Appunti sulle equazioni alle derivate parziali della fisica matematica

Appunti sulle equazioni alle derivate parziali
della …sica matematica
A.A. 2016/2017
Marco Bramanti
Politecnico di Milano
23 novembre 2016
Indice
1 Deduzione di alcune equazioni di¤erenziali della …sica matematica
1.1 Richiami di calcolo di¤erenziale vettoriale . . . . . . . . . . . . .
1.1.1 Operatori gradiente e divergenza . . . . . . . . . . . . . .
1.1.2 Il teorema della divergenza e qualche conseguenza matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.1.3 L’operatore rotore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 L’equazione di Poisson per il potenziale newtoniano . . . . . . .
1.3 L’equazione di di¤usione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.1 Temperatura in un corpo tridimensionale . . . . . . . . .
1.3.2 Termine convettivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.3 Temperatura in un corpo mono- o bi- dimensionale . . . .
1.3.4 Concentrazione di una sostanza in soluzione - densità di
popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3.5 Termini di trasporto e di reazione . . . . . . . . . . . . .
1.3.6 Equazione di di¤usione in stato stazionario . . . . . . . .
1.4 Equazione delle onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.1 Equazione della corda vibrante . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.2 Equazione della membrana vibrante . . . . . . . . . . . .
1.4.3 Membrana elastica in equilibrio ed equazione di Poisson .
1.4.4 Onde sonore nei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4.5 Onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
5
5
6
8
8
14
14
15
15
16
16
17
18
18
19
19
19
20
2 Generalità su equazioni e problemi ai limiti per equazioni a
derivate parziali
21
2.1 Equazioni lineari del second’ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
2.2 Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche . . . . . . . . . . . . 23
1
2.3
2.4
2.5
Condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.1 Equazioni ellittiche. Problemi al contorno . .
2.3.2 Equazioni paraboliche. Problemi al contorno
iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3.3 Equazioni iperboliche. Problemi al contorno
iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Principio di sovrapposizione . . . . . . . . . . . . . .
Problemi ben posti . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
.
.
e
.
e
.
.
.
. . . . . .
. . . . . .
ai valori
. . . . . .
ai valori
. . . . . .
. . . . . .
. . . . . .
3 Metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier per
problemi ai limiti
3.1 Richiami sulle serie di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 Serie di Fourier in L2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.2 Convergenza puntuale delle serie di Fourier e rapidità di
convergenza a zero dei coe¢ cienti . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Equazione di Laplace e di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1 Unicità, principio di massimo, dipendenza continua . . . .
3.2.2 L’equazione di Laplace sul cerchio . . . . . . . . . . . . .
3.2.3 Equazione di Poisson sul cerchio . . . . . . . . . . . . . .
3.3 Equazione di di¤usione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.3.1 Unicità e principio di massimo parabolico . . . . . . . . .
3.3.2 Equazione di di¤usione sul segmento . . . . . . . . . . . .
3.4 L’equazione della corda vibrante . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.4.1 La corda vibrante …ssata agli estremi . . . . . . . . . . . .
3.4.2 La corda vibrante illimitata . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5 Equazione delle onde in dimensione superiore . . . . . . . . . . .
3.5.1 Energia e risultato di unicità . . . . . . . . . . . . . . . .
3.5.2 Onde sferiche tridimensionali . . . . . . . . . . . . . . . .
3.6 Esercizi sul metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier
25
26
28
29
30
33
35
35
35
37
41
42
48
66
70
71
75
83
83
90
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95
96
97
4 Applicazioni dei metodi di ortogonalità a problemi di¤erenziali101
4.1 Laplaciano in coordinate sferiche. Polinomi di Legendre e armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
4.1.1 Il dato indipendente dalla longitudine. Polinomi di Legendre103
4.1.2 Il caso generale. Funzioni di Legendre associate e armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
4.1.3 Soluzione del problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace
sulla sfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
4.2 Oscillatore armonico quantistico e polinomi di Hermite . . . . . . 114
4.3 Il problema agli autovalori per il laplaciano (equazione di Helmholz)
e le sue applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
4.4 L’equazione di Helmholz sul rettangolo . . . . . . . . . . . . . . . 122
4.4.1 Membrana vibrante rettangolare . . . . . . . . . . . . . . 124
4.4.2 Equazione del calore sul rettangolo . . . . . . . . . . . . . 127
4.5 L’equazione di Helmholz sul cerchio. Funzioni di Bessel di ordine
intero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127
2
4.5.1
4.6
4.7
4.8
Equazione di Bessel ed autofunzioni del laplaciano sul
cerchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.5.2 La membrana vibrante circolare . . . . . . . . . . . . . . .
Equazione di Helmholz sul cilindro . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.6.1 L’equazione del calore sul cilindro . . . . . . . . . . . . .
Equazione di Helmholz sulla sfera. Funzioni di Bessel sferiche . .
4.7.1 Equazione e funzioni di Bessel di ordine semiintero . . . .
L’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno e i polinomi
di Laguerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.8.1 Equazione e polinomi di Laguerre associati . . . . . . . .
4.8.2 Orbitali atomici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.8.3 Soluzioni dell’equazione di Schrödinger . . . . . . . . . . .
4.8.4 Calcoli dettagliati per la risoluzione dell’equazione radiale
3
128
133
136
138
139
140
145
149
153
158
158
Nota bene. Questi appunti sono messi a disposizione degli studenti del
corso di Metodi Matematici per l’Ingegneria, A.A. 2016/2017, pur non facendo
parte dell’attuale programma d’esame. Poiché diverse interessanti applicazioni
delle teorie studiate nel corso riguardano le equazioni alle derivate parziali (come
la risoluzione di alcuni problemi al contorno mediante la trasformata di Fourier
o mediante metodi di analisi complessa), può essere interessante, per lo studente
curioso, allargare il discorso e dare almeno un’occhiata a un inquadramento più
generale di questi argomenti.
4
1
Deduzione di alcune equazioni di¤erenziali della …sica matematica
Vogliamo mostrare come, sotto opportune ipotesi, certe equazioni a derivate
parziali (piuttosto semplici, almeno da scriversi!) modellizzino vari fenomeni
importanti. Discuteremo basilarmente tre equazioni di¤erenziali (ognuna con
qualche variante): l’equazione di Poisson, l’equazione di di¤usione, l’equazione
delle onde. Sono considerate le principali equazioni di¤erenziali della …sica
matematica, per il loro ampio spettro di applicazioni e per le caratteristiche
diverse e signi…cative che presentano. Ognuna delle tre è il prototipo di una
classe importante di equazioni (ellittiche, paraboliche, iperboliche).
1.1
Richiami di calcolo di¤erenziale vettoriale
Raccogliamo qui alcuni veloci richiami di argomenti studiati nel corso di analisi
2, che entrano nella deduzione e nella formulazione delle equazioni alle derivate
parziali che ci interessano.
1.1.1
Operatori gradiente e divergenza
Se f : Rn ! R; G : Rn ! Rn sono, rispettivamente, un campo scalare e un
campo vettoriale (indichiamo col grassetto le grandezze vettoriali), de…niamo il
gradiente di f e la divergenza di G come segue:
@f
@f
@f
(x) ;
(x) ; :::;
(x)
@x1
@xn
@xn
n
X
@G
div G (x) = r G (x) =
(x) :
@xi
i=1
rf (x) =
Valgono le seguenti identità:
div rf (x) =
(
f (x)
n
X
@2f
i=1
@x2i
(x)
è l’operatore di Laplace, o laplaciano)
div (f G) = f div G + rf G
e in particolare, se g è un altro campo scalare,
div (f rg) = f g + rf rg
oltre ovviamente alla relazione
r (f g) = grf + f rg:
5
Esempio 1.1 (a) Se r = (x; y; z) 2 R3 , si ha:
r
jrj
jrrj = 1:
rr =
(b) Se f : R3 ! R è una funzione radiale, cioè
f (r) = g (jrj)
si ha
r
jrj
jrf (r)j = jg 0 (jrj)j :
rf (r) = g 0 (jrj)
(c) Dato in R3 il campo newtoniano
E=
r
jrj
(con r = (x; y; z) )
3
calcoliamo, per r 6= 0,
r
X
@
div E=
@xi
i=1
=
3 jrj
3
xi
jrj
3
3 jrj
jrj
6
!
=
3 jrj3
X
6
i=1
P3
i=1
x2i
=
2 xi
jrj
xi 3 jrj
jrj
3
3 jrj
jrj
3
3 jrj
6
= 0:
Il campo elettrostatico generato da una carica puntiforme (o il campo gravitazionale generato da una massa puntiforme) ha divergeza nulla fuori dal punto
in cui è collocata la carica (la massa).
1.1.2
Il teorema della divergenza e qualche conseguenza matematica
Teorema 1.2 (della divergenza) Sia
R3 un aperto connesso, limitato,
la cui frontiera è l’unione di un numero …nito di super…ci regolari o regolari
a tratti1 , e sia e il versore normale uscente da , nei punti di @ in cui è
, allora
de…nito2 . Sia E un campo vettoriale C 1
Z Z Z
Z Z
div Edxdydz =
E e dS:
@
1 ad
esempio,
può essere la regione tridimensionale limitata da una super…cie regolare,
come una sfera o una corona sferica, ma anche limitata da una super…cie come un poliedro,
cioè con alcuni spigoli.
2 cioè tranne che sugli spigoli.
6
Detto in parole: l’integrale di volume della divergenza di un campo, su un
certo dominio, uguaglia il ‡usso di quel campo uscente dal bordo del dominio
stesso. E’ un’equazione di bilancio (dal punto di vista puramente matematico), che difatti è coinvolta nella formulazione di equazioni di bilancio di tipo
…sico, e perciò ha un ruolo chiave nella deduzione di varie equazioni della …sica
matematica.
Cominciamo a ottenere qualche conseguenza matematica del teorema: le
identità di Green. Sia un dominio limitato di R3 a cui è applicabile il teorema
della divergenza (ad esempio, con frontiera regolare a pezzi), e siano f; g : !
; g 2 C2 ( ) \ C1
. Applicando il teorema della
R, f 2 C 1 ( ) \ C
divergenza al campo F = f rg si ha:
ZZZ
ZZ
r (f rg) dxdydz =
f rg ne dS:
@
D’altro canto,
r (f rg) = f g + rf rg,
perciò
ZZZ
f gdxdydz +
ZZZ
rf rgdxdydz =
ZZ
@
f rg ne dS:
Nell’ultimo integrale scritto, la funzione rg ne è uguale (per la formula
del gradiente) alla derivata direzionale di g nella direzione del versore normale
uscente. Questa derivata direzionale porta il nome di derivata normale, e si
indica col simbolo
@g
:
@ne
In de…nitiva abbiamo ottenuto la prima identità di Green:
ZZZ
ZZZ
ZZ
@g
f gdxdydz +
rf rgdxdydz =
f
dS
@n
e
@
(1.1)
valida per ogni coppia di funzioni:
f 2 C1 ( ) \ C
; g 2 C2 ( ) \ C1
:
Applicando la (1.1) si prova facilmente (farlo per esercizio) che se
in precedenza e f; g 2 C 2 ( ) \ C 1
, si ha
ZZZ
[f g
g f ] dxdydz =
detta seconda identità di Green.
7
ZZ
f
@
@g
@ne
g
@f
dS,
@ne
è come
(1.2)
1.1.3
L’operatore rotore
Per F : R3 ! R3 campo vettoriale tridimensionale, de…niamo il rotore del
campo come:
i
j
k
rot F = r F = @x @y @z
F1 F2 F3
(determinante formale della matrice). Anche rot F è un campo vettoriale tridimensionale. Ci servirà la seguente identità:
r
(r
F) = r (r F)
F
(1.3)
che si può veri…care per esercizio. L’ultimo termine dell’equazione ha il seguente
signi…cato:
F = ( F1 ; F2 ; F3 ) :
1.2
L’equazione di Poisson per il potenziale newtoniano
Vogliamo mostrare che il potenziale u del campo elettrostatico generato in una
certa regione dello spazio da una distribuzione continua di carica di densità
volumica (r) soddisfa in l’equazione di Poisson:
u=4 k
(dove k è la costante di Coulomb) cioè
@2u @2u @2u
+ 2 + 2 = 4 k (x; y; z)
@x2
@y
@z
e in particolare, nelle regioni in cui non c’è carica ( = 0), il potenziale soddisfa
l’equazione di Laplace
@2u @2u @2u
+ 2 + 2 =0
@x2
@y
@z
ossia, come si dice, u è una funzione armonica.
La legge di Coulomb dell’elettrostatica a¤erma che il campo elettrico generato nel punto r0 da una carica elettrica puntiforme q posta nel punto r è pari
a
r0 r
E (r0 ) = kq
3
jr0 rj
dove k è la costante di Coulomb. Per un sistema di più cariche puntiformi, il
campo totale è semplicemente la somma dei campi generati dalle singole cariche;
per una distribuzione continua di cariche, di densità (r), il campo è assegnato
dall’analoga formula nel continuo, cioè
ZZZ
r0 r
E (r0 ) = k
(r)
3 dxdydz (r = (x; y; z))
jr0 rj
8
dove è la regione dello spazio (che supponiamo limitata) in cui la densità di
carica è e¤ettivamente non nulla.
Vedremo ora come dalla legge di Coulom si possa dedurre Il teorema di
Gauss dell’elettrostatica, che a sua volta avrà tra le sue conseguenze il fatto
che il potenziale elettrostatico soddis… un’importante equazione alle derivate
parziali, l’equazione di Poisson.
Teorema 1.3 (teorema di Gauss dell’elettrostatica ) Il ‡usso del campo
elettrico uscente da una super…cie3 chiusa è
(E; ) = 4 kQtot
dove Qtot è la carica totale racchiusa dalla super…cie stessa.
In altre parole, se
=@
per una certa regione limitata
X
Qtot =
qi
dello spazio,
qi in
nel caso discreto, e
Qtot =
ZZZ
(r) dxdydz
nel caso continuo. Il teorema vale sia per distribuzioni discrete che per distribuzioni continue di carica. Dimostriamolo, procedendo in vari passi.
Passo 1. Una sola carica puntiforme, posta nell’origine; la super…cie è una
sfera di centro l’origine e raggio R. In questo caso
r
r
E = kq 3 con r = (x; y; z) ; ne =
jrj
jrj
ZZ
=
E ne dS =
ZZ
R2
= kq
dS = 4 kq
R4
Passo 2. Una sola carica puntiforme, posta nell’origine; la super…cie è una
qualsiasi super…cie chiusa che racchiude l’origine.
Sia = @ la super…cie, e consideriamo una sferetta BR di centro l’origine
e raggio R contenuta in . Osserviamo che:
ZZ
ZZ
ZZ
E ne dS =
E ne dS +
E ne dS
@( nBR )
@BR
3 La super…cie
deve avere la regolarità richiesta dal teorema della divergenza, quindi ad
esempio può essere una super…cie regolare a pezzi.
9
Rappresentiamo schematicamente la situazione come se fosse nel piano. Il
‡usso uscente da ( n BR ) è pari al ‡usso uscente da meno il ‡usso uscente
da BR . Ora il secondo addendo a 2 membro è quello calcolato al passo 1, pari
a 4 kq. Mostriamo che il primo addendo a 2 membro è zero, da cui seguirà
il risultato che ci interessa in questo passo. Il campo E nella regione ( n BR )
è regolare (perché questa regione non contiene l’origine, unico punto in cui il
campo è irregolare), perciò possiamo applicare ad ( n BR ) il teorema della
divergenza, e scrivere
ZZ
ZZZ
E ne dS =
r Edxdydz = 0
@( nBR )
( nBR )
perché r E = 0 fuori dall’origine, come veri…cato in precedenza.
Passo 3. (In realtà non ci servirà questo caso nel seguito, ma lo presentiamo
per completezza). Un sistema di più cariche puntiformi, in numero …nito; la
super…cie è una qualsiasi super…cie chiusa che le racchiude tutte.
Segue dal passo 2 per linearità: il campo generato da q1 ; q2 ; :::; qn è la somma
dei campi generati separatamente da q1 ; q2 ; :::; qn ; quindi il ‡usso del campo
generato da q1 ; q2 ; :::; qn è la somma dei ‡ussi dei campi generati separatamente
da q1 ; q2 ; :::; qn ; questi ‡ussi, per il Passo 2, valgono
4 kq1 ; 4 kq2 ; : : : ; 4 kqn
perciò il ‡usso totale è
4 kq1 + 4 kq2 + : : : + 4 kqn = 4 kQtot :
Questo completa la dimostrazione del teorema di Gauss nel caso di una
distribuzione discreta di cariche.
Passo 4. Distribuzione continua di cariche, di densità (x; y; z), non nulla
in un aperto limitato ; calcoliamo il ‡usso attraverso una super…cie chiusa
che avvolge . Supponiamo inoltre che sia disgiunta da (cioè la super…cie
10
attraverso cui calcoliamo il ‡usso non tocca la regione dove
poi rimuovere quest’ipotesi).
Indichiamo con
6= 0). (Si dovrà
r = (x; y; z) il generico punto di
in cui c’è una densità di carica non nulla, e con
r0 = (x0 ; y 0 ; z 0 ) il generico punto della super…cie
su cui vogliamo calcolare il campo, e quindi il ‡usso. Si ha:
ZZZ
(r0 r)
0
E (r ) = k
(r)
3 dxdydz:
jr0 rj
Calcoliamo il ‡usso attraverso :
ZZZ
ZZ
(r0
k
(r)
(E; ) =
jr0
Si noti che il denominatore jr0
r)
rj
3 dxdydz
!
ne (r0 ) dS (r0 ) :
3
rj non si annulla mai perché r 2 ; r0 2
(r0 r)
e abbiamo supposto
e
disgiunte. Quindi la funzione jr0 rj3 è limitata.
Scambiando tra loro l’integrale doppio e l’integrale triplo si ha:
!
ZZZ
ZZ
(r0 r)
0
0
(E; ) =
(r)
k
3 ne (r ) dS (r ) dxdydz:
jr0 rj
Ora osserviamo l’integrale interno. Si tratta del ‡usso attraverso
E (r0 ) = k
(r0
r)
jr0
rj
del campo
3
che è il campo elettrico generato da una carica puntiforme unitaria posta nel
punto r. Poiché r 2
e la super…cie
circonda , questo ‡usso è quello
calcolato al passo 2:
ZZ
(r0 r)
0
0
k
3 ne (r ) dS (r ) = 4 k 1;
jr0 rj
che sostituito nell’integrale che assegna (E; ) dà
ZZZ
(E; ) = 4 k
(r) dxdydz = 4 kQtot ,
e il teorema è così dimostrato anche per una distribuzione continua di cariche,
nell’ipotesi che e siano disgiunte.
Passo 5. Distribuzione continua di cariche, di densità (x; y; z), non nulla
in un aperto limitato ; calcoliamo il ‡usso attraverso una super…cie chiusa
e regolare che avvolge e può anche intersecare . Questo è un passo un po’
tecnico e lo omettiamo (si trova in dettaglio in [EsAn2, pp.588 sgg]).
Questo conclude la dimostrazione del teorema di Gauss dell’elettrostatica,
nei vari casi di interesse.
11
Osservazione 1.4 (Teorema di Gauss per il campo gravitazionale) Il campo gravitazionale obbedisce ad una legge formalmente identica alla legge di Coulomb
dell’elettrostatica, con l’unica di¤ erenza del segno della forza: mentre una carica
elettrica positiva esercita su una carica elettrica unitaria (quindi anch’essa positiva) una forza repulsiva, una massa positiva (l’unico tipo di massa esistente!)
esercita su una massa unitaria una forza attrattiva. Quindi per il campo gravitazionale F varrà un “teorema di Gauss” con il segno opposto: per il ‡usso del
campo gravitazionale F uscente da una super…cie vale
(F; ) =
4 G Mtot
dove G è la costante di gravitazione universale e Mtot è la massa totale contenuta
nella regione limitata di cui è il bordo. Nel caso di una distribuzione continua
di materia si avrà
ZZZ
Mtot =
(r) dxdydz
dove ora
è la densità di massa.
Dal teorema di Gauss dell’elettrostatica deduciamo ora il:
Teorema 1.5 (equazione di Maxwell per il campo elettrico con sorgenti)
Sia E il campo elettrostatico generato da una distribuzione continua di carica di
densità (r) in una certa regione dello spazio. Allora in vale l’equazione:
r E =4 k
dove k è la costante che compare nella legge di Coulomb.
Dimostrazione. Sia BR una qualsiasi sferetta (di raggio R e centro qualsiasi)
contenuta in , e applichiamo a BR il teorema di Gauss dell’elettrostatica (Passo
5 della dimostrazione fatta in precedenza):
ZZ
ZZZ
E ne dS = 4 kQtot.A = 4 k
(r) dxdydz:
@BR
BR
(Notiamo che la “carica totale”è in questo caso solo quella contenuta in BR , che
abbiamo scritto come integrale della densità). Trasformando il primo membro
mediante il teorema della divergenza otteniamo
ZZZ
ZZZ
r E (r) dxdydz = 4 k
(r) dxdydz
BR
e quindi
ZZZ
BR
[r E (r)
4 k (r)] dxdydz = 0:
BR
Ora ricordiamo che questo è vero per qualsiasi sfera BR
. Se allora, …ssato
il centro P0 della sfera, dividiamo per il volume della sfera e facciamo tendere a
zero il raggio, otteniamo che è nulla la media integrale su sfere sempre più piccole
12
e quindi, al limite, l’integranda nel punto P0 centro della sfera. D’altro canto
P0 è arbitrario: ne segue che la funzione integranda dev’essere identicamente
nulla4 in :
r E 4 k = 0 in
che è la tesi.
In base all’Osservazione 1.4, per il campo gravitazionale dovuto ad una distribuzione continua di massa con densità varrà un’equazione simile, ma col
segno cambiato,
r F = 4 G :
Osservazione 1.6 (Proprietà di annullamento degli integrali tripli) Nella
deduzione precedente abbiamo sfruttato il fatto che se f : ! R è una funzione
continua (o integrabile) e sappiamo che
ZZZ
8sfera BR
f (x; y; z) dxdydz = 0,
BR
allora necessariamente f (x; y; z) = 0 in ogni punto di
(o in ogni punto di
ad eccezione di un insieme di misura nulla, rispettivamente). Un errore comune nel presentare la deduzione precedente consiste nell’omettere, all’inizio
dell’argomentazione, il fatto che si sta ragionando su una generica sfera (o più
in generale, sottoinsieme aperto) BR
, e limitarsi a lavorare su tutto .
Notiamo però che se sapessimo soltanto che
ZZZ
[r E (r) 4 k (r)] dxdydz = 0
non potremmo certo dedurne che l’integranda è nulla in . (Si pensi alla
funzione sin x che ha integrale nullo in (0; 2 ) senza essere identicamente nulla).
In…ne, l’equazione di Maxwell per il campo elettrico in presenza di sorgenti può essere trasformata in un’equazione scalare sul potenziale elettrostatico,
sfruttando il fatto che il campo elettrostatico è conservativo, cioè è gradiente di
una funzione potenziale u (campo scalare):
E = ru:
Ponendo quindi E = ru, l’equazione di Maxwell r E = 4 k si riscrive
r (ru) = 4 k
4 La deduzione fatta è corretta nei punti in cui l’integranda è continua (abbiamo applicato
il teorema della media, che vale sotto questa ipotesi). Notiamo che la funzione densità può
e¤ettivamente essere talvolta discontinua. In generale, se supponiamo che l’integranda sia
soltanto integrabile (ma eventualmente discontinua), allora si può dimostrare che l’integranda
è zero in , tranne al più in un insieme di misura nulla.
13
cioè
u=4 k :
che è l’equazione di Poisson per il potenziale elettrostatico.
Al solito, per il potenziale gravitazionale vale l’equazione di Poisson simile,
ma con un segno diverso,
u= 4 G :
Uni…cando le due teorie entro un unico quadro, l’equazione a derivate parziali
u=f
viene detta equazione di Poisson per il potenziale newtoniano. Il termine noto
f ha il signi…cato di termine di sorgente.
1.3
1.3.1
L’equazione di di¤usione
Temperatura in un corpo tridimensionale
Si vuole studiare il fenomeno della di¤usione del calore in un corpo tridimensionale (sulle cui proprietà termiche cui faremo una serie di ipotesi sempli…catrici
che preciseremo). La funzione incognita è la temperatura u (x; y; z; t) nel punto
(x; y; z) di all’istante t.
Supponiamo che il corpo sia omogeneo e isotropo e possa ricevere calore
da una fonte esterna. Sia r (x; y; z; t) il tasso di calore per unità di massa fornita
al corpo in (x; y; z) all’istante t (se r > 0, si tratta di calore fornito; se r < 0 si
tratta di calore sottratto). Indichiamo con:
> 0 la densità volumica del corpo; la supponiamo costante;
cv > 0 il calore speci…co (a volume costante) del materiale; lo supponiamo
costante;
> 0 la conduttività termica del materiale; la supponiamo costante.
Utilizzando la legge di Fourier della conduzione del calore si dimostra allora
che u soddisfa l’equazione:
@u
=
@t
cv
u+
1
r:
cv
Per i passaggi della deduzione si veda [SVZZ, pp.62-3].
Indicando con D = cv il coe¢ ciente di di¤usione, che rappresenta la risposta
termica del sistema, e con f (x; y; z; t) = c1v r (x; y; z; t) il termine di sorgente,
l’equazione si riscrive:
ut D u = f
ossia
@u
@t
D
@2u @2u @2u
+ 2 + 2
@x2
@y
@z
= f (x; y; z; t) :
Questa, una delle più importanti equazioni di evoluzione della …sica matematica (l’equazione di Poisson era invece un’equazione stazionaria), è detta equazione
di di¤ usione (o equazione del calore).
14
Il segno
nell’equazione ut D u è molto importante. Nella deduzione
…sica del modello, esprime il fatto che il calore passa dal corpo più caldo a
quello più freddo. Cambiare il segno equivale a cambiare il verso in cui scorre
il tempo. Difatti l’equazione ut + D u = f prende il nome di equazione del
calore retrograda (o backward, o all’indietro).
Accenniamo solo al fatto che se il corpo fosse non omogeneo (ma ancora
isotropo), l’equazione assumerebbe la forma più generale
1
@u
= div (Dru) + r
@t
cv
dove ora D = D (x; y; z; t) sarebbe una funzione (non costante).
1.3.2
Termine convettivo
Se il corpo invece di essere un solido è un ‡uido, è possibile che la temperatura
cambi da punto a punto non solo per di¤usione ma anche per convezione, cioè
per movimento di ‡uido che trasporta materia calda. In questo caso, detta
v (x; y; z; t) la velocità del ‡uido nel punto (x; y; z) all’istante t, l’equazione va
corretta con l’aggiunta del termine convettivo, o di trasporto, così:
ut
D u + div (vu) = f
che, se in particolare v è costante, si sempli…ca a:
ut
1.3.3
D u + v ru = f:
Temperatura in un corpo mono- o bi- dimensionale
L’equazione di di¤usione è stata dedotta per un corpo tridimensionale. Se si
vuole modellizzare la di¤usione del calore in una piastra o in una sbarra (oggetti
approssimativamente bi- o mono- dimensionali), si può considerare l’equazione
di di¤usione in due o una variabile, cioè
ut
D
@2u @2u
+ 2
@x2
@y
=f
o
ut
Duxx = f:
In questi due casi il modello richiede però un’altra ipotesi …sica: il fatto che
il corpo (oltre alle eventuali sorgenti di calore descritte dal termine f ) scambi
calore con l’esterno solo dai suoi bordi: nel caso della piastra, solo dal contorno
della piastra, ma non dalla sua super…cie superiore e inferiore; nel caso della
sbarra, solo dagli estremi ma non dalla super…cie laterale della sbarra (cioè dall’interno del segmento). In altri termini, che il corpo sia “lateralmente isolato”.
Quando quest’ipotesi non è veri…cata, e il corpo scambia calore lateralmente con
15
l’esterno per conduzione, l’equazione va corretta con l’aggiunta di un termine,
del tipo (nel caso unidimensionale):
ut
Duxx + u = f
con > 0 costante, intendendo che il l’ambiente circostante sia a temperatura
T = 0.
1.3.4
Concentrazione di una sostanza in soluzione - densità di popolazione
Consideriamo un problema …sico diverso, che come vedremo è matematicamente
analogo al precedente. Sia u (x; y; z; t) la concentrazione volumica di una certa
sostanza disciolta in una soluzione, nel punto (x; y; z) di una certa regione dello
spazio, all’istante t; questa funzione è ora la nostra incognita. Supponiamo che
l’ambiente in cui la sostanza si di¤onde sia omogeneo e isotropo. Supponiamo
che nel punto (x; y; z) all’istante t sia fornita una quantità f (x; y; z; t) di quella
sostanza per unità di massa (al solito, fornita o sottratta a seconda del segno di
f ). Il ‡usso, questa volta non di calore ma di materia, della sostanza disciolta, è
proporzionale (e di verso opposto) al gradiente della concentrazione: la sostanza
disciolta tende a di¤ondersi in dai punti in cui è più concentrata ai punti in
cui lo è meno, esattamente come la temperatura passa dalle regioni più calde
a quelle più fredde. Ripetendo la deduzione di prima si trova ancora che u
soddisfa l’equazione di di¤usione
ut
D u=f
dove la costante D avrà ora un signi…cato …sico diverso, ma analogo.
Invece che essere la concentrazione di una sostanza chimica, la u potrebbe
rappresentare anche la densità di una popolazione animale in un certo ambiente
(naturalmente, sotto ipotesi molto sempli…cate riguardo al comportamento).
Il modello descrive il fenomeno della di¤usione di una popolazione che tende
ad allontanarsi dalle zone sovra¤ollate, mentre il termine di sorgente descrive
nascite e morti.
1.3.5
Termini di trasporto e di reazione
Oltre alla di¤usione della sostanza disciolta dovuta al gradiente di concentrazione, la materia potrebbe muoversi (e quindi u variare) anche perché il
‡uido che occupa la regione si muove. Si ha cioè un fenomeno di trasporto,
oltre che di di¤usione (analogamente al fenomeno convettivo nella di¤usione del
calore). Se il ‡uido ha una velocità v (x; y; z; t) l’equazione diventa
ut
D u
div (vu) = f
ut
D u
v ru = f:
e, se v è costante,
16
Il termine v ru è detto termine di trasporto, o deriva, o drift. Nel caso
unidimensionale si ha:
ut Duxx vux = f
(con v di segno qualsiasi).
E’anche possibile che ci sia un fenomeno chimico di reazione (o un fenomeno
biologico di decomposizione) che consuma, fa decadere parte della sostanza,
portando a una diminuzione della sua concentrazione. Questo si descrive invece
con l’aggiunta del termine di reazione:
ut
D u+ u=f
con
> 0, costante nei casi semplici.
Osserviamo esplicitamente che se il fenomeno della di¤usione è assente o
trascurabile rispetto a quello di trasporto o di reazione, otteniamo l’equazione
di trasporto puro, del prim’ordine
ut
vux = f
o l’equazione di decadimento, del prim’ordine
ut + u = f:
Quest’ultima è un’equazione di¤erenziale ordinaria. Se f = 0 la soluzione è
u (t) = ce t ! 0 per t ! 1.
1.3.6
Equazione di di¤usione in stato stazionario
Vale la pena notare esplicitamente, in…ne, che se nel fenomeno di di¤usione del
calore un corpo raggiunge una situazione di equilibrio termico (cioè a un certo
punto la u non varia più al variare del tempo -ma naturalmente può variare da
punto a punto-) la funzione temperatura (essendo ut 0) soddisferà l’equazione
stazionaria
D u=f
cioè ancora l’equazione di Poisson (in questo caso dovrà essere anche f indipendente dal tempo). Lo stesso vale per la concentrazione di una sostanza o
la densità di una popolazione in situazione di equilibrio. Si vede quindi come
l’equazione di Poisson (o quella di Laplace u = 0 nel caso di assenza di sorgenti) abbiano anche ulteriori applicazioni, oltre a quella di essere l’equazione del
potenziale newtoniano. Potranno poi essere anche presenti termini di trasporto
e / o di reazione, il che porta all’importanza di studiare equazioni stazionarie
del tipo
D u vux + u = f:
17
1.4
1.4.1
Equazione delle onde
Equazione della corda vibrante
L’equazione della corda vibrante è solo il più semplice esempio di equazione
delle onde. I fenomeni ondosi (o vibratori) possono essere molto vari e complessi, e conseguentemente sono approssimativamente descritti da una varietà
di equazioni di¤erenziali. Consideriamo il modello più semplice, non solo per
motivi dimensionali (a vibrare è una corda, oggetto di dimensione 1, e non
un oggetto bi- o tri- dimensionale), ma anche per le ipotesi sempli…catrici che
facciamo.
Si vuole descrivere il fenomeno delle piccole vibrazioni trasversali di una
corda tesa (come una corda di violino o di chitarra). La funzione incognita è
u (x; t), e ha il seguente signi…cato: se la corda a riposo si trova sull’asse x, e la
vibrazione avviene nel piano xz, u (x; t) è la quota z a cui si trova, all’istante
t, il punto della corda che, a riposo, si trova nel punto (x; 0). Stiamo quindi
supponendo che ogni punto della corda vibri solo in verticale.
Le altre ipotesi che facciamo sono sono:
Le vibrazioni sono di piccola ampiezza (jux (x; t)j
1);
la corda è perfettamente ‡essibile; dire che non o¤re resistenza alla ‡essione
signi…ca che la forza di tensione si può considerare tangente alla corda in ogni
punto;
l’attrito è trascurabile (vedremo poi come si modi…ca il modello rimuovendo
quest’ipotesi).
Supponiamo che sulla corda agisca, dall’esterno, una forza verticale (come
il peso) che agisca sul punto x all’istante t con un’intensità per unità di massa
f (x; t).
Indichiamo con 0 (x) la funzione densità lineare della corda in posizione
di equilibrio e con 0 (t) la componente orizzontale della tensione della corda
all’istante t. Allora (per la deduzione si veda [SVZZ, p.209-210]) si ottiene:
utt (x; t)
(t)
uxx (x; t) = f (x; t) :
0 (x)
0
Se la corda è omogenea, 0 (x) è costante. Se è perfettamente elastica, 0 (t)
è costante (perché è uguale alla tensione a riposo). In questo caso il coe¢ ciente
2
0 = è una costante positiva, che si usa indicare con c (c ha le dimensioni di
velocità):
utt c2 uxx = f
equazione della corda vibrante.
Nel caso si consideri anche l’attrito che la corda subisce nel vibrare (ad opera
del mezzo in cui vibra), si deve aggiungere un termine di dissipazione esogena:
utt
c2 uxx + kut = f
con k > 0. (v. [SVZZ p.217] per la deduzione).
18
1.4.2
Equazione della membrana vibrante
Consideriamo le piccole vibrazioni di una membrana omogenea e isotropa. La
funzione incognita è u (x; y; t) che indica la quota, all’istante t, del punto che
a riposo si trova in (x; y; 0). Si dimostra allora che u soddisfa l’equazione delle
onde in due variabili spaziali:
c2
utt
@2u @2u
+ 2
@x2
@y
= 0:
Per la deduzione, v. [Pe, pp.175-177]5 .
Se poi la membrana è soggetta a una forza verticale di carico per unità di
massa di intensità f (x; y; t), otterremo l’equazione
utt
1.4.3
@2u @2u
+ 2
@x2
@y
c2
= f (x; y; t) :
Membrana elastica in equilibrio ed equazione di Poisson
Supponiamo che la membrana elastica sia in equilibrio (non vibri): ad esempio,
sia soggetta ad una forza indipendente dal tempo e sia …ssata al bordo, in
modo tale da disporsi in una con…gurazione di equilibrio. Il precedente modello
è ancora valido, immaginando ora semplicemente che u sia indipendente dal
tempo. Quindi risulterà:
c2
@2u @2u
+ 2
@x2
@y
= f (x; y)
ossia u risolve un’equazione di Poisson in 2 variabili. Ecco quindi un altro
signi…cato ancora dell’equazione di Poisson.
1.4.4
Onde sonore nei gas
Le onde sonore in un gas isotropo sono perturbazioni di piccola ampiezza nella
pressione e nella densità del gas.
Sia (x; y; z; t) la densità (variabile) del gas e 0 (costante) la sua densità in
quiete. De…niamo la grandezza s detta condensazione, data da
s (x; y; z; t) =
(x; y; z; t)
0
0
(scostamento relativo della densità dall’equilibrio; come si vede dalla de…nizione,
è una grandezza adimensionale). Si dimostra che s soddisfa l’equazione delle
onde in 3 variabili spaziali:
stt c2 s = 0
(con
laplaciano in (x; y; z)). Per la deduzione matematica, v. [SVZZ
pp. 231-234].
5 Queste
pagine sono scaricabili dalla pagina web del corso.
19
1.4.5
Onde elettromagnetiche
Mostriamo che ogni componente del campo elettrico E e del campo magnetico
B, nel vuoto e in assenza di sorgenti, soddisfa l’equazione delle onde in 3 variabili
spaziali.
Partiamo dalle equazione di Maxwell che (nel vuoto e in assenza di sorgenti)
si scrivono:
r B=0
r E=0
@B
@t
1 @E
B= 2
c0 @t
r
E=
r
dove E; B sono il campo elettrico e il campo magnetico funzioni di (x; y; z) e
del tempo t, c0 è la velocità della luce nel vuoto, l’operatore r agisce sulle sole
variabili spaziali (x; y; z).
Applichiamo ad ambo i membri della terza equazione di Maxwell l’operatore
rotore. Si ha:
r
(r
@B
@t
E) = r
=
@
(r
@t
B) =
per la quarta equazione di Maxwell
@
@t
=
1 @E
c20 @t
=
1 @2E
:
c20 @t2
Si noti che nel primo passaggio abbiamo scambiato l’operatore rotore con
@
l’operatore @t
(derivate rispetto a spazio e tempo commutano tra loro). Utilizziamo ora l’identità di¤erenziale (1.3):
r
(r
E) = r (r E)
E=
per la seconda equazione di Maxwell
=
E:
Quindi
E=
1 @2E
c20 @t2
che esplicitamente signi…ca:
@ 2 Ej
= c20 Ej
@t2
per j = 1; 2; 3;
ossia: ogni componente di E soddisfa l’equazione delle onde (omogenea) in 3
variabili spaziali.
