656, comma quinto, c.p.p. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46246 (c.c. 5 novembre 2008), Sanna (C.p. art. 174; c.p.p. art. 656). [RV242087] Falsa testimonianza ■ Casi di non punibilità – Indagato di reato connesso o collegato – Sopravvenuta archiviazione Non è punibile per il reato di falsa testimonianza, ricorrendo l’esimente di cui al secondo comma dell’art. 384 c.p., l’indagato di un reato connesso o collegato per cui sia già intervenuto decreto d’archiviazione chiamato ad assumere l’ufficio di testimone senza che gli siano mai stati rivolti gli avvisi sulla facoltà di non rispondere anche sui fatti concernenti la responsabilità d’altre persone. F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44274 (ud. 7 ottobre 2008), Russo (C.p. art. 372; c.p. art. 384; c.p.p. art. 64; c.p.p. art. 197). [RV242387] Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento ■ Contraffazione di altri pubblici sigilli – Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza – Esclusione Non sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza qualora l’imputato, condannato in primo grado per il delitto di contraffazione di pubblici sigilli, sia successivamente condannato in secondo grado per il delitto di contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione. F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43436 (ud. 23 ottobre 2008), Miccoli (C.p. art. 468; c.p. art. 469; c.p.p. art. 522). [RV242315] 92 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Giudice di pace ■ Competenza penale – Impugnazioni – Appello È qualificabile come appello e non come ricorso per cassazione il gravame proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria e al risarcimento del danno, anche indipendentemente dalla specifica impugnazione della statuizione civile. (In motivazione, la S.C. ha affermato che resta ferma la possibilità per l’imputato di proporre ricorso immediato per cassazione ai sensi dell’art. 569 c.p.p. e nel rispetto dei limiti di cui al comma terzo di tale disposizione). F Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2008, n. 38733 (ud. 20 giugno 2008), Iacoi e altro (C.p.p. art. 569; c.p.p. art. 574). [RV242024] ■ Competenza penale – Persona offesa – Facoltà di impugnazione La persona offesa, costituitasi parte civile, può proporre appello, ai soli effetti civili, avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace. F Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2008, n. 38699 (ud. 18 giugno 2008), Buratti e altri (C.p.p. art. 577; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 36; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 38). [RV242021] Giudice penale ■ Astensione – Sostituzione del giudice astenuto – Inosservanza dell’art. 36, comma terzo, c.p.p Non dà luogo alla nullità prevista dall’art. 178 lett. a) c.p.p. l’inosservanza delle norme riguardanti la sostituzione del giudice astenuto. (Nel caso di specie, relativo ad ordinanza di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione di misura coercitiva, il G.U.P., rilevata la propria incompatibilità, aveva omesso di investire il presidente del tribunale a norma dell’art. 36, comma terzo, c.p.p., trasmettendo gli altri ad altro giudice). F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41261 (c.c. 17 settembre 2008), Ciurea e altro (C.p.p. art. 33; c.p.p. art. 34; c.p.p. art. 36; c.p.p. art. 178). [RV241931] ■ Incompatibilità – Atti compiuti nel procedimento – Insussistenza dell’incompatibilità Non è incompatibile allo svolgimento delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare il magistrato che, successivamente alla presentazione della richiesta di rinvio a giudizio, abbia emesso un’ordinanza cautelare nei confronti dell’imputato, e ciò perché detta ordinanza è stata assunta nella stessa fase riservata all’esercizio delle funzioni di giudice dell’udienza preliminare. F Cass. pen., sez. II, 10 novembre 2008, n. 41913 (c.c. 22 ottobre 2008), Violento (C.p.p. art. 34). [RV242410] ■ Incompatibilità – Atti compiuti nel procedimento – Precedente pronuncia sulla responsabilità d’altro imputato in concorso non necessario nel reato Fuori dei casi di concorso necessario di persone nel reato, non integra una causa d’incompatibilità del giudice il fatto che questi si sia già pronunciato in ordine alla responsabilità di taluno dei concorrenti nel medesimo reato ma senza aver espresso giudizi sulla responsabilità di concorrenti allora non imputati. F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41268 (c.c. 16 ottobre 2008), Giovannetti e altri (C.p.p. art. 34; c.p.p. art. 36; c.p.p. art. 37). [RV242541] ■ Incompatibilità – Procedimenti in materia di prevenzione – Inammissibilità Le cause di incompatibilità che possono dare luogo alla ricusazione, stante il carattere eccezionale e tassativo delle relative disposizioni, non possono essere invocate con riferimento ad un procedimento in materia di applicazione di misure di prevenzione personali, posto che l’attività pregiudicata deve attenere alla responsabilità penale dell’imputato. F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2821 (c.c. 2 dicembre 2008), De Rito (C.p.p. art. 34; c.p.p. art. 37; L. 27 dicembre 1956, n. 1423; L. 31 maggio 1965, n. 575). [RV242720] mas ma s s ima r i o ■ Ricusazione – Casi – Ricusazione dei magistrati di intero collegio giudicante L’istituto della ricusazione non può essere utilizzato nei confronti di un intero collegio giudicante (nella specie della Corte di appello), bensì soltanto nei confronti dei magistrati che compongono il collegio. F Cass. pen., sez. VI, 4 dicembre 2008, n. 45267 (ud. 21 ottobre 2008), Marinozzi (C.p.p. art. 37). [RV242398] ■ Ricusazione – Di tutti i componenti del collegio di Cassazione – Inammissibilità È inammissibile, in quanto estranea alla fattispecie disciplinata dalla legge processuale, l’istanza di ricusazione presentata nei confronti di una intera sezione della Corte di cassazione e non dei singoli magistrati che ne fanno parte. F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 47 (c.c. 11 dicembre 2008), Bucciarelli (C.p.p. art. 36; c.p.p. art. 37; c.p.p. art. 38; c.p.p. art. 41). [RV241995] ■ Ricusazione – Dichiarazione – Causa di ricusazione divenuta nota La causa di ricusazione del giudice, ai fini della decorrenza del termine previsto dall’art. 38, comma secondo, c.p.p. per la proposizione della relativa dichiarazione, può dirsi divenuta «nota» quando essa sia effettivamente conosciuta dalla parte, non potendosi ritenere sufficiente, a tal fine, la mera conoscibilità; né, in assenza di prova della conoscenza effettiva, è sufficiente ai fini della certezza legale intesa come surrogatoria, il riferimento alla natura dell’atto onde desumerla da essa mentre l’onere della prova spetta a chi contesti la tempestività della detta dichiarazione. (In applicazione di questo principio la S.C. ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto conosciuta la causa di ricusazione «trattandosi di provvedimenti emessi in procedimenti che hanno visto l’istante imputato o indagato, sicché lo stesso ne era sicuramente a conoscenza, in base alle disposizioni processuali che prevedono la necessaria comunicazione di tali atti» affermando che, anche in tal caso, è necessaria la certezza che la comunicazione sia realmente avvenuta in conformità alle predette disposizioni). F Cass. pen., sez. V, 2 febbraio 2009, n. 4396 (c.c. 9 dicembre 2008), Querci (C.p.p. art. 37; c.p.p. art. 38). [RV242609] ■ Ricusazione – Dichiarazione – Soggetti legittimati La dichiarazione di ricusazione può essere proposta esclusivamente dalle «parti» fra le quali non rientra la persona offesa dal reato, che tale qualifica non riveste in senso tecnico. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48494 (c.c. 12 dicembre 2008), P.O. in proc. Dimola e altri (C.p.p. art. 37; c.p.p. art. 90). [RV242149] ■ Ricusazione – Pregressa trattazione da parte del giudice di procedimento contro coimputati del ricusante per fatti fondati su medesime prove – Esclusione È inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del giudice dell’udienza preliminare sul rilievo di una sua presunta incompatibilità, determinata dall’avere egli già trattato in precedenza altro procedimento nei confronti di coimputati per fatti basati su identici elementi di prova per i quali si proceda contro l’imputato ricusante. F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2819 (c.c. 20 novembre 2008), Marabiti e altro (C.p.p. art. 37). [RV242652] Giudizio abbreviato ■ Presupposti – Ammissione di giudizio abbreviato con integrazione probatoria – Mancata acquisizione della prova È affetta da nullità di ordine generale la sentenza emessa all’esito del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria qualora la prova oggetto dell’integrazione non sia stata acquisita. F Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 2008, n. 37551 (ud. 25 giugno 2008), Spinola (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 180; c.p.p. art. 183; c.p.p. art. 438). [RV241953] ■ Procedimento – Decisione – Diversità del fatto rispetto all’imputazione Il giudice del rito abbreviato al pari di quello del rito ordinario, accertato che il fatto è diverso da come descritto nell’imputazione, deve limitarsi a trasmettere gli atti al pubblico ministero, non potendo contestualmente pronunciare sentenza di assoluzione. (In motivazione, la S.C. ha affermato che la regola di cui all’art. 521, comma secondo, c.p.p. è applicabile anche al giudizio abbreviato in quanto espressione del principio generale di correlazione tra imputazione e sentenza). F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 595 (ud. 21 ottobre 2008), P.G. in proc. Anzalone (C.p.p. art. 442; c.p.p. art. 521). [RV242543] ■ Procedimento – Eccezione d’incompetenza per territorio – Improponibilità Nel giudizio abbreviato l’imputato non può sollevare l’eccezione d’incompetenza per territorio, pur se in precedenza già proposta e disattesa, perché egli ha accettato di essere giudicato con un rito in cui manca il segmento processuale dedicato alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari. F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2841 (ud. 20 novembre 2008), Greco e altro (C.p.p. art. 8; c.p.p. art. 21; c.p.p. art. 438). [RV242493] ■ Richiesta – Termini – Tardività La nullità del provvedimento di ammissione del giudizio abbreviato richiesto tardivamente non può essere dedotta dall’imputato che vi ha dato causa. F Cass. pen., sez. II, 4 dicembre 2008, n. 45144 (c.c. 13 novembre 2008), Lottino (C.p.p. art. 182; c.p.p. art. 183; c.p.p. art. 421; c.p.p. art. 422). [RV241977] Giudizio direttissimo ■ Instaurazione – Instaurazione irrituale – Conseguenze L’instaurazione del giudizio direttissimo fuori dei casi previsti dalla legge determina una nullità relativa. F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43232 (ud. 4 novembre 2008), Biagini (C.p.p. art. 181; c.p.p. art. 449; c.p.p. art. 491). [RV241943] ■ Presupposti – Arresto in flagranza – Convalida dell’arresto In tema di convalida dell’arresto e giudizio direttissimo davanti al giudice del dibattimento, l’estrema ristrettezza dei tempi del procedimento, connessa allo status custodiae non richiede che l’avviso dell’udienza sia oggetto di formale notificazione al difensore, dovendo ritenersi sufficiente l’avviso dato dalla polizia giudiziaria al difensore oralmente ovvero a mezzo fax. F Cass. pen., sez. IV, 28 luglio 2008, n. 31454 (ud. 25 giugno 2008), Alberti (C.p.p. art. 558). [RV241900] ■ Presupposti – Arresto in flagranza – Convalida dell’arresto In tema di arresto in flagranza per il reato di cui all’art. 14, comma quinto ter, D.L.vo n. 286 del 1998, il termine per la convalida decorre dalla redazione del verbale all’esito dell’accertamento relativo alla inottemperanza all’ordine di allontanamento e non può essere computato nel detto termine il periodo impiegato per l’accertamento dell’identità mediante i rilievi fotodattiloscopici. F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43718 (c.c. 13 novembre 2008), P.M. in proc. Beremli (C.p.p. art. 381; c.p.p. art. 390; c.p.p. art. 391; c.p.p. art. 449). [RV242099] Giudizio penale di primo grado ■ Dibattimento – Discussione finale – Conclusioni solo in rito e non anche nel merito dell’accusa Non da luogo alla nullità generale per difetto di partecipazione al procedimento del pubblico ministero, l’essersi quest’ultimo limitato, in esito al giudizio, a rassegnare le proprie conclusioni solo in rito e non anche nel merito, in quanto il dovere di partecipazione deve essere valutato in ordine all’an e non al quomodo. (In motivazione la Corte, nell’enunciare tale principio, ha ulteriormente affermato che ciò rientra nella discrezionalità tecnica del P.M.). F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5498 Arch. nuova proc. pen. 1/2010 93 mas ma s s ima r i o (ud. 2 dicembre 2008), Isola e altro (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 523). [RV242482] ■ Dibattimento – Esame dei testimoni – Coimputato e persona offesa In tema di esame testimoniale, quando in capo ad uno stesso soggetto concorrono la condizione di imputato di reato collegato e quella di persona offesa dal reato, quest’ultima, per la sua maggiore pregnanza, è destinata a prevalere, sicché il soggetto deve essere esaminato nella veste di testimone, con l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte. F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2096 (ud. 11 dicembre 2008), De Marco (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 197 bis; c.p.p. art. 210; c.p.p. art. 371). [RV242545] ■ Dibattimento – Esame dei testimoni – Dichiarazioni assunte direttamente dal giudice L’assunzione della prova testimoniale direttamente a cura del giudice, pur non essendo conforme alle regole che disciplinano la prova stessa, non dà luogo ad alcuna nullità, non essendo riconducibile alle previsioni di cui all’art. 178 cod. proc pen., né ad inutilizzabilità, trattandosi di prova assunta non in violazione di divieti posti dalla legge bensì con modalità diverse da quelle prescritte. F Cass. pen., sez. V, 7 ottobre 2008, n. 38271 (ud. 17 luglio 2008), Cutone e altro (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 191; c.p.p. art. 498; c.p.p. art. 499). [RV242025] ■ Dibattimento – Esame dei testimoni – Mancata citazione del teste per l’udienza La mancata citazione del teste per l’udienza può essere valutata dal giudice come comportamento significativo della volontà della parte richiedente di rinunciare alla prova già ammessa. F Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 2103 (ud. 11 novembre 2008), Sinigaglia e altro (C.p.p. art. 190; c.p.p. art. 468; c.p.p. art. 493; c.p.p. art. 495). [RV242346] ■ Dibattimento – Formalità di apertura – Dichiarazione di contumacia L’assoluto impedimento a comparire dell’imputato può sussistere anche in relazione a una malattia di presumibile lunga durata o di carattere cronico, purché determini un impedimento effettivo, legittimo e di carattere assoluto, riferibile ad una situazione non dominabile dall’imputato e a lui non ascrivibile. F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39217 (ud. 11 luglio 2008), Crippa (C.p.p. art. 420 quater). [RV242327] ■ Dibattimento – Formalità di apertura – Dichiarazione di contumacia È nulla per violazione del diritto di intervento dell’imputato l’ordinanza dichiarativa di contumacia che abbia omesso di valutare la documentazione comprovante la sua impossibilità di comparire in udienza. (Nella specie: impedimento fisico certificato dal sanitario della struttura carceraria ove l’imputato era detenuto). F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1201 (ud. 25 novembre 2008), D’Agostino e altri (C.p.p. art. 420 quater). [RV242704] ■ Dibattimento – Lettura di atti, documenti, deposizioni – Condizioni In tema di letture dibattimentali, la valutazione dell’imprevedibilità dell’evento che rende impossibile la ripetizione dell’atto precedentemente assunto, e che ne legittima la lettura ai sensi dell’art. 512 c.p.p., è demandata in via esclusiva al giudice di merito, il quale deve formulare in proposito una «prognosi postuma» sorretta da motivazione adeguata e conforme alle regole della logica. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto legittima la decisione del giudice di merito che aveva proceduto alla lettura delle dichiarazioni rese da persona informata dei fatti che si era resa irreperibile per vicende familiari non connesse in alcun modo al processo). F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1202 (ud. 4 dicembre 2008), P.G. in proc. Albano e altri (C.p.p. art. 512). [RV242712] 94 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Dibattimento – Lettura di atti, documenti, deposizioni – Dichiarazioni rese alla P.G. da cittadina straniera dedita alla prostituzione e successivamente resasi irreperibile Ai fini della legittimità della lettura in dibattimento di dichiarazioni rese in sede di indagini preliminari da cittadina straniera alla polizia giudiziaria e alla valutazione circa l’impossibilità di loro ripetizione, non sono elementi sufficienti a ritenere prevedibile che il testimone si renda irreperibile la sua condizione di straniero e l’esercizio, da parte sua, di attività di meretricio. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46221 (ud. 12 novembre 2008), Tavanxhiu (C.p.p. art. 512). [RV242052] ■ Dibattimento – Nuove contestazioni – Reato concorrente In tema di istruzione dibattimentale, la contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante è consentita sulla base anche dei soli elementi già acquisiti in fase di indagini preliminari, non soltanto perché non vi è alcun limite temporale all’esercizio del potere di modificare l’imputazione in dibattimento, ma anche perché, da un lato, nel caso di reato concorrente, il procedimento dovrebbe retrocedere alla fase delle indagini preliminari e, dall’altro, nel caso di circostanza aggravante, la mancata contestazione nell’imputazione originaria risulterebbe irreparabile, essendo la medesima insuscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio penale. F Cass. pen., sez. II, 22 gennaio 2009, n. 3192 (ud. 8 gennaio 2009), Caltabiano (C.p.p. art. 177; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 516; c.p.p. art. 517). [RV242672] ■ Dibattimento – Questioni preliminari – Riunione dei giudizi In tema di riunione di processi, la regola per la quale il tribunale in composizione collegiale, pur dopo che sia disposta la separazione, conosce anche dei processi del tribunale in composizione monocratica vale esclusivamente per il caso in cui sia intervenuto in precedenza un provvedimento di riunione dei processi prima pendenti separatamente, e non anche per il caso in cui la separazione sia disposta in un processo sin dall’inizio cumulativo. F Cass. pen., sez. II, 31 ottobre 2008, n. 40824 (ud. 9 ottobre 2008), Ruggiero e altri (C.p.p. art. 17). [RV242243] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore Integra una nullità generale a regime intermedio la violazione del diritto di assistenza dell’imputato (in particolare, per erronea esclusione del legittimo impedimento del difensore), sicchè, se essa si verifica nel corso del giudizio di primo grado, non può più essere rilevata o dedotta dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo. F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47105 (ud. 13 novembre 2008), Valente e altri (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 180; c.p.p. art. 420 ter). [RV242257] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore È illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza, presentata per l’impedimento del difensore di fiducia a parteciparvi a causa di malattia, se motivata in relazione alla mancata nomina da parte del difensore impedito di un sostituto processuale o dell’omessa indicazione delle ragioni dell’impossibilità di procedervi, giacché la legge processuale non impone al medesimo alcun obbligo in tal senso. F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47753 (ud. 9 dicembre 2008), Fettah (C.p.p. art. 102; c.p.p. art. 420 ter). [RV242489] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento del difensore In tema di impedimento a comparire del difensore, non può qualificarsi come «prontamente comunicato» un impedimento reso noto non nel momento stesso in cui è stata conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, ma con due soli giorni di anticipo rispetto all’udienza cui l’impedimento si riferiva. mas ma s s ima r i o Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2776 (ud. 2 dicembre 2008), Seminara e altri (C.p.p. art. 420 ter). [RV242711] F ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato L’assoluta impossibilità a comparire derivante da infermità fisica, come causa ostativa del giudizio contumaciale, non va intesa come impedimento esclusivamente meccanico dell’imputato a fare ingresso nell’aula d’udienza, in quanto la facoltà di comparire, che è estrinsecazione dell’esercizio del diritto di difesa, implica che l’imputato sia in grado di presenziare al processo a suo carico in modo vigile ed attivo. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che la patologia riscontrata all’imputato consistita in una sindrome algica lombo-sacrale acuta irradiata ad entrambi gli arti inferiori e trattata con oppioidi forti non solo comportasse una difficoltà nella deambulazione, ma anche l’incapacità a comparire all’udienza per chi volesse esercitare, con la necessaria tranquillità, il diritto di difesa). F Cass. pen., sez. VI, 25 novembre 2008, n. 43885 (ud. 5 novembre 2008), Lamberti (C.p.p. art. 420 ter). [RV241913] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato È legittimo il rigetto dell’istanza dell’imputato di rinvio del dibattimento senza che sia eseguita la visita fiscale, se la detta istanza si basa su un certificato medico che attesta l’impedimento a comparire ma non indica il luogo di degenza, non potendo ipotizzarsi per il giudice, una volta che abbia disposto la visita fiscale di controllo per il luogo di abitazione, l’obbligo di svolgere d’ufficio ulteriori ricerche per rintracciare l’imputato sulla base delle informazioni fornite in loco da un familiare. F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47622 (ud. 29 ottobre 2008), Di Tuccio e altro (C.p.p. art. 420 ter). [RV242295] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato In caso di dubbio sull’attendibilità del certificato medico comprovante l’impedimento a comparire, il giudice, prima di valutarne negativamente la sussistenza, è tenuto a disporre una vista fiscale di controllo per accertare l’effettiva incompatibilità delle condizioni di salute dell’imputato con la partecipazione all’udienza. (Nella fattispecie il giudice d’appello aveva disatteso la certificazione medica attestante un effettivo assoluto impedimento a comparire rilevando l’illeggibilità della firma del medico che l’aveva sottoscritta e l’assenza di qualsiasi indicazione che lo qualificasse, ignorando al contempo che la stessa certificazione era stata redatta sulla carta intestata di una casa di cura e utilizzando in maniera appropriata il linguaggio medico). F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2838 (ud. 20 novembre 2008), Zenobi (C.p.p. art. 420 bis; c.p.p. art. 420 ter). [RV242492] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Impedimento dell’imputato Non è causa di legittimo impedimento a comparire in giudizio la mera ospitalità dell’imputato in una struttura terapeutica di recupero per tossicodipendenti. F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6241 (ud. 14 gennaio 2009), Avallone (C.p.p. art. 420 ter; c.p.p. art. 420 quater). [RV242531] ■ Dibattimento – Rinvio e sospensione – Udienza di rinvio celebrata in orario anticipato rispetto a quello indicato nell’ordinanza di differimento È nulla l’udienza dibattimentale celebrata in proseguimento da precedente udienza, in orario anticipato rispetto a quello indicato nell’ordinanza di differimento del dibattimento. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46228 (ud. 27 novembre 2008), Carlino e altri (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 477). [RV242053] ■ Istruzione dibattimentale – Poteri del presidente – Assunzione di nuovi mezzi di prova L’acquisizione documentale, a richiesta di parte, nel corso della discussione dibattimentale obbliga alla rinnovazione della discussione, a pena di nullità d’ordine generale, anche della sentenza. (In motivazione, la S.C. ha precisato che alle parti deve essere assicurata la facoltà di interloquire sulla documentazione acquisita, previo esame della stessa). F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44524 (ud. 29 ottobre 2008), P.M. in proc. Scarano (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 507; c.p.p. art. 523). [RV241941] Giudizio per decreto ■ Decreto di condanna – Necessità di avviso conclusioni indagini – Esclusione L’avviso di conclusione delle indagini non è dovuto sia nel procedimento per decreto penale di condanna, sia nel conseguente, eventuale giudizio d’opposizione, che si svolga con le forme del decreto di citazione a giudizio immediato. F Cass. pen., sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1794 (ud. 3 dicembre 2008), Carvelli (C.p.p. art. 415 bis; c.p.p. art. 459; c.p.p. art. 460). [RV242499] ■ Divieto di condanna – Declaratoria di nullità del decreto penale di condanna – Restituzione degli atti al P.M È abnorme, e come tale ricorribile per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice, nel dichiarare la nullità del decreto penale di condanna emesso nei confronti dell’imputato, disponga la regressione del procedimento, trasmettendo gli atti al P.M. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48452 (c.c. 20 novembre 2008), P.M. in proc. Esposito (C.p.p. art. 459; c.p.p. art. 464). [RV242142] ■ Opposizione – Legittimazione – Del difensore L’opposizione al decreto penale può essere proposta anche dal difensore d’ufficio. (Fattispecie nella quale il giudice dell’esecuzione aveva rigettato un’istanza della persona condannata con decreto, intesa a farne valere la non esecutività per omessa notifica al difensore d’ufficio, legittimato ad opporlo, sul rilievo che tale notificazione non fosse necessaria). F Cass. pen., sez. I, 8 aprile 2009, n. 15166 (c.c. 4 marzo 2009), Azzinnaro (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 460; c.p.p. art. 461). [RV242839] ■ Opposizione – Richiesta di oblazione – Opposizione con richiesta di oblazione In tema di opposizione a decreto penale con contestuale richiesta di oblazione, il giudice non può riqualificare il fatto contestato, giacché tale facoltà è consentita unicamente nel caso in cui, per effetto delle richieste di giudizio immediato o abbreviato o di applicazione della pena, il decreto penale venga revocato e si dia così ingresso ad un giudizio sul merito della contestazione. F Cass. pen., sez. III, 21 gennaio 2009, n. 2430 (c.c. 22 ottobre 2008), P.G. in proc. Pettine e altro (C.p.p. art. 461; c.p.p. art. 464; c.p.p. art. 521; c.p. art. 162). [RV242342] ■ Opposizione – Rinuncia – Legittimità La rinunzia all’opposizione proposta avverso decreto penale di condanna è legittima, sempre che intervenga prima dell’apertura del dibattimento, ed a condizione che il decreto non sia già stato revocato. F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47505 (ud. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Calcagno (C.p.p. art. 461; c.p.p. art. 589). [RV242467] ■ Richiesta – Rigetto della richiesta – Impugnazione Il provvedimento con il quale il giudice rigetta la richiesta di decreto penale di condanna, disponendo la restituzione degli atti al P.M., è inoppugnabile, non essendo previsto alcun mezzo di impugnazione, e non è qualificabile in termini di abnormità, con conseguente ricorribilità per cassazione, posto che esso trova specifico riscontro normativo nell’art. 459, comma terzo, c.p.p. e non determina alcuna stasi processuale, potendo l’inquirente promuovere l’azione penale nei modi ordinari. F Cass. pen., sez. VI, 4 dicembre 2008, n. 45290 (c.c. 11 novembre 2008), P.M. in proc. Esposito (C.p.p. art. 459; c.p.p. art. 568). [RV242377] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 95 mas ma s s ima r i o ■ Richiesta – Sentenza di proscioglimento pronunciata dal Gip – Impugnazione esperibile È appellabile e non ricorribile per cassazione la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice per le indagini preliminari a seguito di richiesta di emissione di decreto penale di condanna. F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46332 (c.c. 26 novembre 2008), P.G. in proc. Stellino (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 459; c.p.p. art. 568). [RV242353] Impugnazioni penali in genere ■ Ammissibilità o inammissibilità – Inammissibilità – Presenza di due diversi motivi di inammissibilità Il sopravvenuto difetto di interesse all’impugnazione è una causa di inammissibilità che prevale su quella della rinuncia all’impugnazione, eventualmente concorrente, perchè più favorevole, non comportando la condanna al pagamento delle spese. F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2483 (c.c. 9 gennaio 2009), Larosa (C.p.p. art. 591; c.p.p. art. 616). [RV242816] ■ Ammissibilità o inammissibilità – Ricorso per cassazione – Prospettazione unicamente di questione di legittimità costituzionale Il ricorso per cassazione può avere ad oggetto anche soltanto l’eccezione d’illegittimità costituzionale della disposizione applicata dal giudice di merito, in quanto comporta comunque una censura di violazione di legge riferita al provvedimento impugnato, sempre che sussista la rilevanza della questione, nel senso che dall’invocata dichiarazione d’illegittimità possa conseguire una pronuncia favorevole in termini di annullamento, totale o parziale, del provvedimento. F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 409 (c.c. 10 dicembre 2008), Sardelli (C.p.p. art. 591; c.p.p. art. 606; L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 23). [RV242456] ■ Dichiarazione di impugnazione – Forma – Requisiti I reclami previsti dall’ordinamento penitenziario in materia di liberazione anticipata, attesa la loro natura di mezzi d’impugnazione in una procedura ormai giurisdizionalizzata, debbono essere sostenuti, a pena di inammissibilità, da specifici motivi. