Appunti sulle equazioni alle derivate parziali della …sica matematica A.A. 2016/2017 Marco Bramanti Politecnico di Milano 23 novembre 2016 Indice 1 Deduzione di alcune equazioni di¤erenziali della …sica matematica 1.1 Richiami di calcolo di¤erenziale vettoriale . . . . . . . . . . . . . 1.1.1 Operatori gradiente e divergenza . . . . . . . . . . . . . . 1.1.2 Il teorema della divergenza e qualche conseguenza matematica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.1.3 L’operatore rotore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 L’equazione di Poisson per il potenziale newtoniano . . . . . . . 1.3 L’equazione di di¤usione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.1 Temperatura in un corpo tridimensionale . . . . . . . . . 1.3.2 Termine convettivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.3 Temperatura in un corpo mono- o bi- dimensionale . . . . 1.3.4 Concentrazione di una sostanza in soluzione - densità di popolazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3.5 Termini di trasporto e di reazione . . . . . . . . . . . . . 1.3.6 Equazione di di¤usione in stato stazionario . . . . . . . . 1.4 Equazione delle onde . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.1 Equazione della corda vibrante . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.2 Equazione della membrana vibrante . . . . . . . . . . . . 1.4.3 Membrana elastica in equilibrio ed equazione di Poisson . 1.4.4 Onde sonore nei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.4.5 Onde elettromagnetiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 5 5 6 8 8 14 14 15 15 16 16 17 18 18 19 19 19 20 2 Generalità su equazioni e problemi ai limiti per equazioni a derivate parziali 21 2.1 Equazioni lineari del second’ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 2.2 Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche . . . . . . . . . . . . 23 1 2.3 2.4 2.5 Condizioni al contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.1 Equazioni ellittiche. Problemi al contorno . . 2.3.2 Equazioni paraboliche. Problemi al contorno iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.3 Equazioni iperboliche. Problemi al contorno iniziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Principio di sovrapposizione . . . . . . . . . . . . . . Problemi ben posti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e . e . . . . . . . . . . . . . . . ai valori . . . . . . ai valori . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier per problemi ai limiti 3.1 Richiami sulle serie di Fourier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.1 Serie di Fourier in L2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.2 Convergenza puntuale delle serie di Fourier e rapidità di convergenza a zero dei coe¢ cienti . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Equazione di Laplace e di Poisson . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2.1 Unicità, principio di massimo, dipendenza continua . . . . 3.2.2 L’equazione di Laplace sul cerchio . . . . . . . . . . . . . 3.2.3 Equazione di Poisson sul cerchio . . . . . . . . . . . . . . 3.3 Equazione di di¤usione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.3.1 Unicità e principio di massimo parabolico . . . . . . . . . 3.3.2 Equazione di di¤usione sul segmento . . . . . . . . . . . . 3.4 L’equazione della corda vibrante . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.4.1 La corda vibrante …ssata agli estremi . . . . . . . . . . . . 3.4.2 La corda vibrante illimitata . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5 Equazione delle onde in dimensione superiore . . . . . . . . . . . 3.5.1 Energia e risultato di unicità . . . . . . . . . . . . . . . . 3.5.2 Onde sferiche tridimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . 3.6 Esercizi sul metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier 25 26 28 29 30 33 35 35 35 37 41 42 48 66 70 71 75 83 83 90 94 95 96 97 4 Applicazioni dei metodi di ortogonalità a problemi di¤erenziali101 4.1 Laplaciano in coordinate sferiche. Polinomi di Legendre e armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 4.1.1 Il dato indipendente dalla longitudine. Polinomi di Legendre103 4.1.2 Il caso generale. Funzioni di Legendre associate e armoniche sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105 4.1.3 Soluzione del problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sulla sfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112 4.2 Oscillatore armonico quantistico e polinomi di Hermite . . . . . . 114 4.3 Il problema agli autovalori per il laplaciano (equazione di Helmholz) e le sue applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119 4.4 L’equazione di Helmholz sul rettangolo . . . . . . . . . . . . . . . 122 4.4.1 Membrana vibrante rettangolare . . . . . . . . . . . . . . 124 4.4.2 Equazione del calore sul rettangolo . . . . . . . . . . . . . 127 4.5 L’equazione di Helmholz sul cerchio. Funzioni di Bessel di ordine intero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 2 4.5.1 4.6 4.7 4.8 Equazione di Bessel ed autofunzioni del laplaciano sul cerchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.5.2 La membrana vibrante circolare . . . . . . . . . . . . . . . Equazione di Helmholz sul cilindro . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6.1 L’equazione del calore sul cilindro . . . . . . . . . . . . . Equazione di Helmholz sulla sfera. Funzioni di Bessel sferiche . . 4.7.1 Equazione e funzioni di Bessel di ordine semiintero . . . . L’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno e i polinomi di Laguerre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.8.1 Equazione e polinomi di Laguerre associati . . . . . . . . 4.8.2 Orbitali atomici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.8.3 Soluzioni dell’equazione di Schrödinger . . . . . . . . . . . 4.8.4 Calcoli dettagliati per la risoluzione dell’equazione radiale 3 128 133 136 138 139 140 145 149 153 158 158 Nota bene. Questi appunti sono messi a disposizione degli studenti del corso di Metodi Matematici per l’Ingegneria, A.A. 2016/2017, pur non facendo parte dell’attuale programma d’esame. Poiché diverse interessanti applicazioni delle teorie studiate nel corso riguardano le equazioni alle derivate parziali (come la risoluzione di alcuni problemi al contorno mediante la trasformata di Fourier o mediante metodi di analisi complessa), può essere interessante, per lo studente curioso, allargare il discorso e dare almeno un’occhiata a un inquadramento più generale di questi argomenti. 4 1 Deduzione di alcune equazioni di¤erenziali della …sica matematica Vogliamo mostrare come, sotto opportune ipotesi, certe equazioni a derivate parziali (piuttosto semplici, almeno da scriversi!) modellizzino vari fenomeni importanti. Discuteremo basilarmente tre equazioni di¤erenziali (ognuna con qualche variante): l’equazione di Poisson, l’equazione di di¤usione, l’equazione delle onde. Sono considerate le principali equazioni di¤erenziali della …sica matematica, per il loro ampio spettro di applicazioni e per le caratteristiche diverse e signi…cative che presentano. Ognuna delle tre è il prototipo di una classe importante di equazioni (ellittiche, paraboliche, iperboliche). 1.1 Richiami di calcolo di¤erenziale vettoriale Raccogliamo qui alcuni veloci richiami di argomenti studiati nel corso di analisi 2, che entrano nella deduzione e nella formulazione delle equazioni alle derivate parziali che ci interessano. 1.1.1 Operatori gradiente e divergenza Se f : Rn ! R; G : Rn ! Rn sono, rispettivamente, un campo scalare e un campo vettoriale (indichiamo col grassetto le grandezze vettoriali), de…niamo il gradiente di f e la divergenza di G come segue: @f @f @f (x) ; (x) ; :::; (x) @x1 @xn @xn n X @G div G (x) = r G (x) = (x) : @xi i=1 rf (x) = Valgono le seguenti identità: div rf (x) = ( f (x) n X @2f i=1 @x2i (x) è l’operatore di Laplace, o laplaciano) div (f G) = f div G + rf G e in particolare, se g è un altro campo scalare, div (f rg) = f g + rf rg oltre ovviamente alla relazione r (f g) = grf + f rg: 5 Esempio 1.1 (a) Se r = (x; y; z) 2 R3 , si ha: r jrj jrrj = 1: rr = (b) Se f : R3 ! R è una funzione radiale, cioè f (r) = g (jrj) si ha r jrj jrf (r)j = jg 0 (jrj)j : rf (r) = g 0 (jrj) (c) Dato in R3 il campo newtoniano E= r jrj (con r = (x; y; z) ) 3 calcoliamo, per r 6= 0, r X @ div E= @xi i=1 = 3 jrj 3 xi jrj 3 3 jrj jrj 6 ! = 3 jrj3 X 6 i=1 P3 i=1 x2i = 2 xi jrj xi 3 jrj jrj 3 3 jrj jrj 3 3 jrj 6 = 0: Il campo elettrostatico generato da una carica puntiforme (o il campo gravitazionale generato da una massa puntiforme) ha divergeza nulla fuori dal punto in cui è collocata la carica (la massa). 1.1.2 Il teorema della divergenza e qualche conseguenza matematica Teorema 1.2 (della divergenza) Sia R3 un aperto connesso, limitato, la cui frontiera è l’unione di un numero …nito di super…ci regolari o regolari a tratti1 , e sia e il versore normale uscente da , nei punti di @ in cui è , allora de…nito2 . Sia E un campo vettoriale C 1 Z Z Z Z Z div Edxdydz = E e dS: @ 1 ad esempio, può essere la regione tridimensionale limitata da una super…cie regolare, come una sfera o una corona sferica, ma anche limitata da una super…cie come un poliedro, cioè con alcuni spigoli. 2 cioè tranne che sugli spigoli. 6 Detto in parole: l’integrale di volume della divergenza di un campo, su un certo dominio, uguaglia il ‡usso di quel campo uscente dal bordo del dominio stesso. E’ un’equazione di bilancio (dal punto di vista puramente matematico), che difatti è coinvolta nella formulazione di equazioni di bilancio di tipo …sico, e perciò ha un ruolo chiave nella deduzione di varie equazioni della …sica matematica. Cominciamo a ottenere qualche conseguenza matematica del teorema: le identità di Green. Sia un dominio limitato di R3 a cui è applicabile il teorema della divergenza (ad esempio, con frontiera regolare a pezzi), e siano f; g : ! ; g 2 C2 ( ) \ C1 . Applicando il teorema della R, f 2 C 1 ( ) \ C divergenza al campo F = f rg si ha: ZZZ ZZ r (f rg) dxdydz = f rg ne dS: @ D’altro canto, r (f rg) = f g + rf rg, perciò ZZZ f gdxdydz + ZZZ rf rgdxdydz = ZZ @ f rg ne dS: Nell’ultimo integrale scritto, la funzione rg ne è uguale (per la formula del gradiente) alla derivata direzionale di g nella direzione del versore normale uscente. Questa derivata direzionale porta il nome di derivata normale, e si indica col simbolo @g : @ne In de…nitiva abbiamo ottenuto la prima identità di Green: ZZZ ZZZ ZZ @g f gdxdydz + rf rgdxdydz = f dS @n e @ (1.1) valida per ogni coppia di funzioni: f 2 C1 ( ) \ C ; g 2 C2 ( ) \ C1 : Applicando la (1.1) si prova facilmente (farlo per esercizio) che se in precedenza e f; g 2 C 2 ( ) \ C 1 , si ha ZZZ [f g g f ] dxdydz = detta seconda identità di Green. 7 ZZ f @ @g @ne g @f dS, @ne è come (1.2) 1.1.3 L’operatore rotore Per F : R3 ! R3 campo vettoriale tridimensionale, de…niamo il rotore del campo come: i j k rot F = r F = @x @y @z F1 F2 F3 (determinante formale della matrice). Anche rot F è un campo vettoriale tridimensionale. Ci servirà la seguente identità: r (r F) = r (r F) F (1.3) che si può veri…care per esercizio. L’ultimo termine dell’equazione ha il seguente signi…cato: F = ( F1 ; F2 ; F3 ) : 1.2 L’equazione di Poisson per il potenziale newtoniano Vogliamo mostrare che il potenziale u del campo elettrostatico generato in una certa regione dello spazio da una distribuzione continua di carica di densità volumica (r) soddisfa in l’equazione di Poisson: u=4 k (dove k è la costante di Coulomb) cioè @2u @2u @2u + 2 + 2 = 4 k (x; y; z) @x2 @y @z e in particolare, nelle regioni in cui non c’è carica ( = 0), il potenziale soddisfa l’equazione di Laplace @2u @2u @2u + 2 + 2 =0 @x2 @y @z ossia, come si dice, u è una funzione armonica. La legge di Coulomb dell’elettrostatica a¤erma che il campo elettrico generato nel punto r0 da una carica elettrica puntiforme q posta nel punto r è pari a r0 r E (r0 ) = kq 3 jr0 rj dove k è la costante di Coulomb. Per un sistema di più cariche puntiformi, il campo totale è semplicemente la somma dei campi generati dalle singole cariche; per una distribuzione continua di cariche, di densità (r), il campo è assegnato dall’analoga formula nel continuo, cioè ZZZ r0 r E (r0 ) = k (r) 3 dxdydz (r = (x; y; z)) jr0 rj 8 dove è la regione dello spazio (che supponiamo limitata) in cui la densità di carica è e¤ettivamente non nulla. Vedremo ora come dalla legge di Coulom si possa dedurre Il teorema di Gauss dell’elettrostatica, che a sua volta avrà tra le sue conseguenze il fatto che il potenziale elettrostatico soddis… un’importante equazione alle derivate parziali, l’equazione di Poisson. Teorema 1.3 (teorema di Gauss dell’elettrostatica ) Il ‡usso del campo elettrico uscente da una super…cie3 chiusa è (E; ) = 4 kQtot dove Qtot è la carica totale racchiusa dalla super…cie stessa. In altre parole, se =@ per una certa regione limitata X Qtot = qi dello spazio, qi in nel caso discreto, e Qtot = ZZZ (r) dxdydz nel caso continuo. Il teorema vale sia per distribuzioni discrete che per distribuzioni continue di carica. Dimostriamolo, procedendo in vari passi. Passo 1. Una sola carica puntiforme, posta nell’origine; la super…cie è una sfera di centro l’origine e raggio R. In questo caso r r E = kq 3 con r = (x; y; z) ; ne = jrj jrj ZZ = E ne dS = ZZ R2 = kq dS = 4 kq R4 Passo 2. Una sola carica puntiforme, posta nell’origine; la super…cie è una qualsiasi super…cie chiusa che racchiude l’origine. Sia = @ la super…cie, e consideriamo una sferetta BR di centro l’origine e raggio R contenuta in . Osserviamo che: ZZ ZZ ZZ E ne dS = E ne dS + E ne dS @( nBR ) @BR 3 La super…cie deve avere la regolarità richiesta dal teorema della divergenza, quindi ad esempio può essere una super…cie regolare a pezzi. 9 Rappresentiamo schematicamente la situazione come se fosse nel piano. Il ‡usso uscente da ( n BR ) è pari al ‡usso uscente da meno il ‡usso uscente da BR . Ora il secondo addendo a 2 membro è quello calcolato al passo 1, pari a 4 kq. Mostriamo che il primo addendo a 2 membro è zero, da cui seguirà il risultato che ci interessa in questo passo. Il campo E nella regione ( n BR ) è regolare (perché questa regione non contiene l’origine, unico punto in cui il campo è irregolare), perciò possiamo applicare ad ( n BR ) il teorema della divergenza, e scrivere ZZ ZZZ E ne dS = r Edxdydz = 0 @( nBR ) ( nBR ) perché r E = 0 fuori dall’origine, come veri…cato in precedenza. Passo 3. (In realtà non ci servirà questo caso nel seguito, ma lo presentiamo per completezza). Un sistema di più cariche puntiformi, in numero …nito; la super…cie è una qualsiasi super…cie chiusa che le racchiude tutte. Segue dal passo 2 per linearità: il campo generato da q1 ; q2 ; :::; qn è la somma dei campi generati separatamente da q1 ; q2 ; :::; qn ; quindi il ‡usso del campo generato da q1 ; q2 ; :::; qn è la somma dei ‡ussi dei campi generati separatamente da q1 ; q2 ; :::; qn ; questi ‡ussi, per il Passo 2, valgono 4 kq1 ; 4 kq2 ; : : : ; 4 kqn perciò il ‡usso totale è 4 kq1 + 4 kq2 + : : : + 4 kqn = 4 kQtot : Questo completa la dimostrazione del teorema di Gauss nel caso di una distribuzione discreta di cariche. Passo 4. Distribuzione continua di cariche, di densità (x; y; z), non nulla in un aperto limitato ; calcoliamo il ‡usso attraverso una super…cie chiusa che avvolge . Supponiamo inoltre che sia disgiunta da (cioè la super…cie 10 attraverso cui calcoliamo il ‡usso non tocca la regione dove poi rimuovere quest’ipotesi). Indichiamo con 6= 0). (Si dovrà r = (x; y; z) il generico punto di in cui c’è una densità di carica non nulla, e con r0 = (x0 ; y 0 ; z 0 ) il generico punto della super…cie su cui vogliamo calcolare il campo, e quindi il ‡usso. Si ha: ZZZ (r0 r) 0 E (r ) = k (r) 3 dxdydz: jr0 rj Calcoliamo il ‡usso attraverso : ZZZ ZZ (r0 k (r) (E; ) = jr0 Si noti che il denominatore jr0 r) rj 3 dxdydz ! ne (r0 ) dS (r0 ) : 3 rj non si annulla mai perché r 2 ; r0 2 (r0 r) e abbiamo supposto e disgiunte. Quindi la funzione jr0 rj3 è limitata. Scambiando tra loro l’integrale doppio e l’integrale triplo si ha: ! ZZZ ZZ (r0 r) 0 0 (E; ) = (r) k 3 ne (r ) dS (r ) dxdydz: jr0 rj Ora osserviamo l’integrale interno. Si tratta del ‡usso attraverso E (r0 ) = k (r0 r) jr0 rj del campo 3 che è il campo elettrico generato da una carica puntiforme unitaria posta nel punto r. Poiché r 2 e la super…cie circonda , questo ‡usso è quello calcolato al passo 2: ZZ (r0 r) 0 0 k 3 ne (r ) dS (r ) = 4 k 1; jr0 rj che sostituito nell’integrale che assegna (E; ) dà ZZZ (E; ) = 4 k (r) dxdydz = 4 kQtot , e il teorema è così dimostrato anche per una distribuzione continua di cariche, nell’ipotesi che e siano disgiunte. Passo 5. Distribuzione continua di cariche, di densità (x; y; z), non nulla in un aperto limitato ; calcoliamo il ‡usso attraverso una super…cie chiusa e regolare che avvolge e può anche intersecare . Questo è un passo un po’ tecnico e lo omettiamo (si trova in dettaglio in [EsAn2, pp.588 sgg]). Questo conclude la dimostrazione del teorema di Gauss dell’elettrostatica, nei vari casi di interesse. 11 Osservazione 1.4 (Teorema di Gauss per il campo gravitazionale) Il campo gravitazionale obbedisce ad una legge formalmente identica alla legge di Coulomb dell’elettrostatica, con l’unica di¤ erenza del segno della forza: mentre una carica elettrica positiva esercita su una carica elettrica unitaria (quindi anch’essa positiva) una forza repulsiva, una massa positiva (l’unico tipo di massa esistente!) esercita su una massa unitaria una forza attrattiva. Quindi per il campo gravitazionale F varrà un “teorema di Gauss” con il segno opposto: per il ‡usso del campo gravitazionale F uscente da una super…cie vale (F; ) = 4 G Mtot dove G è la costante di gravitazione universale e Mtot è la massa totale contenuta nella regione limitata di cui è il bordo. Nel caso di una distribuzione continua di materia si avrà ZZZ Mtot = (r) dxdydz dove ora è la densità di massa. Dal teorema di Gauss dell’elettrostatica deduciamo ora il: Teorema 1.5 (equazione di Maxwell per il campo elettrico con sorgenti) Sia E il campo elettrostatico generato da una distribuzione continua di carica di densità (r) in una certa regione dello spazio. Allora in vale l’equazione: r E =4 k dove k è la costante che compare nella legge di Coulomb. Dimostrazione. Sia BR una qualsiasi sferetta (di raggio R e centro qualsiasi) contenuta in , e applichiamo a BR il teorema di Gauss dell’elettrostatica (Passo 5 della dimostrazione fatta in precedenza): ZZ ZZZ E ne dS = 4 kQtot.A = 4 k (r) dxdydz: @BR BR (Notiamo che la “carica totale”è in questo caso solo quella contenuta in BR , che abbiamo scritto come integrale della densità). Trasformando il primo membro mediante il teorema della divergenza otteniamo ZZZ ZZZ r E (r) dxdydz = 4 k (r) dxdydz BR e quindi ZZZ BR [r E (r) 4 k (r)] dxdydz = 0: BR Ora ricordiamo che questo è vero per qualsiasi sfera BR . Se allora, …ssato il centro P0 della sfera, dividiamo per il volume della sfera e facciamo tendere a zero il raggio, otteniamo che è nulla la media integrale su sfere sempre più piccole 12 e quindi, al limite, l’integranda nel punto P0 centro della sfera. D’altro canto P0 è arbitrario: ne segue che la funzione integranda dev’essere identicamente nulla4 in : r E 4 k = 0 in che è la tesi. In base all’Osservazione 1.4, per il campo gravitazionale dovuto ad una distribuzione continua di massa con densità varrà un’equazione simile, ma col segno cambiato, r F = 4 G : Osservazione 1.6 (Proprietà di annullamento degli integrali tripli) Nella deduzione precedente abbiamo sfruttato il fatto che se f : ! R è una funzione continua (o integrabile) e sappiamo che ZZZ 8sfera BR f (x; y; z) dxdydz = 0, BR allora necessariamente f (x; y; z) = 0 in ogni punto di (o in ogni punto di ad eccezione di un insieme di misura nulla, rispettivamente). Un errore comune nel presentare la deduzione precedente consiste nell’omettere, all’inizio dell’argomentazione, il fatto che si sta ragionando su una generica sfera (o più in generale, sottoinsieme aperto) BR , e limitarsi a lavorare su tutto . Notiamo però che se sapessimo soltanto che ZZZ [r E (r) 4 k (r)] dxdydz = 0 non potremmo certo dedurne che l’integranda è nulla in . (Si pensi alla funzione sin x che ha integrale nullo in (0; 2 ) senza essere identicamente nulla). In…ne, l’equazione di Maxwell per il campo elettrico in presenza di sorgenti può essere trasformata in un’equazione scalare sul potenziale elettrostatico, sfruttando il fatto che il campo elettrostatico è conservativo, cioè è gradiente di una funzione potenziale u (campo scalare): E = ru: Ponendo quindi E = ru, l’equazione di Maxwell r E = 4 k si riscrive r (ru) = 4 k 4 La deduzione fatta è corretta nei punti in cui l’integranda è continua (abbiamo applicato il teorema della media, che vale sotto questa ipotesi). Notiamo che la funzione densità può e¤ettivamente essere talvolta discontinua. In generale, se supponiamo che l’integranda sia soltanto integrabile (ma eventualmente discontinua), allora si può dimostrare che l’integranda è zero in , tranne al più in un insieme di misura nulla. 13 cioè u=4 k : che è l’equazione di Poisson per il potenziale elettrostatico. Al solito, per il potenziale gravitazionale vale l’equazione di Poisson simile, ma con un segno diverso, u= 4 G : Uni…cando le due teorie entro un unico quadro, l’equazione a derivate parziali u=f viene detta equazione di Poisson per il potenziale newtoniano. Il termine noto f ha il signi…cato di termine di sorgente. 1.3 1.3.1 L’equazione di di¤usione Temperatura in un corpo tridimensionale Si vuole studiare il fenomeno della di¤usione del calore in un corpo tridimensionale (sulle cui proprietà termiche cui faremo una serie di ipotesi sempli…catrici che preciseremo). La funzione incognita è la temperatura u (x; y; z; t) nel punto (x; y; z) di all’istante t. Supponiamo che il corpo sia omogeneo e isotropo e possa ricevere calore da una fonte esterna. Sia r (x; y; z; t) il tasso di calore per unità di massa fornita al corpo in (x; y; z) all’istante t (se r > 0, si tratta di calore fornito; se r < 0 si tratta di calore sottratto). Indichiamo con: > 0 la densità volumica del corpo; la supponiamo costante; cv > 0 il calore speci…co (a volume costante) del materiale; lo supponiamo costante; > 0 la conduttività termica del materiale; la supponiamo costante. Utilizzando la legge di Fourier della conduzione del calore si dimostra allora che u soddisfa l’equazione: @u = @t cv u+ 1 r: cv Per i passaggi della deduzione si veda [SVZZ, pp.62-3]. Indicando con D = cv il coe¢ ciente di di¤usione, che rappresenta la risposta termica del sistema, e con f (x; y; z; t) = c1v r (x; y; z; t) il termine di sorgente, l’equazione si riscrive: ut D u = f ossia @u @t D @2u @2u @2u + 2 + 2 @x2 @y @z = f (x; y; z; t) : Questa, una delle più importanti equazioni di evoluzione della …sica matematica (l’equazione di Poisson era invece un’equazione stazionaria), è detta equazione di di¤ usione (o equazione del calore). 