20
Analogamente si dimostra l’equazione delle onde per le componenti del campo B: si applica l’operatore rotore ad ambo i membri della quarta equazione di
Maxwell e si ha
r
(r
1 @E
c20 @t
B) = r
=
1 @
(r
c20 @t
E) =
per la terza equazione di Maxwell
1 @
c20 @t
=
@B
@t
1 @2B
:
c20 @t2
=
D’altro canto ancora l’identità di¤erenziale (1.3) e, questa volta, la prima equazione
di Maxwell, danno:
r
(r
da cui
ossia
2
2.1
B) = r (r B)
B=
B
@2B
= c20 B
@t2
@ 2 Bj
= c20 Bj
@t2
per j = 1; 2; 3:
Generalità su equazioni e problemi ai limiti
per equazioni a derivate parziali
Equazioni lineari del second’ordine
Le equazioni alle derivate parziali di cui ci occuperemo nel seguito, ossia quelle
di cui abbiamo discusso nel §2 il signi…cato modellistico, condividono diverse
importanti proprietà:
-sono tutte del second’ordine (occasionalmente si possono ridurre a equazioni
del prim’ordine);
-sono tutte lineari;
-sono (quasi) tutte a coe¢ cienti costanti.
Per …ssare le idee, scriviamo nuovamente qualcuna di queste equazioni, a
titolo d’esempio:
uxx + uyy = f
(2.1)
(equazione di Poisson in 2 variabili spaziali);
ut
Duxx + bux
cu = f
(2.2)
(equazione di di¤usione in una variabile spaziale, con termini di trasporto e
reazione);
utt c2 uxx + but = f
(2.3)
(equazione della corda vibrante smorzata).
21
Facciamo qualche osservazione sulla linearità dell’operatore.
Dire che un’equazione alle derivate parziali è lineare signi…ca che ha la forma
Lu = f
dove u è la funzione incognita, f un termine noto (se è zero diciamo che l’equazione è omogenea) e L è un operatore di¤ erenziale lineare, ossia tale che, se
u1 ; u2 sono funzioni per cui Lu1 e Lu2 sono ben de…nite e se c1 ; c2 sono costanti,
L (c1 u1 + c2 u2 ) = c1 Lu1 + c2 Lu2 :
Il più generale operatore di¤erenziale lineare del second’ordine in n variabili6
si può scrivere così:
Lu (x) =
n
X
aij (x) uxi xj (x) +
i;j=1
n
X
bk (x) uxk (x) + c (x) u (x)
(2.4)
k=1
(con x 2 Rn ). Si dice parte principale dell’operatore l’insieme dei termini nelle
derivate seconde, cioè l’operatore
n
X
aij (x) uxi xj (x) ;
i;j=1
mentre
n
X
bk (x) uxk (x) + c (x) u (x)
k=1
si dicono termini di ordine inferiore.
Naturalmente occorre precisare uno spazio di funzioni su cui si considera
agire l’operatore L. Ad esempio, l’operatore L in (2.4), se i coe¢ cienti aij ; bk ; c
sono funzioni continue su un dominio
Rn , si può vedere come operatore
lineare tra i seguenti spazi vettoriali:
L : C2
! C0
:
Tra questi spazi, muniti delle rispettive norme, L risulta anche continuo, in
quanto
kLukC 0 ( )
n
X
aij uxi xj
i;j=1
0
@
n
X
i;j=1
+
C0( )
n
X
k=1
kaij kC 0 ( ) +
n
X
k=1
c kukC 2 ( ) :
kbk uxk kC 0 ( ) + kcukC 0 ( )
1
kbk kC 0 ( ) + kckC 0 ( ) A kukC 2 ( )
6 Si osservi il linguaggio: L è un operatore di¤erenziale lineare del second’ordine; Lu = f è
un’equazione di¤erenziale lineare del second’ordine.
22
La linearità dell’equazione ha una serie di conseguenze, che lo studente ha già
incontrato nel corso dell’algebra lineare e dello studio delle equazioni di¤erenziali
ordinarie. Per cominciare:
-la generica soluzione dell’equazione completa si può ottenere sommando la
generica soluzione dell’equazione omogenea e una particolare soluzione dell’equazione completa;
-la totalità delle soluzioni dell’equazione omogenea è uno spazio vettoriale
.
(nelle ipotesi fatte sopra, un sottospazio di C 2
Altre proprietà conseguenze della linearità saranno illustrate in seguito in
relazione alle condizioni al contorno.
2.2
Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche
Le equazioni a derivate parziali lineari del second’ordine possono presentare proprietà matematiche molto diverse le une dalle altre, coerentemente al signi…cato
…sico molto diverso che hanno le equazioni incontrate …n qui.
La proprietà matematica che discrimina queste situazioni è espressa dalla
seguente de…nizione.
De…nizione 2.1 (Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche) Sia
Lu (x) =
n
X
aij (x) uxi xj (x) +
i;j=1
n
X
bk (x) uxk (x) + c (x) u (x)
k=1
un’equazione alle derivate parziali, lineare del second’ordine de…nita per x 2
Rn , e consideriamo, per un certo x0 2 …ssato, la forma quadratica;
q : Rn ! R
n
X
q : h 7!
aij (x0 ) hi hj
i;j=1
(si può sempre supporre che la matrice aij sia simmetrica). Si dice che:
l’operatore L è ellittico (in x0 ) se la forma quadratica q è de…nita (positiva
o negativa);
l’operatore L è iperbolico (in x0 ) se la forma quadratica q è inde…nita;
l’operatore L è parabolico (in x0 ) se la forma quadratica q è semide…nita
(positiva o negativa).
Diremo che l’operatore L è ellittico, o iperbolico, o parabolico in se lo è in
ogni punto di :
Analoga terminologia si usa per l’equazione Lu = f , cioè: qualunque sia il
termine noto f , diremo che l’equazione è ellittica, parabolica, iperbolica (in un
punto o in un dominio), se lo è l’operatore L.
Osservazione 2.2 Se L in particolare è a coe¢ cienti costanti, l’operatore è
di uno stesso tipo in tutto Rn ; se l’operatore ha coe¢ cienti variabili, può anche
essere di tipo diverso in punti diversi dello spazio, come vedremo con gli esempi.
23
Si noti che la de…nizione di operatore ellittico, parabolico, iperbolico dipende
solo dalla parte principale dell’operatore di¤ erenziale, cioè dai termini nelle
derivate seconde7 .
Esempio 2.3 (a). L’operatore di Laplace in Rn ;
u=
n
X
uxi xi
i=1
ha forma quadratica
q (h) =
n
X
i=1
2
h2i = jhj ;
che è de…nita positiva. Perciò
è un operatore ellittico in Rn .
(b) Di conseguenza sono operatori ellittici in Rn anche gli operatori
Lu =
u+
n
X
bk (x) uxk + c (x) u
k=1
in quanto, come già osservato, il tipo di operatore dipende solo dalla parte
principale, cioè del second’ordine.
(c) L’operatore delle onde in n variabili spaziali (detto anche operatore di
D’Alembert o Dalembertiano e indicato con )
u = utt
c2 u
con
laplaciano in Rn ha forma quadratica (in Rn+1 ; chiamando xn+1 la
variabile t)
n
X
q (h) = h2n+1 c2
h2i
i=1
inde…nita, quindi è un operatore iperbolico in tutto Rn+1 .
(d) L’operatore del calore in n variabili spaziali
Hu = ut
D u
(con D > 0 e
laplaciano in Rn ) ha forma quadratica (in Rn+1 ; chiamando
xn+1 la variabile t)
n
X
q (h) = D
h2i
i=1
n+1
semide…nita negativa in R
(si ricordi che la forma quadratica q “non si accorge” dai termini del prim’ordine, in questo caso di ut ), quindi H è parabolico.
(e) L’operatore di Tricomi in R2
T u = yuxx + uyy
7 Ma su questo preciseremo qualcosa più avanti per quanto riguarda le equazioni
paraboliche.
24
è ellittico nel semipiano y > 0, iperbolico nel semipiano y < 0, parabolico sulla
retta y = 0. Ecco un esempio signi…cativo di operatore che cambia tipo da punto
a punto (si dice “operatore di tipo misto”).8
Osservazione 2.4 Con riferimento all’esempio (d), osserviamo che solitamente
si riserva il nome di operatore parabolico, in n + 1 variabili, a un operatore che
si possa scrivere nella forma:
uxn+1 + Eu
con E operatore ellittico nelle prime n variabili. In altre parole, la forma
quadratica è semide…nita in Rn+1 ma è de…nita in Rn , e l’operatore di¤ erenziale
contiene la derivata prima nella variabile che manca nella parte del second’ordine.
L’operatore di Laplace è il prototipo di operatore ellittico; questi operatori dal punto di vista …sico si possono vedere come operatori stazionari che
esprimono, tipicamente, lo stato di un sistema …sico in equilibrio, in qualche
senso.
L’operatore del calore è il prototipo di operatore parabolico; gli operatori parabolici9 dal punto di vista …sico si possono vedere come operatori di
evoluzione che esprimono, tipicamente, un fenomeno di di¤usuione (eventualmente accompagnato da fenomeni di trasporto e / o reazione).
L’operatore delle onde è il prototipo di operatore iperbolico; sono operatori
iperbolici quegli operatori d’evoluzione che, dal punto di vista …sico, esprimono
un fenomeno ondulatorio o vibratorio.
2.3
Condizioni al contorno
Ogni modello di¤erenziale che traduce un problema …sico speci…co, normalmente
a¢ anca all’equazione alle derivate parziali che esprime le leggi …siche che governano il sistema anche certe condizioni, inziali o al contorno, che contengono
dati del problema, ma esprimono anche certe ipotesi sul sistema stesso. Non
è mai l’equazione a derivate parziali da sola a determinare un’unica soluzione;
piuttosto possiamo sperare che una e una sola soluzione esista per il problema
costituito da equazione + condizioni.
Che tipo di condizioni si possono a¢ ancare a una certa equazione di¤erenziale? Questo dipende naturalmente dal signi…cato …sico del problema ma, come
al solito, la matematica aiuta a mettere ordine nella casistica: a un certo tipo
di equazione (ellittica, parabolica, iperbolica) corrispondono certi tipi naturali
di condizioni. Facciamo una prima panoramica su questi tipi di condizioni, che
ritroveremo poi caso per caso studiando nel seguito i vari problemi.
8 Quest’equazione è stata studiata, per primo, da Tricomi nel 1923, e interviene nello studio
dei ‡uidi transonici. Nello studio dell’aerodinamica, la regione ellittica corrisponde ad un ‡usso
subsonico, la regione parabolica alla barriera del suono e la regione iperbolica alla propagazione
supersonica delle onde di shocks.
9 o più precisamente, quelli che soddisfano le ipotesi descritte nell’Osservazione precedente.
25
2.3.1
Equazioni ellittiche. Problemi al contorno
Consideriamo, come esempio di equazione ellittica, l’equazione di Poisson in R3 :
u
uxx + uyy + uzz = f in
R3 .
Immaginiamo di studiare il campo elettrostatico in una certa regione dello
spazio in cui sono posti alcuni corpi conduttori, su ciascuno dei quali è posta una
certa distribuzione di carica; inoltre nello spazio è assegnata una distribuzione
volumica di carica. Se
è la regione dello spazio tra i conduttori, possiamo
immaginare che sia noto il potenziale elettrostatico sulla super…cie di ciascun
conduttore (cioè sul bordo di ), e a partire da questo e dalla distribuzione di
carica f nello spazio vogliamo determinare il potenziale in tutto la regione :
Siamo così condotti al problema:
u = f in
u = g su @ :
(2.5)
Oppure, supponiamo che u sia la temperatura di un corpo tridimensionale
, omogeneo, sogggetto a sorgenti di calore interno (ad es. per irraggiamento)
espresse dal termine di sorgente f , nell’ipotesi che il sistema abbia raggiunto
uno stato di equilibrio termico, ossia che la temperatura non cambi più nel
tempo (stato stazionario). Possiamo pensare di misurare la temperatura di u
sul bordo di (o anche di imporre una determinata temperatura sul bordo di
, termostatandolo), e a partire da queste informazioni possiamo pensare che
risulti determinata la temperatura in tutto il corpo. La u soddisferà ancora un
problema (2.5). Più in generale:
De…nizione 2.5 Si dice problema di Dirichlet per un’equazione Lu = f in
Rn un problema del tipo
Lu = f in
u = g su @ :
(2.6)
con g dato al bordo assegnato. Se g = 0 si dice problema di Dirichlet omogeneo.
Il problema di Dirichlet ha senso quando
ha un bordo, quando cioè l’equazione non si studia sullo spazio intero. In quest’ultimo caso, l’analogo del
problema di Dirichlet consiste nell’imporre che u soddis… una certa condizione
all’in…nito, ad esempio:
u = f in R3
u (x) ! 0 per x ! 1:
Torniamo all’interpretazione di u = f come equazione di di¤usione del
calore in stato stazionario. Invece di imporre una certa temperatura al bordo,
potremmo sapere che il corpo è termicamente isolato al contorno, cioè che non
c’è ‡usso di calore al bordo. Poiché la densità di ‡usso di calore è proporzionale
26
al gradiente della temperatura, l’assenza di ‡usso attraverso il bordo di
descrive con l’annullarsi della derivata di u nella direzione normale:
si
u = f in
= 0 su @
@u
@
dove
@u
= ru e ,
@
si dice derivata normale, e e è il versore normale uscente dalla super…cie. Più
in generale potremmo assegnare il ‡usso di calore (diverso da zero) uscente dalla
super…cie, imponendo:
u = f in
@u
@ = g su @ :
Il ‡usso sarà punto per punto uscente o entrante a seconda che sia g < 0 o
g > 0. (Ricordare che il gradiente della temperatura ha verso opposto al ‡usso
di calore).
De…nizione 2.6 Si dice problema di Neumann per un’equazione Lu = f in
Rn un problema del tipo
Lu = f in
@u
@ = g su @ :
(2.7)
con g dato al bordo assegnato. Se g = 0 si dice problema di Neumann omogeneo.
Continuando l’esempio della di¤usione del calore, un corpo potrebbe essere
lasciato libero di scambiare calore con l’ambiente esterno: in questo caso il
‡usso di calore sarà proporzionale al salto di temperatura, ossia, supponendo
che l’ambiente esterno abbia costante u0 , varrà
@u
= k (u0
@
u)
con k > 0 (costante o variabile da punto a punto). L’equazione esprime il fatto
che c’è un ‡usso di calore entrante (quindi @u
@ > 0) se l’ambiente esterno è più
caldo del corpo, cioè se u0 > u. In generale:
De…nizione 2.7 Si dice problema di Robin per un’equazione Lu = f in un
problema del tipo
Lu = f in
(2.8)
@u
@ + ku = g su @ :
con g dato al bordo assegnato, k > 0. Se g = 0 si dice problema di Robin
omogeneo.
In…ne:
27
De…nizione 2.8 Si dice problema misto per un’equazione Lu = f in
problema del tipo
8
< Lu = f in
u = g su 1
: @u
2
@ = h su
dove @
=
1
[
2;
1
\
2
un
= ?, con f; g assegnate.
In altre parole, un problema misto è un problema in cui si assegna una
condizione di tipo Dirichlet su una parte del bordo del dominio, e una condizione
di tipo Neumann su un’altra parte del bordo del dominio.
2.3.2
Equazioni paraboliche. Problemi al contorno e ai valori iniziali
Consideriamo, come esempio di equazione parabolica, l’equazione del calore in
R3 :
ut (t; x) D u (t; x)
ut D (uxx + uyy + uzz ) = f (t; x) per x 2
R3 ; t > 0:
Supponiamo quindi che u sia la temperatura di un corpo tridimensionale
, omogeneo, sogggetto a sorgenti di calore interno espresse dal termine di
sorgente f , eventualmente dipendente anche dal tempo, e ora non supponiamo
che il sistema abbia già raggiunto l’equilibrio (come nel caso dell’equazione di
Poisson). Come nel caso stazionario, possiamo pensare di imporre (o misurare)
la temperatura al bordo del dominio, oppure di imporre (o misurare) un certo
‡usso termico attraverso il bordo del dominio. In ogni caso, trattandosi di un
problema di evoluzione, per determinare la temperatura a qualunque istante
t > 0 dovremo anche conoscere la temperatura iniziale. Problemi sensati sono
quindi i seguenti:
De…nizione 2.9 Si dice problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione ut
Lu = f (con L operatore ellittico in
Rn ; del tipo L = D +termini di
ordine inferiore) in un dominio
ft > 0g un problema del tipo
8
< ut Lu = f per x 2 ; t > 0
u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
(2.9)
:
u (0; x) = h (x) per x 2 :
con g dato al bordo assegnato, h condizione iniziale assegnata. Se g = 0 o h = 0
si dice problema di Cauchy-Dirichlet con condizioni di Dirichlet (o di Cauchy,
rispettivamente) omogenee.
De…nizione 2.10 Si dice problema di Cauchy-Neumann per un’equazione ut
Lu = f (con L operatore ellittico in
Rn , del tipo L = D +termini di ordine
inferiore in x) in un dominio
ft > 0g un problema del tipo
8
< ut Lu = f per x 2 ; t > 0
@u
(2.10)
(t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
: @
u (0; x) = h (x) per x 2 :
28
con g dato al bordo assegnato, h condizione iniziale assegnata. Se g = 0 o h = 0
si dice problema di Cauchy-Neumann con condizioni di Neumann (o di Cauchy,
rispettivamente) omogenee.
Analogamente si può de…nire un problema di Cauchy-Robin o un problema
di Cauchy con condizioni miste di Dirichlet-Neumann.
Qualche osservazione.
Se per la natura del problema la regione spaziale è tutto lo spazio, si può
studiare il problema di Cauchy:
ut Lu = f per x 2 Rn ; t > 0
u (0; x) = h (x) per x 2 Rn :
In tutti i problemi precedenti, l’intervallo t > 0 può essere sostituito dall’intervallo t 2 (0; T ) : Un dominio di Rn+1 del tipo
(0; 1) o
(0; T ) si dice
dominio cilindrico.
Si noti che in un problema di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann su un
cilindro QT =
(0; T ), complessivamente i dati sono assegnati sull’insieme
f(x; 0) : x 2
g [ f(x; t) : x 2 @ ; t 2 [0; T ]g :
Questo insieme prende il nome di frontiera parabolica del cilindro QT , e talvolta indicato con @P QT . Si noti che la frontiera parabolica del cilindro è una
parte della frontiera del cilindro, precisamente è la sua frontiera privata del
“coperchio” del cilindro f(x; T ) : x 2 g :
2.3.3
Equazioni iperboliche. Problemi al contorno e ai valori iniziali
Consideriamo, come esempio di equazione iperbolica, l’equazione delle onde in
due variabili spaziali:
utt
c2 u = utt
c2 (uxx + uyy ) = f in
R2
che, come già discusso, si può vedere come l’equazione della membrana vibrante
(per piccole vibrazioni). Fissare la membrana al contorno signi…ca imporre il
valore di u, quindi una condizione di Dirichlet. Per determinare il moto della
membrana dovremo conoscere però anche le condizioni iniziali, ossia la posizione
e la velocità della membrana (trattandosi di un’equazione del second’ordine in
t, a di¤erenza dell’equazione del calore). Quindi:
De…nizione 2.11 Si dice problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione iperbolica utt Lu = f (con L operatore del tipo L = c2 +termini di ordine
inferiore in x e t; per x 2
Rn ; t > 0) un problema del tipo
8
utt Lu = f per x 2 ; t > 0
>
>
<
u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
(2.11)
u (0; x) = u0 (x) per x 2
>
>
:
ut (0; x) = v0 (x) per x 2
29
con g dato al bordo assegnato, u0 ; v0 condizioni iniziali assegnata. Se g = 0
oppure (u0 = 0 e v0 = 0) si dice problema di Cauchy-Dirichlet con condizioni
di Dirichlet (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee.
Una condizione al contorno del tipo @u
@ = 0, nel modello della membrana
vibrante (o, più realisticamente, nel modello della corda vibrante, in una sola
variabile spaziale) ha il signi…cato di richiedere che la membrana al bordo sia
…ssata in modo da poter scorrere verticalmente senza attrito su una guida.
Diamo comunque una de…nizione generale:
De…nizione 2.12 Si dice problema di Cauchy-Neumann per un’equazione iperbolica utt Lu = f (con L operatore del tipo L = c2 +termini di ordine inferiore
in x e t; per x 2
Rn ; t > 0) un problema del tipo
8
>
> u@utt Lu = f per x 2 ; t > 0
<
@ (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
(2.12)
u
(0; x) = u0 (x) per x 2
>
>
:
ut (0; x) = v0 (x) per x 2
con g dato al bordo assegnato, u0 ; v0 condizioni iniziali assegnata. Se g = 0
oppure (u0 = 0 e v0 = 0) si dice problema di Cauchy-Neumann con condizioni
di Neumann (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee.
Come per il problema parabolico, se per la natura del problema la regione
spaziale è tutto lo spazio, si può studiare anche il problema di Cauchy puro:
8
< ut Lu = f per x 2 Rn ; t > 0
u (0; x) = u0 (x) per x 2 Rn
:
ut (0; x) = v0 (x) per x 2 Rn
Ancora, in tutti i problemi precedenti, l’intervallo t > 0 può essere sostituito
dall’intervallo t 2 (0; T ) :
2.4
Principio di sovrapposizione
Osserviamo ora che tutte le condizioni al contorno e ai valori iniziali che abbiamo descritto nel paragrafo precedente sono anch’esse di tipo lineare. Questo
signi…ca che ciascuna condizione (di Cauchy, Dirichlet, Neumann...) è espressa
da un’equazione del tipo
Bu = f
con u funzione incognita, f dato assegnato, B operatore lineare tra opportuni
spazi di funzioni. Ad esempio, il problema (2.11), si può scrivere astrattamente
in questa forma
8
Lu = f per x 2 ; t > 0
>
>
<
B1 u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
B2 u (0; x) = u0 (x) per x 2
>
>
:
B3 u (0; x) = v0 (x) per x 2
30
dove, se la funzione incognita si cerca nello spazio
X = C2 (
(0; 1)) \ C 0
[0; 1) \ C 1 (
[0; 1))
(ossia: chiediamo due derivate continue all’interno del dominio, dov’è soddisfatta la condizione; chiediamo che la u sia continua …no al bordo del dominio
spaziale, per assumere il dato al bordo di Dirichlet, e chiediamo che sia C 1 …no
a t = 0 per poter assumere il dato di Cauchy) avremo:
L : X ! C0 (
L : u 7! utt
Lu
B1 : X ! C 0 (@
B1 : u 7! u=@
(0; 1))
[0; 1))
B2 : X ! C 1 ( )
B2 : u 7! u (0; )
B3 : X ! C 0 ( )
B3 : u 7! ut (0; )
dove L; B1 ; B2 ; B3 sono operatori lineari tra gli spazi vettoriali indicati10 . Questo
ha un’utile conseguenza, che prende il nome di principio di sovrapposizione. Invece di darne subito un’enunciazione astratta, lo spieghiamo prima sull’esempio
precedente.
Esempio 2.13 Supponiamo di voler risolvere il problema
8
Lu = f
per x 2 ; t > 0
>
>
<
B1 u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
(P ) :
B2 u (0; x) = u0 (x) per x 2
>
>
:
B3 u (0; x) = v0 (x) per x 2 :
Consideriamo i 4 problemi, simili ma più semplici (ognuno ha 3 dati nulli
su 4):
8
Lu1 = f
per x 2 ; t > 0
>
>
<
B1 u1 (t; x) = 0 per x 2 @ ; t > 0
(P 1) :
B2 u1 (0; x) = 0 per x 2
>
>
:
B3 u1 (0; x) = 0 per x 2 :
8
per x 2 ; t > 0
>
> Lu2 = 0
<
B1 u2 (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0
(P 2) :
B2 u2 (0; x) = 0
per x 2
>
>
:
B3 u2 (0; x) = 0
per x 2 :
1 0 Sono anche operatori lineari continui, come lo studente può facilmente controllare; tuttavia
in questo momento l’informazione che ci interessa è solo la linearità.
31
8
Lu3 = 0
>
>
<
B1 u3 (t; x) = 0
(P 3) :
B2 u3 (0; x) = u0 (x)
>
>
:
B3 u3 (0; x) = 0
8
Lu4 = 0
>
>
<
B1 u4 (t; x) = 0
(P 4) :
B2 u4 (0; x) = 0
>
>
:
B3 u4 (0; x) = v0 (x)
per
per
per
per
x 2 ;t > 0
x 2 @ ;t > 0
x2
x2 :
per
per
per
per
x 2 ;t > 0
x 2 @ ;t > 0
x2
x2 :
Supponiamo che u1 ; u2 ; u3 ; u4 siano rispettivamente soluzioni di (P 1), (P 2),
(P 3), (P 4) : Allora u = u1 + u2 + u3 + u4 è soluzione di (P ). Questo fatto è
un’ovvia conseguenza della linearità di tutti gli operatori coinvolti.
L’a¤ermazione appena fatta sull’esempio speci…co costituisce appunto il principio di sovrapposizione (che vale per un problema del tipo di cui stiamo parlando, ossia per un’equazione linerare, con condizioni iniziali e al contorno
lineari):
La soluzione di un problema avente più dati non nulli (intendendo per “dati”
sia il termine noto dell’equazione che le condizioni iniziali e il dato al bordo) si
può ottenere per sovrapposizione delle soluzioni di più problemi, ciascuno avente
un solo dato non nullo.
Questo è utile sia dal punto di vista pratico (spezzare la soluzione di un
problema complesso nella soluzione di più sottoproblemi semplici) sia dal punto
di vista teorico (spezzare la dimostrazione di teoremi di esistenza per la soluzione
di un problema in sottoteoremi più semplici).
A volte, inoltre, la soluzione di qualcuno dei sottoproblemi più semplici si
può indovinare facilmente:
Esempio 2.14 Si vuole risolvere:
u = f in
u = 1 su @ :
La soluzione si può ottenere nella forma u = u1 + u2 dove
u1 = f in
u1 = 0 su @
(2.13)
u2 = 0 in
u2 = 1 su @ :
Ma la soluzione di quest’ultimo problema è u2 1 (la funzione costante = 1 ha
laplaciano nullo e soddisfa la condizione al contorno 1), quindi u (x) = u1 (x) +
1; con u1 soluzione del problema di Dirichlet omogeneo (2.13). Questo è il
sottoproblema interessante da risolvere, mentre il secondo era banale.
32
2.5
Problemi ben posti
Discutendo i tipi di problemi iniziali e al contorno ci siamo appellati soprattutto
al signi…cato …sico dei problemi. Dal punto di vista matematico, può restare la
domanda se questi problemi siano formulati in modo tale che sia ragionevole poi
poter ottenere una soluzione, e una sola. Perché, ad esempio, per l’equazione
della corda vibrante dobbiamo prescrivere sia il valore iniziale di u che il valore iniziale di ut mentre per l’equazione del calore prescriviamo solo il valore
di u? Non sarà “chiedere troppo” la prima richiesta (e così magari cade l’esistenza di soluzione), oppure “chiedere troppo poco”la seconda (e così magari
cade l’unicità)? Come accennato, quale sia il tipo giusto di condizioni al contorno dipende dalle proprietà matematiche di un’equazione. C’è poi un’altra
questione importante. Ci piacerebbe che, assegnati i dati in certi spazi di funzioni, non solo la soluzione corrispondente esistesse e fosse unica, ma variasse
di poco se qualcuno dei dati varia di poco (“dipendenza continua dai dati”).
Infatti nelle applicazioni …siche i dati sono sempre conosciuti con una certa approssimazione, quindi se non sappiamo che un piccolo errore nei dati porta un
piccolo errore nella soluzione, questo rende di scarso interesse pratico il calcolo della soluzione. Quest’insieme di “proprietà desiderabili” per un problema
di¤erenziale è sintetizzato in una de…nizione ben precisa:
De…nizione 2.15 (Problema ben posto) Si dice che un problema
8
Lu = f
>
>
<
B1 u = g1
:::
>
>
:
Bk u = gk
(2.14)
(dove L è l’operatore di¤ erenziale, f il termine noto, g1 ; :::; gk i dati iniziali e /
o al bordo) è ben posto quando sono de…niti: uno spazio vettoriale normato S in
cui cerchiamo la soluzione, spazi vettoriali D0 ; D1 ; D2 ; :::; Dk in cui assegnamo,
rispettivamente, il termine noto f e i dati g1 ; :::; gk , e si ha che:
1. Per ogni scelta di f 2 D0 ; g1 2 D1 ; :::; gk 2 Dk esiste u 2 S soluzione del
problema;
2. tale soluzione è unica;
3. tale soluzione dipende con continuità dai dati, il che signi…ca che l’operatore lineare che ai dati associa la soluzione è continuo, ossia esiste una costante
c > 0 tale che per ogni scelta di f 2 D0 ; g1 2 D1 ; :::; gk 2 Dk la soluzione
corrispondente u soddisfa:
kukS
c kf kD0 + kg1 kD1 + ::: + kgk kDk :
Notiamo che l’ultima disuguaglianza, normalmente detta “stima a priori sulla soluzione” o “stima di stabilità” garantisce e¤ettivamente che un piccolo errore sui dati porti un piccolo errore sulla soluzione, per la linearità dell’operatore.
Supponiamo che u1 ; u2 siano, rispettivamente, le soluzioni dei problemi relativi
(1)
(1)
(2)
(2)
ai dati f (1) ; g1 ; :::; gk e f (2) ; g1 ; :::; gk : Allora per la linearità del problema
33
(1)
u1 u2 è soluzione del problema relativo ai dati f (1) f (2) ; g1
e per la stima di stabilità
ku1
u2 kS
c
f (1)
f (2)
(1)
D0
+ g1
(1)
(2)
g1
(2)
D1
(1)
g1 ; :::; gk
+ ::: + gk
(2)
gk
Dk
(2)
gk
:
Il secondo membro è piccolo se lo scarto tra i due insiemi di dati è piccolo
(piccolo errore nei dati), quindi sarà piccolo (o comunque controllato) il primo
membro, ossia l’errore nella soluzione.
Facciamo ora qualche osservazione in più sulla questione dell’unicità.
1. Dimostrare l’unicità della soluzione di un problema signi…ca dimostrare
che due eventuali soluzioni u1 ; u2 dello stesso problema devono coincidere. Ma
per la linearità del problema, se u1 ; u2 risolvono entrambe il problema (2.14), la
di¤erenza u = u1 u2 soddisferà l’analogo problema con dati omogenei, ossia:
8
Lu = 0
>
>
<
B1 u = 0
(2.15)
:::
>
>
:
Bk u = 0
Questo allora detta la strategia tipica per dimostrare l’unicità della soluzione:
si suppone che u risolva il corrispondente problema con termine noto e dati tutti
nulli, e si mostra che questa u necessariamente è la funzione identicamente nulla.
Lo faremo varie volte in seguito.
2. Un teorema di unicità ha una grande utilità pratica, contrariamente a
quanto si potrebbe credere. Nel risolvere un problema per equazioni a derivate
parziali, quasi mai si riesce, come per le equazioni di¤erenziali ordinarie, a determinare in un primo tempo l’integrale generale per poi imporre le condizioni.
Di solito si cerca a priori una soluzione di qualche forma speciale che: (a) è
più semplice, consentendo calcoli espliciti; (b) tiene già conto di qualcuna delle
condizioni, ad esempio l’annullarsi al bordo. Se procedendo così si arriva a
determinare una soluzione, come possiamo essere certi di non aver “perso per
strada” qualche altra soluzione? Dopo tutto il nostro procedimento risolutivo
non è stato sistematico, ma ha fatto a priori l’ipotesi che la soluzione si potesse
scrivere in un certo modo. Se ci fossero soluzioni di altro tipo? Ma se sappiamo che vale un teorema di unicità, sappiamo di non aver perso nulla: se (con
qualunque procedimento) abbiamo trovato una soluzione, certamente altre non
ce ne sono. Questa è un’informazione molto utile, quindi.
Solitamente noi procederemo così.
1. Prima si stabilisce, con la strategia detta, l’unicità per il problema. Questo
si saprà fare spesso sotto ipotesi piuttosto generali.
2. Poi a¤ronteremo il problema in situazioni speci…che: tipicamente, su
domini di forma piuttosto semplice ed esplicitamente noti, e con condizioni al
contorno o iniziali di tipo semplice. In queste condizioni, cercheremo di ottenere
34
esplicitamente una soluzione, con metodi di separazione delle variabili, serie di
Fourier, trasformate, funzioni speciali...
3. A partire dalla formula di rappresentazione esplicita ottenuta per la
soluzione, cercheremo di provare sotto quali ipotesi precise sui dati il risultato
ottenuto è valido; quindi il quadro di spazi funzionali sarà in parte precisato a
posteriori.
4. Sempre dalla formula di rappresentazione trovata, talvolta dedurremo
una stima di stabilità per la soluzione.
Riguardo al punto 2, notiamo che le tecniche di risoluzione esplicita di un
problema di¤erenziale in geometria semplice rappresentano la prima strada che
storicamente si è seguita. Naturalmente, quando il dominio
ha una forma
complicata (o non nota esplicitamente), o quando l’equazione contiene termini con coe¢ cienti variabili (generici), questo approccio esplicito non può essere
seguito. Sono stati messi a punto quindi strumenti teorici molto astratti e so…sticati per dimostrare ancora la buona posizione del problema, e poi per mettere
a punto strumenti di risoluzione numerica approssimata dei problemi stessi. In
questo corso però non ci occuperemo di questi aspetti, che richiederebbero un
investimento ben superiore nello studio di teorie astratte.
3
3.1
Metodo di separazione di variabili e sviluppi
di Fourier per problemi ai limiti
Richiami sulle serie di Fourier
In analisi 2 si sono studiati i primi elementi della teoria delle serie di Fourier.
Richiamiamo velocemente alcuni fatti noti, puntualizzando qualche aspetto che
in analisi 2 probabilmente non è stato toccato:
3.1.1
Serie di Fourier in L2
Dal punto di vista moderno, basato cioè sulla teoria della misura e dell’integrazione di Lebesgue (e che si può inquadrare in modo naturale nella teoria
degli spazi di Hilbert), la teoria delle serie di Fourier “funziona bene” nello
spazio L2 .
Sia f : [0; L] ! R, f 2 L2 (0; L) : Risultano allora ben de…niti (come integrali
di Lebesgue) i coe¢ cienti di Fourier di f ,
2
ak =
L
bk =
con ! =
2
L
2
L
Z
L
f (x) cos (k!x) dx per k = 0; 1; 2; 3; ::::
0
Z
L
f (x) sin (k!x) dx per k = 1; 2; 3; :::
0
.
35
Infatti, notiamo che se f 2 L2 (0; L), a maggior ragione f 2 L1 (0; L) e quindi
anche f (x) cos (k!x) e f (x) sin (k!x) sono integrabili, perciò i coe¢ cienti di
Fourier sono ben de…niti.
Vale il seguente
Teorema 3.1 Per ogni f 2 L2 (0; L) la serie di Fourier
1
a0 X
+
fak cos (k!x) + bk sin (k!x)g
2
k=1
converge a f in norma L2 (0; T ), il che signi…ca, esplicitamente, che detta
n
a0 X
+
fak cos (k!x) + bk sin (k!x)g
sn (x) =
2
k=1
la somma parziale n-esima della serie di Fourier di f , risulta
ksn
f kL2 (0;T ) ! 0 per n ! 1:
Valgono inoltre le seguenti proprietà:
1. Uguaglianza di Perceval:
(
)
1
L a20 X 2
2
2
+
ak + bk ;
kf kL2 (0;T ) =
2
2
k=1
2. Lemma di Riemann-Lebesgue:
ak ! 0 e bk ! 0 per k ! 1:
Rispetto a quanto lo studente ha probabilmente studiato in analisi 2, si noti
che la tesi del teorema vale per qualsiasi funzione L2 (0; T ), in particolare anche
per funzioni illimitate o così discontinue da risultare non integrabili secondo
Riemann.
Si osservi tuttavia che il teorema non dice nulla sull’eventuale convergenza
puntuale della serie di Fourier.
Per il calcolo e¤ettivo dei coe¢ cienti di Fourier, valgono le solite osservazioni
sulle eventuali simmetrie di f :
L L
se f :
2 ; 2 ! R è una funzione pari, allora bk = 0 per ogni k e
ak =
se f :
L L
2; 2
4
L
Z
L
2
f (x) cos (k!x) dx per k = 0; 1; 2; 3; ::::
0
! R è una funzione dispari, allora ak = 0 per ogni k e
bk =
4
L
Z
L
2
f (x) sin (k!x) dx per k = 1; 2; 3; ::::
0
36
3.1.2
Convergenza puntuale delle serie di Fourier e rapidità di convergenza a zero dei coe¢ cienti
Ricordiamo anzitutto il teorema di convergenza puntuale delle serie di Fourier
che lo studente ha probabilmente studiato in analisi 2.
De…nizione 3.2 Una funzione f : [0; L] ! R si dice regolare a tratti se f è
limitata in [0; L] e l’intervallo [0; L] si può suddividere in un numero …nito di
intervallini [ k ; k ] tali che:
f è derivabile in ( k ; k ) ed esistono …niti
lim f (x) e
x!
k+
lim f 0 (x) e
x!
lim f (x) ;
x!
k+
k
lim f 0 (x) :
x!
k
Ad esempio, la f può avere un certo numero di punti di discontinuità a salto
e di punti angolosi, ma non asintoti verticali né punti a tangente verticale. Si
noti che una funzione regolare a tratti è automaticamente limitata e Riemann
integrabile, a maggior ragione appartiene a L2 (0; L) :
Vale il
Teorema 3.3 (di convergenza puntuale delle serie di Fourier) Sia f : [0; L] !
R una funzione regolare a tratti. Allora la serie di Fourier di f converge
puntualmente per ogni x0 2 (0; L) alla somma
f x+
0 + f x0
;
2
mentre nei due estremi 0; L converge puntualmente a
f (0+ ) + f (L )
:
2
In particolare, la serie di Fourier converge puntualmente a f per ogni x 2
[0; L] se (oltre ad essere regolare a tratti) la funzione è continua in [0; L] e
soddisfa la condizione di raccordo f (0) = f (L).