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48152 (c.c. 18 novembre 2008), Trasmondi (C.p.p. art. 568; c.p.p. art. 581; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 678). [RV242655] ■ Effetto estensivo – Abbreviato non ammesso in primo grado – Richiesta al giudice d’appello di applicazione della relativa diminuente La richiesta di applicazione della diminuente prevista per il rito abbreviato non ammesso nel giudizio di primo grado è motivo di impugnazione non esclusivamente personale e quindi, se accolto, estensibile agli altri imputati, impugnanti o meno, che non lo abbiano proposto. F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri (C.p.p. art. 442; c.p.p. art. 587). [RV242030] ■ Impugnazione del pubblico ministero – Impugnazione proposta dal P.M. e presentata in cancelleria dal difensore della parte civile – Inammissibilità È inammissibile l’appello proposto dal P.M. presentato in cancelleria dal difensore della parte civile, in quanto questi non rientra nell’ambito dei soggetti abilitati alla presentazione dell’impugnazione, posto che nei confronti del suddetto difensore non è ipotizzabile alcun rapporto d’ufficio o di collaborazione con la Procura della Repubblica. F Cass. pen., sez. V, 12 novembre 2008, n. 42064 (ud. 2 luglio 2008), De Alexandris e altro (C.p.p. art. 582). [RV242592] ■ Impugnazione della parte civile – Sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace – Legittimazione della parte civile alla proposizione, ai soli effetti civili, dell’appello La parte civile è legittimata a proporre appello, ai soli effetti civili, avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace, ferma restando la proponibilità del solo ricorso 96 1/2010 Arch. nuova proc. pen. per cassazione, anche ai fini penali (art. 38 D.L.vo n. 274 del 2000), qualora il procedimento sia stato instaurato a seguito di ricorso immediato al giudice. F Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2009, n. 4695 (ud. 5 dicembre 2008), Simoni e altro (C.p.p. art. 576; D.L.vo 28 agosto 2000, n. 274, art. 38). [RV242605] ■ Interesse ad impugnare – Assoluzione ex art. 530, comma secondo, c.p.p. – Esclusione L’imputato ha interesse a impugnare la sentenza di assoluzione, pronunciata in dibattimento per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova (art. 530 comma secondo, c.p.p.), soltanto nell’ipotesi in cui l’accertamento di un fatto materiale sia suscettibile, una volta divenuta irrevocabile la sentenza, di pregiudicare le situazioni giuridiche a lui facenti capo in giudizi civili o amministrativi diversi da quelli di danno (art. 652 e 653 c.p.p.). F Cass. pen., sez. V, 4 dicembre 2008, n. 45091 (ud. 24 ottobre 2008), Burini e altro (C.p.p. art. 530; c.p.p. art. 568). [RV242612] ■ Interesse ad impugnare – Inosservanza o erronea applicazione della legge penale – Impugnazione del P.M Nell’ipotesi di ricorso per cassazione proposto dal P.M. avverso un provvedimento de libertate non sussiste l’interesse richiesto dall’art. 568, comma quarto, c.p.p., quando sia dedotta l’erronea qualificazione giuridica del reato in ordine ad un capo d’imputazione del tutto ininfluente ai fini della realizzazione di un risultato pratico tutelabile con l’impugnazione esperita. (Fattispecie in cui l’impugnato provvedimento aveva ritenuto sussistente l’ipotesi tentata e non consumata del reato di favoreggiamento, determinando una scarcerazione solo formale dell’indagato, che continuava a rimanere sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per gli altri reati di cui all’imputazione). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48488 (c.c. 11 dicembre 2008), P.G. in proc. Manzi (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 568). [RV242429] ■ Interesse ad impugnare – Misura cautelare personale – Passaggio in giudicato della sentenza È inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione dell’imputato avverso il provvedimento de libertate (nella specie l’appello avverso il rigetto della richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere), allorquando, nelle more, per effetto della sentenza di condanna definitiva, al titolo cautelare si sia sovrapposto il diverso titolo rappresentato dall’ordine di esecuzione. F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46795 (c.c. 20 novembre 2008), Ambesi (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 309; c.p.p. art. 310; c.p.p. art. 568). [RV242267] ■ Interessi civili – Estinzione del reato e decisione agli effetti civili – Condanna al risarcimento in primo grado ed estinzione del reato in sede di gravame Il giudice dell’impugnazione, che dichiari estinto il reato per il quale in primo grado è intervenuta condanna, decide ai soli effetti delle disposizioni civili, sempre che l’estinzione del reato sia dichiarata per amnistia o per prescrizione, e non può provvedere allo stesso modo in caso di estinzione del reato urbanistico per sanatoria. F Cass. pen., sez. III, 27 gennaio 2009, n. 3593 (ud. 25 novembre 2008), Orrú e altro (C.p.p. art. 578). [RV242739] ■ Interessi civili – Estinzione del reato e decisione agli effetti civili – Obblighi del giudice del gravame Nel caso in cui, dopo la condanna di primo grado al risarcimento dei danni in favore della parte civile, venga dichiarata, in sede di gravame, la non punibilità dell’imputato ex art. 129 c.p.p., il giudice del gravame è tenuto ad esaminare tutto quanto rilevi ai fini della responsabilità civile e, se da detto esame emerga la prova dell’innocenza, deve ricorrere alla corrispondente formula assolutoria, non potendo l’accertamento effettuato (sia pure ad altri fini) essere posto nel nulla attraverso la mera declaratoria di estinzione del reato. F Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2008, n. 33309 (ud. 8 luglio 2008), Rizzato (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 578). [RV241962] mas ma s s ima r i o ■ Mezzi di impugnazione (tassatività) – Provvedimento di revoca del decreto penale – Esclusione Il provvedimento di revoca del decreto penale di condanna è inoppugnabile, salvo che nei casi di abnormità, nei quali è ricorribile per cassazione. (Fattispecie nella quale la Corte, non ricorrendo l’abnormità della revoca, ha affermato che il suddetto divieto, imposto dal principio di tassatività delle impugnazioni, impedisce di far valere presunti vizi della revoca anche in sede di impugnazione della sentenza emessa all’esito del giudizio conseguentemente incardinato). F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47373 (ud. 25 settembre 2008), Schirripa (C.p.p. art. 185; c.p.p. art. 460; c.p.p. art. 568). [RV242764] ■ Mezzi di impugnazione (tassatività) – Richiesta di emissione di decreto penale di condanna – Sentenza di proscioglimento La sentenza di proscioglimento pronunciata, ex art. 129 c.p.p., dal G.i.p., investito della richiesta di emissione di decreto penale di condanna, può essere impugnata solo con il ricorso per cassazione, ex art. 568 comma secondo, c.p.p. F Cass. pen., sez. V, 2 febbraio 2009, n. 4387 (c.c. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Anello (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 459; c.p.p. art. 568; c.p.p. art. 593). [RV242608] ■ Motivi – Indicazione di motivi generici nell’atto di impugnazione – Successiva presentazione di motivi nuovi ad integrazione e specificazione di quelli già dedotti In materia di impugnazioni, l’indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell’art. 581 lett. c) c.p.p., costituisce di per sè motivo di inammissibilità del proposto gravame, anche se successivamente, ad integrazione e specificazione di quelli già dedotti, vengano depositati nei termini di legge i motivi nuovi ex art. 585, comma quarto, c.p.p. F Cass. pen., sez. VI, 19 dicembre 2008, n. 47414 (ud. 30 ottobre 2008), Arruzzoli e altri (C.p.p. art. 581; c.p.p. art. 585). [RV242129] ■ Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Ordinanza – Emessa nel giudizio È abnorme il provvedimento del Tribunale di revoca dell’ordinanza dibattimentale con cui si dichiarava inammissibile l’istanza di costituzione di parte civile, in ragione del principio generale dell’impugnabilità delle ordinanze dibattimentali soltanto unitamente alla sentenza e in considerazione del fatto che, comunque, al danneggiato non è impedito di esercitare l’azione in sede civile. F Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6633 (c.c. 28 gennaio 2009), Mezzino e altri (C.p.p. art. 75; c.p.p. art. 78; c.p.p. art. 81; c.p.p. art. 88). [RV242728] ■ Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Annullamento del decreto di citazione a giudizio per l’erroneità dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p Non è abnorme, e pertanto non può essere oggetto di ricorso immediato per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice dell’udienza preliminare ritenendo, quand’anche erroneamente, la necessità che l’avviso previsto dall’art. 415 bis c.p.p. contenga le indicazioni previste dall’art. 369 bis comma secondo lett. a) c.p.p. dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio, posto che l’atto è adottato comunque in forza di un potere di cui l’organo decidente è legittimamente dotato e che la decisione non si pone per la sua anomalia o singolarità al di fuori del sistema processuale. F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45383 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Lepri (C.p.p. art. 369 bis; c.p.p. art. 415 bis; c.p.p. art. 552). [RV241972] ■ Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Esclusione Non è abnorme il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero sull’erroneo presupposto della qualificazione del fatto come reato procedibile a citazione diretta. F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47766 (c.c. 6 novembre 2008), P.M. in proc. Lungari (C.p.p. art. 33 sexies; c.p.p. art. 416; c.p.p. art. 550). [RV242747] ■ Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Provvedimenti abnormi – Esclusione Non è abnorme, e quindi non è ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata la mancata notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, dichiara la nullità del decreto di citazione a giudizio, disponendo la restituzione degli atti al P.M., atteso che la dichiarazione di invalidità, se pure insussistente, costituisce esercizio dei poteri propri del giudice e dunque non colloca l’atto fuori dal sistema processuale. (In motivazione la Corte ha rilevato che l’eventuale illegittimità del provvedimento non vale a legittimarne l’impugnazione sotto il profilo dell’abnormità, pena l’elusione del principio di tassatività delle impugnazioni). F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3716 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Schepis e altro (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 415 bis; c.p.p. art. 552; c.p.p. art. 568). [RV242223] ■ Provvedimenti impugnabili o inoppugnabili – Sentenza che dispone misure di sicurezza – Competenza funzionale del tribunale di sorveglianza Spetta al giudice della cognizione sul merito, e non al Tribunale di sorveglianza, la decisione sull’impugnazione avverso le sentenze che applicano misure di sicurezza personali, se l’impugnazione riguarda anche altri «capi» penali ovvero altri «punti» della sentenza, oltre a quelli relativi alle misure di sicurezza. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto competente la Corte di appello a decidere sull’impugnazione che investiva il punto della sentenza assolutoria di primo grado concernente l’accertamento della condotta di istigazione addebitata all’imputato). F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2457 (c.c. 16 dicembre 2008), Pedone (C.p.p. art. 568; c.p.p. art. 579; c.p.p. art. 609; c.p.p. art. 680). [RV242812] ■ Spese – Modifica della decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato – Condanna alle spese processuali In tema di condanna alle spese nei giudizi di impugnazione, il giudice di appello che modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all’imputato non può contestualmente condannarlo alle spese processuali, in quanto tale condanna consegue esclusivamente, e senza possibilità di deroghe, al rigetto dell’impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità; il parziale accoglimento dell’impugnazione dell’imputato non elimina, invece, la condanna di quest’ultimo alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di impugnazione, salvo che il giudice non ritenga, per giusti motivi, di disporne la compensazione. F Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 2008, n. 46453 (ud. 21 ottobre 2008), Colombo e altro (C.p.p. art. 592). [RV242611] ■ Termini – Ordinanze dibattimentali determinanti il regresso del procedimento – Termini per impugnare e loro decorrenza Il termine per impugnare le ordinanze dibattimentali che determinano la regressione del procedimento è di quindici giorni e decorre dalla lettura del provvedimento in udienza. (Fattispecie di impugnazione tardiva da parte del pubblico ministero di una ordinanza dibattimentale con la quale era stata dichiarata la nullità del decreto di citazione a giudizio perché non preceduto dalla notificazione all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini). F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48188 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Vurzer (C.p.p. art. 585). [RV242659] Imputato ■ Dichiarazioni – Indizianti – Dichiarazioni rese al curatore fallimentare Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 63, comma secondo, c.p.p., che prevede Arch. nuova proc. pen. 1/2010 97 mas ma s s ima r i o l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria da chi, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità d’imputato, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione di cui all’art. 220 norme di coordinamento c.p.p., che concerne le attività ispettive e di vigilanza. F Cass. pen., sez. V, 24 settembre 2008, n. 36593 (ud. 18 aprile 2008), Mangano e altri (C.p.p. art. 63). [RV242020] ■ Dichiarazioni – Indizianti – Dichiarazioni rese da soggetto che doveva essere sentito come indagato Il divieto di utilizzazione nei confronti di terzi di dichiarazioni rese da persona che avrebbe dovuto essere sentita in qualità di indagata, non attiene alle dichiarazioni rese al giudice da soggetto che mai abbia assunto la qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini. (In motivazione, la S.C. ha rilevato che, a differenza del pubblico ministero, il giudice non può attribuire ad alcuno, di propria iniziativa, la qualità di imputato o di persona sottoposta ad indagini, dovendo solo verificare che essa non sia già stata formalmente assunta, sussistendo in tal caso l’incompatibilità con l’ufficio di testimone; pertanto il riferimento alla posizione sostanziale del dichiarante non esaurisce la verifica dei presupposti di applicabilità dell’art. 63 c.p.p., verifica che si estende alla necessità della successiva formale instaurazione del procedimento a suo carico). F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43232 (ud. 4 novembre 2008), Biagini (C.p.p. art. 63; c.p.p. art. 197). [RV241942] Indagini preliminari ■ Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Avviso dell’udienza al difensore In tema di udienza di convalida dell’arresto in flagranza e del fermo, deve ritenersi «non reperito» ai fini della nomina del difensore d’ufficio, il difensore che non sia stato possibile rintracciare sulla base delle informazioni disponibili ed a seguito di una seria ricerca. (Fattispecie nelle quale la polizia giudiziaria si era recata presso lo studio del difensore senza trovarvi alcuno, ed aveva invano cercato di contattarlo telefonicamente, non riuscendo ad acquisire alcuna informazione sul domicilio: la S.C. ha ritenuto, in questo caso, la serietà delle ricerche, a nulla rilevando che non fosse stato lasciato un avviso in segreteria telefonica). F Cass. pen., sez. IV, 20 ottobre 2008, n. 39274 (ud. 25 settembre 2008), Proietti e altro (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 391). [RV242180] ■ Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Mancata convalida In caso di arresto eseguito per un delitto punito nel massimo con pena non superiore a tre anni, l’applicazione di una misura coercitiva al di fuori dei limiti di pena previsti dall’art. 280 c.p.p. è illegittima qualora l’arresto non sia stato convalidato. F Cass. pen., sez. V, 3 febbraio 2009, n. 4684 (c.c. 10 dicembre 2008), Maida (C.p.p. art. 280; c.p.p. art. 381; c.p.p. art. 391). [RV242782] ■ Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza L’avviso al difensore della fissazione dell’udienza di convalida dell’arresto in flagranza o del fermo d’indiziato può essere dato anche per mezzo del telefax. (La Corte ha precisato che resta onere del difensore accertarsi della ricezione della comunicazione presso il proprio studio professionale). F Cass. pen., sez. II, 31 ottobre 2008, n. 40863 (c.c. 9 ottobre 2008), Valenti (C.p.p. art. 390). [RV242407] ■ Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza In materia di convalida dell’arresto in flagranza, il termine di quarantotto ore imposto dalla legge per gli adempimenti del giudice si riferisce all’inizio dell’udienza di convalida, non avendo rilevanza il momento in cui sono emessi i provvedimenti del giudice, purché intervengano, senza alcuna soluzione di continuità, nello svolgimento dell’udienza stessa. Quando invece l’ordinanza non venga «pronunciata» all’esito dell’udienza, ma venga «de- 98 1/2010 Arch. nuova proc. pen. positata» successivamente, tale deposito deve necessariamente essere effettuato entro le 48 ore decorrenti dal momento in cui l’arrestato o fermato è stato posto a disposizione del giudice, giacché l’intervenuta soluzione di continuità tra udienza di convalida e deposito del provvedimento, non presentando carattere di necessità ed essendo, quindi, evitabile, non giustificherebbe l’inosservanza del predetto termine perentorio. F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46063 (c.c. 25 novembre 2008), Torcasio e altro (C.p.p. art. 391). [RV242044] ■ Arresto in flagranza e fermo – Convalida – Udienza La procedura di convalida dell’arresto è caratterizzata da una speciale urgenza e pertanto, qualora il difensore di fiducia dell’arrestato non risulti prontamente reperibile, il giudice deve designare un difensore di ufficio immediatamente reperibile, senza prima effettuare ulteriori tentativi di notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza a quello di fiducia. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48428 (c.c. 20 novembre 2008), Obidigbo (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 391). [RV242378] ■ Arresto in flagranza e fermo – Facoltativo – Convalida Nel giudizio di convalida dell’arresto facoltativo in flagranza di reato, il controllo non può essere limitato al riscontro dell’osservanza dei requisiti formali dell’arresto, ma deve essere esteso ai presupposti sostanziali per l’adozione della misura limitativa della libertà. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48429 (c.c. 20 novembre 2008), Giai Checco (C.p.p. art. 380; c.p.p. art. 381; c.p.p. art. 391). [RV241994] ■ Arresto in flagranza e fermo – Stato di flagranza – Decorso di un certo lasso di tempo In tema di stupefacenti, non sussiste lo stato di quasi flagranza che rende legittimo l’arresto, quando sia trascorso un certo lasso di tempo (nella specie, oltre tre ore) tra la condotta illecita ed il fattivo intervento della polizia giudiziaria, durante il quale l’azione della polizia giudiziaria si sia svolta, non per inseguire e raggiungere l’autore del reato, ma per sequestrare lo stupefacente ed assumere le dichiarazioni dei cessionari, al fine di risalire alla persona dello spacciatore. F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42041 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Manuguerra (C.p.p. art. 382; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73). [RV241918] ■ Attività ad iniziativa della polizia giudiziaria – Accertamenti – Anche diretti all’acquisizione della notizia di reato Gli accertamenti della polizia giudiziaria, nel caso di specie diretti all’acquisizione di una notizia di reato commesso da un dipendente pubblico, non trovano limitazioni nelle disposizioni dello Statuto dei lavoratori che fanno divieto al datore di lavoro di adibire le guardie particolari giurate alla vigilanza sull’attività di lavoro dei dipendenti, se non per la tutela del patrimonio aziendale. F Cass. pen., sez. II, 2 dicembre 2008, n. 44912 (ud. 30 ottobre 2008), Sozzo (C.p.p. art. 55; c.p.p. art. 330; L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 2; L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 3). [RV242246] ■ Attività ad iniziativa della polizia giudiziaria – Sequestro – Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore La violazione dell’obbligo, da parte della polizia giudiziaria, di avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel corso di un sequestro integra una nullità a regime intermedio che può essere fatta valere anche in sede di riesame. F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44538 (c.c. 9 ottobre 2008), Elefante (C.p.p. art. 182; c.p.p. art. 185; c.p.p. art. 354). [RV241904] ■ Attività del P.M. – Accertamenti tecnici non ripetibili – Avviso agl iinteressati Il prelievo di tracce biologiche su un oggetto rinvenuto nel luogo del commesso reato e le successive analisi dei polimorfismi del DNA., per l’individuazione del profilo genetico per eventuali mas ma s s ima r i o confronti, sono utilizzabili se non sia stato possibile osservare, in quanto l’indagine preliminare si svolgeva contro ignoti, le garanzie di partecipazione difensiva previste per gli accertamenti tecnici irripetibili compiuti dal pubblico ministero. F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37708 (c.c. 24 settembre 2008), Vastante (C.p.p. art. 360). [RV242094] ■ Attività del P.M. – Accertamento sulle particelle di polvere da sparo prelevate con lo «stub» – Natura L’analisi spettroscopica sulle particelle di polvere da sparo prelevate a mezzo del cosiddetto stub è accertamento tecnico ripetibile e dunque per la sua esecuzione nel corso delle indagini preliminari non deve essere previamente avvisato il difensore dell’indagato, mentre i suoi risultati possono essere utilizzati ai fini dell’adozione di un provvedimento cautelare ancorchè acquisiti senza contraddittorio con la difesa. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48415 (c.c. 14 ottobre 2008), Nirta (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 359; c.p.p. art. 360). [RV242385] ■ Attività del P.M. – Documentazione degli atti – Consulenza tecnica In tema di documentazione degli atti del P.M., l’assenza dell’ausiliario all’atto della redazione del verbale d’affidamento di un incarico di consulenza tecnica e la mancata sottoscrizione del verbale da parte di quest’ultimo costituiscono irregolarità processuali, in quanto tali inidonee a determinare la nullità dell’atto o della relazione depositata dal consulente tecnico. F Cass. pen., sez. III, 15 gennaio 2009, n. 1264 (c.c. 4 dicembre 2008), Speranza e altri (C.p.p. art. 142; c.p.p. art. 177; c.p.p. art. 359; c.p.p. art. 360). [RV242157] ■ Chiusura – Archiviazione – Opposizione della persona offesa La persona danneggiata non è legittimata a proporre opposizione alla richiesta d’archiviazione, spettando questa facoltà unicamente alla persona offesa, che deve essere identificata nel titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la legittimazione all’opposizione di chi assuma di avere subito pregiudizio dalla condotta illecita d’edificazione abusiva, essendo persona offesa di tale reato la sola pubblica amministrazione). F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6229 (c.c. 14 gennaio 2009), P.O. in proc. Celentano e altri (C.p.p. art. 90; c.p.p. art. 408; c.p.p. art. 410; L. 06 giugno 2001, n. 380, art. 44). [RV242532] ■ Chiusura – Archiviazione – Riapertura delle indagini La proposizione della richiesta di misura cautelare personale può fondarsi su atti di indagine compiuti in assenza del decreto di riapertura del G.i.p. se il fatto addebitato non è identico nelle componenti oggettive a quello oggetto del provvedimento di archiviazione, in precedenza disposto. (Fattispecie in cui la richiesta cautelare era stata proposta per un reato associativo con riferimento ad un periodo temporale di commissione diverso e più ampio rispetto a quello di cui alla notizia di reato dichiarata infondata con provvedimento di archiviazione). F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 546 (c.c. 18 dicembre 2008), Giordano (C.p.p. art. 408; c.p.p. art. 414). [RV242722] ■ Chiusura – Archiviazione – Richiesta del pubblico ministero Il pubblico ministero ha facoltà di proseguire le indagini anche dopo aver avanzato la richiesta d’archiviazione. (Fattispecie relativa alla ritenuta legittimità del deposito degli esiti di una consulenza tecnica successivamente alla presentazione dell’opposizione alla richiesta d’archiviazione da parte della persona offesa dal reato). F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4272 (c.c. 28 novembre 2008), P.C. in proc. Nappi e altri (C.p.p. art. 405; c.p.p. art. 408; c.p.p. art. 419; c.p.p. art. 430). [RV242501] ■ Chiusura – Avviso all’indagato – Richiesta dell’indagato di essere interrogato La richiesta di interrogatorio fatta dall’indagato, che ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, può essere trasmessa al P.M. anche mediante telegramma o lettera raccomandata, purché la sottoscrizione sia autenticata dal difensore o da altro pubblico ufficiale abilitato. F Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 2109 (ud. 2 dicembre 2008), Carenza (C.p.p. art. 415 bis). [RV242273] ■ Chiusura – Avviso di conclusione delle indagini – Richiesta di effettuazione dell’interrogatorio dell’indagato Il tardivo svolgimento dell’interrogatorio dell’indagato, oltre il trentesimo giorno dalla richiesta fatta dallo stesso a seguito della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, non comporta la nullità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione a giudizio. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato senza rinvio, ritenendone l’abnormità, l’ordinanza con la quale il giudice per l’udienza preliminare aveva dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio a causa della tardiva effettuazione dell’interrogatorio richiesto dall’indagato). F Cass. pen., sez. I, 9 gennaio 2009, n. 404 (c.c. 10 dicembre 2008), P.M. in proc. Satariano (C.p.p. art. 405; c.p.p. art. 407; c.p.p. art. 415 bis). [RV242455] ■ Chiusura – Avviso ex art. 415 bis c.p.p. – Regressione del procedimento Nel caso in cui gli atti siano trasmessi al P.M. per l’ulteriore corso, a seguito dell’annullamento della sentenza di primo grado, non è dovuta la rinnovazione dell’avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il Tribunale aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione a giudizio per omissione dell’avviso di conclusione delle indagini). F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42037 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Pelosi (C.p.p. art. 415 bis). [RV241916] ■ Chiusura – Notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini – Omissione La nullità conseguente all’omessa notifica all’imputato dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non integra una nullità assoluta e insanabile, in quanto non riguarda la citazione dell’imputato stesso, bensì una nullità a regime intermedio, con la conseguenza che essa deve essere eccepita o rilevata di ufficio fino alla deliberazione della sentenza di primo grado. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47529 (c.c. 2 dicembre 2008), P.M. in proc. Barcellona e altro (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 415 bis). [RV242075] ■ Chiusura – Richiesta di archiviazione – Insussistenza di gravi indizi di colpevolezza Il dovere del pubblico ministero di richiedere l’archiviazione in seguito alla pronuncia della Corte di cassazione sull’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, e sempre che non vi siano ulteriori acquisizioni di elementi a carico, non opera nel caso di omessa impugnazione da parte del pubblico ministero dell’ordinanza di riesame che abbia annullato il provvedimento cautelare per carenza di gravi indizi di colpevolezza. F Cass. pen., sez. II, 11 dicembre 2008, n. 45825 (ud. 11 novembre 2008), Langella (C.p.p. art. 405). [RV242095] ■ Chiusura – Termini – Proroga L’ordinanza del G.i.p. che decide sulla richiesta di proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari non è impugnabile, neppure attraverso il ricorso per cassazione. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48430 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. in proc. Della Croce Di Dojol (C.p.p. art. 406; c.p.p. art. 568). [RV242137] ■ Incidente probatorio – Incidente probatorio disposto da Gip dopo la conclusione delle indagini preliminari – Abnormità Non è abnorme l’ordinanza con la quale il G.I.P. accoglie la richiesta d’incidente probatorio, di cui all’art. 392, comma secondo c.p.p., nel tempo che decorre dalla conclusione delle indagini preliminari e la celebrazione dell’udienza preliminare. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha precisato che le Arch. nuova proc. pen. 1/2010 99 mas ma s s ima r i o censure riguardanti la patologia genetica dell’atto così assunto e l’utilizzabilità dei suoi risultati vanno ritualmente proposte alla valutazione funzionale del G.U.P.). F Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2008, n. 42038 (c.c. 21 ottobre 2008), P.M. in proc. Desideri (C.p.p. art. 392; c.p.p. art. 568). [RV241917] ■ Incidente probatorio – Perizia – Esame orale del perito L’assunzione della perizia in incidente probatorio implica l’esposizione orale del perito e il conseguente esame dello stesso ad opera delle parti. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44847 (ud. 5 novembre 2008), Valenti e altro (C.p.p. art. 224; c.p.p. art. 226; c.p.p. art. 227; c.p.p. art. 392). [RV242192] ■ Incidente probatorio – Udienza – Esame del teste minorenne Il giudice dell’incidente probatorio ha il potere di valutare discrezionalmente se sussistano le condizioni per l’adozione della particolare modalità di espletamento dell’esame protetto del testimone minorenne, tenuto conto delle esigenze del minore stesso. (Fattispecie nella quale l’esame era avvenuto in una stanza adiacente quella d’udienza, con la porta aperta e le luci accese, presenti la madre e la sorella del minore). F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7141 (ud. 8 gennaio 2009), Rosato e altro (C.p.p. art. 177; c.p.p. art. 392; c.p.p. art. 398). [RV242826] ■ Udienza preliminare – Assunzione delle prove – Integrazione delle indagini È illegittimo ma non abnorme il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare dichiari l’inutilizzabilità, o altro vizio meramente procedurale, di un atto compiuto dal P.M., disponendo che questi provveda a completare le indagini mediante la rinnovazione dell’atto. (La Corte ha precisato che l’integrazione prevista dall’art. 421 bis c.p.p. riguarda esclusivamente gli adempimenti istruttori, e non si estende alla sanatoria dei vizi procedurali, e che il provvedimento impugnato, sotto il profilo strutturale, per la sua singolarità, non si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale e, sotto il profilo funzionale, non determina la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo). F Cass. pen., sez. IV, 12 novembre 2008, n. 42131 (ud. 30 settembre 2008), Guerriero e altri (C.p.p. art. 421 bis). [RV242183] ■ Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere Il giudice dell’udienza preliminare, a fronte di elementi di prova favorevoli all’imputato che in dibattimento condurrebbero all’assoluzione, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere solo in forza di un giudizio prognostico di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell’acquisizione di nuove prove o di una diversa rivalutazione degli elementi in atti. F Cass. pen., sez. II, 11 settembre 2008, n. 35178 (c.c. 3 luglio 2008), P.M. in proc. Brunetti (C.p.p. art. 425). [RV242092] ■ Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere Lo scrutinio demandato al Giudice dell’udienza preliminare in ordine all’emissione della sentenza di non luogo a procedere attiene alla valutazione della insussistenza delle condizioni su cui fondare la prognosi di evoluzione in senso favorevole all’accusa del materiale probatorio raccolto. (Nella specie, relativa ai reati di estorsione aggravata e di trattamento illecito di dati personali, la Corte ha ritenuto di annullare il provvedimento del Gup sul presupposto, in particolare, della non applicabilità dell’art. 136 D.L.vo n. 196 del 2003 trattamento del dato senza consenso per finalità giornalistiche all’ipotesi, di cui al processo, in cui le fotografie oggetto della richiesta asseritamente estorsiva non solo non erano state pubblicate, ma erano «offerte» alla presunta vittima in cambio di denaro proprio con la minaccia della loro pubblicazione). F Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2008, n. 45046 100 1/2010 Arch. nuova proc. pen. (c.c. 11 novembre 2008), P.M. in proc. Corona e altri (C.p.p. art. 425; D.L.vo 30 giugno 2003, n. 196, art. 136). [RV242222] ■ Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere È ammissibile l’impugnazione proposta dal P.M. per incongruità della motivazione della sentenza di non luogo a procedere con l’imputazione; detta impugnativa, infatti, ha per oggetto un provvedimento preordinato a formulare una prognosi di sostenibilità dell’accusa in giudizio sulla scorta dell’esame delle risultanze delle indagini preliminari e per tale motivo deve affrontare l’esame del materiale che potrebbe formare successivo oggetto di valutazione dibattimentale e deve nella motivazione essere congruente con l’ipotesi di accusa formulata a carico dell’imputato, valutando le emergenze delle indagini preliminari con specifico riguardo alla tesi di accusa che il P.M. chiede di sostenere nel dibattimento; ove detta congruenza, come nella specie, manchi, la sentenza di non luogo a procedere è illegittima e deve essere annullata con rinvio. F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46307 (c.c. 17 ottobre 2008), P.G. in proc. Berretta (C.p.p. art. 424; c.p.p. art. 425; c.p.p. art. 426). [RV242606] ■ Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere La sentenza di non luogo a procedere è emessa quando si è in presenza di una situazione probatoria pacifica (esistenza della prova dell’innocenza o mancanza della prova della colpevolezza), quando il quadro probatorio è insufficiente o contraddittorio, o, ancora, quando non vi sono elementi sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio, secondo una valutazione prognostica sulla potenzialità espansiva, nel futuro dibattimento, degli elementi di prova disponibili. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che il G.u.p. non avesse spiegato, nella motivazione dell’impugnata sentenza di non luogo a procedere, la ragione per la quale una serie di dubbi apoditticamente adombrati in ordine al processo causale che aveva cagionato l’evento letale, non potesse essere superata nella sede dibattimentale). F Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2008, n. 46403 (c.c. 28 ottobre 2008), P.M. in proc. Mior e altri (C.p.p. art. 425; c.p. art. 589). [RV242170] ■ Udienza preliminare – Decisione – Sentenza di non luogo a procedere Il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere, ex art. 606, comma primo lett. d) ed e), c.p.p., non può avere per oggetto gli elementi acquisiti dal Pubblico Ministero ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti. F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2652 (c.c. 27 novembre 2008), Sorbello e altro (C.p.p. art. 425; c.p.p. art. 428; c.p.p. art. 606). [RV242500] ■ Udienza preliminare – Declaratoria immediata di determinate cause di non punibilità a seguito della richiesta di rinvio a giudizio – Decisione adottata de plano Il giudice dell’udienza preliminare, investito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell’imputato, non può emettere sentenza di non doversi procedere per la ritenuta sussistenza di una causa di non punibilità senza la previa fissazione della udienza in camera di consiglio. F Cass. pen., sez. II, 3 dicembre 2008, n. 45049 (c.c. 25 novembre 2008), P.G. in proc. Bodea (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 425; c.p.p. art. 469; c.p.p. art. 529). [RV241979] ■ Udienza preliminare – Fascicolo – Per il dibattimento La comunicazione della notizia di reato contenente dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa nei confronti dell’imputato può essere acquisita al fascicolo del dibattimento ed utilizzata per la decisione ai sensi dell’art. 512 c.p.p., anche in assenza di consenso da parte dell’imputato, qualora per circostanze obiettive l’atto debba essere qualificato come irripetibile mas ma s s ima r i o per esserne venuta meno la possibilità di rinnovazione attraverso l’audizione del dichiarante. (Fattispecie in cui la persona offesa era deceduta nelle more del giudizio). F Cass. pen., sez. VI, 3 dicembre 2008, n. 44970 (ud. 6 novembre 2008), Romondia (C.p.p. art. 431; c.p.p. art. 493; c.p.p. art. 512). [RV241905] ■ Udienza preliminare – Richiesta di rinvio a giudizio – Fascicolo delle indagini preliminari Il mancato deposito, unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio, di parte della documentazione relativa alle indagini espletate non è causa di nullità della richiesta stessa, ma comporta soltanto l’inutilizzabilità degli atti non trasmessi. (Fattispecie nella quale alcuni atti, ritualmente depositati insieme all’avviso di chiusura delle indagini preliminari, erano stati trasmessi al G.u.p. tardivamente: la Corte ne ha ritenuto l’utilizzabilità, escludendo che, in siffatta situazione, la difesa potesse lamentare pregiudizi, trattandosi di atti già conosciuti o conoscibili sin dalla ricezione del predetto avviso). F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47497 (ud. 19 novembre 2008), Giangrasso (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 191; c.p.p. art. 415 bis; c.p.p. art. 416). [RV242762] Istituti di prevenzione e pena (ordinamento penitenziario) ■ Misure alternative alla detenzione in genere – Concessione o diniego – Stato di custodia in carcere per titolo diverso da quello in esecuzione Lo stato di custodia cautelare in carcere per causa diversa da quella relativa al titolo in esecuzione non è di per sé preclusivo della valutazione nel merito e, qualora ne ricorrano i presupposti, dell’ammissione a una misura alternativa alla detenzione, incidendo la detenzione solo sulla pratica possibilità di esecuzione della misura, che va postergata alla cessazione della misura custodiale. F Cass. pen., sez. I, 18 dicembre 2008, n. 47017 (c.c. 30 ottobre 2008), Vella (C.p.p. art. 292; c.p.p. art. 656). [RV242058] ■ Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Affidamento in prova in casi particolari La modificazione dell’art. 94 del D.P.R. n. 309 del 1990, per effetto della legge n. 49 del 2006, non ha dispiegato alcun effetto sulla competenza del Tribunale di sorveglianza a decidere in materia d’affidamento in prova in casi particolari per persone non detenute od internate. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito che, solo nel caso di persone ristrette in istituti di prevenzione e pena, la novella legislativa ha comportato la sostituzione della competenza del tribunale di sorveglianza, «individuato con riferimento alla sede del Pubblico Ministero, investito dell’esecuzione» con quella del tribunale di sorveglianza «del luogo di detenzione»). F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44315 (c.c. 14 ottobre 2008), Mastrovito (D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 390, art. 91; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 390, art. 94; c.p.p. art. 677). [RV242234] ■ Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Eccezione di incompetenza Anche nel procedimento di sorveglianza trova applicazione la regola generale dell’art. 22, comma secondo, c.p.p., secondo la quale l’eccezione di incompetenza per territorio va proposta, a pena di decadenza, entro la fase di controllo della costituzione delle parti, in mancanza dell’udienza preliminare. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47528 (c.c. 2 dicembre 2008), Pulci (C.p.p. art. 22; c.p.p. art. 678). [RV242074] ■ Procedimento di sorveglianza – Competenza per territorio – Semidetenzione La previsione, in tema di modalità di esecuzione della semidetenzione, della competenza del magistrato di sorveglianza del luogo di residenza del condannato, ha natura di deroga speciale alla previsione codicistica circa la competenza territoriale del magistrato di sorveglianza. F Cass. pen., sez. I, 3 dicembre 2008, n. 45001 (c.c. 18 novembre 2008), Di Rocco (C.p.p. art. 28; c.p.p. art. 677; L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 62). [RV242239] ■ Procedimento di sorveglianza – Difensore fiduciario – Nomina intervenuta nel procedimento di cognizione o esecuzione La nomina del difensore di fiducia intervenuta nel procedimento di cognizione o in quello di esecuzione non spiega effetti in quello di sorveglianza. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47530 (c.c. 2 dicembre 2008), Sansone (C.p.p. art. 96; c.p.p. art. 666; c.p.p. art. 678). [RV242076] ■ Procedimento di sorveglianza – Principio del ne bis in idem – Operatività Il principio del ne bis in idem sancito dall’art. 649 c.p.p. è operante, oltre che nel procedimento di cognizione, anche per le ordinanze emesse dalla magistratura di sorveglianza, sicché, in mancanza di elementi nuovi, non è consentito al magistrato di sorveglianza di revocare l’ordinanza di remissione del debito. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44849 (c.c. 14 ottobre 2008), Calandruccio (C.p.p. art. 649; c.p.p. art. 666; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6). [RV242193] ■ Trattamento penitenziario – Benefici penitenziari – Pena risultante da cumulo giuridico Il cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato è scindibile ai fini della fruizione dei benefici penitenziari allorché il condannato abbia espiato per intero la pena relativa ai reati ostativi. Tuttavia, allorché il reato ostativo non coincida con la violazione più grave, ma sia solo un reato satellite, lo scioglimento del cumulo formatosi per effetto della continuazione non può non determinare il ripristino per esso della pena edittale prevista, calcolata nel minimo, e quindi con esclusione di qualsiasi riferimento alla pena inflitta in concreto a titolo di aumento per la continuazione, giacché tale riferimento non ha più ragione di essere, una volta che si sia operato lo scioglimento del vincolo giuridico dovuto alla continuazione. (Nella specie, in relazione a condanna a pena, diminuita per il rito abbreviato, a cinque anni di reclusione e 8.600 euro di multa per cessione di sostanze stupefacenti ed estorsione aggravata reato, quest’ultimo, ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, per il quale era stato applicato, a norma dell’art. 81 c.p., l’aumento sulla pena stabilita per il primo reato, indicato come il più grave era stata avanzata istanza di sospensione dell’ordine di esecuzione concernente il residuo di pena da espiare dopo la detrazione della custodia cautelare presofferta e di tre anni per l’indulto elargito con legge n. 241 del 2006. Nell’enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha ritenuto che la pena alla quale fare riferimento per la sospensione dell’ordine di esecuzione dovesse essere quella di quattro anni di reclusione, così ridotta per il rito quella prevista come minima per l’estorsione aggravata). F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46246 (c.c. 5 novembre 2008), Sanna (C.p. art. 81; c.p. art. 629; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73; c.p.p. art. 656). [RV242086] ■ Trattamento penitenziario – Intercettazione di conversazioni di detenuti – Divieto di controllo Il divieto di controllo auditivo dei colloqui dei detenuti con i congiunti ed altri visitatori è finalizzato a garantire la riservatezza del contenuto di detti colloqui, sì che è consentita la registrazione fonetica dei timbri e delle qualità delle voci degli interlocutori, nei termini strettamente funzionali al solo riconoscimento delle voci stesse. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto utilizzabile consulenza fonica del P.M. con cui si era effettuata la comparazione tra la voce risultante da comunicazioni telefoniche oggetto d’intercettazione e la voce dell’imputato registrata durante i suddetti colloqui). F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3932 (c.c. 28 novembre 2008), Martinelli (C.p.p. art. 191; c.p.p. art. 233). [RV242524] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 101 mas ma s s ima r i o ■ Trattamento penitenziario – Regime detentivo differenziato ex art. 41 bis c.p. – Proroga La proroga del regime di detenzione differenziato previsto dall’art. 41 bis L. n. 354 del 1975 non può trovare giustificazione soltanto nella permanenza in vita dell’associazione mafiosa e nell’assenza di atteggiamento collaborativo da parte del detenuto che con detta associazione abbia tenuto contatti. F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4428 (c.c. 14 gennaio 2009), Riedo (C.p.p. art. 125; L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 41 bis). [RV242797] ■ Uffici di sorveglianza – Magistratura di sorveglianza – Competenza per territorio La competenza per territorio a disporre l’affidamento in prova in casi particolari a norma dell’art. 94 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope) appartiene, nell’ipotesi di misura richiesta da persona detenuta all’atto dell’emissione dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione, al tribunale di sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato al momento della richiesta. F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3856 (c.c. 13 gennaio 2009), Giannella (L. 21 febbraio 2006, n. 49; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 94; c.p.p. art. 656; c.p.p. art. 677). [RV242441] Misure cautelari personali ■ Arresti domiciliari – Divieto di comunicazione con persone non coabitanti – Imposizione per fini di prevenzione di esigenze cautelari non endoprocessuali È legittima l’imposizione del divieto di comunicazione con persone non coabitanti disposta nei confronti dell’imputato agli arresti domiciliari in funzione non solo di tutela di esigenze cautelari endoprocessuali, ma anche di prevenzione sociale, intesa a prevenire la commissione di ulteriori reati della stessa specie, e dell’esigenza di scongiurare la maggiore probabilità del pericolo di fuga. F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3516 (c.c. 15 ottobre 2008), Turra (C.p.p. art. 274; c.p.p. art. 284). [RV242656] ■ Condizioni di applicabilità – Divieto – Sussistenza La presunzione di cui all’art. 275, comma quarto, c.p.p., che esclude l’applicabilità della custodia in carcere nei confronti di chi ha superato l’età di settanta anni, prevale su quella di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, c.p.p., sicché, anche in tali casi, il mantenimento dello stato di custodia carceraria di ultrasettantenne presuppone la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. F Cass. pen., sez. I, 16 gennaio 2009, n. 1438 (c.c. 27 novembre 2008), Froncillo e altro (C.p.p. art. 275). [RV242742] ■ Condizioni di applicabilità – Esigenze cautelari – Valutazione In tema di misure cautelari personali, una volta intervenuta la sentenza di condanna, la valutazione delle esigenze cautelari, anche in sede di riesame, deve mantenersi nell’ambito della ricostruzione operata dalla pronuncia di merito, non solo per quel che attiene all’affermazione di colpevolezza e alla qualificazione giuridica ma, anche, per tutte le circostanze di fatto, che non possono essere apprezzate in modo diverso. F Cass. pen., sez. II, 22 gennaio 2009, n. 3173 (c.c. 19 dicembre 2008), Di Martino (C.p.p. art. 274; c.p.p. art. 299; c.p.p. art. 649). [RV242474] ■ Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevolezza – Dichiarazioni non verbalizzate dalla P.G: rese dalla persona offesa nell’imminenza del fatto Sono utilizzabili in sede cautelare le dichiarazioni della persona offesa raccolte dalla polizia giudiziaria nell’immediatezza del fatto, non verbalizzate per l’urgenza determinata dalla necessità del suo ricovero ospedaliero, ma acquisite al procedimento attraverso la deposizione della stessa autorità di pubblica sicurez- 102 1/2010 Arch. nuova proc. pen. za. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47545 (c.c. 2 dicembre 2008), Morfei e altro (C.p.p. art. 195). [RV242217] ■ Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevolezza – Individuazione di persona dinanzi alla P.G Integra gli estremi del grave indizio di colpevolezza, pur non essendo una prova formale, l’individuazione di persona eseguita dinanzi all’autorità di polizia giudiziaria. F Cass. pen., sez. I, 22 dicembre 2008, n. 47545 (c.c. 2 dicembre 2008), Morfei e altro (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 361). [RV242216] ■ Condizioni di applicabilità – Gravi indizi di colpevolezza – Risultanze di altro procedimento non ancora conclusosi con sentenza definitiva I gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’applicazione di una misura cautelare personale possono essere validamente costituiti dalle risultanze di altri procedimenti non ancora conclusi con sentenza divenuta irrevocabile, atteso che la previsione di cui all’art. 238 bis c.p.p. si riferisce esclusivamente alle fonti di prova utilizzabili nel giudizio. F Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2009, n. 88 (c.c. 6 novembre 2008), Calabrese e altro (C.p.p. art. 238; c.p.p. art. 238 bis; c.p.p. art. 273). [RV242376] ■ Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri In tema di custodia cautelare in carcere applicata nei confronti dell’indagato del delitto d’associazione di tipo mafioso, l’art. 275, comma terzo, c.p.p. pone una presunzione di pericolosità sociale che può essere superata solo quando sia dimostrato che l’associato ha stabilmente rescisso i suoi legami con l’organizzazione criminosa, con la conseguenza che al giudice di merito incombe l’esclusivo onere di dare atto dell’inesistenza d’elementi idonei a vincere tale presunzione. Ne deriva che la prova contraria, costituita dall’acquisizione di elementi dai quali risulti l’insussistenza delle esigenze cautelari, si risolve nella ricerca di quei fatti che rendono impossibile (e perciò stesso in assoluto e in astratto oggettivamente dimostrabile) che il soggetto possa continuare a fornire il suo contributo all’organizzazione per conto della quale ha operato, con la conseguenza che, ove non sia dimostrato che detti eventi risolutivi si sono verificati, persiste la presunzione di pericolosità. F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46060 (c.c. 14 novembre 2008), Verolla (C.p. art. 416 bis; c.p.p. art. 275). [RV242041] ■ Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri Non sussiste il divieto di custodia cautelare in carcere dell’imputato padre di prole infratreenne, qualora l’impedimento della madre ad assisterla sia costituito dalla sua attività lavorativa. (Nella specie, si è ritenuto che non ricorresse l’assoluta impossibilità di assistenza del minore nel concorso di un impegno lavorativo di 44 ore settimanali, dell’assenza in loco di asili pubblici e dell’incompatibilità del costo di quelli privati con il reddito familiare). F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46290 (c.c. 4 dicembre 2008), Calderaro (C.p.p. art. 275). [RV242082] ■ Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri In caso di contestazione relativa a reato associativo, la motivazione del provvedimento cautelare non può essere cumulativamente riferita ad una pluralità di soggetti, ma deve essere specificamente riferita a ogni singola persona, essendo il contributo dei singoli partecipanti al sodalizio, di norma, diversificato e essendo comunque differenti la pericolosità e la capacità criminale dei medesimi. (Fattispecie in tema di associazione di tipo mafioso). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48420 (c.c. 5 novembre 2008), Bernardi e altri (C.p. art. 416 bis; c.p.p. art. 274; c.p.p. art. 275; c.p.p. art. 292). [RV242375] ■ Condizioni di applicabilità – Scelta delle misure – Criteri In tema di misure cautelari, il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere nei confronti della madre di prole d’età mas ma s s ima r i o inferiore a tre anni ovvero del padre, nel concorso delle condizioni di cui all’art. 275, comma quarto, c.p.p., vige, per entrambi i genitori, solo in presenza di figli conviventi. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha precisato che una diversa interpretazione, fondata sulla circostanza che l’aggettivo «convivente» concerna la posizione della madre, determinerebbe un’ingiustificata ed irrazionale disparità di trattamento tra i coniugi). F Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2009, n. 634 (c.c. 10 dicembre 2008), Brahimi (C.p.p. art. 275; c.p.p. art. 285). [RV242162] ■ Estinzione – Revoca e sostituzione – Aggravamento delle esigenze cautelari In materia di misure cautelari personali, nell’ipotesi in cui il giudice provveda, ai sensi dell’art. 299, comma quarto, c.p.p., alla sostituzione di una misura cautelare in atto con altra più grave, ovvero all’aggravamento delle sue modalità di esecuzione, è necessaria la formulazione di una richiesta da parte del P.M., determinandosi altrimenti la nullità assoluta del provvedimento applicativo a norma dell’art. 178, lett. b), c.p.p. (Fattispecie in cui il giudice ha disposto la misura custodiale all’esito del giudizio direttissimo, senza che vi fosse una richiesta di aggravamento della misura degli arresti domiciliari da parte del P.M.). F Cass. pen., sez. VI, 22 gennaio 2009, n. 2948 (c.c. 4 dicembre 2008), Martucci (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 276; c.p.p. art. 299). [RV242857] ■ Estinzione – Revoca e sostituzione – Richiesta del parere al P.M L’ordinanza con cui il Giudice per l’udienza preliminare provvede d’ufficio alla revoca della misura cautelare personale senza richiedere al Pubblico Ministero l’espressione del parere, è nulla ai sensi dell’art. 178 lett. b) c.p.p. F Cass. pen., sez. I, 5 dicembre 2008, n. 45313 (c.c. 11 novembre 2008), Di Bucci (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 299). [RV242339] ■ Estinzione – Revoca e sostituzione – Riferimento esclusivo alla durata dell’applicazione della misura pari ai due terzi della condanna La revoca della custodia cautelare non può essere disposta sulla base del solo criterio aritmetico della corrispondenza della durata dell’applicazione della misura ai due terzi della condanna inflitta all’imputato con la sentenza impugnata, in quanto il riferimento al decorso del tempo deve essere coordinato con la valutazione relativa alla persistenza delle esigenze cautelari. F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44364 (c.c. 18 novembre 2008), P.G. in proc. Monfardini (C.p.p. art. 275; c.p.p. art. 299; c.p.p. art. 304). [RV242038] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Giudizio abbreviato Ai fini del calcolo del termine massimo di custodia cautelare nel giudizio abbreviato è necessario fare riferimento ai limiti di pena così come indicati nell’art. 303, comma primo, lett. b bis) c.p.p., senza tenere conto della riduzione di un terzo prevista per il rito, giacchè quest’ultima già è stata considerata dal legislatore nella fissazione di termini autonomi per la fase. F Cass. pen., sez. V, 16 dicembre 2008, n. 46303 (c.c. 30 settembre 2008), Balbo e altro (C.p.p. art. 303). [RV242363] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Pluralità di reati contestati Nell’ipotesi in cui la restrizione dello status libertatis debba protrarsi per altro reato più grave, l’imputato non ha interesse ad ottenere un provvedimento di scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di fase della custodia cautelare in ordine al reato meno grave, salvo che prospetti l’esistenza di un interesse concreto ed attuale all’adozione di tale pronuncia. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2721 (c.c. 8 gennaio 2009), Salafia (C.p.p. art. 303). [RV242587] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione La particolare complessità del dibattimento, che può determinare la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, è un dato oggettivo che può essere riscontrato pur quando sia collegato ad un provvedimento di riunione dei processi. F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37705 (c.c. 24 settembre 2008), Schiavone (C.p.p. art. 17; c.p.p. art. 304). [RV242051] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione È legittimamente disposta la sospensione dei termini della custodia cautelare per tutti gli imputati quando la complessità del dibattimento riguardi l’espletamento di una perizia nella specie relativa alla trascrizione delle intercettazioni avente il carattere della necessità ed inevitabilità anche se riguardante la posizione di uno solo di essi, posto che si tratta di un elemento di natura oggettiva relativo al dibattimento senza distinzione tra le posizioni dei singoli imputati e che rientra nel potere discrezionale del giudice decidere se effettuare o meno la perizia medesima. F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47614 (c.c. 12 dicembre 2008), Comisso e altri (C.p.p. art. 220; c.p.p. art. 268; c.p.p. art. 304; c.p.p. art. 508). [RV242303] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione Il rinvio dell’udienza deve essere disposto sulla base delle singole evenienze processuali e delle esigenze di ruolo e la determinazione della sua durata attiene al potere ordinatorio del giudice di merito, che si sottrae al sindacato della Corte di cassazione, a nulla rilevando la eventuale programmazione preventiva delle udienze di rinvio. (Fattispecie in tema di sospensione dei termini di custodia cautelare, in seguito alla mancata partecipazione del difensore per adesione ad un’astensione collettiva dalle udienze, deliberata dalle organizzazioni rappresentative, con conseguente rinvio dell’udienza). F Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2008, n. 47789 (c.c. 9 dicembre 2008), Panico (C.p.p. art. 303; c.p.p. art. 304; c.p.p. art. 477). [RV242628] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione L’ordinanza che sospende i termini di durata della custodia cautelare durante il tempo di redazione dei motivi della sentenza può essere emessa con procedura de plano e d’ufficio, in assenza di una previsione circa le forme e le modalità della camera di consiglio. F Cass. pen., sez. I, 7 gennaio 2009, n. 74 (c.c. 18 dicembre 2008), Minardi e altro (C.p.p. art. 127; c.p.p. art. 304; c.p.p. art. 544). [RV242579] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione In tema di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, la valutazione concernente la particolare complessità del dibattimento attiene a tutte le concorrenti esigenze processuali, nonché ai carichi di lavoro e ai tempi occorrenti per l’approfondimento della posizione di ciascun imputato, per l’esame dei testi, per l’espletamento di particolari mezzi istruttori, in modo da accertare se nel caso di specie ricorra una situazione oggettiva tale da impedire la sollecita definizione del giudizio. F Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 2009, n. 3423 (c.c. 14 gennaio 2009), Montinaro (C.p.p. art. 304). [RV242633] ■ Estinzione – Termine di durata massima della custodia cautelare – Sospensione La particolare complessità del dibattimento, che consente la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, va apprezzata con riferimento alla fase dibattimentale nella sua interezza, e non già alla sola frazione residua ancora da celebrare. F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4435 (c.c. 14 gennaio 2009), Grozavu (C.p.p. art. 304). [RV242799] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 103 mas ma s s ima r i o ■ Estinzione – Termini di durata massima della custodia cautelare – Contestazione a catena Nell’ipotesi d’adozione di più ordinanze cautelari nei confronti del medesimo indagato per fatti diversi tra i quali non vi è connessione qualificata, la regola di retrodatazione dei termini custodiali relativi al provvedimento più recente opera esclusivamente quando al momento dell’emissione della prima ordinanza l’autorità inquirente era già in possesso degli elementi sufficienti per richiedere l’adozione della misura cautelare anche per il reato oggetto del successivo provvedimento e non anche quando la stessa era solo a conoscenza dei relativi fatti, ma non aveva ancora provveduto al loro accertamento. F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2649 (c.c. 25 novembre 2008), Endrizzi (C.p.p. art. 12; c.p.p. art. 297). [RV242498] ■ Estinzione – Termini di durata massima della custodia cautelare – Scarcerazione Ai fini del ripristino della misura cautelare, già dichiarata inefficace per scadenza dei termini, non è richiesta l’instaurazione del contraddittorio tra le parti, garantito, invece, dalla possibilità d’impugnazione, atteso che il provvedimento di ripristino, dando semplicemente nuova attuazione a quello originario, non postula alcun accertamento circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. (Fattispecie di ripristino di misura adottato contestualmente alla sentenza di condanna di primo grado su richiesta del P.M. intervenuta fuori udienza il giorno precedente). F Cass. pen., sez. III, 18 dicembre 2008, n. 46788 (c.c. 20 novembre 2008), Fieraru Farcas (C.p.p. art. 307). [RV242266] ■ Impugnazioni – Appello – Cognizione del giudice di appello La cognizione del giudice dell’appello cautelare non è limitata alle deduzioni fattuali indicate nei motivi di impugnazione, ma l’estensione officiosa dell’ambito di indagine afferisce ai fatti e non al thema decidendum che resta circoscritto nei confini dell’effetto devolutivo. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46262 (c.c. 18 novembre 2008), Pagano (C.p.p. art. 310). [RV242065] ■ Impugnazioni – Appello – Del pubblico ministero L’appello del pubblico ministero avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di misura cautelare è inammissibile per genericità dei motivi se, per l’illustrazione delle censure, si limita a richiamare la richiesta rigettata e non indica i punti di fatto e le questioni di diritto rimesse alla cognizione del giudice dell’impugnazione. F Cass. pen., sez. VI, 24 ottobre 2008, n. 39926 (c.c. 16 ottobre 2008), P.M. in proc. Alpignano e altri (C.p.p. art. 310; c.p.p. art. 581; c.p.p. art. 591). [RV242248] ■ Impugnazioni – Appello – Poteri del giudice d’appello Rientra nei poteri del giudice chiamato a decidere in sede di appello ex art. 310 c.p.p. accertare la ricorrenza, nell’ambito della concreta fattispecie, degli elementi previsti dalla legge per l’applicabilità di una determinata norma, indipendentemente dal fatto che una tale indagine sia stata trascurata nel precedente grado o che il rigetto dell’istanza abbia trovato una diversa giustificazione tanto da rendere superfluo l’approfondimento di ulteriori profili di rilievo normativo. (Nella specie, il Tribunale aveva rigettato l’appello proposto nell’interesse dell’indagato tendente ad ottenere la rimessione in libertà ex art. 89 D.P.R. n. 309 del 1990 sulla base di argomentazioni estranee all’impugnato provvedimento del G.I.P., in particolare osservando che ricorrevano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, ostative all’accoglimento dell’istanza). F Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2008, n. 36317 (c.c. 11 aprile 2008), Farinelli (C.p.p. art. 310; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 89). [RV241893] ■ Impugnazioni – Competenza – Giudice che ha la disponibilità materiale e giuridica degli atti La competenza a decidere in materia di misure cautelari personali, sulla richiesta di applicazione, revoca o modifica anche soltanto delle modalità esecutive, spetta, in caso di impugnazione della sentenza che ha definito il giudizio di primo grado, alla 104 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Corte di appello dal momento della ricezione degli atti dal giudice a quo perché solo il giudice che ha la disponibilità materiale e giuridica degli atti è «giudice procedente» ai sensi dell’art. 279 c.p.p. (Fattispecie nella quale la Corte d’appello aveva emesso una misura cautelare personale su richiesta del P.G. prima che gli atti fossero stati trasmessi e ricevuti dal Tribunale appellato). F Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 2009, n. 7452 (c.c. 28 gennaio 2009), Kadori (C.p.p. art. 279; att. c.p.p. art. 91). [RV242838] ■ Impugnazioni – Formazione del giudice cautelare – Portata e limiti La formazione del «giudicato cautelare» impedisce la riproposizione delle questioni già decise, a meno che non siano intervenuti nuovi elementi che giustifichino una rinnovata valutazione, tra i quali non può ricomprendersi una decisione della Corte di cassazione che esprima un indirizzo giurisprudenziale diverso da quello seguito dall’ordinanza che ha deciso la questione controversa. F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1180 (c.c. 26 novembre 2008), Elia e altro (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 310; c.p.p. art. 649). [RV242779] ■ Impugnazioni – Impugnazione avverso provvedimento applicativo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria – Revoca della misura nelle more del procedimento d’impugnazione In materia cautelare, è inammissibile, per carenza d’interesse, l’impugnazione dell’indagato avverso il provvedimento applicativo dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria quando, nelle more del procedimento incidentale de libertate la misura sia stata revocata. F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43784 (c.c. 30 ottobre 2008), Alò (C.p.p. art. 282; c.p.p. art. 309; c.p.p. art. 568). [RV241923] ■ Impugnazioni – Impugnazione avverso provvedimento applicativo o confermativo della custodia cautelare – Revoca della custodia nelle more del procedimento L’interesse dell’indagato ad ottenere una pronunzia, in sede di riesame, di appello o di ricorso per cassazione, sulla legittimità dell’ordinanza che ha applicato o mantenuto la custodia cautelare, nel caso in cui quest’ultima sia stata revocata nelle more del procedimento, non può presumersi ma deve essere dedotto dall’indagato e il giudice ne deve valutare la concretezza ed attualità. (Nella specie, è stato escluso dalla Corte che il generico riferimento compiuto in sede di discussione dal difensore alla possibilità del suo assistito di avvalersi in futuro della pronuncia potesse costituire una sicura e documentata manifestazione di volontà dell’interessato diretta all’utilizzazione della stessa ai fini di cui all’art. 314 c.p.p.). F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3531 (c.c. 14 gennaio 2009), Gervasi (C.p.p. art. 299; c.p.p. art. 309; c.p.p. art. 310; c.p.p. art. 311). [RV242404] ■ Impugnazioni – Revoca o sostituzione della misura con una meno afflittiva nelle more della decisione sull’impugnazione – Persistenza dell’interesse L’interesse dell’indagato ad ottenere una pronuncia, in sede di impugnazione, sulla legittimità dell’ordinanza che ha applicato o mantenuto la custodia cautelare, nel caso in cui quest’ultima sia stata revocata o sostituita con una meno affittiva nelle more del procedimento di impugnazione, non può presumersi, ma deve essere rappresentato dall’interessato anche con riferimento alla mancanza delle cause ostative di cui all’art. 314, comma quarto, c.p.p., nel senso che la parte ha l’onere di manifestare, in termini positivi e univoci, la sua intenzione di servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione. (Nella specie, relativa a procedimento di cassazione, si è ritenuto sufficiente che tale intenzione sia manifestata direttamente dal difensore in udienza, anche mediante memoria scritta). F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3528 (c.c. 14 gennaio 2009), Caruso e altro (C.p.p. art. 292; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 568). [RV242662] mas ma s s ima r i o ■ Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Annullamento con rinvio dell’ordinanza con la quale il tribunale aveva annullato quella applicativa della misura cautelare L’ordinanza con la quale il tribunale del riesame, a seguito di annullamento con rinvio disposto su ricorso del P.M., confermi l’originaria ordinanza di custodia cautelare, in un primo tempo annullata dal medesimo tribunale, è immediatamente esecutiva e determina il ripristino dello stato di custodia, anche in caso di nuova proposizione di ricorso per cassazione. (In motivazione, la S.C. ha affermato che a tale ipotesi non si estende per analogia l’effetto sospensivo previsto dall’art. 310, comma terzo, c.p.p., operando invece la regola generale di cui all’art. 588, comma secondo, c.p.p., secondo cui le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno effetto sospensivo). F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39029 (c.c. 16 settembre 2008), Bruni (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 310; c.p.p. art. 311; c.p.p. art. 588). [RV242316] ■ Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Inammissibilità globale dell’appello per genericità dei motivi Quando l’appello proposto ex art. 310 c.p.p. sia stato dichiarato inammissibile dal Tribunale per la genericità dei motivi di impugnazione ai sensi dell’art. 581, comma primo, lett. c), c.p.p., la Corte di cassazione deve preliminarmente esaminare la regolare instaurazione del rapporto processuale in sede di appello e, in caso di esito negativo, dichiarare l’inammissibilità sia dell’atto di appello che del ricorso per cassazione. (Fattispecie in cui l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello aveva erroneamente statuito sul merito dell’impugnazione). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48472 (c.c. 4 dicembre 2008), P.M. in proc. Fezza (C.p.p. art. 310; c.p.p. art. 311; c.p.p. art. 581). [RV242428] ■ Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Motivi In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. F Cass. pen., sez. V, 15 dicembre 2008, n. 46124 (c.c. 8 ottobre 2008), Pagliaro (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 274; c.p.p. art. 311). [RV241997] ■ Impugnazioni – Riesame – Decisione Il termine perentorio per la decisione del tribunale del riesame inizia a decorrere dal giorno in cui pervengono alla cancelleria gli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria procedente o la segnalazione, da parte della medesima, che tutti gli atti relativi alla posizione del richiedente sono depositati presso l’ufficio del giudice per le indagini preliminari allocato nel medesimo stabile del giudice del riesame. F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5641 (c.c. 20 gennaio 2009), Karasani (C.p.p. art. 309). [RV242560] ■ Impugnazioni – Riesame – Procedimento Dà luogo ad una nullità d’ordine generale ed a regime intermedio l’omessa conferma telegrafica dell’avviso telefonico di fissazione dell’udienza di riesame, che rimane sanata dalla partecipazione del difensore all’udienza. F Cass. pen., sez. II, 30 ottobre 2008, n. 40498 (c.c. 15 ottobre 2008), Di Matteo (C.p.p. art. 309). [RV242409] ■ Impugnazioni – Riesame – Procedimento Nel procedimento camerale de libertate l’indagato detenuto in luogo esterno alla circoscrizione del giudice ha diritto di essere sentito all’udienza fissata per il riesame della misura cui è stato sottoposto, qualora intenda far valere questioni di fatto concernenti la sua condotta, ma tale specifico interesse deve risultare dalla stessa richiesta dell’interessato. F Cass. pen., sez. VI, 2 gennaio 2009, n. 8 (c.c. 3 dicembre 2008), Battaglia (C.p.p. art. 127; c.p.p. art. 309). [RV242642] ■ Impugnazioni – Riesame – Procedimento In tema di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p., non è richiesto che il difensore del proponente sia munito di procura speciale. F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1456 (c.c. 5 novembre 2008), Melato (C.p.p. art. 99; c.p.p. art. 322; c.p.p. art. 324; c.p.p. art. 571). [RV241980] ■ Impugnazioni – Riesame – Procedimento Nel procedimento di riesame è legittima l’acquisizione di dichiarazioni sfavorevoli all’indagato raccolte dopo l’emissione dell’ordinanza custodiale ed il cui verbale sia rimasto a disposizione della difesa, in quanto dall’art. 309, comma quinto, c.p.p. non è consentito desumere il principio per cui al P.M. è interdetta la facoltà di trasmettere gli elementi sopravvenuti a sfavore dell’indagato. F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3838 (c.c. 8 gennaio 2009), Kiwan (C.p.p. art. 177; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 191; c.p.p. art. 309). [RV242671] ■ Impugnazioni – Riesame – Richiesta Ai fini della decorrenza del termine per presentare richiesta di riesame avverso un’ordinanza cautelare, l’arresto a fini estradizionali eseguito su ordine del giudice estero non è assimilabile all’esecuzione della misura disposta dal giudice italiano. Ne consegue che, nell’ipotesi di arresto dell’imputato latitante all’estero, che comporta la cessazione dello stato di latitanza, il predetto termine comincia a decorrere, per lo stesso, dal momento in cui, a seguito del suo ingresso nel territorio dello Stato, gli venga notificato il provvedimento cautelare secondo le modalità di legge. F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5640 (c.c. 20 gennaio 2009), Spadei Rangel (C.p.p. art. 296; c.p.p. art. 309; c.p.p. art. 720; c.p.p. art. 722). [RV242452] ■ Impugnazioni – Riesame – Termine Nel caso in cui la notificazione del provvedimento cautelare sia avvenuta in tempi diversi per l’imputato e per il suo difensore, il termine per proporre richiesta di riesame decorre per entrambi dalla data dell’ultima notificazione. (Nel caso di specie, il provvedimento era stato notificato al difensore d’ufficio dell’imputato latitante, mentre era stata omessa la notificazione ai sensi dell’art. 165 c.p.p.; la S.C. ha individuato la decorrenza del termine per la richiesta di riesame nella notificazione al latitante eseguita dopo la cattura e non in quello della successiva notificazione dell’avviso di deposito ex art. 293 c.p.p. al difensore di fiducia dallo stesso nominato). F Cass. pen., sez. V, 22 dicembre 2008, n. 47556 (c.c. 2 ottobre 2008), Curea Grigore (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 585). [RV242320] ■ Impugnazioni – Riesame – Termine per la richiesta In materia di termini per la proposizione della richiesta di riesame (nella specie avverso provvedimento di sequestro preventivo) opera il principio stabilito dall’art. 585, comma terzo, c.p.p., secondo cui, quando la decorrenza è diversa per l’imputato e per il suo difensore, vale per entrambi il termine che scade per ultimo. F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1455 (c.c. 5 novembre 2008), D’Arrigo (C.p.p. art. 324; c.p.p. art. 585). [RV242264] ■ Impugnazioni – Risultanti dal contenuto di intercettazioni telefoniche dichiarate inutilizzabili in diverso procedimento de libertate – Inutilizzabilità ai fini dell’emissione di altro provvedimento cautelare In tema di misure cautelari personali, l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni telefoniche, dichiarata, anche in via definitiva, nell’ambito di un procedimento de libertate (nella specie, per inadeguatezza della motivazione dei decreti esecutivi circa il ricorso ad impianti esterni), non esplica alcun effetto sulla legittimità di misure cautelari adottate nell’ambito di un diverso procedimento e fondate sui risultati delle medesime intercettazioni. F Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 1753 (c.c. 14 Arch. nuova proc. pen. 1/2010 105 mas ma s s ima r i o novembre 2008), Di Maio e altro (C.p.p. art. 267; c.p.p. art. 270; c.p.p. art. 271; c.p.p. art. 273). [RV242753] ■ Procedimento applicativo – Aggravamento del regime cautelare in seguito alla trasgressione delle prescrizioni imposte – Interrogatorio di garanzia Nell’ipotesi di aggravamento delle misure cautelari personali a seguito della trasgressione alle prescrizioni imposte, il giudice non deve procedere all’interrogatorio di garanzia in alcuno dei casi contemplati dall’art. 276, commi primo e primo ter, c.p.p. F Cass. pen., sez. un., 4 febbraio 2009, n. 4932 (c.c. 18 dicembre 2008), Giannone (C.p.p. art. 276; c.p.p. art. 294; c.p.p. art. 299). [RV242028] ■ Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Interrogatorio L’omissione dell’interrogatorio di garanzia in relazione alla misura cautelare emessa dal giudice dichiaratosi incompetente, ai sensi dell’art. 27 c.p.p., non spiega alcun effetto sulla nuova misura cautelare adottata dal giudice competente, cui sia seguito l’interrogatorio della persona sottoposta a cautela. F Cass. pen., sez. VI, 6 novembre 2008, n. 41685 (c.c. 30 ottobre 2008), Campos Avila (C.p.p. art. 27; c.p.p. art. 294). [RV241922] ■ Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Interrogatorio In tema di interrogatorio conseguente ad applicazione di custodia cautelare, qualora, omesso l’avviso al difensore di fiducia dell’indagato, quest’ultimo accetti di essere assistito da un difensore d’ufficio, la nullità derivante dalla suddetta omissione, qualificabile come «intermedia» è da ritenere sanata, ai sensi dell’art. 182, comma secondo, prima parte, c.p.p. (essendo la parte presente e dovendosi considerare la difesa d’ufficio come effettiva e non puramente formale), se non eccepita prima che l’atto sia compiuto o, in caso di impossibilità, immediatamente dopo. F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 535 (c.c. 12 dicembre 2008), Dimodugno (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 182; c.p.p. art. 294). [RV242721] ■ Procedimento applicativo – Ordinanza del giudice – Motivazione L’utilizzazione, ai fini dell’emissione di misure cautelari personali, delle dichiarazioni accusatorie di un pentito che si esternino con carattere di novità oltre il centottantesimo giorno dall’inizio della collaborazione e siano ritenute dal giudice meritevoli di apprezzamento nell’ambito del quadro indiziario di riferimento, richiede adeguata motivazione la quale dia conto del legittimo sospetto che la propalazione, in conseguenza della sua intempestività, sia nata per ragioni strumentali e possa quindi non essere veritiera. F Cass. pen., sez. I, 20 febbraio 2009, n. 7454 (c.c. 13 gennaio 2009), Esposito (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 292). [RV242845] ■ Procedimento applicativo – Poteri del Gip – Possibilità di motivare la decisione diversamente da quanto prospettato nella domanda cautelare Ai fini dell’emissione di misura cautelare personale richiesta dal pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari può sviluppare l’iter argomentativo incentrandolo su aspetti diversi e ulteriori rispetto a quelli valorizzati nella domanda, purché essi siano desumibili dagli elementi trasmessi dall’ufficio di Procura a norma dell’art. 291 c.p.p. F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5623 (c.c. 16 gennaio 2009), Agbana (C.p.p. art. 291; c.p.p. art. 292). [RV242446] ■ Procedimento applicativo – Richiesta – Formulata in dibattimento È legittima l’emissione da parte del giudice del dibattimento di una misura cautelare reale fondata sull’utilizzazione di atti di indagine compiuti dal PM dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio e non inseriti nel fascicolo per il dibattimento. F Cass. pen., sez. II, 13 gennaio 2009, n. 1179 (c.c. 26 novembre 2008), Napolitano (C.p.p. art. 321; c.p.p. art. 430). [RV242719] 106 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Procedimento applicativo – Richiesta – Mancata trasmissione di alcuni atti al Gip e al tribunale del riesame In tema di riesame di misure cautelari personali, l’inefficacia della ordinanza cautelare per mancato invio al tribunale degli atti trasmessi al G.i.p. al momento della richiesta non si verifica se non risulta che l’atto, asseritamente non inviato, fosse stato trasmesso unitamente alla richiesta della misura al G.i.p. F Cass. pen., sez. I, 3 febbraio 2009, n. 4567 (c.c. 22 gennaio 2009), Di Lorenzo (C.p.p. art. 309). [RV242818] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Condizioni ostative – Dolo o colpa grave Ai fini dell’accertamento sulla sussistenza del dolo o della colpa grave rilevanti nel giudizio di riparazione per l’ingiusta detenzione, sono utilizzabili le intercettazioni «ambientali» riportate nell’ordinanza coercitiva, ma successivamente non utilizzate in dibattimento, non essendo state sottoposte a perizia. F Cass. pen., sez. IV, 9 settembre 2008, n. 35003 (c.c. 4 giugno 2008), Chetet (C.p.p. art. 191; c.p.p. art. 268; c.p.p. art. 271; c.p.p. art. 314). [RV241897] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Condizioni ostative – Dolo o colpa grave In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il particolare stato di necessità che scrimina, ex art. 384 c.p., la condotta di favoreggiamento non esclude il dolo che legittima il rigetto dell’istanza, ove si accerti che tale condotta dolosa abbia causato la detenzione risultata ingiusta. F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47045 (c.c. 12 novembre 2008), Lisa (C.p. art. 384; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242313] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Custodia cautelare eccedente la pena riportata – Effetti della sentenza n. 219 del 2008 della Corte cost A seguito della sentenza n. 219 del 2008 della Corte costituzionale, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale parziale dell’art. 314 c.p.p., la custodia cautelare sofferta oltre il limite della condanna è astrattamente indennizzabile ove il giudice ne accerti l’esistenza ed i presupposti, e sempreché non sussistano cause ostative (ad es., dolo o colpa grave). (Fattispecie nella quale l’istante aveva riportato condanna alla pena di anni tre di reclusione per una soltanto delle imputazioni in relazione alle quali era stato ristretto in custodia cautelare, protrattasi nel complesso per anni sei, mesi cinque e giorni tredici). F Cass. pen., sez. IV, 24 luglio 2008, n. 31114 (c.c. 25 giugno 2008), Latella e altro (C.p.p. art. 314). [RV241964] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Dolo o colpa grave del richiedente – Condizione di tossicodipendente In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la colpa grave che osta alla riparazione non è integrata dalla mera condizione di tossicodipendente, ma ben può essere ravvisata nel comportamento del tossicodipendente che detenga sostanze stupefacenti, quando ricorrano elementi ulteriori che inducano ragionevolmente a ritenere che la detenzione sia finalizzata allo spaccio. (Fattispecie nella quale il ricorrente aveva partecipato all’attività di taglio, ed aveva dimestichezza con ambienti di trafficanti). F Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37037 (c.c. 10 giugno 2008), Tuscano e altro (C.p.p. art. 314). [RV241960] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Dolo o colpa grave del richiedente – Valutazione In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini della valutazione circa la sussistenza del dolo o della colpa grave che ostano alla riparazione, il giudice può tener conto degli atti che nell’ambito del giudizio di cognizione sono risultati inficiati da inutilizzabilità meramente «fisiologica». (Nella specie, si trattava di dichiarazioni di due testi-imputati ex art. 210 c.p.p., che non era stato possibile riassumere nel giudizio di rinvio). F Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37026 (c.c. 3 giugno 2008), Bologna (C.p.p. art. 191; c.p.p. art. 210; c.p.p. art. 314). [RV241981] mas ma s s ima r i o ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Assenza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per ingiusta detenzione, la connivenza nel reato può integrare gli estremi della colpa grave, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, esclusivamente qualora costituisca indice del venir meno degli elementari doveri di solidarietà sociale, ovvero quando non sia risolta in un mero comportamento passivo riguardo alla consumazione del reato, ma si sia sostanziata nel tollerare che tale reato sia consumato, semprechè l’agente fosse in grado di impedirne la consumazione o la prosecuzione dell’attività criminosa in ragione della posizione di garanzia assunta, o, infine, quando la connivenza risulti aver oggettivamente rafforzato la volontà criminosa dell’autore del reato, anche quando il connivente non abbia perseguito tale obiettivo con il suo comportamento. F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2659 (c.c. 3 dicembre 2008), Vottari (C.p.p. art. 314). [RV242538] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Cause ostative In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa della colpa grave, non può attribuirsi rilievo alla reticenza serbata dall’interessato nel corso del procedimento, atteso che tale atteggiamento costituisce legittimo esercizio del diritto di difesa. (La Corte ha precisato che il mancato esercizio di una facoltà difensiva, che si risolva nell’omessa allegazione di fatti risolutivamente favorevoli a lui noti, pur non potendo essere da solo posto a fondamento del giudizio di sussistenza della colpa grave, può però valere a far ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo incidente nella valutazione globale della condotta dell’istante ai fini del giudizio di riparazione). F Cass. pen., sez. IV, 19 novembre 2008, n. 43309 (c.c. 23 ottobre 2008), P.G. in proc. Bodaj e altro (C.p.p. art. 314). [RV241993] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Cause ostative Il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione non spetta se l’interessato ha tenuto consapevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbia posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosservanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso. F Cass. pen., sez. IV, 19 novembre 2008, n. 43302 (c.c. 23 ottobre 2008), Tucci (C.p. art. 43; c.p.p. art. 314). [RV242034] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Custodia cautelare in assenza delle condizioni di applicabilità In tema di equa riparazione, ostacolo alla concessione del beneficio è l’efficienza causale della condotta del richiedente nella determinazione dello stato di detenzione anche nell’ipotesi di riparazione per sottoposizione a custodia cautelare in assenza delle condizioni di applicabilità di cui agli artt. 273 e 280 c.p.p., accertata ex post all’esito del dibattimento. F Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6628 (c.c. 23 gennaio 2009), Min (C.p.p. art. 273; c.p.p. art. 280; c.p.p. art. 314). [RV242727] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Detenzione a fini estradizionali Sussiste il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione anche in relazione alla custodia cautelare sofferta a fini estradizionali, atteso che la disciplina di cui agli artt. 314 e 315 c.p.p. deve ritenersi richiamata dall’art. 714, comma secondo, dello stesso codice. (Fattispecie relativa alla caducazione di un mandato d’arresto europeo dopo la decisione di procedere in Italia per i fatti oggetto del medesimo, procedimento poi conclusosi con provvedimento d’archiviazione). F Cass. pen., sez. IV, 21 genna- io 2009, n. 2678 (c.c. 12 dicembre 2008), Pramstaller ed altro (C.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315; c.p.p. art. 714). [RV242505] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Dolo o colpa In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave, la condotta dell’interessato deve essere valutata, in applicazione del principio tempus regit actum con riferimento al quadro normativo esistente al momento in cui si è verificato l’evento-detenzione. F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47684 (c.c. 15 ottobre 2008), P.G. in proc. Miele e altro (C.p.p. art. 314). [RV242464] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice, per valutare la sussistenza della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, può prendere in esame il comportamento silenzioso o mendace pur legittimamente tenuto dall’interessato nel procedimento penale, poiché il diritto all’equa riparazione presuppone una condotta dell’interessato idonea a chiarire la sua posizione mediante l’allegazione di quelle circostanze, a lui note, che contrastino l’accusa, o vincano ragioni di cautela. F Cass. pen., sez. IV, 29 ottobre 2008, n. 40291 (c.c. 10 giugno 2008), Maggi ed altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242755] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il silenzio serbato in sede di interrogatorio dal soggetto sottoposto a custodia cautelare costituisce comportamento non prudente, ed integra gli estremi della colpa ostativa all’equo indennizzo, quando soltanto l’interessato era a conoscenza di dati di fatto che se conosciuti tempestivamente non avrebbero consentito il determinarsi od il protrarsi della privazione della libertà. F Cass. pen., sez. IV, 31 ottobre 2008, n. 40902 (c.c. 23 settembre 2008), Locci e altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242756] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, l’esercizio, da parte dell’indagato, della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio, la reticenza e persino la menzogna costituiscono legittimo esercizio del diritto di difesa, ma possono rilevare ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave quando l’interessato non abbia riferito circostanze, ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare. F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47041 (c.c. 12 novembre 2008), Calzetta e altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242757] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa della colpa grave, il silenzio tenuto dall’indagato (o imputato) non è sindacabile a meno che sia possibile affermare che fosse in grado di fornire una logica spiegazione al fine di eliminare il valore indiziante di elementi acquisiti nel corso delle indagini. (La Corte ha precisato che soltanto in questo caso, il mancato esercizio di una facoltà difensiva quanto meno sub specie di allegazione di fatti favorevoli vale a far ritenere sussistente una condotta omissiva concorrente al mantenimento della custodia cautelare). F Cass. pen., sez. IV, 18 dicembre 2008, n. 47047 (c.c. 18 novembre 2008), Marzola e altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242759] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 107 mas ma s s ima r i o ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave Nel giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione, che ha natura civilistica ed è autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, il giudice, ai fini della valutazione della colpa grave ostativa all’equo indennizzo, può valutare il comportamento silenzioso o mendace dell’imputato, decidendo se necessiti o meno nel caso concreto del concorso di altri elementi di colpa. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la decisione di merito che aveva escluso il diritto dell’interessato all’equo indennizzo richiamando unicamente il silenzio dallo stesso tenuto in sede di interrogatorio , poiché, essendo dubbia l’individuazione fisica dell’interessato, egli non aveva alcuna possibilità di giustificare un comportamento a sé sfavorevole). F Cass. pen., sez. IV, 29 dicembre 2008, n. 48247 (c.c. 13 novembre 2008), Cekrezi e altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315; c.c. art. 1227). [RV242758] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo può discendere dalla violazione degli obblighi connessi alla qualità di genitore, qualora tale omissione abbia assunto rilevanza causale nell’adozione della misura cautelare nei confronti dell’istante. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sussistere la colpa grave nel comportamento d’omessa vigilanza del padre che aveva consentito che altri abusassero sessualmente del figlio). F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2674 (c.c. 10 dicembre 2008), Zappella (C.p.p. art. 314; c.c. art. 147). [RV242746] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancanza di dolo o colpa grave In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il silenzio, la reticenza e il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, pur costituendo esercizio del diritto di difesa, possono rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave nel caso in cui egli sia in grado di indicare specifiche circostanze, non note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede investigativa, che determinarono l’emissione del provvedimento cautelare. F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4159 (c.c. 9 dicembre 2008), Lafranceschina (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 314; c.p.p. art. 315). [RV242760] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Mancata previsione dell’indennizzo per i reati prescritti È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 314, comma primo, c.p.p., sollevata per eccesso di delega in relazione alla direttiva n. 100 della legge-delega n. 81 del 1987 per l’emanazione del nuovo codice di procedura penale, nella parte in cui esclude la riparazione per ingiusta detenzione in caso di prescrizione del reato che ha dato luogo alla custodia cautelare, poiché la legge delega, nell’enunciare il diritto alla riparazione, ha rimesso al legislatore delegato il compito di definire l’ambito applicativo. F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4150 (c.c. 12 novembre 2008), Nuzzo e altro (C.p.p. art. 314; L. 