14 Il segno nell’equazione ut D u è molto importante. Nella deduzione …sica del modello, esprime il fatto che il calore passa dal corpo più caldo a quello più freddo. Cambiare il segno equivale a cambiare il verso in cui scorre il tempo. Difatti l’equazione ut + D u = f prende il nome di equazione del calore retrograda (o backward, o all’indietro). Accenniamo solo al fatto che se il corpo fosse non omogeneo (ma ancora isotropo), l’equazione assumerebbe la forma più generale 1 @u = div (Dru) + r @t cv dove ora D = D (x; y; z; t) sarebbe una funzione (non costante). 1.3.2 Termine convettivo Se il corpo invece di essere un solido è un ‡uido, è possibile che la temperatura cambi da punto a punto non solo per di¤usione ma anche per convezione, cioè per movimento di ‡uido che trasporta materia calda. In questo caso, detta v (x; y; z; t) la velocità del ‡uido nel punto (x; y; z) all’istante t, l’equazione va corretta con l’aggiunta del termine convettivo, o di trasporto, così: ut D u + div (vu) = f che, se in particolare v è costante, si sempli…ca a: ut 1.3.3 D u + v ru = f: Temperatura in un corpo mono- o bi- dimensionale L’equazione di di¤usione è stata dedotta per un corpo tridimensionale. Se si vuole modellizzare la di¤usione del calore in una piastra o in una sbarra (oggetti approssimativamente bi- o mono- dimensionali), si può considerare l’equazione di di¤usione in due o una variabile, cioè ut D @2u @2u + 2 @x2 @y =f o ut Duxx = f: In questi due casi il modello richiede però un’altra ipotesi …sica: il fatto che il corpo (oltre alle eventuali sorgenti di calore descritte dal termine f ) scambi calore con l’esterno solo dai suoi bordi: nel caso della piastra, solo dal contorno della piastra, ma non dalla sua super…cie superiore e inferiore; nel caso della sbarra, solo dagli estremi ma non dalla super…cie laterale della sbarra (cioè dall’interno del segmento). In altri termini, che il corpo sia “lateralmente isolato”. Quando quest’ipotesi non è veri…cata, e il corpo scambia calore lateralmente con 15 l’esterno per conduzione, l’equazione va corretta con l’aggiunta di un termine, del tipo (nel caso unidimensionale): ut Duxx + u = f con > 0 costante, intendendo che il l’ambiente circostante sia a temperatura T = 0. 1.3.4 Concentrazione di una sostanza in soluzione - densità di popolazione Consideriamo un problema …sico diverso, che come vedremo è matematicamente analogo al precedente. Sia u (x; y; z; t) la concentrazione volumica di una certa sostanza disciolta in una soluzione, nel punto (x; y; z) di una certa regione dello spazio, all’istante t; questa funzione è ora la nostra incognita. Supponiamo che l’ambiente in cui la sostanza si di¤onde sia omogeneo e isotropo. Supponiamo che nel punto (x; y; z) all’istante t sia fornita una quantità f (x; y; z; t) di quella sostanza per unità di massa (al solito, fornita o sottratta a seconda del segno di f ). Il ‡usso, questa volta non di calore ma di materia, della sostanza disciolta, è proporzionale (e di verso opposto) al gradiente della concentrazione: la sostanza disciolta tende a di¤ondersi in dai punti in cui è più concentrata ai punti in cui lo è meno, esattamente come la temperatura passa dalle regioni più calde a quelle più fredde. Ripetendo la deduzione di prima si trova ancora che u soddisfa l’equazione di di¤usione ut D u=f dove la costante D avrà ora un signi…cato …sico diverso, ma analogo. Invece che essere la concentrazione di una sostanza chimica, la u potrebbe rappresentare anche la densità di una popolazione animale in un certo ambiente (naturalmente, sotto ipotesi molto sempli…cate riguardo al comportamento). Il modello descrive il fenomeno della di¤usione di una popolazione che tende ad allontanarsi dalle zone sovra¤ollate, mentre il termine di sorgente descrive nascite e morti. 1.3.5 Termini di trasporto e di reazione Oltre alla di¤usione della sostanza disciolta dovuta al gradiente di concentrazione, la materia potrebbe muoversi (e quindi u variare) anche perché il ‡uido che occupa la regione si muove. Si ha cioè un fenomeno di trasporto, oltre che di di¤usione (analogamente al fenomeno convettivo nella di¤usione del calore). Se il ‡uido ha una velocità v (x; y; z; t) l’equazione diventa ut D u div (vu) = f ut D u v ru = f: e, se v è costante, 16 Il termine v ru è detto termine di trasporto, o deriva, o drift. Nel caso unidimensionale si ha: ut Duxx vux = f (con v di segno qualsiasi). E’anche possibile che ci sia un fenomeno chimico di reazione (o un fenomeno biologico di decomposizione) che consuma, fa decadere parte della sostanza, portando a una diminuzione della sua concentrazione. Questo si descrive invece con l’aggiunta del termine di reazione: ut D u+ u=f con > 0, costante nei casi semplici. Osserviamo esplicitamente che se il fenomeno della di¤usione è assente o trascurabile rispetto a quello di trasporto o di reazione, otteniamo l’equazione di trasporto puro, del prim’ordine ut vux = f o l’equazione di decadimento, del prim’ordine ut + u = f: Quest’ultima è un’equazione di¤erenziale ordinaria. Se f = 0 la soluzione è u (t) = ce t ! 0 per t ! 1. 1.3.6 Equazione di di¤usione in stato stazionario Vale la pena notare esplicitamente, in…ne, che se nel fenomeno di di¤usione del calore un corpo raggiunge una situazione di equilibrio termico (cioè a un certo punto la u non varia più al variare del tempo -ma naturalmente può variare da punto a punto-) la funzione temperatura (essendo ut 0) soddisferà l’equazione stazionaria D u=f cioè ancora l’equazione di Poisson (in questo caso dovrà essere anche f indipendente dal tempo). Lo stesso vale per la concentrazione di una sostanza o la densità di una popolazione in situazione di equilibrio. Si vede quindi come l’equazione di Poisson (o quella di Laplace u = 0 nel caso di assenza di sorgenti) abbiano anche ulteriori applicazioni, oltre a quella di essere l’equazione del potenziale newtoniano. Potranno poi essere anche presenti termini di trasporto e / o di reazione, il che porta all’importanza di studiare equazioni stazionarie del tipo D u vux + u = f: 17 1.4 1.4.1 Equazione delle onde Equazione della corda vibrante L’equazione della corda vibrante è solo il più semplice esempio di equazione delle onde. I fenomeni ondosi (o vibratori) possono essere molto vari e complessi, e conseguentemente sono approssimativamente descritti da una varietà di equazioni di¤erenziali. Consideriamo il modello più semplice, non solo per motivi dimensionali (a vibrare è una corda, oggetto di dimensione 1, e non un oggetto bi- o tri- dimensionale), ma anche per le ipotesi sempli…catrici che facciamo. Si vuole descrivere il fenomeno delle piccole vibrazioni trasversali di una corda tesa (come una corda di violino o di chitarra). La funzione incognita è u (x; t), e ha il seguente signi…cato: se la corda a riposo si trova sull’asse x, e la vibrazione avviene nel piano xz, u (x; t) è la quota z a cui si trova, all’istante t, il punto della corda che, a riposo, si trova nel punto (x; 0). Stiamo quindi supponendo che ogni punto della corda vibri solo in verticale. Le altre ipotesi che facciamo sono sono: Le vibrazioni sono di piccola ampiezza (jux (x; t)j 1); la corda è perfettamente ‡essibile; dire che non o¤re resistenza alla ‡essione signi…ca che la forza di tensione si può considerare tangente alla corda in ogni punto; l’attrito è trascurabile (vedremo poi come si modi…ca il modello rimuovendo quest’ipotesi). Supponiamo che sulla corda agisca, dall’esterno, una forza verticale (come il peso) che agisca sul punto x all’istante t con un’intensità per unità di massa f (x; t). Indichiamo con 0 (x) la funzione densità lineare della corda in posizione di equilibrio e con 0 (t) la componente orizzontale della tensione della corda all’istante t. Allora (per la deduzione si veda [SVZZ, p.209-210]) si ottiene: utt (x; t) (t) uxx (x; t) = f (x; t) : 0 (x) 0 Se la corda è omogenea, 0 (x) è costante. Se è perfettamente elastica, 0 (t) è costante (perché è uguale alla tensione a riposo). In questo caso il coe¢ ciente 2 0 = è una costante positiva, che si usa indicare con c (c ha le dimensioni di velocità): utt c2 uxx = f equazione della corda vibrante. Nel caso si consideri anche l’attrito che la corda subisce nel vibrare (ad opera del mezzo in cui vibra), si deve aggiungere un termine di dissipazione esogena: utt c2 uxx + kut = f con k > 0. (v. [SVZZ p.217] per la deduzione). 18 1.4.2 Equazione della membrana vibrante Consideriamo le piccole vibrazioni di una membrana omogenea e isotropa. La funzione incognita è u (x; y; t) che indica la quota, all’istante t, del punto che a riposo si trova in (x; y; 0). Si dimostra allora che u soddisfa l’equazione delle onde in due variabili spaziali: c2 utt @2u @2u + 2 @x2 @y = 0: Per la deduzione, v. [Pe, pp.175-177]5 . Se poi la membrana è soggetta a una forza verticale di carico per unità di massa di intensità f (x; y; t), otterremo l’equazione utt 1.4.3 @2u @2u + 2 @x2 @y c2 = f (x; y; t) : Membrana elastica in equilibrio ed equazione di Poisson Supponiamo che la membrana elastica sia in equilibrio (non vibri): ad esempio, sia soggetta ad una forza indipendente dal tempo e sia …ssata al bordo, in modo tale da disporsi in una con…gurazione di equilibrio. Il precedente modello è ancora valido, immaginando ora semplicemente che u sia indipendente dal tempo. Quindi risulterà: c2 @2u @2u + 2 @x2 @y = f (x; y) ossia u risolve un’equazione di Poisson in 2 variabili. Ecco quindi un altro signi…cato ancora dell’equazione di Poisson. 1.4.4 Onde sonore nei gas Le onde sonore in un gas isotropo sono perturbazioni di piccola ampiezza nella pressione e nella densità del gas. Sia (x; y; z; t) la densità (variabile) del gas e 0 (costante) la sua densità in quiete. De…niamo la grandezza s detta condensazione, data da s (x; y; z; t) = (x; y; z; t) 0 0 (scostamento relativo della densità dall’equilibrio; come si vede dalla de…nizione, è una grandezza adimensionale). Si dimostra che s soddisfa l’equazione delle onde in 3 variabili spaziali: stt c2 s = 0 (con laplaciano in (x; y; z)). Per la deduzione matematica, v. [SVZZ pp. 231-234]. 5 Queste pagine sono scaricabili dalla pagina web del corso. 19 1.4.5 Onde elettromagnetiche Mostriamo che ogni componente del campo elettrico E e del campo magnetico B, nel vuoto e in assenza di sorgenti, soddisfa l’equazione delle onde in 3 variabili spaziali. Partiamo dalle equazione di Maxwell che (nel vuoto e in assenza di sorgenti) si scrivono: r B=0 r E=0 @B @t 1 @E B= 2 c0 @t r E= r dove E; B sono il campo elettrico e il campo magnetico funzioni di (x; y; z) e del tempo t, c0 è la velocità della luce nel vuoto, l’operatore r agisce sulle sole variabili spaziali (x; y; z). Applichiamo ad ambo i membri della terza equazione di Maxwell l’operatore rotore. Si ha: r (r @B @t E) = r = @ (r @t B) = per la quarta equazione di Maxwell @ @t = 1 @E c20 @t = 1 @2E : c20 @t2 Si noti che nel primo passaggio abbiamo scambiato l’operatore rotore con @ l’operatore @t (derivate rispetto a spazio e tempo commutano tra loro). Utilizziamo ora l’identità di¤erenziale (1.3): r (r E) = r (r E) E= per la seconda equazione di Maxwell = E: Quindi E= 1 @2E c20 @t2 che esplicitamente signi…ca: @ 2 Ej = c20 Ej @t2 per j = 1; 2; 3; ossia: ogni componente di E soddisfa l’equazione delle onde (omogenea) in 3 variabili spaziali. 20 Analogamente si dimostra l’equazione delle onde per le componenti del campo B: si applica l’operatore rotore ad ambo i membri della quarta equazione di Maxwell e si ha r (r 1 @E c20 @t B) = r = 1 @ (r c20 @t E) = per la terza equazione di Maxwell 1 @ c20 @t = @B @t 1 @2B : c20 @t2 = D’altro canto ancora l’identità di¤erenziale (1.3) e, questa volta, la prima equazione di Maxwell, danno: r (r da cui ossia 2 2.1 B) = r (r B) B= B @2B = c20 B @t2 @ 2 Bj = c20 Bj @t2 per j = 1; 2; 3: Generalità su equazioni e problemi ai limiti per equazioni a derivate parziali Equazioni lineari del second’ordine Le equazioni alle derivate parziali di cui ci occuperemo nel seguito, ossia quelle di cui abbiamo discusso nel §2 il signi…cato modellistico, condividono diverse importanti proprietà: -sono tutte del second’ordine (occasionalmente si possono ridurre a equazioni del prim’ordine); -sono tutte lineari; -sono (quasi) tutte a coe¢ cienti costanti. Per …ssare le idee, scriviamo nuovamente qualcuna di queste equazioni, a titolo d’esempio: uxx + uyy = f (2.1) (equazione di Poisson in 2 variabili spaziali); ut Duxx + bux cu = f (2.2) (equazione di di¤usione in una variabile spaziale, con termini di trasporto e reazione); utt c2 uxx + but = f (2.3) (equazione della corda vibrante smorzata). 21 Facciamo qualche osservazione sulla linearità dell’operatore. Dire che un’equazione alle derivate parziali è lineare signi…ca che ha la forma Lu = f dove u è la funzione incognita, f un termine noto (se è zero diciamo che l’equazione è omogenea) e L è un operatore di¤ erenziale lineare, ossia tale che, se u1 ; u2 sono funzioni per cui Lu1 e Lu2 sono ben de…nite e se c1 ; c2 sono costanti, L (c1 u1 + c2 u2 ) = c1 Lu1 + c2 Lu2 : Il più generale operatore di¤erenziale lineare del second’ordine in n variabili6 si può scrivere così: Lu (x) = n X aij (x) uxi xj (x) + i;j=1 n X bk (x) uxk (x) + c (x) u (x) (2.4) k=1 (con x 2 Rn ). Si dice parte principale dell’operatore l’insieme dei termini nelle derivate seconde, cioè l’operatore n X aij (x) uxi xj (x) ; i;j=1 mentre n X bk (x) uxk (x) + c (x) u (x) k=1 si dicono termini di ordine inferiore. Naturalmente occorre precisare uno spazio di funzioni su cui si considera agire l’operatore L. Ad esempio, l’operatore L in (2.4), se i coe¢ cienti aij ; bk ; c sono funzioni continue su un dominio Rn , si può vedere come operatore lineare tra i seguenti spazi vettoriali: L : C2 ! C0 : Tra questi spazi, muniti delle rispettive norme, L risulta anche continuo, in quanto kLukC 0 ( ) n X aij uxi xj i;j=1 0 @ n X i;j=1 + C0( ) n X k=1 kaij kC 0 ( ) + n X k=1 c kukC 2 ( ) : kbk uxk kC 0 ( ) + kcukC 0 ( ) 1 kbk kC 0 ( ) + kckC 0 ( ) A kukC 2 ( ) 6 Si osservi il linguaggio: L è un operatore di¤erenziale lineare del second’ordine; Lu = f è un’equazione di¤erenziale lineare del second’ordine. 22 La linearità dell’equazione ha una serie di conseguenze, che lo studente ha già incontrato nel corso dell’algebra lineare e dello studio delle equazioni di¤erenziali ordinarie. Per cominciare: -la generica soluzione dell’equazione completa si può ottenere sommando la generica soluzione dell’equazione omogenea e una particolare soluzione dell’equazione completa; -la totalità delle soluzioni dell’equazione omogenea è uno spazio vettoriale . (nelle ipotesi fatte sopra, un sottospazio di C 2 Altre proprietà conseguenze della linearità saranno illustrate in seguito in relazione alle condizioni al contorno. 2.2 Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche Le equazioni a derivate parziali lineari del second’ordine possono presentare proprietà matematiche molto diverse le une dalle altre, coerentemente al signi…cato …sico molto diverso che hanno le equazioni incontrate …n qui. La proprietà matematica che discrimina queste situazioni è espressa dalla seguente de…nizione. De…nizione 2.1 (Equazioni ellittiche, paraboliche, iperboliche) Sia Lu (x) = n X aij (x) uxi xj (x) + i;j=1 n X bk (x) uxk (x) + c (x) u (x) k=1 un’equazione alle derivate parziali, lineare del second’ordine de…nita per x 2 Rn , e consideriamo, per un certo x0 2 …ssato, la forma quadratica; q : Rn ! R n X q : h 7! aij (x0 ) hi hj i;j=1 (si può sempre supporre che la matrice aij sia simmetrica). Si dice che: l’operatore L è ellittico (in x0 ) se la forma quadratica q è de…nita (positiva o negativa); l’operatore L è iperbolico (in x0 ) se la forma quadratica q è inde…nita; l’operatore L è parabolico (in x0 ) se la forma quadratica q è semide…nita (positiva o negativa). Diremo che l’operatore L è ellittico, o iperbolico, o parabolico in se lo è in ogni punto di : Analoga terminologia si usa per l’equazione Lu = f , cioè: qualunque sia il termine noto f , diremo che l’equazione è ellittica, parabolica, iperbolica (in un punto o in un dominio), se lo è l’operatore L. Osservazione 2.2 Se L in particolare è a coe¢ cienti costanti, l’operatore è di uno stesso tipo in tutto Rn ; se l’operatore ha coe¢ cienti variabili, può anche essere di tipo diverso in punti diversi dello spazio, come vedremo con gli esempi. 23 Si noti che la de…nizione di operatore ellittico, parabolico, iperbolico dipende solo dalla parte principale dell’operatore di¤ erenziale, cioè dai termini nelle derivate seconde7 . Esempio 2.3 (a). L’operatore di Laplace in Rn ; u= n X uxi xi i=1 ha forma quadratica q (h) = n X i=1 2 h2i = jhj ; che è de…nita positiva. Perciò è un operatore ellittico in Rn . (b) Di conseguenza sono operatori ellittici in Rn anche gli operatori Lu = u+ n X bk (x) uxk + c (x) u k=1 in quanto, come già osservato, il tipo di operatore dipende solo dalla parte principale, cioè del second’ordine. (c) L’operatore delle onde in n variabili spaziali (detto anche operatore di D’Alembert o Dalembertiano e indicato con ) u = utt c2 u con laplaciano in Rn ha forma quadratica (in Rn+1 ; chiamando xn+1 la variabile t) n X q (h) = h2n+1 c2 h2i i=1 inde…nita, quindi è un operatore iperbolico in tutto Rn+1 . (d) L’operatore del calore in n variabili spaziali Hu = ut D u (con D > 0 e laplaciano in Rn ) ha forma quadratica (in Rn+1 ; chiamando xn+1 la variabile t) n X q (h) = D h2i i=1 n+1 semide…nita negativa in R (si ricordi che la forma quadratica q “non si accorge” dai termini del prim’ordine, in questo caso di ut ), quindi H è parabolico. (e) L’operatore di Tricomi in R2 T u = yuxx + uyy 7 Ma su questo preciseremo qualcosa più avanti per quanto riguarda le equazioni paraboliche. 24 è ellittico nel semipiano y > 0, iperbolico nel semipiano y < 0, parabolico sulla retta y = 0. Ecco un esempio signi…cativo di operatore che cambia tipo da punto a punto (si dice “operatore di tipo misto”).8 Osservazione 2.4 Con riferimento all’esempio (d), osserviamo che solitamente si riserva il nome di operatore parabolico, in n + 1 variabili, a un operatore che si possa scrivere nella forma: uxn+1 + Eu con E operatore ellittico nelle prime n variabili. In altre parole, la forma quadratica è semide…nita in Rn+1 ma è de…nita in Rn , e l’operatore di¤ erenziale contiene la derivata prima nella variabile che manca nella parte del second’ordine. L’operatore di Laplace è il prototipo di operatore ellittico; questi operatori dal punto di vista …sico si possono vedere come operatori stazionari che esprimono, tipicamente, lo stato di un sistema …sico in equilibrio, in qualche senso. L’operatore del calore è il prototipo di operatore parabolico; gli operatori parabolici9 dal punto di vista …sico si possono vedere come operatori di evoluzione che esprimono, tipicamente, un fenomeno di di¤usuione (eventualmente accompagnato da fenomeni di trasporto e / o reazione). L’operatore delle onde è il prototipo di operatore iperbolico; sono operatori iperbolici quegli operatori d’evoluzione che, dal punto di vista …sico, esprimono un fenomeno ondulatorio o vibratorio. 2.3 Condizioni al contorno Ogni modello di¤erenziale che traduce un problema …sico speci…co, normalmente a¢ anca all’equazione alle derivate parziali che esprime le leggi …siche che governano il sistema anche certe condizioni, inziali o al contorno, che contengono dati del problema, ma esprimono anche certe ipotesi sul sistema stesso. Non è mai l’equazione a derivate parziali da sola a determinare un’unica soluzione; piuttosto possiamo sperare che una e una sola soluzione esista per il problema costituito da equazione + condizioni. Che tipo di condizioni si possono a¢ ancare a una certa equazione di¤erenziale? Questo dipende naturalmente dal signi…cato …sico del problema ma, come al solito, la matematica aiuta a mettere ordine nella casistica: a un certo tipo di equazione (ellittica, parabolica, iperbolica) corrispondono certi tipi naturali di condizioni. Facciamo una prima panoramica su questi tipi di condizioni, che ritroveremo poi caso per caso studiando nel seguito i vari problemi. 8 Quest’equazione è stata studiata, per primo, da Tricomi nel 1923, e interviene nello studio dei ‡uidi transonici. Nello studio dell’aerodinamica, la regione ellittica corrisponde ad un ‡usso subsonico, la regione parabolica alla barriera del suono e la regione iperbolica alla propagazione supersonica delle onde di shocks. 9 o più precisamente, quelli che soddisfano le ipotesi descritte nell’Osservazione precedente. 25 2.3.1 Equazioni ellittiche. Problemi al contorno Consideriamo, come esempio di equazione ellittica, l’equazione di Poisson in R3 : u uxx + uyy + uzz = f in R3 . Immaginiamo di studiare il campo elettrostatico in una certa regione dello spazio in cui sono posti alcuni corpi conduttori, su ciascuno dei quali è posta una certa distribuzione di carica; inoltre nello spazio è assegnata una distribuzione volumica di carica. Se è la regione dello spazio tra i conduttori, possiamo immaginare che sia noto il potenziale elettrostatico sulla super…cie di ciascun conduttore (cioè sul bordo di ), e a partire da questo e dalla distribuzione di carica f nello spazio vogliamo determinare il potenziale in tutto la regione : Siamo così condotti al problema: u = f in u = g su @ : (2.5) Oppure, supponiamo che u sia la temperatura di un corpo tridimensionale , omogeneo, sogggetto a sorgenti di calore interno (ad es. per irraggiamento) espresse dal termine di sorgente f , nell’ipotesi che il sistema abbia raggiunto uno stato di equilibrio termico, ossia che la temperatura non cambi più nel tempo (stato stazionario). Possiamo pensare di misurare la temperatura di u sul bordo di (o anche di imporre una determinata temperatura sul bordo di , termostatandolo), e a partire da queste informazioni possiamo pensare che risulti determinata la temperatura in tutto il corpo. La u soddisferà ancora un problema (2.5). Più in generale: De…nizione 2.5 Si dice problema di Dirichlet per un’equazione Lu = f in Rn un problema del tipo Lu = f in u = g su @ : (2.6) con g dato al bordo assegnato. Se g = 0 si dice problema di Dirichlet omogeneo. Il problema di Dirichlet ha senso quando ha un bordo, quando cioè l’equazione non si studia sullo spazio intero. In quest’ultimo caso, l’analogo del problema di Dirichlet consiste nell’imporre che u soddis… una certa condizione all’in…nito, ad esempio: u = f in R3 u (x) ! 