Si osservi che le ultime due ipotesi (grazie alle quali la convergenza puntuale
è alla funzione f (x) in ogni punto) si possono sintetizzare dicendo che la periodizzata di f (cioè la funzione de…nita su tutto R, periodica di periodo L, che
coincide con f in [0; L]) è continua in R.
Un’altra informazione che ci sarà spesso utile è la conoscenza della velocità
con cui tendono a zero i coe¢ cienti di Fourier di f . L’idea è che più regolare
è f , più velocemente tendono a zero i suoi coe¢ cienti di Fourier. Occorre
prestare attenzione però al fatto che è importante in questo contesto la regolarità
della periodizzata di f , proprietà che richiede anche le opportune condizioni di
raccordo agli estremi dell’intervallo.
37
Per capire la situazione, consideriamo una funzione f 2 C 1 ([0; L]). Indichiamo con ak ; bk i coe¢ cienti di Fourier di f e con k ; k i coe¢ cienti di Fourier
di f 0 ; cerchiamo di esprimere k ; k in funzione di ak ; bk . Si ha (per k 1):
)
(
Z L
Z
2
2 L 0
L
f (x) sin (k!x) dx
f (x) cos (k!x) dx =
[f (x) cos (k!x)]0 + k!
k =
L 0
L
0
Z
2
2 L
= (f (L) f (0)) + k!
f (x) sin (k!x) dx:
L
L 0
Se supponiamo che f soddis… le condizioni di raccordo f (L) = f (0) otteniamo
la relazione semplice
k = k!bk :
Analogamente si trova
k
=
k!ak :
Notiamo anche la relazione
Z
2
2 L 0
f (x) dx = (f (L)
=
0
L 0
L
f (0)) = 0:
Possiamo sintetizzare queste relazioni nell’identità
j
kj
+j
kj
= k! (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3::::
(e
0 = 0)
Chiediamoci ora se questa relazione continua a valere chiedendo qualcosa
meno che f 2 C 1 ([0; L]). La dimostrazione è basata sulla formula di integrazione per parti.
Si può dimostrare facilmente la seguente
Proposizione 3.4 La formula di integrazione per parti
Z
Z
L
0
f g = f g (L)
f g (0)
0
L
f g0
0
vale se g 2 C 1 ([0; L]) e f soddisfa le ipotesi più deboli: f 2 C 0 ([0; L]) ; f
possiede derivata prima continua, ad eccezione di un numero …nito di punti in
cui comunque la derivata prima ha limiti destro e sinistro …niti.
In pratica, la g può anche avere un numero …nito di punti angolosi.
Dimostrazione. Proviamo la tesi supponendo che f 0 non esista in un unico
punto c 2 (0; L), con f 0 (c+ ) ; f 0 (c ) …niti, il discorso si estende a un numero
…nito qualsiasi di punti. Si ha:
Z
0
L
f 0g =
Z
c
f 0g +
0
Z
c
38
L
f 0 g:
Ora su ciascun intervallo [0; c] ; [c; L] la f è C 1 e si può integrare per parti, quindi
si ha:
Z L
Z c
Z L
f 0 g = (f g) (c) (f g) (0)
f g 0 + (f g) (L) (f g) (c)
f g0
0
0
= (f g) (L)
(f g) (0)
Z
c
L
f g0 :
0
Otteniamo così il seguente:
Teorema 3.5 (di convergenza totale) Sia f : [0; L] ! R una funzione:
a. continua in [0; L] e soddisfacente la condizione di raccordo f (0) = f (L);
b. derivabile e con derivata continua in [0; L], salvo al più un numero …nito
di punti di [0; L] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro e sinistro di
f 0.
Allora la serie
1
X
(jak j + jbk j)
k=1
converge, ossia la serie di Fourier di f converge totalmente, quindi assolutamente e uniformemente. Le ipotesi del teorema sono veri…cate in particolare se
f : R ! R è una funzione T -periodica e C 1 (R).
Dimostrazione. Nelle ipotesi del teorema vale la relazione
j
kj
+j
kj
= k! (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3::::
(3.1)
tra i coe¢ cienti di Fourier ak ; bk di f e i coe¢ cienti k ; k di f 0 . Inoltre, la
funzione f 0 è limitata e continua a tratti, perciò certamente L2 ; il che implica
per l’uguaglianza di Perceval che
1
X
2
k
2
k
+
k=1
<1
ossia, per le (3.1),
1
X
k=1
k 2 a2k + b2k < 1:
(3.2)
Possiamo allora scrivere (applicando la disuguaglianza di Swchartz per le serie)
1
X
k=1
jak j =
1
X
k=1
1
X
1
k jak j
k
k 2 a2k
k=1
!1=2
1
X
1
k2
k=1
e analogamente
1
X
k=1
jbk j
1
X
k=1
k 2 b2k
!1=2
39
1
X
1
k2
k=1
!1=2
:
!1=2
P1
Poiché k=1 k12 < 1; la (3.2) implica la tesi.
L’argomentazione precedente può essere ora iterata alle derivate successive.
Teorema 3.6 (Velocità di convergenza a zero dei coe¢ cienti) Sia f una
funzione tale che:
a. f 2 C s 1 (R) e L-periodica (cioè C s 1 ([0; L]) e soddisfacente la condizione di raccordo f (0) = f (L), f 0 (0) = f 0 (L),...,f (s 1) (0) = f (s 1) (L)).
b. f (s 1) è derivabile e con derivata continua in [0; L], salvo al più un
numero …nito di punti di [0; L] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro
e sinistro di f (s 1) .
(Queste ipotesi sono veri…cate in particolare se f 2 C s (R) e L-periodica,
o se f 2 C s ([0; L]) e soddisfa le condizioni raccordo su f; f 0 ; ::; f (s 1) , non
necessariamente su f (s) ).
Allora:
i) vale la relazione
j
kj
+j
kj
s
= (k!) (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3::::
tra i coe¢ cienti di Fourier ak ; bk di f e i coe¢ cienti
ii)
1
X
k 2s a2k + b2k < 1;
k;
k
(3.3)
di f (s) ;
(3.4)
k=1
da cui segue che
ak ; bk = o
1
ks
per k ! 1
e anche (informazione più precisa) che
1
X
k=1
(Si noti che se
k (jak j + jbk j) < 1 per ogni
<s
1
:
2
è un intero la relazione precedente signi…ca
s
1).
Dimostrazione. Il punto i) si ottiene applicando iterativamente il ragionamento visto nel teorema precedente. Ancora, poiché f (s 1) è regolare a tratti, in
particolare è limitata e integrabile, quindi anche L2 (0; L) e, per l’uguaglianza
di Perceval,
1
X
2
2
(3.5)
k + k < 1;
k=1
dalla (3.3) segue la (3.4), che a sua volta implica che k 2s a2k + b2k ! 0; quindi
k s (jak j + jbk j) ! 0, quindi ak ; bk = o k1s per k ! 1. Ancora con la disuguaglianza di Schwartz possiamo dimostrare l’ultima parte della tesi (ragioniamo
40
solo su ak , analogamente si tratta bk ):
1
X
k=1
k jak j =
1
X
k=1
k s jak j k
1
X
k 2s a2k
k=1
s
!1=2
1
X
k
2(
s)
k=1
!1=2
:
Ora la prima serie converge per (3.4), la seconda converge purché sia
2(
s) <
cioè
<s
1;
1
.
2
Ad esempio, per s = 2 il teorema dice che se f : [0; L] ! R, f 2 C 1 [0; L]
con f (0) = f (L) ; f 0 (0) = f 0 (L) e inoltre f 0 è regolare a tratti (il che accade se
ad es. è f 2 C 2 [0; L] e soddisfa le condizioni di raccordo scritte), allora
1
X
k=1
ad esempio, per
k (jak j + jbk j) < 1 per ogni
<
3
;
2
= 1, leggiamo che
1
X
k=1
k (jak j + jbk j) < 1;
a¤ermazione più forte rispetto a ak ; bk = o k12 ; da cui seguirebbe solo k (jak j + jbk j) =
o k1 , il che non implica la convergenza della serie.
3.2
Equazione di Laplace e di Poisson
Abbiamo già incontrato (§2) l’equazione di Poisson
u=f
(detta equazione di Laplace quando f = 0), dove il laplaciano
di¤erenziale
=
è l’operatore
@2
@2
@2
+
+
(o l’analogo in solo una o due dimensioni),
@x2
@y 2
@z 2
e abbiamo descritto alcuni dei suoi signi…cati …sici:
1. u potenziale elettrostatico (o gravitazionale) generato da un campo dovuto
a una distribuzione continua di cariche (rispettivamente, di masse) di densità f
(rispettivamente, f );
41
2. u temperatura in un corpo omogeneo, in stato stazionario, in regime di
sola di¤usione, in presenza di sorgenti o pozzi di calore di densità f ;
3. u concentrazione di una sostanza disciolta in soluzione, in stato stazionario,
in regime di sola di¤usione, in presenza di sorgenti o pozzi (di questa sostanza)
di densità f ;
4. (per n = 2) altezza di una membrana in equilibrio.
Abbiamo anche discusso (§4.3.1) alcuni tipici problemi ai limiti che si affrontano per quest’equazione, e visto il signi…cato …sico delle varie condizioni
(di Dirichlet, Neumann, Robin o miste).
Vediamo ora di stabilire alcuni risultati molto generali per questi problemi,
utili ad inquadrare i problemi ai limiti che poi studieremo. Successivamente
a¤ronteremo esplicitamente alcuni di questi problemi ai limiti, su domini di
geometria semplice.
3.2.1
Unicità, principio di massimo, dipendenza continua
Risultati di unicità per problemi ai limiti
In tutta questa sezione ci limitiamo a trattare problemi ai limiti nel caso tridimensionale (che contiene come casi particolari quelli bi e mono dimensionali),
ma tutta questa discussione si potrebbe fare per il laplaciano in n dimensioni,
con n qualsiasi.
Sia
R3 un dominio (cioè un insieme aperto e connesso) limitato, dalla
frontiera regolare a pezzi (quanto basta perché si possa applicare su il teorema
della divergenza). Consideriamo un problema al contorno per l’equazione di
Poisson u = f in , con condizione al contorno di uno dei tipi visti nel §4.3.1,
quindi:
condizione di Dirichlet u = f su @ , oppure
condizione di Neumann @u
@ = f su @ , oppure
condizione di Robin @u
+
ku = f su @ (con k > 0),
@
o eventualmente condizioni miste (cioè su due parti della frontiera sono assegnate
due diverse condizioni di questi tipi).
Vogliamo dimostrare che per un problema di questi tipi la soluzione, se esiste,
è unica (con un’importante precisazione nel caso della condizione di Neumann).
Un enunciato preciso è il seguente:
Teorema 3.7 (di unicità) Sia
R3 un dominio come sopra speci…cato. La
2
1
funzione u 2 C ( ) \ C
che risolve il problema di Dirichlet
u = f in
u = g su @
con f 2 C 0 ( ) ; g 2 C 0 (@ ) assegnate, se esiste è unica. Lo stesso vale nel
caso di una condizione al contorno di Robin. Per la condizione al contorno di
Neumann, la soluzione, se esiste, è unica a meno di costante additiva. L’unicità
vale anche per i problemi misti.
42
Osservazione 3.8 Notiamo che l’ipotesi u 2 C 1
(cioè C 1 …no al bordo
dell’insieme) è naturale per le condizioni di Neumann e di Robin, che coinvolgono la derivata di u sul bordo, mentre è un po’ troppo forte per il problema di
(oltre ovviamente alla condizione
Dirichlet, per cui ci aspetteremmo u 2 C 0
u 2 C 2 ( ), se vogliamo che u risolva all’interno di l’equazione di¤ erenziale).
Vedremo poi come nel caso del problema di Dirichlet si possa e¤ ettivamente
.
migliorare questo risultato stabilendo l’unicità nella classe C 2 ( ) \ C 0
Dimostrazione. Come abbiamo visto nel §4.5, dimostrare l’unicità equivale
a provare il seguente enunciato: se u 2 C 2 ( ) \ C 1
risolve l’equazione
omogenea u = 0 in
con condizione di Dirichlet (o degli altri tipi) nulla,
allora u è identicamente nulla in :
Utilizziamo la prima identità di Green (v. §1.2)
ZZZ
ZZZ
ZZ
@g
dS
f gdxdydz +
rf rgdxdydz =
f
@n
e
@
valida per ogni coppia di funzioni:
f 2 C1 ( ) \ C
; g 2 C2 ( ) \ C1
:
Applichiamola a f = g = u e abbiamo
ZZZ
ZZZ
ZZ
2
u udxdydz +
jruj dxdydz =
u
@
che, essendo
u = 0; dà
ZZZ
2
jruj dxdydz =
ZZ
u
@
@u
dS
@ne
@u
dS:
@ne
Ora: se u soddisfa una condizione di Dirichlet o di Neumann nulla, su @
@u
= 0; in ogni caso l’integrale a secondo membro è nullo, quindi
u = 0 o @n
e
ZZZ
è
2
jruj dxdydz = 0:
2
Questo implica che jruj = 0 in cioè u =costante in . Se vale la condizione di
Dirichlet, essendo u zero al bordo la u è identicamente nulla; se vale la condizione
di Neumann possiamo concludere solo che u è costante, cioè la soluzione del
problema di partenza è determinata a meno di costante arbitraria additiva. Se
poi vale la condizione di Robin omogenea, cioè
@u
+ ku = 0 su @
@
deduciamo
ZZZ
2
jruj dxdydz =
43
(con k > 0)
ZZ
ku2 dS
@
0;
da cui di nuovo
ZZZ
2
jruj dxdydz = 0
e u costante. Di conseguenza @u
e la condizione di Robin implica
@ = 0 su @
perciò u = 0 su @ , e perciò u identicamente nulla in . Dai ragionamenti
precedenti si ottiene anche l’unicità per i problemi misti (Dirichlet / Neumann
o Robin / Dirichlet o Numann / Robin).
Osservazioni sul problema di Neumann
Il fatto che la soluzione di un problema di Neumann sia determinata a meno di
costante additiva si capisce se si ri‡ette sul fatto che in un problema
u = f in
= g su @
(3.6)
@u
@
la u compare solo mediante le sue derivate, quindi è chiaro che se u (x) è
soluzione anche u (x) + c lo è.
Il problema di Neumann ha anche un’altra particolarità11 . Non solo la
soluzione, se esiste, non è unica, ma la la soluzione non può esistere se i dati
non soddisfano un’opportuna condizione di compatibilità. Per capire questo fatto, sia u soluzione del problema di Neumann (3.6); integriamo ambo i membri
dell’equazione in e applichiamo il teorema della divergenza:
ZZZ
ZZZ
ZZ
ZZ
@u
f dxdydz =
udxdydz =
dS =
gdS:
@ @
@
L’uguaglianza ottenuta
ZZZ
f dxdydz =
ZZ
gdS
@
coinvolge solo i dati del problema, non la soluzione che cerchiamo: assegnati i
dati, si può veri…care se è soddisfatta oppure no; se non è soddisfatta, certamente
non potrà esistere soluzione del problema.
Un’interpretazione …sica facilmente comprensibile di questa condizione si
ha quando g
0; interpretando l’equazione come equazione del calore in stato stazionario, signi…ca che il corpo è termicamente isolato. La condizione di
compatibilità richiede che
ZZZ
f dxdydz = 0;
1 1 Si ri‡etta sulla seguente analogia con l’algebra lineare. Per un sistema lineare di n
equazioni in n incognite possono capitare due situazioni diverse. O il determinante della
matrice è diverso da zero, e allora (teorema di Cramer) per ogni scelta dei termini noti c’è
soluzione, e la soluzione è unica. Oppure il determinante della matrice è uguale a zero, e allora
la soluzione esiste solo per certi termini noti (teorema di Rouché-Capelli) e se esiste non è
unica, ma ne esistono in…nite. I problemi di Dirichlet e di Neumann sono problemi lineari
in cui nel primo caso c’è esistenza e unicità per ogni scelta del dato, nel secondo caso non
c’è esistenza per ogni dato, e quando c’è non c’è unicità. L’analogia non è casuale ma ha le
sue radici nella teoria degli operatori lineari tra spazi di Banach (teorema dell’alternativa di
Fredholm ), di cui però in questo corso non ci occupiamo.
44
il che signi…ca che il bilancio complessivo di pozzi e sorgenti di calore interni
al corpo è nullo: una condizione ragionevole, se vogliamo che la temperatura
possa stabilizzarsi su un equilibrio, rimanendo il corpo isolato (se ad esempio il
corpo è isolato e f > 0 in , la temperatura non può che salire nel tempo). Se
poi
RR g 6= 0, il corpo non è isolato ma il ‡usso entrante o uscente di calore (cioè
gdS) è comunque assegnato, quindi è naturale che questoRRR
debba uguagliare
@
il bilancio totale di pozzi e soregenti di calore interni (cioè
f dxdydz): se
all’interno, ad esempio, complessivamente si fornisce più calore di quanto il corpo ne cede all’ambiente attraverso il ‡usso termico dal bordo, complessivamente
la temperatura interna salirà, e non potrà soddisfare un’equazione di¤erenziale
stazionaria.
Principio di massimo e dipendenza continua della soluzione dai dati
Si può migliorare l’informazione contenuta nel teorema di unicità, arrivando a
stabilire la dipendenza continua della (eventuale) soluzione dai dati, almeno per
il problema di Dirichlet. Questa è una conseguenza del seguente principio di
massimo, che ha anche un interesse indipendente:
Teorema 3.9 (Principio di massimo per il laplaciano) Sia
R3 un
soluzione dell’equazione
aperto connesso e limitato, e u 2 C 2 ( ) \ C 0
u = f in
Allora:
i) Se f
0 in
:
; allora il massimo di u è assunto su @ ; ossia
max u (x)
x2
max u (x) :
x2@
ii) Se f
0 in
(cioè u è armonica), allora u assume massimi e minimi
su @ , e vale la disuguaglianza
max ju (x)j
x2
max ju (x)j :
x2@
Osservazione 3.10 Interpretazione bidimensionale del teorema precedente: si
ricordi che l’equazione di una membrana in equilibrio sotto l’azione di una forza
f nella direzione dell’asse z è
u = f.
Il punto i) dice quindi che se f 0; cioè non agisce nessuna forza verso l’alto,
la membrana in equilibrio non avere punti più in alto del suo bordo. Se poi non
agisce alcuna forza, non possono esserci punti né più in alto né più in basso dei
massimi e minimi sul bordo.
Dimostrazione. Notiamo che poiché u 2 C 0
, per il teorema di Weierstrass
u avrà massimo e minimo nell’insieme chiuso e limitato . Il punto è dimostrare
che punti di massimo assoluto (nel caso i ) e punti di massimo e minimo assoluto
(nel caso ii ) stanno sul bordo.
45
i ) Facciamo prima l’ipotesi più forte che sia f > 0 in , e supponiamo per
assurdo che x0 2 sia un punto di massimo interno. Allora, essendo u 2 C 2 ( )
2
si ha @@xu2 (x0 ) 0 per ogni i = 1; 2; 3, come si capisce ragionando sulla funzione
i
di una variabile
g (t) = u (x0 + tei )
che deve avere un punto di massimo relativo per t = 0, quindi dalla formula di
2
Taylor con resto secondo Peano si legge g 00 (0) 0, da cui @@xu2 (x0 ) è 0. Ne
i
segue u (x0 )
0, che contraddice f (x0 ) > 0. Giusti…chiamo l’a¤ermazione
g 00 (0) 0. Sia per assurdo g 00 (0) > 0; allora dalla formula di Taylor (ricordando
g 0 (0) = 0)
1 00
g (t) g (0) = t2
g (0) + o (1)
2
si deduce g (t) g (0) < 0 per jtj abbastanza piccolo, da cui t = 0 sarebbe punto
di minimo relativo stretto, non di massimo relativo.
Consideriamo ora il caso più generale in cui f
0 in , e proviamo che il
massimo di u è ancora assunto solo su @ . Sia
v (x) = u (x) + " jxj
2
(x 2 R3 ) con " > 0 che sceglieremo.
v=
u + 2n" = f + 2n" > 0.
Allora applicando il punto precedente (caso f > 0) alla funzione v otteniamo
che v assume il massimo su @ ; cioè, per ogni y 2 ; scegliendo una sfera BR (0)
contenente ,
2
u (y) + " jyj = v (y)
max u (x) + " jxj
2
x2@
max u (x) + "R2 :
x2@
Facendo tendere a zero " e prendendo poi maxy2 otteniamo
max u (y)
y2
max u (x) ;
x2@
che dice appunto che il massimo è assunto sul bordo.
ii ) Se u = 0 in ; allora possiamo applicare il punto i a u e poi a
ottenendo che u assume massimo e minimo su @ e
max ju (x)j
x2
u,
max ju (x)j :
x2@
Osservazione 3.11 Questo principio di massimo consente di migliorare il risultato di unicità dimostrato per il problema di Dirichlet (come preannunciato nell’osservazione dopo il teorema di unicità). In base al principio di massimo,
infatti, se u 2 C 2 ( ) \ C 0
è soluzione di
u = 0 in
u = 0 su @
46
ne segue che u
0. Perciò l’unicità della soluzione del problema di Dirichlet
e non solo nella più ristretta classe
vale nella classe “naturale” C 2 ( ) \ C 0
2
1
C ( )\C
in cui lo si era stabilito in precedenza.
Osservazione 3.12 Vale in realtà anche un principio di massimo più forte,
che non dimostreremo, e stabilisce che una funzione armonica non solo assume
massimi e minimi sul bordo, ma non può assumere massimi e minimi anche in
punti interni, a meno che sia costante. Ad esempio, una membrana in equilibrio
non può formare “gobbe verso l’alto” o il basso all’interno.
Deduciamo dal principio di massimo dimostrato anche il prossimo
Teorema 3.13 (Dipendenza continua dai dati per il problema di Dirichlet)
soluzione
Sia
un dominio limitato di Rn (n 3) e sia u 2 C 2 ( ) \ C 0
del problema di Dirichlet
u = f in
u = g su @ :
Allora
R2
max jf j
@
2n
dove R è il raggio di una sfera BR (0) contenente :
max juj
max jgj +
Si noti che questa è una stima a priori di dipendenza continua della soluzione
u di un problema di Dirichlet dai dati f; g.
Dimostrazione. La funzione
2
v (x) = u (x) +
jxj
max jf j
2n
soddisfa
v (x) =
u (x) + max jf j = f (x) + max jf j
0
perciò per il principio di massimo (punto i ) assume il suo massimo su @ ; ossia,
per ogni x 2 ;
2
2
u (x)
u (x) +
jxj
max jf j
2n
max u +
@
jxj
max jf j
2n
max g +
cioè
@
R2
max jf j :
@
2n
Ora applichiamo lo stesso ragionamento a u che è soluzione di
max u
max g +
( u) = f in
u = g su @
e otteniamo
max ( u)
max ( g) +
@
47
R2
max jf j
2n
R2
max jf j
2n
che unita alla precedente dà
max juj
3.2.2
max jgj +
@
R2
max jf j :
2n
L’equazione di Laplace sul cerchio
Considereremo il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul cerchio;
la risoluzione esplicita di questo problema è un punto di partenza fondamentale
per la teoria del potenziale (in due variabili). Essendo il primo problema che
trattiamo, lo svilupperemo in dettaglio, utilizzandolo come esempio guida anche
per situazioni diverse.
Per risolvere l’equazione di Laplace sul cerchio, la prima cosa è riscriverla in
coordinate polari ( ; #). Si trova12 , per l’equazione sul cerchio di centro (0; 0) e
raggio r0 ; con dato al bordo f assegnato:
8 2
1 @2u
< @ u 1 @u
+
+ 2 2 = 0 per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ]
2
(3.7)
@
@
@#
:
u (r0 ; #) = f (#)
per # 2 [0; 2 ] :
Cerchiamo soluzioni a variabili separate, del tipo:
u ( ; #) = R ( )
(#) :
Sostituendo nell’equazione si ha
R00 ( )
1
(#) + R0 ( )
(#) +
R00 ( )
R0 ( )
+
=
R( )
R( )
1
2
00
R( )
(#) = 0
00
2
(#)
:
(#)
L’ultima uguaglianza scritta è un’identità tra una funzione della sola e una
funzione della sola #, che quindi forza ciascun membro ad essere costante13 .
Quindi per qualche 2 R dev’essere:
R00 ( )
R0 ( )
+
=
R( )
R( )
2
=
00
(#)
(#)
ossia:
2
R00 ( ) + R0 ( ) = R ( ) per
00
1 2 v.
1 3 Si
(#) =
2 (0; r0 )
(#) per # 2 [0; 2 ] :
[An2, Cap.4, §5.2]
ri‡etta su questo ragionamento, che useremo altre volte: se
f ( ) = g (#)
per ogni ; # in certi intervalli, in particolare …ssando un valore # = #0 si legge che il primo
membro è costante al variare di ; …ssando invece un valore = 0 si legge che il secondo
membro è costante al variare di #.
48
Bisogna anche richiedere che
sia 2 periodica: per il signi…cato geometrico delle coordinate polari, se non è così la funzione u ( ; #) = R ( ) (#)
risulterebbe discontinua. Questo impone
= n2 e
n
(#) = an cos (n#) + bn sin (n#) per n = 0; 1; 2; 3; :::
Con ciò l’equazione in R diventa
2
R00 ( ) + R0 ( )
n2 R ( ) = 0 per
2 [0; r0 ] :
Per n 6= 0 è un’equazione di Eulero14 ; si possono quindi cercare soluzioni del
tipo R ( ) = ; con da determinarsi:
2
(
2
1)
1
+
(
n2
=0
2
1) +
n =0
=
n;
che dà
Rn ( ) = c1
n
+ c2
n
;
ma poiché vogliamo soluzioni regolari in [0; r0 ] dobbiamo escludere le soluzioni
c2 n , illimitate nell’origine.
Per n = 0 l’equazione
2
è di Eulero in R0 ( ) =
R00 ( ) + R0 ( ) = 0
;
2
1
+
=0
+1
( + 1)
=0
=
R0 ( ) =
1
1
R ( ) = d1 + d2 log :
Escludendo ancora le soluzioni d2 log
…nitiva
Rn ( ) = c
n
illimitate nell’origine, otteniamo in deper n = 1; 2; 3; :::
R0 ( ) = d
1 4 v.
[EsAn2], §1.2.D. Si dice equazione di Eulero un’equazione del tipo
ax2 y 00 (x) + bxy 0 (x) + cy (x) = 0
per a; b; c costanti. Di quest’equazione si possono cercare due soluzioni del tipo y (x) = x con
da determinarsi. Se esistono due numeri 1 ; 2 reali distinti per cui l’equazione di¤erenziale
è soddisfatta, l’integrale generale di quest’equazione sarà c1 x 1 + c2 x 2 :
49
Si trovano in de…nitiva le soluzioni a variabili separate:
n
un ( ; #) =
[an cos (n#) + bn sin (n#)]
u0 ( ; #) = d:
Per linearità, qualsiasi somma …nita di queste soluzioni soddisfa ancora l’equazione di¤erenziale. L’idea è scrivere una soluzione che soddis… anche la
condizione al contorno sommando le in…nite soluzioni a variabili separate:
u ( ; #) = d +
1
X
n
[an cos (n#) + bn sin (n#)] :
n=1
Imporre la condizione al contorno signi…ca quindi scrivere:
u (r0 ; #) = d +
1
X
r0n [an cos (n#) + bn sin (n#)] = f (#)
n=1
il che signi…ca che quello scritto dev’essere lo sviluppo di Fourier di f (#) in
[0; 2 ], quindi posto
1
A0 X
+
[An cos (n#) + Bn sin (n#)] , ossia
2
n=1
Z
Z
1 2
1 2
An =
f (#) cos (n#) d#; Bn =
f (#) sin (n#) d#
f (#) =
0
(3.8)
0
si ha
A0
; r0n an = An ; r0n bn = Bn .
2
In conclusione la soluzione del problema (3.7) è assegnata dalla formula:
d=
u ( ; #) =
1
A0 X
+
2
n=1
n
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0
(3.9)
con An ; Bn assegnati dalle (3.8).
Naturalmente in questo procedimento abbiamo fatto vari passaggi senza
giusti…cazione rigorosa, dovremo ora dimostrare che sotto opportune ipotesi
la u ha la regolarità richiesta e soddisfa e¤ettivamente equazione di¤erenziale
e condizioni al contorno. Una formula risolutiva esplicita è comunque sempre
un buon punto di partenza per la discussione successiva. Prima di giusti…care
teoricamente la formula (3.9) cominciamo comunque a prendere con…denza con
essa e il suo utilizzo.
Osservazione 3.14 (Armoniche elementari) Notiamo che la soluzione ottenuta è una sovrapposizione delle in…nite funzioni
n
cos (n#) ;
50
n
sin (n#) ;
dette armoniche elementari. E’interessante osservare che scrivendo, nel campo
complesso
z = (cos # + i sin #)
zn =
n
(cos (n#) + i sin (n#))
(formule di De Moivre), le armoniche elementari si possono vedere come le parti
reali e immaginarie delle potenze z n :
n
cos (n#) = Re (
n
(cos (n#) + i sin (n#))) = Re (z n )
n
cos (n#) = Im (
n
(cos (n#) + i sin (n#))) = Im (z n )
e questo fatto15 può essere utile per riscrivere in coordinate cartesiane queste
funzioni. Ad esempio:
3
= x3
2
= 2xy
3
cos (3#) = Re z 3 = Re (x + iy)
2
sin (2#) = Im z 2 = Im (x + iy)
3xy 2
ecc.
In particolare, da queste relazioni leggiamo che le armoniche elementari
n
cos (n#), n sin (n#) sono polinomi omogenei di grado (complessivo) n in
x; y.
Qualche gra…co delle armoniche elementari mostra la loro caratteristica tipica di funzioni dotate di “selle” ma non di punti di massimo e minimo locale,
come prescritto dal principio di massimo che abbiamo dimostrato.
3
3
cos 3# = Re (x + iy)
= x3
3xy 2
1 5 che non è casuale, ma una semplice conseguenza della teoria delle funzioni derivabili di
variabile complessa (“la parte reale o immaginaria di una funzione olomorfa è una funzione
armonica”), di cui però in questo corso non ci occupiamo.
51
4
7
cos 4# = Re (x + iy)
7
sin 7# = Im (x + iy)
4
= x4
= 7x6 y
35x4 y 3 + 21x2 y 5
Esempio 3.15 Risolviamo:
u = 0 per < 1
u (1; #) = cos2 #:
52
6x2 y 2 + y 4
y7
Da identità trigonometriche abbiamo
1 1
+ cos 2#;
2 2
che è lo sviluppo di Fourier del dato al bordo. Quindi la formula di rappresentazione dà:
1 1
u ( ; #) = + 2 cos 2#
2 2
cos2 # =
in coordinate cartesiane, calcolando
=
2
cos 2# = Re (x + iy)
1
1 + x2
2
2
,
y2 :
Esempio 3.16 Risolviamo:
u = 0 per x2 + y 2 < 4
u (x; y) = x4 per x2 + y 2 = 4
Per
= 2;
4
x4 = (2 cos #) = 16 cos4 #
Da identità trigonometriche abbiamo
16 cos4 # = 6 + 8 cos 2# + 2 cos 4#;
che è lo sviluppo di Fourier del dato al bordo. Quindi la formula di rappresentazione dà:
2
4
cos 2# + 2
cos 4#
u ( ; #) = 6 + 8
2
2
2
in coordinate cartesiane, calcolando
2
cos 2# = Re (x + iy)
,
4
cos 4# =
4
Re (x + iy)
= 6 + 2 x2
y2 +
1 4
x
8
6x2 y 2 + y 4 :
Discussione delle formula di rappresentazione trovata - regolarità
all’interno
Come preannunciato, dobbiamo ora discutere sotto quali ipotesi la formula risolutiva (3.9) assegna e¤ettivamente una soluzione del problema. Dimostriamo
anzitutto il seguente:
Teorema 3.17 Nella sola ipotesi che i coe¢ cienti An ; Bn nella (3.9) siano
successioni limitate, ossia per qualche costante c > 0 sia
jAn j + jBn j
c per ogni n;
la funzione u assegnata dalla (3.9):
a) è derivabile in…nite volte termine a termine in ogni cerchio
< r0 ;
b) è derivabile in…nite volte nel cerchio < r0 ;
c) soddisfa l’equazione di Laplace (in polari) nel cerchio < r0 .
53
con
Dimostrazione. Fissiamo < r0 e consideriamo il cerchio
cerchio la serie (3.9) converge totalmente, infatti:
. In questo
n
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0
n
n
(jAn j + jBn j)
r0
e la serie numerica
X
c
;
r0
n
c
r0
è una serie geometrica convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale
e u è continua nel cerchio
.
Consideriamo la serie delle derivate prime rispetto a :
n
@
@
n 1
n
=
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0n
n 1
n
r0
e la serie numerica
1
(jAn j + jBn j)
r0
X c
n
r0
c
n
r0
n 1
r0
n 1
r0
è una serie convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale della serie
delle derivate, perciò esiste @u
ed è calcolabile derivando termine a termine.
@
Si capisce che il ragionamento si può iterare alla derivata di qualunque ordine
rispetto a . Per la serie delle derivate rispetto a # si ha:
@
@#
n
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0
n
=
r0
[ nAn sin (n#) + nBn sin (n#)]
n
n
e la serie numerica
r0
n
(jAn j + jBn j)
X
cn
r0
n
cn
r0
è ancora una serie convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale
@u
della serie delle derivate, perciò esiste @#
ed è calcolabile derivando termine a
termine. Si capisce che il ragionamento si può iterare alla derivata di ordine
qualsiasi rispetto a #; ed anche a derivate miste rispetto a e #.
54
Si conclude che u è in…nitamente derivabile in ogni cerchio
con < r0 ,
e quindi nel cerchio aperto < r0 .
Inoltre, poiché ogni addendo della serie risolve l’equazione di Laplace (la
serie è stata costruita proprio a quel modo, sovrapponendo soluzioni a variabili
separate), in ogni cerchio
con < r0 , in cui u è derivabile termine a
termine, si ha:
!
1
n
1 @
A0 X
1 @2
@2
+
+ 2 2
+
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
u=
@ 2
@
@#
2
r0
n=1
=
=
1
X
n=1
1
X
1 @
1 @2
@2
+
+
2 @#2
@ 2
@
n
r0
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
0 = 0:
n=1
L’equazione perciò è soddisfatta in ogni cerchio
cerchio aperto < r0 .
con
< r0 e quindi nel
Il teorema precedente contiene un’a¤ermazione molto forte:
supponiamo che f sia una qualsiasi funzione L2 (0; 2 ), allora per il Lemma
di Riemann-Lebesgue le successioni An ; Bn tendono a zero, in particolare sono
limitate, e si applica la conclusione del teorema precedente: non solo la u risolve
l’equazione u = 0 nel cerchio, ma è in…nitamente derivabile.
Discussione della formula di rappresentazione trovata - condizione al
bordo classica
Vogliamo mostrare che, sotto opportune ipotesi sul dato al bordo f , la u assegnata dalla (3.9) assume il dato al bordo. Occorre capire qual è il problema.
E’ chiaro che se sostituiamo = r0 nella (3.9) otteniamo (proprio per come
abbiamo costruito la soluzione) la serie di Fourier di f che rappresenta f , ad
sotto le seguenti ipotesi:
f continua, regolare a tratti, f (0) = f (2 ) (l’ultima condizione è ovvia, se
vogliamo che f sia una funzione continua sul bordo del cerchio).
Tuttavia, noi vogliamo anche sapere che la u è continua sul cerchio chiuso
r0 , in modo da sapere che quando ci avviciniamo a un punto del bordo del
cerchio provenendo dall’interno, la u tende proprio al dato al bordo o, come si
dice solitamente, “il dato al bordo è assunto con continuità”.
Con questa premessa, dimostriamo il
Teorema 3.18 (condizione al contorno classica) Supponiamo che f soddis… delle ipotesi sotto cui la sua serie di Fourier converge totalmente (teorema
3.5): f è continua e soddisfa la condizione di raccordo f (0) = f (2 ); inoltre f
è derivabile e con derivata continua in [0; 2 ], salvo al più un numero …nito di
punti di [0; 2 ] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro e sinistro di f 0 .
55
Allora la u de…nita dalla (3.9) è continua …no al bordo del cerchio, in
particolare
lim
( ;#)!(r0 ;#0 )
u ( ; #) = f (#0 ) per ogni #0 2 [0; 2 ] .
Dimostrazione. Dimostriamo che la serie (3.9) converge uniformemente nel
cerchio
r0 ; # 2 [0; 2 ], da cui seguirà la continuità di u in tutto il cerchio
(Teorema 3.55, §3.2.3). Per far questo, scriviamo:
k
r0
[Ak cos (n#) + Bk sin (n#)]
j[Ak cos (n#) + Bk sin (n#)]j
jAk j+jBk j :
Poiché sotto le nostre ipotesi, in base al teorema 3.5 si ha
1
X
k=1
(jAk j + jBk j) < 1;
la serie che assegna la u ( ; #) converge totalmente nel cerchio
r0 ; # 2
[0; 2 ] e quindi (criterio della convergenza totale, Proposizione ??) converge
uniformenente nel cerchio.
Ora che sappiamo che la u assegnata dalla formula (3.9) assume con continuità il dato al bordo, quindi è l’unica soluzione del problema di Dirichlet,
possiamo trarre dal risultato precedente di regolarità all’interno della funzione
assegnata da (3.9) un’importante conseguenza:
Corollario 3.19 (Regolarità delle funzioni armoniche in due variabili)
Sia
R2 un aperto e u 2 C 2 ( ) soluzione di u = 0 in : Allora u 2
1
C ( ).
Dimostrazione. Sia u 2 C 2 ( ) soluzione di u = 0 in e …ssiamo un cerchio
Br (x0 )
: Per ogni < r la funzione u si può vedere come soluzione (l’unica
soluzione) del problema di Dirichlet
u = 0 in B (x0 )
u = u su @B (x0 )
e quindi u si rappresenta con la formula (3.9) con i coe¢ cienti An ; Bn calcolati a
partire da u; in particolare limitati perché u è limitata e integrabile in @B (x0 ) ;
essendo continua. Per la discussione precedente, allora, u è in…nitamente derivabile nel cerchio B (x0 ) ; e quindi nel cerchio Br (x0 ). Poiché questo si può
ripetere per ogni cerchio Br (x0 )
, u 2 C1 ( ) :
Osservazione 3.20 Segnaliamo che la proprietà di regolarità delle funzioni
armoniche è vera in dimensione n qualsiasi, con un’altra dimostrazione.