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2). [RV242833] ■ Riparazione per l’ingiusta detenzione – Presupposti – Sentenza di proscioglimento nel merito In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, l’accertamento dell’inesistenza delle condizioni d’applicabilità della misura cautelare può intervenire anche a seguito della sentenza di proscioglimento nel merito, purchè il contenuto della decisione risulti incompatibile con l’esistenza di tali condizioni. (Fattispecie avente ad oggetto una sentenza di proscioglimento per il divieto di un secondo giudizio in relazione ad un reato ritenuto assorbito nella contestazione oggetto di precedente condanna pronunziata nei confronti dell’imputato). F Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 2009, n. 2660 (c.c. 3 dicembre 2008), Di Pietro (C.p.p. art. 314; c.p.p. art. 649). [RV242504] 108 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Misure cautelari reali ■ Condizioni di applicabilità – Generali – Potere del giudice In tema di misure cautelari reali, il giudice, pur potendo disporle solo su richiesta del P.M. e sulla base di elementi dallo stesso presentati, è tuttavia investito del potere-dovere di qualificare ed inquadrare autonomamente i detti elementi, collocandoli nell’ambito di quella o di quelle, tra le disposizioni normative regolanti la materia, che meglio appaiono atte a giustificare l’adozione della misura richiesta. (Affermando il principio, la Corte ha rigettato la tesi del ricorrente a mente della quale il giudice, avendo escluso il più grave reato di usura ed avendo invece ritenuto sussistente il reato di truffa aggravata, non avrebbe dovuto disporre il sequestro preventivo). F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47563 (c.c. 29 ottobre 2008), Mauri (C.p.p. art. 291; c.p.p. art. 321). [RV242299] ■ Condizioni di applicabilità – Generali – Valutazione del fumus commissi delicti In relazione ai provvedimenti che dispongono misure di cautela reale, nella valutazione del fumus commissi delicti può rilevare anche l’eventuale difetto dell’elemento soggettivo del reato, purché di immediata evidenza. V. Corte cost., 4 maggio 2007, n. 153 F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2808 (c.c. 2 ottobre 2008), Bedino e altri (C.p. art. 43; c.p.p. art. 321; c.p.p. art. 324). [RV242650] ■ Impugnazioni – Formazione del giudizio cautelare – Estensione alle sole questioni decise e non a quelle dedotte L’estensione del giudicato cautelare riguarda non tutte le questioni dedotte ma esclusivamente quelle che sono state effettivamente decise con la conseguenza che l’annullamento per ragioni formali di un’ordinanza cautelare non determina alcuna preclusione e ne consente la reiterazione anche in assenza di circostanze sopravvenute. F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4273 (c.c. 28 novembre 2008), Schembri e altro (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 310; c.p.p. art. 311; c.p.p. art. 322). [RV242502] ■ Impugnazioni – Ricorso per cassazione – Ricorso contro decisione emessa su istanza di riesame di sequestro È ammissibile, pur in assenza di un richiamo espresso all’art. 325 c.p.p. nell’art. 53 D.L.vo 8 giugno 2001 n. 231 (disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica), il ricorso per cassazione contro il provvedimento reso in sede di riesame del sequestro preventivo a fini di confisca disposto nel corso di procedimento per l’accertamento di responsabilità a carico di società cooperativa. F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2808 (c.c. 2 ottobre 2008), Bedino e altri (C.p.p. art. 321; c.p.p. art. 325; D.L.vo 08 giugno 2001, n. 231, art. 53). [RV242648] ■ Impugnazioni – Riesame – Avviso d’udienza Nel procedimento di riesame di un decreto di sequestro probatorio o di un decreto di convalida del sequestro probatorio operato dalla polizia giudiziaria l’avviso della data d’udienza deve essere dato solo al pubblico ministero, al difensore del sottoposto a indagine e a chi ha proposto la richiesta e non anche ad eventuali soggetti controinteressati. F Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37702 (c.c. 24 settembre 2008), P.M. in proc. Conti (C.p.p. art. 253; c.p.p. art. 257; c.p.p. art. 324; c.p.p. art. 355). [RV242050] ■ Impugnazioni – Riesame – Motivazione del provvedimento di sequestro Il potere del giudice del riesame di integrare le carenze motivazionali del provvedimento di sequestro ai sensi del combinato disposto degli artt. 324, settimo comma, e 309, nono comma, c.p.p. non è esercitabile allorquando il requisito della motivazione e della enunciazione dei fatti sia del tutto carente, come nel caso della sola indicazione delle norme di legge violate, do- mas ma s s ima r i o vendo, in tali ipotesi, essere rilevata la nullità del decreto impugnato. F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47120 (c.c. 26 novembre 2008), P.M. in proc. Gargiulo (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 324). [RV242268] ■ Impugnazioni – Riesame – Motivi In tema di impugnazioni di misure cautelari, l’enunciazione dei motivi a sostegno della richiesta di riesame avverso una misura cautelare, sia essa personale o reale, è facoltativa e non obbligatoria. (Fattispecie nella quale la Corte ha censurato l’ordinanza di inammissibilità del gravame, avente ad oggetto un sequestro preventivo, in quanto la richiesta di riesame non risultava corredata dai motivi, né gli stessi erano stati enunciati in sede di udienza camerale, svoltasi in assenza del difensore). F Cass. pen., sez. III, 28 gennaio 2009, n. 3816 (c.c. 14 ottobre 2008), Leone (C.p.p. art. 309; c.p.p. art. 324; c.p.p. art. 581; c.p.p. art. 591). [RV242821] ■ Impugnazioni – Riesame – Procedimento Ai fini della proposizione dell’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p., non è richiesto che il difensore dell’indagato (o imputato) sia munito di procura speciale, essendo egli titolare di un autonomo diritto di impugnazione nell’interesse del proprio assistito. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2698 (c.c. 13 novembre 2008), Granata (C.p.p. art. 322; c.p.p. art. 324; c.p.p. art. 571). [RV242584] ■ Impugnazioni – Riesame – Richiesta Avverso il sequestro preventivo è legittimato a proporre ricorso per cassazione, oltre al soggetto cui le cose sono state sequestrate o cui dovrebbero essere restituite, anche l’imputato o l’indagato, sempre che abbia un concreto interesse alla proposizione del gravame. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui egli non sia titolare del bene sottoposto a sequestro, in tanto può impugnare, in quanto il provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione nella sua sfera giuridica e che l’eventuale eliminazione o riforma del provvedimento stesso abbia l’effetto di render possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole. (Nella fattispecie, relativa a sequestro preventivo di un’autovettura, la Corte ha ritenuto inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso dell’indagato avverso l’ordinanza del G.I.P. che aveva respinto l’opposizione presentata dal titolare del bene, sul presupposto che quest’ultimo fosse una semplice «testa di legno» e che il veicolo appartenesse in realtà all’indagato). F Cass. pen., sez. VI, 6 novembre 2008, n. 41682 (c.c. 30 ottobre 2008), Hussein (C.p.p. art. 263; c.p.p. art. 321; c.p.p. art. 568). [RV241921] ■ Sequestro conservativo – Applicabilità del sequestro su beni di proprietà di terzi – Possibilità In tema di misure cautelari reali, possono essere oggetto di sequestro conservativo, oltre che i beni di proprietà dell’imputato o del responsabile civile, anche i beni di proprietà di terzi, a condizione che emergano elementi da cui risulti la mala fede dei terzi acquirenti o la simulazione del contratto d’acquisto. (In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che la presunzione di frode di cui all’art. 193 c.p., che legittima l’esperibilità dell’azione revocatoria dell’atto d’acquisto, non è assoluta ma iuris tantum). F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3810 (c.c. 19 dicembre 2008), Co (C.p.p. art. 316; c.p.p. art. 317; c.p. art. 193). [RV242540] ■ Sequestro conservativo – Conversione in pignoramento – Sentenza irrevocabile di condanna al risarcimento La conversione del sequestro conservativo in pignoramento non si verifica se la sentenza di condanna divenuta irrevocabile non contiene la determinazione dell’ammontare del risarcimento del danno da reato, rinviando per l’indicazione del quantum al giudice civile. (La Corte ha quindi concluso che in tal caso non può porsi questione di perdita di efficacia del pignoramento per inutile decorso del termine di novanta giorni previsto dall’art. 497 c.p.c. per la richiesta di assegnazione o di vendita del bene). Cass. pen., sez. VI, 14 novembre 2008, n. 42698 (c.c. 10 luglio 2008), Fabris (C.p.p. art. 320; c.p.c. art. 497). [RV242806] F ■ Sequestro conservativo – Esecuzione del provvedimento – Forme previste dal codice di procedura civile In tema di misure cautelari reali, il mancato rispetto del termine perentorio di giorni trenta per l’esecuzione del sequestro conservativo di cui all’art. 675 c.p.c. non determina la decadenza del provvedimento emesso dal G.i.p., in quanto il richiamo alle «forme previste dal codice di procedura civile» contenuto nell’art. 317, comma terzo, c.p.p. attiene esclusivamente alle modalità esecutive e non alle altre statuizioni del relativo codice di rito aventi finalità diverse e proprie del procedimento civile. F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3810 (c.c. 19 dicembre 2008), Co.me.f.i. Metalli srl e altri (C.p.p. art. 317; c.p.c. art. 675). [RV242539] ■ Sequestro conservativo – Presupposti – Periculum in mora Il periculum in mora ai fini dell’adozione del sequestro conservativo può essere integrato anche dalla condizione di inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare delle pretese creditorie, indipendentemente da un depauperamento allo stesso ascrivibile. F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43246 (c.c. 26 settembre 2008), Ronco (C.p.p. art. 316). [RV241933] ■ Sequestro conservativo – Presupposti – Periculum in mora Il periculum in mora ai fini dell’adozione del sequestro conservativo nel procedimento penale per falso per soppressione di testamento olografo non è escluso dalla circostanza che, in relazione ai beni oggetto della misura cautelare, sia stato disposto il sequestro ai sensi dell’art. 669 quater c.p.c. nel giudizio civile instaurato dalla petizione ereditaria proposta dall’imputato (In motivazione, la S.C. ha osservato che mentre il sequestro civile de quo ha natura e finalità di gestione dei beni controversi, il sequestro conservativo penale è finalizzato a consentire il soddisfacimento di un credito determinato). F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43241 (c.c. 16 settembre 2008), Nachira e altro (C.p.c. art. 669 quater; c.p.p. art. 316). [RV242214] ■ Sequestro preventivo – Bene oggetto di sentenza definitiva di accoglimento di azione revocatoria – Dissequestro e restituzione al curatore In tema di sequestro preventivo, è legittimo il provvedimento di revoca e di restituzione a favore del curatore fallimentare del bene oggetto della sentenza irrevocabile di accoglimento dell’azione revocatoria. F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43245 (c.c. 25 settembre 2008), Giuffrida e altro (C.c. art. 2901; c.p.p. art. 321; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 66). [RV241932] ■ Sequestro preventivo – Condizioni di applicabilità – Sequestro preventivo finalizzato alla confisca È legittimo il sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all’art. 322 ter c.p., eseguito in danno di un concorrente del reato di cui all’art. 316 bis c.p., per l’intero importo relativo al prezzo o profitto dello stesso reato, nonostante le somme illecite siano state incamerate in tutto o in parte da altri coindagati. (La Corte ha precisato che il principio solidaristico, che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente). F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45389 (c.c. 6 novembre 2008), Perino Gelsomino (C.p.p. art. 321; c.p. art. 316 bis; c.p. art. 322 ter). [RV241974] ■ Sequestro preventivo – Condizioni di applicabilità – Sequestro preventivo non finalizzato alla confisca Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicchè possono essere oggetto del sequestro anche le cose in proprietà di terzo estraneo, se la loro libera Arch. nuova proc. pen. 1/2010 109 mas ma s s ima r i o disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso. (In motivazione la Corte ha precisato che, in sede di confisca, prevale, invece, la tutela del diritto di proprietà del terzo incolpevole). F Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 2009, n. 1806 (c.c. 4 novembre 2008), Pepe (C.p.p. art. 321). [RV242262] ■ Sequestro preventivo – Oggetto – Bene acquistato col denaro provento di reato In tema di sequestro preventivo, nella nozione di profitto funzionale alla confisca rientrano non soltanto i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito, ma anche ogni altra utilità che sia conseguenza, anche indiretta o mediata, dell’attività criminosa. F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45389 (c.c. 6 novembre 2008), Perino Gelsomino (C.p.p. art. 321). [RV241973] ■ Sequestro preventivo – Oggetto – Bene sottoposto a pegno regolare Il sequestro preventivo può avere ad oggetto anche beni che siano stati costituiti dall’indagato in pegno regolare, e ciò perché questi conserva il potere di alienare il bene o di attivarsi per l’estinzione dell’obbligazione e la conseguente restituzione della eadem res fornita in garanzia. (Ha tuttavia precisato la Corte che il giudice di merito che dispone la misura può graduare la portata del sequestro e limitare l’estensione del vincolo alle facoltà spettanti al debitore indagato o imputato per non pregiudicare le facoltà di esclusiva pertinenza del creditore pignoratizio estraneo all’illecito penale; in tal modo operando una doverosa scissione delle rispettive sfere di disponibilità, ai fini di una diversa diversificazione dell’ambito di efficacia del vincolo). F Cass. pen., sez. II, 5 dicembre 2008, n. 45400 (c.c. 7 novembre 2008), Palmieri (C.p.p. art. 321). [RV241975] ■ Sequestro preventivo – Oggetto – Beni sottoposti alla misura del congelamento Qualora i beni sequestrati o confiscati nel processo penale siano altresì sottoposti alla misura del congelamento ai sensi del D.L.vo 22 giugno 2007 n. 109, la gestione degli stessi spetta al giudice penale, e, ove il sequestro o la confisca vengano revocati, all’Agenzia del Demanio. F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3718 (c.c. 4 dicembre 2008), Minin (C.p.p. art. 262; c.p.p. art. 321; c.p. art. 240; D.L.vo 22 giugno 2007, n. 109). [RV242783] ■ Sequestro preventivo – Oggetto – Cose pertinenti al reato Non è legittimo il sequestro preventivo del capitale sociale di una s.p.a. appartenente a soggetti estranei al reato, quando non emerga un nesso di strumentalità con le condotte illecite ipotizzate. (Fattispecie relativa a revoca di sequestro preventivo avente ad oggetto l’intero capitale sociale di una società per azioni coinvolta in reati di frode in forniture e truffa). F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44271 (c.c. 7 ottobre 2008), P.M. in proc. Calcestruzzi S (C.p.p. art. 321). [RV242401] ■ Sequestro preventivo – Ordinanza di convalida – Omessa o ritardata notifica La mancata tempestiva notifica all’interessato dell’ordinanza di convalida del sequestro preventivo non è sanzionata con la nullità, conseguendone unicamente l’effetto del differimento della decorrenza del termine di impugnazione. F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6914 (c.c. 12 dicembre 2008), Benassi e altro (C.p.p. art. 321). [RV242519] ■ Sequestro preventivo – Revoca – Rigetto della relativa istanza da parte del giudice Non è nullo il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca del sequestro preventivo adottato dal giudice senza aver prima richiesto il parere del pubblico ministero. F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4273 (c.c. 28 novembre 2008), Schembri e altro (C.p.p. art. 321). [RV242503] 110 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Sequestro preventivo – Sequestro funzionale alla confisca per equivalente – Presupposti È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni costituenti profitto illecito anche quando l’impossibilità del loro reperimento sia transitoria e reversibile, purché sussistente al momento della richiesta e dell’adozione della misura. F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2823 (c.c. 10 dicembre 2008), Schiattarella (C.p. art. 322 ter; c.p. art. 640 bis; c.p.p. art. 321). [RV242653] ■ Sequestro preventivo – Sequestro funzionale alla successiva confisca per equivalente – Pluralità di indagati quali concorrenti nel medesimo reato Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di beni per equivalente ai sensi degli art. 322 ter e 640 quater c.p., può interessare ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del prezzo o profitto del reato, benché le somme illecite siano state incamerate, in tutto o in parte, da altri coindagati. F Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 5401 (c.c. 28 gennaio 2009), Di Fazio (C.p.p. art. 321; c.p. art. 322 ter; c.p. art. 640 quater). [RV242777] Misure di prevenzione ■ Appartenenti ad associazioni mafiose – Sequestro e confisca dei beni – Possibilità dei terzi titolari di diritti reali sui beni confiscati di esperire incidente di esecuzione Il terzo che vanti un diritto reale su un bene sottoposto a confisca ai sensi dell’art. 2 ter L. 31 maggio 1965 n. 575 ha l’onere di provare, nel procedimento di esecuzione avente ad oggetto la confiscabilità del medesimo bene, sia la propria titolarità dello ius in re aliena il cui titolo deve essere costituito da un atto di data certa anteriore al sequestro di cui al citato art. 2 ter, sia la mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia, derivante da condotte di agevolazione o, addirittura, di fiancheggiamento. (La Corte ha chiarito che l’onere probatorio a carico del terzo ha ad oggetto la dimostrazione del suo affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza). F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43715 (c.c. 13 novembre 2008), Mancuso (L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter; c.p.p. art. 666). [RV242212] ■ Appartenenti ad associazioni mafiose – Sequestro e confisca dei beni – Terzi titolari di diritti reali di garanzia sui beni confiscati Il terzo che vanti un diritto reale di garanzia su un bene sottoposto a confisca ai sensi dell’art. 2 ter L. 31 maggio 1965 n. 575 ha l’onere di provare, nel procedimento di esecuzione avente ad oggetto la confiscabilità del medesimo bene, sia la titolarità del diritto, sulla base di un atto di data certa anteriore al sequestro di cui al citato art. 2 ter, sia la mancanza di collegamento del diritto stesso con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia, derivante da condotte di agevolazione o di fiancheggiamento. (La Corte ha chiarito che l’onere probatorio a carico del terzo ha ad oggetto la dimostrazione del suo affidamento incolpevole ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che rende scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza). F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2501 (c.c. 14 gennaio 2009), San Paolo Imi S (C.p.p. art. 666; L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ter). [RV242817] ■ Pericolosità sociale – Appartenenti ad associazioni mafiose – Attualità della partecipazione Ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di appartenenti ad associazioni mafiose, una volta che detta appartenenza risulti adeguatamente dimostrata, non è necessaria alcuna particolare motivazione del giudice in punto di attuale pericolosità, che potrebbe essere esclusa solo nel caso di recesso dall’associazione, del quale occorrerebbe acquisire positivamente la prova, non bastando a tal fine eventuali riferimenti al mas ma s s ima r i o tempo trascorso dall’adesione o dalla concreta partecipazione ad attività associative. F Cass. pen., sez. VI, 9 gennaio 2009, n. 499 (c.c. 21 novembre 2008), Conversano (C.p. art. 416 bis; c.p.p. art. 125; c.p.p. art. 546; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 1). [RV242379] ■ Procedimento – Imposizione di una cauzione – Richiesta di rateizzazione Non è ricorribile per cassazione il provvedimento con cui il giudice della prevenzione rigetta la richiesta di rateizzazione della cauzione di cui all’art. 3 bis L. n. 575 del 1965, poichè manca un’espressa previsione di legge. F Cass. pen., sez. II, 17 dicembre 2008, n. 46751 (c.c. 18 novembre 2008), Sabatelli e altri (C.p.p. art. 568; L. 31 maggio 1975, n. 575, art. 3 bis). [RV242803] ■ Procedimento – Impugnazioni – Decreto applicativo della sorveglianza speciale di P.S Il decreto applicativo della sorveglianza speciale di P.S. non è ricorribile immediatamente per cassazione se prima non sia stato oggetto di appello. (Nella specie, la Corte, qualificato il ricorso come appello, ha disposto la trasmissione degli atti al giudice competente). F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5630 (c.c. 20 gennaio 2009), Geraci (L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4; c.p.p. art. 569). [RV242448] ■ Procedimento – Intercettazioni in procedimenti diversi – Utilizzabilità I limiti di utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni nei procedimenti diversi da quelli in cui sono state disposte non valgono in riferimento al procedimento di prevenzione, in ragione della sua autonomia rispetto a quello penale. F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37659 (c.c. 28 maggio 2008), Simonetta (L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 2; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 3; c.p.p. art. 270). [RV241944] ■ Procedimento – Ne bis in idem – Applicabilità Il principio del ne bis in idem è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera rebus sic stantibus e non impedisce l’esame di nuove e diverse circostanze, siano esse sopravvenute, anteriori o emerse successivamente, essendo consentita l’irrogazione di una nuova misura di prevenzione quando sia ancora in atto quella precedentemente disposta, con il solo limite che tale nuova misura venga adottata con riferimento a nuovi elementi accertati successivamente alla prima e con la conseguenza che essa avrà effettivo inizio al momento dell’esaurimento della misura già in atto. F Cass. pen., sez. VI, 11 dicembre 2008, n. 45815 (c.c. 29 ottobre 2008), Cammarata e altro (C.p.p. art. 649; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 3; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 7). [RV242005] che lo stesso sia nuovamente decorso. F Cass. pen., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 1461 (c.c. 3 dicembre 2008), Di Maggio (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 175). [RV242271] ■ Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Contestuale ordine di comparizione in Questura In tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, in caso di annullamento con rinvio per vizio di motivazione o per violazione dei termini a difesa dell’ordinanza di convalida del provvedimento questorile impositivo dell’obbligo di comparizione ad un ufficio o comando di polizia, il giudice deve procedere a rinnovare la valutazione della misura di prevenzione, ovviando al vizio di motivazione o disponendo darsi avviso all’interessato del nuovo termine entro cui esercitare il diritto di difesa cartolare. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il predetto principio, ha ulteriormente precisato che in tale ultimo caso la decisione sulla convalida deve intervenire dopo la scadenza del predetto termine). F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5502 (c.c. 6 novembre 2008), Piccinelli (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 623). [RV242471] ■ Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Contestuale ordine di comparizione in Questura In tema di contrasto dei fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive, l’annullamento della convalida del provvedimento del Questore, impositivo dell’obbligo di comparizione ad un ufficio o comando di polizia, deve essere disposto con rinvio nel caso di inosservanza dei termini a difesa, mentre deve essere disposto senza rinvio nel caso di inosservanza dei termini perentori previsti per la convalida. F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5502 (c.c. 6 novembre 2008), Piccinelli (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 623). [RV242470] ■ Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Contestuale ordine di comparizione in Questura In tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, l’annullamento con rinvio, per vizio di motivazione, dell’ordinanza di convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia, non determina l’inefficacia di quest’ultimo, che resta eseguibile ed esecutivo se tempestivamente convalidato. F Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2009, n. 5501 (c.c. 6 novembre 2008), Caruso (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 623). [RV242469] Misure di sicurezza ■ Revoca e modifica – Revoca della misura di prevenzione per difetto originario di pericolosità sociale – Conseguenze La revoca del decreto di sottoposizione ad una misura di prevenzione, pronunciata dal giudice per difetto originario di pericolosità sociale, rende penalmente irrilevante con efficacia ex tunc i comportamenti d’inosservanza agli obblighi, con la conseguente immediata declaratoria, ex art. 129 c.p.p., d’assoluzione per l’insussistenza del fatto. F Cass. pen., sez. I, 1 dicembre 2008, n. 44601 (ud. 11 novembre 2008), Pagano (C.p.p. art. 129; L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9). [RV241911] ■ Patrimoniali – Confisca – Applicabilità anche in caso di patteggiamento per i delitti in materia di contrabbando La speciale ipotesi di confisca obbligatoria prevista dall’art. 12 sexies del D.L. n. 306 del 1992, conv. in L. n. 356 del 1992, è applicabile anche ai beni riconducibili alla persona nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. per delitti in materia di contrabbando. F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2489 (c.c. 9 gennaio 2009), P.M. in proc. De Filippo (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; D.L. 08 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies; D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 301). [RV242625] ■ Singole misure – Divieto di accesso ai lavori dove si svolgono competizioni agonistiche – Convalida del provvedimento questorile In tema di turbative nello svolgimento di manifestazioni sportive, ove l’ordinanza di convalida del provvedimento del Questore venga annullata dalla Corte di cassazione per inosservanza del termine di quarantotto ore, decorrente dalla notifica del provvedimento stesso e finalizzato a consentire la presentazione di memorie e deduzioni, il giudice di rinvio è tenuto a restituire nel predetto termine l’interessato, non potendo decidere prima ■ Patrimoniali – Confisca – Per equivalente In tema di confisca per equivalente disposta in sede di patteggiamento, l’ordine di confisca di beni diversi da quelli originariamente sequestrati, sostituiti con altri di valore corrispondente al profitto od al prezzo del reato, non legittima il recesso unilaterale dall’accordo sull’applicazione della pena, in quanto la sostituzione dei beni è evenienza prevedibile al momento dell’accordo. (Fattispecie nella quale, in fase d’indagini preliminari, erano stati sequestrati al ricorrente beni parzialmente appartenenti a soggetti estranei al reato ed agli stessi restituiti, cui era seArch. nuova proc. pen. 1/2010 111 mas ma s s ima r i o guito, dopo l’accordo sull’applicazione della pena, il sequestro d’ulteriori beni di valore corrispondente al profitto del reato). F Cass. pen., sez. III, 12 gennaio 2009, n. 625 (c.c. 21 novembre 2008), Scirrotta (C.p. art. 322 ter; c.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445). [RV242154] ■ Patrimoniali – Confisca – Sentenza già pronunciata e non ancora passata in giudicato È abnorme il provvedimento con cui il giudice, dopo che ha emesso la sentenza d’applicazione della pena su richiesta delle parti e prima che detta sentenza passi in cosa giudicata, dispone la confisca di cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992. F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41218 (c.c. 2 ottobre 2008), Barchi (C.p.p. art. 444; c.p.p. art. 445; c.p.p. art. 568; c.p.p. art. 676). [RV242413] ■ Procedimento – Impugnazioni – Ricorribilità per saltum Contro i provvedimenti emessi dal magistrato di sorveglianza in tema di misure di sicurezza non è immediatamente esperibile il ricorso per cassazione, essendo detti provvedimenti appellabili davanti al tribunale di sorveglianza e, solo dopo l’esaurimento di tale grado di giudizio, ricorribili per cassazione, restando esclusa la possibilità di ricorso per saltum a norma dell’art. 569, comma primo, c.p.p. (Fattispecie nella quale, qualificato il ricorso come appello, la S.C. ha disposto la trasmissione degli atti al competente tribunale di sorveglianza). F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5636 (c.c. 20 gennaio 2009), Mandrean (C.p.p. art. 569; c.p.p. art. 680). [RV242450] ■ Singole misure – Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche – Ordinanza di convalida del Gip In tema di misure volte a prevenire i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, l’annullamento dell’ordinanza di convalida del G.i.p. deve essere disposto «con rinvio» nel caso di mancata concessione all’intimato del termine per l’esercizio del diritto di difesa ed in quello di mancato rispetto del termine, concesso con il provvedimento del Questore, per la presentazione di memorie e deduzioni difensive, mentre deve essere disposto «senza rinvio» nel caso di mancata osservanza da parte del P.M. del termine di 48 ore dalla notifica per richiedere la convalida ed in quello di mancata osservanza da parte del G.i.p. del termine delle 48 ore successive per la pronuncia sulla convalida. F Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 377 (c.c. 16 dicembre 2008), D’Onorio De Meo e altro (L. 13 dicembre 1989, n. 401; c.p.p. art. 620; c.p.p. art. 623). [RV242166] Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto ■ Difetto di querela – Improcedibilità dell’azione penale Nell’ipotesi di rigetto del ricorso proposto avverso la sentenza che dichiara la sussistenza delle condizioni per l’estradizione verso l’estero, non può trovare applicazione, neanche in via analogica, la disposizione di cui all’art. 29, comma primo, D.L.vo 28 luglio 1989, n. 272, che esonera dal pagamento delle spese processuali la persona minore di età al momento del fatto-reato addebitatogli, atteso che la definizione della procedura estradizionale non assolve le funzioni proprie della giustizia minorile, ma attiene alla verifica giurisdizionale della sussistenza delle condizioni per dar luogo alla consegna allo Stato richiedente di una persona nei cui confronti deve essere posta in esecuzione una sentenza irrevocabile di condanna. (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione proveniente dalla Repubblica di Polonia, nei confronti di una persona che nel frattempo aveva raggiunto la maggiore età). F Cass. pen., sez. VI, 26 febbraio 2009, n. 8751 (c.c. 8 gennaio 2009), Jarczewski (C.p.p. art. 705; T.I. 13 dicembre 1957; D.L.vo 28 luglio 1989, n. 272, art. 29). [RV242695] 112 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Notificazioni in materia penale ■ A mezzo telefono – Mancanza di prova della conferma telegrafica – Nullità La nullità della notifica al difensore di fiducia dell’avviso di fissazione dell’udienza (nella specie, di riesame) eseguito, in caso di urgenza, con il mezzo del telefono, ma in assenza di prova della conferma telegrafica, è sanata dalla partecipazione all’udienza di delegato del difensore, sia pure comparso all’esclusivo fine di segnalare la violazione processuale, senza la richiesta di termine a difesa. F Cass. pen., sez. I, 16 dicembre 2008, n. 46260 (c.c. 18 novembre 2008), Teklehaimanot (C.p.p. art. 149; c.p.p. art. 309; att. c.p.p. art. 55). [RV242064] ■ A persona diversa dall’imputato – Difensore – Negligenza del professionista In tema di validità delle notificazioni al difensore, rileva il comportamento negligente del professionista, in quanto egli ha l’obbligo di assicurare con l’ordinaria diligenza, in costanza di mandato difensivo, la ricevibilità delle notifiche a lui dirette. (Fattispecie in tema di riesame di misura cautelare personale nella quale è stata ritenuta valida la notifica dell’avviso ex art. 309 c.p.p. con consegna al portiere dello stabile in cui era allocato lo studio del difensore, trovato reiteratamente chiuso dall’ufficiale giudiziario). F Cass. pen., sez. III, 22 gennaio 2009, n. 2893 (c.c. 18 dicembre 2008), Capasso (C.p.p. art. 94; c.p.p. art. 96; c.p.p. art. 157; c.p.p. art. 309). [RV242171] ■ A persona diversa dall’imputato – Difensore – Nominato d’ufficio per abbandono della difesa di quello fiduciario Qualora sopravvenga l’impossibilità di notifica all’imputato nel domicilio originariamente dichiarato (nella specie, dell’estratto contumaciale di sentenza), è legittima l’esecuzione della notificazione al difensore nominato di ufficio in sostituzione di quello fiduciario, che il giudice motivatamente ritenga, per il mancato svolgimento di qualsiasi attività defensionale, abbia abbandonato la difesa. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48161 (c.c. 26 novembre 2008), Maglione (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 161). [RV242436] ■ All’imputato latitante – Notificazione al difensore ed al latitante – Consegna di una sola copia dell’atto al difensore La notificazione di un atto all’imputato latitante e al suo difensore è regolarmente eseguita con la consegna di una sola copia dell’atto al difensore stesso. F Cass. pen., sez. II, 20 gennaio 2009, n. 2396 (c.c. 19 dicembre 2008), Pesce (C.p.p. art. 165). [RV242807] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Comunicazione È valida la dichiarazione di domicilio, resa contestualmente alla nomina del difensore di fiducia e ritualmente autenticata, che risulti depositata e allegata al fascicolo processuale. (In motivazione, la S.C. ha affermato che la norma di cui all’art. 162, comma primo, c.p.p., concerne solo la trasmissione a distanza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, non regolando né vietando la presentazione diretta e non potendo essere intesa come una tassativa prescrizione di forma). F Cass. pen., sez. V, 22 gennaio 2009, n. 2924 (ud. 14 novembre 2008), Zampino (C.p.p. art. 162). [RV242350] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Comunicazione relativa a diverso procedimento La dichiarazione o l’elezione di domicilio effettuate con la richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato producono effetto non solo ai fini delle relative pronunzie incidentali ma anche ai fini del procedimento principale. F Cass. pen., sez. I, 19 gennaio 2009, n. 1841 (ud. 18 dicembre 2008), Conforti (C.p.p. art. 171; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 78). [RV242713] mas ma s s ima r i o ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Elezione di domicilio effettuata con la richiesta d’ammissione al gratuito patrocinio Dà causa alla nullità assoluta per omessa citazione la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello, in luogo diverso dal domicilio dallo stesso eletto con l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, proposta nel giudizio di primo grado. F Cass. pen., sez. I, 4 novembre 2008, n. 41069 (ud. 23 ottobre 2008), Cardinale (C.p.p. art. 171; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 179). [RV242037] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Elezione di domicilio effettuata nella procedura di ammissione al gratuito patrocinio La nomina del difensore di fiducia con contestuale elezione di domicilio presso il suo studio, effettuata nell’ambito della procedura incidentale di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, vale come elezione di domicilio nel procedimento principale, a cui sia espressamente riferita. F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45785 (c.c. 2 dicembre 2008), Ambrosino (C.p.p. art. 161; c.p.p. art. 171). [RV242576] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Impossibilità di notificazione al domicilio dichiarato La dichiarazione di domicilio fatta dall’imputato esclude, per il caso in cui sia impossibile la notifica al domicilio, il ricorso alla notificazione per irreperibilità, dovendosi procedere alla notifica con consegna di copia dell’atto al difensore. F Cass. pen., sez. I, 5 novembre 2008, n. 41223 (c.c. 8 ottobre 2008), Pavlovic (C.p.p. art. 161). [RV242414] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Imputato detenuto per altra causa È valida la notificazione presso il domicilio eletto quando il destinatario sia detenuto per altra causa, presupponendo l’elezione, a differenza della mera dichiarazione, l’indicazione di persona legata da un rapporto fiduciario tale da impegnarla a ricevere gli atti riguardanti l’imputato e a consegnarli al medesimo. (Fattispecie di notifica, presso il difensore domiciliatario, dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di imputato in stato di detenzione domiciliare). F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3870 (ud. 2 ottobre 2008), Scarlata (C.p.p. art. 156; c.p.p. art. 161). [RV242396] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Notificazione presso la residenza La notificazione dell’avviso dell’udienza preliminare effettuata presso la residenza dell’imputato, anziché al domicilio eletto, non determina una nullità assoluta, se la notifica sia stata comunque idonea a determinare l’effettiva conoscenza dell’atto notificato. (Nella fattispecie, la notificazione era avvenuta mediante consegna dell’atto al portiere dello stabile di residenza e la raccomandata, contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, era stata consegnata personalmente all’imputato). F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3895 (ud. 4 dicembre 2008), Alberti e altri (C.p.p. art. 157; c.p.p. art. 161; c.p.p. art. 178; c.p.p. art. 180). [RV242641] ■ All’imputato non detenuto – Domicilio dichiarato o eletto – Notificazioni al domicilio eletto presso il difensore In tema di notificazioni, l’omesso avvertimento all’imputato dell’obbligo di comunicare ogni variazione del domicilio precedentemente dichiarato o eletto è causa di nullità della notifica esclusivamente nel caso in cui la stessa sia avvenuta con consegna al difensore a causa dell’impossibilità di esecuzione presso tale domicilio, e non anche nel caso in cui l’atto sia stato notificato al difensore nella qualità di domiciliatario dell’imputato. F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7130 (c.c. 15 gennaio 2009), Meconi (C.p.p. art. 161; c.p.p. art. 163; c.p.p. art. 164; c.p.p. art. 171). [RV242676] ■ All’imputato non detenuto – Nomina del difensore di fiducia – Notifica successiva alla prima L’art. 157, comma ottavo bis c.p.p. (introdotto dall’art. 2 D.L. 21 febbraio 2005 n. 17 conv. nella L. 22 aprile 2005 n. 60), concernente il regime delle notificazioni successive alla prima, riguarda l’intero processo e non già ogni grado di giudizio, sicchè non occorre individuare per ciascuna fase processuale una «prima» notificazione rispetto alla quale possa, poi, trovare attuazione la nuova disciplina. (Fattispecie in cui il ricorrente aveva dedotto che, a seguito della risoluzione del conflitto di competenza, il decreto di citazione per il giudizio d’appello doveva essergli notificato con una nuova prima citazione, con conseguente invalidità di quella eseguita ai sensi dell’art. 157, comma ottavo bis c.p.p.). F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43791 (ud. 10 luglio 2008), Giglia (C.p.p. art. 157). [RV242039] ■ Nullità – Notificazione all’imputato eseguita a mezzo telefax presso il difensore – Natura della nullità È affetta da nullità a regime intermedio la notificazione all’indagato dell’avviso di udienza fissata per la decisione sull’istanza di riesame (nella specie di sequestro preventivo), eseguita mediante telefax nello studio del difensore dell’indagato, quantunque domiciliatario, in quanto l’art. 150 c.p.p. consente l’impiego di mezzi tecnici per le notifiche al difensore limitatamente agli atti di cui sia personalmente destinatario e non anche per quelli che sono indirizzati alla persona sottoposta a indagini. F Cass. pen., sez. II, 21 gennaio 2009, n. 2827 (c.c. 10 dicembre 2008), Raimondi (C.p.p. art. 150; c.p.p. art. 161). [RV242654] Nullità nel processo penale ■ Concernenti l’imputato o la difesa – Notificazione della citazione presso lo studio del difensore di fiducia – Mancanza di elezione di domicilio La notificazione della citazione effettuata presso lo studio del difensore di fiducia, pur in mancanza di un’elezione di domicilio, determina una nullità a regime intermedio non assoluta, essendo idonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto, considerato il rapporto fiduciario intercorrente con il legale, sicchè essa è sanabile ai sensi dall’art. 184 c.p.p. e, comunque, non può essere rilevata oltre i termini di cui all’art. 180 c.p.p. F Cass. pen., sez. II, 9 gennaio 2009, n. 559 (ud. 9 dicembre 2008), Firmanò e altro (C.p.p. art. 157; c.p.p. art. 161; c.p.p. art. 171; c.p.p. art. 178). [RV242715] Parte civile ■ Costituzione – Esclusione – Mera riproposizione in appello delle istanze già valutate dal giudice di primo grado La questione concernente l’eventuale esclusione della parte civile già posta e risolta nel giudizio di primo grado non può essere oggetto di mera riproposizione nel processo di appello, dovendosi considerare in tal caso irrevocabile la decisione adottata nella fase antecedente di giudizio. F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2071 (ud. 25 novembre 2008), Romanelli e altro (C.p.p. art. 80; c.p.p. art. 81). [RV242359] ■ Costituzione – Forme e termini – Generalità del difensore La costituzione di parte civile esige, a pena di inammissibilità, che nella relativa dichiarazione siano indicate le generalità della persona fisica che si costituisce e non anche le generalità del difensore munito di procura speciale, rispetto al quale è richiesta soltanto l’indicazione del nome e cognome. F Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2008, n. 43723 (ud. 12 novembre 2008), Amato De Serpis e altro (C.p.p. art. 78). [RV242096] ■ Costituzione – Giudizio direttissimo – Formalità di costituzione La costituzione di parte civile richiede, anche nel giudizio direttissimo, il rispetto delle formalità previste dalla legge, consistenti nel deposito in cancelleria o nella presentazione in Arch. nuova proc. pen. 1/2010 113 mas ma s s ima r i o udienza dell’apposita dichiarazione. (La Corte ha precisato che è illegittima la costituzione per mezzo della mera rappresentazione informale dell’intento di costituirsi). F Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2008, n. 38535 (ud. 20 maggio 2008), Rossetti (C.p.p. art. 78; c.p.p. art. 449; c.p.p. art. 450). [RV241956] ■ Costituzione – Revoca – Omessa presentazione delle conclusioni scritte nel giudizio di rinvio La mancata presentazione delle conclusioni scritte nel giudizio di rinvio non determina la revoca della costituzione di parte civile, qualora le conclusioni siano state rassegnate nel processo di primo grado, rimanendo valide, in quanto tali, in ogni stato e grado del processo, in virtù del principio di immanenza della costituzione di parte civile. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48397 (ud. 11 dicembre 2008), Russo e altro (C.p.p. art. 82; c.p.p. art. 523; c.p.p. art. 598; c.p.p. art. 627). [RV242132] ■ Legittimazione e interesse – Comitato privo di personalità giuridica e associazione non riconosciuta – Incorporazione I comitati privi di personalità giuridica e le associazioni non riconosciute sono autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, sicché in caso di incorporazione del primo nella seconda l’associazione è legittimata all’azione civile per il risarcimento del danno subito dal comitato. F Cass. pen., sez. V, 20 ottobre 2008, n. 39228 (ud. 17 luglio 2008), P.C. e Graviano (C.p. art. 185; c.p.p. art. 74). [RV241938] ■ Legittimazione e interesse – Inail – Reati colposi connessi ad infortuni sul lavoro In caso d’esercizio dell’azione penale per i reati d’omicidio colposo e lesioni colpose commessi con violazione delle norme antinfortunistiche, l’INAIL è legittimato a costituirsi parte civile e ad esercitare nel procedimento penale l’azione di regresso nei confronti del datore di lavoro eventualmente imputato. (In motivazione la Corte ha chiarito che la legittimazione dell’ente in tal senso discende dall’art. 2 della L. n. 123 del 2007, che ha imposto al pubblico ministero di informare a tal fine l’INAIL dell’avvenuto esercizio dell’azione penale per i reati menzionati). F Cass. pen., sez. IV, 19 dicembre 2008, n. 47374 (ud. 9 ottobre 2008), Mungari e altri (C.p. art. 185; c.p. art. 589; c.p. art. 590; c.p.p. art. 74). [RV241902] Pena ■ Sospensione condizionale – Concessione per la terza volta – Revoca Quando la sospensione condizionale della pena viene concessa oltre i limiti posti dall’art. 164, comma quarto, c.p., il giudice dell’esecuzione è tenuto a disporne la revoca ancorché al momento dell’adozione del beneficio per la terza volta solo una delle antecedenti condanne sia già divenuta definitiva e, pertanto, la causa ostativa sia effettivamente intervenuta in un momento successivo. F Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, n. 998 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Ingenito (C.p. art. 164; c.p. art. 168; c.p.p. art. 674). [RV242506] ■ Sospensione condizionale – Subordinazione del beneficio al risarcimento del danno – Obbligo per il giudice della cognizione di accertare le condizioni economiche del reo In tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo risarcitorio dal giudice della cognizione, questi non è tenuto a svolgere alcun accertamento circa le condizioni economiche del reo, in quanto rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione valutare l’assoluta impossibilità di adempiere che impedisce la revoca del beneficio. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il principio, ha ulteriormente precisato che incombe al condannato l’onere di provare l’assoluta impossibilità dell’adempimento). F Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 3197 (ud. 13 novembre 2008), Calandra (C.p. art. 163; c.p. art. 165; c.p. art. 168; c.p.p. art. 665). [RV242177] 114 1/2010 Arch. nuova proc. pen. Produzione, commercio e consumo ■ Prodotti alimentari – Sostanze vietate – Detenzione In tema di tutela penale degli alimenti, il giudice del luogo ove ha sede la società acquirente è competente per territorio in ordine al reato di vendita di prodotti alimentari invasi da parassiti. F Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2009, n. 391 (ud. 23 ottobre 2008), Licciardi (L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 5; L. 30 aprile 1962, n. 283, art. 6; c.p.p. art. 8). [RV242173] Prova penale ■ Custodia – Sequestri – Spese L’autorità giudiziaria competente per la liquidazione dei compensi del custode delle cose sottoposte a sequestro deve essere individuata, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 168 del D.P.R. n. 115 del 2002, con riguardo alla situazione processuale esistente al momento della presentazione della relativa domanda. (Nel caso di specie, nel quale la domanda era stata presentata quando già si erano concluse le indagini preliminari, la Corte ha stabilito che la competenza appartiene al Tribunale in quanto giudice che procede). F Cass. pen., sez. IV, 28 novembre 2008, n. 44558 (c.c. 5 novembre 2008), P.M. in proc. Trionfo ed altro (C.p.p. art. 263; c.p.p. art. 265; D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 168). [RV242003] ■ Disposizioni generali – Prove non disciplinate dalla legge – Verbale di P.G. relativo a videoregistrazione in luoghi esposti al pubblico I verbali delle operazioni di videoregistrazioni eseguite dalla polizia giudiziaria in luoghi esposti al pubblico sono valutabili in sede cautelare, anche per la parte relativa all’identificazione delle persone ritratte nei fotogrammi, indipendentemente dal deposito del supporto magnetico relativo alle videoregistrazioni stesse. F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37698 (c.c. 17 luglio 2008), Stranieri (C.p.p. art. 189; c.p.p. art. 292). [RV241947] ■ Disposizioni generali – Prove non disciplinate dalla legge – Videoregistrazione in luoghi esposti al pubblico eseguite dalla P.G Le videoregistrazioni eseguite dalla polizia giudiziaria in luoghi esposti al pubblico rientrano nella categorie delle prove atipiche. (Nel caso di specie, le riprese esterne ad un edificio ne inquadravano l’ingresso, i balconi e il cortile). F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37698 (c.c. 17 luglio 2008), Stranieri (C.p.p. art. 189). [RV241946] ■ Disposizioni generali – Valutazione – Falsità documentale Ai fini dell’accertamento delle falsità documentali, non è necessaria l’acquisizione del documento del quale si contesti la genuinità, potendo il giudice valorizzare anche gli ulteriori elementi probatori acquisiti. F Cass. pen., sez. V, 20 novembre 2008, n. 43383 (ud. 1 ottobre 2008), Canestraro e altri (C.p. art. 476; c.p. art. 479; c.p.p. art. 187; c.p.p. art. 192). [RV242189] ■ Disposizioni generali – Videoriprese dell’ingresso e del piazzale di un’impresa eseguite a mezzo di telecamere installate sulla pubblica via – Autorizzazione del Gip Sono legittime e pertanto utilizzabili, senza che necessiti l’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, le videoriprese dell’ingresso e del piazzale di un’impresa eseguite a mezzo di impianti installati dalla polizia giudiziaria sulla pubblica via, non configurandosi, in tal caso, alcuna indebita intrusione nell’altrui domicilio. F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4422 (c.c. 18 dicembre 2008), Galati Sansone e altri (C.p. art. 614; c.p. art. 615 bis; c.p.p. art. 124; c.p.p. art. 189). [RV242793] ■ Documenti e scritture – Acquisizione di sentenze divenute irrevocabili – Efficacia vincolante nel processo ad quem La sentenza divenuta irrevocabile ed acquisita come documento non ha efficacia vincolante, ma va liberamente apprezzata dal giudice unitamente agli altri elementi di prova. F Cass. mas ma s s ima r i o pen., sez. III, 27 febbraio 2009, n. 8823 (ud. 13 gennaio 2009), Cafarella (C.p.p. art. 187; c.p.p. art. 192; c.p.p. art. 238 bis). [RV242767] ■ Documenti e scritture – Copia – Valore probatorio La copia di un documento, quando sia idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti, ha valore probatorio anche al di fuori del caso di impossibilità di recupero dell’originale. F Cass. pen., sez. II, 25 settembre 2008, n. 36721 (ud. 21 febbraio 2008), Buraschi e altro (C.p.p. art. 189; c.p.p. art. 234). [RV242083] ■ Documenti e scritture – Sentenza irrevocabile contenente testimonianze indirette di ufficiali di P.G. – Acquisizione in altro processo Le deposizioni testimoniali rese da ufficiali di polizia giudiziaria su quanto loro riferito dai testimoni o dalla persona offesa e contenute in una sentenza irrevocabile acquisita in altro processo, non possono essere utilizzate, senza il consenso dello stesso, nei confronti dell’imputato rimasto estraneo al giudizio irrevocabilmente definito. (Fattispecie di deposizioni rese antecedentemente al divieto introdotto dal novellato art. 195, comma quarto, c.p.p.). F Cass. pen., sez. III, 27 febbraio 2009, n. 8823 (ud. 13 gennaio 2009), Cafarella (C.p.p. art. 195; c.p.p. art. 238; c.p.p. art. 238 bis). [RV242768] ■ Documenti e scritture – Verbale di constatazione della guardia di finanza – Utilizzazione processuale Il processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di finanza, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale anche nei confronti di soggetti non destinatari della verifica fiscale; tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’art. 220 disp. att., giacchè altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile. F Cass. pen., sez. III, 18 febbraio 2009, n. 6881 (ud. 18 novembre 2008), Ceragioli e altri (C.p.p. art. 234; att. c.p.p. art. 220). [RV242523] ■ Indizi – Requisiti – Certezza L’indizio ha valore probatorio se il dato di fatto di cui si compone è connotato dal requisito della certezza, che implica la verifica processuale della sua sussistenza. F Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 39882 (ud. 1 ottobre 2008), Zocco e altro (C.p.p. art. 192). [RV242123] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Ascolto diretto delle registrazioni – Modalità di apprezzamento della prova Il giudice (nella specie la Corte di appello) ha il potere di procedere all’ascolto diretto delle registrazioni delle conversazioni telefoniche intercettate, benché disponga agli atti della relativa trascrizione, senza che questa modalità di apprezzamento della prova documentale debba svolgersi nel contraddittorio. F Cass. pen., sez. II, 20 gennaio 2009, n. 2409 (ud. 19 dicembre 2008), Di Lodovico (C.p.p. art. 234; c.p.p. art. 268). [RV242805] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Eccezionali ragioni d’urgenza per l’utilizzazione di impianti esterni In tema di intercettazioni di comunicazioni e conversazioni telefoniche, nella nozione di urgenza, quale requisito di legittimità del decreto del P.M., rientrano, di norma, anche le «eccezionali ragioni di urgenza» richieste per l’utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla procura della Repubblica, sicchè la motivazione sul primo requisito dà conto anche della sussistenza del secondo, e la convalida del decreto d’intercettazione preclude ogni questione circa i requisiti per il ricorso agli impianti esterni. F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37699 (c.c. 17 luglio 2008), Vottari (C.p.p. art. 267; c.p.p. art. 268). [RV241949] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Intercettazioni disposte in via d’urgenza Le operazioni di intercettazione disposte dal pubblico ministero in via d’urgenza nel corso delle indagini per delitti di criminalità organizzata hanno la durata massima di quaranta giorni e, per i periodi di proroga, la durata di venti giorni. F Cass. pen., sez. II, 17 dicembre 2008, n. 46767 (c.c. 20 novembre 2008), Crea (C.p.p. art. 267; D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 13). [RV242804] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Trascrizione parziale delle registrazioni ed antecedente alla formale acquisizione delle bobine agli atti del dibattimento In tema di intercettazioni telefoniche, nessun pregiudizio per le facoltà difensive può ravvisarsi nell’ipotesi in cui le trascrizioni a opera del perito siano state eseguite prima della formale acquisizione delle bobine agli atti del dibattimento e abbiano riguardato solo una parte delle registrazioni. (La Corte ha osservato al riguardo che, in tal caso, non si verifica alcuna violazione delle forme e delle garanzie previste per la perizia, ed essendo sempre consentito all’imputato di nominare un consulente tecnico e al difensore di estrarre copia delle trascrizioni e far eseguire la trasposizione delle registrazioni su nastro magnetico, in modo da accertare la presenza di specifiche anomalie o di omissioni pregiudizievoli per la difesa). F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise (C.p.p. art. 225; c.p.p. art. 268). [RV242582] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Utilizzazione di impianti appartenenti a privati In materia di intercettazioni ambientali è legittima, in caso di urgenza e nell’ipotesi in cui la polizia giudiziaria non sia dotata delle necessarie apparecchiature, l’utilizzazione di impianti e mezzi appartenenti a privati, purché le operazioni, autorizzate con decreto motivato del P.M., si svolgano sotto il diretto controllo degli organi di polizia giudiziaria, in modo che i privati vengano ad agire, in tale evenienza, come longa manus o ausiliari del P.M. o della polizia. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2744 (ud. 9 dicembre 2008), P.G. in proc. Filareti e altri (C.p.p. art. 266; c.p.p. art. 268). [RV242682] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Utilizzazione di impianti esterni In tema di intercettazioni di comunicazioni e conversazioni telefoniche, nella nozione di urgenza, come requisito di legittimità del decreto emesso dal P.M., rientrano, di norma, anche le «eccezionali ragioni di urgenza» richieste dalla legge per l’utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla procura della Repubblica, con la conseguenza che la motivazione sul primo requisito dà al contempo conto anche della sussistenza del secondo, e che la convalida del decreto d’intercettazione preclude ogni questione circa i requisiti per il ricorso agli impianti esterni. F Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2008, n. 45700 (ud. 22 ottobre 2008), Sinopoli (C.p.p. art. 267; c.p.p. art. 268). [RV242001] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Ordinanza cautelare basata su intercettazioni – Provvedimento del tribunale del riesame confermativo Non è deducibile per la prima volta con il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame confermativo dell’ordinanza cautelare basata sui risultati di intercettazioni telefoniche o ambientali l’inutilizzabilità di tali intercettazioni per difetto di motivazione del decreto di autorizzazione in precedenza non denunciato. F Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2008, n. 39042 (c.c. 1 ottobre 2008), Samà (C.p.p. art. 267; c.p.p. art. 271; c.p.p. art. 311). [RV242319] Arch. nuova proc. pen. 1/2010 115 mas ma s s ima r i o ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme In materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, i decreti autorizzativi emessi dal giudice sono adeguatamente motivati per relationem quando essi si richiamano alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, evidenziando in tal modo, per averle esaminate e fatte proprie, l’iter cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del mezzo di ricerca della prova. F Cass. pen., sez. VI, 14 novembre 2008, n. 42688 (ud. 24 settembre 2008), Caridi e altri (C.p.p. art. 266; c.p.p. art. 267; c.p.p. art. 271). [RV242418] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è legittima la motivazione per relationem dei decreti autorizzativi quando in essi il giudice faccia richiamo alle richieste del P.M. ed alle relazioni di servizio della polizia giudiziaria, ponendo così in evidenza, per il fatto d’averle prese in esame e fatte proprie, l’iter cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del particolare mezzo di ricerca della prova. (Principio affermato, nella specie, relativamente ad intercettazioni disposte nell’ambito d’indagini sulla criminalità organizzata, per cui era richiesta la sola presenza di «sufficienti indizi di reato» ai sensi dell’art. 13 del D.L. n. 152 del 1991, conv. con modif. in L. n. 203 del 1991). F Cass. pen., sez. VI, 12 dicembre 2008, n. 46056 (c.c. 14 novembre 2008), Montella (C.p.p. art. 266; c.p.p. art. 267; c.p.p. art. 271). [RV242233] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Provvedimento di autorizzazione – Presupposti e forme L’omessa attestazione nel provvedimento dell’orario di deposito del decreto di intercettazione emesso d’urgenza dal pubblico ministero, nonchè la mancanza di analoga attestazione nel provvedimento di convalida del G.i.p., non impediscono l’utilizzazione dei risultati delle operazioni di intercettazione, non trattandosi di adempimenti prescritti dalla legge a pena d’inutilizzabilità. F Cass. pen., sez. IV, 14 gennaio 2009, n. 1217 (ud. 1 ottobre 2008), P.G. in proc. Bontate e altri (C.p.p. art. 111; c.p.p. art. 267). [RV241990] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione – A fini cautelari I risultati delle intercettazioni sono utilizzabili nel procedimento cautelare pur quando il pubblico ministero non abbia allegato i relativi supporti. F Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37699 (c.c. 17 luglio 2008), Vottari (C.p.p. art. 268; c.p.p. art. 271; c.p.p. art. 292; c.p.p. art. 303). [RV241948] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione in altri procedimenti – Inutilizzabilità In tema di intercettazioni telefoniche, alle eventuali oggettive difficoltà della parte interessata nella produzione degli elementi attestanti l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni disposte in altro procedimento, dovute alla ristrettezza dei termini per la richiesta di riesame, può porsi rimedio con l’attivazione dei poteri officiosi, oppure con l’accoglimento della richiesta di un congruo termine per dare modo alla cancelleria del giudice ad quem di provvedere sulla tempestiva richiesta di rilascio di copie di atti, e con la ulteriore possibilità di dedurre, anche dopo la delibazione giudiziale, nullità comunque insorte in precedenza. F Cass. pen., sez. I, 27 novembre 2008, n. 44365 (c.c. 18 novembre 2008), Serra (C.p.p. art. 116; c.p.p. art. 267; c.p.p. art. 268; c.p.p. art. 270). [RV242205] ■ Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni – Utilizzazione in altri procedimenti – Nozione di procedimento diverso In tema di intercettazioni di conversazioni, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270, comma primo, c.p.p., il concetto di «diverso procedimento» va collegato al dato della alterità o non uguaglianza del procedimento, in quanto instau- 116 1/2010 Arch. nuova proc. pen. rato in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell’ambito di altro, differente, anche se connesso, procedimento. F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4169 (c.c. 11 dicembre 2008), Mucciarone (C.p.p. art. 266; c.p.p. art. 268; c.p.p. art. 270; c.p.p. art. 271). [RV242836] ■ Intercettazioni di convesazioni o comunicazioni – Esecuzione delle operazioni – Trascrizione delle conversazioni In tema di intercettazioni telefoniche, non è inutilizzabile la trascrizione per il mancato preventivo esame dibattimentale della persona che vi ha provveduto su incarico del giudice. (La Corte ha chiarito che il richiamo, contenuto nell’art. 268, comma settimo, c.p.p. a «forme, modi e garanzie» previste per la perizia, opera limitatamente alla tutela del contraddittorio e dell’intervento della difesa rispetto all’attività di trascrizione, e, inoltre, che la trascrizione delle conversazioni intercettate comporta una mera attività ricognitiva e non comprende quei compiti di valutazione). F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise (C.p.p. art. 268; c.p.p. art. 511). [RV242583] ■ Inutilizzabilità – Dichiarazioni rese dall’indagato alla P.G. senza assistenza difensiva – Inutilizzabilità estesa all’interrogatorio reso al P.M. con l’assistenza del difensore Il divieto di utilizzazione in dibattimento delle dichiarazioni rese dall’indagato, senza assistenza difensiva, alla polizia giudiziaria, non si comunica al successivo interrogatorio cui il pubblico ministero, edotto di tali dichiarazioni, sottoponga l’indagato, ritualmente assistito dal difensore. F Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 2009, n. 8632 (ud. 10 febbraio 2009), Pacicca e altri (C.p.p. art. 185; c.p.p. art. 191; c.p.p. art. 350). [RV242847] ■ Onere della prova – Fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali – Declaratoria di nullità L’onere di provare il fatto processuale, dal quale dipenda la declaratoria di nullità, grava sulla parte che ha sollevato la relativa eccezione. (Nel caso di specie, l’imputato aveva eccepito l’omessa notificazione al difensore del decreto di citazione a giudizio). F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 600 (ud. 17 dicembre 2008), Cavallaro (C.p.p. art. 187). [RV242551] ■ Perizia – Conclusioni del perito – Contrasto con quelle assunte dai consulenti di parte In tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità, la scelta operata dal giudice, tra le diverse tesi prospettate dal perito e dai consulenti delle parti, di quella che ritiene maggiormente condivisibile, purchè la sentenza dia conto, con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni di tale scelta, del contenuto dell’opinione disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti. F Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 45126 (ud. 6 novembre 2008), Ghisellini (C.p.p. art. 192; c.p.p. art. 220; c.p.p. art. 546; c.p.p. art. 606). [RV241907] ■ Perizia – Consulenza tecnica – Dichiarazioni delle parti al consulente L’inutilizzabilità delle notizie che il perito o il consulente riceva, in sede di espletamento di incarico, dall’imputato, dalla persona offesa o da altre persone, non ha natura patologica bensì fisiologica, sicché il contenuto della consulenza tecnica disposta dal P.M. può essere legittimamente utilizzato nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell’imputato, anche con riguardo a dette notizie. (Fattispecie di avvenuta utilizzazione di consulenza psicopedagogica disposta in procedimento per reato di violenza sessuale su minore contenente la descrizione, da parte della persona offesa, degli abusi