0 per x ! 1: Torniamo all’interpretazione di u = f come equazione di di¤usione del calore in stato stazionario. Invece di imporre una certa temperatura al bordo, potremmo sapere che il corpo è termicamente isolato al contorno, cioè che non c’è ‡usso di calore al bordo. Poiché la densità di ‡usso di calore è proporzionale 26 al gradiente della temperatura, l’assenza di ‡usso attraverso il bordo di descrive con l’annullarsi della derivata di u nella direzione normale: si u = f in = 0 su @ @u @ dove @u = ru e , @ si dice derivata normale, e e è il versore normale uscente dalla super…cie. Più in generale potremmo assegnare il ‡usso di calore (diverso da zero) uscente dalla super…cie, imponendo: u = f in @u @ = g su @ : Il ‡usso sarà punto per punto uscente o entrante a seconda che sia g < 0 o g > 0. (Ricordare che il gradiente della temperatura ha verso opposto al ‡usso di calore). De…nizione 2.6 Si dice problema di Neumann per un’equazione Lu = f in Rn un problema del tipo Lu = f in @u @ = g su @ : (2.7) con g dato al bordo assegnato. Se g = 0 si dice problema di Neumann omogeneo. Continuando l’esempio della di¤usione del calore, un corpo potrebbe essere lasciato libero di scambiare calore con l’ambiente esterno: in questo caso il ‡usso di calore sarà proporzionale al salto di temperatura, ossia, supponendo che l’ambiente esterno abbia costante u0 , varrà @u = k (u0 @ u) con k > 0 (costante o variabile da punto a punto). L’equazione esprime il fatto che c’è un ‡usso di calore entrante (quindi @u @ > 0) se l’ambiente esterno è più caldo del corpo, cioè se u0 > u. In generale: De…nizione 2.7 Si dice problema di Robin per un’equazione Lu = f in un problema del tipo Lu = f in (2.8) @u @ + ku = g su @ : con g dato al bordo assegnato, k > 0. Se g = 0 si dice problema di Robin omogeneo. In…ne: 27 De…nizione 2.8 Si dice problema misto per un’equazione Lu = f in problema del tipo 8 < Lu = f in u = g su 1 : @u 2 @ = h su dove @ = 1 [ 2; 1 \ 2 un = ?, con f; g assegnate. In altre parole, un problema misto è un problema in cui si assegna una condizione di tipo Dirichlet su una parte del bordo del dominio, e una condizione di tipo Neumann su un’altra parte del bordo del dominio. 2.3.2 Equazioni paraboliche. Problemi al contorno e ai valori iniziali Consideriamo, come esempio di equazione parabolica, l’equazione del calore in R3 : ut (t; x) D u (t; x) ut D (uxx + uyy + uzz ) = f (t; x) per x 2 R3 ; t > 0: Supponiamo quindi che u sia la temperatura di un corpo tridimensionale , omogeneo, sogggetto a sorgenti di calore interno espresse dal termine di sorgente f , eventualmente dipendente anche dal tempo, e ora non supponiamo che il sistema abbia già raggiunto l’equilibrio (come nel caso dell’equazione di Poisson). Come nel caso stazionario, possiamo pensare di imporre (o misurare) la temperatura al bordo del dominio, oppure di imporre (o misurare) un certo ‡usso termico attraverso il bordo del dominio. In ogni caso, trattandosi di un problema di evoluzione, per determinare la temperatura a qualunque istante t > 0 dovremo anche conoscere la temperatura iniziale. Problemi sensati sono quindi i seguenti: De…nizione 2.9 Si dice problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione ut Lu = f (con L operatore ellittico in Rn ; del tipo L = D +termini di ordine inferiore) in un dominio ft > 0g un problema del tipo 8 < ut Lu = f per x 2 ; t > 0 u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 (2.9) : u (0; x) = h (x) per x 2 : con g dato al bordo assegnato, h condizione iniziale assegnata. Se g = 0 o h = 0 si dice problema di Cauchy-Dirichlet con condizioni di Dirichlet (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee. De…nizione 2.10 Si dice problema di Cauchy-Neumann per un’equazione ut Lu = f (con L operatore ellittico in Rn , del tipo L = D +termini di ordine inferiore in x) in un dominio ft > 0g un problema del tipo 8 < ut Lu = f per x 2 ; t > 0 @u (2.10) (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 : @ u (0; x) = h (x) per x 2 : 28 con g dato al bordo assegnato, h condizione iniziale assegnata. Se g = 0 o h = 0 si dice problema di Cauchy-Neumann con condizioni di Neumann (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee. Analogamente si può de…nire un problema di Cauchy-Robin o un problema di Cauchy con condizioni miste di Dirichlet-Neumann. Qualche osservazione. Se per la natura del problema la regione spaziale è tutto lo spazio, si può studiare il problema di Cauchy: ut Lu = f per x 2 Rn ; t > 0 u (0; x) = h (x) per x 2 Rn : In tutti i problemi precedenti, l’intervallo t > 0 può essere sostituito dall’intervallo t 2 (0; T ) : Un dominio di Rn+1 del tipo (0; 1) o (0; T ) si dice dominio cilindrico. Si noti che in un problema di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann su un cilindro QT = (0; T ), complessivamente i dati sono assegnati sull’insieme f(x; 0) : x 2 g [ f(x; t) : x 2 @ ; t 2 [0; T ]g : Questo insieme prende il nome di frontiera parabolica del cilindro QT , e talvolta indicato con @P QT . Si noti che la frontiera parabolica del cilindro è una parte della frontiera del cilindro, precisamente è la sua frontiera privata del “coperchio” del cilindro f(x; T ) : x 2 g : 2.3.3 Equazioni iperboliche. Problemi al contorno e ai valori iniziali Consideriamo, come esempio di equazione iperbolica, l’equazione delle onde in due variabili spaziali: utt c2 u = utt c2 (uxx + uyy ) = f in R2 che, come già discusso, si può vedere come l’equazione della membrana vibrante (per piccole vibrazioni). Fissare la membrana al contorno signi…ca imporre il valore di u, quindi una condizione di Dirichlet. Per determinare il moto della membrana dovremo conoscere però anche le condizioni iniziali, ossia la posizione e la velocità della membrana (trattandosi di un’equazione del second’ordine in t, a di¤erenza dell’equazione del calore). Quindi: De…nizione 2.11 Si dice problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione iperbolica utt Lu = f (con L operatore del tipo L = c2 +termini di ordine inferiore in x e t; per x 2 Rn ; t > 0) un problema del tipo 8 utt Lu = f per x 2 ; t > 0 > > < u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 (2.11) u (0; x) = u0 (x) per x 2 > > : ut (0; x) = v0 (x) per x 2 29 con g dato al bordo assegnato, u0 ; v0 condizioni iniziali assegnata. Se g = 0 oppure (u0 = 0 e v0 = 0) si dice problema di Cauchy-Dirichlet con condizioni di Dirichlet (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee. Una condizione al contorno del tipo @u @ = 0, nel modello della membrana vibrante (o, più realisticamente, nel modello della corda vibrante, in una sola variabile spaziale) ha il signi…cato di richiedere che la membrana al bordo sia …ssata in modo da poter scorrere verticalmente senza attrito su una guida. Diamo comunque una de…nizione generale: De…nizione 2.12 Si dice problema di Cauchy-Neumann per un’equazione iperbolica utt Lu = f (con L operatore del tipo L = c2 +termini di ordine inferiore in x e t; per x 2 Rn ; t > 0) un problema del tipo 8 > > u@utt Lu = f per x 2 ; t > 0 < @ (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 (2.12) u (0; x) = u0 (x) per x 2 > > : ut (0; x) = v0 (x) per x 2 con g dato al bordo assegnato, u0 ; v0 condizioni iniziali assegnata. Se g = 0 oppure (u0 = 0 e v0 = 0) si dice problema di Cauchy-Neumann con condizioni di Neumann (o di Cauchy, rispettivamente) omogenee. Come per il problema parabolico, se per la natura del problema la regione spaziale è tutto lo spazio, si può studiare anche il problema di Cauchy puro: 8 < ut Lu = f per x 2 Rn ; t > 0 u (0; x) = u0 (x) per x 2 Rn : ut (0; x) = v0 (x) per x 2 Rn Ancora, in tutti i problemi precedenti, l’intervallo t > 0 può essere sostituito dall’intervallo t 2 (0; T ) : 2.4 Principio di sovrapposizione Osserviamo ora che tutte le condizioni al contorno e ai valori iniziali che abbiamo descritto nel paragrafo precedente sono anch’esse di tipo lineare. Questo signi…ca che ciascuna condizione (di Cauchy, Dirichlet, Neumann...) è espressa da un’equazione del tipo Bu = f con u funzione incognita, f dato assegnato, B operatore lineare tra opportuni spazi di funzioni. Ad esempio, il problema (2.11), si può scrivere astrattamente in questa forma 8 Lu = f per x 2 ; t > 0 > > < B1 u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 B2 u (0; x) = u0 (x) per x 2 > > : B3 u (0; x) = v0 (x) per x 2 30 dove, se la funzione incognita si cerca nello spazio X = C2 ( (0; 1)) \ C 0 [0; 1) \ C 1 ( [0; 1)) (ossia: chiediamo due derivate continue all’interno del dominio, dov’è soddisfatta la condizione; chiediamo che la u sia continua …no al bordo del dominio spaziale, per assumere il dato al bordo di Dirichlet, e chiediamo che sia C 1 …no a t = 0 per poter assumere il dato di Cauchy) avremo: L : X ! C0 ( L : u 7! utt Lu B1 : X ! C 0 (@ B1 : u 7! u=@ (0; 1)) [0; 1)) B2 : X ! C 1 ( ) B2 : u 7! u (0; ) B3 : X ! C 0 ( ) B3 : u 7! ut (0; ) dove L; B1 ; B2 ; B3 sono operatori lineari tra gli spazi vettoriali indicati10 . Questo ha un’utile conseguenza, che prende il nome di principio di sovrapposizione. Invece di darne subito un’enunciazione astratta, lo spieghiamo prima sull’esempio precedente. Esempio 2.13 Supponiamo di voler risolvere il problema 8 Lu = f per x 2 ; t > 0 > > < B1 u (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 (P ) : B2 u (0; x) = u0 (x) per x 2 > > : B3 u (0; x) = v0 (x) per x 2 : Consideriamo i 4 problemi, simili ma più semplici (ognuno ha 3 dati nulli su 4): 8 Lu1 = f per x 2 ; t > 0 > > < B1 u1 (t; x) = 0 per x 2 @ ; t > 0 (P 1) : B2 u1 (0; x) = 0 per x 2 > > : B3 u1 (0; x) = 0 per x 2 : 8 per x 2 ; t > 0 > > Lu2 = 0 < B1 u2 (t; x) = g (t; x) per x 2 @ ; t > 0 (P 2) : B2 u2 (0; x) = 0 per x 2 > > : B3 u2 (0; x) = 0 per x 2 : 1 0 Sono anche operatori lineari continui, come lo studente può facilmente controllare; tuttavia in questo momento l’informazione che ci interessa è solo la linearità. 31 8 Lu3 = 0 > > < B1 u3 (t; x) = 0 (P 3) : B2 u3 (0; x) = u0 (x) > > : B3 u3 (0; x) = 0 8 Lu4 = 0 > > < B1 u4 (t; x) = 0 (P 4) : B2 u4 (0; x) = 0 > > : B3 u4 (0; x) = v0 (x) per per per per x 2 ;t > 0 x 2 @ ;t > 0 x2 x2 : per per per per x 2 ;t > 0 x 2 @ ;t > 0 x2 x2 : Supponiamo che u1 ; u2 ; u3 ; u4 siano rispettivamente soluzioni di (P 1), (P 2), (P 3), (P 4) : Allora u = u1 + u2 + u3 + u4 è soluzione di (P ). Questo fatto è un’ovvia conseguenza della linearità di tutti gli operatori coinvolti. L’a¤ermazione appena fatta sull’esempio speci…co costituisce appunto il principio di sovrapposizione (che vale per un problema del tipo di cui stiamo parlando, ossia per un’equazione linerare, con condizioni iniziali e al contorno lineari): La soluzione di un problema avente più dati non nulli (intendendo per “dati” sia il termine noto dell’equazione che le condizioni iniziali e il dato al bordo) si può ottenere per sovrapposizione delle soluzioni di più problemi, ciascuno avente un solo dato non nullo. Questo è utile sia dal punto di vista pratico (spezzare la soluzione di un problema complesso nella soluzione di più sottoproblemi semplici) sia dal punto di vista teorico (spezzare la dimostrazione di teoremi di esistenza per la soluzione di un problema in sottoteoremi più semplici). A volte, inoltre, la soluzione di qualcuno dei sottoproblemi più semplici si può indovinare facilmente: Esempio 2.14 Si vuole risolvere: u = f in u = 1 su @ : La soluzione si può ottenere nella forma u = u1 + u2 dove u1 = f in u1 = 0 su @ (2.13) u2 = 0 in u2 = 1 su @ : Ma la soluzione di quest’ultimo problema è u2 1 (la funzione costante = 1 ha laplaciano nullo e soddisfa la condizione al contorno 1), quindi u (x) = u1 (x) + 1; con u1 soluzione del problema di Dirichlet omogeneo (2.13). Questo è il sottoproblema interessante da risolvere, mentre il secondo era banale. 32 2.5 Problemi ben posti Discutendo i tipi di problemi iniziali e al contorno ci siamo appellati soprattutto al signi…cato …sico dei problemi. Dal punto di vista matematico, può restare la domanda se questi problemi siano formulati in modo tale che sia ragionevole poi poter ottenere una soluzione, e una sola. Perché, ad esempio, per l’equazione della corda vibrante dobbiamo prescrivere sia il valore iniziale di u che il valore iniziale di ut mentre per l’equazione del calore prescriviamo solo il valore di u? Non sarà “chiedere troppo” la prima richiesta (e così magari cade l’esistenza di soluzione), oppure “chiedere troppo poco”la seconda (e così magari cade l’unicità)? Come accennato, quale sia il tipo giusto di condizioni al contorno dipende dalle proprietà matematiche di un’equazione. C’è poi un’altra questione importante. Ci piacerebbe che, assegnati i dati in certi spazi di funzioni, non solo la soluzione corrispondente esistesse e fosse unica, ma variasse di poco se qualcuno dei dati varia di poco (“dipendenza continua dai dati”). Infatti nelle applicazioni …siche i dati sono sempre conosciuti con una certa approssimazione, quindi se non sappiamo che un piccolo errore nei dati porta un piccolo errore nella soluzione, questo rende di scarso interesse pratico il calcolo della soluzione. Quest’insieme di “proprietà desiderabili” per un problema di¤erenziale è sintetizzato in una de…nizione ben precisa: De…nizione 2.15 (Problema ben posto) Si dice che un problema 8 Lu = f > > < B1 u = g1 ::: > > : Bk u = gk (2.14) (dove L è l’operatore di¤ erenziale, f il termine noto, g1 ; :::; gk i dati iniziali e / o al bordo) è ben posto quando sono de…niti: uno spazio vettoriale normato S in cui cerchiamo la soluzione, spazi vettoriali D0 ; D1 ; D2 ; :::; Dk in cui assegnamo, rispettivamente, il termine noto f e i dati g1 ; :::; gk , e si ha che: 1. Per ogni scelta di f 2 D0 ; g1 2 D1 ; :::; gk 2 Dk esiste u 2 S soluzione del problema; 2. tale soluzione è unica; 3. tale soluzione dipende con continuità dai dati, il che signi…ca che l’operatore lineare che ai dati associa la soluzione è continuo, ossia esiste una costante c > 0 tale che per ogni scelta di f 2 D0 ; g1 2 D1 ; :::; gk 2 Dk la soluzione corrispondente u soddisfa: kukS c kf kD0 + kg1 kD1 + ::: + kgk kDk : Notiamo che l’ultima disuguaglianza, normalmente detta “stima a priori sulla soluzione” o “stima di stabilità” garantisce e¤ettivamente che un piccolo errore sui dati porti un piccolo errore sulla soluzione, per la linearità dell’operatore. Supponiamo che u1 ; u2 siano, rispettivamente, le soluzioni dei problemi relativi (1) (1) (2) (2) ai dati f (1) ; g1 ; :::; gk e f (2) ; g1 ; :::; gk : Allora per la linearità del problema 33 (1) u1 u2 è soluzione del problema relativo ai dati f (1) f (2) ; g1 e per la stima di stabilità ku1 u2 kS c f (1) f (2) (1) D0 + g1 (1) (2) g1 (2) D1 (1) g1 ; :::; gk + ::: + gk (2) gk Dk (2) gk : Il secondo membro è piccolo se lo scarto tra i due insiemi di dati è piccolo (piccolo errore nei dati), quindi sarà piccolo (o comunque controllato) il primo membro, ossia l’errore nella soluzione. Facciamo ora qualche osservazione in più sulla questione dell’unicità. 1. Dimostrare l’unicità della soluzione di un problema signi…ca dimostrare che due eventuali soluzioni u1 ; u2 dello stesso problema devono coincidere. Ma per la linearità del problema, se u1 ; u2 risolvono entrambe il problema (2.14), la di¤erenza u = u1 u2 soddisferà l’analogo problema con dati omogenei, ossia: 8 Lu = 0 > > < B1 u = 0 (2.15) ::: > > : Bk u = 0 Questo allora detta la strategia tipica per dimostrare l’unicità della soluzione: si suppone che u risolva il corrispondente problema con termine noto e dati tutti nulli, e si mostra che questa u necessariamente è la funzione identicamente nulla. Lo faremo varie volte in seguito. 2. Un teorema di unicità ha una grande utilità pratica, contrariamente a quanto si potrebbe credere. Nel risolvere un problema per equazioni a derivate parziali, quasi mai si riesce, come per le equazioni di¤erenziali ordinarie, a determinare in un primo tempo l’integrale generale per poi imporre le condizioni. Di solito si cerca a priori una soluzione di qualche forma speciale che: (a) è più semplice, consentendo calcoli espliciti; (b) tiene già conto di qualcuna delle condizioni, ad esempio l’annullarsi al bordo. Se procedendo così si arriva a determinare una soluzione, come possiamo essere certi di non aver “perso per strada” qualche altra soluzione? Dopo tutto il nostro procedimento risolutivo non è stato sistematico, ma ha fatto a priori l’ipotesi che la soluzione si potesse scrivere in un certo modo. Se ci fossero soluzioni di altro tipo? Ma se sappiamo che vale un teorema di unicità, sappiamo di non aver perso nulla: se (con qualunque procedimento) abbiamo trovato una soluzione, certamente altre non ce ne sono. Questa è un’informazione molto utile, quindi. Solitamente noi procederemo così. 1. Prima si stabilisce, con la strategia detta, l’unicità per il problema. Questo si saprà fare spesso sotto ipotesi piuttosto generali. 2. Poi a¤ronteremo il problema in situazioni speci…che: tipicamente, su domini di forma piuttosto semplice ed esplicitamente noti, e con condizioni al contorno o iniziali di tipo semplice. In queste condizioni, cercheremo di ottenere 34 esplicitamente una soluzione, con metodi di separazione delle variabili, serie di Fourier, trasformate, funzioni speciali... 3. A partire dalla formula di rappresentazione esplicita ottenuta per la soluzione, cercheremo di provare sotto quali ipotesi precise sui dati il risultato ottenuto è valido; quindi il quadro di spazi funzionali sarà in parte precisato a posteriori. 4. Sempre dalla formula di rappresentazione trovata, talvolta dedurremo una stima di stabilità per la soluzione. Riguardo al punto 2, notiamo che le tecniche di risoluzione esplicita di un problema di¤erenziale in geometria semplice rappresentano la prima strada che storicamente si è seguita. Naturalmente, quando il dominio ha una forma complicata (o non nota esplicitamente), o quando l’equazione contiene termini con coe¢ cienti variabili (generici), questo approccio esplicito non può essere seguito. Sono stati messi a punto quindi strumenti teorici molto astratti e so…sticati per dimostrare ancora la buona posizione del problema, e poi per mettere a punto strumenti di risoluzione numerica approssimata dei problemi stessi. In questo corso però non ci occuperemo di questi aspetti, che richiederebbero un investimento ben superiore nello studio di teorie astratte. 3 3.1 Metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier per problemi ai limiti Richiami sulle serie di Fourier In analisi 2 si sono studiati i primi elementi della teoria delle serie di Fourier. Richiamiamo velocemente alcuni fatti noti, puntualizzando qualche aspetto che in analisi 2 probabilmente non è stato toccato: 3.1.1 Serie di Fourier in L2 Dal punto di vista moderno, basato cioè sulla teoria della misura e dell’integrazione di Lebesgue (e che si può inquadrare in modo naturale nella teoria degli spazi di Hilbert), la teoria delle serie di Fourier “funziona bene” nello spazio L2 . Sia f : [0; L] ! R, f 2 L2 (0; L) : Risultano allora ben de…niti (come integrali di Lebesgue) i coe¢ cienti di Fourier di f , 2 ak = L bk = con ! = 2 L 2 L Z L f (x) cos (k!x) dx per k = 0; 1; 2; 3; :::: 0 Z L f (x) sin (k!x) dx per k = 1; 2; 3; ::: 0 . 35 Infatti, notiamo che se f 2 L2 (0; L), a maggior ragione f 2 L1 (0; L) e quindi anche f (x) cos (k!x) e f (x) sin (k!x) sono integrabili, perciò i coe¢ cienti di Fourier sono ben de…niti. Vale il seguente Teorema 3.1 Per ogni f 2 L2 (0; L) la serie di Fourier 1 a0 X + fak cos (k!x) + bk sin (k!x)g 2 k=1 converge a f in norma L2 (0; T ), il che signi…ca, esplicitamente, che detta n a0 X + fak cos (k!x) + bk sin (k!x)g sn (x) = 2 k=1 la somma parziale n-esima della serie di Fourier di f , risulta ksn f kL2 (0;T ) ! 0 per n ! 1: Valgono inoltre le seguenti proprietà: 1. Uguaglianza di Perceval: ( ) 1 L a20 X 2 2 2 + ak + bk ; kf kL2 (0;T ) = 2 2 k=1 2. Lemma di Riemann-Lebesgue: ak ! 0 e bk ! 0 per k ! 1: Rispetto a quanto lo studente ha probabilmente studiato in analisi 2, si noti che la tesi del teorema vale per qualsiasi funzione L2 (0; T ), in particolare anche per funzioni illimitate o così discontinue da risultare non integrabili secondo Riemann. Si osservi tuttavia che il teorema non dice nulla sull’eventuale convergenza puntuale della serie di Fourier. Per il calcolo e¤ettivo dei coe¢ cienti di Fourier, valgono le solite osservazioni sulle eventuali simmetrie di f : L L se f : 2 ; 2 ! R è una funzione pari, allora bk = 0 per ogni k e ak = se f : L L 2; 2 4 L Z L 2 f (x) cos (k!x) dx per k = 0; 1; 2; 3; :::: 0 ! R è una funzione dispari, allora ak = 0 per ogni k e bk = 4 L Z L 2 f (x) sin (k!x) dx per k = 1; 2; 3; :::: 0 36 3.1.2 Convergenza puntuale delle serie di Fourier e rapidità di convergenza a zero dei coe¢ cienti Ricordiamo anzitutto il teorema di convergenza puntuale delle serie di Fourier che lo studente ha probabilmente studiato in analisi 2. De…nizione 3.2 Una funzione f : [0; L] ! R si dice regolare a tratti se f è limitata in [0; L] e l’intervallo [0; L] si può suddividere in un numero …nito di intervallini [ k ; k ] tali che: f è derivabile in ( k ; k ) ed esistono …niti lim f (x) e x! k+ lim f 0 (x) e x! lim f (x) ; x! k+ k lim f 0 (x) : x! k Ad esempio, la f può avere un certo numero di punti di discontinuità a salto e di punti angolosi, ma non asintoti verticali né punti a tangente verticale. Si noti che una funzione regolare a tratti è automaticamente limitata e Riemann integrabile, a maggior ragione appartiene a L2 (0; L) : Vale il Teorema 3.3 (di convergenza puntuale delle serie di Fourier) Sia f : [0; L] ! R una funzione regolare a tratti. Allora la serie di Fourier di f converge puntualmente per ogni x0 2 (0; L) alla somma f x+ 0 + f x0 ; 2 mentre nei due estremi 0; L converge puntualmente a f (0+ ) + f (L ) : 2 In particolare, la serie di Fourier converge puntualmente a f per ogni x 2 [0; L] se (oltre ad essere regolare a tratti) la funzione è continua in [0; L] e soddisfa la condizione di raccordo f (0) = f (L). Si osservi che le ultime due ipotesi (grazie alle quali la convergenza puntuale è alla funzione f (x) in ogni punto) si possono sintetizzare dicendo che la periodizzata di f (cioè la funzione de…nita su tutto R, periodica di periodo L, che coincide con f in [0; L]) è continua in R. Un’altra informazione che ci sarà spesso utile è la conoscenza della velocità con cui tendono a zero i coe¢ cienti di Fourier di f . L’idea è che più regolare è f , più velocemente tendono a zero i suoi coe¢ cienti di Fourier. Occorre prestare attenzione però al fatto che è importante in questo contesto la regolarità della periodizzata di f , proprietà che richiede anche le opportune condizioni di raccordo agli estremi dell’intervallo. 