Dai fatti precedenti possiamo in particolare raccogliere il seguente
56
Teorema 3.21 Detto Br0 (0) il cerchio di centro l’origine e raggio r0 , se f 2
C 1 (@Br0 (0)) esiste una e una sola u 2 C 2 (Br0 (0)) \ C 0 Br0 (0)
del problema di Dirichlet
soluzione
u = 0 in Br0 (0)
u = f su @Br0 (0) ;
assegnata dalla (3.9). La u assume il dato al bordo con continuità, e all’interno
del cerchio è in…nitamente derivabile. Inoltre il principio di massimo
max juj
max jf j
Br0 (0)
@Br0 (0)
è in questo caso una stima di dipendenza continua della soluzione dal dato.
Quindi il problema è ben posto.
Osservazione 3.22 Notare che la richiesta f 2 C 1 (@Br0 (0)) signi…ca che,
pensata come funzione f (#), non solo f 2 C 1 ([0; 2 ]), ma f e f 0 soddisfano le
condizioni di raccordo tra 0 e 2 .
L’ipotesi f 2 C 1 (@Br0 (0)) può sembrare un po’ troppo forte, visto che
vogliamo ottenere una u continua …no al bordo (e non più regolare di così).
Questo in parte è un “difetto” della tecnica dimostrativa utilizzata: la teoria
classica, passando attraverso la nozione di convergenza uniforme delle serie di
Fourier, richiede ipotesi un po’ sovrabbondanti. Con una tecnica dimostrativa
più ra¢ nata si può provare che il problema di Dirichlet sul cerchio è risolubile in senso classico per ogni dato al bordo continuo; torneremo poi su questo
problema.
Discussione della formula di rappresentazione trovata - dato al bordo
L2
Proviamo ora un diverso risultato che garantisce che il dato al bordo possa essere
assunto in un senso più debole sotto ipotesi molto più generali sul dato:
Teorema 3.23 Supponiamo che f 2 L2 [0; 2 ], allora la u assegnata dalla (3.9)
assume il dato al bordo in senso L2 ; il che signi…ca che
ku ( ; )
f kL2 (0;2
)
! 0 per
! r0 :
Dimostrazione. Poiché f 2 L2 [0; 2 ] ; sappiamo che
(uguaglianza di Perceval, v. §3.5.1). Ora dalle identità:
u ( ; #) =
f (#) =
1
A0 X
+
2
n=1
P1
n=1
A2n + Bn2 < 1
n
r0
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
1
A0 X
+
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
2
n=1
57
abbiamo
f (#)
1
X
u ( ; #) =
n
1
[An cos (n#) + Bn sin (n#)] ;
r0
n=1
e per l’uguaglianza di Perceval
ku ( ; )
2
f kL2 (0;2
)
=
1
X
n 2
1
A2n + Bn2 :
r0
n=1
h
n i2
! 0; tutOsserviamo la serie a secondo membro. Per ! r0 si ha 1
r0
tavia questa convergenza è sempre più lenta quanto più grande è n (che rimpicn
ciolisce il quoziente
, rallentando la sua convergenza a 1). Per passare al
h
n i2
<1
limite bisogna allora spezzare la serie. Utilizziamo il fatto che 1
r0
r0
perciò la serie è totalemente convergente in 2 [0; r0 ] ; e …ssato " > 0 esiste n0
tale che
1
n 2
X
1
A2n + Bn2 < "
r
0
n=n +1
0
mentre
n0
X
n=1
n 2
1
n0 2
A2n + Bn2
r0
1
r0
per
A2n + Bn2
n=1
n0 2
1
n0
X
r0
2
kf kL2 (0;2
)
<"
abbastanza vicino a r0 . Perciò
ku ( ; )
2
f kL2 (0;2
)
< 2"
per
abbastanza vicino a r0 , ossia ku ( ; ) f kL2 (0;2 ) ! 0 per ! r0 :
Notiamo che l’ipotesi f 2 L2 [0; 2 ] consente a f di essere discontinua, addirittura illimitata, eppure è su¢ ciente a garantire che il dato al bordo sia
assunto in questo senso debole; inoltre poiché le successioni An ; Bn sono in…nitesime e quindi limitate, vale anche il teorema di regolarità all’interno della u;
che risolve l’equazione.
Formula del valor medio
La formula (3.9) mette in evidenza anche un’altra proprietà delle soluzioni
dell’equazione di Laplace (funzioni armoniche): sostituendo = 0 si trova
Z 2
1
A0
=
f (#) d#;
(3.10)
u (0; #) =
2
2 0
da cui si deduce il seguente
58
Teorema 3.24 (Proprietà di media delle funzioni armoniche) Sia
R2 un aperto e u una funzione armonica in : Per ogni cerchio Br (x0 ; y0 ) la
cui chiusura è contenuta in valgono le seguenti proprietà di media:
Z 2
1
u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d#
(3.11)
u (x0 ; y0 ) =
2 0
Z
1
u (x0 ; y0 ) =
u (x; y) ds
(3.12)
2 r @Br (x0 ;y0 )
Z
1
u (x; y) dxdy:
(3.13)
u (x0 ; y0 ) = 2
r Br (x0 ;y0 )
Notare che la seconda uguaglianza dice che il valore di u nel centro del
cerchio è la media integrale dei valori di u sul bordo del cerchio (in questo caso
l’integrale è un integrale di linea); la terza uguaglianza dice che il valore di u
nel centro del cerchio è la media integrale dei valori di u sul cerchio (in questo
caso l’integrale è un integrale doppio). Segnaliamo che anche la proprietà di
media delle funzioni armoniche, con una diversa dimostrazione, si può stabilire
in dimensione n 3 qualunque.
Dimostrazione. Poiché u è armonica in e Br (x0 ; y0 )
, u si può vedere
come soluzione del problema di Dirichlet avente come dato assegnato sul bordo
del cerchio la u stessa. Quindi la (3.10), dopo averla traslata nel cerchio di centro
(x0 ; y0 ), si può riscrivere nella forma (3.11). D’altro canto il secondo membro
della (3.12) è un integrale di linea che, parametrizzando la circonferenza come
x = x0 + r cos #
# 2 [0; 2 ]
y = y0 + r sin #
ds = rd#
dà
1
2 r
Z
@Br (x0 ;y0 )
1
Z
2
u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) rd#
2 r 0
Z 2
1
=
u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d# = u (x0 ; y0 )
2 0
u (x; y) ds =
perciò dalla (3.11) segue la (3.12). In…ne, riscriviamo il secondo membro della
(3.13) calcolando l’integrale in coordinate polari:
Z
Z r
Z 2
1
1
u
(x;
y)
dxdy
=
u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d# d
r2 Br (x0 ;y0 )
r2 0
0
utilizzando nell’integrale interno la (3.11)
Z r
1
1 r2
= u (x0 ; y0 )
= 2
2 u (x0 ; y0 ) d = 2 u (x0 ; y0 ) 2
r 0
r 2
e anche la (3.13) è dimostrata.
59
Osservazione 3.25 La proprietà di media approfondisce la descrizione della
geometria del gra…co delle funzioni armoniche, di cui il principio di massimo
era un primo elemento. Si noti che entrambe le proprietà corrispondono all’intuizione …sica, se interpretiamo la funzione u; armonica in due variabili, per
uno dei signi…cati …sici che può avere, ad esempio membrana in equilibrio o
temperatura di una piastra in equilibrio termico.
Dalla proprietà di media segue facilmente una dimostrazione, nel caso bidimensionale, del principio di massimo forte per le funzioni armoniche che abbiamo solo enunciato in precedenza:
Teorema 3.26 (Principio di massimo forte) Se u = 0 in
aperto connesso del piano, allora u non può avere in punti di massimo o minimo assoluti
interni senza essere costante in .
Si osservi che questo enunciato non dice solo che massimi e minimi sono
assunti sul bordo del dominio (se u è continua …no al bordo) ma sono assunti
solo sul bordo, tranne nel caso banale in cui u è costante. Questa proprietà non
era contenuta nel principio di massimo dimostrato in precedenza in dimensione
qualunque.
Dimostrazione. Infatti, se (x0 ; y0 ) fosse un punto (ad es.) di massimo assoluto
per u; scegliendo un cerchio Br (x0 ; y0 )
, si avrebbe:
Z
1
u (x; y) dxdy
max u = u (x0 ; y0 ) = 2
r Br (x0 ;y0 )
Z
1
max u dxdy = u (x0 ; y0 ) = max u ,
r2 Br (x0 ;y0 )
dove l’uguaglianza può valere solo se in tutto il cerchio Br (x0 ; y0 ) è u (x; y) =
u (x0 ; y0 ). Poiché è un aperto connesso, allora, ripetendo il discorso iterativamente a partire da un punto (x1 ; y1 ) qualsiasi di questo cerchio, possiamo per
passi successivi invadere tutto con cerchi in cui è u (x; y) = u (x0 ; y0 ), perciò
u è costante in . Analogo discorso per i punti di minimo assoluti.
60
La formula integrale di Poisson
Ci interessa ora trasformare la formula risolutiva “per serie” in una formula
di rappresentazione “integrale”, da cui si potranno leggere altre informazioni.
Sostituendo nella (3.9) le espressioni per i coe¢ cienti (conviene cambiare nome
alla variabile di integrazione)
Z
Z
1 2
1 2
f (s) cos (ns) ds; Bn =
f (s) sin (ns) ds
An =
0
si ha
u ( ; #) =
+
1
X
=
Z
2
f (s) ds+
0
n
1
r0
n=1
Z
1
2
0
Z
2
1
f (s) cos (ns) ds cos (n#) +
0
2
f (s)
0
(
Z
2
f (s) sin (ns) ds sin (n#)
0
1
1
1X
+
2
n=1
)
n
[cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#)] ds:
r0
Vediamo di sommare esplicitamente il nucleo integrale f:::g. Anzitutto le formule di addizione e quelle di Eulero danno:
cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#) = cos n (#
s) =
ein(#
s)
+e
2
in(# s)
;
quindi ci si può ricondurre a sommare delle serie geometriche:
1
n
1
1X
+
[cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#)]
2
r0
n=1
(
)
1
n
n
1 1 1X
in(# s)
in(# s)
+
=
e
+
e
2 2 n=1
r0
r0
(
)
1
1
n
n
X
X
1
i(# s)
n(# s)
1+
e
e
=
+
2
2
r0
r0
n=0
n=0
)
(
1
1
1
=
+
1
2
1 r0 ei(# s)
1 r0 e i(# s)
e qualche calcolo coi numeri complessi dà
=
1
2
=
1
2
=
1
2
(
r0
cos (#
2r0 [r0
[r0
r02
cos (#
r0
s)
i sin (#
cos (#
2
s)] +
2
r02
2r0 cos (# s) +
s)
+
r0
s)]
2
sin2 (#
2
:
61
s)
)
1
cos (#
r0
s) + i sin (#
s)
1
Abbiamo ottenuto una formula di rappresentazione della soluzione del problema
mediante un integrale:
Z 2
2
r02
1
ds:
(3.14)
f (s)
u ( ; #) =
2 0
r02 2r0 cos (# s) + 2
Il nucleo integrale trovato si chiama nucleo di Poisson, e la formula ottenuta,
detta formula integrale di Poisson, è molto importante, per vari motivi.
1. Anzitutto, spesso è più comodo calcolare la soluzione a partire dal dato
al bordo, in modo esatto o approssimato, direttamente con questo integrale
anziché con il doppio passaggio che consiste nel calcolare gli in…niti coe¢ cienti
di Fourier di f e poi sommare la serie (3.9).
2. In secondo luogo, formule di rappresentazione mediante operatori integrali sono più adatte a mettere in evidenza le ipotesi minime sul dato f che
garantiscono opportune proprietà della soluzione. Cominciamo ad osservare che
per ogni < r0 e per ogni # il denominatore è discosto da zero, il che signi…ca che stando strettamente all’interno del cerchio < r0 si può derivare
in…nite volte sotto il segno di integrale. Quindi (come già avevamo osservato)
la soluzione dell’equazione di Laplace è in…nitamente derivabile all’interno del
cerchio. Ma questa formula consente anche di provare risultati precisi di convergenza di u ( ; #) al dato f (#) avvicindandosi al bordo. Precisamente, si può
dimostrare il seguente:
Teorema 3.27 Se f è continua sul bordo del cerchio, la u de…nita da (3.14)
assume il dato al bordo con continuità, cioè
lim
(r;#)!(R;#0 )
u (r; #) = f (#0 )
quindi è soluzione classica del problema di Dirichlet, che pertanto è risolubile
sotto la sola ipotesi di continuità del dato.
Dimostrazione. Per sempli…care leggermente la dimostrazione ci limiteremo
a provare che
lim u (r; #0 ) = f (#0 )
r!R
(il che equivale a far tendere il punto alla circonferenza lungo un raggio). La
dimostrazione generale è simile, con una piccola complicazione tecnica16 .
Cominciamo a osservare che, poiché la soluzione del problema di Dirichlet
con dato al bordo f 1 è la funzione costante 1, si ha:
Z 2
2
1
r02
ds = 1:
2
2 0
r0 2r0 cos (# s) + 2
Notiamo anche che il nucleo di Poisson è positivo, perché r02
cerchio e
r02
1 6 Si
2r0 cos (#
s) +
2
r02
può trovare in [Weinberger pp.105-6].
62
2r0 +
2
= (r0
2
2
) :
> 0 nel
Possiamo allora scrivere:
Z 2
1
(f (s)
u (r; #0 ) f (#0 ) =
2 0
Per un numero
somma:
r02
2
r02
cos (#0
2r0
s) +
2
ds:
> 0 da …ssarsi poi, spezziamo l’integrale precedente nella
1
f (#0 ) =
2
u (r; #0 )
f (#0 ))
Z
1
(:::) ds +
2
s2(0;2 );js #0 j<
Z
(:::) ds
s2(0;2 );js #0 j
=A +B :
Poiché f è continua in #0 , …ssato " > 0 esiste un
js
Per questa scelta di
e ha integrale 1)
jA j
"
"
1
2
1
2
#0 j <
=) jf (#)
> 0 tale che
f (#0 )j < ":
si ha allora (ricordando che il nucleo di Poisson è positivo
Z
s2(0;2 );js #0 j<
Z
s2(0;2 )
r02
2
r02
2r0 cos (# s) +
r02
2
r02
2r0 cos (# s) +
ds
2
ds = ":
2
D’altro canto
js
#0 j
=) cos (#
s)
cos
e quindi
r02
1
2r0 cos (#0
s) +
1
2r0 cos +
r02
2
(cioè è una funzione limitata), perciò
Z
1
jB j
jf (s)
2 s2(0;2 );js #0 j
2
c (r0 ; )
f (#0 )j c (r0 ; ) r02
2 max jf (s)j c (r0 ; ) r02
2
s2(0;2 )
il che prova la tesi.
= 0 nella (3.14) si trova
1
u (0; #) =
2
Z
63
0
ds
<"
purché r0
sia abbastanza piccolo. Perciò per ogni " > 0; se r0
piccolo si ha
ju (r; #0 ) f (#0 )j < 2";
3. Notiamo che sostituendo
2
2
f (s) ds;
è abbastanza
ossia ritroviamo la formula di valor medio, già discussa.
Le osservazioni fatte riguardo alla formula integrale di Poisson sono solo un
assaggio dei metodi della teoria del potenziale, con cui a partire da una formula
di rappresentazione semplice ed esplicita si dimostrano proprietà generali delle
funzioni armoniche.
Alla luce della formula …nale ottenuta, il procedimento di separazione di
variabili appare un procedimento elaborato il cui ruolo …nale è quello di permetterci di ottenere una formula di rappresentazione integrale utile. Ogni volta che,
con opportuni scambi tra serie numeriche e integrali che assegnano coe¢ cienti
di Fourier, è possibile scrivere esplicitamente una formula di rappresentazione
integrale, può essere interessante farlo. Non sempre però è agevole.
Problema di Neumann sul cerchio
Consideriamo ora il problema di Neumann per l’equazione di Laplace sul cerchio:
8 2
1 @2u
< @ u 1 @u
+
+
= 0 per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ]
2 @#2
(3.15)
@ 2
@
: @u (r ; #) = f (#)
per # 2 [0; 2 ] :
@
0
(Notare che sul bordo del cerchio la derivata normale uscente è semplicemente
@
@ ). Cerchiamo soluzioni a variabili separate, del tipo:
u ( ; #) = R ( )
(#) :
Si possono utilizzare parte delle conclusioni del ragionamento fatto per il problema di Dirichlet. Cerchiamo di imporre la condizione al contorno alla soluzione:
u ( ; #) = d +
1
X
n
[an cos (n#) + bn sin (n#)] :
n=1
Imporre la condizione al contorno signi…ca quindi scrivere:
1
X
@u
(r0 ; #) =
nr0n
@
n=1
1
[an cos (n#) + bn sin (n#)] = f (#)
il che signi…ca che quello scritto dev’essere lo sviluppo di Fourier di f (#) in
[0; 2 ], quindi posto
1
A0 X
+
[An cos (n#) + Bn sin (n#)] , ossia
2
n=1
Z
Z
1 2
1 2
An =
f (#) cos (n#) d#; Bn =
f (#) sin (n#) d#
f (#) =
0
0
si ha
nr0n
1
an = An ;
64
nr0n
1
bn = B n
inoltre (coerentemente a quanto osservato sul problema di Neumann nel §5.1.1)
A0 dev’essere nullo (condizione di compatibilità del dato):
Z 2
f (#) d# = 0
0
mentre
d è indeterminato (la soluzione è determinata a meno di costante additiva).
In conclusione la soluzione del problema (3.15), nell’ipotesi A0 = 0, è assegnata
dalla formula:
u ( ; #) =
1
X
n=1
n
nr0n
1
[An cos (n#) + Bn sin (n#)] + d:
(3.16)
con An ; Bn assegnati dalle (3.8).
Si tratta ora, come nel caso della formula di rappresentazione ottenuta per
la soluzione del problema di Dirichlet, di dimostrare che sotto opportune ipotesi su f essa fornisce una soluzione e¤ettiva del problema. Procediamo più
sinteticamente di quanto fatto in precedenza:
1. La u assegnata dalla (3.16) è ancora in…nitamente derivabile all’interno
del cerchio, e risolve all’interno del cerchio l’equazione di Laplace, non appena
i coe¢ cienti An ; Bn siano limitati.
2. A¤ermare che il dato al bordo è assunto con continuità signi…ca a¤ermare
che la funzione (a priori de…nita per < r0 )
1
X
@u
( ; #) =
@
n=1
in e¤etti è continua per
n 1
r0
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
r0 . D’altro canto,
n 1
r0
[An cos (n#) + Bn sin (n#)]
jAn j + jBn j
perciò se la serie di Fourier del dato al bordo converge totalmente, il che accade
ad esempio se f 2 C 1 [0; 2 ], con f (0) = f (2 ) (Teorema 3.5), anche la serie che
assegna @u
@ ( ; #) all’interno del cerchio, in e¤etti converge totalmente in tutto
il cerchio. Perciò converge ivi uniformemente, e @u
@ è continua …no al bordo del
cerchio. Come nel caso del problema di Dirichlet, l’ipotesi sul dato è un po’
forte, non è certo quella ottimale.
Esercizio 3.28 Risolvere il seguente problema di Dirichlet per il laplaciano
sulla corona circolare:
8 2
@ u 1 @u
1 @2u
>
>
<
+
+
= 0 per 2 (1; r0 ) ; # 2 [0; 2 ]
2 @#2
@ 2
@
u (1; #) = 0
per # 2 [0; 2 ]
>
>
:
u (r0 ; #) = f (#)
per # 2 [0; 2 ]
65
Suggerimento: utilizzare i passaggi di partenza del metodo di separazione
delle variabili sul cerchio. Attenzione però al fatto che ora le soluzioni R ( )
illimitate per ! 0 non vanno più scartate, perché lavoriamo sull’intervallo
2 (1; r0 ).
3.2.3
Equazione di Poisson sul cerchio
Abbiamo considerato …nora l’equazione omogenea, u = 0. Se il termine noto non è zero, cioè u = f; il metodo di separazione delle variabili non è più
applicabile. Un’idea che talvolta si utilizza per a¤rontare un’equazione non omogenea, suggerita da certe procedure che si seguono per risolvere equazioni differenziali ordinarie non omogenee, è quella di cercare una soluzione la cui espressione analitica sia formalmente simile a quella della corrispondente equazione
omogenea, con certe costanti sostituite da coe¢ cienti variabili, che si cerca di
determinare in modo da soddisfare l’equazione. Illustriamo quest’idea nel caso
dell’equaizone di Poisson sul cerchio:
8 2
1 @2u
< @ u 1 @u
+
+ 2 2 = F ( ; #) per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ]
2
@
@
@#
:
u (r0 ; #) = 0
per # 2 [0; 2 ]
Notiamo che, in base al principio di sovrapposizione (§4.4), possiamo supporre
che il dato al bordo ora sia nullo: se non lo fosse, la soluzione che cerchiamo
si potrebbe ottenere sommando la soluzione di un problema come questo e un
problema di Dirichlet per l’equazione omogenea (che già sappiamo risolvere).
Partiamo dalla formula che assegna le soluzioni dell’equazione omogenea
u ( ; #) = a0 +
1
X
n
[an cos (n#) + bn sin (n#)]
n=1
e sostituiamo nella formula, alle particolari funzioni di
delle generiche funzioni (incognite) di :
u ( ; #) =
date da an
1
a0 ( ) X
+
[an ( ) cos (n#) + bn ( ) sin (n#)] :
2
n=1
n
; bn
n
,
(3.17)
Quest’idea è suggerita anche dal fatto che il termine noto F ( ; #) in e¤etti si può
sviluppare in questa forma: è su¢ ciente, per ogni 2 [0; r0 ) …ssato, sviluppare
in serie di Fourier la funzione
# 7! F ( ; #) :
Si ha:
F ( ; #) =
1
A0 ( ) X
+
2
n=1
n
[An ( ) cos (n#) + Bn ( ) sin (n#)]
66
con
An ( ) =
1
Z
2
F ( ; #) cos (n#) d#
0
Bn ( ) =
1
Z
2
F ( ; #) sin (n#) d#:
0
Calcoliamo quindi, formalmente17 l’operatore laplaciano in coordinate polari
sulla serie (3.17):
u ( ; #)
@2
1 @
1 @2
+
+
2 @#2
@ 2
@
=
=
+
1
2
1
!
1
a0 ( ) X
+
[an ( ) cos (n#) + bn ( ) sin (n#)]
2
n=1
X
1
a000 ( ) + a00 ( ) +
1
a00n ( ) + a0n ( )
n2
2
an ( ) cos (n#)
n=1
1
b00n ( ) + a0n ( )
n2
2
an ( ) sin (n#) :
Ora, quest’espressione coincide con lo sviluppo di F ( ; #) se valgono le seguenti
identità:
1
a000 ( ) + a00 ( ) = A0 ( )
1
a00n ( ) + a0n ( )
n2
1
b00n ( ) + a0n ( )
n2
2
2
a n ( ) = An ( )
a n ( ) = Bn ( )
per n = 1; 2; 3; :::: Si tratta di un sistema di in…nite equazioni di¤erenziali ordinarie nelle funzioni incognite an ( ) ; bn ( ), lineari del second’ordine non omogenee (le funzioni An ( ) ; Bn ( ) sono termini noti, si calcolano dal termine noto
F dell’equazione di Poisson). Per essere più precisi, è qualcosa di più semplice
di un sistema in quanto ogni funzione incognita compare in un’equazione sola: si possono quindi risolvere simultaneamente, in parallelo, tutte le equazioni.
Prima di risolvere le equazioni, osserviamo che la condizione u (r0 ; #) = 0 risulta
soddisfatta se imponiamo
an (r0 ) = bn (r0 ) = 0 per ogni n.
Veniamo alla risoluzione delle equazioni. L’equazione
1
a00n ( ) + a0n ( )
n2
2
an ( ) = An ( )
1 7 Questo “formalmente” signi…ca: calcoliamo le derivate della serie derivando termine
a termine, senza preoccuparci per il momento di formulare delle ipotesi precise sotto cui
quest’operazione sia lecita.
67
è lineare del second’ordine non omogenea. L’omogenea associata non è a coe¢ cienti costanti ma è un’equazione di Eulero:
n2
1
a00n ( ) + a0n ( )
2
an ( ) = 0
di cui possiamo cercare soluzioni del tipo
an ( ) =
e si trova, a conti fatti, che ha integrale generale
an ( ) = cn
n
n
+ dn
:
Ora una soluzione particolare dell’equazione non omogenea si può cercare, col
metodo di variazione delle costanti 18 , nella forma
an ( ) = cn ( )
n
n
+ dn ( )
:
Il metodo prescrive di risolvere il seguente sistema lineare nelle derivate c0n ( ) ; d0n ( ):
c0n n + d0n n = 0
nc0n n 1 nd0n n
Risolvendo si trova:
(
c0n =
d0n =
1
= An ( ) :
An ( )
2n n 1
An ( ) n+1
2n
e integrando (con una scelta degli estremi che renda gli integrali certamente
convergenti) abbiamo
(
R An (s)
cn ( ) = r0 2ns
n 1 ds
R An (s)sn+1
dn ( ) =
ds
2n
0
e quindi
an ( ) =
n
Z
r0
An (s)
ds
2nsn 1
n
Z
0
An (s) sn+1
ds
2n
1 8 v.
[An2, pp.32-4]. Ricapitoliamo il metodo. Supponiamo di voler trovare una soluzione
particolare dell’equazione di¤erenziale lineare del second’ordine completa
y 00 (t) + a (t) y 0 (t) + b (t) y (t) = f (t)
conoscendo già, però, due soluzioni linearmente indipendenti y1 (t) ; y2 (t) dell’equazione
omogenea. Il metodo consiste nel cercare una soluzione dell’equazione completa della forma
y (t) = c1 (t) y1 (t) + c2 (t) y2 (t)
dove i coe¢ cienti c1 (t) ; c2 (t) incogniti si determinando risolvendo prima il seguente sistema
lineare nelle incognite c01 (t) ; c02 (t)
c01 (t) y1 (t) + c02 (t) y2 (t) = 0
c01 (t) y10 (t) + c02 (t) y20 (t) = f (t)
e poi calcolando le primitive c1 (t) ; c2 (t) e sostituendole nell’espressione di y (t).
68
è una soluzione particolare dell’omogenea, mentre l’integrale generale è
Z
Z
An (s)
An (s) sn+1
n
an ( ) = cn n + dn n + n
ds
ds:
n 1
2n
r0 2ns
0
La funzione deve mantenersi limitata per ! 0; il che implica la scelta dn = 0,
mentre la condizione an (r0 ) = 0 dà
Z r0
An (s) sn+1
n
n
ds:
0 = cn r0 r0
2n
0
quindi
cn = r0
2n
Z
r0
An (s) sn+1
ds
2n
0
e
1
an ( ) =
2n
n
r0
2n
Z
r0
n+1
An (s) s
ds +
Z
An (s) s
Z
Bn (s) s1
n
0
1 n
ds
n
r0
Z
An (s) sn+1 ds :
0
(3.18)
Analogamente
bn ( ) =
1
2n
n
r0 2n
Z
r0
Bn (s) sn+1 ds +
n
0
n
ds
r0
1
a000 ( ) + a00 ( ) = A0 ( )
che ponendo a00 = v dà
1
v 0 ( ) + v ( ) = A0 ( ) ;
equazione lineare del prim’ordine che si integra così:
Z
1
c
v( ) = +
sA0 (s) ds
0
Z
Z
1 t
a0 ( ) = c log + d +
sA0 (s) ds dt;
t 0
r0
imponendo a0 (r0 ) = 0;
0 = c log r0 + d
c log r0
e quindi
a0 ( ) = c log
r0
+
Z
r0
69
1
t
Z
0
Z
Bn (s) sn+1 ds :
0
Rimane l’equazione in a0 ( ) ;
d=
n
t
sA0 (s) ds dt
(3.19)
e imponendo che a0 ( ) sia limitata in 0; c = 0; da cui
a0 ( ) =
Z
r0
Z
1
t
t
sA0 (s) ds dt
(3.20)
0
La funzione u assegnata dalla (3.17) con i coe¢ cienti a0 ( ) ; an ( ) ; bn ( ) assegnati dalle (3.18), (3.19), (3.19) è la soluzione cercata. Il tutto, naturalmente,
andrebbe ora giusti…cato rigorosamente, cosa che ora non faremo. Se poi nella
(3.17) si sostituiscono le espressioni dei coe¢ cienti a0 ( ) ; an ( ) ; bn ( ) e, a loro
volta, al posto dei coe¢ cienti An ; Bn si sostituiscono gli integrali che li de…niscono, calcoli laboriosi permettono di riscrivere la formula di rappresentazione
sotto forma di integrale del termine noto F contro un opportuno nucleo, formula
più indicata per discutere le ipotesi sotto le quali il procedimento è lecito.
La tecnica che abbiamo visto all’opera in questo esempio è nota come metodo
degli sviluppi di Fourier, per indicare che si sviluppa termine noto e funzione in
uno sviluppo che imita quello di Fourier, con coe¢ cienti però variabili anziché
costanti.
Z
Z
1 t
1
sA0 (s) ds dt
u ( ; #) =
2 r0 t 0
Z r0
Z
Z
1
1 X
2n
n
n+1
n
1 n
n
r0
An (s) s
ds +
+
An (s) s
ds
An (s) sn+1 ds cos (n#)
2n n=1
0
r0
0
Z r0
Z
Z
n
n
+
r0 2n
Bn (s) sn+1 ds + n
Bn (s) s1 n ds
Bn (s) sn+1 ds sin (n#) :
0
3.3
r0
0
Equazione di di¤usione
Consideriamo ora l’equazione di di¤usione
ut
D u=f
con laplaciano in n variabili (sarà n = 1; 2; 3), D costante positiva, f termine
noto (sorgente). Abbiamo visto tra i suoi signi…cati …sici:
1. u temperatura in un corpo (variabile nel tempo), in regime di sola
di¤usione; f indica le sorgenti o i pozzi di calore interni al corpo.
2. u concentrazione (variabile nel tempo) di una sostanza in soluzione, in
regime di sola di¤usione; f indica le sorgenti o i pozzi di quella sostanza interni
al corpo.
Abbiamo discusso (§4.3.2) alcuni tipici problemi ai limiti che si a¤rontano
per quest’equazione, e visto il signi…cato …sico delle varie condizioni (di CauchyDirichlet, Cauchy-Neumann, Cauchy-Robin).
Anche per questa equazione, vediamo prima di stabilire alcuni risultati molto
generali per questi problemi, utili ad inquadrare i problemi ai limiti che poi
studieremo. Successivamente a¤ronteremo esplicitamente alcuni di questi problemi ai limiti, su domini di geometria semplice.
70
3.3.1
Unicità e principio di massimo parabolico
Per la linearità del problema, anche in questo caso stabilire un risultato di unicità
per un problema di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann per l’equazione di
di¤usione equivale a stabilire che ogni eventuale soluzione dell’equazione omogenea con condizioni di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann nulle è la funzione
identicamente nulla.
Sia
R3 un aperto connesso limitato e, per un certo T > 0; sia QT =
(0; T ). Diciamo che u 2 C 1;2 (QT ) se è C 1 nel tempo e C 2 nelle variabili
spaziali.
Teorema 3.29 (di unicità) Supponiamo che u 2 C 1;2 (QT )\C 0 QT \C 1
sia soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet
8
< ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T )
u (x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T )
:
u (x; 0) = h (x) per x 2 :
o del problema di Cauchy-Neumann
8
< ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T )
@u
(x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T )
: @
u (x; 0) = h (x) per x 2
o di Cauchy-Robin
8
< ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T )
@u
(x; t) + ku (x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T )
: @
u (x; 0) = h (x) per x 2
con k > 0. Allora u è identicamente nulla in QT .
Osservazione 3.30 L’ipotesi u 2 C 1
(0; T ) è naturale per il problema di
Cauchy-Neumann e Cauchy-Robin, ma non per il problema di Dirichlet. Anche
in questo caso come per l’equazione di Laplace, mostreremo in seguito come un
opportuno principio di massimo consenta di rimuovere quest’ipotesi.
Si noti che la soluzione del problema di Cauchy-Neumann è unica e non,
come nel caso del problema di Neumann per il laplaciano, determinata solo a
meno di costanti additive. Infatti in questo caso una funzione costante non zero
soddisfa il problema con f = 0 e g = 0, ma non con h = 0: è la condizione
iniziale a dare un controllo sulla u e non solo sulle sue derivate.
Dimostrazione. Per il principio di sovrapposizione, mostrare l’unicità per
i problemi scritti equivale a mostrare che se u risolve i problemi con f; g; h
nulli allora u è identicamente nulla in QT . Supponiamo quindi che u soddis…
quest’ipotesi, moltiplichiamo per u l’equazione e integriamo in QT :
Z T Z
0=
(u ut D (u u)) (x; t) dx dt
0
!
Z
Z
Z T Z
1 T d 2
=
u (x; t) dt dx D
u udx dt
2 0 dt
0
71
(0; T )
perciò
D
Z
T
0
Z
u udx dt =
Z
1
2
Z
T
0
!
Z
d 2
1
u (x; t) dt dx =
dt
2
u2 (x; T )
u2 (x; 0) dx
e poiché u soddisfa condizione iniziale nulla,
Z T Z
Z
1
u udx dt =
D
u2 (x; T ) dx
2
0
Poiché (per la prima identità di Green, v. §1.2)
Z
Z
Z
2
u udx +
jruj dx =
u
@
si ha
Z
@
u
@u
dS
@
Z
2
jruj dx =
1
2
Z
@u
dS;
@
u2 (x; T ) dx:
(3.21)
Ora, se u soddisfa condizioni di Dirichlet o di Neumann nulle si ha
Z
@u
u dS = 0
@
@
perciò
D
Z
0
T
Z
1
jruj dxdt =
2
2
Z
u2 (x; T ) dx
che (per i segni dei due membri) implica che entrambi i membri sono nulli.
L’annullarsi del primo membro implica che u è costante in QT ; e poiché si
annulla per t = 0 è identicamente nulla.
Se invece u soddisfa la condizione di Robin nulla, @u
@ + ku = 0 si ha
Z
Z
@u
u dS =
ku2 dS 0
@
@
@
e il primo membro nella (3.21) è ancora
0, per cui si conclude come in
precedenza.
Nello studio dei principi di massimo per un’equazione parabolica su un
dominio di tipo cilindrico, è importante la nozione di frontiera parabolica:
De…nizione 3.31 Si dice frontiera parabolica del dominio
QT =
per
(0; T )
Rn dominio limitato e T 2 (0; +1], l’insieme
@p QT = @
(0; T ) [
f0g :
In altre parole, la frontiera parabolica di un cilindro è costituita dalla sua
super…cie laterale e dalla base inferiore, ma non dalla base superiore.
Veniamo ora al seguente:
72
Teorema 3.32 (Principio di massimo parabolico) Sia u 2 C 1;2 (QT )\C 0 QT
soluzione di
ut D u = f in QT .
Allora:
i) Se f
0, u assume il suo massimo sulla frontiera parabolica di QT , cioè
max u (x; t)
max u (x; t) :
QT
@p QT
ii) Se f 0, allora u assume il suo massimo e il suo minimo sulla frontiera
parabolica di QT , e in particolare
max ju (x; t)j
max ju (x; t)j :
QT
@p QT
Il signi…cato …sico del principio di massimo è piuttosto trasparente: se f 0,
cioè il calore viene eventualmente sottratto al corpo ma mai fornito ad esso, la
temperatura in ogni punto e istante non può superare quella che aveva all’inizio
o ha sul suo bordo: non può esserci a un istante positivo un punto di massimo
stretto della temperatura, all’interno del dominio.
Se poi f 0, siamo in assenza di pozzi e sorgenti di calore; il calore di¤onderà
semplicemente, il che signi…ca che nel tempo il gra…co della temperatura tende
a “appiattirsi”sempre più, con massimi e minimi assunti all’istante iniziale o al
bordo.
Il diverso ruolo che hanno l’istante t = 0 e l’istante t = T nelle proprietà della
soluzione ri‡ettono la freccia del tempo nell’interpretazione …sica del modello: il
calore passa (al passare del tempo) dal corpo più caldo al corpo più freddo, il che
dà alla variabile tempo, nell’equazione, un verso privilegiato: non c’è simmetria
quindi tra lo scorrere in avanti o all’indietro del tempo.
Dimostrazione. Il secondo punto segue dal primo (come nel caso del principio
di massimo per il laplaciano), applicando il primo punto a u.
Per provare il primo punto, consideriamo un cilindro QT " (con " > T ), in
modo che anche sulla sua base superiore
fT "g la u sia regolare, e poniamo
w (x; t) = u (x; t)
"t:
Si ha:
wt
D w=f
" < 0 in QT :
Proviamo che questa w, che è continua in QT " quindi ha massimo su quest’insieme, assume il suo massimo sulla frontiera parabolica di QT " . Per assurdo,
abbia un massimo in
(x0 ; t0 ) 2
(0; T "]:
In questo punto di massimo risulta certamente w (x0 ; t0 ) 0 (come visto nella
dimostrazione del principio di massimo per il laplaciano; è qui che ci serve il fatto
di essere su un cilindro più corto QT " ; altrimenti, nel caso fosse t0 = T non
potremmo garantire l’esistenza di w (x0 ; t0 )). Quanto al valore di wt (x0 ; t0 ),
73
dobbiamo distinguere due casi. Se t0 < T " allora il massimo è interno a QT "
e per il teorema di Fermat wt (x0 ; t0 ) = 0: Se invece t0 = T " la derivata può
non essere nulla ma (ragionare sulla geometria del dominio: il punto (x0 ; t0 ) sta
sulla base superiore del cilindro) wt (x0 ; t0 ) 0. In ogni caso si avrebbe
(wt
D w) (x0 ; t0 )
contro il fatto che già sappiamo che wt
Abbiamo quindi provato che
max w
QT
quindi
!
max u
QT
"
"T
D w < 0 in QT .
max w
@p QT
"
max (u
QT
0;
"
"t) = max w
QT
"
"
max u
@p QT
"
e per " ! 0 (essendo u 2 C 0 QT ) si ha
max u
QT
max u:
@p QT
Osservazione 3.33 Come preannunciato, il principio di massimo migliora l’enunciato del teorema di unicità per il problema di Cauchy-Dirichlet: la soluzione
è unica nella classe naturale C 1;2 (QT ) \ C 0 QT e non solo in quella, più
ristretta, C 1;2 (QT ) \ C 0 QT \ C 1
(0; T ) in cui l’abbiamo inizialmente
dimostrata.