subiti). F Cass. pen., sez. III, 20 gennaio 2009, n. 2101 (ud. 11 novembre 2008), Rocca e altro (C.p.p. art. 228; c.p.p. art. 233; c.p.p. art. 359; c.p.p. art. 438). [RV242256] mas ma s s ima r i o ■ Perizia – Perito – Attività e operazioni In tema d’attività peritali, gli atti di cui il perito può prendere visione su autorizzazione del giudice sono non soltanto quelli già inseriti nel fascicolo per il dibattimento, ma anche quelli «dei quali la legge prevede l’acquisizione» al fascicolo medesimo, ossia gli atti suscettibili di farvi legittimamente ingresso nel corso del giudizio anche in un momento successivo al conferimento dell’incarico. F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 809 (ud. 4 dicembre 2008), Gatto (C.p.p. art. 228; c.p.p. art. 431). [RV242283] ■ Perizia – Perito – Attività e operazioni Oltre all’avviso del conferimento di un incarico peritale, il difensore ha diritto anche di presenziare, sia nel giudizio di cognizione, sia nei procedimenti di esecuzione e sorveglianza, alle conseguenti operazioni, purché qualora queste si svolgano senza la presenza del giudice a quest’ultimo sia stata rivolta apposita ed espressa richiesta. Ne discende che l’esclusione del difensore che abbia chiesto di partecipare alle operazioni peritali è causa di nullità di ordine generale concernente la difesa dell’imputato, indipendentemente dalla presenza dei consulenti di parte. (Fattispecie in tema di perizia medico-legale disposta nell’ambito di procedimento incidentale de libertate). F Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2009, n. 3523 (c.c. 9 dicembre 2008), Aprile (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 229). [RV242434] ■ Ricognizioni – Ricognizione personale – Configurabilità come prova decisiva La ricognizione di persona può risultare prova decisiva, e cioè determinare, se assunta, una diversa decisione del giudice, consentendo il superamento di eventuali contrasti o dubbi emergenti dal quadro probatorio acquisito ovvero inficiando l’efficacia dimostrativa di prove di segno contrario. (Nella specie, l’imputato, condannato in primo grado anche grazie a un riconoscimento fotografico, era stato assolto dal giudice di appello che, pur sollecitato dal P.M., non aveva ammesso la ricognizione di persona, sul rilievo del lungo lasso di tempo trascorso dal fatto, della probabile metamorfosi fisionomica dell’imputato frattanto intervenuta e della non decisività di tale mezzo di prova; argomenti ritenuti illogici dalla Corte suprema che ha annullato con rinvio la sentenza impugnata). F Cass. pen., sez. I, 10 febbraio 2009, n. 5611 (ud. 20 gennaio 2009), P.G. in proc. Ficara (C.p.p. art. 213). [RV242763] ■ Ricognizioni – Ricognizioni non formali e fotografiche – Fonte di convincimento del giudice Il giudice di merito può trarre il proprio convincimento anche da ricognizioni non formali, potendo attribuire concreto valore indiziante all’identificazione dell’autore del reato mediante riconoscimento fotografico, che costituisce accertamento di fatto utilizzabile in virtù dei principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice. F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri (C.p.p. art. 189; c.p.p. art. 192; c.p.p. art. 194; c.p.p. art. 213). [RV242029] ■ Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame In tema di sequestro probatorio, il giudice del riesame può integrare la motivazione del provvedimento impugnato a condizione che esso contenga, sia pur con incompletezze o lacune, le ragioni giustificative del vincolo sul bene. F Cass. pen., sez. II, 18 dicembre 2008, n. 47000 (c.c. 14 novembre 2008), Saladino (C.p.p. art. 253; c.p.p. art. 257; c.p.p. art. 324). [RV242211] ■ Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame Il giudice del riesame deve dichiarare la nullità del decreto di sequestro se l’indeterminatezza delle fattispecie criminose impedisce l’accertamento del fumus sotto il profilo della congruità degli elementi addotti, nella prospettiva di verificare se essi consentano di sussumere l’ipotesi formulata entro quella tipica. F Cass. pen., sez. II, 22 dicembre 2008, n. 47617 (c.c. 12 dicembre 2008), De Luigi (C.p.p. art. 253; c.p.p. art. 257; c.p.p. art. 324). [RV242304] ■ Sequestri – Decreto – Richiesta di riesame Sussiste il fumus del reato di esercizio abusivo di attività finanziaria (art. 132 D.L.vo n. 385 del 1993) idoneo a legittimare il sequestro probatorio nel caso in cui il soggetto attivo presenti, all’Ufficio Italiano Cambi, mendaci dichiarazioni in ordine alla disponibilità di capitali di una s.r.l. al fine di ottenere l’iscrizione nel registro degli intermediatori finanziari; né rileva che detta società sia stata conseguentemente iscritta nell’elenco di cui all’art. 106 del suddetto D.L.vo n. 385 del 1993, in quanto l’atto amministrativo che ha disposto la detta iscrizione, siccome emesso su presupposti fattuali inesistenti, è suscettibile di disapplicazione ai sensi dell’art. 5 L. 20 marzo 1865, n. 2248 all. E. F Cass. pen., sez. V, 30 dicembre 2008, n. 48342 (c.c. 20 novembre 2008), Varchetta (C.p.p. art. 253; D.L.vo 01 settembre 1993, n. 385, art. 132). [RV242591] ■ Testimoni – Esame testimoniale – Domande suggestive In tema di prova testimoniale, l’eccezione circa la proposizione di domande suggestive deve essere proposta al giudice innanzi al quale si forma la prova, essendo rimessa al giudice dei successivi gradi di giudizio soltanto la valutazione in ordine alla motivazione del provvedimento di accoglimento o di rigetto della eccezione stessa. F Cass. pen., sez. III, 19 dicembre 2008, n. 47084 (ud. 23 ottobre 2008), Perricone e altri (C.p.p. art. 499). [RV242255] ■ Testimoni – Incompatibilità – Coimputato L’indagato di reato connesso o collegato può assumere l’ufficio di testimone in relazione ai fatti riguardanti la responsabilità altrui anche in presenza di un provvedimento d’archiviazione del procedimento aperto a suo carico, sempre che lo stesso abbia ricevuto previo avvertimento della facoltà di non rispondere anche su tali fatti e non si sia avvalso della medesima. F Cass. pen., sez. VI, 27 novembre 2008, n. 44274 (ud. 7 ottobre 2008), Russo (C.p.p. art. 12; c.p.p. art. 64; c.p.p. art. 197; c.p.p. art. 197 bis). [RV242386] ■ Testimoni – Incompatibilità – Imputato di reato collegato La persona offesa del reato, che sia stata a sua volta indagata per reato «reciproco» ai danni dell’imputato, può deporre in qualità di testimone assistito anche se il relativo procedimento è stato archiviato, ma le dichiarazioni concernenti la responsabilità di quest’ultimo sono inutilizzabili se non è stata avvertita delle garanzie richiamate dall’art. 197 bis, comma secondo, c.p.p. (Fattispecie in cui la persona offesa era stata denunziata dall’imputato per calunnia e diffamazione e il relativo procedimento era stato archiviato prima della deposizione della stessa). F Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2008, n. 44527 (ud. 12 novembre 2008), Tanzarella Belvedere e altro (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 197; c.p.p. art. 371). [RV242004] ■ Testimoni – Incompatibilità – Imputato di reato «reciproco» Sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona offesa, nei cui confronti penda procedimento per altro reato commesso nelle stesse circostanze di tempo e di luogo ai danni dell’imputato, che sia stata sentita quale testimone senza l’osservanza delle garanzie del testimone assistito. F Cass. pen., sez. V, 12 gennaio 2009, n. 599 (ud. 17 dicembre 2008), Mastroianni (C.p.p. art. 64; c.p.p. art. 197 bis; c.p.p. art. 210; c.p.p. art. 371). [RV242384] ■ Testimoni – Incompatibilità – Persona imputata di reato collegato Quando in capo al soggetto che debba rendere dichiarazioni in qualità di persona offesa, tale condizione concorra con quella di imputato dello stesso reato o di reato connesso o collegato, la qualità di testimone prevale per la sua maggiore pregnanza, sicchè il soggetto deve essere esaminato in tale veste, con l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono Arch. nuova proc. pen. 1/2010 117 mas ma s s ima r i o rivolte. (Fattispecie in tema di calunnia). F Cass. pen., sez. VI, 19 gennaio 2009, n. 1871 (ud. 29 ottobre 2008), Nicolè (C.p.p. art. 197; c.p.p. art. 210; c.p.p. art. 371; c.p. art. 368). [RV242638] ■ Testimoni – Persona offesa ed imputata di reato ai danni dell’offensore – Valutazione delle dichiarazioni La persona offesa di un reato che sia anche imputata di altro reato commesso in danno dell’offensore da considerare quindi collegato ai sensi dell’art. 371 comma secondo lett. b) c.p.p. deve essere sentita non come teste ma nelle forme di cui all’art. 210 comma sesto c.p.p. e le dichiarazioni rese vanno valutate secondo la regola dettata dall’art. 192 comma terzo c.p.p. (Nella fattispecie, relativa al reato di ingiuria, la Corte ha annullato sul punto la sentenza del Giudice di Pace che aveva affermato la responsabilità dell’imputato senza alcun altro riscontro sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa imputata di reato «reciproco» commesso in unità di tempo e di luogo ai danni del ricorrente). F Cass. pen., sez. V, 19 dicembre 2008, n. 47363 (ud. 13 novembre 2008), Petrelli (anche Pcn) e altri (C.p.p. art. 192; c.p.p. art. 210; c.p.p. art. 371). [RV242305] ■ Testimoni – Testimone che dichiara di non ricordare – Sottrazione all’esame dell’imputato e del difensore La dichiarazione del testimone di non ricordare i fatti già riferiti alla polizia giudiziaria durante le indagini preliminari, non equivale alla volontaria sottrazione all’esame dibattimentale, sicchè trova applicazione, per i procedimenti oggetto delle disposizioni transitorie della L. n. 63 del 2001, la disciplina delle contestazioni prevista dal testo previgente dell’art. 500 c.p.p. F Cass. pen., sez. IV, 9 dicembre 2008, n. 45496 (ud. 14 ottobre 2008), Capraro e altri (L. 01 marzo 2001, n. 63, art. 26; c.p.p. art. 500). [RV242031] ■ Testimoni – Testimonianza indiretta – Confidenze ricevute dall’imputato Le dichiarazioni de relato aventi ad oggetto le confidenze ricevute dall’imputato sono idonee a costituire un riscontro alla chiamata in correità del medesimo. F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 25 (ud. 11 dicembre 2008), Pesce (C.p.p. art. 192; c.p.p. art. 195). [RV242369] Rapina ■ Rapina impropria – Requisito dell’immediatezza – Nozione Nel delitto di rapina impropria, il requisito dell’immediatezza che lega la sottrazione all’uso della violenza o minaccia va inteso non in senso meramente letterale, come assenza di qualsivoglia intervallo temporale tra le due azioni, ma in riferimento al dato concettuale della flagranza e della quasi flagranza. F Cass. pen., sez. VI, 24 ottobre 2008, n. 39924 (c.c. 16 ottobre 2008), P.G. in proc. Aasoul (C.p. art. 628; c.p.p. art. 382). [RV242412] Rapporti giurisdizionali con straniere in materia penale autorità ■ Estradizione – Custodia cautelare all’estero – Computo ai fini della determinazione della durata massima della custodia cautelare Ai fini della determinazione dei termini di durata massima della custodia cautelare, va computato il periodo di detenzione all’estero sofferta in conseguenza della domanda di estradizione, a nulla rilevando che, comunque deliberata l’estradizione, l’effettiva consegna del soggetto sia stata differita per volontà dello Stato estero, mentre non va computato il periodo di detenzione riconducibile a titoli esecutivi esteri. V. Corte cost., 21 luglio 2005 n. 253. F Cass. pen., sez. I, 28 gennaio 2009, n. 3862 (c.c. 13 gennaio 2009), Parrella (C.p.p. art. 303; c.p.p. art. 722). [RV242443] ■ Estradizione – Domanda e documentazione – Convenzione europea di estradizione In materia di estradizione per l’estero, l’autenticità dei titoli giustificativi della relativa domanda è garantita dal carattere 118 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ufficiale e pubblico della richiesta proveniente dallo Stato estero, alla quale siano state allegate le copie degli atti giudiziari d’interesse per la procedura estradizionale. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48414 (c.c. 9 ottobre 2008), Dalli Cardillo (C.p.p. art. 700; T.I. 13 dicembre 1957 art. 12). [RV242425] ■ Estradizione – Principio di specialità – Cumulo di pene Costituisce violazione del principio di specialità dell’estradizione l’inclusione, nel cumulo delle pene concorrenti, di una pena inflitta con una sentenza di condanna pronunciata all’estero e riconosciuta in Italia, in assenza di un procedimento di estradizione, necessario anche in fase esecutiva. F Cass. pen., sez. I, 2 dicembre 2008, n. 44858 (c.c. 5 novembre 2008), Mazzelli e altro (C.p.p. art. 721; c.p. art. 12). [RV241976] ■ Estradizione – Principio di specialità – Estradizione per l’esecuzione di misura di sicurezza detentiva Una volta che sia stata concessa l’estradizione per l’esecuzione di una misura di sicurezza detentiva (nella specie colonia agricola), è del tutto irrilevante, ai fini della persistente osservanza del principio di specialità, la sua trasformazione, in seguito a violazioni poste in essere dal condannato e sulla base di norme del nostro ordinamento, nella più afflittiva misura di sicurezza della casa di lavoro. F Cass. pen., sez. I, 9 dicembre 2008, n. 45474 (c.c. 19 novembre 2008), Sarno (C.p. art. 216; c.p.p. art. 721). [RV242067] ■ Estradizione – Procedimento – Competenza In materia di estradizione passiva, qualora il soggetto di cui viene richiesta l’estradizione sia un imputato minorenne al momento del fatto, il relativo procedimento è devoluto alla competenza funzionale della sezione per i minorenni della corte di appello, ai sensi dell’art. 58, comma primo, del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (v. Corte cost., 30 luglio 2008, n. 310). F Cass. pen., sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 48008 (c.c. 3 dicembre 2008), Vasiliu (C.p.p. art. 703; c.p.p. art. 704; R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 58). [RV242006] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema d’estradizione per l’estero, non è ostativa ad una pronuncia favorevole della corte d’appello la sentenza, per la cui esecuzione è stata domandata l’estradizione, che violi il divieto della reformatio in peius non possedendo tale principio valore fondamentale o di rango costituzionale nell’ordinamento giuridico italiano. F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43765 (c.c. 2 luglio 2008), Criollo Puma (C.p.p. art. 597; c.p.p. art. 705). [RV241915] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, la condizione ostativa della pendenza del procedimento penale per lo stesso fatto, rilevante ai sensi dell’art. 705, comma primo, c.p.p., si realizza allorquando il P.M. abbia assunto iniziative investigative potenzialmente finalizzate all’esercizio dell’azione penale in relazione ad un fatto coincidente con quello per il quale è stata presentata domanda di estradizione da parte dell’autorità straniera. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la condizione ostativa sopra citata, in relazione alla presentazione di un’autodenuncia da parte dello stesso estradando all’autorità giudiziaria italiana ed alla conseguente iscrizione nel registro delle notizie di reato per fatti che si prospettavano come coincidenti con quelli oggetto della domanda di estradizione da parte dell’autorità svizzera). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48496 (c.c. 19 dicembre 2008), Lusenti (C.p.p. art. 705; T.I. 13 dicembre 1957 art. 8). [RV242431] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, sussistono le condizioni per l’accoglimento dell’istanza relativa ad una persona condannata in contumacia, se l’ordinamento dello Stato richiedente riconosce a quest’ultima, qualora non abbia avuto conoscenza del procedimento, il diritto di chiedere la rinnovazione del giudizio, nel pieno rispetto del contraddittorio e dei diritti della difesa. mas ma s s ima r i o (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità romene). F Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2009, n. 1109 (c.c. 6 novembre 2008), Radu (C.p.p. art. 705; L. 30 gennaio 1963, n. 300). [RV242135] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, a fronte di una richiesta avanzata da uno Stato aderente alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata dall’Italia con la L. 30 gennaio 1963, n. 300, l’autorità giudiziaria italiana non è tenuta a verificare, ai sensi dell’art. 12, comma secondo, lett. a), della predetta Convenzione, l’efficacia dei titoli esecutivi in base ai quali è richiesta l’estradizione, non trattandosi di un requisito menzionato nella disposizione sopra citata. (Fattispecie relativa ad una domanda di estradizione proposta dal Governo della Repubblica di Albania). F Cass. pen., sez. VI, 13 gennaio 2009, n. 1122 (c.c. 7 gennaio 2009), Hajdini (C.p.p. art. 696; c.p.p. art. 705; L. 30 gennaio 1963, n. 300). [RV242151] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, non vi è l’interesse concreto dell’estradando a eccepire, in sede di ricorso per cassazione, l’omessa notifica al rappresentante dello Stato richiedente del decreto di fissazione dell’udienza camerale dinanzi alla corte d’appello. F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3926 (c.c. 19 novembre 2008), Tabacelea (C.p.p. art. 702; c.p.p. art. 704; c.p.p. art. 706). [RV242585] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione Ai fini della concedibilità dell’estradizione per l’estero, non assume rilievo l’eventuale difformità del trattamento sanzionatorio del reato previsto nell’ordinamento dello Stato richiedente, atteso che la relativa disciplina rientra nella discrezionalità dell’esercizio del potere legislativo del medesimo, a meno che il trattamento sia del tutto irragionevole e si ponga manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena. (Fattispecie relativa ad una domanda di estradizione avanzata dalle autorità romene per fatti commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della disciplina del mandato di arresto europeo, in cui la S.C. ha ritenuto non in contrasto con i principi fondamentali del nostro ordinamento la mancata previsione di una disposizione analoga a quella di cui all’art. 656, comma quinto, c.p.p., in tema di esecuzione delle pene detentive brevi). F Cass. pen., sez. VI, 29 gennaio 2009, n. 4263 (c.c. 2 dicembre 2008), Sascau (C.p.p. art. 705; c.p. art. 13; L. 30 gennaio 1963, n. 300). [RV242146] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, non costituisce motivo ostativo ad una pronuncia di estradabilità la sostituzione da parte dello Stato istante del titolo estradizionale per lo stesso fatto, prima della pronuncia della corte di appello. (Nella specie, il titolo estradizionale originariamente costituito dalla sentenza di condanna di primo grado era stato sostituito dalla sentenza di condanna emessa nella fase di appello). F Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio 2009, n. 4293 (c.c. 12 dicembre 2008), Ndoci (C.p.p. art. 700; c.p.p. art. 704; c.p.p. art. 705). [RV242643] teri analoghi di computo del periodo di privazione della libertà sofferta agli arresti domiciliari, non consente di attribuire alla pena una funzione contrastante con le esigenze teleologiche proprie dell’ordinamento dello Stato richiesto, né comporta, soprattutto, la violazione dei diritti fondamentali dell’individuo. (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità romene per fatti antecedenti all’entrata in vigore della nuova disciplina del mandato di arresto europeo). F Cass. pen., sez. VI, 6 febbraio 2009, n. 5400 (c.c. 23 gennaio 2009), Vintur (C.p.p. art. 698; c.p.p. art. 705). [RV242698] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione Può essere concessa l’estradizione di un imputato minorenne all’epoca del fatto, in presenza di una legislazione dello Stato richiedente che assicuri, sul piano processuale e sostanziale, un trattamento giuridico differenziato e mitigato rispetto a quello riservato all’adulto, nel pieno rispetto del diritto di difesa e della normativa a tutela della condizione minorile. (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione esecutiva avanzata dalla Repubblica di Polonia nei confronti di un soggetto divenuto nel frattempo maggiorenne, in cui la S.C. ha ravvisato la presenza di tutte le altre condizioni previste dalla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957). F Cass. pen., sez. VI, 26 febbraio 2009, n. 8751 (c.c. 8 gennaio 2009), Jarczewski (C.p.p. art. 698; c.p.p. art. 705; T.I. 13 dicembre 1957). [RV242696] ■ Estradizione – Procedimento – Misure cautelari In tema d’estradizione per l’estero, è legittimo il ripristino d’ufficio della custodia cautelare a fini estradizionali, a seguito della violazione delle prescrizione degli arresti domiciliari. F Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2008, n. 44116 (c.c. 2 ottobre 2008), Toma (C.p.p. art. 718). [RV242231] ■ Estradizione – Procedimento – Misure cautelari In tema di estradizione per l’estero, l’adozione di una misura cautelare non preceduta da un arresto operato a norma dell’art. 716 c.p.p. è illegittima, qualora manchi una richiesta motivata del Ministro della giustizia ai sensi dell’art. 715, comma primo, c.p.p. (Fattispecie relativa ad un mandato di arresto emesso dall’autorità giudiziaria croata, senza che fosse stata presentata domanda di estradizione da parte delle autorità croate). F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48498 (c.c. 19 dicembre 2008), Blomer (C.p.p. art. 714; c.p.p. art. 715; c.p.p. art. 716). [RV242150] ■ Estradizione – Procedimento – Misure cautelari In tema di misure coercitive disposte nell’ambito di una procedura d’estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l’applicazione del provvedimento limitativo della libertà personale, può essere desunto anche dalla mancata presentazione dell’estradando all’udienza fissata per la sua identificazione. F Cass. pen., sez. VI, 16 gennaio 2009, n. 1751 (c.c. 5 novembre 2008), La Ferrara (C.p.p. art. 274; c.p.p. art. 714; c.p.p. art. 715). [RV242752] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, è onere dell’estradando, che abbia interesse alla traduzione in lingua madre della sentenza favorevole all’estradizione, farne istanza ai fini dell’esercizio del diritto di impugnazione, con la conseguenza che la proposizione del ricorso avverso la sentenza di cui non è stata richiesta la traduzione consuma tale facoltà, presupponendone la carenza d’interesse. F Cass. pen., sez. VI, 4 febbraio 2009, n. 4954 (c.c. 18 dicembre 2008), Morlock (C.p.p. art. 143; c.p.p. art. 705; c.p.p. art. 706). [RV242692] ■ Estradizione – Procedimento – Misure cautelari In tema di estradizione per l’estero, una volta emesso dal Ministro della giustizia il decreto di estradizione, è consentita l’applicazione di una misura coercitiva nei confronti dell’estradando ai fini della sua materiale consegna allo Stato istante, a nulla rilevando che una precedente misura sia stata dichiarata cessata per decorrenza dei termini di cui all’art. 714 c.p.p. (Nell’affermare tale principio, la Corte ha chiarito che l’adozione della misura in questa fase è volta esclusivamente a dare attuazione alle concrete modalità della consegna, senza che possano rilevare le esigenze cautelari). F Cass. pen., sez. VI, 19 gennaio 2009, n. 1881 (c.c. 27 novembre 2008), Imperiale (C.p.p. art. 704; c.p.p. art. 708; c.p.p. art. 714). [RV242403] ■ Estradizione – Procedimento – Decisione In tema di estradizione per l’estero, l’assenza, nel regime normativo dello Stato richiedente, di una disciplina che contempli l’operatività di misure alternative alla detenzione, ovvero di cri- ■ Estradizione – Procedimento – Misure cuatelari Una volta maturato il termine di un anno senza che sia intervenuta la pronuncia della sentenza favorevole all’estradizione, devono essere revocate le misure coercitive applicate all’estraArch. nuova proc. pen. 1/2010 119 mas ma s s ima r i o dando, nè allo stesso possono essere applicate altre misure, sia pure meno gravose di quelle revocate. F Cass. pen., sez. II, 27 gennaio 2009, n. 3814 (c.c. 22 gennaio 2009), Jarczewski (C.p.p. art. 307; c.p.p. art. 714). [RV242621] ■ Estradizione – Procedimento – Poteri istruttori della corte di appello In tema di estradizione per l’estero, la Corte d’appello non è tenuta a disporre l’assunzione di informazioni integrative presso lo Stato richiedente, quando il supplemento istruttorio sollecitato dall’estradando non incida direttamente sulla verifica della sussistenza delle condizioni legittimanti l’accoglimento della domanda di estradizione. (Fattispecie relativa ad una estradizione esecutiva richiesta dalla Romania, in cui il ricorrente non aveva offerto alcun elemento di prova in ordine alla definizione di una procedura che sarebbe stata promossa nel suo interesse per la declaratoria di estinzione della pena dinanzi alle autorità giudiziarie di quel Paese). F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3926 (c.c. 19 novembre 2008), Tabacelea (C.p.p. art. 704; T.I. 13 dicembre 1957 art. 13). [RV242586] ■ Estradizione – Sentenza della corte d’appello – Procedura in camera di consiglio In materia d’estradizione per l’estero, avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello decide in camera di consiglio, a norma dell’art. 704 c.p.p., è proponibile ricorso per cassazione, soggetto, in mancanza di norme specifiche, alle disposizioni generali sulle impugnazioni. Ne consegue che, in base all’art. 585 commi primo lett. a) e secondo lett. a) c.p.p., il termine per impugnare è quello di quindici giorni. F Cass. pen., sez. VI, 21 novembre 2008, n. 43764 (c.c. 2 luglio 2008), Sokol Prela (C.p.p. art. 585; c.p.p. art. 704; c.p.p. art. 706). [RV241914] ■ Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Arresto eseguito dalla polizia giudiziaria In tema di mandato di arresto europeo, deve ritenersi legittimo il verbale di arresto della polizia giudiziaria che faccia riferimento alla disciplina in materia di estradizione di cui all’art. 716 c.p.p., qualora ravvisi una situazione di urgenza legata alla esecuzione di un mandato di cattura internazionale, prima che il mandato di arresto europeo sia trasmesso dallo Stato richiedente in forza della normativa interna di recepimento della decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002. (Fattispecie relativa alla convalida di un arresto eseguito in relazione ad un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità romene). F Cass. pen., sez. VI, 4 febbraio 2009, n. 4953 (c.c. 21 novembre 2008), Vitan (C.p.p. art. 716; L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 12; L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 13). [RV242466] ■ Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Computo della custodia cautelare sofferta in Italia In tema di mandato di arresto europeo esecutivo, la consegna della persona richiesta dall’autorità giudiziaria estera deve avvenire per l’esecuzione della pena eccedente il periodo di custodia cautelare sofferto dal ricorrente in Italia in pendenza del processo, con la conseguenza che il relativo periodo di privazione della libertà va integralmente detratto, secondo le regole dell’ordinamento interno, dalla durata della pena detentiva da scontare in base alla condanna dello Stato richiedente. (Fattispecie relativa a un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità romene). F Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio 2009, n. 4303 (c.c. 28 gennaio 2009), Glameanu (C.p. art. 137; c.p. art. 138; c.p.p. art. 285; c.p.p. art. 657). [RV242432] ■ Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Irretrattabilità dell’avvenuta consegna In tema di mandato di arresto europeo, è inammissibile per carenza di interesse il ricorso per cassazione del P.G. volto ad ottenere l’annullamento di una decisione di rigetto della richiesta di consegna da parte di una Corte di appello, quando un’altra domanda di consegna nei confronti della stessa persona sia già stata accolta da un’altra Corte di appello, competente in seguito 120 1/2010 Arch. nuova proc. pen. all’arresto avvenuto ad opera della polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 11 L. 22 aprile 2005, n. 69. (Nel caso di specie la S.C. ha escluso l’applicabilità dell’art. 649 c.p.p., precisando che l’avvenuta consegna è da considerare una situazione ormai «irretrattabile»). F Cass. pen., sez. VI, 16 dicembre 2008, n. 46297 (c.c. 11 dicembre 2008), P.G. in proc. Capucci (C.p.p. art. 649; L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 11). [RV242007] ■ Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Mancata traduzione nella lingua della persona alloglotta dell’avviso d’udienza davanti alla corte d’appello In tema di mandato di arresto europeo, la mancata traduzione dell’avviso per l’udienza davanti alla corte di appello nei confronti dello straniero che non comprende la lingua italiana, integra una nullità generale di tipo intermedio. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48500 (c.c. 19 dicembre 2008), Morlock (C.p.p. art. 143; L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 17). [RV242237] ■ Riconoscimento delle sentenze penali straniere – Per gli effetti previsti dal codice penale – Richiesta del procuratore generale In tema di riconoscimento delle sentenze penali straniere, la richiesta del procuratore generale deve specificare gli effetti per i quali il riconoscimento è domandato, per tutelare maggiormente (rispetto all’abrogato codice di rito) le esigenze del contraddittorio e della difesa che si realizzano attraverso il procedimento previsto dall’art. 127 c.p.p. (Fattispecie nella quale il PG aveva chiesto di attribuire efficacia alla sentenza straniera agli effetti di cui all’art. 12 c.p., e la Corte d’appello aveva accolto la richiesta, facendo espresso riferimento all’esecutività agli effetti penali). F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4130 (ud. 16 dicembre 2008), Paganoni (C.p.p. art. 127; c.p.p. art. 730; c.p.p. art. 734; c.p. art. 12). [RV242835] ■ Rogatorie – All’estero – Utilizzabilità degli atti assunti Le informazioni emerse all’interno di un procedimento penale all’estero, che spontaneamente ed autonomamente l’Autorità giudiziaria di uno Stato offre all’Autorità giudiziaria italiana, restano estranee all’area dell’inutilizzabilità speciale di cui all’art. 729, comma primo, c.p.p., che attiene alle rogatorie «all’estero». F Cass. pen., sez. II, 1 dicembre 2008, n. 44673 (c.c. 12 novembre 2008), Zummo (C.p.p. art. 727; c.p.p. art. 729; L. 05 ottobre 2001, n. 367, art. 13). [RV242209] Reati fallimentari ■ Bancarotta fraudolenta – Procedimento per la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento – Sospendibilità del dibattimento In tema di reati di bancarotta, il giudice penale può disporre la sospensione del dibattimento a norma dell’art. 479 c.p.p. qualora sia in corso il procedimento civile per la revoca della sentenza dichiarativa di fallimento. (Nel caso di specie, la S.C. ha rinviato a nuovo ruolo il processo in attesa della decisione della Corte di cassazione in sede civile sulla revoca della dichiarazione di fallimento). F Cass. pen., sez. V, 5 novembre 2008, n. 41255 (c.c. 16 settembre 2008), P.G. in proc. Scambia e altri (C.p.p. art. 479; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 18). [RV241930] ■ Bancarotta fraudolenta – Singolo creditore – Qualità di persona offesa Il singolo creditore è persona offesa dal reato di bancarotta fraudolenta, sicché l’omessa notificazione allo stesso dell’avviso dell’udienza preliminare costituisce motivo di nullità della procedura e della sentenza di non luogo a procedere eventualmente emessa. F Cass. pen., sez. V, 21 gennaio 2009, n. 2513 (c.c. 18 dicembre 2008), Di Sabatino e altri (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 216; R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 240; c.p.p. art. 419). [RV242553] Reato ■ Concorso di reati – Esecuzione di pene concorrenti – Pene detentive temporanee inferiori ai cinque anni di mas ma s s ima r i o reclusione inflitte in costanza di espiazione della pena dell’ergastolo In tema di esecuzione di pene concorrenti, le pene detentive temporanee non superiori ai cinque anni di reclusione, concorrenti eventualmente con la pena dell’ergastolo, devono essere calcolate e aggiunte a quest’ultima già in corso di espiazione, attraverso l’aumento del periodo di isolamento diurno (nel caso di specie, già applicabile a seguito della concorrenza con altre pene superiori a cinque anni di reclusione. F Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 2009, n. 4420 (ud. 14 gennaio 2009), P.M. in proc. Antonuccio (C.p. art. 72; c.p.p. art. 663). [RV242795] ■ Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Modifiche normative In tema di prescrizione, ai fini dell’applicazione delle disposizioni transitorie previste dall’art. 10, comma terzo, della L. 5 dicembre 2005, n. 251, quando il giudizio di primo grado si sia concluso con una sentenza di assoluzione, il momento determinante per stabilire la pendenza del procedimento in appello va individuato nell’emissione del decreto di citazione per il giudizio ex art. 601 c.p.p. F Cass. pen., sez. VI, 18 febbraio 2009, n. 7112 (ud. 25 novembre 2008), Perrone (C.p. art. 157; c.p. art. 160; c.p.p. art. 601; L. 05 dicembre 2005, n. 251, art. 10). [RV242421] ■ Estinzione (Cause di) – Prescrizione – Sospensione L’impedimento del difensore per contemporaneo impegno professionale, quantunque tutelato dall’ordinamento con il riconoscimento del diritto al rinvio dell’udienza, non costituisce un’ipotesi d’impossibilità assoluta a partecipare all’attività difensiva e non dà luogo pertanto a un caso in cui vengono in applicazione i limiti di durata della sospensione del corso della prescrizione previsti dall’art. 159, comma primo, n. 3, c.p., nel testo introdotto dall’art. 6 della L. 5 dicembre 2005 n. 251. F Cass. pen., sez. I, 1 dicembre 2008, n. 44609 (c.c. 14 ottobre 2008), Errante (C.p. art. 159; L. 05 dicembre 2005, n. 251, art. 6; c.p.p. art. 420 ter). [RV242042] ■ Estinzione (Cause di) – Remissione di querela – Accettazione La mancata comparizione dell’imputato/querelato contumace all’udienza può essere interpretata di per sé come volontà di accettare la remissione di querela, quando possa ricavarsi dal contesto processuale la sua volontà di accettare la remissione. F Cass. pen., sez. IV, 22 dicembre 2008, n. 47483 (ud. 13 novembre 2008), P.M. in proc. Mizzitelli (C.p. art. 152; c.p. art. 155; c.p.p. art. 340). [RV242761] ■ Reato continuato – Commissione di reati a distanza temporale tra loro – Presunzione d’inesistenza del disegno criminoso In caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione. F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3747 (c.c. 16 gennaio 2009), Gargiulo (C.p. art. 81; c.p.p. art. 671). [RV242537] analogica l’art. 1901 c.c. F Cass. pen., sez. IV, 10 dicembre 2008, n. 45707 (ud. 29 ottobre 2008), Bigonzi e altri (C.p. art. 590; c.p.p. art. 83; c.p.p. art. 86; c.p.p. art. 87). [RV242002] Revisione ■ Casi – Prove nuove – Valutazione delle prove Nel giudizio di revisione, conseguente all’accoglimento di una richiesta fondata su prove nuove, il giudice deve verificare di queste ultime l’attitudine dimostrativa, congiuntamente alle prove del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del proscioglimento. F Cass. pen., sez. I, 16 luglio 2008, n. 29486 (ud. 17 giugno 2008), Costanzo e altro (C.p.p. art. 125; c.p.p. art. 630; c.p.p. art. 631). [RV242331] Risarcimento del danno ■ Danno da fatto illecito – Da reato – In tema di appalto In tema di risarcimento del danno da reato, l’appaltante, che abbia affidato i lavori ad imprese subappaltatrici o a lavoratori autonomi all’interno dell’azienda del committente o di un’unità produttiva della stessa, ha una serie di obblighi positivi di verifica, informazione, cooperazione e coordinamento, sicché è responsabile per fatto proprio per gli eventi lesivi eventualmente derivati dalla loro inosservanza. (Fattispecie nella quale la S.C. ha annullato la sentenza che aveva ritenuto l’appaltante nei cui confronti non era stata esercitata l’azione penale, essendo intervenuta l’archiviazione responsabile civile ex art. 83 c.p.p. per fatto altrui dell’impresa subappaltatrice, il cui titolare era stato condannato per il reato di lesioni colpose in danno di un lavoratore aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica). F Cass. pen., sez. IV, 7 novembre 2008, n. 41815 (ud. 30 settembre 2008), Sbarra e altro (C.p.p. art. 83; c.p. art. 185; D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626, art. 7; D.L.vo 09 aprile 2008, n. 81, art. 26). [RV242088] Sanzioni civili in materia penale ■ Disciplina – Azioni petitorie e domande di accertamento costitutivo – Esclusione Le azioni petitorie e le domande di accertamento costitutivo non sono soggette alla disciplina di cui agli artt. 74 e 75 c.p.p., che concerne l’azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno da reato. (Nel caso di specie, è stata esclusa l’applicabilità della disciplina indicata con riferimento alla petizione ereditaria proposta dall’imputato e alla domanda di accertamento dell’indegnità a succedere proposta in via riconvenzionale nei suoi confronti). F Cass. pen., sez. V, 19 novembre 2008, n. 43241 (c.c. 16 settembre 2008), Nachira e altro (C.p. art. 185; c.p.p. art. 74; c.p.p. art. 75). [RV242213] Sentenza penale Responsabile civile nel giudizio penale ■ Deposito – Traduzione in lingua nota all’imputato alloglotta – Necessità La sentenza non rientra tra gli atti rispetto ai quali grava sull’autorità giudiziaria l’obbligo di traduzione nei confronti dello straniero che non comprenda la lingua italiana (fattispecie relativa a sentenza di condanna). F Cass. pen., sez. VI, 26 novembre 2008, n. 44101 (ud. 21 ottobre 2008), Dervina e altro (C.p.p. art. 143; c.p.p. art. 544; c.p.p. art. 546). [RV242227] ■ Esclusione – Lesioni colpose da incidente stradale – Assicurazione obbligatoria scaduta e rinnovata il giorno dell’incidente È legittima l’esclusione della compagnia assicuratrice citata come responsabile civile dall’imputato del reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, qualora risulti che questi ha pagato la polizza, scaduta da più di quindici giorni, solo il giorno stesso dell’incidente, atteso che l’effetto sospensivo dell’assicurazione in tal caso cessa solo a partire dalle ore ventiquattro del giorno del pagamento e non comporta l’immediata riattivazione del rapporto assicurativo dal momento in cui è stato effettuato, trovando applicazione ■ Dispositivo – Dichiarazione di non doversi procedere – Dichiarazione in udienza pubblica La sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, resa in udienza pubblica, dopo il controllo della costituzione delle parti e prima dell’apertura del dibattimento, non è qualificabile come sentenza predibattimentale, ed è pertanto appellabile dal P.M. e, ove ricorrano le condizioni di cui all’art. 593 c.p.p., anche dall’imputato; ne deriva che, in caso di appellabilità della sentenza, il ricorso immediato in cassazione per violazione di legge costituisce ricorso per saltum con la conseguenza che, se il suo accoglimento comporti l’annullamento con rinvio, il giudice di rinvio è individuato in quello che sarebbe stato competente Arch. nuova proc. pen. 1/2010 121 mas ma s s ima r i o per l’appello. F Cass. pen., sez. IV, 29 dicembre 2008, n. 48310 (ud. 28 novembre 2008), P.G. in proc. Pensalfini (C.p.p. art. 129; c.p.p. art. 469; c.p.p. art. 529; c.p.p. art. 569). [RV242394] ■ Dispositivo – Difformità tra dispositivo di udienza e dispositivo di sentenza – Nullità della sentenza La difformità tra dispositivo letto in udienza e dispositivo in calce alla motivazione non è causa di nullità della sentenza, che ricorre nei soli casi in cui difetti totalmente il dispositivo, ma, prevalendo il dispositivo di udienza, detta difformità è sanabile mediante il procedimento di correzione dell’errore materiale. (Nella specie il dispositivo in calce alla motivazione indicava un reato e un imputato diversi da quelli di cui al dispositivo letto in udienza). F Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2009, n. 125 (ud. 19 novembre 2008), Bassirou (C.p.p. art. 130; c.p.p. art. 546). [RV242258] ■ Motivazione – Mancanza o contraddittorietà – Pubblicazione del dispositivo La mancata redazione della motivazione della sentenza, a causa di un qualsiasi impedimento del giudice che abbia adottato la relativa decisione e pubblicato il dispositivo, è equiparabile alla omessa motivazione e non determina pertanto l’inesistenza della pronuncia, ma la sua nullità, rilevabile in quanto tale solo nell’eventuale giudizio di impugnazione. F Cass. pen., sez. VI, 30 dicembre 2008, n. 48431 (c.c. 20 novembre 2008), P.G. e contino (C.p.p. art. 125; c.p.p. art. 544; c.p.p. art. 546). [RV242138] ■ Motivazione – Sentenza d’appello di totale riforma – Doveri motivazionali del giudice di appello La sentenza di appello, che riforma integralmente la sentenza assolutoria di primo grado, deve confutare specificamente, per non incorrere nel vizio di motivazione, le ragioni poste a sostegno della decisione riformata, dimostrando puntualmente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti ivi contenuti anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. F Cass. pen., sez. V, 11 novembre 2008, n. 42033 (ud. 17 ottobre 2008), Pappalardo (C.p.p. art. 605; c.p.p. art. 606). [RV242330] ■ Nullità – Mancanza del capo di imputazione – Esclusione La mancata annotazione formale nella sentenza di secondo grado del capo di imputazione non costituisce causa di nullità della sentenza, stante la tassatività della previsione di cui all’art. 546, comma terzo, c.p.p. F Cass. pen., sez. IV, 28 gennaio 2009, n. 4098 (ud. 5 novembre 2008), Bodelmonte Cosuccia (C.p.p. art. 177; c.p.p. art. 546). [RV242828] ■ Nullità – Mancanza o incompletezza del capo di imputazione – Esclusione La mancata o incompleta indicazione in sentenza nel caso di specie di appello del capo di imputazione non ne determina la nullità, in quanto l’enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritti all’imputato può essere desunta dal contenuto complessivo della decisione. F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1137 (ud. 17 dicembre 2008), Vianello e altri (C.p.p. art. 546). [RV242548] ■ Nullità – Mancata indicazione delle parti civili – Esclusione La mancata indicazione in sentenza (nella specie, di appello) delle parti civili non ne determina la nullità. F Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2009, n. 1137 (ud. 17 dicembre 2008), Vianello e altri (C.p.p. art. 546). [RV242549] 122 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Nullità – Mutamento del giudice che ha dichiarato la contumacia dell’imputato – Rinnovazione della citazione al contumace Il mutamento della persona del giudice non rende di per sé necessaria la rinnovazione della citazione dell’imputato contumace, né la notifica a quest’ultimo della rinnovazione del dibattimento. F Cass. pen., sez. IV, 22 gennaio 2009, n. 2836 (ud. 20 novembre 2008), Panariello (C.p.p. art. 525). [RV242491] ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Aggravante non contestata nel giudizio di primo grado e ritenuta in appello – Illegittimità È illegittima la decisione con cui il giudice di appello, investito della cognizione del reato di furto aggravato dall’esposizione alla pubblica fede, ex art. 625, comma primo n. 7, c.p., in parziale riforma della sentenza di primo grado, escluda la predetta aggravante, ritenendo per contro configurabile l’aggravante della destrezza, ex art. 625, comma primo n. 4, c.p., non contestata nel capo di imputazione e nel giudizio di primo grado. (La Corte ha osservato che tale aggravante può essere contestata in sede di contestazione suppletiva, ai sensi dell’art. 517 c.p.p., solo nel giudizio di primo grado e nel caso in cui ciò, come nella specie, non avvenga, non può essere più rilevata nel giudizio di impugnazione). F Cass. pen., sez. V, 1 dicembre 2008, n. 44748 (ud. 11 novembre 2008), De Blasi (C.p. art. 625; c.p.p. art. 516; c.p.p. art. 517; c.p.p. art. 521). [RV242602] ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Concorso in omicidio volontario – Contestazione del fatto come mandante e ritenuta responsabilità anche per l’eecuzione materiale Non si ha violazione del principio di correlazione tra sentenza e accusa contestata, allorché, contestato a taluno il concorso in omicidio volontario come mandante, ne venga, poi, affermata la responsabilità anche per la partecipazione alla fase esecutiva. F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3880 (ud. 30 ottobre 2008), Cariolo (C.p. art. 110; c.p. art. 575; c.p.p. art. 521; c.p.p. art. 522). [RV242640] ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Fatto diverso – Rilevato dal giudice di primo grado Il giudice deve disporre con ordinanza la restituzione degli atti al Pubblico Ministero se nel giudizio emerge un fatto diverso da quello contestato ed il Pubblico Ministero non provvede alla modifica dell’imputazione. F Cass. pen., sez. I, 24 dicembre 2008, n. 48142 (ud. 16 dicembre 2008), P.G. in proc. Osarenwinda (C.p.p. art. 521). [RV242790] ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Finalità – Garanzie del contraddittorio sul contenuto dell’accusa Il principio di correlazione tra accusa e sentenza ha lo scopo di garantire il contraddittorio sul contenuto dell’accusa e, quindi, l’esercizio effettivo del diritto di difesa dell’imputato, sicchè non è configurabile una sua violazione in astratto, prescindendo dalla natura dell’addebito specificamente formulato nell’imputazione e dalle possibilità di difesa che all’imputato sono state concretamente offerte dal reale sviluppo della dialettica processuale. (Nel caso di specie, la S.C. ha affermato che la sostituzione dell’addebito di natura dolosa di diffamazione con quello colposo d’omesso controllo sul contenuto del periodico non viola di per sé il principio di correlazione tra accusa e sentenza, né, in concreto, è in contrasto con tale principio qualora pur ipotizzandosi la responsabilità dell’imputato a titolo di concorso nel delitto di diffamazione si faccia riferimento al ruolo di direttore del giornale, idoneo ad includere la responsabilità a titolo di colpa, così strutturando l’addebito in modo tale da consentire la difesa anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 57 c.p.). F Cass. pen., sez. V, 20 gennaio 2009, n. 2074 (ud. 25 novembre 2008), Fioravanti (C.p.p. art. 521; c.p.p. art. 522; c.p. art. 57; c.p. art. 595). [RV242351] mas ma s s ima r i o ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Mutamento del fatto – Nozione Sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza di cui all’art. 521 c.p.p. qualora l’originaria imputazione di violazione di domicilio sia stata, in sede di decisione, immutata in quella di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose. F Cass. pen., sez. VI, 26 gennaio 2009, n. 3430 (ud. 12 dicembre 2008), Pintus (C.p.p. art. 521; c.p.p. art. 522; c.p.p. art. 604; c.p. art. 392). [RV242683] ■ Relazione tra la sentenza e l’accusa contestata – Sottrazione di cosa sottoposta a pignoramento e inosservanza degli obblighi del custode di cosa pignorata – Rapporto di eterogeneità Il principio di correlazione tra imputazione e sentenza risulta violato quando nei fatti rispettivamente descritti e ritenuti non sia possibile individuare un nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, non in rapporto di continenza, bensì di eterogeneità. (Fattispecie in cui è stata ritenuta l’eterogeneità tra il contestato reato di sottrazione di cosa pignorata da parte del proprietario e quello di inosservanza degli obblighi del custode di cosa sottoposta a pignoramento). F Cass. pen., sez. VI, 7 gennaio 2009, n. 81 (ud. 6 novembre 2008), Zecca e altro (C.p.p. art. 521; c.p.p. art. 522; c.p. art. 388). [RV242368] ■ Requisiti – Sottoscrizione – Collocamento a riposo del presidente del collegio Costituisce impedimento del presidente del collegio, che consente la sottoscrizione della sentenza da parte del componente anziano, il collocamento a riposo dello stesso, che causa la cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario. F Cass. pen., sez. VI, 28 gennaio 2009, n. 3920 (ud. 14 gennaio 2009), Franzè (C.p.p. art. 525; c.p.p. art. 546). [RV242529] Sicurezza pubblica ■ Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione – Convalida del Gip Deve essere annullata con rinvio, in quanto affetta da nullità ex art. 178 lett. c) c.p.p. per violazione del diritto all’intervento e all’assistenza difensiva, l’ordinanza di convalida del provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione all’Autorità di P.S., che non abbia osservato il termine dilatorio di quarantotto ore dalla notifica all’interessato del provvedimento stesso e quello di ventiquattro ore dal deposito in cancelleria della richiesta di convalida e della annessa documentazione amministrativa. F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6224 (c.c. 6 novembre 2008), Tonni (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 623). [RV242730] ■ Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione – Convalida del Gip L’ordinanza, con cui il G.i.p. convalida il provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione all’Autorità di P.S. oltre il termine massimo di novantasei ore dalla notifica del provvedimento stesso all’interessato, dev’essere annullata senza rinvio, comportando l’inosservanza di detto termine la decadenza della misura. F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6224 (c.c. 6 novembre 2008), Tonni (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 620). [RV242731] ■ Manifestazioni sportive – Provvedimento del Questore impositivo dell’obbligo di presentazione – Convalida del Gip In caso di annullamento con rinvio dell’ordinanza di convalida del provvedimento questorile di comparizione periodica ad un ufficio o comando di polizia, in quanto intervenuta prima del compimento del termine di quarantotto ore decorrente dalla notifica all’interessato del provvedimento stesso, spetta al giudice del rinvio il rispetto del termine di difesa in precedenza negato, e, quindi, il dovere di avvisare l’interessato della decorrenza, in suo favore, dalla notifica dell’avviso, del termine di quarantotto ore per presentare memorie o deduzioni scritte. F Cass. pen., sez. III, 13 febbraio 2009, n. 6224 (c.c. 6 novembre 2008), Tonni (L. 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6; c.p.p. art. 627). [RV242732] ■ Stranieri – Inosservanza dell’ordine di allontanamento del Questore – Arresto Va annullata senza rinvio l’ordinanza di non convalida dell’arresto in flagranza per il reato di inottemperanza all’ordine di allontanamento dal territorio dello Stato emesso dal Questore, che sia fondata non già sulla rilevazione dell’assenza delle condizioni di legalità dell’arresto ma sull’affermazione di illegittimità dell’ordine, presupposto del reato. F Cass. pen., sez. I, 7 gennaio 2009, n. 69 (c.c. 18 dicembre 2008), P.M. in proc. Rusiti (C.p.p. art. 390; D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286, art. 14). [RV242578] Stupefacenti ■ Attività illecita in genere – Natura della sostanza – Accertamento Ai fini dell’accertamento della natura di una sostanza ritenuta stupefacente, non è necessaria la perizia ben potendosi utilizzare, per la parte che attiene alla qualità e quantità della sostanza ritenuta drogante, dichiarazioni testimoniali o confessorie, il risultato degli accertamenti di polizia o di una pluralità d’indizi, gravi, specifici e concordanti, nonché i pareri di consulenti tecnici delle parti che abbiano esaminato il corpo del reato. F Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2009, n. 4278 (c.c. 13 gennaio 2009), Bonforte (C.p.p. art. 220; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73). [RV242516] ■ Commercio clandestino – Competenza territoriale – Individuazione In tema di stupefacenti, la competenza territoriale a conoscere del delitto di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 si radica nel luogo d’ingresso delle sostanze entro il confine dello Stato, ove tale luogo sia accertato. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2732 (ud. 6 novembre 2008), Scalise (C.p.p. art. 8; D.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, art. 73). [RV242581] Termini processuali in materia penale ■ Computo – Termini computati a giorni – Giorno iniziale festivo In materia di termini processuali stabiliti a giorni, la proroga prevista dall’art. 172, comma terzo, c.p.p. con riferimento ai giorni festivi riguarda esclusivamente la scadenza dei termini stessi, e non anche l’inizio della loro decorrenza, la quale dunque non è prorogata di diritto anche quando debba essere riferita, in concreto, ad un giorno festivo. F Cass. pen., sez. III, 8 gennaio 2009, n. 133 (ud. 19 novembre 2008), Santoro (C.p.p. art. 172). [RV242261] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale L’impugnazione proposta dal difensore, di fiducia o di ufficio, nell’interesse dell’imputato contumace, preclude a quest’ultimo, una volta che sia intervenuta la relativa decisione, la possibilità di ottenere la restituzione nel termine per proporre a sua volta impugnazione. F Cass. pen., sez. I, 2 gennaio 2009, n. 33 (c.c. 11 novembre 2008), Cenollari (C.p.p. art. 175; c.p.p. art. 571; L. 22 aprile 2005, n. 60). [RV242381] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale In tema di restituzione in termine, condizione ostativa alla restituzione è la coesistenza di tutte le condizioni previste dalla legge, ovvero la conoscenza del procedimento, la rinuncia volontaria a comparire e la rinuncia volontaria ad impugnare, sicchè, in difetto di una sola di esse, il giudice deve accogliere la richiesta. (Fattispecie nella quale risultava solo la prova della conoscenza del procedimento). F Cass. pen., sez. III, 13 gennaio Arch. nuova proc. pen. 1/2010 123 mas ma s s ima r i o 2009, n. 837 (c.c. 10 dicembre 2008), Allkanjari (C.p.p. art. 175). [RV242161] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale L’accoglimento della richiesta di restituzione nel termine per l’impugnazione di una sentenza di condanna contumaciale comporta la caducazione automatica degli atti di esecuzione di detta sentenza, eventualmente compiuti. F Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 2009, n. 2476 (c.c. 17 dicembre 2008), Leardini (C.p.p. art. 175). [RV242815] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale Ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale, la nuova disciplina introdotta dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, prevede una sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell’imputato, ponendo a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’eventuale prova contraria e, più in generale, di effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il condannato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento ed abbia volontariamente rinunciato a comparire. F Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 2009, n. 2718 (c.c. 16 dicembre 2008), Holczer (C.p.p. art. 175; L. 22 aprile 2005, n. 60; D.L. 21 febbraio 2005, n. 17). [RV242430] Tribunale per i minorenni ■ Decisione che respinge l’istanza di riabilitazione speciale per i minorenni – Appellabilità La pronuncia del Tribunale per i minorenni che respinge la richiesta di riabilitazione speciale prevista dall’art. 24 R.D.L. 20 luglio 1934 n. 1404, convertito nella legge 27 maggio 1935 n. 835, non è appellabile. F Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 2008, n. 45776 (c.c. 2 dicembre 2008), Barbaro (C.p.p. art. 678; c.p.p. art. 683; R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404, art. 24). [RV242575] ■ Procedimento – Udienza dibattimentale – Giudizio immediato Non è abnorme, perché rientra nei poteri del giudice e non determina una stasi processuale, il provvedimento con cui il tribunale per i minorenni rigetta l’eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato per omessa notifica della relativa richiesta del pubblico ministero. F Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2008, n. 42049 (c.c. 5 maggio 2008), Speziale (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 454; c.p.p. art. 455; D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 25). [RV242093] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale Il compimento da parte dell’autorità giudiziaria di ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione presuppone che l’interessato abbia indicato le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, senza che ciò comporti l’attribuzione al richiedente dell’onere di provare le circostanze poste a fondamento della domanda. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che fosse stata correttamente respinta la domanda di restituzione nel termine basata sul solo assunto della mancata conoscenza di un decreto penale ritualmente notificato ai sensi dell’art. 157, comma ottavo, c.p.p.). F Cass. pen., sez. I, 22 gennaio 2009, n. 2934 (c.c. 9 dicembre 2008), Fiocco (C.p.p. art. 157; c.p.p. art. 175). [RV242627] Tributi e finanze (in materia penale) ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale L’effettiva conoscenza del procedimento, che impedisce la restituzione in termini per l’impugnazione della sentenza contumaciale, va riferita alla conoscenza dell’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium solo in tal caso potendo ritenersi volontaria la rinuncia a comparire. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso che la conoscenza del verbale d’arresto fosse d’ostacolo alla restituzione in termini). F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3746 (c.c. 16 gennaio 2009), Del Duca (C.p.p. art. 175). [RV242536] ■ Reati finanziari in genere – Destinazione ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta di prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate – Reato previsto dall’art. 40, comma primo, lett. c), D.L.vo n. 504 del 1995 In tema di reati finanziari e tributari, il reato consistente nel destinare ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta prodotti esenti od ammessi ad aliquote agevolate (art. 40, comma primo, lett. c) del D.L.vo 26 aprile 1995, n. 504) si consuma nel momento della sottrazione del prodotto alla destinazione prevista per legge. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta univoca ed idonea ad integrare il reato la condotta consistita nell’aver scaricato del gasolio destinato all’esportazione in regime di sospensione dell’accisa e dell’IVA in un deposito di carburanti per usi nazionali). F Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 2009, n. 3199 (ud. 26 novembre 2008), Surdo ed altro (D.L.vo 26 ottobre 1995, n. 504, art. 40; c.p.p. art. 8). [RV242280] ■ Restituzione in termini – Impugnazioni – Sentenza contumaciale In tema di restituzione nel termine, non può farsi discendere dalla notifica dell’estratto contumaciale della sentenza a mani del difensore d’ufficio domiciliatario l’effettiva conoscenza da 124 parte dell’imputato contumace, qualora la stessa non sia desumibile aliunde. F Cass. pen., sez. I, 27 gennaio 2009, n. 3746 (c.c. 16 gennaio 2009), Del Duca (C.p.p. art. 97; c.p.p. art. 161; c.p.p. art. 165; c.p.p. art. 175). [RV242535] 1/2010 Arch. nuova proc. pen. ■ Dichiarazione dei redditi – Omessa denuncia – Mancata specificazione dell’ammontare effettivo del reddito e del volume di affari In tema di reati tributari, la mancata specificazione nell’imputazione di omessa dichiarazione dei redditi dell’ammontare effettivo del reddito e del volume di affari, sulla cui base calcolare l’importo dovuto a titolo di imposta, non integra un’ipotesi di nullità per indeterminatezza sempre che sia indicato l’ammontare dell’imposta evasa con riferimento al periodo di imposta cui si riferisce la violazione. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta l’abnormità dell’ordinanza di nullità del decreto di citazione a giudizio accompagnata dalla restituzione degli atti al P.M.). F Cass. pen., sez. III, 19 febbraio 2009, n. 7121 (c.c. 15 gennaio 2009), P.M. in proc. Shao (C.p.p. art. 178; c.p.p. art. 552; c.p.p. art. 568; D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74). [RV242675] Indice cronologico della giurisprudenza AVVERTENZA: La segnalazione m. sta ad indicare una pronuncia che viene riportata, nella pagina indicata, solo in massima. Cass. pen., sez. I, 16 luglio 2008, n. 29486 (ud. 17 giugno 2008), Costanzo e altro, m., pag. 121 Cass. pen., sez. IV, 24 luglio 2008, n. 31114 (c.c. 25 giugno 2008), Latella e altro, m., pag. 106 Cass. pen., sez. IV, 28 luglio 2008, n. 31454 (ud. 25 giugno 2008), Alberti, m., pag. 93 Cass. pen., sez. IV, 11 agosto 2008, n. 33309 (ud. 8 luglio 2008), Rizzato, m., pag. 84, 96 Cass. pen., sez. IV, 9 settembre 2008, n. 35003 (c.c. 4 giugno 2008), Chetet, m., pag. 106 Cass. pen., sez. II, 11 settembre 2008, n. 35178 (c.c. 3 luglio 2008), P.M. in proc. Brunetti, m., pag. 100 Cass. pen., sez. VI, 19 settembre 2008, n. 36167 (c.c. 9 aprile 2008), Acampora, m., pag. 84, 84 Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2008, n. 36317 (c.c. 11 aprile 2008), Farinelli, m., pag. 104 Cass. pen., sez. IV, 23 settembre 2008, n. 36524 (ud. 26 giugno 2008), Zancocchia, m., pag. 83 Cass. pen., sez. V, 24 settembre 2008, n. 36593 (ud. 18 aprile 2008), Mangano e altri, m., pag. 97 Cass. pen., sez. II, 25 settembre 2008, n. 36721 (ud. 21 febbraio 2008), Buraschi e altro, m., pag. 115 Cass. pen., sez. V, 25 settembre 2008, n. 36779 (ud. 17 giugno 2008), Kraiem, m., pag. 91 Cass. pen., sez. II, 29 settembre 2008, n. 36988 (c.c. 18 settembre 2008), Fati, m., pag. 84 Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37026 (c.c. 3 giugno 2008), Bologna, m., pag. 106 Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2008, n. 37037 (c.c. 10 giugno 2008), Tuscano e altro, m., pag. 106 Cass. pen., sez. IV, 2 ottobre 2008, n. 37539 (c.c. 2 luglio 2008), Gallace, m., pag. 89 Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 2008, n. 37551 (ud. 25 giugno 2008), Spinola, m., pag. 93 Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37659 (c.c. 28 maggio 2008), Simonetta, m., pag. 111 Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37665 (c.c. 28 maggio 2008), Coccitto, m., pag. 82 Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37698 (c.c. 17 luglio 2008), Stranieri, m., pag. 114, 114 Cass. pen., sez. V, 3 ottobre 2008, n. 37699 (c.c. 17 luglio 2008), Vottari, m., pag. 115, 116 Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37702 (c.c. 24 settembre 2008), P.M. in proc. Conti, m., pag. 108 Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37705 (c.c. 24 settembre 2008), Schiavone, m., pag. 103 Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2008, n. 37708 (c.c. 24 settembre 2008), Vastante, m., pag. 98 Cass. pen., sez. V, 7 ottobre 2008, n. 38271 (ud. 17 luglio 2008), Cutone e altro, m., pag. 94 Cass. pen., sez. IV, 10 ottobre 2008, n. 38535 (ud. 20 maggio 2008), Rossetti, m., pag. 113 Cass. pen., sez. V, 13 ottobre 2008, n. 38588 (ud. 16 settembre 2008), Fornaro e altri, m., pag. 87 Cass. pen., sez. V, 14 ottobre 2008, n. 38699 (ud. 18 giugno 2008), Buratti e altri, m., pag. 92 Cass. pen., sez. 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