37 Per capire la situazione, consideriamo una funzione f 2 C 1 ([0; L]). Indichiamo con ak ; bk i coe¢ cienti di Fourier di f e con k ; k i coe¢ cienti di Fourier di f 0 ; cerchiamo di esprimere k ; k in funzione di ak ; bk . Si ha (per k 1): ) ( Z L Z 2 2 L 0 L f (x) sin (k!x) dx f (x) cos (k!x) dx = [f (x) cos (k!x)]0 + k! k = L 0 L 0 Z 2 2 L = (f (L) f (0)) + k! f (x) sin (k!x) dx: L L 0 Se supponiamo che f soddis… le condizioni di raccordo f (L) = f (0) otteniamo la relazione semplice k = k!bk : Analogamente si trova k = k!ak : Notiamo anche la relazione Z 2 2 L 0 f (x) dx = (f (L) = 0 L 0 L f (0)) = 0: Possiamo sintetizzare queste relazioni nell’identità j kj +j kj = k! (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3:::: (e 0 = 0) Chiediamoci ora se questa relazione continua a valere chiedendo qualcosa meno che f 2 C 1 ([0; L]). La dimostrazione è basata sulla formula di integrazione per parti. Si può dimostrare facilmente la seguente Proposizione 3.4 La formula di integrazione per parti Z Z L 0 f g = f g (L) f g (0) 0 L f g0 0 vale se g 2 C 1 ([0; L]) e f soddisfa le ipotesi più deboli: f 2 C 0 ([0; L]) ; f possiede derivata prima continua, ad eccezione di un numero …nito di punti in cui comunque la derivata prima ha limiti destro e sinistro …niti. In pratica, la g può anche avere un numero …nito di punti angolosi. Dimostrazione. Proviamo la tesi supponendo che f 0 non esista in un unico punto c 2 (0; L), con f 0 (c+ ) ; f 0 (c ) …niti, il discorso si estende a un numero …nito qualsiasi di punti. Si ha: Z 0 L f 0g = Z c f 0g + 0 Z c 38 L f 0 g: Ora su ciascun intervallo [0; c] ; [c; L] la f è C 1 e si può integrare per parti, quindi si ha: Z L Z c Z L f 0 g = (f g) (c) (f g) (0) f g 0 + (f g) (L) (f g) (c) f g0 0 0 = (f g) (L) (f g) (0) Z c L f g0 : 0 Otteniamo così il seguente: Teorema 3.5 (di convergenza totale) Sia f : [0; L] ! R una funzione: a. continua in [0; L] e soddisfacente la condizione di raccordo f (0) = f (L); b. derivabile e con derivata continua in [0; L], salvo al più un numero …nito di punti di [0; L] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro e sinistro di f 0. Allora la serie 1 X (jak j + jbk j) k=1 converge, ossia la serie di Fourier di f converge totalmente, quindi assolutamente e uniformemente. Le ipotesi del teorema sono veri…cate in particolare se f : R ! R è una funzione T -periodica e C 1 (R). Dimostrazione. Nelle ipotesi del teorema vale la relazione j kj +j kj = k! (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3:::: (3.1) tra i coe¢ cienti di Fourier ak ; bk di f e i coe¢ cienti k ; k di f 0 . Inoltre, la funzione f 0 è limitata e continua a tratti, perciò certamente L2 ; il che implica per l’uguaglianza di Perceval che 1 X 2 k 2 k + k=1 <1 ossia, per le (3.1), 1 X k=1 k 2 a2k + b2k < 1: (3.2) Possiamo allora scrivere (applicando la disuguaglianza di Swchartz per le serie) 1 X k=1 jak j = 1 X k=1 1 X 1 k jak j k k 2 a2k k=1 !1=2 1 X 1 k2 k=1 e analogamente 1 X k=1 jbk j 1 X k=1 k 2 b2k !1=2 39 1 X 1 k2 k=1 !1=2 : !1=2 P1 Poiché k=1 k12 < 1; la (3.2) implica la tesi. L’argomentazione precedente può essere ora iterata alle derivate successive. Teorema 3.6 (Velocità di convergenza a zero dei coe¢ cienti) Sia f una funzione tale che: a. f 2 C s 1 (R) e L-periodica (cioè C s 1 ([0; L]) e soddisfacente la condizione di raccordo f (0) = f (L), f 0 (0) = f 0 (L),...,f (s 1) (0) = f (s 1) (L)). b. f (s 1) è derivabile e con derivata continua in [0; L], salvo al più un numero …nito di punti di [0; L] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro e sinistro di f (s 1) . (Queste ipotesi sono veri…cate in particolare se f 2 C s (R) e L-periodica, o se f 2 C s ([0; L]) e soddisfa le condizioni raccordo su f; f 0 ; ::; f (s 1) , non necessariamente su f (s) ). Allora: i) vale la relazione j kj +j kj s = (k!) (jak j + jbk j) per k = 1; 2; 3:::: tra i coe¢ cienti di Fourier ak ; bk di f e i coe¢ cienti ii) 1 X k 2s a2k + b2k < 1; k; k (3.3) di f (s) ; (3.4) k=1 da cui segue che ak ; bk = o 1 ks per k ! 1 e anche (informazione più precisa) che 1 X k=1 (Si noti che se k (jak j + jbk j) < 1 per ogni <s 1 : 2 è un intero la relazione precedente signi…ca s 1). Dimostrazione. Il punto i) si ottiene applicando iterativamente il ragionamento visto nel teorema precedente. Ancora, poiché f (s 1) è regolare a tratti, in particolare è limitata e integrabile, quindi anche L2 (0; L) e, per l’uguaglianza di Perceval, 1 X 2 2 (3.5) k + k < 1; k=1 dalla (3.3) segue la (3.4), che a sua volta implica che k 2s a2k + b2k ! 0; quindi k s (jak j + jbk j) ! 0, quindi ak ; bk = o k1s per k ! 1. Ancora con la disuguaglianza di Schwartz possiamo dimostrare l’ultima parte della tesi (ragioniamo 40 solo su ak , analogamente si tratta bk ): 1 X k=1 k jak j = 1 X k=1 k s jak j k 1 X k 2s a2k k=1 s !1=2 1 X k 2( s) k=1 !1=2 : Ora la prima serie converge per (3.4), la seconda converge purché sia 2( s) < cioè <s 1; 1 . 2 Ad esempio, per s = 2 il teorema dice che se f : [0; L] ! R, f 2 C 1 [0; L] con f (0) = f (L) ; f 0 (0) = f 0 (L) e inoltre f 0 è regolare a tratti (il che accade se ad es. è f 2 C 2 [0; L] e soddisfa le condizioni di raccordo scritte), allora 1 X k=1 ad esempio, per k (jak j + jbk j) < 1 per ogni < 3 ; 2 = 1, leggiamo che 1 X k=1 k (jak j + jbk j) < 1; a¤ermazione più forte rispetto a ak ; bk = o k12 ; da cui seguirebbe solo k (jak j + jbk j) = o k1 , il che non implica la convergenza della serie. 3.2 Equazione di Laplace e di Poisson Abbiamo già incontrato (§2) l’equazione di Poisson u=f (detta equazione di Laplace quando f = 0), dove il laplaciano di¤erenziale = è l’operatore @2 @2 @2 + + (o l’analogo in solo una o due dimensioni), @x2 @y 2 @z 2 e abbiamo descritto alcuni dei suoi signi…cati …sici: 1. u potenziale elettrostatico (o gravitazionale) generato da un campo dovuto a una distribuzione continua di cariche (rispettivamente, di masse) di densità f (rispettivamente, f ); 41 2. u temperatura in un corpo omogeneo, in stato stazionario, in regime di sola di¤usione, in presenza di sorgenti o pozzi di calore di densità f ; 3. u concentrazione di una sostanza disciolta in soluzione, in stato stazionario, in regime di sola di¤usione, in presenza di sorgenti o pozzi (di questa sostanza) di densità f ; 4. (per n = 2) altezza di una membrana in equilibrio. Abbiamo anche discusso (§4.3.1) alcuni tipici problemi ai limiti che si affrontano per quest’equazione, e visto il signi…cato …sico delle varie condizioni (di Dirichlet, Neumann, Robin o miste). Vediamo ora di stabilire alcuni risultati molto generali per questi problemi, utili ad inquadrare i problemi ai limiti che poi studieremo. Successivamente a¤ronteremo esplicitamente alcuni di questi problemi ai limiti, su domini di geometria semplice. 3.2.1 Unicità, principio di massimo, dipendenza continua Risultati di unicità per problemi ai limiti In tutta questa sezione ci limitiamo a trattare problemi ai limiti nel caso tridimensionale (che contiene come casi particolari quelli bi e mono dimensionali), ma tutta questa discussione si potrebbe fare per il laplaciano in n dimensioni, con n qualsiasi. Sia R3 un dominio (cioè un insieme aperto e connesso) limitato, dalla frontiera regolare a pezzi (quanto basta perché si possa applicare su il teorema della divergenza). Consideriamo un problema al contorno per l’equazione di Poisson u = f in , con condizione al contorno di uno dei tipi visti nel §4.3.1, quindi: condizione di Dirichlet u = f su @ , oppure condizione di Neumann @u @ = f su @ , oppure condizione di Robin @u + ku = f su @ (con k > 0), @ o eventualmente condizioni miste (cioè su due parti della frontiera sono assegnate due diverse condizioni di questi tipi). Vogliamo dimostrare che per un problema di questi tipi la soluzione, se esiste, è unica (con un’importante precisazione nel caso della condizione di Neumann). Un enunciato preciso è il seguente: Teorema 3.7 (di unicità) Sia R3 un dominio come sopra speci…cato. La 2 1 funzione u 2 C ( ) \ C che risolve il problema di Dirichlet u = f in u = g su @ con f 2 C 0 ( ) ; g 2 C 0 (@ ) assegnate, se esiste è unica. Lo stesso vale nel caso di una condizione al contorno di Robin. Per la condizione al contorno di Neumann, la soluzione, se esiste, è unica a meno di costante additiva. L’unicità vale anche per i problemi misti. 42 Osservazione 3.8 Notiamo che l’ipotesi u 2 C 1 (cioè C 1 …no al bordo dell’insieme) è naturale per le condizioni di Neumann e di Robin, che coinvolgono la derivata di u sul bordo, mentre è un po’ troppo forte per il problema di (oltre ovviamente alla condizione Dirichlet, per cui ci aspetteremmo u 2 C 0 u 2 C 2 ( ), se vogliamo che u risolva all’interno di l’equazione di¤ erenziale). Vedremo poi come nel caso del problema di Dirichlet si possa e¤ ettivamente . migliorare questo risultato stabilendo l’unicità nella classe C 2 ( ) \ C 0 Dimostrazione. Come abbiamo visto nel §4.5, dimostrare l’unicità equivale a provare il seguente enunciato: se u 2 C 2 ( ) \ C 1 risolve l’equazione omogenea u = 0 in con condizione di Dirichlet (o degli altri tipi) nulla, allora u è identicamente nulla in : Utilizziamo la prima identità di Green (v. §1.2) ZZZ ZZZ ZZ @g dS f gdxdydz + rf rgdxdydz = f @n e @ valida per ogni coppia di funzioni: f 2 C1 ( ) \ C ; g 2 C2 ( ) \ C1 : Applichiamola a f = g = u e abbiamo ZZZ ZZZ ZZ 2 u udxdydz + jruj dxdydz = u @ che, essendo u = 0; dà ZZZ 2 jruj dxdydz = ZZ u @ @u dS @ne @u dS: @ne Ora: se u soddisfa una condizione di Dirichlet o di Neumann nulla, su @ @u = 0; in ogni caso l’integrale a secondo membro è nullo, quindi u = 0 o @n e ZZZ è 2 jruj dxdydz = 0: 2 Questo implica che jruj = 0 in cioè u =costante in . Se vale la condizione di Dirichlet, essendo u zero al bordo la u è identicamente nulla; se vale la condizione di Neumann possiamo concludere solo che u è costante, cioè la soluzione del problema di partenza è determinata a meno di costante arbitraria additiva. Se poi vale la condizione di Robin omogenea, cioè @u + ku = 0 su @ @ deduciamo ZZZ 2 jruj dxdydz = 43 (con k > 0) ZZ ku2 dS @ 0; da cui di nuovo ZZZ 2 jruj dxdydz = 0 e u costante. Di conseguenza @u e la condizione di Robin implica @ = 0 su @ perciò u = 0 su @ , e perciò u identicamente nulla in . Dai ragionamenti precedenti si ottiene anche l’unicità per i problemi misti (Dirichlet / Neumann o Robin / Dirichlet o Numann / Robin). Osservazioni sul problema di Neumann Il fatto che la soluzione di un problema di Neumann sia determinata a meno di costante additiva si capisce se si ri‡ette sul fatto che in un problema u = f in = g su @ (3.6) @u @ la u compare solo mediante le sue derivate, quindi è chiaro che se u (x) è soluzione anche u (x) + c lo è. Il problema di Neumann ha anche un’altra particolarità11 . Non solo la soluzione, se esiste, non è unica, ma la la soluzione non può esistere se i dati non soddisfano un’opportuna condizione di compatibilità. Per capire questo fatto, sia u soluzione del problema di Neumann (3.6); integriamo ambo i membri dell’equazione in e applichiamo il teorema della divergenza: ZZZ ZZZ ZZ ZZ @u f dxdydz = udxdydz = dS = gdS: @ @ @ L’uguaglianza ottenuta ZZZ f dxdydz = ZZ gdS @ coinvolge solo i dati del problema, non la soluzione che cerchiamo: assegnati i dati, si può veri…care se è soddisfatta oppure no; se non è soddisfatta, certamente non potrà esistere soluzione del problema. Un’interpretazione …sica facilmente comprensibile di questa condizione si ha quando g 0; interpretando l’equazione come equazione del calore in stato stazionario, signi…ca che il corpo è termicamente isolato. La condizione di compatibilità richiede che ZZZ f dxdydz = 0; 1 1 Si ri‡etta sulla seguente analogia con l’algebra lineare. Per un sistema lineare di n equazioni in n incognite possono capitare due situazioni diverse. O il determinante della matrice è diverso da zero, e allora (teorema di Cramer) per ogni scelta dei termini noti c’è soluzione, e la soluzione è unica. Oppure il determinante della matrice è uguale a zero, e allora la soluzione esiste solo per certi termini noti (teorema di Rouché-Capelli) e se esiste non è unica, ma ne esistono in…nite. I problemi di Dirichlet e di Neumann sono problemi lineari in cui nel primo caso c’è esistenza e unicità per ogni scelta del dato, nel secondo caso non c’è esistenza per ogni dato, e quando c’è non c’è unicità. L’analogia non è casuale ma ha le sue radici nella teoria degli operatori lineari tra spazi di Banach (teorema dell’alternativa di Fredholm ), di cui però in questo corso non ci occupiamo. 44 il che signi…ca che il bilancio complessivo di pozzi e sorgenti di calore interni al corpo è nullo: una condizione ragionevole, se vogliamo che la temperatura possa stabilizzarsi su un equilibrio, rimanendo il corpo isolato (se ad esempio il corpo è isolato e f > 0 in , la temperatura non può che salire nel tempo). Se poi RR g 6= 0, il corpo non è isolato ma il ‡usso entrante o uscente di calore (cioè gdS) è comunque assegnato, quindi è naturale che questoRRR debba uguagliare @ il bilancio totale di pozzi e soregenti di calore interni (cioè f dxdydz): se all’interno, ad esempio, complessivamente si fornisce più calore di quanto il corpo ne cede all’ambiente attraverso il ‡usso termico dal bordo, complessivamente la temperatura interna salirà, e non potrà soddisfare un’equazione di¤erenziale stazionaria. Principio di massimo e dipendenza continua della soluzione dai dati Si può migliorare l’informazione contenuta nel teorema di unicità, arrivando a stabilire la dipendenza continua della (eventuale) soluzione dai dati, almeno per il problema di Dirichlet. Questa è una conseguenza del seguente principio di massimo, che ha anche un interesse indipendente: Teorema 3.9 (Principio di massimo per il laplaciano) Sia R3 un soluzione dell’equazione aperto connesso e limitato, e u 2 C 2 ( ) \ C 0 u = f in Allora: i) Se f 0 in : ; allora il massimo di u è assunto su @ ; ossia max u (x) x2 max u (x) : x2@ ii) Se f 0 in (cioè u è armonica), allora u assume massimi e minimi su @ , e vale la disuguaglianza max ju (x)j x2 max ju (x)j : x2@ Osservazione 3.10 Interpretazione bidimensionale del teorema precedente: si ricordi che l’equazione di una membrana in equilibrio sotto l’azione di una forza f nella direzione dell’asse z è u = f. Il punto i) dice quindi che se f 0; cioè non agisce nessuna forza verso l’alto, la membrana in equilibrio non avere punti più in alto del suo bordo. Se poi non agisce alcuna forza, non possono esserci punti né più in alto né più in basso dei massimi e minimi sul bordo. Dimostrazione. Notiamo che poiché u 2 C 0 , per il teorema di Weierstrass u avrà massimo e minimo nell’insieme chiuso e limitato . Il punto è dimostrare che punti di massimo assoluto (nel caso i ) e punti di massimo e minimo assoluto (nel caso ii ) stanno sul bordo. 45 i ) Facciamo prima l’ipotesi più forte che sia f > 0 in , e supponiamo per assurdo che x0 2 sia un punto di massimo interno. Allora, essendo u 2 C 2 ( ) 2 si ha @@xu2 (x0 ) 0 per ogni i = 1; 2; 3, come si capisce ragionando sulla funzione i di una variabile g (t) = u (x0 + tei ) che deve avere un punto di massimo relativo per t = 0, quindi dalla formula di 2 Taylor con resto secondo Peano si legge g 00 (0) 0, da cui @@xu2 (x0 ) è 0. Ne i segue u (x0 ) 0, che contraddice f (x0 ) > 0. Giusti…chiamo l’a¤ermazione g 00 (0) 0. Sia per assurdo g 00 (0) > 0; allora dalla formula di Taylor (ricordando g 0 (0) = 0) 1 00 g (t) g (0) = t2 g (0) + o (1) 2 si deduce g (t) g (0) < 0 per jtj abbastanza piccolo, da cui t = 0 sarebbe punto di minimo relativo stretto, non di massimo relativo. Consideriamo ora il caso più generale in cui f 0 in , e proviamo che il massimo di u è ancora assunto solo su @ . Sia v (x) = u (x) + " jxj 2 (x 2 R3 ) con " > 0 che sceglieremo. v= u + 2n" = f + 2n" > 0. Allora applicando il punto precedente (caso f > 0) alla funzione v otteniamo che v assume il massimo su @ ; cioè, per ogni y 2 ; scegliendo una sfera BR (0) contenente , 2 u (y) + " jyj = v (y) max u (x) + " jxj 2 x2@ max u (x) + "R2 : x2@ Facendo tendere a zero " e prendendo poi maxy2 otteniamo max u (y) y2 max u (x) ; x2@ che dice appunto che il massimo è assunto sul bordo. ii ) Se u = 0 in ; allora possiamo applicare il punto i a u e poi a ottenendo che u assume massimo e minimo su @ e max ju (x)j x2 u, max ju (x)j : x2@ Osservazione 3.11 Questo principio di massimo consente di migliorare il risultato di unicità dimostrato per il problema di Dirichlet (come preannunciato nell’osservazione dopo il teorema di unicità). In base al principio di massimo, infatti, se u 2 C 2 ( ) \ C 0 è soluzione di u = 0 in u = 0 su @ 46 ne segue che u 0. Perciò l’unicità della soluzione del problema di Dirichlet e non solo nella più ristretta classe vale nella classe “naturale” C 2 ( ) \ C 0 2 1 C ( )\C in cui lo si era stabilito in precedenza. Osservazione 3.12 Vale in realtà anche un principio di massimo più forte, che non dimostreremo, e stabilisce che una funzione armonica non solo assume massimi e minimi sul bordo, ma non può assumere massimi e minimi anche in punti interni, a meno che sia costante. Ad esempio, una membrana in equilibrio non può formare “gobbe verso l’alto” o il basso all’interno. Deduciamo dal principio di massimo dimostrato anche il prossimo Teorema 3.13 (Dipendenza continua dai dati per il problema di Dirichlet) soluzione Sia un dominio limitato di Rn (n 3) e sia u 2 C 2 ( ) \ C 0 del problema di Dirichlet u = f in u = g su @ : Allora R2 max jf j @ 2n dove R è il raggio di una sfera BR (0) contenente : max juj max jgj + Si noti che questa è una stima a priori di dipendenza continua della soluzione u di un problema di Dirichlet dai dati f; g. Dimostrazione. La funzione 2 v (x) = u (x) + jxj max jf j 2n soddisfa v (x) = u (x) + max jf j = f (x) + max jf j 0 perciò per il principio di massimo (punto i ) assume il suo massimo su @ ; ossia, per ogni x 2 ; 2 2 u (x) u (x) + jxj max jf j 2n max u + @ jxj max jf j 2n max g + cioè @ R2 max jf j : @ 2n Ora applichiamo lo stesso ragionamento a u che è soluzione di max u max g + ( u) = f in u = g su @ e otteniamo max ( u) max ( g) + @ 47 R2 max jf j 2n R2 max jf j 2n che unita alla precedente dà max juj 3.2.2 max jgj + @ R2 max jf j : 2n L’equazione di Laplace sul cerchio Considereremo il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul cerchio; la risoluzione esplicita di questo problema è un punto di partenza fondamentale per la teoria del potenziale (in due variabili). Essendo il primo problema che trattiamo, lo svilupperemo in dettaglio, utilizzandolo come esempio guida anche per situazioni diverse. Per risolvere l’equazione di Laplace sul cerchio, la prima cosa è riscriverla in coordinate polari ( ; #). Si trova12 , per l’equazione sul cerchio di centro (0; 0) e raggio r0 ; con dato al bordo f assegnato: 8 2 1 @2u < @ u 1 @u + + 2 2 = 0 per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ] 2 (3.7) @ @ @# : u (r0 ; #) = f (#) per # 2 [0; 2 ] : Cerchiamo soluzioni a variabili separate, del tipo: u ( ; #) = R ( ) (#) : Sostituendo nell’equazione si ha R00 ( ) 1 (#) + R0 ( ) (#) + R00 ( ) R0 ( ) + = R( ) R( ) 1 2 00 R( ) (#) = 0 00 2 (#) : (#) L’ultima uguaglianza scritta è un’identità tra una funzione della sola e una funzione della sola #, che quindi forza ciascun membro ad essere costante13 . Quindi per qualche 2 R dev’essere: R00 ( ) R0 ( ) + = R( ) R( ) 2 = 00 (#) (#) ossia: 2 R00 ( ) + R0 ( ) = R ( ) per 00 1 2 v. 1 3 Si (#) = 2 (0; r0 ) (#) per # 2 [0; 2 ] : [An2, Cap.4, §5.2] ri‡etta su questo ragionamento, che useremo altre volte: se f ( ) = g (#) per ogni ; # in certi intervalli, in particolare …ssando un valore # = #0 si legge che il primo membro è costante al variare di ; …ssando invece un valore = 0 si legge che il secondo membro è costante al variare di #. 48 Bisogna anche richiedere che sia 2 periodica: per il signi…cato geometrico delle coordinate polari, se non è così la funzione u ( ; #) = R ( ) (#) risulterebbe discontinua. Questo impone = n2 e n (#) = an cos (n#) + bn sin (n#) per n = 0; 1; 2; 3; ::: Con ciò l’equazione in R diventa 2 R00 ( ) + R0 ( ) n2 R ( ) = 0 per 2 [0; r0 ] : Per n 6= 0 è un’equazione di Eulero14 ; si possono quindi cercare soluzioni del tipo R ( ) = ; con da determinarsi: 2 ( 2 1) 1 + ( n2 =0 2 1) + n =0 = n; che dà Rn ( ) = c1 n + c2 n ; ma poiché vogliamo soluzioni regolari in [0; r0 ] dobbiamo escludere le soluzioni c2 n , illimitate nell’origine. Per n = 0 l’equazione 2 è di Eulero in R0 ( ) = R00 ( ) + R0 ( ) = 0 ; 2 1 + =0 +1 ( + 1) =0 = R0 ( ) = 1 1 R ( ) = d1 + d2 log : Escludendo ancora le soluzioni d2 log …nitiva Rn ( ) = c n illimitate nell’origine, otteniamo in deper n = 1; 2; 3; ::: R0 ( ) = d 1 4 v. [EsAn2], §1.2.D. Si dice equazione di Eulero un’equazione del tipo ax2 y 00 (x) + bxy 0 (x) + cy (x) = 0 per a; b; c costanti. Di quest’equazione si possono cercare due soluzioni del tipo y (x) = x con da determinarsi. Se esistono due numeri 1 ; 2 reali distinti per cui l’equazione di¤erenziale è soddisfatta, l’integrale generale di quest’equazione sarà c1 x 1 + c2 x 2 : 49 Si trovano in de…nitiva le soluzioni a variabili separate: n un ( ; #) = [an cos (n#) + bn sin (n#)] u0 ( ; #) = d: Per linearità, qualsiasi somma …nita di queste soluzioni soddisfa ancora l’equazione di¤erenziale. L’idea è scrivere una soluzione che soddis… anche la condizione al contorno sommando le in…nite soluzioni a variabili separate: u ( ; #) = d + 1 X n [an cos (n#) + bn sin (n#)] : n=1 Imporre la condizione al contorno signi…ca quindi scrivere: u (r0 ; #) = d + 1 X r0n [an cos (n#) + bn sin (n#)] = f (#) n=1 il che signi…ca che quello scritto dev’essere lo sviluppo di Fourier di f (#) in [0; 2 ], quindi posto 1 A0 X + [An cos (n#) + Bn sin (n#)] , ossia 2 n=1 Z Z 1 2 1 2 An = f (#) cos (n#) d#; Bn = f (#) sin (n#) d# f (#) = 0 (3.8) 0 si ha A0 ; r0n an = An ; r0n bn = Bn . 