Il principio di massimo consente di provare una stima di stabilità per il
problema di Cauchy-Dirichlet su un dominio cilindrico:
Corollario 3.34 Sia QT =
(0; T ) con
Rn dominio limitato e T > 0; e
1;2
0
sia u 2 C (QT ) \ C QT soluzione di
8
< ut D u = f in QT
u = g su @
(0; T )
:
u (x; 0) = h (x) in :
Allora
max juj
QT
@
max jgj + max jhj +
(0;T )
dove R > 0 è un numero per cui si ha
R2
max jf j
2nD QT
BR (0) :
Dimostrazione. Sia
2
w (x; t) = u (x; t) +
74
jxj
max jf j :
2nD QT
Allora
2
wt
D w = ut
D u
D max jf j
QT
=f
max jf j
jxj
2nD
!
0 in QT ;
QT
quindi per il principio di massimo parabolico si ha
max w
max w
QT
@p Q T
e quindi
2
max u
QT
max w
max w
QT
@p QT
max u + max
@p QT
@p QT
jxj
max jf j
2nD QT
2
R
max jf j :
2nD QT
max u +
@p QT
Ora si applica lo stesso argomento a
max juj
QT
max juj +
@p QT
@
3.3.2
u e si conclude che
R2
max jf j
2nD QT
max jgj + max jhj +
(0;T )
R2
max jf j :
2nD QT
Equazione di di¤usione sul segmento
Consideriamo una sbarra omogenea, rappresentata dal segmento [0; L], la cui
temperatura al punto x e all’istante t è u (x; t). Se la temperatura iniziale ha un
pro…lo noto u0 (x), la sbarra è termicamente isolata sulla sua super…cie laterale,
non ci sono sorgenti o pozzi di calore interni, e la temperatura agli estremi
è tenuta costante uguale a zero, ci aspettiamo che la temperatura nel tempo
raggiungerà ovunque la temperatura costante zero. Studiamo come avviene nel
tempo questo fenomeno. Come abbiamo visto nel § 2.2.1, in questo caso u
soddisfa l’equazione del calore omogenea
8
< ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0
u (0; t) = u (L; t) = 0
(3.22)
:
u (x; 0) = u0 (x)
(dove c > 0, costante, è il coe¢ ciente di di¤usione19 ) che abbiamo accompagnato
con le condizioni ai limiti e iniziali (problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione
del calore omogenea unidimensionale).
1 9 in
precedenza indicato con D.
75
Veniamo ora alla soluzione e¤ettiva di questo problema. Il metodo di separazione delle variabili è ancora applicabile. Cerchiamo soluzioni a variabili
separate:
U (x; t) = X (x) T (t) :
Sostituendo nell’equazione di¤erenziale si ha:
X (x) T 0 (t) = cX 00 (x) T (t)
T 0 (t)
X 00 (x)
=
:
X (x)
cT (t)
Questa uguaglianza dev’essere identicamente veri…cata per 0 < x < L; t > 0.
D’altro canto il primo membro è una funzione della sola x, il secondo membro
è una funzione della sola t, quindi l’unica possibilità perché l’identità sussista è
che ciascun membro sia costante. Si ha quindi, per qualche 2 R,
X 00 (x)
=
X (x)
T 0 (t)
=
cT (t)
per 0 < x < L
per t > 0:
(3.23)
Ricordiamo ora che devono valere le condizioni ai contorno u (0; t) = u (L; t) = 0
che si traducono in X (0) = X (L) = 0. Dunque l’equazione in X e quella in T
assumono un ruolo asimmetrico, perché la prima (e solo la prima) è corredata
di condizioni al contorno:
X 00 (x) = X (x) per 0 < x < L
X (0) = X (L) = 0:
(3.24)
Con ciò abbiamo ottenuto un problema agli autovalori per l’operatore di¤erend2
ziale dx
2 R (autovalori) e soluzioni X (x) non identica2 : si cercano numeri
mente nulle (autofunzioni) del problema (3.24). Si ri‡etta sul fatto che per ogni
possiamo scrivere l’integrale generale dell’equazione di¤erenziale, dipendente
da due costanti arbitrarie, ma non per ogni è possibile determinare le costanti
di integrazione in modo da soddisfare le condizioni nulle agli estremi:
se = 0; X (x) = c1 x +pc2 si annulla
in x = 0; x = L solo per c1 = c2 = 0;
p
x
x
se > 0; X (x) = c1 e
+ c2 e
si annulla in x = 0; x = L solo per
c1 = c2 = 0;
p
p
se < 0; X (x) = c1 cos
x + c2 sin
x si annulla in x = 0; x = L
p
2 2
per c1 = 0 e per qualsiasi c2 purché sia sin
L = 0; cioè = nL2 , con
n = 1; 2; 3; :::
Abbiamo dunque ricavato autovalori e autofunzioni del problema (3.24):
=
n2 2
n x
; Xn (x) = cn sin
, per n = 1; 2; 3; :::
L2
L
76
(cn costante arbitraria). Possiamo ora risolvere l’equazione (3.23) per questi
valori di :
T 0 (t) =
n2 2 c
T (t)
L2
Tn (t) = cn e
n2 2 c
t
L2
e in de…nitiva le soluzioni a variabili separate dell’equazione a derivate parziali
e delle condizioni al contorno:
n2 2 c
n x
e L2 t :
un (x; t) = Xn (x) Tn (t) = cn sin
L
Nessuna di queste soluzioni in generale soddisferà anche la condizione iniziale,
perché un (x; 0) = cn sin (n x). L’idea allora è la seguente: essendo l’equazione
di¤erenziale lineare e omogenea, con condizioni agli estremi omogenee, ogni
combinazione lineare …nita delle un soddisferà ancora equazione e condizioni
al contorno. Possiamo cercare una serie in…nita di queste soluzioni che per
un’opportuna scelta dei coe¢ cienti cn converga ed assuma anche la condizione
iniziale. Scriviamo dunque
u (x; t) =
1
X
cn sin
n=1
n x
e
L
n2 2 c
t
L2
(3.25)
e imponiamo la condizione iniziale:
u (x; 0) =
1
X
n=1
cn sin
n x
= u0 (x) per 0 < x < L
L
Si tratta dunque di scegliere i coe¢ cienti cn come i coe¢ cienti di Fourier dello
sviluppo di u0 in serie di soli seni in (0; L). Ricapitoliamo come si fa.
1. Considerata u0 (x) de…nita in [0; L], si de…nisce u
e0 : [ L; L] ! R ottenuta
da u prolungandola in [ L; 0] in modo che risulti una funzione dispari:
u
e0 (x) =
u0 (x)
u0 ( x)
per x 2 [0; L]
per x 2 [ L; 0] :
Notiamo che se u0 è continua in [0; L] e u0 (0) = u0 (L) = 0 (ipotesi ragionevole
visto che questa è la temperatura iniziale, e noi vogliamo che a tutti gli istanti
t > 0 la temperatura sia nulla agli estremi), la u
e0 sarà continua in [ L; L] e
soddsferà la condizione di raccordo u
e0 ( L) = u
e0 (L) (= 0).
2. Ora scriviamo lo sviluppo di Fourier di u
e0 (x) in [ L; L]; il sistema
trigonometrico adattato a quest’intervallo è
n
n x o
n x
; sin
;
cos
L
L
d’altro canto u
e0 (x) è una funzione dispari, quindi avrà coe¢ cienti an nulli e
Z
Z
1 L
n x
2 L
n x
bn =
u
e0 (x) sin
dx =
u
e0 (x) sin
dx:
L L
L
L 0
L
77
Poiché d’altro canto in [0; L] è u
e0 (x) = u0 (x), si avrà (supponendo anche u0
regolare a tratti)
u0 (x) =
1
X
bn sin
n=1
2
bn =
L
Z
n x
L
L
u0 (y) sin
0
per x 2 [0; L] ; con
n y
dy:
L
Se quindi nella (3.25) scegliamo i coe¢ cienti cn uguali a questi coe¢ cienti
bn dovremmo avere una soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet. Al solito,
si tratta ora di provare che sotto opportune ipotesi su u0 il tutto è rigoroso.
Discussione delle proprietà della soluzione ottenuta
Vedremo che la situazione in questo caso ha forti analogie con quanto accade
per il problema di Dirichlet per il laplaciano sul cerchio.
Infatti, notiamo anzitutto che
sin
n x
e
L
n2 2 c
t
L2
e
n2 2 c
t
L2
;
dove l’ultima espressione scritta, per qualunque t > 0 (…ssato) e per ogni x 2
[0; L] tende a zero esponenzialmente al tendere di n a in…nito. Perciò, non
appena la successione fcn g dei coe¢ cienti è limitata (il che accade non appena
u0 è integrabile in [0; L]), non solo la serie (3.25) converge, ma anche la sua serie
derivata rispetto a x o t (qualunque numero di volte) continua a convergere.
Più precisamente:
1. Se la successione fcn g dei coe¢ cienti è limitata, allora in ogni dominio
Qt0 = f(x; t) : x 2 [0; L] ; t
t0 g
(per t0 > 0 …ssato), la serie che assegna u e quelle che si ottengono da questa
derivando un numero qualsiasi di volte rispetto a t o a x risultano convergenti
totalmente e quindi uniformemente. In particolare, la serie rappresenta una
funzione u che è derivabile in…nite volte in ogni insieme Qt0 e quindi in de…nitiva
per ogni t > 0. Non è, …nora, garantita, la regolarità della soluzione …no a t = 0.
In altre parole, la funzione rappresentata dalla (3.25) è in…nitamente derivabile
per t > 0. L’equazione del calore, dunque, è fortemente regolarizzante, come
l’equazione di Laplace.
2. Poiché le derivate di u si possono calcolare derivando la serie termine
a termine, e poiché ogni termine della serie soddisfa l’equazione di¤erenziale
(proprio per come è stata ottenuta: è una soluzione a variabili separate), anche
la u rappresentata dalla (3.25) soddisfa l’equazione di¤erenziale.
3. Poiché, per il punto 1, in particolare, la funzione u è continua in Qt0 , per
x ! 0 e x ! L (e t t0 > 0) la u tende al suo valore negli estremi, che è zero:
quindi le condizioni agli estremi sono assunte con continuità, per ogni t > 0.
4. Chiediamoci ora in che senso è assunto il dato iniziale. Anche in questo
caso si può distinguere il quadro “classico”da quello L2 . Proviamo due risultati.
78
Teorema 3.35 (condizione iniziale classica) Supponiamo che u0 soddis… delle
ipotesi sotto cui la sua serie di Fourier20 converge totalmente, ad es. (v. §3.5.2),
u0 2 C 1 ([0; L]) e soddisfa la condizione di raccordo
u0 (0) = u0 (L) = 0:
Allora la u de…nita dalla ( 3.25) è continua in [0; L]
lim
(x;t)!(x0 ;0)
[0; 1), in particolare
u (x; t) = u0 (x0 ) per ogni x0 2 [0; L] .
Dimostrazione. Nelle ipotesi fatte su u0 , la funzione u
e0 (ri‡essa dispari di u0
su [ L; L], come sopra) soddisfa le ipotesi della convergenza totale della serie
di Fourier di u
e0 , ossia
1
X
jck j < 1:
k=1
Poiché d’altro canto per (x; t) 2 [0; L]
k x
L
ck sin
[0; 1) si ha
e
k2 2 c
t
L2
jck j ;
la serie che assegna u (x; t) converge totalmente in [0; L]
formemente, perciò u è continua in questo dominio.
[0; 1), quindi uni-
Teorema 3.36 (Condizione iniziale L2 ) Se u0 2 L2 (0; L), allora il dato
iniziale è assunto in senso L2 , ossia
u0 kL2 (0;L) ! 0 per t ! 0+ :
ku ( ; t)
Dimostrazione. Sappiamo che per ogni t > 0 è
u (x; t)
u0 (x) =
1
X
cn sin
n=1
n x
L
e
n2 2 c
t
L2
1
e quindi, per l’uguaglianza di Perceval,
ku ( ; t)
2
u0 kL2 (0;L) =
1
X
L 2
c e
2 n
n=1
n2 2 c
t
L2
2
1
:
P1
Ora ragioniamo così: poiché la serie n=1 c2n converge, per ogni " > 0 esiste n0
tale che
L X 2
c < ";
2 n>n n
0
20 o
meglio il suo sviluppo di Fourier in serie di soli seni, quindi lo sviluppo di Fourier
standard della funzione u
e0 ri‡essa dispari di u.
79
quindi
ku ( ; t)
2
u0 kL2 (0;L)
n0
X
L 2
=
c e
2 n
n=1
=
e
e
2c
n2
0
t
L2
1
e
2c
n2
0
t
L2
1
e
1
+
X L
c2 e
2 n
n>n
n2 2 c
t
L2
2
1
0
2c
n2
0
t
L2
Ora, essendo n0 e " …ssati, esiste
2
n2 2 c
t
L2
n0
2X
X L
L 2
cn +
c2n
2
2
n>n
n=1
1
0
1
2X
L 2
c +"
2 n
n=1
2
2
ku0 kL2 (0;L) + ":
> 0 tale che per 0 < t <
2c
n2
0
t
L2
risulta
2
1
<"
e quindi
ku ( ; t)
2
2
u0 kL2 (0;L) < " ku0 kL2 (0;L) + 1
per 0 < t < ;
da cui la convergenza voluta.
In particolare grazie al teorema sull’assunzione della condizione iniziale in
senso classico possiamo a¤ermare il seguente
Teorema 3.37 Sia u0 2 C 1 ([0; L]) soddisfacente le condizioni
u0 (0) = u0 (L) = 0:
Allora, detto Q = (0; L) (0; 1) esiste una e una sola funzione u 2 C 1;2 (Q) \
C 0 Q soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet
8
< ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0
u (0; t) = u (L; t) = 0
:
u (x; 0) = u0 (x)
in senso classico (ossia con condizioni iniziali e agli estremi assunte con continuità). Questa soluzione è assegnata dalla ( 3.25) e soddisfa inoltre il principio
di massimo parabolico
max ju (x; t)j
max ju0 (x)j ;
(x;t)2Q
x2[0;L]
che è in questo caso una stima di dipendenza continua della soluzione dalla
condizione iniziale.
80
Nucleo del calore sul segmento
Consideriamo ancora la formula di rappresentazione della soluzione e, utilizzando l’espressione esplicita dei coe¢ cienti cn che in essa compaiono, trasformiamola in una formula di rappresentazione integrale:
u (x; t) =
1
X
cn sin
n=1
2
cn =
L
Z
n x
e
L
L
u0 (y) sin
0
n2 2 c
t
L2
n y
dy:
L
Allora,
!
Z L
1
X
n2 2 c
2
n y
n x
u (x; t) =
u0 (y) sin
dy sin
e L2 t
L
L
L
0
n=1
!
Z L
1
n2 2 c
n y
n x
2 X
t
sin
sin
e L2
=
u0 (y)
dy
L n=1
L
L
0
Z L
=
u0 (y) K (x; y; t) dy
0
con
K (x; y; t) =
1
n y
2 X
n x
sin
sin
e
L n=1
L
L
n2 2 c
t
L2
,
espressione che de…nisce una funzione molto regolare per ogni t > 0, ma perde
signi…cato per t = 0.
Anche se questa serie non si può facilmente sommare (ottenendo un’espressione più esplicita del nucleo K), utilizzando quest’espressione è ancora possibile,
analogamente a quanto accade per il nucleo di Poisson sul cerchio (v. § 5.1.3)
dimostrare il seguente risultato:
Teorema 3.38 Supponiamo che la funzione u0 sia continua in [0; L] e soddis…
la condizione u0 (0) = u0 (L) = 0. Allora la soluzione u (x; t) de…nita come
sopra assume con continuità la condizione iniziale, ossia:
lim
(x;t)!(x0 ;0)
u (x; t) = u0 (x0 ) per ogni x0 2 [0; L] .
(Se u0 non soddisfa la condizione u0 (0) = u0 (L) = 0 la conclusione precedente
vale comunque per ogni x0 2 (0; L)). Pertanto, il problema di Cauchy-Dirichlet
(3.22) può essere risolto in senso classico per ogni dato iniziale continuo.
Per la dimostrazione, si rimanda a [Weinberger, pp.108-110].
Esercizio 3.39 Risolvere per separazione di variabili il problema di CauchyNeumann
8
< ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0
ux (0; t) = ux (L; t) = 0
:
u (x; 0) = u0 (x) :
81
Signi…cato …sico: una sbarra è termicamente isolata, priva di sorgenti o pozzi di
calore interni, ed è nota la temperatura iniziale. Studiare l’andamento nel tempo
(ci aspettiamo che la temperatura tenda a una costante non zero). Discutere
quindi la validità della formula risolutiva trovata, analogamente a quanto fatto
nel caso di Cauchy-Dirichlet.
L’equazione del calore retrograda. Un esempio di problema mal posto
Le funzioni
n x n2 22 c t
1
e L
sin
n
L
(per n = 1; 2; 3; :::) soddisfano i problemi di Cauchy-Dirichlet
8
< ut + cuxx = 0 per 0 < x < L; t > 0
u (0; t) = u (L; t) = 0
(Pn ) :
:
u (x; 0) = n1 sin nLx
un (x; t) =
(cioè: per ogni n, un soddisfa (Pn )). Si osservi che abbiamo cambiato il segno
davanti al termine cuxx , rispetto all’equazione del calore. Quest’equazione si
chiama equazione del calore retrograda, o all’indietro, o backward. Notiamo la
particolarità di questa situazione: per una stessa equazione di¤erenziale, con
condizioni agli estremi nulli, abbiamo una successione di condizioni iniziali
vn (x) =
1
n x
sin
n
L
che tende uniformemente a zero in [0; L]. Invece la famiglia delle corrispondenti
soluzioni un , per (x; t) …ssati non tende a¤atto a zero, ma oscilla con ampiezza
illimitata, in quanto
1 n2 22 c t
e L
! 1 per n ! 0 e t > 0:
n
I gra…ci delle soluzioni un (x; t)per n = 1; 2; 3.Come si vede, per t = 0
(condizione iniziale) il gra…co è via via più piccolo, mentre per t > 0
oscilla sempre più al crescere di n: la soluzione è instabile rispetto ai dati.
82
Il problema è quindi mal posto, in quanto viene a cadere la dipendenza
continua della soluzione dalla condizione iniziale. Intepretazione …sica: è un’equazione del calore retrograda, quindi il problema con condizione iniziale assegnata equivale a un problema con condizione …nale assegnata per l’equazione
standard del calore. La morale è che, nello studio della di¤usione del calore,
dallo stato presente del sistema non si può risalire con precisione al suo passato. L’evoluzione del sistema “liscia”rapidamente le eventuali oscillazioni della condizione iniziale, cancellando le informazioni, che non si riescono più a
ricostruire.
3.4
3.4.1
L’equazione della corda vibrante
La corda vibrante …ssata agli estremi
Come abbiamo visto nel §2.3.1, una corda elastica omogenea …ssata ai due estremi, pizzicata in modo da eseguire piccole oscillazioni rispetto all’equilibrio, e
soggetta eventualmente a una forza di carico f , soddisfa l’equazione di¤erenziale
utt
c2 uxx = f
dove u (x; t) rappresenta l’altezza al tempo t del punto della corda che a riposo si
trova nel punto x, e c è una costante positiva con le dimensioni di una velocità;
precisamente,
0
c2 =
0
dove 0 è la tensione della corda a riposo e 0 la densità della corda a riposo,
supposte entrambe costanti.
Se la corda è …ssata agli estremi e sono note la sua con…gurazione iniziale
u0 (x) e la sua velocità iniziale v0 (x), la u (x; t) soddisferà il problema di CauchyDirichlet:
8
2
per 0 < x < L; t > 0
>
> utt c uxx = f
<
u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0
(3.26)
u (x; 0) = u0 (x)
per 0 < x < L
>
>
:
ut (x; 0) = v0 (x)
per 0 < x < L:
Invece delle condizioni di Dirichlet u (0; t) = u (L; t) = 0 si potrebbero
assegnare condizioni di Neumann omogenee
ux (0; t) = ux (L; t) = 0;
il cui signi…cato …sico è: ciascun estremo della corda non è …sso, ma può scorrere
verticalmente senza attrito su una guida verticale. Cominciamo a stabilire un
risultato di unicità, poi a¤ronteremo la risoluzione del problema.
Energia e risultati di unicità
Calcoliamo l’energia meccanica totale della corda al tempo t nelle ipotesi precedenti.
83
Per l’energia cinetica si ha:
Ecin =
1
2
Z
L
u2t dm =
0
1
2
Z
L
2
0 ut dx:
0
Per l’energia potenziale dovuta alle forze di tensione, iniziamo a considerare
il contributo di un tratto di lunghezza x. L’allungamento di questo tratto
quando non è a riposo sarà:
Z x+ x p
Z x+ x
Z x+ x p
1 2
1
2
2
1 + ux dx
x=
1 + ux 1 dx '
ux dx ' u2x x
2
2
x
x
x
e il lavoro elementare delle forze elastiche per produrre questo allungamento
sarà
1
dW = 0 u2x x:
2
L’energia potenziale totale è l’integrale di questo lavoro elementare su tutto il
segmento di corda, quindi
Z
1 L
2
Epot =
0 ux dx
2 0
e in de…nitiva l’energia totale all’istante t è
Z
Z
Z
1 L
1 L
1 L
2
2
E (t) =
0 ut dx +
0 ux dx =
2 0
2 0
2 0
2
0 ut
+
2
0 ux
dx:
(3.27)
Calcoliamo ora la variazione di energia nel tempo. Derivando sotto il segno
di integrale si ha (sempre supponendo 0 ; 0 costanti)
E 0 (t) =
Z
L
( 0 ut utt +
0 ux uxt ) dx:
0
Integriamo per parti il secondo addendo:
Z L
ux (0; t) ut (0; t)]
0 ux uxt dx = 0 [ux (L; t) ut (L; t)
0
Z
L
0 uxx ut dx
0
perciò, usando anche l’equazione di¤erenziale soddisfatta da u;
Z L
0
E (t) = 0 [ux (L; t) ut (L; t) ux (0; t) ut (0; t)] +
( 0 utt
0 uxx ) ut dx
0
=
0
[ux (L; t) ut (L; t)
ux (0; t) ut (0; t)] +
Z
L
( 0 f ) ut dx
(3.28)
0
La relazione trovata permette ora di dimostrare facilmente il seguente
Teorema 3.40 (di unicità) Il problema di Cauchy-Dirichlet (3.26), o l’analogo problema di Cauchy-Neumann, ha al più una soluzione regolare.
84
Dimostrazione. Come già sappiamo, provare l’unicità signi…ca, per la linearità
del problema, provare che l’analogo problema con termine noto f = 0 e condizioni iniziali u0 ; v0 = 0 ha solo la soluzione identicamente nulla. Applichiamo
a questa situazione la relazione (3.28). Poiché f = 0 avremo
E 0 (t) =
0
[ux (L; t) ut (L; t)
ux (0; t) ut (0; t)] :
Ora nel caso del problema di Neumann si ha ux (0; t) = ux (L; t) = 0 e quindi
E 0 (t) = 0; nel caso del problema di Dirichlet, dal fatto che u (0; t) = u (L; t) = 0
per ogni t > 0 deduciamo anche, derivando rispetto a t, che ut (0; t) = ut (L; t) =
0, quindi ancora E 0 (t) = 0:
In ogni caso quindi l’energia totale è costante, quindi per ogni t > 0 è:
E (t) = E (0) =
=
1
2
Z
L
1
2
Z
L
2
0 ut
(x; 0) +
2
0 ux
(x; 0) dx
0
2
0 v0
2
(x) +
0
0
(u0 )x (x) dx = 0;
cioè l’energia è identicamente nulla, ossia per ogni t > 0
Z
L
2
0 ut
+
2
0 ux
dx = 0:
0
Questo implica che per ogni t è ux (x; t)
nulla agli estremi, u (x; t) 0.
0, quindi u ( ; t) costante, ed essendo
Risoluzione del problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione omogenea
Consideriamo ora il problema (con termine noto nullo)
8
utt c2 uxx = 0
per 0 < x < L; t > 0
>
>
<
u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0
(3.29)
per 0 < x < L
> u (x; 0) = u0 (x)
>
:
ut (x; 0) = v0 (x)
per 0 < x < L:
Anche questo si può a¤rontare per separazione delle variabili: si cerca
u (x; t) = X (x) T (t)
e questo con un ragionamento analogo ai precedenti porta come sottoproblemi:
X 00 (x) = X (x) per 0 < x < L
X (0) = X (L) = 0
(dove si è già tenuto conto delle condizioni agli estremi), e
T 00 (t) = c2 T (t) :
85
Il primo problema è lo stesso che abbiamo incontrato risolvendo l’equazione del
calore sulla sbarra, perciò avrà le stesse soluzioni:
Xn (x) = sin
n
Sostituendo
=
n
=
n x
L
n 2
:
L
nell’equazione in t si ha
2
n
L
T 00 (t) =
c2 T (t)
e quindi
n ct
L
Tn (t) = an cos
+ bn sin
n ct
L
:
Le soluzioni a variabili separate sono perciò
n x
L
un (x; t) = sin
n ct
L
an cos
+ bn sin
n ct
L
:
Ciascuna di queste un soddisfa l’equazione di¤erenziale e le condizioni agli
estremi, ma non, in generale, le condizioni iniziali.
Per soddisfare le condizioni iniziali cerchiamo una u (x; t) data dalla serie
(combinazione lineare) delle in…nite un :
u (x; t) =
1
X
n=1
sin
n x
L
n ct
L
an cos
n ct
L
+ bn sin
:
(3.30)
Imponendo la condizione u (x; 0) = u0 (x) si ha
u0 (x) =
1
X
an sin
n=1
n x
L
ossia i coe¢ cienti an devono essere quelli che danno lo sviluppo di Fourier in
serie di soli seni della funzione u0 sull’intervallo [0; L], ossia (come già visto nel
caso del calore)
Z
2 L
n y
an =
u0 (y) sin
dy:
(3.31)
L 0
L
Per imporre la condizione iniziale sulla derivata ut calcoliamo prima (derivando formalmente termine a termine la serie)
1
@u (x; t) X
n x
=
sin
@t
L
n=1
=
1
X
n=1
sin
n x
L
@
an cos
@t
an
n ct
L
n c
sin
L
86
+ bn sin
n ct
L
n ct
L
+ bn
n c
cos
L
n ct
L
quindi
1
@u (x; 0) X
n x
n c
sin
= v0 (x)
=
bn
@t
L
L
n=1
quindi l’ultima serie scritta dev’essere lo sviluppo in serie di soli seni del dato
v0 (x) ; da cui
Z
2 L
n y
n c
=
v0 (y) sin
dy;
bn
L
L 0
L
e in de…nitiva
bn =
2
n c
Z
L
v0 (y) sin
0
n y
dy:
L
(3.32)
Perciò: la funzione (3.30), con i coe¢ cienti an ; bn assegnati dalle (3.31)
(3.32), rappresenta la soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet (3.26).
Discussione delle proprietà della soluzione ottenuta
Tutto ciò è per ora puramente formale: occorre capire sotto quali condizioni
la serie (3.31) converge ed è derivabile termine a termine quanto occorre per
veri…care che soddisfa l’equazione di¤erenziale. Le funzioni di t che compaiono
nella serie, cos n Lct , a di¤ erenza dell’esempio dell’equazione del calore, (in cui
erano gli esponenziali rapidamente decrescenti exp
n2 2 ct =L2 ) in questo
caso non aiutano la convergenza della serie stessa per t > 0. Precisamente:
poiché derivando due volte rispetto a x o rispetto a t compare un coe¢ ciente
n2 , se vogliamo che la serie delle derivate seconde converga uniformemente, e
quindi la derivazione termine a termine sia lecita, dobbiamo assicurarci che sia
1
X
n=1
n2 (jan j + jbn j) < 1:
Questo, in base ai risultati sulla velocità a zero dei coe¢ cienti di Fourier discussi
nel § 3.5.2 (Teorema 3.6), si traduce nelle seguenti richieste sui dati iniziali:
u0 2 C 3 (0; L) ; con u0 (0) = u0 (L), u00 (0) = u00 (L), u000 (0) = u000 (L);
v0 2 C 2 (0; L) ; con v0 (0) = v0 (L), v00 (0) = v00 (L).
Si osservi che i coe¢ cienti bn sono i coe¢ cienti di Fourier di v0 divisi per
n; questa è la ragione per cui le richieste su v0 sono meno forti (di un grado di
derivabilità) rispetto a quelle per u0 .
Sotto queste ipotesi in particolare le serie che assegnano sia u che ut sono
uniformemente convergenti per t 0, quindi le condizioni iniziali sono assunte
con continuità.
L’analisi precedente mostra che, a di¤erenza dell’equazione del calore e di
Laplace, l’equazione delle onde non è regolarizzante: la soluzione per t > 0 non
diventa automaticamente molto regolare (all’interno del dominio cilindrico) indipendentemente dalla regolarità dei dati iniziali (come accadeva per l’equazione
del calore o -sostituendo “dato iniziale” con “dato al bordo”- per l’equazione
di Laplace). Questo si può interpretare dicendo che l’equazione “non ci regala
87
nulla”: se vogliamo che sia C 2 per t > 0; dovrà essere C 2 anche per t = 0; il che
signi…ca che le ipotesi minime sotto cui possiamo sperare ci sia soluzione sono:
u0 2 C 2 (0; L) e v0 2 C 1 (0; L) (perché v0 è una derivata di u). Rispetto
a queste ipotesi, quelle che abbiamo dovuto fare sono più pesanti, richiedendo
sostanzialmente un grado di derivabilità in più rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Evidentemente la strada degli sviluppi di Fourier non è quella migliore
per ottenere sotto ipotesi minime un risultato di esistenza per il problema di
Cauchy-Dirichlet. E’comunque signi…cativo il fatto che il procedimento precedente, sia pur sotto ipotesi un po’ forti, si possa rendere totalmente rigoroso.
Abbiamo infatti dimostrato il seguente
Teorema 3.41 Supponiamo assegnate le funzioni u0 ; v0 soddisfacenti le condizioni:
u0 2 C 3 (0; L) ; con u0 (0) = u0 (L), u00 (0) = u00 (L), u000 (0) = u000 (L);
v0 2 C 2 (0; L) ; con v0 (0) = v0 (L), v00 (0) = v00 (L).
Allora esiste una e una sola u (x; t) 2 C 2 ([0; L] [0; +1)) soluzione del
problema (3.29).
Discussione delle proprietà della soluzioni stazionarie
Ci interessa ora esaminare le proprietà delle singole funzioni un (x; t). Ognuna
di esse rappresenta un possibile moto di vibrazione della corda, particolarmente
semplice, detta vibrazione stazionaria: ogni punto della corda descrive un moto
periodico (nel tempo) di tipo armonico, avente
pulsazione
n c
L
periodo
2L
nc
frequenza
c
n 2L
in particolare la frequenza di un è n volte la frequenza di u1 , detta frequenza
fondamentale di vibrazione della corda. Immaginiamo che la corda vibrante sia
una corda di chitarra. Dal punto di vista musicale, la frequenza fondamentale
di vibrazione della corda rappresenta l’altezza della nota che noi percepiamo; le
frequenze doppia, tripla, ecc. rappresentano le armoniche superiori, e un si dice
perciò n-esima armonica. Se ad esempio la frequenza fondamentale rappresenta
la nota do di una certa ottava che chiamiamo convenzionalmente ottava 1, le
armoniche successive rappresenteranno:
n=1
do1
2
do2
3
sol2
4
do3
5
mi3
6
sol3
7
sib3
8
do4
(dove l’indice indica l’ottava), e così via. In particolare: ogni raddoppio di
frequenza equivale a un salto di ottava. Assegnata una condizione iniziale, il
moto reale della corda è sovrapposizione di un numero teoricamente in…nito
di vibrazioni stazionarie, ma (poiché i coe¢ cienti di Fourier tendono a zero) è
88
ben approssimata dalla somma di un numero …nito di vibrazioni stazionarie.
Questo signi…ca che una corda pizzicata vibra emettendo un suono dato da una
certa frequenza fondamentale, che però è arricchito dalla presenza di un certo
numero di armoniche successive (generalmente di ampiezza molto inferiore), che
compelssivamente formano quello che chiamiamo il timbro di quel suono, o di
quello strumento musicale. Torniamo ad una singola vibrazione stazionaria. Ad
ogni istante la funzione un (x; t) ha un gra…co che è multiplo di
un (x; 0) = sin
n x
L
quindi ha la stessa “forma” di questo gra…co: la corda vibra “su e giù” mantenendo immobili in ogni istante i punti in cui un (x; 0) = 0, cioè i due estremi,
più (n 1) nodi interni. Ad esempio, per n = 3 le vibrazioni hanno la forma:
con due nodi interni, oltre ai due estremi …ssati. In generale, un ha (n 1) nodi
interni, e (n + 1) nodi complessivi (considerando anche gli estremi).
Come vedremo più avanti, alcune caratteristiche …siche del moto della corda
vibrante si ritrovano per le membrane vibranti (cioè in dimensione due) mentre
altre sono di¤erenti.
Esercizio 3.42 Si risolva, analogamente a quanto fatto per la corda vibrante
…ssata agli estremi, il caso della corda che vibra soggetta ad attrito:
8
utt c2 uxx + aut = 0 per 0 < x < L; t > 0
>
>
<
u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0
u
(x; 0) = u0 (x)
per 0 < x < L
>
>
:
ut (x; 0) = 0
per 0 < x < L:
per qualche a > 0 (costante, per semplicità; abbiamo anche supposto, per semplicità, la velocità iniziale nulla). Ci aspettiamo vibrazioni smorzate nel tempo.
Per la trattazione, v. [Weinberger] pp.112-4.
89
3.4.2
La corda vibrante illimitata
Consideriamo ora l’equazione della corda vibrante su tutto R, ossia una “corda
vibrante illimitata”. E’ ovviamente un’idealizzazione matematica, ma è interessante perché il problema viene da un certo punto di vista sempli…cato, permettendo di determinare direttamente l’integrale generale dell’equazione (cosa
abbastanza unica, tra le equazioni a derivate parziali) e imporre solo dopo le condizioni iniziali; il tutto, anzi, si riesce a fare anche per l’equazione non omogenea
(cioè in presenza di una forza esterna di carico che agisce sulla corda), caso che
…nora non avevamo trattato. La formula trovata, dovuta a D’Alembert, intorno
al 1750, mette in evidenza alcune caratteristiche importanti dell’equazione della
corda vibrante (e più in generale, dell’equazione delle onde anche in dimensione
maggiore) che la soluzione per separazione di variabili nascondeva un po’. Il
problema è quindi:
8
< utt c2 uxx = f per x 2 R; t > 0
u (x; 0) = u0 (x) per x 2 R
(3.33)
:
ut (x; 0) = v0 (x) per x 2 R:
La formula di D’Alembert per l’equazione omogenea.
sizione del problema di Cauchy-Dirichlet
Trattiamo prima il caso omogeneo:
Buona po-
c2 uxx = 0
utt
con c costante. Si consideri ora la trasformazione di coordinate nel piano:
= x + ct
= x ct:
Vogliamo esprimere in funzione di ; gli operatori di¤erenziali @x ; @t ; @xx ; @tt
e riscrivere quindi l’equazione della corda vibrante rispetto alle variabili ; .
Per il teorema di di¤erenziazione delle funzioni composte si ha:
@
=u +u
@x
@
ut = u
= cu
cu
@x
@
@
@
uxx =
(u + u ) = (
+
)(u + u ) = u + 2u
@x
@
@
@
@
@
utt = (cu
cu ) = c2 (
)(u
u ) = c2 (u
@t
@
@
ux = u
@
+u
@x
@
+u
@t
+u
2u
+u
):
4u
:
Di conseguenza:
utt
c2 uxx = c2 (u
2u
+u
)
90
c2 (u
+ 2u
+u
)=
Perciò l’equazione della corda vibrante nelle nuove variabili ;
u
si scrive:
= 0:
Quest’equazione può essere risolta facilmente. Infatti
@
@
signi…ca che
@u
@
@u
@
=0
non dipende da , cioè è una funzione di
soltanto:
@u
= f1 ( )
@
con f1 funzione arbitraria. Integrando rispetto a
si trova:
u = f ( ) + g( )
dove f ( ) è una primitiva di f1 ( ) (perciò, essendo f1 arbitraria, è una funzione
arbitraria) e g( ) è la “costante di integrazione”, che non dipende da , perciò
è funzione (arbitraria) di . Sostituendo in…ne ad ; le loro espressioni in
funzione di x; t si trova:
u(x; t) = f (x
ct) + g(x + ct):
Questa rappresenta l’integrale generale dell’equazione della corda vibrante, con
f; g arbitrarie funzioni di una sola variabile, due volte derivabili. La u così
ottenuta è dunque la sovrapposizione di due onde che viaggiano a velocità c in
versi opposti, un’onda progressiva e un’onda regressiva.