2 In conclusione la soluzione del problema (3.7) è assegnata dalla formula: d= u ( ; #) = 1 A0 X + 2 n=1 n [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0 (3.9) con An ; Bn assegnati dalle (3.8). Naturalmente in questo procedimento abbiamo fatto vari passaggi senza giusti…cazione rigorosa, dovremo ora dimostrare che sotto opportune ipotesi la u ha la regolarità richiesta e soddisfa e¤ettivamente equazione di¤erenziale e condizioni al contorno. Una formula risolutiva esplicita è comunque sempre un buon punto di partenza per la discussione successiva. Prima di giusti…care teoricamente la formula (3.9) cominciamo comunque a prendere con…denza con essa e il suo utilizzo. Osservazione 3.14 (Armoniche elementari) Notiamo che la soluzione ottenuta è una sovrapposizione delle in…nite funzioni n cos (n#) ; 50 n sin (n#) ; dette armoniche elementari. E’interessante osservare che scrivendo, nel campo complesso z = (cos # + i sin #) zn = n (cos (n#) + i sin (n#)) (formule di De Moivre), le armoniche elementari si possono vedere come le parti reali e immaginarie delle potenze z n : n cos (n#) = Re ( n (cos (n#) + i sin (n#))) = Re (z n ) n cos (n#) = Im ( n (cos (n#) + i sin (n#))) = Im (z n ) e questo fatto15 può essere utile per riscrivere in coordinate cartesiane queste funzioni. Ad esempio: 3 = x3 2 = 2xy 3 cos (3#) = Re z 3 = Re (x + iy) 2 sin (2#) = Im z 2 = Im (x + iy) 3xy 2 ecc. In particolare, da queste relazioni leggiamo che le armoniche elementari n cos (n#), n sin (n#) sono polinomi omogenei di grado (complessivo) n in x; y. Qualche gra…co delle armoniche elementari mostra la loro caratteristica tipica di funzioni dotate di “selle” ma non di punti di massimo e minimo locale, come prescritto dal principio di massimo che abbiamo dimostrato. 3 3 cos 3# = Re (x + iy) = x3 3xy 2 1 5 che non è casuale, ma una semplice conseguenza della teoria delle funzioni derivabili di variabile complessa (“la parte reale o immaginaria di una funzione olomorfa è una funzione armonica”), di cui però in questo corso non ci occupiamo. 51 4 7 cos 4# = Re (x + iy) 7 sin 7# = Im (x + iy) 4 = x4 = 7x6 y 35x4 y 3 + 21x2 y 5 Esempio 3.15 Risolviamo: u = 0 per < 1 u (1; #) = cos2 #: 52 6x2 y 2 + y 4 y7 Da identità trigonometriche abbiamo 1 1 + cos 2#; 2 2 che è lo sviluppo di Fourier del dato al bordo. Quindi la formula di rappresentazione dà: 1 1 u ( ; #) = + 2 cos 2# 2 2 cos2 # = in coordinate cartesiane, calcolando = 2 cos 2# = Re (x + iy) 1 1 + x2 2 2 , y2 : Esempio 3.16 Risolviamo: u = 0 per x2 + y 2 < 4 u (x; y) = x4 per x2 + y 2 = 4 Per = 2; 4 x4 = (2 cos #) = 16 cos4 # Da identità trigonometriche abbiamo 16 cos4 # = 6 + 8 cos 2# + 2 cos 4#; che è lo sviluppo di Fourier del dato al bordo. Quindi la formula di rappresentazione dà: 2 4 cos 2# + 2 cos 4# u ( ; #) = 6 + 8 2 2 2 in coordinate cartesiane, calcolando 2 cos 2# = Re (x + iy) , 4 cos 4# = 4 Re (x + iy) = 6 + 2 x2 y2 + 1 4 x 8 6x2 y 2 + y 4 : Discussione delle formula di rappresentazione trovata - regolarità all’interno Come preannunciato, dobbiamo ora discutere sotto quali ipotesi la formula risolutiva (3.9) assegna e¤ettivamente una soluzione del problema. Dimostriamo anzitutto il seguente: Teorema 3.17 Nella sola ipotesi che i coe¢ cienti An ; Bn nella (3.9) siano successioni limitate, ossia per qualche costante c > 0 sia jAn j + jBn j c per ogni n; la funzione u assegnata dalla (3.9): a) è derivabile in…nite volte termine a termine in ogni cerchio < r0 ; b) è derivabile in…nite volte nel cerchio < r0 ; c) soddisfa l’equazione di Laplace (in polari) nel cerchio < r0 . 53 con Dimostrazione. Fissiamo < r0 e consideriamo il cerchio cerchio la serie (3.9) converge totalmente, infatti: . In questo n [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0 n n (jAn j + jBn j) r0 e la serie numerica X c ; r0 n c r0 è una serie geometrica convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale e u è continua nel cerchio . Consideriamo la serie delle derivate prime rispetto a : n @ @ n 1 n = [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0n n 1 n r0 e la serie numerica 1 (jAn j + jBn j) r0 X c n r0 c n r0 n 1 r0 n 1 r0 è una serie convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale della serie delle derivate, perciò esiste @u ed è calcolabile derivando termine a termine. @ Si capisce che il ragionamento si può iterare alla derivata di qualunque ordine rispetto a . Per la serie delle derivate rispetto a # si ha: @ @# n [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0 n = r0 [ nAn sin (n#) + nBn sin (n#)] n n e la serie numerica r0 n (jAn j + jBn j) X cn r0 n cn r0 è ancora una serie convergente perché < r0 , quindi c’è convergenza totale @u della serie delle derivate, perciò esiste @# ed è calcolabile derivando termine a termine. Si capisce che il ragionamento si può iterare alla derivata di ordine qualsiasi rispetto a #; ed anche a derivate miste rispetto a e #. 54 Si conclude che u è in…nitamente derivabile in ogni cerchio con < r0 , e quindi nel cerchio aperto < r0 . Inoltre, poiché ogni addendo della serie risolve l’equazione di Laplace (la serie è stata costruita proprio a quel modo, sovrapponendo soluzioni a variabili separate), in ogni cerchio con < r0 , in cui u è derivabile termine a termine, si ha: ! 1 n 1 @ A0 X 1 @2 @2 + + 2 2 + [An cos (n#) + Bn sin (n#)] u= @ 2 @ @# 2 r0 n=1 = = 1 X n=1 1 X 1 @ 1 @2 @2 + + 2 @#2 @ 2 @ n r0 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] 0 = 0: n=1 L’equazione perciò è soddisfatta in ogni cerchio cerchio aperto < r0 . con < r0 e quindi nel Il teorema precedente contiene un’a¤ermazione molto forte: supponiamo che f sia una qualsiasi funzione L2 (0; 2 ), allora per il Lemma di Riemann-Lebesgue le successioni An ; Bn tendono a zero, in particolare sono limitate, e si applica la conclusione del teorema precedente: non solo la u risolve l’equazione u = 0 nel cerchio, ma è in…nitamente derivabile. Discussione della formula di rappresentazione trovata - condizione al bordo classica Vogliamo mostrare che, sotto opportune ipotesi sul dato al bordo f , la u assegnata dalla (3.9) assume il dato al bordo. Occorre capire qual è il problema. E’ chiaro che se sostituiamo = r0 nella (3.9) otteniamo (proprio per come abbiamo costruito la soluzione) la serie di Fourier di f che rappresenta f , ad sotto le seguenti ipotesi: f continua, regolare a tratti, f (0) = f (2 ) (l’ultima condizione è ovvia, se vogliamo che f sia una funzione continua sul bordo del cerchio). Tuttavia, noi vogliamo anche sapere che la u è continua sul cerchio chiuso r0 , in modo da sapere che quando ci avviciniamo a un punto del bordo del cerchio provenendo dall’interno, la u tende proprio al dato al bordo o, come si dice solitamente, “il dato al bordo è assunto con continuità”. Con questa premessa, dimostriamo il Teorema 3.18 (condizione al contorno classica) Supponiamo che f soddis… delle ipotesi sotto cui la sua serie di Fourier converge totalmente (teorema 3.5): f è continua e soddisfa la condizione di raccordo f (0) = f (2 ); inoltre f è derivabile e con derivata continua in [0; 2 ], salvo al più un numero …nito di punti di [0; 2 ] nei quali comunque esistono …niti i limiti destro e sinistro di f 0 . 55 Allora la u de…nita dalla (3.9) è continua …no al bordo del cerchio, in particolare lim ( ;#)!(r0 ;#0 ) u ( ; #) = f (#0 ) per ogni #0 2 [0; 2 ] . Dimostrazione. Dimostriamo che la serie (3.9) converge uniformemente nel cerchio r0 ; # 2 [0; 2 ], da cui seguirà la continuità di u in tutto il cerchio (Teorema 3.55, §3.2.3). Per far questo, scriviamo: k r0 [Ak cos (n#) + Bk sin (n#)] j[Ak cos (n#) + Bk sin (n#)]j jAk j+jBk j : Poiché sotto le nostre ipotesi, in base al teorema 3.5 si ha 1 X k=1 (jAk j + jBk j) < 1; la serie che assegna la u ( ; #) converge totalmente nel cerchio r0 ; # 2 [0; 2 ] e quindi (criterio della convergenza totale, Proposizione ??) converge uniformenente nel cerchio. Ora che sappiamo che la u assegnata dalla formula (3.9) assume con continuità il dato al bordo, quindi è l’unica soluzione del problema di Dirichlet, possiamo trarre dal risultato precedente di regolarità all’interno della funzione assegnata da (3.9) un’importante conseguenza: Corollario 3.19 (Regolarità delle funzioni armoniche in due variabili) Sia R2 un aperto e u 2 C 2 ( ) soluzione di u = 0 in : Allora u 2 1 C ( ). Dimostrazione. Sia u 2 C 2 ( ) soluzione di u = 0 in e …ssiamo un cerchio Br (x0 ) : Per ogni < r la funzione u si può vedere come soluzione (l’unica soluzione) del problema di Dirichlet u = 0 in B (x0 ) u = u su @B (x0 ) e quindi u si rappresenta con la formula (3.9) con i coe¢ cienti An ; Bn calcolati a partire da u; in particolare limitati perché u è limitata e integrabile in @B (x0 ) ; essendo continua. Per la discussione precedente, allora, u è in…nitamente derivabile nel cerchio B (x0 ) ; e quindi nel cerchio Br (x0 ). Poiché questo si può ripetere per ogni cerchio Br (x0 ) , u 2 C1 ( ) : Osservazione 3.20 Segnaliamo che la proprietà di regolarità delle funzioni armoniche è vera in dimensione n qualsiasi, con un’altra dimostrazione. Dai fatti precedenti possiamo in particolare raccogliere il seguente 56 Teorema 3.21 Detto Br0 (0) il cerchio di centro l’origine e raggio r0 , se f 2 C 1 (@Br0 (0)) esiste una e una sola u 2 C 2 (Br0 (0)) \ C 0 Br0 (0) del problema di Dirichlet soluzione u = 0 in Br0 (0) u = f su @Br0 (0) ; assegnata dalla (3.9). La u assume il dato al bordo con continuità, e all’interno del cerchio è in…nitamente derivabile. Inoltre il principio di massimo max juj max jf j Br0 (0) @Br0 (0) è in questo caso una stima di dipendenza continua della soluzione dal dato. Quindi il problema è ben posto. Osservazione 3.22 Notare che la richiesta f 2 C 1 (@Br0 (0)) signi…ca che, pensata come funzione f (#), non solo f 2 C 1 ([0; 2 ]), ma f e f 0 soddisfano le condizioni di raccordo tra 0 e 2 . L’ipotesi f 2 C 1 (@Br0 (0)) può sembrare un po’ troppo forte, visto che vogliamo ottenere una u continua …no al bordo (e non più regolare di così). Questo in parte è un “difetto” della tecnica dimostrativa utilizzata: la teoria classica, passando attraverso la nozione di convergenza uniforme delle serie di Fourier, richiede ipotesi un po’ sovrabbondanti. Con una tecnica dimostrativa più ra¢ nata si può provare che il problema di Dirichlet sul cerchio è risolubile in senso classico per ogni dato al bordo continuo; torneremo poi su questo problema. Discussione della formula di rappresentazione trovata - dato al bordo L2 Proviamo ora un diverso risultato che garantisce che il dato al bordo possa essere assunto in un senso più debole sotto ipotesi molto più generali sul dato: Teorema 3.23 Supponiamo che f 2 L2 [0; 2 ], allora la u assegnata dalla (3.9) assume il dato al bordo in senso L2 ; il che signi…ca che ku ( ; ) f kL2 (0;2 ) ! 0 per ! r0 : Dimostrazione. Poiché f 2 L2 [0; 2 ] ; sappiamo che (uguaglianza di Perceval, v. §3.5.1). Ora dalle identità: u ( ; #) = f (#) = 1 A0 X + 2 n=1 P1 n=1 A2n + Bn2 < 1 n r0 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] 1 A0 X + [An cos (n#) + Bn sin (n#)] 2 n=1 57 abbiamo f (#) 1 X u ( ; #) = n 1 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] ; r0 n=1 e per l’uguaglianza di Perceval ku ( ; ) 2 f kL2 (0;2 ) = 1 X n 2 1 A2n + Bn2 : r0 n=1 h n i2 ! 0; tutOsserviamo la serie a secondo membro. Per ! r0 si ha 1 r0 tavia questa convergenza è sempre più lenta quanto più grande è n (che rimpicn ciolisce il quoziente , rallentando la sua convergenza a 1). Per passare al h n i2 <1 limite bisogna allora spezzare la serie. Utilizziamo il fatto che 1 r0 r0 perciò la serie è totalemente convergente in 2 [0; r0 ] ; e …ssato " > 0 esiste n0 tale che 1 n 2 X 1 A2n + Bn2 < " r 0 n=n +1 0 mentre n0 X n=1 n 2 1 n0 2 A2n + Bn2 r0 1 r0 per A2n + Bn2 n=1 n0 2 1 n0 X r0 2 kf kL2 (0;2 ) <" abbastanza vicino a r0 . Perciò ku ( ; ) 2 f kL2 (0;2 ) < 2" per abbastanza vicino a r0 , ossia ku ( ; ) f kL2 (0;2 ) ! 0 per ! r0 : Notiamo che l’ipotesi f 2 L2 [0; 2 ] consente a f di essere discontinua, addirittura illimitata, eppure è su¢ ciente a garantire che il dato al bordo sia assunto in questo senso debole; inoltre poiché le successioni An ; Bn sono in…nitesime e quindi limitate, vale anche il teorema di regolarità all’interno della u; che risolve l’equazione. Formula del valor medio La formula (3.9) mette in evidenza anche un’altra proprietà delle soluzioni dell’equazione di Laplace (funzioni armoniche): sostituendo = 0 si trova Z 2 1 A0 = f (#) d#; (3.10) u (0; #) = 2 2 0 da cui si deduce il seguente 58 Teorema 3.24 (Proprietà di media delle funzioni armoniche) Sia R2 un aperto e u una funzione armonica in : Per ogni cerchio Br (x0 ; y0 ) la cui chiusura è contenuta in valgono le seguenti proprietà di media: Z 2 1 u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d# (3.11) u (x0 ; y0 ) = 2 0 Z 1 u (x0 ; y0 ) = u (x; y) ds (3.12) 2 r @Br (x0 ;y0 ) Z 1 u (x; y) dxdy: (3.13) u (x0 ; y0 ) = 2 r Br (x0 ;y0 ) Notare che la seconda uguaglianza dice che il valore di u nel centro del cerchio è la media integrale dei valori di u sul bordo del cerchio (in questo caso l’integrale è un integrale di linea); la terza uguaglianza dice che il valore di u nel centro del cerchio è la media integrale dei valori di u sul cerchio (in questo caso l’integrale è un integrale doppio). Segnaliamo che anche la proprietà di media delle funzioni armoniche, con una diversa dimostrazione, si può stabilire in dimensione n 3 qualunque. Dimostrazione. Poiché u è armonica in e Br (x0 ; y0 ) , u si può vedere come soluzione del problema di Dirichlet avente come dato assegnato sul bordo del cerchio la u stessa. Quindi la (3.10), dopo averla traslata nel cerchio di centro (x0 ; y0 ), si può riscrivere nella forma (3.11). D’altro canto il secondo membro della (3.12) è un integrale di linea che, parametrizzando la circonferenza come x = x0 + r cos # # 2 [0; 2 ] y = y0 + r sin # ds = rd# dà 1 2 r Z @Br (x0 ;y0 ) 1 Z 2 u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) rd# 2 r 0 Z 2 1 = u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d# = u (x0 ; y0 ) 2 0 u (x; y) ds = perciò dalla (3.11) segue la (3.12). In…ne, riscriviamo il secondo membro della (3.13) calcolando l’integrale in coordinate polari: Z Z r Z 2 1 1 u (x; y) dxdy = u (x0 + r cos #; y0 + r sin #) d# d r2 Br (x0 ;y0 ) r2 0 0 utilizzando nell’integrale interno la (3.11) Z r 1 1 r2 = u (x0 ; y0 ) = 2 2 u (x0 ; y0 ) d = 2 u (x0 ; y0 ) 2 r 0 r 2 e anche la (3.13) è dimostrata. 59 Osservazione 3.25 La proprietà di media approfondisce la descrizione della geometria del gra…co delle funzioni armoniche, di cui il principio di massimo era un primo elemento. Si noti che entrambe le proprietà corrispondono all’intuizione …sica, se interpretiamo la funzione u; armonica in due variabili, per uno dei signi…cati …sici che può avere, ad esempio membrana in equilibrio o temperatura di una piastra in equilibrio termico. Dalla proprietà di media segue facilmente una dimostrazione, nel caso bidimensionale, del principio di massimo forte per le funzioni armoniche che abbiamo solo enunciato in precedenza: Teorema 3.26 (Principio di massimo forte) Se u = 0 in aperto connesso del piano, allora u non può avere in punti di massimo o minimo assoluti interni senza essere costante in . Si osservi che questo enunciato non dice solo che massimi e minimi sono assunti sul bordo del dominio (se u è continua …no al bordo) ma sono assunti solo sul bordo, tranne nel caso banale in cui u è costante. Questa proprietà non era contenuta nel principio di massimo dimostrato in precedenza in dimensione qualunque. Dimostrazione. Infatti, se (x0 ; y0 ) fosse un punto (ad es.) di massimo assoluto per u; scegliendo un cerchio Br (x0 ; y0 ) , si avrebbe: Z 1 u (x; y) dxdy max u = u (x0 ; y0 ) = 2 r Br (x0 ;y0 ) Z 1 max u dxdy = u (x0 ; y0 ) = max u , r2 Br (x0 ;y0 ) dove l’uguaglianza può valere solo se in tutto il cerchio Br (x0 ; y0 ) è u (x; y) = u (x0 ; y0 ). Poiché è un aperto connesso, allora, ripetendo il discorso iterativamente a partire da un punto (x1 ; y1 ) qualsiasi di questo cerchio, possiamo per passi successivi invadere tutto con cerchi in cui è u (x; y) = u (x0 ; y0 ), perciò u è costante in . Analogo discorso per i punti di minimo assoluti. 60 La formula integrale di Poisson Ci interessa ora trasformare la formula risolutiva “per serie” in una formula di rappresentazione “integrale”, da cui si potranno leggere altre informazioni. Sostituendo nella (3.9) le espressioni per i coe¢ cienti (conviene cambiare nome alla variabile di integrazione) Z Z 1 2 1 2 f (s) cos (ns) ds; Bn = f (s) sin (ns) ds An = 0 si ha u ( ; #) = + 1 X = Z 2 f (s) ds+ 0 n 1 r0 n=1 Z 1 2 0 Z 2 1 f (s) cos (ns) ds cos (n#) + 0 2 f (s) 0 ( Z 2 f (s) sin (ns) ds sin (n#) 0 1 1 1X + 2 n=1 ) n [cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#)] ds: r0 Vediamo di sommare esplicitamente il nucleo integrale f:::g. Anzitutto le formule di addizione e quelle di Eulero danno: cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#) = cos n (# s) = ein(# s) +e 2 in(# s) ; quindi ci si può ricondurre a sommare delle serie geometriche: 1 n 1 1X + [cos (ns) cos (n#) + sin (ns) sin (n#)] 2 r0 n=1 ( ) 1 n n 1 1 1X in(# s) in(# s) + = e + e 2 2 n=1 r0 r0 ( ) 1 1 n n X X 1 i(# s) n(# s) 1+ e e = + 2 2 r0 r0 n=0 n=0 ) ( 1 1 1 = + 1 2 1 r0 ei(# s) 1 r0 e i(# s) e qualche calcolo coi numeri complessi dà = 1 2 = 1 2 = 1 2 ( r0 cos (# 2r0 [r0 [r0 r02 cos (# r0 s) i sin (# cos (# 2 s)] + 2 r02 2r0 cos (# s) + s) + r0 s)] 2 sin2 (# 2 : 61 s) ) 1 cos (# r0 s) + i sin (# s) 1 Abbiamo ottenuto una formula di rappresentazione della soluzione del problema mediante un integrale: Z 2 2 r02 1 ds: (3.14) f (s) u ( ; #) = 2 0 r02 2r0 cos (# s) + 2 Il nucleo integrale trovato si chiama nucleo di Poisson, e la formula ottenuta, detta formula integrale di Poisson, è molto importante, per vari motivi. 1. Anzitutto, spesso è più comodo calcolare la soluzione a partire dal dato al bordo, in modo esatto o approssimato, direttamente con questo integrale anziché con il doppio passaggio che consiste nel calcolare gli in…niti coe¢ cienti di Fourier di f e poi sommare la serie (3.9). 2. In secondo luogo, formule di rappresentazione mediante operatori integrali sono più adatte a mettere in evidenza le ipotesi minime sul dato f che garantiscono opportune proprietà della soluzione. Cominciamo ad osservare che per ogni < r0 e per ogni # il denominatore è discosto da zero, il che signi…ca che stando strettamente all’interno del cerchio < r0 si può derivare in…nite volte sotto il segno di integrale. Quindi (come già avevamo osservato) la soluzione dell’equazione di Laplace è in…nitamente derivabile all’interno del cerchio. Ma questa formula consente anche di provare risultati precisi di convergenza di u ( ; #) al dato f (#) avvicindandosi al bordo. Precisamente, si può dimostrare il seguente: Teorema 3.27 Se f è continua sul bordo del cerchio, la u de…nita da (3.14) assume il dato al bordo con continuità, cioè lim (r;#)!(R;#0 ) u (r; #) = f (#0 ) quindi è soluzione classica del problema di Dirichlet, che pertanto è risolubile sotto la sola ipotesi di continuità del dato. Dimostrazione. Per sempli…care leggermente la dimostrazione ci limiteremo a provare che lim u (r; #0 ) = f (#0 ) r!R (il che equivale a far tendere il punto alla circonferenza lungo un raggio). La dimostrazione generale è simile, con una piccola complicazione tecnica16 . Cominciamo a osservare che, poiché la soluzione del problema di Dirichlet con dato al bordo f 1 è la funzione costante 1, si ha: Z 2 2 1 r02 ds = 1: 2 2 0 r0 2r0 cos (# s) + 2 Notiamo anche che il nucleo di Poisson è positivo, perché r02 cerchio e r02 1 6 Si 2r0 cos (# s) + 2 r02 può trovare in [Weinberger pp.105-6]. 62 2r0 + 2 = (r0 2 2 ) : > 0 nel Possiamo allora scrivere: Z 2 1 (f (s) u (r; #0 ) f (#0 ) = 2 0 Per un numero somma: r02 2 r02 cos (#0 2r0 s) + 2 ds: > 0 da …ssarsi poi, spezziamo l’integrale precedente nella 1 f (#0 ) = 2 u (r; #0 ) f (#0 )) Z 1 (:::) ds + 2 s2(0;2 );js #0 j< Z (:::) ds s2(0;2 );js #0 j =A +B : Poiché f è continua in #0 , …ssato " > 0 esiste un js Per questa scelta di e ha integrale 1) jA j " " 1 2 1 2 #0 j < =) jf (#) > 0 tale che f (#0 )j < ": si ha allora (ricordando che il nucleo di Poisson è positivo Z s2(0;2 );js #0 j< Z s2(0;2 ) r02 2 r02 2r0 cos (# s) + r02 2 r02 2r0 cos (# s) + ds 2 ds = ": 2 D’altro canto js #0 j =) cos (# s) cos e quindi r02 1 2r0 cos (#0 s) + 1 2r0 cos + r02 2 (cioè è una funzione limitata), perciò Z 1 jB j jf (s) 2 s2(0;2 );js #0 j 2 c (r0 ; ) f (#0 )j c (r0 ; ) r02 2 max jf (s)j c (r0 ; ) r02 2 s2(0;2 ) il che prova la tesi. = 0 nella (3.14) si trova 1 u (0; #) = 2 Z 63 0 ds <" purché r0 sia abbastanza piccolo. Perciò per ogni " > 0; se r0 piccolo si ha ju (r; #0 ) f (#0 )j < 2"; 3. Notiamo che sostituendo 2 2 f (s) ds; è abbastanza ossia ritroviamo la formula di valor medio, già discussa. Le osservazioni fatte riguardo alla formula integrale di Poisson sono solo un assaggio dei metodi della teoria del potenziale, con cui a partire da una formula di rappresentazione semplice ed esplicita si dimostrano proprietà generali delle funzioni armoniche. Alla luce della formula …nale ottenuta, il procedimento di separazione di variabili appare un procedimento elaborato il cui ruolo …nale è quello di permetterci di ottenere una formula di rappresentazione integrale utile. Ogni volta che, con opportuni scambi tra serie numeriche e integrali che assegnano coe¢ cienti di Fourier, è possibile scrivere esplicitamente una formula di rappresentazione integrale, può essere interessante farlo. Non sempre però è agevole. Problema di Neumann sul cerchio Consideriamo ora il problema di Neumann per l’equazione di Laplace sul cerchio: 8 2 1 @2u < @ u 1 @u + + = 0 per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ] 2 @#2 (3.15) @ 2 @ : @u (r ; #) = f (#) per # 2 [0; 2 ] : @ 0 (Notare che sul bordo del cerchio la derivata normale uscente è semplicemente @ @ ). Cerchiamo soluzioni a variabili separate, del tipo: u ( ; #) = R ( ) (#) : Si possono utilizzare parte delle conclusioni del ragionamento fatto per il problema di Dirichlet. Cerchiamo di imporre la condizione al contorno alla soluzione: u ( ; #) = d + 1 X n [an cos (n#) + bn sin (n#)] : n=1 Imporre la condizione al contorno signi…ca quindi scrivere: 1 X @u (r0 ; #) = nr0n @ n=1 1 [an cos (n#) + bn sin (n#)] = f (#) il che signi…ca che quello scritto dev’essere lo sviluppo di Fourier di f (#) in [0; 2 ], quindi posto 1 A0 X + [An cos (n#) + Bn sin (n#)] , ossia 2 n=1 Z Z 1 2 1 2 An = f (#) cos (n#) d#; Bn = f (#) sin (n#) d# f (#) = 0 0 si ha nr0n 1 an = An ; 64 nr0n 1 bn = B n inoltre (coerentemente a quanto osservato sul problema di Neumann nel §5.1.1) A0 dev’essere nullo (condizione di compatibilità del dato): Z 2 f (#) d# = 0 0 mentre d è indeterminato (la soluzione è determinata a meno di costante additiva). In conclusione la soluzione del problema (3.15), nell’ipotesi A0 = 0, è assegnata dalla formula: u ( ; #) = 1 X n=1 n nr0n 1 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] + d: (3.16) con An ; Bn assegnati dalle (3.8). Si tratta ora, come nel caso della formula di rappresentazione ottenuta per la soluzione del problema di Dirichlet, di dimostrare che sotto opportune ipotesi su f essa fornisce una soluzione e¤ettiva del problema. Procediamo più sinteticamente di quanto fatto in precedenza: 1. La u assegnata dalla (3.16) è ancora in…nitamente derivabile all’interno del cerchio, e risolve all’interno del cerchio l’equazione di Laplace, non appena i coe¢ cienti An ; Bn siano limitati. 