Imponiamo ora le condizioni iniziali:
u0 (x) = u (x; 0) = f (x) + g(x)
v0 (x) = ut (x; 0) =
cf 0 (x) + cg 0 (x):
Quello che abbiamo ottenuto si può vedere come un sistema di due equazioni
in due funzioni incognite, f; g; che però solo nella seconda equazione compaiono
derivate. Se deriviamo anche la prima equazione otteniamo un sistema lineare
di due equazioni in due incognite:
f 0 (x) + g 0 (x) = u00 (x)
f 0 (x) + g 0 (x) = v0c(x)
che si risolve subito in f 0 ; g 0 :
1
2
1
g 0 (x) =
2
f 0 (x) =
v0 (x)
c
v0 (x)
u00 (x) +
c
u00 (x)
91
da cui per integrazione
Z
1 x
v0 (s) ds + c1
c 0
Z
1 x
v0 (s) ds + c2
u0 (x) +
c 0
1
2
1
g (x) =
2
f (x) =
u0 (x)
e quindi
u(x; t) = f (x
=
=
1
2
ct) + g(x + ct):
Z
1 x
u0 (x ct)
c 0
1
(u0 (x + ct) + u0 (x
2
ct
v0 (s) ds + c1 +
ct)) +
1
2c
Z
1
2
u0 (x + ct) +
x+ct
1
c
Z
x+ct
v0 (s) ds + c2
0
v0 (s) ds + c:
x ct
La costante c, somma delle due costanti arbitrarie, si elimina risostituendo t = 0
nell’identità precedente, che diventa
u (x; 0) = u0 (x) + c;
dunque c = 0 e la soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet è:
Z x+ct
1
1
v0 (s) ds;
u(x; t) = (u0 (x + ct) + u0 (x ct)) +
2
2c x ct
(3.34)
nota come formula di D’Alembert.
Non deve sfuggire la particolarità di questo procedimento rispetto a quelli seguiti …n qui per altri problemi: senza bisogno di alcuna teoria-quadro
preesistente (ad esempio, un teorema di unicità), lavorando direttamente sull’equazione di¤erenziale abbiamo determinato che ogni eventuale soluzione ha effettivamente questa forma (unicità). Infatti, a di¤erenza dei metodi di soluzione
per separazione delle variabili, qui non abbiamo supposto a priori che la u
avesse una particolare forma. D’altro canto sotto ipotesi ragionevoli sui dati
iniziali la formula (3.34) fornisce e¤ettivamente la soluzione del problema di
Cauchy-Dirichlet; abbiamo cioè il seguente:
Teorema 3.43 Per ogni u0 2 C 2 (R) e v0 2 C 1 (R) la funzione u (x; t) assegnata da (3.34) è soluzione (unica) del problema (3.33) con f = 0. Vale inoltre
la seguente stima di dipendenza continua (per tempi …niti): per ogni T > 0 si
ha:
max ju (x; t)j max ju0 (y)j + T max jv0 (y)j
x2R;t2[0;T ]
y2R
y2R
Dimostrazione. E’immediato veri…care che se u0 2 C 2 (R) e v0 2 C 1 (R) la
funzione u (x; t) assegnata da (3.34) è C 2 R2 . Vale forse solo la pena osservare
92
come si calcolano le derivate prime della funzione integrale che compare in (3.34):
Z x+ct
@
v0 (s) ds = v0 (x + ct) v0 (x ct)
@x
x ct
Z x+ct
@
v0 (s) ds = cv0 (x + ct) + cv0 (x ct) :
@t
x ct
Che questa u soddis… l’equazione di¤erenziale e le condizioni iniziali si può
veri…care, ma segue dal procedimento stesso con cui l’abbiamo determinata,
così come dal procedimento seguito segue l’unicità della soluzione. Quanto alla
stima di dipendenza continua, dalla (3.34) possiamo maggiorare:
Z x+ct
1
1
ju(x; t)j
(ju0 (x + ct)j + ju0 (x ct)j) +
jv0 (s)j ds
2
2c x ct
1
1
2 max ju0 j +
max jv0 j 2ct
R
2
2c R
= max ju0 j + t max jv0 j
R
R
da cui prendendo il massimo per x 2 R; t 2 [0; T ] si ha la tesi.
Si noti che la stima di dipendenza continua controlla (uniformemente) solo
la u e non le sue derivate; inoltre vale per tempi …niti (il massimo di u per t > 0
qualsiasi non è controllato).
La formula di D’Alembert per l’equazione non omogenea
Il procedimento precedente si adatta anche al caso non omogeneo
utt
c2 uxx = f;
solo con qualche calcolo più pesante. Il risultato che si ottiene è:
1
(u0 (x + ct) + u0 (x ct))
2
Z x+ct
Z t Z x+c(t
1
1
+
v0 (s) ds +
2c x ct
2c 0
x c(t
u(x; t) =
(3.35)
!
)
F (s; ) ds d :
)
Per i passaggi si rimanda a [Weinberger], pp. 24-26.
Dalla formula precedente (e dal fatto che questa sia stabilita con un procedimento simile a quello già visto, che quindi fornisce l’unicità della soluzione) si
ricava facilmente il seguente
0
R2 la funTeorema 3.44 Per ogni u0 2 C 2 (R), v0 2 C 1 (R), F; @F
@x 2 C
zione u (x; t) assegnata da (3.34) è soluzione (unica) del problema (3.33). Vale
inoltre la seguente stima di dipendenza continua (per tempi …niti): per ogni
T > 0 si ha:
max
x2R;t2[0;T ]
ju (x; t)j
max ju0 (y)j + T max jv0 (y)j + T 2
y2R
y2R
93
max
s2R; 2[0;T ]
jF (s; )j
Dimostrazione. La dimostrazione è analoga alla precedente. Mostriamo come
si calcolano le derivate della funzione integrale21 che coinvolge F , e come si
stima quel termine per ottenere la stima di dipendenza continua.
! ! Z
!
Z t Z x+c(t )
Z x+c(t )
t
@
@
F (s; ) ds d
=
F (s; ) ds d
@x
x c(t
)
0 @x
0
x c(t
)
Z t
(F (x + c (t
) ; ) F (x + c (t
) ; )) d
=
0
!
!
Z t
Z t Z x+c(t )
@F
@2
@F
F (s; ) ds d
=
(x + c (t
); )
(x + c (t
); ) d
@x2
@x
@x
0
x c(t
)
0
! ! Z
!
Z t Z x+c(t )
Z x+c(t )
t
@
@
F (s; ) ds d
=
F (s; ) ds d
@t
0 @t
0
x c(t
)
x c(t
)
Z
@2
@t2
1
2c
Z
t
0
Z
0
t
x+c(t
F (s; ) ds d
x c(t
Z
x+c(t
x c(t
!
)
)
)
!
!
0
=c
1
2c
F (s; ) ds d
)
= 2cF (x; t)
Z t
(cF (x + c (t
+
1
2c
=
3.5
2
Z
t
@F
(x + c (t
@x
0
Z
t
0
Z
0
Z
x+c(t
x c(t
T
) ; ) + cF (x
Z
x+c(T
x c(T
); )
@F
(x
@x
!
)
)
c (t
jF (s; )j ds d
)
max
) s2R; 2[0;T ]
) ; )) d
c (t
); ) d
!
jF (s; )j ds d
1
max jF (s; )j 2cT 2 = T 2
max jF (s; )j
2c s2R; 2[0;T ]
s2R; 2[0;T ]
Equazione delle onde in dimensione superiore
Qualche risultato generale di unicità che abbiamo dimostrato per l’equazione
della corda vibrante si estende all’equazione delle onde in dimensione spaziale
n > 1,
utt c2 u = f
(3.36)
2 1 Forse vale la pena ricordare la formula per il calcolo della derivata di una funzione integrale
in cui la variabile rispetto a cui si deriva compaia sia nell’integranda che negli estremi di
integrazione:
!
Z b(x)
d
f (x; t) dt = f (x; b (x)) b0 (x) f (x; a (x)) a0 (x)
dx
a(x)
Z b(x)
@f
+
(x; t) dt:
a(x) @x
94
che si può studiare in Rn+1 o in un dominio cilindrico QT =
(0; T ) con
Rn dominio limitato (v. §4.3.3 per la descrizione dei problemi iniziali e al
contorno che è interessante studiare, e i loro signi…cati …sici).
3.5.1
Energia e risultato di unicità
Anche in questo caso si può calcolare l’energia meccanica totale del sistema, che
è proporzionale a:
Z
1
2
u2t + c2 jruj dx:
E (t) =
2
Apriamo una parentesi. Si potrebbe obiettare: non abbiamo neppure precisato se stiamo studiando l’equazione pensando a una membrana vibrante
(n = 2), a onde sonore nell’aria (n = 3) o a un altro fenomeno: come possiamo a¤ermare che “l’energia del sistema è data da questa espressione”? Di
quale sistema …sico si parla? In realtà, come vedremo in seguito, dal punto di
vista del rigore del ragionamento che seguirà, questo non ha alcuna importanza: E (t) è semplicemente una funzione matematica, lavorando sulla quale con
opportuni passaggi dimostreremo un risultato di unicità per i problemi iniziali e
al contorno per l’equazione delle onde. E’istruttivo però il fatto che l’intuizione
…sica di quale sia una quantità rilevante per il problema in esame (in almeno
qualcuna delle possibili interpretazioni …siche) suggerisce quale sia la funzione
matematica su cui lavorare.
Calcoliamo ora la derivata rispetto al tempo
Z
0
E (t) =
ut utt + c2 ru rut dx =
applicando la prima identità di Green al secondo integrale
Z
Z
Z
@u
ut dS
=
ut utt dx c2
( u) ut dx + c2
@ @
Z
Z
@u
ut dS:
=
ut f dx + c2
@ @
Possiamo ora provare il seguente:
Teorema 3.45 Consideriamo un problema di Cauchy-Dirichlet o NeumannDirichlet per l’equazione (3.36) su un dominio QT =
(0; T ) con
Rn
su¢ cientemente regolare da potervi applicare il teorema della divergenza. La
soluzione regolare di tale problema, se esiste, è unica.
Dimostrazione. Come al solito, si tratta di provare che la soluzione di un
analogo problema con termine noto f , condizioni iniziali u (x; 0) ; ut (x; 0) e
condizioni al contorno tutte nulle, è identicamente nulla. Partiamo dall’identità
Z
Z
@u
E 0 (t) =
ut f dx + c2
ut dS = 0
@ @
95
perché f = 0 e, nel secondo integrale, se il problema è di Neumann @u
= 0
@
mentre se è di Dirichlet u ( ; t) = 0 su @ per ogni t; da cui t-derivando è anche
ut ( ; t) = 0 su @ . Dunque E 0 (t) = 0; quindi
Z
1
2
E (t) = E (0) =
u2t (x; 0) + c2 jru (x; 0)j dx = 0
2
per le condizioni iniziali nulle. Ne segue
Z
2
u2t + c2 jruj dx = 0 per ogni t;
da cui u =cost.= 0, con i soliti ragionamenti.
3.5.2
Onde sferiche tridimensionali
Ci occuperemo in seguito, un po’ alla volta, di vari problemi ai limiti per l’equazione delle onde in dimensione spaziale 2 o 3. Vediamo adesso un solo caso particolare, perché come vedremo la sua risoluzione si riconduce a quella
dell’equazione della corda vibrante illimitata, che abbiamo appena studiato.
Cerchiamo di determinare le onde sferiche, cioè le soluzioni dell’equazione
delle onde in 3 dimensioni spaziali, in tutto lo spazio, aventi simmetria radiale.
Per mettere meglio in evidenza la particolarità del caso tridimensionale, iniziamo
il nostro discorso in dimensione spaziale n qualsiasi. E’noto che se u (x) = f (jxj)
è una funzione radiale,
u (x) = f 00 ( ) +
(n
1)
f0 ( ) ;
quindi per un’onda radiale
u (x; t) = w ( ; t)
si ha
wtt
c2 w
+
(n
1)
w
=0
che si può riscrivere
2
wtt
c2
2
w
+ (n
1) w
=0
e, osservando che
( w)
= ( w + w) = w
+ 2w ;
notiamo che, solo per n = 3, si può riscrivere l’equazione nella forma
( w)tt
c2 ( w)
=0
cioè w in queso caso è soluzione dell’equazione della corda vibrante illimitata,
pertanto la più generale soluzione radiale (nello spazio) dell’equazione delle onde
tridimensionale in tutto lo spazio è:
w ( ; t) =
f ( + ct) + g (
96
ct)
;
(3.37)
ossia è la sovrapposizione di un’onda che si allontana dall’origine e una che si
avvicina, entrambe smorzate dal fattore 1 .
Si noti che, non ostante la presenza del fattore 1 , l’onda non è necessariamente singolare nell’origine, ad esempio:
w ( ; t) =
sin ( + ct) + sin (
ct)
=
2 sin cos (ct)
! 2 cos (ct) per
! 0:
Più in generale, si può dimostrare che se nella (3.37) si sceglie f = g con f
funzione dispari e regolare, si ha che per ! 0
w ( ; t) =
f ( + ct) + f (
ct)
Se invece f = g con f funzione pari, allora per
w ( ; t) =
3.6
f ( + ct) + f (
ct)
! 2f 0 (ct) :
!0
2f (ct)
! 1:
Esercizi sul metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier
Esercizio 3.46 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente
problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore omogenea sul segmento:
8
< ut = 3uxx per 0 < x < 1; t > 0
u (0; t) = u (1; t) = 0
:
u (x; 0) = sin3 ( x)
Esercizio 3.47 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente
problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione della corda vibrante:
8
utt = 4uxx per 0 < x < ; t > 0
>
>
<
u (0; t) = u ( ; t) = 0
u (x; 0) = sin 2x cos 3x
>
>
:
ut (x; 0) = 0:
Esercizio 3.48 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente
problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul cerchio:
8 2
1 @2u
< @ u 1 @u
+
+ 2 2 = 0 per 2 [0; 1); # 2 [0; 2 ]
2
@
@
@#
:
u (R; #) = # (2
#)
per # 2 [0; 2 ] :
Esercizio 3.49 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente
problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sulla corona circolare:
8 2
2
>
> @ u + 1 @u + 1 @ u = 0 per 2 (1; 2) ; # 2 [0; 2 ]
<
2
2
@
@
@#2
per # 2 [0; 2 ]
>
> u (1; #) = 1
:
u (2; #) = 3
per # 2 [0; 2 ]
97
Esercizio 3.50 Si risolva, col metodo di separazione delle variabili, il seguente
problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul rettangolo:
8
< uxx + uyy = 0 per x 2 (0; A) ; y 2 (0; B)
u (x; 0) = u (x; B) = u (A; y) = 0
:
u (0; y) = f (y) :
In altre parole, il dato al contorno assegnato sul bordo del rettangolo è diverso
da zero solo su uno dei 4 lati (per semplicità).
Suggerimento: cercare soluzioni a variabili separate u (x; y) = X (x) Y (y)
coi metodi visti sopra. Il problema agli autovalori è quello nella Y (y) ; che deve
annullarsi a entrambi gli estremi. Scrivere la formula risolutiva nel modo più
semplice e compatto. Si trova:
u (x; y) =
1
X
bn
n=1
bn =
2
B
Z
n y
Sh [n (A x)]
sin
, con
Sh (n A)
B
B
f (s) sin
0
n s
ds:
B
Esercizio 3.51 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il problema
di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul rettangolo:
8
< uxx + uyy = 0 per x 2 (0; 1) ; y 2 (0; 2)
u (x; 0) = u (x; 2) = u (1; y) = 0
:
u (0; y) = sin y cos 2 y:
Esercizio 3.52 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente
problema agli autovalori per il Laplaciano sul rettangolo:
8
0 x 1; 0 y 2
< uxx + uyy + u = 0
u (0; y) = u (1; y) = 0 0 y 2
:
u (x; 0) = u (x; 2) = 0 0 x 1:
Esercizio 3.53 Risolvere esplicitamente mediante separazione di variabili il
seguente problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione di di¤ usione e trasporto
sul segmento:
8
< ut = uxx + 2ux per x 2 [0; L] ; t > 0
u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0
:
u (x; 0) = 2e x sin 3Lx per x 2 [0; L] :
Esercizio 3.54 Risolvere mediante separazione di variabili il seguente problema
di Dirichlet per il laplaciano su una corona circolare (il problema è già scritto
in coordinate polari):
8
1
1
< u + u + 2 u## = 0 per 1 < < 2; # 2 [0; 2 ]
u (1; #) = 0
:
u (2; #) = 1 + sin # + 3 cos 2#:
98
Esercizio 3.55 Risolvere esplicitamente, mediante separazione di variabili il
seguente problema di Dirichlet per un’equazione di Laplace con termine di ordine
zero, sul quadrato Q = [0; 1] [0; 1]:
8
uxx uyy + u = 0 per (x; y) 2 [0; 1] [0; 1]
>
>
<
u (0; y) = u (1; y) = 0 per y 2 [0; 1]
u (x; 1) = 0 per x 2 [0; 1]
>
>
:
u (x; 0) = sin (5 x) per x 2 [0; 1] :
Soluzioni di alcuni esercizi
Soluzione Es. 3.53. Cerchiamo u (x; t) = X (x) T (t) : L’equazione diventa:
T 0 X = T X 00 + 2T X 0
X 00 + 2X 0
T0
(t) =
(x)
T
X
da cui
per qualche
T0
X 00 + 2X 0
=
=
T
X
costante. Si deve avere quindi:
X 00 (x) + 2X 0 (x) = X (x) per x 2 (0; L)
X (0) = X (L) = 0
T 0 (t) = T (t) per t > 0:
Risolviamo:
X 00 + 2X 0
X = 0 in (0; L)
X (0) = X (L) = 0
che porta:
+ 1 < 0;
X (x) = e
x
p
j1 + jx
sin
con
p
j1 + jL = n
e quindi
un (x; t) = cn e
h
2
( nL )
2
n
L
=
i
+1 t
e
1
x
sin
n
x :
L
Cerchiamo ora la soluzione
u (x; t) =
1
X
n=1
cn e
h
( nL )
99
2
i
+1 t
e
x
sin
n
x
L
x
che soddis… u (x; 0) = 2e
2e
x
3 x
L
sin
sin
: A¢ nché sia:
3 x
L
1
X
=
cn e
x
n
x
L
sin
n=1
si dovrà avere:
c3 = 2; cn = 0 per n 6= 3;
e in de…nitiva la soluzione cercata è:
h
u (x; t) = 2e
( 3L )
2
i
+1 t
e
x
sin
3
x :
L
Soluzione Es. 3.55. Cercando u (x; y) = X (x) Y (y) si trova:
Y 00
=
Y
X 00
=1
X
= cost.
Le condizioni u (0; y) = u (1; y) = 0 portano al problema agli autovalori:
X 00 = X
X (0) = X (1) = 0
che dà
Xn (x) = sin (n x)
n
=
n2
2
; n = 1; 2; 3; :::
Quindi si ha:
Y 00 = 1 + n2
2
Y
che ha integrale generale
p
Yn (y) = an e
1+n2
2y
+ bn e
p
1+n2
2y
:
Imponendo anche la condizione Yn (1) = 0 si trova (dopo qualche calcolo)
p
Sh 1 + n2 2 (1 y)
p
Yn (y) = cn
Sh 1 + n2 2
quindi
u (x; y) =
1
X
n=1
cn
Sh
p
1 + n2 2 (1 y)
p
sin (n x)
Sh 1 + n2 2
e imponendo u (x; 0) = sin (5 x) si ha c5 = 1; gli altri coe¢ cienti nulli. Perciò:
p
Sh 1 + 25 2 (1 y)
p
u (x; y) =
sin (5 x) :
Sh 1 + 25 2
100
4
Applicazioni dei metodi di ortogonalità a problemi di¤erenziali
4.1
Laplaciano in coordinate sferiche. Polinomi di Legendre e armoniche sferiche
Consideriamo il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace su una sfera
tridimensionale:
u uxx + uyy + uzz = 0 per x2 + y 2 + z 2 < r2
u (x; y; z) = f (x; y; z)
per x2 + y 2 + z 2 = r2 :
Tra i signi…cati …sici di quest’equazione: u può essere il potenziale (elettrostatico o gravitazionale) all’interno della sfera, …ssato il suo valore sul bordo, in
una situazione stazionaria in cui all’interno della sfera non ci sono pozzi o sorgenti del campo (cioè cariche o masse, rispettivamente); oppure u può essere la
temperatura, in stato stazionario, all’interno della sfera, nota la temperatura al
bordo, in assenza di sorgenti o pozzi di calore interni.
Data la geometria sferica, è naturale riscrivere l’operatore di¤erenziale in
coordinate sferiche ( ; #; ') e cercare poi soluzioni a variabili separate nelle
coordinate sferiche. Il laplaciano in coordinate sferiche
8
< x = sin # cos '
y = sin # sin '
:
z = cos #
assume la forma:
8
>
>
@ 2 u 2 @u
1
@
>
>
+
+ 2
<
@ 2
@
sin # @#
>
>
>
>
: u (r; #; ') = f (#; ')
sin #
@u
@#
@2u
1
=0
2
2 sin # @'
+
Dopo aver riscritto l’equazione (moltiplicando per
2@
@
2
u
2
+2
@u
1 @
+
@
sin # @#
sin #
@u
@#
+
2
per 0 < < r;
0<#< ;
0<'<2
per 0 < # < ;
0<'<2 :
) nella forma
1 @2u
= 0;
sin2 # @'
a¤rontiamo il problema per separazione delle variabili. In vista degli sviluppi
futuri, cominciamo a separare dalle variabili angolari, scrivendo
u ( ; #; ') = R ( ) S (#; ')
e ponendo
(#;')
=
1 @
sin # @#
sin #
101
@
@#
+
1 @2
:
sin2 # @'
Si ha:
2
2
R00 ( ) + 2 R0 ( ) S (#; ') + R ( )
00
0
(#; ') = 0
(#;') S
(#; ')
S (#; ')
R ( )+2 R ( )
=
R( )
da cui ricaviamo che per qualche costante
2
(#;') S
R00 ( ) + 2 R0 ( )
=
R( )
si ha
(#;') S
(#; ')
:
S (#; ')
=
Abbiamo messo in evidenza l’operatore (#;') (che si può vedere come operatore
di Laplace sulla super…cie della sfera) perché lo incontreremo ancora in seguito.
La prima equazione si riscrive
2
R00 + 2 R0
R=0
(4.1)
ed è un’equazione di Eulero, di cui si può determinare in corrispondenza di
ciascun l’integrale generale, cercando soluzioni del tipo R ( ) =
con da
determinarsi (v. [EsAn2, Cap.1, §1.2.D]); lo faremo dopo aver determinato .
Per risolvere la seconda equazione, cioè
(#;') S
(#; ') =
S (#; ')
procediamo ad un’ulteriore separazione di variabili, cercando
S (#; ') =
(#)
(')
quindi
1
1
0
(#) 00 (') =
(sin # 0 (#)) (') +
sin #
sin2 #
sin # (sin # 00 (#) + cos # 0 (#))
+ sin2 # =
(#)
(#)
(')
00
(')
(')
che dà, per qualche costante ;
sin # (sin #
00
(#) + cos #
(#)
0
(#))
+ sin2 # =
=
00
(')
:
(')
La seconda equazione dà
00
che, dovendo essere
m = 1; 2; 3; ::: e
(') =
(')
(') 2 -periodica (' è la longitudine), dà
= m2 per
(') = a cos (m') + b sin (m') :
Invece, la prima equazione diventa
sin #
00
(#) + cos #
0
(#) +
sin #
m2
sin #
102
(#) = 0 per # 2 [0; ] :
(4.2)
Si ricordi che l’angolo # ha il signi…cato di colatitudine. La (#) non deve
soddisfare condizioni di periodicità, ma dev’essere regolare su tutto [0; ] (in
particolare, limitata anche agli estremi). L’equazione (4.2) si può riscrivere in
una forma più familiare eseguendo il cambio di variabili:
(#) = P (cos #) ; cos # = t:
Si ha infatti:
0
00
(#) =
sin #P 0 (cos #)
(#) = sin2 #P 00 (cos #)
cos #P 0 (cos #)
e sostituendo nella (4.2)
sin # sin2 #P 00 (cos #)
cos #P 0 (cos #) +
m2
P (cos #) = 0
sin #
m2
sin3 #P 00 (cos #) 2 sin # cos #P 0 (cos #) +
sin #
P (cos #) = 0
sin #
m2
sin2 #P 00 (cos #) 2 cos #P 0 (cos #) +
P (cos #) = 0
sin2 #
m2
1 t2 P 00 (t) 2tP (t) +
P (t) = 0:
1 t2
+ cos # [ sin #P 0 (cos #)] +
sin #
Per m = 0 si tratta dell’equazione di Legendre su [ 1; 1] (si ricordi che
t = cos # 2 [ 1; 1]), che già conosciamo. Per gli altri valori di m è un’equazione
più complicata.
Questo suggerisce di trattare prima il caso particolare m = 0. Leggendo
a ritroso nei nostri passaggi, si vede che questo corrisponde a supporre che la
funzione (') sia costante, ossia la soluzione a variabili separate sia in realtà
indipendente dalla longitudine. Questo è un caso particolare che può avere un
suo interesse: se ad esempio il dato al bordo è indipendente da ', ci aspettiamo
che il problema abbia una soluzione indipendente da '. Comunque, per i motivi
di gradualità già spiegati, trattiamo prima questo caso.
4.1.1
Il dato indipendente dalla longitudine. Polinomi di Legendre
Consideriamo dunque la situazione sempli…cata in cui il dato al bordo f non
dipende dalla longitudine ' ma solo dalla colatitudine #. Conseguentemente, ci
aspettiamo che la soluzione u sia pure indipendente da '. Il problema precedente
si riscrive quindi nella seguente forma sempli…cata:
8 2
1
@
@u
< @ u 2 @u
+
+ 2
sin #
= 0 per 0 < < r; 0 < # <
@ 2
@
sin # @#
@#
:
u (r; #) = f (#)
per 0 < # < :
(4.3)
103
In base all’analisi già fatta, abbiamo soluzioni a variabili separate del tipo
u ( ; #) = R ( )
(#)
con R ( ) soddisfacente (4.1) e (#) = P (cos #) dove P (t) soddisfa l’equazione
di Legendre
1 t2 P 00 (t) 2tP (t) + P (t) = 0
su ( 1; 1). Poiché vogliamo soluzioni limitate su tutto [ 1; 1] è necessario che
sia:
= n (n + 1) ; n = 0; 1; 2; :::
P (t) = Pn (t) ;
n-esimo polinomio di Legendre. Quindi abbiamo le soluzioni:
(#) = Pn (cos #) :
n
Risolviamo ora l’equazione di Eulero (4.1) per
2
Cerchiamo R ( ) =
2
(
R00 + 2 R0
= n (n + 1):
n (n + 1) R = 0:
.
2
1)
1
+2
(
n (n + 1)
=0
1) + 2
n (n + 1) = 0
( + 1)
n (n + 1) = 0
= n;
=
(n + 1)
che dà soluzioni
R( ) =
n
;R( ) =
(n+1)
per n = 0; 1; 2; 3:::
Escludendo le soluzioni R ( ) = (n+1) illimitate nell’origine si ottengono in de…nitiva le seguenti soluzioni regolari a variabili separate dell’equazione di Laplace
indipendente dalla longitudine:
un ( ; #) = cn
n
Pn (cos #) ; per n = 0; 1; 2; 3:::
Si tratta ora, al solito, di formare una soluzione data da una serie in…nita di
queste soluzioni e cercare di imporre il dato al bordo scegliendo opportunamente
i coe¢ cienti:
u ( ; #) =
u (r; #) =
1
X
n=0
1
X
n=0
cn
n
Pn (cos #)
cn rn Pn (cos #) = f (#) per # 2 [0; ] .
104
Si tratta di sviluppare il dato f (#) in serie di Legendre a questo modo. C’è di
mezzo un cambio di variabile. Osserviamo infatti che:
Z 1
Z
Pn (t) Pm (t) dt = [t = cos #] =
Pn (cos #) Pm (cos #) sin #d#;
1
0
da cui leggiamo che:
1
il sistema fPn (cos #)gn=0 è ortonormale completo in L2 ([0; ] ; sin #d#) :
Quindi possiamo porre:
Z
f (s) Pn (cos s) sin sds per n = 0; 1; 2; 3:::
Cn =
f (#) =
0
1
X
Cn Pn (cos #) =
n=0
1
X
cn rn Pn (cos #) per cn =
n=0
(4.4)
Cn
.
rn
In de…nitiva, la soluzione del problema (4.3) è data da:
u ( ; #) =
1
X
n=0
n
Cn
r
Pn (cos #) con Cn dati da (4.4).
Non ci occupiamo per il momento delle necessarie veri…che della validità
della formula trovata. Torneremo più avanti sull’argomento. Invece, vediamo
un esempio concreto.
Esempio 4.1 Risolviamo il problema (4.3) con f (#) = sin2 #. Poiché ponendo
t = cos # si ha:
r
2p
2 2
2
f (t) = 1 t =
2P0 (t)
P2 (t) ;
3
3 5
si ha
r
2
2 2
2p
2P0
u ( ; #) =
P2 (cos #)
3
3 5 r
2
2 2
1 3
=
+ cos2 # :
3 3 r
2 2
4.1.2
Il caso generale. Funzioni di Legendre associate e armoniche
sferiche
Abbiamo trattato …nora l’equazione di Laplace in coordinate sferiche supponendo per semplicità che la soluzione non dipenda dalla longitudine. Nel caso
generale l’integrazione del problema agli autovalori porta ad un sistema a due
indici di autofunzioni, dette funzioni di Legendre, e imparentate con i polinomi
di Legendre.
105
Ricordiamo che in questo caso fobbiamo risolvere per ogni intero m =
1; 2; 3; ::: assegnato il problema agli autovalori
1
t2 P 00 (t)
m
2tP (t) + P (t)
t2
1
= 0 t 2 ( 1; 1) ;
(4.5)
(l’autovalore, per ora incognito, è ). Si tratta di un’equazione più generale
dell’equazione di Legendre (si riduce a quella per m = 0). Riscrivendola nella
forma
m
0
1 t2 P 0 (t)
P (t) + P (t) = 0 t 2 ( 1; 1)
1 t2
si riconosce che si tratta di un altro problema di Sturm-Liouville singolare: con
le notazioni del §8.2,
p (t) = 1 t2
m
q (t) =
1 t2
(t) = 1
La solita dimostrazione prova che se esistono autovalori e autofunzioni, gli
autovalori sono positivi e autofunzioni relative a autovalori diversi sono ortogonali tra loro in L2 ( 1; 1).
Per risolvere l’equazione (4.5) si può dimostrare il seguente
Teorema 4.2 Se P (t) risolve per un certo
(cioè (4.5) con m = 0), allora la funzione
Q (t) = 1
t2
m=2
l’equazione di Legendre originale
P [m] (t)
dove P [m] (t) indica la derivata m-esima di P (t), risolve l’equazione (4.5) per
quell’intero m = 1; 2; :::
Si dimostra poi che le uniche soluzioni di (4.5) limitate in ( 1; 1) sono quelle
costruite in questo modo e che provengono da soluzioni P (t) dell’equazione di
Legendre limitate in ( 1; 1). Ma allora:
si parte dal polinomio di Legendre Pn (t) che risolve (4.5) con m = 0 e
= n (n + 1);
si calcola P [m] (t), e per trovare una funzione non identicamente nulla è
necessario che sia m = 1; 2; :::; n;
si costruiscono quindi le funzioni
Pnm (t) = 1
t2
m=2
Pn[m] (t) per m = 1; 2; :::; n
(per m = 0 possiamo porre Pn0 (t) = Pn (t)) che risolve (4.5) per
e il corrispondente m.
106
= n (n + 1)
De…nizione 4.3 Le funzioni
fPnm (t)gn=0;:::;1
m=0;:::;n
si dicono funzioni di Legendre associate, e sono quindi le uniche autofunzioni
limitate in ( 1; 1) del problema agli autovalori (4.5).
Si può dimostrare il seguente:
Teorema 4.4 Per ogni m = 0; 1; 2; :::: …ssato, le funzioni
1
fPnm (t)gm=n
sono un sistema ortogonale in L2 ( 1; 1). I coe¢ cienti di normalizzazione
valgono:
Z 1
(n + m)!
2
per m n.
jPnm (t)j dt =
(n m)!
1
Normalizzate, sono un sistema ortonormale completo in L2 ( 1; 1).
Quindi per ogni m = 0; 1; 2; :::: …ssato, le funzioni (normalizzate)
1
fPnm (cos #)gn=m
sono un sistema ortonormale completo in L2 ((0; ) ; sin #d#) :
Poiché gli autovalori trovati sono gli stessi del caso indipendente da ',
l’equazione di Eulero in R ( ) ha le stesse soluzioni del caso precedente. In
de…nitiva, le soluzioni dell’equazione di Helmholz sulla sfera a variabili separate
sono:
e m = 0; 1; 2; :::
Il fatto che
n
Pn (cos #)
n
Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n
n
Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n
(r
2 cos (m') sin (m')
; p
; p
)1
m=1
2
sia un s.o.n.c. in L (0; 2 ) e, per ogni m = 1; 2; 3; :::
1
fPnm (cos #)gm=n
siano un sistema ortonormale completo in L2 ((0; ) ; sin #d#) ; implica che il
sistema a due indici
(r
)
2
cos
(m')
sin
(m')
Pn (cos #) ; Pnm (cos #) p
; Pnm (cos #) p
n=0;:::;1
m=1;:::;n
107
è un s.o.n.c. in
L2 ((0; )
(0; 2 ) ; sin #d#d')
2
ossia in L della super…cie della sfera unitaria.
Questo fatto segue da un criterio generale, ma lo illustriamo schematicamente in questo caso concreto al seguente modo.
Sia f 2 L2 ((0; ) (0; 2 ) ; sin #d#d'); per # …ssato, sviluppiamo f (#; ) in
serie di Fourier in '; scrivendo
f (#; ') =
ora sviluppiamo
1
a0 (#) X
+
fam (#) cos (m') + bm (#) sin (m')g
2
m=1
a0 (#)
am (#) e bm (#)
e otteniamo così
1
1X
an Pn (cos #)
f (#; ') =
2 n=0
( 1
!
1
X
X
m
am;n Pn (cos #) cos (m') +
+
m=1
1
rispetto al s.o.n.c.
rispetto al s.o.n.c.
n=m
fPn (cos #)gn=0
1
fPnm (cos #)gn=m
1
X
bm;n Pnm
!
)
(cos #) sin (m')
n=m
che prova la completezza del s.o.n.c. in due variabili.
Vediamo ora di capire meglio la struttura delle funzioni Pnm (t) e quindi
quella delle soluzioni a variabili separate appena scritte.
Esempio 4.5 Calcoliamo in base alla de…nizione le funzioni Pnm (t) per n =
0; 1; 2; 3 e 0 m n. Ricordiamo l’espressione dei primi polinomi di Legendre:
1
P0 (t) = p ;
2
r
3
t;
P1 (t) =
2
r
1 5
P2 (t) =
3t2 1 ;
2 2
r
7
3
5
P3 (t) =
t + t3 :
2
2
2
Quindi calcoliamo:
1
P00 (t) = P0 (t) = p
2
r
3
P10 (t) = P1 (t) =
t
2
P11
(t) = 1
t
2 1=2
P10
(t) = 1
t
2 1=2
108
r
3
t
2
!0
=
r
3
1
2
t2
1=2
P20
P21
P22
1
(t) = P2 (t) =
2
(t) = 1
(t) = 1
P30
r
5
3t2
2
2 1=2
P20
2 2=2
P200
t
t
(t) = 1
(t) = 1
P32 (t) = 1
P33 (t) = 1
r
2 1=2
t
t
1
2
2
1
2
r
r
5
3t2
2
5
3t2
2
1
1
!0
!00
=
r
r
=3
5
3t 1
2
5
1
2
t2
1=2
t2
3
5
t + t3
2
2
r
3 15 2
7
1=2 0
1=2
P3 (t) =
t2
1 t2
+ t
2
2
2
r
7
2=2 00
t2
P3 (t) =
1 t2 15t
2
r
7
3=2
2 3=2 000
t
P3 (t) =
15 1 t2
2
(t) = P3 (t) =
P31 (t) = 1
1
7
2
Osserviamo che ponendo t = cos # si ha
1
t2
m=2
m
= (sin #) :
Vale anche la prossima importante caratterizzazione delle soluzioni a variabili
separate dell’equazione di Laplace:
Teorema 4.6 Per ogni n = 0; 1; 2; :::; le funzioni
n
Pn (cos #)
n
Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n
n
Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n
espresse in coordinate cartesiane sono polinomi omogenei di grado n in x; y; z;
sono anche funzioni armoniche in tutto R3 .
Queste funzioni sono dunque polinomi omogenei ed armonici in tutto lo
spazio; sono detti armoniche sferiche solide, mentre si dicono armoniche sferiche
le loro restrizioni alla super…cie della sfera unitaria, cioè le funzioni che espresse
in funzioni di (#; ') si scrivono
Pn (cos #)
Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n
Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n
e che, come abbiamo già detto, costituiscono un s.o.n.c. in L2 della super…cie
sferica.
Queste funzioni hanno un’importanza che va oltre la risoluzione del problema
di Dirichlet per il laplaciano, difatti le ritroveremo in seguito.
109
Esempio 4.7 Scriviamo in coordinate cartesiane alcune armoniche sferiche.
Cominciamo a riscrivere in funzione di cos # le espressioni di Pnm (t) ; sempli…m=2
candole mediante l’identità 1 t2
= sinm #. Si ha:
1
P00 (cos #) = p
2
r
3
P10 (cos #) =
cos #
2
r
3
P11 (cos #) =
sin #
2
r
1 5
3 cos2 # 1
(cos #) =
2 2
r
5
1
P2 (cos #) =
3 cos # sin #
2
r
5
P22 (cos #) = 3
sin2 #
2
P20
P30
(t) =
P31 (t) =
r
r
r
7
2
3
5
cos # + cos3 #
2
2
7
sin #
2
3 15
+
cos2 #
2
2
7
15 sin2 # cos #
2
r
7
3
P3 (t) =
15 sin3 #
2
P32
(t) =
Ora, ricordando le espressioni delle coordinate sferiche
8
< x = sin # cos '
y = sin # sin '
:
z = cos #
riscriviamo le armoniche sferiche in coordinate cartesiane, così:
n
Pn (cos #)
n
Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n
n
Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n
110
1
P00 (cos #) = p
2
r
r
3
3
P10 (cos #) =
cos # =
z
2
2
r
r
3
3
sin # cos ' =
x
P11 (cos #) cos ' =
2
2
r
r
3
3
1
P1 (cos #) sin ' =
sin # sin ' =
y
2
2
r
1 5
(cos #) =
2 2
r
5
2 1
P2 (cos #) cos ' =
3
2
r
5
2 1
P2 (cos #) sin ' =
3
2
r
5
2 2
P2 (cos #) cos 2' = 3
2
r
5
2 2
P2 (cos #) sin 2' = 3
2
2
P20
1
1 =
2
r
5
2z 2 x2
2
r
5
2
cos # sin # cos ' = 3
xz
2
r
5
2
cos # sin # sin ' = 3
yz
2
r
5 2
2
sin2 # cos 2' = 3
x
y2
2
r
5
2
2
sin # sin 2' = 6
xy
2
2
2
3 cos #
y2
Esercizio 4.8 Proseguendo come sopra, calcolare in coordinate cartesiane le
seguenti armoniche sferiche:
r
7 3
3
5
3 0
P3 (t) =
cos # + cos3 # = :::
2
2
2
r
7 3
3 15
3 1
sin #
+
cos2 # cos ' =
P3 (t) cos ' =
2
2
2
r
7 3
3 15
3 1
P3 (t) sin ' =
sin #
+
cos2 # sin ' =
2
2
2
r
7
15
2
r
7
3 2
P3 (t) sin 2' =
15
2
r
7
3 3
P3 (t) cos 3' =
15
2
r
7
3 3
15
P3 (t) sin 3' =
2
3
P32
(t) cos 2' =
111
3
sin2 # cos # cos 2' =
3
sin2 # cos # sin 2' =
3
sin3 # cos 3' =
3
sin3 # sin 3' =
4.1.3
Soluzione del problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace
sulla sfera
Arriviamo ora in fondo al percorso logico con cui siamo partiti e mostriamo
come mediante le armoniche sferiche si possa scrivere la soluzione del problema
di Dirichlet per il laplaciano sulla sfera.
Al solito, per imporre la condizione al bordo consideriamo una generica serie
delle soluzioni a variabili separate, e poi cerchiamo di determinare i coe¢ cienti
a¢ nché questa assuma il dato al bordo. Sia:
1
1X
an n Pn (cos #)
2 n=0
( 1
!
1
X
X
n m
+
am;n Pn (cos #) cos (m')
u ( ; #; ') =
+
m=1
1
X
n=m
n
bm;n
Pnm
n=m
!
(cos #) sin (m')
)
Imponendo la condizione
u (r; #; ') = f (#; ')
si trova
1
1X
an rn Pn (cos #)
f (#; ') =
2 n=0
( 1
!
1
X X
n m
+
am;n r Pn (cos #) cos (m')
m=1
1
X
+
n=m
bm;n r
n
Pnm
!
(cos #) sin (m')
n=m
)
da cui, sviluppando
1
1X
An Pn (cos #)
2 n=0
( 1
!
1
X
X
+
Am;n Pnm (cos #) cos (m') +
f (#; ') =
n=m
m=1
con
An =
1
Z
0
Am;n =
Bm;n =
2
Z
0
(n m)! 1
(n + m)!
(n m)! 1
(n + m)!
1
X
n=m
!
Bm;n Pnm (cos #) sin (m')
f (#; ') Pn (cos #) sin #d# d'
Z
2
0
Z
0
Z
f (#; ') Pnm (cos #) sin #d# cos (m') d'
0
2
Z
f (#; ') Pnm (cos #) sin #d# sin (m') d'
0
112
)
si trova che la soluzione è assegnata da
1
n
1X
u ( ; #; ') =
Pn (cos #)
An
2 n=0
r
( 1
!
1
X
X
n
m
+
Pn (cos #) cos (m') +
Am;n
r
n=m
m=1
1
X
n=m
n
Bm;n
r
Pnm
Teorema 4.9 La formula di rappresentazione per serie precedente si può riscrivere in forma integrale come segue:
!
Z
2 Z 2
f #; ' sin #
r r2
d# d'
u ( ; #; ') =
3=2
4
0
0 (r 2 + 2
2r cos )
')
Questa formula è detta formula integrale di Poisson in 3 variabili, ed è l’analoga
di quella che abbiamo visto valere in due variabili sul cerchio. Per ogni dato f
continuo, questa formula integrale assegna la soluzione del problema di Dirichlet,
che all’interno della sfera risulta in…nitamente derivabile.
Notiamo anche che ponendo
r3
u (0; #; ') =
4
Z
2
0
1
=
4 r2
Z
0
2
= 0 nella formula integrale di Poisson si ha:
!
Z
Z 2 Z
f #; ' sin #
1
d# d' =
f #; ' sin #d# d'
r3
4 0
0
0
Z Z
Z
1
2
f dS;
f #; ' r sin #d# d' =
4 r2
@S(0;r)
0
che signi…ca: il valore di una funzione armonica nel centro di una sfera è uguale
alla media integrale dei valori del dato sul bordo della sfera. Con ragionamenti
analoghi a quelli visti nel caso bidimensionale, da questo fatto si deduce anche
nel caso tridimensionale la formula di media per le funzioni armoniche: una
funzione armonica in un dominio tridimensionale, in ogni punto ha come valore
la media integrale dei valori assunti su una qualsiasi sferetta centrata in quel
punto e contenuta nel dominio. La proprietà è vera sia facendo medie integrali
su sfere piene, sia facendo medie integrali su super…ci sferiche.
2 2 Il risultato …nale del calcolo è semplice, il calcolo stesso è laborioso e non lo presentiamo;
si rimanda per i passaggi a [Weinberger p.196]
113
)
(cos #) sin (m') :
Si tratterebbe ora di dimostrare che sotto opportune ipotesi su f la formula
è e¤ettivamente derivabile due volte e assegna la soluzione del problema.
Non facciamo questa veri…ca, ma ci limitiamo a segnalare come, analogamente a quanto accadeva in due variabili per il laplaciano sul cerchio, si può
trasformare la formula di rappresentazione per serie in una formula di rappresentazione integrale, estremamente più semplice22 . Vale il seguente:
con cos = cos # cos # + sin # sin # cos ('
!
4.2
Oscillatore armonico quantistico e polinomi di Hermite
In meccanica quantistica una particella di massa m in moto lungo una retta è descritta da una funzione di stato (x; t), nota la quale si può calcolare
la probabilità che la particella si trovi all’istante t nell’intervallo (a; b) come
l’integrale
Z b
2
j (x; t)j dx:
a
Per il suo signi…cato di probabilità, (x; t) deve soddisfare la condizione di
normalizzazione
Z
2
j (x; t)j dx = 1 per ogni t:
R
La funzione (x; t) soddisfa l’equazione di Schrödinger che, nel caso la particella
di massa m sia soggetta ad un campo di forze di potenziale V (x), è:
i~
@
(x; t) =
@t
(dove ~ = h=2
separate:
~2 @ 2
(x; t) + V (x)
2m @x2
(x; t) per x 2 R; t 2 R
e h è la costante di Planck). Cerchiamo soluzioni a variabili
(x; t) = X (x) T (t)
i~XT 0 =
i~
T0
=
T
~2 00
X T + V (x) XT
2m
~2 X 00
+ V (x)
2m X
da cui dev’essere
i~
T0
= E = cost.
T
~2 X 00
+ V (x) = E = cost.
2m X
per qualche costante E 2 R; che dimensionalmente ha il signi…cato di energia.
L’equazione in T si risolve direttamente
T (t) = ce
iE
~ t
:
Poiché jT (t)j = c, la condizione di normalizzazione si traduce in
Z
2
jX (x)j dx = cost.
R
Ci interessa quindi determinare le autosoluzioni L2 (R) dell’equazione:
X 00 +
2m
(E
~2
V (x)) X = 0 in R.
114
Sottolineiamo il fatto che l’appartenenza a L2 (R) della soluzione X (x) che
stiamo cercando è una condizione necessaria per la sensatezza …sica del problema
così impostato.
Consideriamo ora il caso particolare dell’oscillatore armonico (quantistico,
unidimensionale), per il quale
V (x) =
1
m! 2 x2 :
2
Il modello dell’oscillatore armonico quantistico si applica ad esempio al moto di
agitazione termica degli atomi formanti un reticolo cristallino. Più in generale,
il modello descrive in prima approssimazione le oscillazioni di un sistema vicino
a un punto di equilibrio stabile; si tratta perciò di un modello molto studiato.
L’equazione diventa:
m2 ! 2 2
x X (x) = 0:
~2
2m
E
~2
X 00 (x) +
(4.6)
Per risolverla, l’idea è ricondursi all’equazione di Hermite. Si procede in due
passi.
1. Per prima cosa vogliamo fare un cambio di variabile che renda uguale a
1 il coe¢ ciente di x2 . Sia X (x) = Z ( x) con da determinarsi, allora
2
Z 00 ( x) +
2m
E
~2
m2 ! 2 2
x Z ( x) = 0:
~2
2m
E
~2
m2 ! 2 2
y Z (y) = 0:
2 ~2
Poniamo x = y e abbiamo
2
Z 00 (y) +
Ora vogliamo che sia
2
4
m2 ! 2
2 ~2
m2 ! 2
=
2
r~
m!
=
:
~
=
Perciò
X (x) = Z
r
m!
x
~
risolve l’equazione (4.6) se e solo se Z (y) risolve l’equazione:
m! 00
Z (y) +
~
2m
E
~2
Z 00 (y) +
m! 2
y Z (y) = 0
~
2
E
!~
115
y 2 Z (y) = 0:
(4.7)
2. Ora trasformiamo questa equazione in quella di Hermite ponendo:
y2
2
Z (y) = e
Z 0 (y) = e
y2
2
y2 Y
( yY + Y 0 )
2
y2
2
Z 00 (t) = e
e
Y (y) :
y2
yY 0
y2 Y
2yY 0
Y
yY 0 + Y 00
2
E y2 Y = 0
!~
2
2yY 0 +
E 1 Y = 0:
!~
Y + Y 00 +
Y 00
(4.8)
Dunque Z (y) risolve (4.7) se e solo se Y (y) risolve (4.8). La condizione di
normalizzazione su Y si legge al modo seguente: dev’essere …nito l’integrale
r
r
Z
Z
Z
2
m!
~
2
2
Z
dx =
jX (x)j dx =
x
jZ (y)j dy =
~
m!
R
R
R
r
Z
2
~
2
=
e y jY (y)j dy:
m! R
Quindi siamo interessati a individuare autosoluzioni Y e autovalori
di Hermite
Y 00 2yY 0 + Y = 0
per cui si abbia
Z
e
y2
R
dell’equazione
2
jY (y)j dy < 1:
Abbiamo visto (Teorema ??) che questa condizione può essere soddisfatta solo
per = 2n e Y (y) = Hn (y) ; n-esimo polinomio di Hermite. Questo signi…ca
che i possibili valori dell’energia sono:
2
E
!~
1 = 2n
En =
n+
1
2
!~ con n = 0; 1; 2; 3; :::
e le autosoluzioni corrispondenti sono
Yn (y) = Hn (y) ; corrispondenti a
Zn (y) = e
y2
2
Hn (y) ;
e quindi per l’equazione iniziale:
Xn (x) = e
m!x2
2~
Hn
116
r
m!
x :
~
Se i polinomi di Hermite Hn sono quelli normalizzati in modo da avere norma
2
1 in L2 R; e y dy , allora l’autofunzione normalizzata sarà:
Xn (x) =
r
4
m!
e
~
m!x2
2~
Hn
r
m!
x
~
per n = 0; 1; 2; :::
Si trova quindi che l’oscillatore possiede una successione di possibili livelli energetici En e corrispondenti stati stazionari Xn (x), che vanno dallo stato fondamentale n = 0;
r
m! m!x2
!~
; X0 (x) = 4
e 2~
E0 =
2
~
ai successivi “stati eccitati” per n
1, ad esempio
p
3
2 m! 3=4
E1 = !~; X1 (x) = 1=4
xe
2
~
m!x2
2~
:
2
E’signi…cativo osservare anche i gra…ci delle funzioni jXn (x)j , che rappresentano le densità di probabilità del sistema nei vari stati stazionari:
E’interessante osservare queste densità di probabilità tenendo presente l’equazione che gli stati Xn risolvono:
Xn00 +
2m
~2
En
1
m! 2 x2 Xn = 0 in R.
2
Classicamente, un oscillatore armonico compie oscillazioni la cui ampiezza è
determinata dall’energia del sistema: le oscillazioni sono “con…nate”. Analogamente nell’equazione precedente, nella regione spaziale in cui il termine En 12 m! 2 x2
è positivo Xn soddisfa un’equazione del tipo Xn00 + c2 (x) Xn = 0 che ha l’aspetto dell’equazione classica del moto armonico e quindi tende a con…nare il moto
117
nella regione stessa. Fissato un livello energetico En ; le condizioni
En
1
m! 2 x2
2
jxj
0, cioè
r
2En
=
m! 2
s
2 n + 12 !~
=
m! 2
r
(2n + 1) ~
m!
si dicono “limiti classici” del sistema. Nel caso quantistico, tuttavia, …ssato un
livello energetico En , nessuno impedisce che la quantità En 12 m! 2 x2 diventi
negativa. Il gra…co della densità di probabilità si estende oltre tali limiti, a
signi…care che l’oscillatore armonico quantistico può superare i limiti classici.
Le prossime …gure mostrano i gra…ci delle densità di probabilità dei primi
1
2 2
4 stati (n = 0; 1; 2; 3), con sovrapposta la parabola y = En
2 m! x le cui
intersezioni con l’asse x segnano i limiti classici. L’area in grigio sotto la curva
della densità probabilità indica la probabilità che il sistema si trovi in uno stato
classicamente proibito.
Tornando all’equazione di Schrödinger, l’equazione in t è risolta da
1
T (t) = ce i(n+ 2 )!t :
L’equazione in (x; t) ha quindi soluzioni a variabili separate
r
r
m! m!x2
m!
i(n+ 12 )!t
2~
e
Hn
x
n (x; t) = e
~
~
118
e la soluzione dell’equazione di Schrödinger con dato iniziale 0 (x) è data allora
da una serie:
r
r
1
X
1
m! m!x2
m!
(x; t) =
cn e i(n+ 2 )!t
e 2~ Hn
x
~
~
n=0
con
0 (x) =
1
X
cn
n=0
+1
cn =
4.3
Z
1
r
m! m!x2
m!
e 2~ Hn
x , quindi
~
~
r
r
m! m!z2
m!
2~ H
(z)
e
z dz:
0
n
~
~
r
Il problema agli autovalori per il laplaciano (equazione
di Helmholz) e le sue applicazioni
Supponiamo di voler studiare l’equazione della di¤usione del calore, in assenza
di sorgenti, in una regione limitata del piano o dello spazio. Come già discusso, questo può condurre a un problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del
calore:
8
per x 2 ; t > 0
< ut = k u
u (x; t) = 0
per x 2 @ ; t > 0
(4.9)
:
u (x; 0) = u0 (x) per x 2
oppure di problema di Cauchy-Neumann per l’equazione del calore:
8
per x 2 ; t > 0
< ut = k u
@u
(x;
t)
=
0
per x 2 @ ; t > 0
: @
u (x; 0) = u0 (x) per x 2 :
(4.10)
Problemi analoghi si possono considerare per l’equazione delle onde in due o tre
variabili. In due variabili l’equazione rappresenta le vibrazioni di una membrana
elastica, mentre in tre variabili potrebbe rappresentare le vibrazioni sonore nell’aria, o simili. Stando, per …ssare le idee, sull’interpretazione bidimensionale
come membrana vibrante, se la membrana è …ssata al bordo e sono note posizione e velocità iniziali avremo un problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione
delle onde:
8
utt = c2 u
per x 2 ; t > 0
>
>
<
u (x; t) = 0
per x 2 @ ; t > 0
(4.11)
u
(x;
0)
=
u
(x)
per x 2
>
0
>
:
ut (x; 0) = v0 (x) per x 2 :
I problemi (4.9), (4.10), (4.11) hanno alcune caratteristiche matematiche comuni: l’equazione di¤erenziale è lineare omogenea e le condizioni al contorno sono
omogenee, quindi sovrapposizione di soluzioni di equazione+condizioni al bordo
risolve ancora entrambe; inoltre, le variabili spazio e tempo si possono assumere
variabili in domini separati: x 2 ; t > 0. Tutto ciò suggerisce che si possono
cercare soluzioni a variabili separate in spazio e tempo, cioè del tipo:
u (x; t) = X (x) T (t) :
119
Sostituendo ad esempio in (4.9) si trova:
XT 0 = kT X
T0
X
(t) =
(x)
kT
X
da cui ogni membro dev’essere costante. Abbiamo allora:
T0 =
kT per t > 0
X + X = 0 in
;
X = 0 su @ :
Vediamo cioè che il problema (4.9) si spezza in un problema agli autovalori
X (x) + X (x) = 0
X (x) = 0
x2
x2@
(4.12)
e un’equazione in T;
T 0 (t) =
k T (t) ,
elementarmente integrabile una volta noto
(4.10) porta al problema agli autovalori
. In modo analogo, il problema
X (x) + X (x) = 0
(x) = 0
@X
@
x2
x2@
(4.13)
e alla stessa equazione in T , e il problema (4.11) porta ancora al problema agli
autovalori (4.12), e questa volta all’equazione in T
T 00 (t) =
c2 T (t) .
In conclusione: problemi di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann per l’equazione del calore o delle onde portano, impostandone la risoluzione per separazione di variabili, a studiare come sottoproblema un problema agli autovalori
per l’equazione di Laplace, su un dominio del piano o dello spazio, con condizioni
al contorno di tipo Dirichlet o di tipo Neumann, cioè (4.12) o (4.13). Vale la
pena quindi dedicare un po’ di attenzione a questo problema agli autovalori
di per sé, che si può vedere come un analogo in più variabili di quello che in
una sola variabile sono i problemi di Sturm-Liouville che abbiamo considerato
in precedenza. Si noti che per ora non abbiamo detto niente sul dominio
(dimensioni, forma, regolarità...), tuttavia alcune proprietà di base si possono
stabilire molto in generale.
Teorema 4.10 Sia
un dominio limitato del piano o dello spazio, regolare
quanto basta perché ci si possa applicare il teorema della divergenza. Supponiamo che (X; ) e (Y; ) siano due coppie autofunzione-autovalore (X; Y
non identicamente nulle e C 2
) che risolvono il problema (4.12) oppure il
problema (4.13). Allora:
Z
6= =)
X (x) Y (x) dx = 0:
120
cioè: autofunzioni relative ad autovalori distinti sono tra loro ortogonali in
L2 ( ). Inoltre gli autovalori sono positivi.
Dimostrazione. Consideriamo le identità
X (x) + X (x) = 0
Y (x) + Y (x) = 0:
Moltiplichiamo la prima per Y; la seconda per X, sottraiamo e integriamo in
Z
Z
(
)
X (x) Y (x) dx =
(Y X X Y ) dx:
:
Ora trasformiamo l’ultimo integrale mediante la seconda identità di Green (v.
(1.2), §1.2) e otteniamo:
Z
Z
@X
@Y
(
)
X (x) Y (x) dx =
Y
X
d =0
@
@
@
perché, a seconda delle condizioni al contorno che sto considerando, o X e Y
@Y
sono nulle su @ (problema di Dirichlet) o @X
(problema
@ ; @ sono nulle su @
di Neumann). Ne segue, essendo 6= ; che
Z
X (x) Y (x) dx = 0:
Proviamo la positività degli autovalori. Moltiplichiamo l’equazione X (x) +
X (x) = 0 per X e integriamo in :
Z
Z
Z
Z
2
2
X (x) dx =
X X (x) dx =
jrX (x)j dx
r (XrX) dx
Z
Z
Z
@X
2
2
=
jrX (x)j dx
X
d =
jrX (x)j dx
@
@
di nuovo per le condizioni al contorno, che comportano l’annullarsi dell’integrale
di bordo. Quindi:
R
2
jrX (x)j dx
= R
> 0:
2
X (x) dx
I risultati appena visti e l’analogia con quanto accade per i problemi di
Sturm-Liouville suggeriscono che ci si possa aspettare, almeno per domini
“buoni”, l’esistenza di una successione di autovalori e una famiglia di autofunzioni corrispondenti, che risultino formare un sistema ortonormale completo di
L2 ( ). Se e quando così accade, il problema (4.9), ad esempio, avrà soluzioni
a variabili separate del tipo:
un (x; t) = Xn (x) e
121
k
nt
e quindi potremo cercare una soluzione
u (x; t) =
1
X
cn Xn (x) e
k
nt
(4.14)
n=0
imponendo
u0 (x) =
1
X
cn Xn (x)
n=0
ossia pur di saper sviluppare u0 in serie di autofunzioni del laplaciano. Analoghi
procedimenti valgono per l’equazione delle onde: il problema (4.11) avrà soluzioni
a variabili separate del tipo:
h
i
p
p
(4.15)
un (x; t) = Xn (x) an cos c
n t + bn sin c
nt
e quindi potremo cercare una soluzione
u (x; t) = X0 (x) +
1
X
n=1
h
p
Xn (x) an cos c
nt
+ bn sin c
p
nt
i
imponendo
u0 (x) = X0 (x) +
1
X
an Xn (x)
n=1
v0 (x) =
1
X
n=1
bn c
p
n Xn
(x)
ossia pur di saper sviluppare u0 e v0 in serie di autofunzioni del laplaciano.
Tutta la discussione precedente mostra quindi che è utile studiare il problema
agli autovalori per il laplaciano su vari domini del piano e dello spazio e stabilire
se e quando questo possiede un sistema ortonormale completo di autosoluzioni.
Quando la geometria di è semplice, il problema agli autovalori può essere a
sua volta impostato mediante separazione di variabili. In un piccolo numero
di geometrie semplici questi problemi sono stati sviscerati classicamente: se
è un rettangolo, un cerchio, una sfera, un cilindro, di questi problemi si
sa tutto; le autofunzioni sono scritte esplicitamente in termini di opportune
funzioni speciali, gli autovalori sono noti. Per domini più generali ciò che è
possibile fare è da una parte dimostrare teoremi di esistenza sotto opportune
ipotesi, d’altro canto sviluppare metodi di calcolo numerico approssimato di
autofunzioni e autovalori. Nel seguito di questo paragrafo tratteremo le due
situazioni geometricamente più semplici: rettangolo e cerchio.
4.4
L’equazione di Helmholz sul rettangolo
L’equazione
u+ u=0
122
è detta anche equazione di Helmholz. Studiamola sul rettangolo, con condizione
al contorno di Dirichlet nulla:
8
0 x a; 0 y b
< uxx + uyy + u = 0
u (0; y) = u (a; y) = 0 0 y b
:
u (x; 0) = u (x; b) = 0 0 x a:
Impostiamo il problema per separazione delle variabili, cercando
u (x; y) = X (x) Y (y) :
Si trova:
X 00 Y + XY 00 + XY = 0
X 00
=
X
+
Y 00
Y
e ciascuno dei due membri dev’essere costante, poiché il primo è funzione di x
e il secondo di y. Quindi per qualche reale si ha, tenendo conto anche delle
condizioni al contorno:
X 00 = X
X (0) = X (a) = 0
Y 00 = (
+ )Y
Y (0) = Y (b) = 0:
Si tratta di due problemi agli autovalori, distinti e simili. Il primo, in X;
come soluzioni:
Xn (x) = sin
n x
;
a
=
n
a
ha
2
, n = 1; 2; 3; :::
Il secondo, in Y; , ha come soluzioni
Ym (x) = sin
m y
;
b
=
m
b
2
il che porta in de…nitiva a una successione a due indici di autovalori e autofunzioni:
n x
m y
sin
a
b
n 2
m 2
+
=
=
a
b
un;m (x; y) = sin
n;m
2
n2
m2
+
a2
b2
.
Si noti che abbiamo e¤ettivamente ottenuto una successione di autofunzioni
che costituisce un sistema ortonormale completo di L2 ([0; a] [0; b]) con una
successione di autovalori che tende a +1.
Per risolvere il problema di Cauchy-Dirichlet occorrerà sviluppare il dato
iniziale in serie di Fourier in due variabili.
123
4.4.1
Membrana vibrante rettangolare
Se ad esempio stessimo risolvendo questo problema per risolvere poi il problema di Cauchy-Dirichlet (4.11) per l’equazione delle onde (membrana vibrante
rettangolare) avremmo, in base alla discussione fatta in precedenza e alla (4.15)
1
X
m y
n x
sin
a
b
n;m=1
"
!
!#
r
r
m2
m2
n2
n2
an;m cos c
+ 2 t + bn;m sin c
+ 2t
;
a2
b
a2
b
u (x; y; t) =
sin
nella quale potremmo determinare i coe¢ cienti an;m ; bn;m per soddisfare le condizioni iniziali. Se imponiamo che la velocità iniziale sia nulla troviamo ancora
bn;m = 0 e
1
X
u (x; y; t) =
cn;m un;m (x; y; t)
n;m=1
con
n x
m y
un;m (x; y; t) = sin
sin
cos c
a
b
r
!
n2
m2
+ 2t
a2
b
e i coe¢ cienti cn;m si determinano sviluppando il dato iniziale in serie di Fourier
(sviluppo in serie di soli seni) in due variabili:
n x
m y
u0 (x; y) = cn;m sin
sin
a
b
Z Z
4
n x
m y
cn;m =
u0 (x; y) sin
sin
dxdy
ab
a
b
[0;a] [0;b]
Ci sono interessanti analogie e di¤erenze tra la membrana vibrante e la
corda vibrante …ssata agli estremi, studiata nel § 5.3.1. Anche qui la generica
vibrazione è sovrapposizione di in…nite vibrazioni stazionarie: in ogni vibrazione
stazionaria un;m (x; y; t) ogni punto della membrana oscilla su e giù di moto
armonico. Tutti i punti della membrana in cui
sin
m y
n x
sin
a
b
=0
sono immobili in ogni istante. Questi punti costituiscono le linee nodali, che sono
(oltre ai lati del rettangolo) gli (n 1) + (m 1) segmenti interni al rettangolo
dati da:
k
a con k = 1; 2; :::; n 1
n
h
y = b con h = 1; 2; :::; m 1:
m
x=
124
Ad esempio, per n = 2; m = 3 la vibrazione avviene come suggerito da questa
sequenza di immagini per istanti successivi:
Notiamo che per la membrana vibrante rettangolare, diversamente dalla corda vibrante …ssata agli estremi, le frequenze della vibrazioni stazionarie non sono
multiple intere della frequenza fondamentale, in quanto i numeri
r
c n2
m2
+ 2
2
2 a
b
non sono in generale multipli interi di
r
c
1
1
+ 2:
2 a2
b
Dal punto di vista musicale, le frequenze più alte non sono “armoniche”rispetto
alla frequenza fondamentale. Questo è il motivo per cui di¢ cilmente il suono
emesso da un tamburo viene percepito come una nota ben de…nita.
Il caso della membrana quadrata (a = b) ha una particolarità interessante.
Consideriamo due interi positivi n; m diversi tra loro, e consideriamo le due
125
vibrazioni stazionarie
n x
m y
c p 2
sin
cos
n + m2 t
a
a
a
m y
c p 2
m x
sin
cos
n + m2 t :
um;n (x; y; t) = sin
a
a
a
p
Si noti che la parte temporale è la stessa: cos ca n2 + m2 t ; in particolare,
le due funzioni hanno la stessa frequenza, lo stesso periodo, e ogni loro combinazione lineare ha di conseguenza lo stesso periodo. Ciò signi…ca che anche le
funzioni
c1 un;m (x; y; t) + c2 um;n (x; y; t)
un;m (x; y; t) = sin
sono vibrazioni periodiche (stazionarie). Tuttavia, queste possono avere forme
molto complicate, come si capisce ad esempio chiedendosi quali sono le loro linee
nodali, che sono le linee interne al rettangolo, soluzioni dell’equazione:
m y
m x
m y
n x
sin
+ c2 sin
sin
= 0:
c1 sin
a
a
a
a
Questo è il fenomeno della degenerazione della membrana quadrata, consistente
nell’esistenza di vibrazioni stazionarie complicate. Ad esempio, rappresentiamo
(per a = 1) le funzioni
c1 u2;3 (x; y; 0) + c2 u3;2 (x; y; 0) = c1 sin (2 x) sin (3 y) + c2 sin (3 x) sin (2 y)
e le loro linee di livello per alcune scelte dei coe¢ cienti c1 ; c2 :
Per c1 = 0:1; c2 = 0:9 gra…co e linee di livello sono:
Per c1 = 0:3; c2 = 0:7 gra…co e linee di livello sono:
126
Per c1 = 0:5; c2 = 0:5 gra…co e linee di livello sono:
4.4.2
Equazione del calore sul rettangolo
Segnaliamo anche che se stessimo risolvendo il problema agli autovalori per
risolvere poi il problema di Cauchy-Dirichlet (4.9) per l’equazione del calore
avremmo, in base alla discussione fatta in precedenza e alla (4.14)
u (x; y; t) =
1
X
n;m=1
cn;m sin
n x
m y
sin
e
a
b
k
2
n2
a2
2
+m
b2
t
;
nella quale potremmo determinare i coe¢ cienti cn;m per soddisfare la condizione
iniziale.
4.5
L’equazione di Helmholz sul cerchio. Funzioni di Bessel
di ordine intero
Studiamo ora l’equazione di Helmholz sul cerchio unitario, con condizione al
contorno di Dirichlet nulla. Scrivendo il laplaciano in coordinate polari si ha:
8 2
1 @2u
< @ u 1 @u
+
+ 2
+ u = 0 0 < < 1; 0 # 2
2
(4.16)
@
@
@#
:
u (1; #) = 0
0 # 2 :
Si noti che abbiamo posto, per semplicità, il raggio del cerchio r = 1. Infatti se
u risolve
u + u = 0 per < 1
u = 0 per = 1
la funzione
v ( ; #) = u
r
;#
risolverà
v + r2 v = 0 per
v = 0 per = r
127
<r
quindi l’equazione di Helmholz sul cerchio di raggio qualsiasi si risolve prendendo
le opportune dilatazioni di autofunzioni e autovalori del laplaciano sul cerchio
unitario.
Per risolvere il problema (4.16), separiamo le variabili cercando
u ( ; #) = R ( )
1
+ R0
R00
+
2
1
2
00
R
(#) :
+ R
R00
R0
+
+
R
R
=0
2
=
00
che porta a:
00
2
00
0
R + R +
2
=
R = 0:
La prima equazione, unita alla condizione di periodicità su
n
; porta a
(#) = an cos (n#) + bn sin (n#)
= n2 ; n = 0; 1; 2; :::
e la seconda diventa
2
R00 + R0 +
2
n2 R = 0;
problema agli autovalori in da risolversi per
dizione al contorno nulla), e R (0) …nita.
4.5.1
(4.17)
2 [0; 1], con R (1) = 0 (con-
Equazione di Bessel ed autofunzioni del laplaciano sul cerchio
Riscrivendo l’equazione (4.17) nella forma
n2
R00 + R0 +
R=0
e quindi
0
( R0 ) +
n2
R = 0 per
2 (0; 1) ,
si vede che si tratta di un problema di Sturm-Liouville singolare (il coe¢ ciente
p ( ) = si annulla in 0). Da questa forma dell’equazione si legge che per
autosoluzioni relative ad autovalori distinti sono ortogonali in L2 ((0; 1) ; d ).
Si osservi che in questa equazione l’intero n = 0; 1; 2; ::: è …ssato (cioè: per ogni n
stiamo studiando una diversa equazione); il numero che cerchiamo è senz’altro
positivo perché per come è stato impostato il problema è un autovalore del
Laplaciano. Siamo interessati a determinare le soluzioni R ( ) dell’equazione in
(0; 1) che siano limitate in 0 e si annullino in 1.
128
Si procede così: poniamo
ponendo
= ! 2 ed eseguiamo il cambio di variabili ! = x,
R( ) = R
x
!
= X (x) ;
1 0 x
1
= R0 ( )
R
!
!
!
1
X 00 (x) = 2 R00 ( )
!
X 0 (x) =
si ha:
2
! 2 R00 + !R0 + ! 2
2
x2 R00 + xR0 + x2
n2 R = 0;
n2 R = 0 per x 2 (0; !) , con
R (!) = 0; R (0) limitata.
L’equazione
x2 R00 + xR0 + x2
n2 R = 0 per x 2 (0; +1)
(4.18)
si dice equazione di Bessel di ordine n = 0; 1; 2; 3; ::: A noi interessa risolverla
in (0; !) imponendo la condizione R (!) = 0 (e la limitatezza in 0), ma poiché
! è ancora incognita, diciamo che ci interessa risolverla in (0; +1).
Enunciamo senza dimostrazione una serie di proprietà che riguardano l’equazione di Bessel.
1. L’integrale generale dell’equazione di Bessel di ordine n = 0; 1; 2; ::: ha la
forma
c1 Jn (x) + c2 Yn (x)
dove Jn (x), detta funzione di Bessel di prima specie di ordine n = 0; 1; 2; :::; è
regolare in [0; +1), mentre Yn (x), detta funzione di Bessel di seconda specie
di ordine n = 0; 1; 2; :::; è regolare in (0; +1) ma illimitata in 0. Quindi la
soluzione che ci interessa della (4.18) è R (x) = Jn (x).
2. L’espressione analitica di Jn (x), che si può ricavare col metodo di Frobenius, cercando una soluzione dell’equazione (4.18) in forma di serie di potenze
(come abbiamo fatto per l’equazione di Legendre), ricavandone una relazione di
ricorrenza sui coe¢ cienti e quindi risalendo all’espressione esplicita dei coe¢ cienti stessi, è la seguente:
Jn (x) =
1
X
k=0
k
( 1)
k! (n + k)!
x
2
2k+n
;
da cui in particolare si legge che per x ! 0 è Jn (x) cxn .
3. La funzione Jn (x) ha in…nite oscillazioni in (0; +1) ; in particolare ha
1
una successione di zeri fkn;m gm=1 che tende a in…nito.
129
Gra…ci delle funzioni Jn (x) per n da 0 a 5
1
2
3
4
Jn (x) ; n !
kn;m ; m #
0
1
2
3
4
5
2:405
5:520
8:654
11:792
3:832
7:016
10:173
13:324
5:136
8:417
11:620
14:796
6:380
9:761
13:015
16:223
7:588
11:065
14:372
17:616
8:771
12:339
15:700
18:980
Valori di alcuni zeri delle funzioni di Bessel
Poiché vogliamo R (!) = 0 dovrà essere
! = kn;m per qualche m;
2
kn;m
.
ossia =
Quindi, per ogni intero n = 0; 1; 2; :::; l’equazione (4.17) ha
1
2
soluzioni solo se è uno dei valori kn;m
, e in tal caso la soluzione è
m=1
R ( ) = Jn (kn;m ) .
130
Gra…ci di J0 (k0;m x) per m = 1; 2; 3; 4:
Gra…ci di J1 (k1;m x) per m = 1; 2; 3; 4:
Gra…ci di J2 (k2;m x) per m = 1; 2; 3; 4:
131
1
Per ciascun n …ssato il sistema (a un solo indice) fJn (kn;m )gm=1 è ortogonale completo in L2 ([0; 1] ; d ). L’ortogonalità è già stata dimostrata. Non
dimostriamo la completezza.
4. Si hanno quindi le seguenti autosoluzioni a variabili separate di (4.16):
Jn (kn;m ) cos (n#) per n = 1; 2; 3; ::: m = 1; 2; 3; :::
Jn (kn;m ) sin (n#) per n = 1; 2; 3; ::: m = 1; 2; 3; :::
J0 (k0;m )
per
m = 1; 2; 3; :::
(4.19)
1
2
.
corrispondenti alla successione a due indici di autovalori kn;m
n=0;1;2;:::m=1;2;:::
Gli autovalori sono i quadrati di tutti gli zeri di tutte le funzioni di Bessel di
prima specie. Le autofunzioni (4.19) costituiscono un sistema ortogonale completo in L2 ([0; 1] [0; 2 ] ; d d#) ossia, passando in coordinate cartesiane, in
L2 del cerchio unitario. Questo discende dal seguente argomento generale.
1
Sappiamo già che per ogni n …ssato fJn (kn;m )gm=1 è ortogonale completo
2
in L ([0; 1] ; d );
1
sappiamo che fcos (n#) ; sin (n#) ; 1gn=1 è ortogonale completo in L2 ([0; 2 ] ; d#);
2
allora presa una funzione f 2 L ([0; 1] [0; 2 ] ; d d#) possiamo:
1. per …ssato sviluppare f in serie di Fourier rispetto a #:
f ( ; #) =
1
A0 ( ) X
+
fAn ( ) cos (n#) + Bn ( ) sin (n#)g ;
2
n=1
1
ora per ogni n sviluppiamo An e Bn in serie rispetto al sistema fJn (kn;m )gm=1 ,
1
e sviluppiamo A0 in serie rispetto al sistema fJ0 (k0;m )gm=1 . Otteniamo:
1
1 X
a0;m J0 (k0;m ) +
(4.20)
2 m=1
( 1
)
1
1
X
X
X
+
an;m Jn (kn;m ) cos (n#) +
bn;m Jn (kn;m ) sin (n#)
f ( ; #) =
n=1
m=1
m=1
che è esattamente uno sviluppo rispetto al sistema (4.19), che pertanto risulta
completo.
Le funzioni (4.19) sono ortogonali complete ma non normalizzate.
calcolare i coe¢ cienti di normalizzazione occorre sapere che:
Z 1
1 2
2
Jn (kn;m ) d = Jn+1
(kn;m ) :
2
0
132
Per
Tenuto conto di questo, i coe¢ cienti dello sviluppo (4.20) si calcolano così:
Z 2
Z 1
2
cos
(n#)
f ( ; #) Jn (kn;m ) d d#
an;m =
2
(kn;m ) 0
Jn+1
0
per n = 0; 1; 2; :::; m = 1; 2; :::
Z 2
Z 1
2
bn;m =
sin (n#)
f ( ; #) Jn (kn;m ) d d#
2
Jn+1
(kn;m ) 0
0
per n = 1; 2; :::; m = 1; 2; :::
Si possono ora trarre conseguenze sulla soluzione di un problema di CauchyDirichlet per l’equazione del calore o delle onde sul cerchio.