2. A¤ermare che il dato al bordo è assunto con continuità signi…ca a¤ermare che la funzione (a priori de…nita per < r0 ) 1 X @u ( ; #) = @ n=1 in e¤etti è continua per n 1 r0 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] r0 . D’altro canto, n 1 r0 [An cos (n#) + Bn sin (n#)] jAn j + jBn j perciò se la serie di Fourier del dato al bordo converge totalmente, il che accade ad esempio se f 2 C 1 [0; 2 ], con f (0) = f (2 ) (Teorema 3.5), anche la serie che assegna @u @ ( ; #) all’interno del cerchio, in e¤etti converge totalmente in tutto il cerchio. Perciò converge ivi uniformemente, e @u @ è continua …no al bordo del cerchio. Come nel caso del problema di Dirichlet, l’ipotesi sul dato è un po’ forte, non è certo quella ottimale. Esercizio 3.28 Risolvere il seguente problema di Dirichlet per il laplaciano sulla corona circolare: 8 2 @ u 1 @u 1 @2u > > < + + = 0 per 2 (1; r0 ) ; # 2 [0; 2 ] 2 @#2 @ 2 @ u (1; #) = 0 per # 2 [0; 2 ] > > : u (r0 ; #) = f (#) per # 2 [0; 2 ] 65 Suggerimento: utilizzare i passaggi di partenza del metodo di separazione delle variabili sul cerchio. Attenzione però al fatto che ora le soluzioni R ( ) illimitate per ! 0 non vanno più scartate, perché lavoriamo sull’intervallo 2 (1; r0 ). 3.2.3 Equazione di Poisson sul cerchio Abbiamo considerato …nora l’equazione omogenea, u = 0. Se il termine noto non è zero, cioè u = f; il metodo di separazione delle variabili non è più applicabile. Un’idea che talvolta si utilizza per a¤rontare un’equazione non omogenea, suggerita da certe procedure che si seguono per risolvere equazioni differenziali ordinarie non omogenee, è quella di cercare una soluzione la cui espressione analitica sia formalmente simile a quella della corrispondente equazione omogenea, con certe costanti sostituite da coe¢ cienti variabili, che si cerca di determinare in modo da soddisfare l’equazione. Illustriamo quest’idea nel caso dell’equaizone di Poisson sul cerchio: 8 2 1 @2u < @ u 1 @u + + 2 2 = F ( ; #) per 2 [0; r0 ); # 2 [0; 2 ] 2 @ @ @# : u (r0 ; #) = 0 per # 2 [0; 2 ] Notiamo che, in base al principio di sovrapposizione (§4.4), possiamo supporre che il dato al bordo ora sia nullo: se non lo fosse, la soluzione che cerchiamo si potrebbe ottenere sommando la soluzione di un problema come questo e un problema di Dirichlet per l’equazione omogenea (che già sappiamo risolvere). Partiamo dalla formula che assegna le soluzioni dell’equazione omogenea u ( ; #) = a0 + 1 X n [an cos (n#) + bn sin (n#)] n=1 e sostituiamo nella formula, alle particolari funzioni di delle generiche funzioni (incognite) di : u ( ; #) = date da an 1 a0 ( ) X + [an ( ) cos (n#) + bn ( ) sin (n#)] : 2 n=1 n ; bn n , (3.17) Quest’idea è suggerita anche dal fatto che il termine noto F ( ; #) in e¤etti si può sviluppare in questa forma: è su¢ ciente, per ogni 2 [0; r0 ) …ssato, sviluppare in serie di Fourier la funzione # 7! F ( ; #) : Si ha: F ( ; #) = 1 A0 ( ) X + 2 n=1 n [An ( ) cos (n#) + Bn ( ) sin (n#)] 66 con An ( ) = 1 Z 2 F ( ; #) cos (n#) d# 0 Bn ( ) = 1 Z 2 F ( ; #) sin (n#) d#: 0 Calcoliamo quindi, formalmente17 l’operatore laplaciano in coordinate polari sulla serie (3.17): u ( ; #) @2 1 @ 1 @2 + + 2 @#2 @ 2 @ = = + 1 2 1 ! 1 a0 ( ) X + [an ( ) cos (n#) + bn ( ) sin (n#)] 2 n=1 X 1 a000 ( ) + a00 ( ) + 1 a00n ( ) + a0n ( ) n2 2 an ( ) cos (n#) n=1 1 b00n ( ) + a0n ( ) n2 2 an ( ) sin (n#) : Ora, quest’espressione coincide con lo sviluppo di F ( ; #) se valgono le seguenti identità: 1 a000 ( ) + a00 ( ) = A0 ( ) 1 a00n ( ) + a0n ( ) n2 1 b00n ( ) + a0n ( ) n2 2 2 a n ( ) = An ( ) a n ( ) = Bn ( ) per n = 1; 2; 3; :::: Si tratta di un sistema di in…nite equazioni di¤erenziali ordinarie nelle funzioni incognite an ( ) ; bn ( ), lineari del second’ordine non omogenee (le funzioni An ( ) ; Bn ( ) sono termini noti, si calcolano dal termine noto F dell’equazione di Poisson). Per essere più precisi, è qualcosa di più semplice di un sistema in quanto ogni funzione incognita compare in un’equazione sola: si possono quindi risolvere simultaneamente, in parallelo, tutte le equazioni. Prima di risolvere le equazioni, osserviamo che la condizione u (r0 ; #) = 0 risulta soddisfatta se imponiamo an (r0 ) = bn (r0 ) = 0 per ogni n. Veniamo alla risoluzione delle equazioni. L’equazione 1 a00n ( ) + a0n ( ) n2 2 an ( ) = An ( ) 1 7 Questo “formalmente” signi…ca: calcoliamo le derivate della serie derivando termine a termine, senza preoccuparci per il momento di formulare delle ipotesi precise sotto cui quest’operazione sia lecita. 67 è lineare del second’ordine non omogenea. L’omogenea associata non è a coe¢ cienti costanti ma è un’equazione di Eulero: n2 1 a00n ( ) + a0n ( ) 2 an ( ) = 0 di cui possiamo cercare soluzioni del tipo an ( ) = e si trova, a conti fatti, che ha integrale generale an ( ) = cn n n + dn : Ora una soluzione particolare dell’equazione non omogenea si può cercare, col metodo di variazione delle costanti 18 , nella forma an ( ) = cn ( ) n n + dn ( ) : Il metodo prescrive di risolvere il seguente sistema lineare nelle derivate c0n ( ) ; d0n ( ): c0n n + d0n n = 0 nc0n n 1 nd0n n Risolvendo si trova: ( c0n = d0n = 1 = An ( ) : An ( ) 2n n 1 An ( ) n+1 2n e integrando (con una scelta degli estremi che renda gli integrali certamente convergenti) abbiamo ( R An (s) cn ( ) = r0 2ns n 1 ds R An (s)sn+1 dn ( ) = ds 2n 0 e quindi an ( ) = n Z r0 An (s) ds 2nsn 1 n Z 0 An (s) sn+1 ds 2n 1 8 v. [An2, pp.32-4]. Ricapitoliamo il metodo. Supponiamo di voler trovare una soluzione particolare dell’equazione di¤erenziale lineare del second’ordine completa y 00 (t) + a (t) y 0 (t) + b (t) y (t) = f (t) conoscendo già, però, due soluzioni linearmente indipendenti y1 (t) ; y2 (t) dell’equazione omogenea. Il metodo consiste nel cercare una soluzione dell’equazione completa della forma y (t) = c1 (t) y1 (t) + c2 (t) y2 (t) dove i coe¢ cienti c1 (t) ; c2 (t) incogniti si determinando risolvendo prima il seguente sistema lineare nelle incognite c01 (t) ; c02 (t) c01 (t) y1 (t) + c02 (t) y2 (t) = 0 c01 (t) y10 (t) + c02 (t) y20 (t) = f (t) e poi calcolando le primitive c1 (t) ; c2 (t) e sostituendole nell’espressione di y (t). 68 è una soluzione particolare dell’omogenea, mentre l’integrale generale è Z Z An (s) An (s) sn+1 n an ( ) = cn n + dn n + n ds ds: n 1 2n r0 2ns 0 La funzione deve mantenersi limitata per ! 0; il che implica la scelta dn = 0, mentre la condizione an (r0 ) = 0 dà Z r0 An (s) sn+1 n n ds: 0 = cn r0 r0 2n 0 quindi cn = r0 2n Z r0 An (s) sn+1 ds 2n 0 e 1 an ( ) = 2n n r0 2n Z r0 n+1 An (s) s ds + Z An (s) s Z Bn (s) s1 n 0 1 n ds n r0 Z An (s) sn+1 ds : 0 (3.18) Analogamente bn ( ) = 1 2n n r0 2n Z r0 Bn (s) sn+1 ds + n 0 n ds r0 1 a000 ( ) + a00 ( ) = A0 ( ) che ponendo a00 = v dà 1 v 0 ( ) + v ( ) = A0 ( ) ; equazione lineare del prim’ordine che si integra così: Z 1 c v( ) = + sA0 (s) ds 0 Z Z 1 t a0 ( ) = c log + d + sA0 (s) ds dt; t 0 r0 imponendo a0 (r0 ) = 0; 0 = c log r0 + d c log r0 e quindi a0 ( ) = c log r0 + Z r0 69 1 t Z 0 Z Bn (s) sn+1 ds : 0 Rimane l’equazione in a0 ( ) ; d= n t sA0 (s) ds dt (3.19) e imponendo che a0 ( ) sia limitata in 0; c = 0; da cui a0 ( ) = Z r0 Z 1 t t sA0 (s) ds dt (3.20) 0 La funzione u assegnata dalla (3.17) con i coe¢ cienti a0 ( ) ; an ( ) ; bn ( ) assegnati dalle (3.18), (3.19), (3.19) è la soluzione cercata. Il tutto, naturalmente, andrebbe ora giusti…cato rigorosamente, cosa che ora non faremo. Se poi nella (3.17) si sostituiscono le espressioni dei coe¢ cienti a0 ( ) ; an ( ) ; bn ( ) e, a loro volta, al posto dei coe¢ cienti An ; Bn si sostituiscono gli integrali che li de…niscono, calcoli laboriosi permettono di riscrivere la formula di rappresentazione sotto forma di integrale del termine noto F contro un opportuno nucleo, formula più indicata per discutere le ipotesi sotto le quali il procedimento è lecito. La tecnica che abbiamo visto all’opera in questo esempio è nota come metodo degli sviluppi di Fourier, per indicare che si sviluppa termine noto e funzione in uno sviluppo che imita quello di Fourier, con coe¢ cienti però variabili anziché costanti. Z Z 1 t 1 sA0 (s) ds dt u ( ; #) = 2 r0 t 0 Z r0 Z Z 1 1 X 2n n n+1 n 1 n n r0 An (s) s ds + + An (s) s ds An (s) sn+1 ds cos (n#) 2n n=1 0 r0 0 Z r0 Z Z n n + r0 2n Bn (s) sn+1 ds + n Bn (s) s1 n ds Bn (s) sn+1 ds sin (n#) : 0 3.3 r0 0 Equazione di di¤usione Consideriamo ora l’equazione di di¤usione ut D u=f con laplaciano in n variabili (sarà n = 1; 2; 3), D costante positiva, f termine noto (sorgente). Abbiamo visto tra i suoi signi…cati …sici: 1. u temperatura in un corpo (variabile nel tempo), in regime di sola di¤usione; f indica le sorgenti o i pozzi di calore interni al corpo. 2. u concentrazione (variabile nel tempo) di una sostanza in soluzione, in regime di sola di¤usione; f indica le sorgenti o i pozzi di quella sostanza interni al corpo. Abbiamo discusso (§4.3.2) alcuni tipici problemi ai limiti che si a¤rontano per quest’equazione, e visto il signi…cato …sico delle varie condizioni (di CauchyDirichlet, Cauchy-Neumann, Cauchy-Robin). Anche per questa equazione, vediamo prima di stabilire alcuni risultati molto generali per questi problemi, utili ad inquadrare i problemi ai limiti che poi studieremo. Successivamente a¤ronteremo esplicitamente alcuni di questi problemi ai limiti, su domini di geometria semplice. 70 3.3.1 Unicità e principio di massimo parabolico Per la linearità del problema, anche in questo caso stabilire un risultato di unicità per un problema di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann per l’equazione di di¤usione equivale a stabilire che ogni eventuale soluzione dell’equazione omogenea con condizioni di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann nulle è la funzione identicamente nulla. Sia R3 un aperto connesso limitato e, per un certo T > 0; sia QT = (0; T ). Diciamo che u 2 C 1;2 (QT ) se è C 1 nel tempo e C 2 nelle variabili spaziali. Teorema 3.29 (di unicità) Supponiamo che u 2 C 1;2 (QT )\C 0 QT \C 1 sia soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet 8 < ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T ) u (x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T ) : u (x; 0) = h (x) per x 2 : o del problema di Cauchy-Neumann 8 < ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T ) @u (x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T ) : @ u (x; 0) = h (x) per x 2 o di Cauchy-Robin 8 < ut D u = f per x 2 ; t 2 (0; T ) @u (x; t) + ku (x; t) = g (x; t) per x 2 @ ; t 2 (0; T ) : @ u (x; 0) = h (x) per x 2 con k > 0. Allora u è identicamente nulla in QT . Osservazione 3.30 L’ipotesi u 2 C 1 (0; T ) è naturale per il problema di Cauchy-Neumann e Cauchy-Robin, ma non per il problema di Dirichlet. Anche in questo caso come per l’equazione di Laplace, mostreremo in seguito come un opportuno principio di massimo consenta di rimuovere quest’ipotesi. Si noti che la soluzione del problema di Cauchy-Neumann è unica e non, come nel caso del problema di Neumann per il laplaciano, determinata solo a meno di costanti additive. Infatti in questo caso una funzione costante non zero soddisfa il problema con f = 0 e g = 0, ma non con h = 0: è la condizione iniziale a dare un controllo sulla u e non solo sulle sue derivate. Dimostrazione. Per il principio di sovrapposizione, mostrare l’unicità per i problemi scritti equivale a mostrare che se u risolve i problemi con f; g; h nulli allora u è identicamente nulla in QT . Supponiamo quindi che u soddis… quest’ipotesi, moltiplichiamo per u l’equazione e integriamo in QT : Z T Z 0= (u ut D (u u)) (x; t) dx dt 0 ! Z Z Z T Z 1 T d 2 = u (x; t) dt dx D u udx dt 2 0 dt 0 71 (0; T ) perciò D Z T 0 Z u udx dt = Z 1 2 Z T 0 ! Z d 2 1 u (x; t) dt dx = dt 2 u2 (x; T ) u2 (x; 0) dx e poiché u soddisfa condizione iniziale nulla, Z T Z Z 1 u udx dt = D u2 (x; T ) dx 2 0 Poiché (per la prima identità di Green, v. §1.2) Z Z Z 2 u udx + jruj dx = u @ si ha Z @ u @u dS @ Z 2 jruj dx = 1 2 Z @u dS; @ u2 (x; T ) dx: (3.21) Ora, se u soddisfa condizioni di Dirichlet o di Neumann nulle si ha Z @u u dS = 0 @ @ perciò D Z 0 T Z 1 jruj dxdt = 2 2 Z u2 (x; T ) dx che (per i segni dei due membri) implica che entrambi i membri sono nulli. L’annullarsi del primo membro implica che u è costante in QT ; e poiché si annulla per t = 0 è identicamente nulla. Se invece u soddisfa la condizione di Robin nulla, @u @ + ku = 0 si ha Z Z @u u dS = ku2 dS 0 @ @ @ e il primo membro nella (3.21) è ancora 0, per cui si conclude come in precedenza. Nello studio dei principi di massimo per un’equazione parabolica su un dominio di tipo cilindrico, è importante la nozione di frontiera parabolica: De…nizione 3.31 Si dice frontiera parabolica del dominio QT = per (0; T ) Rn dominio limitato e T 2 (0; +1], l’insieme @p QT = @ (0; T ) [ f0g : In altre parole, la frontiera parabolica di un cilindro è costituita dalla sua super…cie laterale e dalla base inferiore, ma non dalla base superiore. Veniamo ora al seguente: 72 Teorema 3.32 (Principio di massimo parabolico) Sia u 2 C 1;2 (QT )\C 0 QT soluzione di ut D u = f in QT . Allora: i) Se f 0, u assume il suo massimo sulla frontiera parabolica di QT , cioè max u (x; t) max u (x; t) : QT @p QT ii) Se f 0, allora u assume il suo massimo e il suo minimo sulla frontiera parabolica di QT , e in particolare max ju (x; t)j max ju (x; t)j : QT @p QT Il signi…cato …sico del principio di massimo è piuttosto trasparente: se f 0, cioè il calore viene eventualmente sottratto al corpo ma mai fornito ad esso, la temperatura in ogni punto e istante non può superare quella che aveva all’inizio o ha sul suo bordo: non può esserci a un istante positivo un punto di massimo stretto della temperatura, all’interno del dominio. Se poi f 0, siamo in assenza di pozzi e sorgenti di calore; il calore di¤onderà semplicemente, il che signi…ca che nel tempo il gra…co della temperatura tende a “appiattirsi”sempre più, con massimi e minimi assunti all’istante iniziale o al bordo. Il diverso ruolo che hanno l’istante t = 0 e l’istante t = T nelle proprietà della soluzione ri‡ettono la freccia del tempo nell’interpretazione …sica del modello: il calore passa (al passare del tempo) dal corpo più caldo al corpo più freddo, il che dà alla variabile tempo, nell’equazione, un verso privilegiato: non c’è simmetria quindi tra lo scorrere in avanti o all’indietro del tempo. Dimostrazione. Il secondo punto segue dal primo (come nel caso del principio di massimo per il laplaciano), applicando il primo punto a u. Per provare il primo punto, consideriamo un cilindro QT " (con " > T ), in modo che anche sulla sua base superiore fT "g la u sia regolare, e poniamo w (x; t) = u (x; t) "t: Si ha: wt D w=f " < 0 in QT : Proviamo che questa w, che è continua in QT " quindi ha massimo su quest’insieme, assume il suo massimo sulla frontiera parabolica di QT " . Per assurdo, abbia un massimo in (x0 ; t0 ) 2 (0; T "]: In questo punto di massimo risulta certamente w (x0 ; t0 ) 0 (come visto nella dimostrazione del principio di massimo per il laplaciano; è qui che ci serve il fatto di essere su un cilindro più corto QT " ; altrimenti, nel caso fosse t0 = T non potremmo garantire l’esistenza di w (x0 ; t0 )). Quanto al valore di wt (x0 ; t0 ), 73 dobbiamo distinguere due casi. Se t0 < T " allora il massimo è interno a QT " e per il teorema di Fermat wt (x0 ; t0 ) = 0: Se invece t0 = T " la derivata può non essere nulla ma (ragionare sulla geometria del dominio: il punto (x0 ; t0 ) sta sulla base superiore del cilindro) wt (x0 ; t0 ) 0. In ogni caso si avrebbe (wt D w) (x0 ; t0 ) contro il fatto che già sappiamo che wt Abbiamo quindi provato che max w QT quindi ! max u QT " "T D w < 0 in QT . max w @p QT " max (u QT 0; " "t) = max w QT " " max u @p QT " e per " ! 0 (essendo u 2 C 0 QT ) si ha max u QT max u: @p QT Osservazione 3.33 Come preannunciato, il principio di massimo migliora l’enunciato del teorema di unicità per il problema di Cauchy-Dirichlet: la soluzione è unica nella classe naturale C 1;2 (QT ) \ C 0 QT e non solo in quella, più ristretta, C 1;2 (QT ) \ C 0 QT \ C 1 (0; T ) in cui l’abbiamo inizialmente dimostrata. Il principio di massimo consente di provare una stima di stabilità per il problema di Cauchy-Dirichlet su un dominio cilindrico: Corollario 3.34 Sia QT = (0; T ) con Rn dominio limitato e T > 0; e 1;2 0 sia u 2 C (QT ) \ C QT soluzione di 8 < ut D u = f in QT u = g su @ (0; T ) : u (x; 0) = h (x) in : Allora max juj QT @ max jgj + max jhj + (0;T ) dove R > 0 è un numero per cui si ha R2 max jf j 2nD QT BR (0) : Dimostrazione. Sia 2 w (x; t) = u (x; t) + 74 jxj max jf j : 2nD QT Allora 2 wt D w = ut D u D max jf j QT =f max jf j jxj 2nD ! 0 in QT ; QT quindi per il principio di massimo parabolico si ha max w max w QT @p Q T e quindi 2 max u QT max w max w QT @p QT max u + max @p QT @p QT jxj max jf j 2nD QT 2 R max jf j : 2nD QT max u + @p QT Ora si applica lo stesso argomento a max juj QT max juj + @p QT @ 3.3.2 u e si conclude che R2 max jf j 2nD QT max jgj + max jhj + (0;T ) R2 max jf j : 2nD QT Equazione di di¤usione sul segmento Consideriamo una sbarra omogenea, rappresentata dal segmento [0; L], la cui temperatura al punto x e all’istante t è u (x; t). Se la temperatura iniziale ha un pro…lo noto u0 (x), la sbarra è termicamente isolata sulla sua super…cie laterale, non ci sono sorgenti o pozzi di calore interni, e la temperatura agli estremi è tenuta costante uguale a zero, ci aspettiamo che la temperatura nel tempo raggiungerà ovunque la temperatura costante zero. Studiamo come avviene nel tempo questo fenomeno. Come abbiamo visto nel § 2.2.1, in questo caso u soddisfa l’equazione del calore omogenea 8 < ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0 u (0; t) = u (L; t) = 0 (3.22) : u (x; 0) = u0 (x) (dove c > 0, costante, è il coe¢ ciente di di¤usione19 ) che abbiamo accompagnato con le condizioni ai limiti e iniziali (problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore omogenea unidimensionale). 1 9 in precedenza indicato con D. 75 Veniamo ora alla soluzione e¤ettiva di questo problema. Il metodo di separazione delle variabili è ancora applicabile. Cerchiamo soluzioni a variabili separate: U (x; t) = X (x) T (t) : Sostituendo nell’equazione di¤erenziale si ha: X (x) T 0 (t) = cX 00 (x) T (t) T 0 (t) X 00 (x) = : X (x) cT (t) Questa uguaglianza dev’essere identicamente veri…cata per 0 < x < L; t > 0. D’altro canto il primo membro è una funzione della sola x, il secondo membro è una funzione della sola t, quindi l’unica possibilità perché l’identità sussista è che ciascun membro sia costante. Si ha quindi, per qualche 2 R, X 00 (x) = X (x) T 0 (t) = cT (t) per 0 < x < L per t > 0: (3.23) Ricordiamo ora che devono valere le condizioni ai contorno u (0; t) = u (L; t) = 0 che si traducono in X (0) = X (L) = 0. Dunque l’equazione in X e quella in T assumono un ruolo asimmetrico, perché la prima (e solo la prima) è corredata di condizioni al contorno: X 00 (x) = X (x) per 0 < x < L X (0) = X (L) = 0: (3.24) Con ciò abbiamo ottenuto un problema agli autovalori per l’operatore di¤erend2 ziale dx 2 R (autovalori) e soluzioni X (x) non identica2 : si cercano numeri mente nulle (autofunzioni) del problema (3.24). Si ri‡etta sul fatto che per ogni possiamo scrivere l’integrale generale dell’equazione di¤erenziale, dipendente da due costanti arbitrarie, ma non per ogni è possibile determinare le costanti di integrazione in modo da soddisfare le condizioni nulle agli estremi: se = 0; X (x) = c1 x +pc2 si annulla in x = 0; x = L solo per c1 = c2 = 0; p x x se > 0; X (x) = c1 e + c2 e si annulla in x = 0; x = L solo per c1 = c2 = 0; p p se < 0; X (x) = c1 cos x + c2 sin x si annulla in x = 0; x = L p 2 2 per c1 = 0 e per qualsiasi c2 purché sia sin L = 0; cioè = nL2 , con n = 1; 2; 3; ::: Abbiamo dunque ricavato autovalori e autofunzioni del problema (3.24): = n2 2 n x ; Xn (x) = cn sin , per n = 1; 2; 3; ::: L2 L 76 (cn costante arbitraria). Possiamo ora risolvere l’equazione (3.23) per questi valori di : T 0 (t) = n2 2 c T (t) L2 Tn (t) = cn e n2 2 c t L2 e in de…nitiva le soluzioni a variabili separate dell’equazione a derivate parziali e delle condizioni al contorno: n2 2 c n x e L2 t : un (x; t) = Xn (x) Tn (t) = cn sin L Nessuna di queste soluzioni in generale soddisferà anche la condizione iniziale, perché un (x; 0) = cn sin (n x). L’idea allora è la seguente: essendo l’equazione di¤erenziale lineare e omogenea, con condizioni agli estremi omogenee, ogni combinazione lineare …nita delle un soddisferà ancora equazione e condizioni al contorno. Possiamo cercare una serie in…nita di queste soluzioni che per un’opportuna scelta dei coe¢ cienti cn converga ed assuma anche la condizione iniziale. Scriviamo dunque u (x; t) = 1 X cn sin n=1 n x e L n2 2 c t L2 (3.25) e imponiamo la condizione iniziale: u (x; 0) = 1 X n=1 cn sin n x = u0 (x) per 0 < x < L L Si tratta dunque di scegliere i coe¢ cienti cn come i coe¢ cienti di Fourier dello sviluppo di u0 in serie di soli seni in (0; L). Ricapitoliamo come si fa. 1. Considerata u0 (x) de…nita in [0; L], si de…nisce u e0 : [ L; L] ! R ottenuta da u prolungandola in [ L; 0] in modo che risulti una funzione dispari: u e0 (x) = u0 (x) u0 ( x) per x 2 [0; L] per x 2 [ L; 0] : Notiamo che se u0 è continua in [0; L] e u0 (0) = u0 (L) = 0 (ipotesi ragionevole visto che questa è la temperatura iniziale, e noi vogliamo che a tutti gli istanti t > 0 la temperatura sia nulla agli estremi), la u e0 sarà continua in [ L; L] e soddsferà la condizione di raccordo u e0 ( L) = u e0 (L) (= 0). 2. Ora scriviamo lo sviluppo di Fourier di u e0 (x) in [ L; L]; il sistema trigonometrico adattato a quest’intervallo è n n x o n x ; sin ; cos L L d’altro canto u e0 (x) è una funzione dispari, quindi avrà coe¢ cienti an nulli e Z Z 1 L n x 2 L n x bn = u e0 (x) sin dx = u e0 (x) sin dx: L L L L 0 L 77 Poiché d’altro canto in [0; L] è u e0 (x) = u0 (x), si avrà (supponendo anche u0 regolare a tratti) u0 (x) = 1 X bn sin n=1 2 bn = L Z n x L L u0 (y) sin 0 per x 2 [0; L] ; con n y dy: L Se quindi nella (3.25) scegliamo i coe¢ cienti cn uguali a questi coe¢ cienti bn dovremmo avere una soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet. Al solito, si tratta ora di provare che sotto opportune ipotesi su u0 il tutto è rigoroso. Discussione delle proprietà della soluzione ottenuta Vedremo che la situazione in questo caso ha forti analogie con quanto accade per il problema di Dirichlet per il laplaciano sul cerchio. Infatti, notiamo anzitutto che sin n x e L n2 2 c t L2 e n2 2 c t L2 ; dove l’ultima espressione scritta, per qualunque t > 0 (…ssato) e per ogni x 2 [0; L] tende a zero esponenzialmente al tendere di n a in…nito. Perciò, non appena la successione fcn g dei coe¢ cienti è limitata (il che accade non appena u0 è integrabile in [0; L]), non solo la serie (3.25) converge, ma anche la sua serie derivata rispetto a x o t (qualunque numero di volte) continua a convergere. Più precisamente: 1. Se la successione fcn g dei coe¢ cienti è limitata, allora in ogni dominio Qt0 = f(x; t) : x 2 [0; L] ; t t0 g (per t0 > 0 …ssato), la serie che assegna u e quelle che si ottengono da questa derivando un numero qualsiasi di volte rispetto a t o a x risultano convergenti totalmente e quindi uniformemente. In particolare, la serie rappresenta una funzione u che è derivabile in…nite volte in ogni insieme Qt0 e quindi in de…nitiva per ogni t > 0. Non è, …nora, garantita, la regolarità della soluzione …no a t = 0. In altre parole, la funzione rappresentata dalla (3.25) è in…nitamente derivabile per t > 0. L’equazione del calore, dunque, è fortemente regolarizzante, come l’equazione di Laplace. 2. Poiché le derivate di u si possono calcolare derivando la serie termine a termine, e poiché ogni termine della serie soddisfa l’equazione di¤erenziale (proprio per come è stata ottenuta: è una soluzione a variabili separate), anche la u rappresentata dalla (3.25) soddisfa l’equazione di¤erenziale. 3. Poiché, per il punto 1, in particolare, la funzione u è continua in Qt0 , per x ! 0 e x ! L (e t t0 > 0) la u tende al suo valore negli estremi, che è zero: quindi le condizioni agli estremi sono assunte con continuità, per ogni t > 0. 4. Chiediamoci ora in che senso è assunto il dato iniziale. Anche in questo caso si può distinguere il quadro “classico”da quello L2 . Proviamo due risultati. 78 Teorema 3.35 (condizione iniziale classica) Supponiamo che u0 soddis… delle ipotesi sotto cui la sua serie di Fourier20 converge totalmente, ad es. (v. §3.5.2), u0 2 C 1 ([0; L]) e soddisfa la condizione di raccordo u0 (0) = u0 (L) = 0: Allora la u de…nita dalla ( 3.25) è continua in [0; L] lim (x;t)!(x0 ;0) [0; 1), in particolare u (x; t) = u0 (x0 ) per ogni x0 2 [0; L] . Dimostrazione. Nelle ipotesi fatte su u0 , la funzione u e0 (ri‡essa dispari di u0 su [ L; L], come sopra) soddisfa le ipotesi della convergenza totale della serie di Fourier di u e0 , ossia 1 X jck j < 1: k=1 Poiché d’altro canto per (x; t) 2 [0; L] k x L ck sin [0; 1) si ha e k2 2 c t L2 jck j ; la serie che assegna u (x; t) converge totalmente in [0; L] formemente, perciò u è continua in questo dominio. [0; 1), quindi uni- Teorema 3.36 (Condizione iniziale L2 ) Se u0 2 L2 (0; L), allora il dato iniziale è assunto in senso L2 , ossia u0 kL2 (0;L) ! 0 per t ! 0+ : ku ( ; t) Dimostrazione. Sappiamo che per ogni t > 0 è u (x; t) u0 (x) = 1 X cn sin n=1 n x L e n2 2 c t L2 1 e quindi, per l’uguaglianza di Perceval, ku ( ; t) 2 u0 kL2 (0;L) = 1 X L 2 c e 2 n n=1 n2 2 c t L2 2 1 : P1 Ora ragioniamo così: poiché la serie n=1 c2n converge, per ogni " > 0 esiste n0 tale che L X 2 c < "; 2 n>n n 0 20 o meglio il suo sviluppo di Fourier in serie di soli seni, quindi lo sviluppo di Fourier standard della funzione u e0 ri‡essa dispari di u. 79 quindi ku ( ; t) 2 u0 kL2 (0;L) n0 X L 2 = c e 2 n n=1 = e e 2c n2 0 t L2 1 e 2c n2 0 t L2 1 e 1 + X L c2 e 2 n n>n n2 2 c t L2 2 1 0 2c n2 0 t L2 Ora, essendo n0 e " …ssati, esiste 2 n2 2 c t L2 n0 2X X L L 2 cn + c2n 2 2 n>n n=1 1 0 1 2X L 2 c +" 2 n n=1 2 2 ku0 kL2 (0;L) + ": > 0 tale che per 0 < t < 2c n2 0 t L2 risulta 2 1 <" e quindi ku ( ; t) 2 2 u0 kL2 (0;L) < " ku0 kL2 (0;L) + 1 per 0 < t < ; da cui la convergenza voluta. In particolare grazie al teorema sull’assunzione della condizione iniziale in senso classico possiamo a¤ermare il seguente Teorema 3.37 Sia u0 2 C 1 ([0; L]) soddisfacente le condizioni u0 (0) = u0 (L) = 0: Allora, detto Q = (0; L) (0; 1) esiste una e una sola funzione u 2 C 1;2 (Q) \ C 0 Q soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet 8 < ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0 u (0; t) = u (L; t) = 0 : u (x; 0) = u0 (x) in senso classico (ossia con condizioni iniziali e agli estremi assunte con continuità). Questa soluzione è assegnata dalla ( 3.25) e soddisfa inoltre il principio di massimo parabolico max ju (x; t)j max ju0 (x)j ; (x;t)2Q x2[0;L] che è in questo caso una stima di dipendenza continua della soluzione dalla condizione iniziale. 80 Nucleo del calore sul segmento Consideriamo ancora la formula di rappresentazione della soluzione e, utilizzando l’espressione esplicita dei coe¢ cienti cn che in essa compaiono, trasformiamola in una formula di rappresentazione integrale: u (x; t) = 1 X cn sin n=1 2 cn = L Z n x e L L u0 (y) sin 0 n2 2 c t L2 n y dy: L Allora, ! Z L 1 X n2 2 c 2 n y n x u (x; t) = u0 (y) sin dy sin e L2 t L L L 0 n=1 ! Z L 1 n2 2 c n y n x 2 X t sin sin e L2 = u0 (y) dy L n=1 L L 0 Z L = u0 (y) K (x; y; t) dy 0 con K (x; y; t) = 1 n y 2 X n x sin sin e L n=1 L L n2 2 c t L2 , espressione che de…nisce una funzione molto regolare per ogni t > 0, ma perde signi…cato per t = 0. Anche se questa serie non si può facilmente sommare (ottenendo un’espressione più esplicita del nucleo K), utilizzando quest’espressione è ancora possibile, analogamente a quanto accade per il nucleo di Poisson sul cerchio (v. § 5.1.3) dimostrare il seguente risultato: Teorema 3.38 Supponiamo che la funzione u0 sia continua in [0; L] e soddis… la condizione u0 (0) = u0 (L) = 0. Allora la soluzione u (x; t) de…nita come sopra assume con continuità la condizione iniziale, ossia: lim (x;t)!(x0 ;0) u (x; t) = u0 (x0 ) per ogni x0 2 [0; L] . (Se u0 non soddisfa la condizione u0 (0) = u0 (L) = 0 la conclusione precedente vale comunque per ogni x0 2 (0; L)). Pertanto, il problema di Cauchy-Dirichlet (3.22) può essere risolto in senso classico per ogni dato iniziale continuo. Per la dimostrazione, si rimanda a [Weinberger, pp.108-110]. Esercizio 3.39 Risolvere per separazione di variabili il problema di CauchyNeumann 8 < ut = cuxx per 0 < x < L; t > 0 ux (0; t) = ux (L; t) = 0 : u (x; 0) = u0 (x) : 81 Signi…cato …sico: una sbarra è termicamente isolata, priva di sorgenti o pozzi di calore interni, ed è nota la temperatura iniziale. Studiare l’andamento nel tempo (ci aspettiamo che la temperatura tenda a una costante non zero). Discutere quindi la validità della formula risolutiva trovata, analogamente a quanto fatto nel caso di Cauchy-Dirichlet. L’equazione del calore retrograda. Un esempio di problema mal posto Le funzioni n x n2 22 c t 1 e L sin n L (per n = 1; 2; 3; :::) soddisfano i problemi di Cauchy-Dirichlet 8 < ut + cuxx = 0 per 0 < x < L; t > 0 u (0; t) = u (L; t) = 0 (Pn ) : : u (x; 0) = n1 sin nLx un (x; t) = (cioè: per ogni n, un soddisfa (Pn )). Si osservi che abbiamo cambiato il segno davanti al termine cuxx , rispetto all’equazione del calore. Quest’equazione si chiama equazione del calore retrograda, o all’indietro, o backward. Notiamo la particolarità di questa situazione: per una stessa equazione di¤erenziale, con condizioni agli estremi nulli, abbiamo una successione di condizioni iniziali vn (x) = 1 n x sin n L che tende uniformemente a zero in [0; L]. Invece la famiglia delle corrispondenti soluzioni un , per (x; t) …ssati non tende a¤atto a zero, ma oscilla con ampiezza illimitata, in quanto 1 n2 22 c t e L ! 1 per n ! 0 e t > 0: n I gra…ci delle soluzioni un (x; t)per n = 1; 2; 3.Come si vede, per t = 0 (condizione iniziale) il gra…co è via via più piccolo, mentre per t > 0 oscilla sempre più al crescere di n: la soluzione è instabile rispetto ai dati. 82 Il problema è quindi mal posto, in quanto viene a cadere la dipendenza continua della soluzione dalla condizione iniziale. Intepretazione …sica: è un’equazione del calore retrograda, quindi il problema con condizione iniziale assegnata equivale a un problema con condizione …nale assegnata per l’equazione standard del calore. La morale è che, nello studio della di¤usione del calore, dallo stato presente del sistema non si può risalire con precisione al suo passato. L’evoluzione del sistema “liscia”rapidamente le eventuali oscillazioni della condizione iniziale, cancellando le informazioni, che non si riescono più a ricostruire. 3.4 3.4.1 L’equazione della corda vibrante La corda vibrante …ssata agli estremi Come abbiamo visto nel §2.3.1, una corda elastica omogenea …ssata ai due estremi, pizzicata in modo da eseguire piccole oscillazioni rispetto all’equilibrio, e soggetta eventualmente a una forza di carico f , soddisfa l’equazione di¤erenziale utt c2 uxx = f dove u (x; t) rappresenta l’altezza al tempo t del punto della corda che a riposo si trova nel punto x, e c è una costante positiva con le dimensioni di una velocità; precisamente, 0 c2 = 0 dove 0 è la tensione della corda a riposo e 0 la densità della corda a riposo, supposte entrambe costanti. Se la corda è …ssata agli estremi e sono note la sua con…gurazione iniziale u0 (x) e la sua velocità iniziale v0 (x), la u (x; t) soddisferà il problema di CauchyDirichlet: 8 2 per 0 < x < L; t > 0 > > utt c uxx = f < u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0 (3.26) u (x; 0) = u0 (x) per 0 < x < L > > : ut (x; 0) = v0 (x) per 0 < x < L: Invece delle condizioni di Dirichlet u (0; t) = u (L; t) = 0 si potrebbero assegnare condizioni di Neumann omogenee ux (0; t) = ux (L; t) = 0; il cui signi…cato …sico è: ciascun estremo della corda non è …sso, ma può scorrere verticalmente senza attrito su una guida verticale. Cominciamo a stabilire un risultato di unicità, poi a¤ronteremo la risoluzione del problema. Energia e risultati di unicità Calcoliamo l’energia meccanica totale della corda al tempo t nelle ipotesi precedenti. 83 Per l’energia cinetica si ha: Ecin = 1 2 Z L u2t dm = 0 1 2 Z L 2 0 ut dx: 0 Per l’energia potenziale dovuta alle forze di tensione, iniziamo a considerare il contributo di un tratto di lunghezza x. L’allungamento di questo tratto quando non è a riposo sarà: Z x+ x p Z x+ x Z x+ x p 1 2 1 2 2 1 + ux dx x= 1 + ux 1 dx ' ux dx ' u2x x 2 2 x x x e il lavoro elementare delle forze elastiche per produrre questo allungamento sarà 1 dW = 0 u2x x: 2 L’energia potenziale totale è l’integrale di questo lavoro elementare su tutto il segmento di corda, quindi Z 1 L 2 Epot = 0 ux dx 2 0 e in de…nitiva l’energia totale all’istante t è Z Z Z 1 L 1 L 1 L 2 2 E (t) = 0 ut dx + 0 ux dx = 2 0 2 0 2 0 2 0 ut + 2 0 ux dx: (3.27) Calcoliamo ora la variazione di energia nel tempo. Derivando sotto il segno di integrale si ha (sempre supponendo 0 ; 0 costanti) E 0 (t) = Z L ( 0 ut utt + 0 ux uxt ) dx: 0 Integriamo per parti il secondo addendo: Z L ux (0; t) ut (0; t)] 0 ux uxt dx = 0 [ux (L; t) ut (L; t) 0 Z L 0 uxx ut dx 0 perciò, usando anche l’equazione di¤erenziale soddisfatta da u; Z L 0 E (t) = 0 [ux (L; t) ut (L; t) ux (0; t) ut (0; t)] + ( 0 utt 0 uxx ) ut dx 0 = 0 [ux (L; t) ut (L; t) ux (0; t) ut (0; t)] + Z L ( 0 f ) ut dx (3.28) 0 La relazione trovata permette ora di dimostrare facilmente il seguente Teorema 3.40 (di unicità) Il problema di Cauchy-Dirichlet (3.26), o l’analogo problema di Cauchy-Neumann, ha al più una soluzione regolare. 84 Dimostrazione. Come già sappiamo, provare l’unicità signi…ca, per la linearità del problema, provare che l’analogo problema con termine noto f = 0 e condizioni iniziali u0 ; v0 = 0 ha solo la soluzione identicamente nulla. Applichiamo a questa situazione la relazione (3.28). Poiché f = 0 avremo E 0 (t) = 0 [ux (L; t) ut (L; t) ux (0; t) ut (0; t)] : Ora nel caso del problema di Neumann si ha ux (0; t) = ux (L; t) = 0 e quindi E 0 (t) = 0; nel caso del problema di Dirichlet, dal fatto che u (0; t) = u (L; t) = 0 per ogni t > 0 deduciamo anche, derivando rispetto a t, che ut (0; t) = ut (L; t) = 0, quindi ancora E 0 (t) = 0: In ogni caso quindi l’energia totale è costante, quindi per ogni t > 0 è: E (t) = E (0) = = 1 2 Z L 1 2 Z L 2 0 ut (x; 0) + 2 0 ux (x; 0) dx 0 2 0 v0 2 (x) + 0 0 (u0 )x (x) dx = 0; cioè l’energia è identicamente nulla, ossia per ogni t > 0 Z L 2 0 ut + 2 0 ux dx = 0: 0 Questo implica che per ogni t è ux (x; t) nulla agli estremi, u (x; t) 0. 0, quindi u ( ; t) costante, ed essendo Risoluzione del problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione omogenea Consideriamo ora il problema (con termine noto nullo) 8 utt c2 uxx = 0 per 0 < x < L; t > 0 > > < u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0 (3.29) per 0 < x < L > u (x; 0) = u0 (x) > : ut (x; 0) = v0 (x) per 0 < x < L: Anche questo si può a¤rontare per separazione delle variabili: si cerca u (x; t) = X (x) T (t) e questo con un ragionamento analogo ai precedenti porta come sottoproblemi: X 00 (x) = X (x) per 0 < x < L X (0) = X (L) = 0 (dove si è già tenuto conto delle condizioni agli estremi), e T 00 (t) = c2 T (t) : 85 Il primo problema è lo stesso che abbiamo incontrato risolvendo l’equazione del calore sulla sbarra, perciò avrà le stesse soluzioni: Xn (x) = sin n Sostituendo = n = n x L n 2 : L nell’equazione in t si ha 2 n L T 00 (t) = c2 T (t) e quindi n ct L Tn (t) = an cos + bn sin n ct L : Le soluzioni a variabili separate sono perciò n x L un (x; t) = sin n ct L an cos + bn sin n ct L : Ciascuna di queste un soddisfa l’equazione di¤erenziale e le condizioni agli estremi, ma non, in generale, le condizioni iniziali. Per soddisfare le condizioni iniziali cerchiamo una u (x; t) data dalla serie (combinazione lineare) delle in…nite un : u (x; t) = 1 X n=1 sin n x L n ct L an cos n ct L + bn sin : (3.30) Imponendo la condizione u (x; 0) = u0 (x) si ha u0 (x) = 1 X an sin n=1 n x L ossia i coe¢ cienti an devono essere quelli che danno lo sviluppo di Fourier in serie di soli seni della funzione u0 sull’intervallo [0; L], ossia (come già visto nel caso del calore) Z 2 L n y an = u0 (y) sin dy: (3.31) L 0 L Per imporre la condizione iniziale sulla derivata ut calcoliamo prima (derivando formalmente termine a termine la serie) 1 @u (x; t) X n x = sin @t L n=1 = 1 X n=1 sin n x L @ an cos @t an n ct L n c sin L 86 + bn sin n ct L n ct L + bn n c cos L n ct L quindi 1 @u (x; 0) X n x n c sin = v0 (x) = bn @t L L n=1 quindi l’ultima serie scritta dev’essere lo sviluppo in serie di soli seni del dato v0 (x) ; da cui Z 2 L n y n c = v0 (y) sin dy; bn L L 0 L e in de…nitiva bn = 2 n c Z L v0 (y) sin 0 n y dy: L (3.32) Perciò: la funzione (3.30), con i coe¢ cienti an ; bn assegnati dalle (3.31) (3.32), rappresenta la soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet (3.26). Discussione delle proprietà della soluzione ottenuta Tutto ciò è per ora puramente formale: occorre capire sotto quali condizioni la serie (3.31) converge ed è derivabile termine a termine quanto occorre per veri…care che soddisfa l’equazione di¤erenziale. Le funzioni di t che compaiono nella serie, cos n Lct , a di¤ erenza dell’esempio dell’equazione del calore, (in cui erano gli esponenziali rapidamente decrescenti exp n2 2 ct =L2 ) in questo caso non aiutano la convergenza della serie stessa per t > 0. Precisamente: poiché derivando due volte rispetto a x o rispetto a t compare un coe¢ ciente n2 , se vogliamo che la serie delle derivate seconde converga uniformemente, e quindi la derivazione termine a termine sia lecita, dobbiamo assicurarci che sia 1 X n=1 n2 (jan j + jbn j) < 1: Questo, in base ai risultati sulla velocità a zero dei coe¢ cienti di Fourier discussi nel § 3.5.2 (Teorema 3.6), si traduce nelle seguenti richieste sui dati iniziali: u0 2 C 3 (0; L) ; con u0 (0) = u0 (L), u00 (0) = u00 (L), u000 (0) = u000 (L); v0 2 C 2 (0; L) ; con v0 (0) = v0 (L), v00 (0) = v00 (L). Si osservi che i coe¢ cienti bn sono i coe¢ cienti di Fourier di v0 divisi per n; questa è la ragione per cui le richieste su v0 sono meno forti (di un grado di derivabilità) rispetto a quelle per u0 . Sotto queste ipotesi in particolare le serie che assegnano sia u che ut sono uniformemente convergenti per t 0, quindi le condizioni iniziali sono assunte con continuità. L’analisi precedente mostra che, a di¤erenza dell’equazione del calore e di Laplace, l’equazione delle onde non è regolarizzante: la soluzione per t > 0 non diventa automaticamente molto regolare (all’interno del dominio cilindrico) indipendentemente dalla regolarità dei dati iniziali (come accadeva per l’equazione del calore o -sostituendo “dato iniziale” con “dato al bordo”- per l’equazione di Laplace). Questo si può interpretare dicendo che l’equazione “non ci regala 87 nulla”: se vogliamo che sia C 2 per t > 0; dovrà essere C 2 anche per t = 0; il che signi…ca che le ipotesi minime sotto cui possiamo sperare ci sia soluzione sono: u0 2 C 2 (0; L) e v0 2 C 1 (0; L) (perché v0 è una derivata di u). Rispetto a queste ipotesi, quelle che abbiamo dovuto fare sono più pesanti, richiedendo sostanzialmente un grado di derivabilità in più rispetto a ciò che ci si poteva aspettare. Evidentemente la strada degli sviluppi di Fourier non è quella migliore per ottenere sotto ipotesi minime un risultato di esistenza per il problema di Cauchy-Dirichlet. E’comunque signi…cativo il fatto che il procedimento precedente, sia pur sotto ipotesi un po’ forti, si possa rendere totalmente rigoroso. Abbiamo infatti dimostrato il seguente Teorema 3.41 Supponiamo assegnate le funzioni u0 ; v0 soddisfacenti le condizioni: u0 2 C 3 (0; L) ; con u0 (0) = u0 (L), u00 (0) = u00 (L), u000 (0) = u000 (L); v0 2 C 2 (0; L) ; con v0 (0) = v0 (L), v00 (0) = v00 (L). Allora esiste una e una sola u (x; t) 2 C 2 ([0; L] [0; +1)) soluzione del problema (3.29). Discussione delle proprietà della soluzioni stazionarie Ci interessa ora esaminare le proprietà delle singole funzioni un (x; t). Ognuna di esse rappresenta un possibile moto di vibrazione della corda, particolarmente semplice, detta vibrazione stazionaria: ogni punto della corda descrive un moto periodico (nel tempo) di tipo armonico, avente pulsazione n c L periodo 2L nc frequenza c n 2L in particolare la frequenza di un è n volte la frequenza di u1 , detta frequenza fondamentale di vibrazione della corda. Immaginiamo che la corda vibrante sia una corda di chitarra. Dal punto di vista musicale, la frequenza fondamentale di vibrazione della corda rappresenta l’altezza della nota che noi percepiamo; le frequenze doppia, tripla, ecc. rappresentano le armoniche superiori, e un si dice perciò n-esima armonica. Se ad esempio la frequenza fondamentale rappresenta la nota do di una certa ottava che chiamiamo convenzionalmente ottava 1, le armoniche successive rappresenteranno: n=1 do1 2 do2 3 sol2 4 do3 5 mi3 6 sol3 7 sib3 8 do4 (dove l’indice indica l’ottava), e così via. In particolare: ogni raddoppio di frequenza equivale a un salto di ottava. Assegnata una condizione iniziale, il moto reale della corda è sovrapposizione di un numero teoricamente in…nito di vibrazioni stazionarie, ma (poiché i coe¢ cienti di Fourier tendono a zero) è 88 ben approssimata dalla somma di un numero …nito di vibrazioni stazionarie. Questo signi…ca che una corda pizzicata vibra emettendo un suono dato da una certa frequenza fondamentale, che però è arricchito dalla presenza di un certo numero di armoniche successive (generalmente di ampiezza molto inferiore), che compelssivamente formano quello che chiamiamo il timbro di quel suono, o di quello strumento musicale. Torniamo ad una singola vibrazione stazionaria. Ad ogni istante la funzione un (x; t) ha un gra…co che è multiplo di un (x; 0) = sin n x L quindi ha la stessa “forma” di questo gra…co: la corda vibra “su e giù” mantenendo immobili in ogni istante i punti in cui un (x; 0) = 0, cioè i due estremi, più (n 1) nodi interni. Ad esempio, per n = 3 le vibrazioni hanno la forma: con due nodi interni, oltre ai due estremi …ssati. In generale, un ha (n 1) nodi interni, e (n + 1) nodi complessivi (considerando anche gli estremi). Come vedremo più avanti, alcune caratteristiche …siche del moto della corda vibrante si ritrovano per le membrane vibranti (cioè in dimensione due) mentre altre sono di¤erenti. Esercizio 3.42 Si risolva, analogamente a quanto fatto per la corda vibrante …ssata agli estremi, il caso della corda che vibra soggetta ad attrito: 8 utt c2 uxx + aut = 0 per 0 < x < L; t > 0 > > < u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0 u (x; 0) = u0 (x) per 0 < x < L > > : ut (x; 0) = 0 per 0 < x < L: per qualche a > 0 (costante, per semplicità; abbiamo anche supposto, per semplicità, la velocità iniziale nulla). Ci aspettiamo vibrazioni smorzate nel tempo. Per la trattazione, v. [Weinberger] pp.112-4. 