4.5.2
La membrana vibrante circolare
Per la membrana vibrante circolare con velocità iniziale nulla e posizione iniziale
f ( ; #) si troverà soluzione:
1
1 X
u (t; ; #) =
a0;m J0 (k0;m ) cos (k0;m ct)
2 m=1
+
1
X
n=1
Jn (kn;m )
1
X
[an;m cos (n#) + bn;m sin (n#)] cos (kn;m ct) :
m=1
Si può dimostrare che questa formula assegna e¤ettivamente una funzione
due volte derivabile e soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet se si suppone
che la condizione iniziale f ( ; #) è C 4 e sia f che f + 1 f si annullano sul
bordo. Per questa discussione si rimanda a [Weinberger p.184].
Le soluzioni stazionarie sono le seguenti:
J0 (k0;m ) cos (k0;m ct)
Jn (kn;m ) cos (n#) cos (kn;m ct)
Jn (kn;m ) sin (n#) cos (kn;m ct)
In particolare, le frequenze proprie di vibrazione della membrana circolare
(di raggio unitario) …ssata al bordo risultano essere
kn;m c
2
e, come nel caso del rettangolo, non sono multiple intere della frequenza fondamentale (un tamburo circolare non è in generale più musicale di un tamburo
quadrato).
Ricordando la discussione fatta all’inizio del paragrafo, se invece di essere
sul cerchio di raggio 1 fossimo sul cerchio di raggio r gli autovalori andrebbero
divisi per r2 , ossia
2
kn;m
=
n;m
r2
133
e quindi le frequenze risulterebbero:
n;m
=
kn;m c
:
2 r
Dal punto di vista musicale: un tamburo più grande ha una frequenza fondamentale corrispondente a una nota più grave, a parità di altre condizioni; per
raddoppiare la frequenza occorre dimezzare il raggio del tamburo.
Le linee nodali delle soluzioni stazionarie sono:
-le circonferenze interne al cerchio, lungo cui si ha Jn (kn;m ) = 0, ossia
kn;j
per j = 1; 2; :::; m 1 (sono m 1 circonferenze interne, più il bordo
= kn;m
del cerchio);
-i raggi lungo cui si ha cos (n#) = 0 oppure sin (n#) = 0, ad es. per sin sono
# = nk ; con k = 0; 1; :::; 2n 1: (Sono 2n raggi, cioè n diametri; per J0 queste
linee nodali non compaiono).
Mostriamo qualche gra…co delle funzioni J0 (k0;m ) (m = 1; 2; 3; 4):
Qualche gra…co delle funzioni Jn (kn;m ) cos (n#) ; con le relative linee di
livello (tra cui si vedono i raggi e le circonferenze che costituiscono le linee
134
nodali):
J1 (k1;1 ) cos (#)
J1 (k1;2 ) cos (#)
135
J2 (k2;1 ) cos (2#)
J2 (k2;2 ) cos (2#)
Un caso particolarmente semplice ma interessante è quando la condizione
iniziale è di tipo radiale. Si ha in tal caso:
u (t; ; #) =
1
1 X
a0;m J0 (k0;m ) cos (k0;m ct)
2 m=1
dove
f( )=
4.6
1
1 X
a0;m J0 (k0;m ) :
2 m=1
Equazione di Helmholz sul cilindro
Consideriamo l’equazione di Helmholz sul cilindro di raggio 1 e altezza l, con condizioni di Dirichlet nulle sul bordo. In coordinate cilindriche ( ; #; z) il problema
agli autovalori si scrive:
8
u + 1 u + 12 u## + uzz + u = 0 per 2 (0; 1) ; # 2 (0; 2 ) ; z 2 (0; l)
>
>
<
u (r; #; z) = 0
>
u ( ; #; 0) = 0
>
:
u ( ; #; l) = 0:
136
Se il raggio del cilindro non è 1 ma r, come nel caso del cerchio le autofunzioni
si ottengono da queste per cambiamento di scala v ( ; #; z) = u r ; #; z , e gli
autovalori vanno divisi per r2 .
Impostando il problema per separazione di variabili,
u ( ; #; z) = R ( )
si trova
00
R0
1
R00
+
+ 2
R
R
(#) Z (z)
+
Z 00
+
Z
=0
e ragionando al solito modo, tenuto conto anche delle condizioni al bordo e della
periodicità di si ha:
Z 00 = Z
Z (0) = Z (l) = 0
da cui
Z (z) = sin
k z
l
;
2
k
l
=
;
00
=
2 -periodica
da cui
(#) = a cos (n#) + b sin (n#) ;
=
n2
e quindi
2
R00
R0
1
k
+
n2 2
+
R
R
l
(
0
n2
k
R00 + R
2 R +
l
R (1) = 0; R (0) limitata
=0
2
R=0
che è un’equazione di Bessel di ordine n; le cui soluzioni sono quindi, per ogni
n …ssato,
R ( ) = Jn (kn;m )
con autovalori
k
l
2
kn;m
=
2
da cui ricaviamo che gli autovalori del problema iniziale sono la successione a
tre indici interi
2
k
2
n;m;k = kn;m +
l
per n = 0; 1; 2; ; m = 1; 2; :::; k = 1; 2; :::
137
Le soluzioni a variabili separate sono quindi:
k z
l
k z
l
u ( ; #; z) = Jn (kn;m ) sin
u ( ; #; z) = Jn (kn;m ) sin
cos (n#)
sin (n#)
mediante le quali possiamo poi esprimere la soluzione di un problema di CauchyDirichlet per l’equazione del calore o delle onde sul cilindro. Ad esempio:
4.6.1
L’equazione del calore sul cilindro
La soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore sul
cilindro:
8
>
> ut D u + 1 u + 12 u## + uzz = 0 per 2 (0; 1) ; # 2 (0; 2 ) ; z 2 (0; l)
>
>
>
< u (t; r; #; z) = 0
u (t; ; #; 0) = 0
>
>
>
u (t; ; #; l) = 0
>
>
:
u (0; ; #; z) = f ( ; #; z)
si può esprimere mediante la serie
u (t; ; #; z) =
1
1 X
X
a0;m;k e
2
D k0;m
+( kl
2
)
t
J0 (k0;m ) sin
m=1 k=1
+
1
1 X
1 X
X
e
2
2
D kn;m
+( kl
)
t
Jn (kn;m ) sin
n=1 m=1 k=1
k z
l
k z
l
fan;m;k cos (n#) + bn;m;k sin (n#)g
dove i coe¢ cienti an;m;k ; bn;m;k sono quelli dello sviluppo del dato iniziale f in
serie di funzioni ortonormali:
f ( ; #; z) =
1
1 X
X
k z
l
a0;m;k J0 (k0;m ) sin
m=1 k=1
+
1 X
1 X
1
X
k z
l
Jn (kn;m ) sin
n=1 m=1 k=1
fan;m;k cos (n#) + bn;m;k sin (n#)g
e di conseguenza hanno queste espressioni
an;m;k
bn;m;k
2
= 2
Jn+1 (kn;m )
2
= 2
Jn+1 (kn;m )
Z
1
0
Z
0
1
2
l
2
l
Z
l
1
0
Z
0
Z
2
f ( ; #; z) cos (n#) d# sin
k z
l
f ( ; #; z) sin (n#) d# sin
k z
l
0
l
1
Z
2
0
138
dz
dz
!
!
Jn (kn;m ) d
Jn (kn;m ) d
4.7
Equazione di Helmholz sulla sfera. Funzioni di Bessel
sferiche
Consideriamo l’equazione di Helmholz sulla sfera di raggio unitario, che in
coordinate sferiche
8
< x = sin # cos '
y = sin # sin '
:
z = cos #
assume la forma:
8
>
> @ 2 u 2 @u
>
>
+
+
<
@ 2
@
>
>
>
>
: u (1; #; ') = 0
1
@
2 sin # @#
sin #
@u
@#
+
1
@2u
+ u=0
2 sin2 # @'
per 0 < < 1;
0<#< ;
0<'<2
per 0 < # < ;
0<'<2 :
Analogamente a quanto visto nel caso del cerchio o del cilindro, se la sfera avesse
raggio r ci si riconduce a questo caso col cambiamento di scala v ( ; #; ') =
u r ; #; ' e dividendo per r3 gli autovalori che troveremo per la sfera di raggio
unitario.
Cercando soluzioni a variabili separate
u ( ; #; ') = R ( ) S (#; ') ;
ponendo
(#;')
=
1 @
sin # @#
sin #
@
@#
+
1 @2
sin2 # @'
e sfruttando i calcoli già fatti nello studio del laplaciano sulla sfera (v. §8.3.1)
si ha:
2
2
R00 ( ) + 2 R0 ( ) S (#; ') + R ( )
00
0
R ( )+2 R ( )+
R( )
2
R( )
(#;') S
=
R00 ( ) + 2 R0 ( ) +
R( )
2
R ( ) S (#; ') = 0
(#;') S (#; ')
S (#; ')
da cui ricaviamo che per qualche costante
2
(#; ') +
2
R( )
si ha
=
=
(#;') S
(#; ')
:
S (#; ')
Ora il problema agli autovalori
(#;') S
(#; ') + S (#; ') = 0
è già stato risolto e porta alle armoniche sferiche; precisamente si ha (v. §8.3.1)
= n (n + 1)
Sn;m (#; ') = Pnm (cos #) (a cos m' + b sin m')
139
per n = 0; :::; 1, m = 0; :::; n: L’equazione radiale diventa allora
R00 ( ) + 2 R0 ( ) +
R (1) = 0;
2
2
n (n + 1) R ( ) = 0
equazione che assomiglia all’equazione di Bessel (v. §8.4.3)
2
R00 + R0 +
2
n2 R = 0
ma non lo è per via del termine 2R0 anziche R0 .
Per riportarla a un’equazione di Bessel si esegue il cambio di variabile
1=2
R( ) =
S ( ):
I soliti calcoli noiosi portano in de…nitiva all’equazione
(
2
2 00
2
S( )=0
S ( ) + S0 ( ) +
n + 21
S (1) = 0
che è un’equazione di Bessel di ordine n + 12 , cioè non intero ma semiintero (il
doppio di n + 21 è un intero, dispari). O meglio, come nel caso dell’equazione di
p
Bessel studiata nel §8.4.3, ponendo
= x si trasforma nell’equazione
8
2
< x2 S 00 (x) + xS 0 (x) + x2
n + 21
S (x) = 0
p
: S
=0
Apriamo allora una parentesi su quest’equazione.
4.7.1
Equazione e funzioni di Bessel di ordine semiintero
Consideriamo l’equazione di¤erenziale
x2 y 00 (x) + xy 0 (x) + x2
2
y (x) = 0 per x > 0
e
> 0 assegnato. Si dice equazione di Bessel di ordine : Se
= n + 12 ,
l’unica soluzione dell’equazione che sia limitata in x = 0 è (a meno di costante
moltiplicativa) la funzione di Bessel di ordine semiintero (detta anche funzione
di Bessel sferica):
x
2
Jn+ 21 (x) =
dove
(t) =
R +1
0
tx
1
1
n+ 12 X
k=0
k
k!
( 1)
n+k+1+
1
2
x
2
2k
;
e t dt è la funzione Gamma di Eulero e
(2 (n + k) + 1)!!
p
; con
2n+k
(2r + 1)!! = (2r + 1) (2r 1) (2r 3) (2r
n+k+1+
1
2
=
140
5) :::5 3
L’autovalore
corrispondente è uno della successione
n;h
2
= kn+
1
;h ;
2
dove kn+ 21 ;h è l’h-esimo zero della funzione Jn+ 21 (x) e la successione kn+ 12 ;h
tende a in…nito.
Vale anche la seguente formula
Jn+ 12
n+ 12
(2x)
p
(x) = ( 1)
n
dn
n
d (x2 )
sin x
x
n
dove la bizzarra scrittura d(xd 2 )n sinx x ha il seguente signi…cato. Dopo aver
scritto (in base allo sviluppo di Taylor di sin x)
1
x2k
sin x X
k
=
( 1)
x
(2k + 1)!
k=0
si deriva formalmente questa serie rispetto alla variabile x2 , cioè si deriva n volte
rispetto a t la serie
1
X
tk
k
( 1)
(2k + 1)!
k=0
2
e si pone t = x nel risultato.
Esempio 4.11 Si ha:
J1=2 (x) =
J3=2 (x) =
r
2
sin x
x
r
2
cos x
x
sin x
x
:
Si dimostra che per ogni n = 0; 1; 2; ::: le funzioni
n
o1
Jn+ 12 kn+ 21 ;m
m=1
(opportunamente normalizzate) sono un s.o.n.c. in
L2 ((0; 1) ; d ) :
Per il calcolo dei coe¢ cienti di normalizzazione, vale ancora la formula:
Z 1
2
1 2
Jn+ 21 kn+ 21 ;m
d = Jn+1+
kn+ 12 ;m :
1
2
2
0
Riportiamo qualche informazione quantitativa sulle prime funzioni di Bessel
di ordine semiintero.
141
r
2
sin x
x
r
2
sin x
J3=2 (x) =
cos x
x
x
r
cos x
3 sin x
2
J5=2 (x) =
3
sin x +
x
x
x2
r
sin x
2
15 cos x 15 sin x
J7=2 (x) =
+
6
cos x
x
x2
x3
x
r
2
105 cos x 10 cos x
105 sin x
J9=2 (x) =
+
+ sin x +
x
x3
x
x4
J1=2 (x) =
kn+1=2;h
n=0
n=1
n=2
n=3
n=4
h=1
3:14159
4:49341
5:76346
6:98793
8:18256
h=2
6:28319
7:72525
9:09501
10:4171
11:7049
h=3
9:42478
10:9041
12:3229
13:698
15:0397
h=4
12:5664
14:0662
15:5146
16:9236
18:3013
h=5
15:708
17:2208
18:689
20:1218
21:5254
Zeri delle funzioni di Bessel di ordine semiintero
Gra…ci delle funzioni di Bessel Jn+ 12 (x) per n = 0; 1; 2; 3; 4:
142
45 sin x
x2
143
5
Gra…ci delle funzioni J 21 k 12 ;h
Gra…ci delle funzioni J 23 k 32 ;h
per h = 1; 2; 3; 4; 5
per h = 1; 2; 3; 4; 5
Tornando alla nostra equazione radiale, la soluzione è quindi
R( ) =
con
1=2
S( )=
1=2
Jn+ 21 kn+ 21 ;h
2
= kn+
1
;h ; h = 1; 2; 3::::
2
n+1=2
n
Poiché per ! 0 è Jn+ 21 ( )
si ha R ( )
: In de…nitiva, le soluzioni
a variabili separate dell’equazione di Helmholz sulla sfera sono
un;m;h ( ; #; ') =
1=2
Jn+ 12 kn+ 12 ;h
Pnm (cos #) cos m'
u0n;m;h ( ; #; ') =
1=2
Jn+ 12 kn+ 12 ;h
Pnm (cos #) sin m';
144
con autovalori
n;h
2
= kn+
1
;h
2
dove n = 0; 1; 2; :::; h = 1; 2; :::; m = 0; 1; :::; n:
Per un ragionamento già visto più volte, il sistema a tre indici
un;m;h ( ; #; ') ; u0n;m;h ( ; #; ')
n=0;1;2;:::;h=1;2;:::;m=0;1;:::;n
è ortogonale e, se normalizzato, ortonormale completo, nello spazio L2 prodotto.
Precisamante, poiché sappiamo già che il sistema
fPnm (cos #) cos m'; Pnm (cos #) sin m'gn=0;1;2;:::;m=0;1;:::;n
è ortogonale completo in
L2 ((0; )
(0; 2 ) ; sin #d#d')
e per ogni n = 0; 1; 2; :: il sistema
n
Jn+ 12 kn+ 21 ;h
o
h=1;2;:::
è ortogonale completo in
L2 ((0; 1) ; d ) ;
ne segue che il sistema
un;m;h ( ; #; ') ; u0n;m;h ( ; #; ')
n=0;1;2;:::;h=1;2;:::;m=0;1;:::;n
è ortogonale completo in
L2 (0; 1)
(0; )
(0; 2 ) ;
2
sin #d d#d' :
Si faccia attenzione al termine 2 anziché , che compare grazie alla presenza dei
termini 1=2 nella de…nizione di un;m;h . D’altro canto, con cambio di variabili
sferiche, si vede che la misura 2 sin #d d#d' non è altro che la misura di volume
dxdydz in coordinate cartesiane. Quindi le soluzioni a variabili separate sono
un s.o.n.c. in L2 della sfera.
4.8
L’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno e
i polinomi di Laguerre
Consideriamo un atomo di idrogeno, costituito da un elettrone di massa me
e carica elettrica e che ruota attorno al nucleo di carica e che supponiamo
posto nell’origine. Vogliamo studiare il modello con cui la meccanica quantistica prevede dove si troverà l’elettrone. L’energia potenziale elettrostatica
dell’elettrone è data da
e2
V ( )=
;
4 "0
145
dove "0 è la costante di permettività del vuoto23 , e l’equazione di Schrödinger
per la funzione d’onda (x; y; z; t) dell’elettrone è
i}
@
=
@t
~2
2me
+V
:
Cercando soluzioni a variabili separate in spazio e tempo come abbiamo fatto
per l’equazione delle onde o del calore nell §8.5.1 (e come abbiamo già fatto per
l’equazione di Schrödinger nel caso unidimensionale studiato nel §8.4.2)
(x; y; z; t) =
troviamo
(x; y; z) T (t)
~2
2me
T0
i} (t) =
T
+V
(x; y; z)
da cui ogni membro dev’essere costante, chiamiamo E questa costante (che
dimensionalmente è un’energia). L’equazione in T (t) è allora banale,
T 0 (t) =
i
E
T (t)
}
iE
}t
T (t) = ce
mentre l’equazione signi…cativa è
~2
2me
+V
=E ;
che a¤rontiamo ancora per separazione di variabili, dopo averla riscritta in coordinate sferiche. Utilizzando le notazioni introdotte nello studio del laplaciano
in coordinate sferiche (§ 8.4.1, le conclusioni di quella discussione ci saranno
utili), conviene porre, in coordinate sferiche
8
< x = sin # cos '
y = sin # sin '
:
z = cos #;
così che l’equazione diventa
~2
2m
@ 2 u 2 @u
1
+
+ 2
@ 2
@
(#;')
+V ( )
=E
e cercando
( ; '; #) = R ( ) Y ('; #)
si ha
2
2 3 In
e
R00 + 2 R0 + 2m
~2
R
2
(V ( )
E) R
altre parole, k = 1=4 "0 è la costante di Coulomb.
146
( )=
(#;') Y
Y
('; #)
da cui ogni membro è costante, uguale a
(#;') Y
. L’equazione in Y;
('; #) =
Y ('; #)
è la stessa che abbiamo incontrato risolvendo per separazione di variabili il
laplaciano in coordinate sferiche, quindi possiamo trarre le stesse conclusioni.
Si avrà24
= l (l + 1) , per l = 0; 1; 2:::
Y ('; #) = fYl;m ('; #)gl=0;:::;1
m=0;:::;l
Yl;0 ('; #) = Pl (cos #)
Yl;m ('; #) = Plm (cos #) (a cos m' + b sin m')
cioè la parte angolare della soluzione è costituita dalle armoniche sferiche.
Consideriamo ora l’equazione radiale:
2
R00 + 2 R0 +
2me
~2
2
e2
+ E R = l (l + 1) R, per
4 "0
> 0:
Per sempli…carla si fanno vari passi, che qui mostriamo schematicamente. I
calcoli dettagliati si trovano in fondo al paragrafo.
1. Eseguiamo anzitutto il cambio di variabili
u( ) = R( )
che trasforma l’equazione in
u00 ( ) =
l (l + 1)
e2
+E
4 "0
2me
~2
2
u:
2. Quindi si de…niscono le costanti
2
e2
4 "0 ~
4 "0 ~2
a0 =
= raggio di Bohr
m e e2
E
W =
Eh
Eh = me
e si esegue la sostituzione sulla variabile indipendente:
y=
a0
2 4 Per adeguarci alle notazioni standard sull’argomento cambiamo le lettere con cui
denotavamo gli indici interi.
147
Questo dà:
1 00
u (y) +
2
1
y
1 l (l + 1)
2 y2
u (y) = W u (y) :
3. Ora bisogna distinguere il segno di W . Nel seguito trattiamo solo il caso
W < 0; che dà soluzioni L2 . Supponendo W < 0; de…niamo
p
=2
2W
e riscaliamo la soluzione, ponendo
x = y:
Si trova:
l (l + 1)
2
1
d2 u
(x) +
+
u (x) = 0:
2
2
dx
x
x 4
4. Ora si vuole fare una sostituzione opportuna che trasformi l’equazione in
una integrabile. Si ragiona così.
Per x ! 1 l’equazione è approssimata da
d2 u
(x)
dx2
1
u (x) = 0;
4
la cui soluzione esatta è
u (x) = c1 e
x=2
+ c2 ex=2 ;
di cui la soluzione accettabile è
u (x) = c1 e
x=2
:
Per x ! 0 l’equazione è approssimata da
d2 u
l (l + 1)
(x)
u (x) = 0;
2
dx
x2
equazione di Eulero, il cui integrale generale è
u (x) = c1 xl+1 + c2 x l ;
di cui la soluzione accettabile è
u (x) = c1 xl+1 :
Si fa allora una sostituzione suggerita da queste due soluzioni approssimate
per x piccolo e x grande:
u (x) = xl+1 e
x=2
f (x) :
Con ciò l’equazione diventa
xf 00 + (2l + 2
x) f 0 + (
l
1) f = 0 con
=p
1
:
2W
5. Quest’equazione assomiglia all’equazione di Laguerre:
xy 00 + (1
x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1) ;
è in e¤etti un’equazione di Laguerre associata. Apriamo una parentesi.
148
4.8.1
Equazione e polinomi di Laguerre associati
Sappiamo che l’equazione di Laguerre
xy 00 + (1
x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1)
si può riscrivere nella forma
xe
x 0 0
y
+ e
x
y = 0 per x 2 (0; +1) :
E’un problema di Sturm-Liouville singolare, che ha come autovalori = k (k + 1)
e autofunzioni, L2 ((0; +1) ; e x dx) i polinomi di Laguerre Lk (x).
Si dice equazione di Laguerre associata l’equazione (per qualche > 0)
xy 00 + ( + 1
x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1)
che si può riscrivere nella forma
x
+1
e
x 0 0
y
+ x e
x
y = 0 per x 2 (0; +1) :
E’un problema di Sturm-Liouville singolare, le autofunzioni sono ortogonali in
L2 ((0; +1) ; x e x dx) :
Si dimostra il seguente:
Teorema 4.12 Gli autovalori dell’equazione di Laguerre associata sono gli stessi che per l’equazione di Laguerre, = n con n = 0; 1; 2; ::: Per ogni n, se Ln (x)
è il polinomio di Laguerre che soddisfa l’equazione
xy 00 + (1
x) y 0 + ny = 0 per x 2 (0; +1) ;
allora
ex dn
x
n! dxn
soddisfa l’equazione di Laguerre associata
L(n ) (x) =
xy 00 + ( + 1
x
+n
e
x
x) y 0 + ny = 0 per x 2 (0; +1) .
( )
Le funzioni Ln (x) sono polinomi
diogrado n, detti polinomi di Legendre asson
1
( )
ciati, e per ogni il sistema Ln (x)
costituisce un s.o.n.c. in L2 ((0; +1) ; x e
n=0
Inoltre, per ogni n = 1; 2; 3::: il polinomio
in (0; +1).
( )
Ln
(x) ha esattamente n zeri distinti
( )
Nel seguito ci serviranno i polinomi di Legendre associati Ln (x) con
intero dispari; facciamo perciò qualche esempio di questo tipo.
n
o1
( )
Esempio 4.13 I primi polinomi Ln (x)
sono
n=0
L(n ) (x) =
x
ex dn
x
n! dxn
149
+n
e
x
x
dx).
cioè:
( )
L0 (x) = x
ex x e
x
=1
ex d
( )
x +1 e x = x + a + 1
L1 (x) =
1 dx
x ex d2
1 2
( )
L2 (x) =
x +2 e x =
x
2x (2 + ) + 2 + 3 + 2
2 dx2
2
x ex d3
x3
( + 3) x2
( + 2) ( + 3) x ( + 1) ( + 2) ( + 3)
( )
+3
x
L3 (x) =
x
=
e
+
+
3
2 dx
6
2
2
6
x
Ad esempio, per
=1
(1)
L0 (x) = 1
(1)
L1 (x) =
x+2
1 2
x
3x + 3
2
x3
(1)
L3 (x) =
+ 2x2 6x + 4
6
5 3
x4
(1)
x + 5x2 10x + 5
L4 (x) =
24 6
(1)
L2 (x) =
Per
=3
(3)
L0 (x) = 1
(3)
L1 (x) = 4
(3)
L2 (x) =
(3)
L3 (x) =
x
2
x
2
5x + 10
3
x
+ 3x2
6
150
15x + 20
6. Tiriamo allora le conclusioni sull’equazione radiale che proviene dall’equazione di Schrödinger per l’elettrone dell’atomo di idrogeno.
L’equazione
xf 00 + (2l + 2
x) f 0 + (
l
è un’equazione di Laguerre associata con
(
l
=p
1) f = 0 con
1
2W
= 2l + 1; ha autovalori
1) = k
e autofunzioni
(2l+1)
Lk
x2l+1 ex dk
x
k! dxk
(x) =
(2l+1)+k
e
x
La prima relazione signi…ca che
=p
W =
1
=l+1+k
2W
1
2 (l + k + 1)
E = W Eh =
2
1
2 (l + k + 1)
2 me
e2
4 "0 ~
2
:
Invece di usare come indici interi l; k = 0; 1; 2; :::: è comodo, per sempli…care
certe formule, porre ora
n = l + 1 + k;
quindi ora i due indici che usiamo sono
l = 0; 1; 2; ::::
n = l + 1; l + 2; ::::
151
o viceversa
n = 1; 2; 3; :::
l = 0; 1; :::; n
1:
Con queste notazioni i livelli energetici possibili sono:
2
e2
4 "0 ~
1
me
2n2
En =
Il livello minimo è
2
1
e2
:
me
2
4 "0 ~
Per scrivere le soluzioni radiali ora procediamo a ritroso; poiché
E1 =
u( ) = R( )
y=
a0
4 "0 ~2
a0 =
me e2
x= y
p
=2
2W
u (x) = xl+1 e
f (x) =
x=2
(2l+1)
Ln l 1
f (x)
(x)
si ha:
R( ) =
u( )
u (x) = xl+1 e
x= y=
Rn;l ( ) =
x=2
(2l+1)
l 1
Ln
(x)
p
=2
2W
a0
=
a0
l
2
na0
e
na0
2
na0
2
na0
(2l+1)
l 1
Ln
con n = 1; 2; 3; :::; l = 0; 1; :::; n
1
2
a0 =
4 "0 ~
:
m e e2
In…ne, funzioni d’onda stazionarie sono
n;l;0
( ; '; #) = Rn;l ( ) Pl (cos #)
n;l;m
( ; '; #) = Rn;l ( ) Plm (cos #) cos (m')
n;l;m
( ; '; #) = Rn;l ( ) Plm (cos #) sin (m')
con n = 1; 2; 3; :::; l = 0; 1; :::; n
che vanno poi normalizzate.
152
1; m = 0; 1; 2; :::; l
4.8.2
Orbitali atomici
Le funzioni d’onda che abbiamo scritto si dicono orbitali atomici. Ricordiamo
che l’integrale del loro modulo al quadrato su una regione dello spazio rappresenta la probabilità che l’elettrone si trovi in quella regione dello spazio. Gli
indici b; l; m hanno il seguente signi…cato …sico.
Il numero n si dice numero quantico principale. De…nisce l’energia dell’elettrone, che vale
2
e2
1
m
:
En =
e
2n2
4 "0 ~
Il numero l si dice p
numero quantico del momento angolare, e il momento
angolare orbitale vale l (l + 1)~, in particolare è nullo se l = 0, e in questo
caso la funzione d’onda ha simmetria radiale (è indipendente da #; ').
Il numero m si dice numero quantico magnetico.
Gli orbitali vengono indicati con il primo numero quantico seguito da una
lettera che indica il secondo numero quantico, secondo lo schema:
l=
0
s
1
p
2
d
3
f
4
g
5
h
:::
:::
Ad esempio orbitale 2p signi…ca che n = 2 e l = 1:
Esaminiamo prima il signi…cato della componente radiale degli orbitali.
Esempio 4.14 Scriviamo esplicitamente le prime funzioni radiali.
R1;0 ( ) = e
a0
R2;0 ( ) = e
2a0
R2;1 ( ) =
R3;0 ( ) = e
2
a0
(1)
L0
a0
3a0
R3;1 ( ) =
2
3a0
R3;2 ( ) =
2
3a0
=e
(1)
L1
=e
a0
e
2a0
(1)
L2
e
2a0
(3)
L0
2
3a0
3a0
=e
(3)
L1
3a0
=
a0
2
e
a0
(5)
L0
a0
a0
1
2
3a0
2
3a0
2
3a0
e
=
=
+2
2a0
2
2
3a0
2
3a0
2
3a0
2
3a0
3
e
3a0
4
+3
!
2
3a0
2
e
3a0
La densità di probabilità che l’elettrone si trovi a distanza dal nucleo (in2
dipendentemente dalla direzione) è proporzionale a 2 Rn;l ( ) . Perciò può essere signi…cativo visualizzare i gra…ci di queste funzioni. Rappresentiamole,
153
ponendo per semplicità a0 = 1
2
2
e
2
2
e
2
4
e
2
2
e
2
R1;0 ( ) =
2
R2;0 ( ) =
2
R2;1 ( ) =
2
R3;0 ( ) =
2
2
R3;1 ( ) =
2
R3;2 ( ) =
4
9
2
(
2
3
e
6
2
4
4
e
2
2
2
9
2
3
4
2
3
+ 2)
2 +3
2
3
2
2
3
Gra…co della densità di probabilità di trovare l’elettrone a distanza
nucleo nei primi orbitali:
1s
3s
2s
dal
2p
3p
3d
Esaminiamo ora il signi…cato della componente angolare degli orbitali.
Esempio 4.15 Scriviamo esplicitamente le prime funzioni angolari. Si tratta
in realtà delle armoniche sferiche che già conosciamo.
Per n = 1, cioè l’orbitale 1s, la funzione angolare è costante: funzione
d’onda a simmetria sferica.
Per n = 2 si può avere:
l = 0; m = 0 (orbitale 2s), che ha ancora funzione angolare costante, oppure
154
l = 1; m = 0; l = 1; m = 1 (orbitali 2p):
r
3
cos #
2
r
3
P11 (cos #) cos ' =
sin # cos '
2
r
3
P11 (cos #) sin ' =
sin # sin '
2
P1 (cos #) =
(quindi gli orbitali 2p sono di tre tipi). Gli orbitali 2p sono perciò i più semplici
ad avere una parte angolare signi…cativa. Il quadrato di questa funzione è proporzionale alla densità di probabilità di trovare l’elettrone (non importa a quale
distanza dal nucleo ma) nella direzione individuata dagli angoli (#; '). Una
visualizzazione di una funzione f (#; ') può essere ottenuta con un diagramma
sferico, che cioè rappresenta la super…cie = f (#; ') ; ossia la super…cie di
equazioni parametriche
8
< x = f (#; ') sin # cos '
y = f (#; ') sin # sin '
:
z = f (#; ') cos #:
Si tratta di un concetto analogo a quello di curva in forma polare nel piano. La
super…cie visualizza la funzione nel senso che i punti della super…cie più o meno
lontani dall’origine rappresentano le direzioni in cui la funzione è maggiore o
minore.
I diagrammi sferici degli orbitali 2p sono perciò:
(e simili gli altri due, orientati ciascuno secondo un asse).
Per n = 3 si può avere:
155
l = 0; m = 0 (orbitale 3s), che ha ancora funzione angolare costante, oppure
l = 1; m = 0; m = 1 (orbitali 3p);
l = 2; m = 0; m = 1; m = 2 (orbitali 3d):
r
1 5
P2 (cos #) =
3 cos2 # 1
2 2
r
5
1
P2 (cos #) cos ' = 3
cos # sin # cos '
2
r
5
P21 (cos #) sin ' = 3
cos # sin # sin '
2
r
5
P22 (cos #) cos 2' = 3
sin2 # cos 2'
2
r
3
2
sin2 # sin 2'
P2 (cos #) sin 2' =
2
I gra…ci sferici degli orbitali 3d sono i seguenti
e gli altri 3 sono simili al secondo, diversamente orientati.
156
Orbitali f si hanno ad esempio per n = 4; l = 3; m = 0; 1; 2; 3:
r
7
3
5
0
P3 (cos #) =
cos # + cos3 #
2
2
2
r
7
3 15
1
P3 (cos #) cos ' =
sin #
+
cos2 # cos '
2
2
2
r
7
3 15
P31 (cos #) sin ' =
sin #
+
cos2 # sin '
2
2
2
r
7
2
P3 (cos #) cos 2' = 15
sin2 # cos # cos 2'
2
r
7
2
sin2 # cos # sin 2'
P3 (cos #) sin 2' = 15
2
r
7
3
P3 (cos #) cos 3' =
15 sin3 # cos 3'
2
r
7
3
P3 (cos #) sin 3' =
15 sin3 # sin 3'
2
Il gra…co sferico della prima di queste funzioni è il seguente
Di seguito raccogliamo le espressioni esplicite dei primi orbitali, comprensive
157
della corretta costante di normalizzazione.
4.8.3
Soluzioni dell’equazione di Schrödinger
Ricordiamo anche che le soluzione a variabili separate dell’equazione di Schrödinger
si ottengono moltiplicando le precedenti per il fattore
e
i E}n t
con En energia corrispondente al livello n corrispondente.
Ad esempio, la soluzione dell’equazione di Schrödinger a variabili separate
corrispondente al livello energetico minimo n = 1 è (trascurando la costante di
normalizzazione):
i
(t; ; '; #) = e 2~
4.8.4
me
e2
4 "0 ~
2
t
e
a0
:
Calcoli dettagliati per la risoluzione dell’equazione radiale
Riportiamo i passaggi di calcolo che giusti…cano le conclusioni citate in precedenza nella deduzione delle soluzioni dell’equazione radiale.
158
Passo 1. Calcoli:
R( ) =
R0 =
R00 =
u( )
u0 ( )
u( )
2
2u0 ( )
00
u ( )
2
+
2u ( )
3
che sostituendo danno
2u0 ( )
u00 ( )
2
2
+
2me
~2
2
u00 ( )
+
2u ( )
+2
3
u0 ( )
u( )
2
2
e
u( )
u( )
+E
= l (l + 1)
4 "0
2u ( )
u( )
2u0 ( ) +
+ 2u0 ( ) 2
e2
u( )
+ E u ( ) = l (l + 1)
4 "0
2m
e2
u( )
e
u00 ( ) + 2
+ E u ( ) = l (l + 1) 2 :
~
4 "0
+
2me
~2
u00 ( ) =
l (l + 1)
2
2me
~2
e2
+E
4 "0
u:
Passo 2. Calcoli:
u00 ( ) =
l (l + 1)
u00 ( ) =
l (l + 1)
00
u ( )=
00
u ( )=
2
2
l (l + 1)
2
l (l + 1)
2
2me
e2
+E
u
~2
4 "0
2 m e e2
2me
E u
2
4 "0 ~
~2
2 1
a0
2 1
a0
2me
me
~2
2
me e2
4 "0 ~2
2 1
2
W u
a0
a20
du
du
dy
du
1
( )=
(a0 y)
=
(a0 y)
d
dy
d
dy
a0
d2 u
d2 u
1
( ) = 2 (a0 y) 2
d 2
dy
a0
u00 ( ) =
l (l + 1)
2
159
e2
4 "0 ~
2
W
2
W
!
u
!
u
l (l + 1)
2 1
2
W
a0
a20
a20 l (l + 1) 2a0
2W
2
1 00
u (a0 y) =
a20
2
u00 (a0 y) =
l (l + 1) 2
y2
y
1 l (l + 1)
2
y2
u00 (a0 y) =
1 00
u (a0 y) =
2
1 00
u
e (y) +
2
1 l (l + 1)
2 y2
1
y
d
=
dy
d
dx
Passo 3. Calcoli:
2W
2
y
u (a0 y)
u (a0 y)
u (a0 y)
2W
u (a0 y)
u
e (y) = W u
e (y) :
1 00
1 l (l + 1) 1
u (y) +
u (y) = W u (y)
2
2 y2
y
1 2 l (l + 1)
1 2 d2 u
(x) +
u (x) = W u (x)
2 dx2
2
y2
y
l (l + 1)
2
d2 u
2W
(x) +
+
u (x)
u (x) =
2
dx2
x2
x
1
d2 u
l (l + 1)
2
(x) +
+
u (x) = 0
dx2
x2
x 4
Passo 4. Calcoli:
u (x) = xl+1 e
x=2
f (x)
x=2
xl+1 f 0 + (l + 1) xl f
u00 (x) = e
x=2
xl+1 f 00 + 2 (l + 1) xl f 0 + (l + 1) lxl
1
(l + 1) xl f
2
d2 u
(x) +
dx2
e
x=2
1 l+1
x f
2
u0 (x) = e
xl+1 f 00 + 2 (l + 1) xl
1
2
1
4
160
1 l+1 0
x f
2
u (x) = 0
1
(l + 1) xl + xl+1 f
4
l (l + 1)
2
1
+
xl+1 e x=2 f (x) = 0
x2
x 4
xl+1 f 0 + (l + 1) lxl
+
f
1 l+1
x f
2
xl+1 f 0 + (l + 1) xl f
l (l + 1)
2
+
x2
x
1
1
xl
+
1
x2 f 00 + 2 (l + 1) x
x2 f 0 + [(l + 1) l
2
l (l + 1)
+
x2
x
x2 f
x2 f 00 + 2 (l + 1) x
+ (l + 1) l
ma
=0
x2 f 0
1
(l + 1) x + x2
4
x2 f 00 + 2 (l + 1) x
xf 00 + (2l + 2
1
4
1
(l + 1) x + x2
4
l (l + 1) +
x2 f 0 +
x) f 0 +
2
(l + 1) x +
l
p
2W ;
=2
2x
2x
1 2
x f =0
4
f =0
1 f =0
=p
1
2
=
2W
perciò
xf 00 + (2l + 2
x) f 0 + (
161
l
1) f = 0:
Bibliogra…a
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