89 3.4.2 La corda vibrante illimitata Consideriamo ora l’equazione della corda vibrante su tutto R, ossia una “corda vibrante illimitata”. E’ ovviamente un’idealizzazione matematica, ma è interessante perché il problema viene da un certo punto di vista sempli…cato, permettendo di determinare direttamente l’integrale generale dell’equazione (cosa abbastanza unica, tra le equazioni a derivate parziali) e imporre solo dopo le condizioni iniziali; il tutto, anzi, si riesce a fare anche per l’equazione non omogenea (cioè in presenza di una forza esterna di carico che agisce sulla corda), caso che …nora non avevamo trattato. La formula trovata, dovuta a D’Alembert, intorno al 1750, mette in evidenza alcune caratteristiche importanti dell’equazione della corda vibrante (e più in generale, dell’equazione delle onde anche in dimensione maggiore) che la soluzione per separazione di variabili nascondeva un po’. Il problema è quindi: 8 < utt c2 uxx = f per x 2 R; t > 0 u (x; 0) = u0 (x) per x 2 R (3.33) : ut (x; 0) = v0 (x) per x 2 R: La formula di D’Alembert per l’equazione omogenea. sizione del problema di Cauchy-Dirichlet Trattiamo prima il caso omogeneo: Buona po- c2 uxx = 0 utt con c costante. Si consideri ora la trasformazione di coordinate nel piano: = x + ct = x ct: Vogliamo esprimere in funzione di ; gli operatori di¤erenziali @x ; @t ; @xx ; @tt e riscrivere quindi l’equazione della corda vibrante rispetto alle variabili ; . Per il teorema di di¤erenziazione delle funzioni composte si ha: @ =u +u @x @ ut = u = cu cu @x @ @ @ uxx = (u + u ) = ( + )(u + u ) = u + 2u @x @ @ @ @ @ utt = (cu cu ) = c2 ( )(u u ) = c2 (u @t @ @ ux = u @ +u @x @ +u @t +u 2u +u ): 4u : Di conseguenza: utt c2 uxx = c2 (u 2u +u ) 90 c2 (u + 2u +u )= Perciò l’equazione della corda vibrante nelle nuove variabili ; u si scrive: = 0: Quest’equazione può essere risolta facilmente. Infatti @ @ signi…ca che @u @ @u @ =0 non dipende da , cioè è una funzione di soltanto: @u = f1 ( ) @ con f1 funzione arbitraria. Integrando rispetto a si trova: u = f ( ) + g( ) dove f ( ) è una primitiva di f1 ( ) (perciò, essendo f1 arbitraria, è una funzione arbitraria) e g( ) è la “costante di integrazione”, che non dipende da , perciò è funzione (arbitraria) di . Sostituendo in…ne ad ; le loro espressioni in funzione di x; t si trova: u(x; t) = f (x ct) + g(x + ct): Questa rappresenta l’integrale generale dell’equazione della corda vibrante, con f; g arbitrarie funzioni di una sola variabile, due volte derivabili. La u così ottenuta è dunque la sovrapposizione di due onde che viaggiano a velocità c in versi opposti, un’onda progressiva e un’onda regressiva. Imponiamo ora le condizioni iniziali: u0 (x) = u (x; 0) = f (x) + g(x) v0 (x) = ut (x; 0) = cf 0 (x) + cg 0 (x): Quello che abbiamo ottenuto si può vedere come un sistema di due equazioni in due funzioni incognite, f; g; che però solo nella seconda equazione compaiono derivate. Se deriviamo anche la prima equazione otteniamo un sistema lineare di due equazioni in due incognite: f 0 (x) + g 0 (x) = u00 (x) f 0 (x) + g 0 (x) = v0c(x) che si risolve subito in f 0 ; g 0 : 1 2 1 g 0 (x) = 2 f 0 (x) = v0 (x) c v0 (x) u00 (x) + c u00 (x) 91 da cui per integrazione Z 1 x v0 (s) ds + c1 c 0 Z 1 x v0 (s) ds + c2 u0 (x) + c 0 1 2 1 g (x) = 2 f (x) = u0 (x) e quindi u(x; t) = f (x = = 1 2 ct) + g(x + ct): Z 1 x u0 (x ct) c 0 1 (u0 (x + ct) + u0 (x 2 ct v0 (s) ds + c1 + ct)) + 1 2c Z 1 2 u0 (x + ct) + x+ct 1 c Z x+ct v0 (s) ds + c2 0 v0 (s) ds + c: x ct La costante c, somma delle due costanti arbitrarie, si elimina risostituendo t = 0 nell’identità precedente, che diventa u (x; 0) = u0 (x) + c; dunque c = 0 e la soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet è: Z x+ct 1 1 v0 (s) ds; u(x; t) = (u0 (x + ct) + u0 (x ct)) + 2 2c x ct (3.34) nota come formula di D’Alembert. Non deve sfuggire la particolarità di questo procedimento rispetto a quelli seguiti …n qui per altri problemi: senza bisogno di alcuna teoria-quadro preesistente (ad esempio, un teorema di unicità), lavorando direttamente sull’equazione di¤erenziale abbiamo determinato che ogni eventuale soluzione ha effettivamente questa forma (unicità). Infatti, a di¤erenza dei metodi di soluzione per separazione delle variabili, qui non abbiamo supposto a priori che la u avesse una particolare forma. D’altro canto sotto ipotesi ragionevoli sui dati iniziali la formula (3.34) fornisce e¤ettivamente la soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet; abbiamo cioè il seguente: Teorema 3.43 Per ogni u0 2 C 2 (R) e v0 2 C 1 (R) la funzione u (x; t) assegnata da (3.34) è soluzione (unica) del problema (3.33) con f = 0. Vale inoltre la seguente stima di dipendenza continua (per tempi …niti): per ogni T > 0 si ha: max ju (x; t)j max ju0 (y)j + T max jv0 (y)j x2R;t2[0;T ] y2R y2R Dimostrazione. E’immediato veri…care che se u0 2 C 2 (R) e v0 2 C 1 (R) la funzione u (x; t) assegnata da (3.34) è C 2 R2 . Vale forse solo la pena osservare 92 come si calcolano le derivate prime della funzione integrale che compare in (3.34): Z x+ct @ v0 (s) ds = v0 (x + ct) v0 (x ct) @x x ct Z x+ct @ v0 (s) ds = cv0 (x + ct) + cv0 (x ct) : @t x ct Che questa u soddis… l’equazione di¤erenziale e le condizioni iniziali si può veri…care, ma segue dal procedimento stesso con cui l’abbiamo determinata, così come dal procedimento seguito segue l’unicità della soluzione. Quanto alla stima di dipendenza continua, dalla (3.34) possiamo maggiorare: Z x+ct 1 1 ju(x; t)j (ju0 (x + ct)j + ju0 (x ct)j) + jv0 (s)j ds 2 2c x ct 1 1 2 max ju0 j + max jv0 j 2ct R 2 2c R = max ju0 j + t max jv0 j R R da cui prendendo il massimo per x 2 R; t 2 [0; T ] si ha la tesi. Si noti che la stima di dipendenza continua controlla (uniformemente) solo la u e non le sue derivate; inoltre vale per tempi …niti (il massimo di u per t > 0 qualsiasi non è controllato). La formula di D’Alembert per l’equazione non omogenea Il procedimento precedente si adatta anche al caso non omogeneo utt c2 uxx = f; solo con qualche calcolo più pesante. Il risultato che si ottiene è: 1 (u0 (x + ct) + u0 (x ct)) 2 Z x+ct Z t Z x+c(t 1 1 + v0 (s) ds + 2c x ct 2c 0 x c(t u(x; t) = (3.35) ! ) F (s; ) ds d : ) Per i passaggi si rimanda a [Weinberger], pp. 24-26. Dalla formula precedente (e dal fatto che questa sia stabilita con un procedimento simile a quello già visto, che quindi fornisce l’unicità della soluzione) si ricava facilmente il seguente 0 R2 la funTeorema 3.44 Per ogni u0 2 C 2 (R), v0 2 C 1 (R), F; @F @x 2 C zione u (x; t) assegnata da (3.34) è soluzione (unica) del problema (3.33). Vale inoltre la seguente stima di dipendenza continua (per tempi …niti): per ogni T > 0 si ha: max x2R;t2[0;T ] ju (x; t)j max ju0 (y)j + T max jv0 (y)j + T 2 y2R y2R 93 max s2R; 2[0;T ] jF (s; )j Dimostrazione. La dimostrazione è analoga alla precedente. Mostriamo come si calcolano le derivate della funzione integrale21 che coinvolge F , e come si stima quel termine per ottenere la stima di dipendenza continua. ! ! Z ! Z t Z x+c(t ) Z x+c(t ) t @ @ F (s; ) ds d = F (s; ) ds d @x x c(t ) 0 @x 0 x c(t ) Z t (F (x + c (t ) ; ) F (x + c (t ) ; )) d = 0 ! ! Z t Z t Z x+c(t ) @F @2 @F F (s; ) ds d = (x + c (t ); ) (x + c (t ); ) d @x2 @x @x 0 x c(t ) 0 ! ! Z ! Z t Z x+c(t ) Z x+c(t ) t @ @ F (s; ) ds d = F (s; ) ds d @t 0 @t 0 x c(t ) x c(t ) Z @2 @t2 1 2c Z t 0 Z 0 t x+c(t F (s; ) ds d x c(t Z x+c(t x c(t ! ) ) ) ! ! 0 =c 1 2c F (s; ) ds d ) = 2cF (x; t) Z t (cF (x + c (t + 1 2c = 3.5 2 Z t @F (x + c (t @x 0 Z t 0 Z 0 Z x+c(t x c(t T ) ; ) + cF (x Z x+c(T x c(T ); ) @F (x @x ! ) ) c (t jF (s; )j ds d ) max ) s2R; 2[0;T ] ) ; )) d c (t ); ) d ! jF (s; )j ds d 1 max jF (s; )j 2cT 2 = T 2 max jF (s; )j 2c s2R; 2[0;T ] s2R; 2[0;T ] Equazione delle onde in dimensione superiore Qualche risultato generale di unicità che abbiamo dimostrato per l’equazione della corda vibrante si estende all’equazione delle onde in dimensione spaziale n > 1, utt c2 u = f (3.36) 2 1 Forse vale la pena ricordare la formula per il calcolo della derivata di una funzione integrale in cui la variabile rispetto a cui si deriva compaia sia nell’integranda che negli estremi di integrazione: ! Z b(x) d f (x; t) dt = f (x; b (x)) b0 (x) f (x; a (x)) a0 (x) dx a(x) Z b(x) @f + (x; t) dt: a(x) @x 94 che si può studiare in Rn+1 o in un dominio cilindrico QT = (0; T ) con Rn dominio limitato (v. §4.3.3 per la descrizione dei problemi iniziali e al contorno che è interessante studiare, e i loro signi…cati …sici). 3.5.1 Energia e risultato di unicità Anche in questo caso si può calcolare l’energia meccanica totale del sistema, che è proporzionale a: Z 1 2 u2t + c2 jruj dx: E (t) = 2 Apriamo una parentesi. Si potrebbe obiettare: non abbiamo neppure precisato se stiamo studiando l’equazione pensando a una membrana vibrante (n = 2), a onde sonore nell’aria (n = 3) o a un altro fenomeno: come possiamo a¤ermare che “l’energia del sistema è data da questa espressione”? Di quale sistema …sico si parla? In realtà, come vedremo in seguito, dal punto di vista del rigore del ragionamento che seguirà, questo non ha alcuna importanza: E (t) è semplicemente una funzione matematica, lavorando sulla quale con opportuni passaggi dimostreremo un risultato di unicità per i problemi iniziali e al contorno per l’equazione delle onde. E’istruttivo però il fatto che l’intuizione …sica di quale sia una quantità rilevante per il problema in esame (in almeno qualcuna delle possibili interpretazioni …siche) suggerisce quale sia la funzione matematica su cui lavorare. Calcoliamo ora la derivata rispetto al tempo Z 0 E (t) = ut utt + c2 ru rut dx = applicando la prima identità di Green al secondo integrale Z Z Z @u ut dS = ut utt dx c2 ( u) ut dx + c2 @ @ Z Z @u ut dS: = ut f dx + c2 @ @ Possiamo ora provare il seguente: Teorema 3.45 Consideriamo un problema di Cauchy-Dirichlet o NeumannDirichlet per l’equazione (3.36) su un dominio QT = (0; T ) con Rn su¢ cientemente regolare da potervi applicare il teorema della divergenza. La soluzione regolare di tale problema, se esiste, è unica. Dimostrazione. Come al solito, si tratta di provare che la soluzione di un analogo problema con termine noto f , condizioni iniziali u (x; 0) ; ut (x; 0) e condizioni al contorno tutte nulle, è identicamente nulla. Partiamo dall’identità Z Z @u E 0 (t) = ut f dx + c2 ut dS = 0 @ @ 95 perché f = 0 e, nel secondo integrale, se il problema è di Neumann @u = 0 @ mentre se è di Dirichlet u ( ; t) = 0 su @ per ogni t; da cui t-derivando è anche ut ( ; t) = 0 su @ . Dunque E 0 (t) = 0; quindi Z 1 2 E (t) = E (0) = u2t (x; 0) + c2 jru (x; 0)j dx = 0 2 per le condizioni iniziali nulle. Ne segue Z 2 u2t + c2 jruj dx = 0 per ogni t; da cui u =cost.= 0, con i soliti ragionamenti. 3.5.2 Onde sferiche tridimensionali Ci occuperemo in seguito, un po’ alla volta, di vari problemi ai limiti per l’equazione delle onde in dimensione spaziale 2 o 3. Vediamo adesso un solo caso particolare, perché come vedremo la sua risoluzione si riconduce a quella dell’equazione della corda vibrante illimitata, che abbiamo appena studiato. Cerchiamo di determinare le onde sferiche, cioè le soluzioni dell’equazione delle onde in 3 dimensioni spaziali, in tutto lo spazio, aventi simmetria radiale. Per mettere meglio in evidenza la particolarità del caso tridimensionale, iniziamo il nostro discorso in dimensione spaziale n qualsiasi. E’noto che se u (x) = f (jxj) è una funzione radiale, u (x) = f 00 ( ) + (n 1) f0 ( ) ; quindi per un’onda radiale u (x; t) = w ( ; t) si ha wtt c2 w + (n 1) w =0 che si può riscrivere 2 wtt c2 2 w + (n 1) w =0 e, osservando che ( w) = ( w + w) = w + 2w ; notiamo che, solo per n = 3, si può riscrivere l’equazione nella forma ( w)tt c2 ( w) =0 cioè w in queso caso è soluzione dell’equazione della corda vibrante illimitata, pertanto la più generale soluzione radiale (nello spazio) dell’equazione delle onde tridimensionale in tutto lo spazio è: w ( ; t) = f ( + ct) + g ( 96 ct) ; (3.37) ossia è la sovrapposizione di un’onda che si allontana dall’origine e una che si avvicina, entrambe smorzate dal fattore 1 . Si noti che, non ostante la presenza del fattore 1 , l’onda non è necessariamente singolare nell’origine, ad esempio: w ( ; t) = sin ( + ct) + sin ( ct) = 2 sin cos (ct) ! 2 cos (ct) per ! 0: Più in generale, si può dimostrare che se nella (3.37) si sceglie f = g con f funzione dispari e regolare, si ha che per ! 0 w ( ; t) = f ( + ct) + f ( ct) Se invece f = g con f funzione pari, allora per w ( ; t) = 3.6 f ( + ct) + f ( ct) ! 2f 0 (ct) : !0 2f (ct) ! 1: Esercizi sul metodo di separazione di variabili e sviluppi di Fourier Esercizio 3.46 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore omogenea sul segmento: 8 < ut = 3uxx per 0 < x < 1; t > 0 u (0; t) = u (1; t) = 0 : u (x; 0) = sin3 ( x) Esercizio 3.47 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione della corda vibrante: 8 utt = 4uxx per 0 < x < ; t > 0 > > < u (0; t) = u ( ; t) = 0 u (x; 0) = sin 2x cos 3x > > : ut (x; 0) = 0: Esercizio 3.48 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul cerchio: 8 2 1 @2u < @ u 1 @u + + 2 2 = 0 per 2 [0; 1); # 2 [0; 2 ] 2 @ @ @# : u (R; #) = # (2 #) per # 2 [0; 2 ] : Esercizio 3.49 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sulla corona circolare: 8 2 2 > > @ u + 1 @u + 1 @ u = 0 per 2 (1; 2) ; # 2 [0; 2 ] < 2 2 @ @ @#2 per # 2 [0; 2 ] > > u (1; #) = 1 : u (2; #) = 3 per # 2 [0; 2 ] 97 Esercizio 3.50 Si risolva, col metodo di separazione delle variabili, il seguente problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul rettangolo: 8 < uxx + uyy = 0 per x 2 (0; A) ; y 2 (0; B) u (x; 0) = u (x; B) = u (A; y) = 0 : u (0; y) = f (y) : In altre parole, il dato al contorno assegnato sul bordo del rettangolo è diverso da zero solo su uno dei 4 lati (per semplicità). Suggerimento: cercare soluzioni a variabili separate u (x; y) = X (x) Y (y) coi metodi visti sopra. Il problema agli autovalori è quello nella Y (y) ; che deve annullarsi a entrambi gli estremi. Scrivere la formula risolutiva nel modo più semplice e compatto. Si trova: u (x; y) = 1 X bn n=1 bn = 2 B Z n y Sh [n (A x)] sin , con Sh (n A) B B f (s) sin 0 n s ds: B Esercizio 3.51 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sul rettangolo: 8 < uxx + uyy = 0 per x 2 (0; 1) ; y 2 (0; 2) u (x; 0) = u (x; 2) = u (1; y) = 0 : u (0; y) = sin y cos 2 y: Esercizio 3.52 Risolvere col metodo di separazione delle variabili il seguente problema agli autovalori per il Laplaciano sul rettangolo: 8 0 x 1; 0 y 2 < uxx + uyy + u = 0 u (0; y) = u (1; y) = 0 0 y 2 : u (x; 0) = u (x; 2) = 0 0 x 1: Esercizio 3.53 Risolvere esplicitamente mediante separazione di variabili il seguente problema di Cauchy-Dirichlet per un’equazione di di¤ usione e trasporto sul segmento: 8 < ut = uxx + 2ux per x 2 [0; L] ; t > 0 u (0; t) = u (L; t) = 0 per t > 0 : u (x; 0) = 2e x sin 3Lx per x 2 [0; L] : Esercizio 3.54 Risolvere mediante separazione di variabili il seguente problema di Dirichlet per il laplaciano su una corona circolare (il problema è già scritto in coordinate polari): 8 1 1 < u + u + 2 u## = 0 per 1 < < 2; # 2 [0; 2 ] u (1; #) = 0 : u (2; #) = 1 + sin # + 3 cos 2#: 98 Esercizio 3.55 Risolvere esplicitamente, mediante separazione di variabili il seguente problema di Dirichlet per un’equazione di Laplace con termine di ordine zero, sul quadrato Q = [0; 1] [0; 1]: 8 uxx uyy + u = 0 per (x; y) 2 [0; 1] [0; 1] > > < u (0; y) = u (1; y) = 0 per y 2 [0; 1] u (x; 1) = 0 per x 2 [0; 1] > > : u (x; 0) = sin (5 x) per x 2 [0; 1] : Soluzioni di alcuni esercizi Soluzione Es. 3.53. Cerchiamo u (x; t) = X (x) T (t) : L’equazione diventa: T 0 X = T X 00 + 2T X 0 X 00 + 2X 0 T0 (t) = (x) T X da cui per qualche T0 X 00 + 2X 0 = = T X costante. Si deve avere quindi: X 00 (x) + 2X 0 (x) = X (x) per x 2 (0; L) X (0) = X (L) = 0 T 0 (t) = T (t) per t > 0: Risolviamo: X 00 + 2X 0 X = 0 in (0; L) X (0) = X (L) = 0 che porta: + 1 < 0; X (x) = e x p j1 + jx sin con p j1 + jL = n e quindi un (x; t) = cn e h 2 ( nL ) 2 n L = i +1 t e 1 x sin n x : L Cerchiamo ora la soluzione u (x; t) = 1 X n=1 cn e h ( nL ) 99 2 i +1 t e x sin n x L x che soddis… u (x; 0) = 2e 2e x 3 x L sin sin : A¢ nché sia: 3 x L 1 X = cn e x n x L sin n=1 si dovrà avere: c3 = 2; cn = 0 per n 6= 3; e in de…nitiva la soluzione cercata è: h u (x; t) = 2e ( 3L ) 2 i +1 t e x sin 3 x : L Soluzione Es. 3.55. Cercando u (x; y) = X (x) Y (y) si trova: Y 00 = Y X 00 =1 X = cost. Le condizioni u (0; y) = u (1; y) = 0 portano al problema agli autovalori: X 00 = X X (0) = X (1) = 0 che dà Xn (x) = sin (n x) n = n2 2 ; n = 1; 2; 3; ::: Quindi si ha: Y 00 = 1 + n2 2 Y che ha integrale generale p Yn (y) = an e 1+n2 2y + bn e p 1+n2 2y : Imponendo anche la condizione Yn (1) = 0 si trova (dopo qualche calcolo) p Sh 1 + n2 2 (1 y) p Yn (y) = cn Sh 1 + n2 2 quindi u (x; y) = 1 X n=1 cn Sh p 1 + n2 2 (1 y) p sin (n x) Sh 1 + n2 2 e imponendo u (x; 0) = sin (5 x) si ha c5 = 1; gli altri coe¢ cienti nulli. Perciò: p Sh 1 + 25 2 (1 y) p u (x; y) = sin (5 x) : Sh 1 + 25 2 100 4 Applicazioni dei metodi di ortogonalità a problemi di¤erenziali 4.1 Laplaciano in coordinate sferiche. Polinomi di Legendre e armoniche sferiche Consideriamo il problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace su una sfera tridimensionale: u uxx + uyy + uzz = 0 per x2 + y 2 + z 2 < r2 u (x; y; z) = f (x; y; z) per x2 + y 2 + z 2 = r2 : Tra i signi…cati …sici di quest’equazione: u può essere il potenziale (elettrostatico o gravitazionale) all’interno della sfera, …ssato il suo valore sul bordo, in una situazione stazionaria in cui all’interno della sfera non ci sono pozzi o sorgenti del campo (cioè cariche o masse, rispettivamente); oppure u può essere la temperatura, in stato stazionario, all’interno della sfera, nota la temperatura al bordo, in assenza di sorgenti o pozzi di calore interni. Data la geometria sferica, è naturale riscrivere l’operatore di¤erenziale in coordinate sferiche ( ; #; ') e cercare poi soluzioni a variabili separate nelle coordinate sferiche. Il laplaciano in coordinate sferiche 8 < x = sin # cos ' y = sin # sin ' : z = cos # assume la forma: 8 > > @ 2 u 2 @u 1 @ > > + + 2 < @ 2 @ sin # @# > > > > : u (r; #; ') = f (#; ') sin # @u @# @2u 1 =0 2 2 sin # @' + Dopo aver riscritto l’equazione (moltiplicando per 2@ @ 2 u 2 +2 @u 1 @ + @ sin # @# sin # @u @# + 2 per 0 < < r; 0<#< ; 0<'<2 per 0 < # < ; 0<'<2 : ) nella forma 1 @2u = 0; sin2 # @' a¤rontiamo il problema per separazione delle variabili. In vista degli sviluppi futuri, cominciamo a separare dalle variabili angolari, scrivendo u ( ; #; ') = R ( ) S (#; ') e ponendo (#;') = 1 @ sin # @# sin # 101 @ @# + 1 @2 : sin2 # @' Si ha: 2 2 R00 ( ) + 2 R0 ( ) S (#; ') + R ( ) 00 0 (#; ') = 0 (#;') S (#; ') S (#; ') R ( )+2 R ( ) = R( ) da cui ricaviamo che per qualche costante 2 (#;') S R00 ( ) + 2 R0 ( ) = R( ) si ha (#;') S (#; ') : S (#; ') = Abbiamo messo in evidenza l’operatore (#;') (che si può vedere come operatore di Laplace sulla super…cie della sfera) perché lo incontreremo ancora in seguito. La prima equazione si riscrive 2 R00 + 2 R0 R=0 (4.1) ed è un’equazione di Eulero, di cui si può determinare in corrispondenza di ciascun l’integrale generale, cercando soluzioni del tipo R ( ) = con da determinarsi (v. [EsAn2, Cap.1, §1.2.D]); lo faremo dopo aver determinato . Per risolvere la seconda equazione, cioè (#;') S (#; ') = S (#; ') procediamo ad un’ulteriore separazione di variabili, cercando S (#; ') = (#) (') quindi 1 1 0 (#) 00 (') = (sin # 0 (#)) (') + sin # sin2 # sin # (sin # 00 (#) + cos # 0 (#)) + sin2 # = (#) (#) (') 00 (') (') che dà, per qualche costante ; sin # (sin # 00 (#) + cos # (#) 0 (#)) + sin2 # = = 00 (') : (') La seconda equazione dà 00 che, dovendo essere m = 1; 2; 3; ::: e (') = (') (') 2 -periodica (' è la longitudine), dà = m2 per (') = a cos (m') + b sin (m') : Invece, la prima equazione diventa sin # 00 (#) + cos # 0 (#) + sin # m2 sin # 102 (#) = 0 per # 2 [0; ] : (4.2) Si ricordi che l’angolo # ha il signi…cato di colatitudine. La (#) non deve soddisfare condizioni di periodicità, ma dev’essere regolare su tutto [0; ] (in particolare, limitata anche agli estremi). L’equazione (4.2) si può riscrivere in una forma più familiare eseguendo il cambio di variabili: (#) = P (cos #) ; cos # = t: Si ha infatti: 0 00 (#) = sin #P 0 (cos #) (#) = sin2 #P 00 (cos #) cos #P 0 (cos #) e sostituendo nella (4.2) sin # sin2 #P 00 (cos #) cos #P 0 (cos #) + m2 P (cos #) = 0 sin # m2 sin3 #P 00 (cos #) 2 sin # cos #P 0 (cos #) + sin # P (cos #) = 0 sin # m2 sin2 #P 00 (cos #) 2 cos #P 0 (cos #) + P (cos #) = 0 sin2 # m2 1 t2 P 00 (t) 2tP (t) + P (t) = 0: 1 t2 + cos # [ sin #P 0 (cos #)] + sin # Per m = 0 si tratta dell’equazione di Legendre su [ 1; 1] (si ricordi che t = cos # 2 [ 1; 1]), che già conosciamo. Per gli altri valori di m è un’equazione più complicata. Questo suggerisce di trattare prima il caso particolare m = 0. Leggendo a ritroso nei nostri passaggi, si vede che questo corrisponde a supporre che la funzione (') sia costante, ossia la soluzione a variabili separate sia in realtà indipendente dalla longitudine. Questo è un caso particolare che può avere un suo interesse: se ad esempio il dato al bordo è indipendente da ', ci aspettiamo che il problema abbia una soluzione indipendente da '. Comunque, per i motivi di gradualità già spiegati, trattiamo prima questo caso. 4.1.1 Il dato indipendente dalla longitudine. Polinomi di Legendre Consideriamo dunque la situazione sempli…cata in cui il dato al bordo f non dipende dalla longitudine ' ma solo dalla colatitudine #. Conseguentemente, ci aspettiamo che la soluzione u sia pure indipendente da '. Il problema precedente si riscrive quindi nella seguente forma sempli…cata: 8 2 1 @ @u < @ u 2 @u + + 2 sin # = 0 per 0 < < r; 0 < # < @ 2 @ sin # @# @# : u (r; #) = f (#) per 0 < # < : (4.3) 103 In base all’analisi già fatta, abbiamo soluzioni a variabili separate del tipo u ( ; #) = R ( ) (#) con R ( ) soddisfacente (4.1) e (#) = P (cos #) dove P (t) soddisfa l’equazione di Legendre 1 t2 P 00 (t) 2tP (t) + P (t) = 0 su ( 1; 1). Poiché vogliamo soluzioni limitate su tutto [ 1; 1] è necessario che sia: = n (n + 1) ; n = 0; 1; 2; ::: P (t) = Pn (t) ; n-esimo polinomio di Legendre. Quindi abbiamo le soluzioni: (#) = Pn (cos #) : n Risolviamo ora l’equazione di Eulero (4.1) per 2 Cerchiamo R ( ) = 2 ( R00 + 2 R0 = n (n + 1): n (n + 1) R = 0: . 2 1) 1 +2 ( n (n + 1) =0 1) + 2 n (n + 1) = 0 ( + 1) n (n + 1) = 0 = n; = (n + 1) che dà soluzioni R( ) = n ;R( ) = (n+1) per n = 0; 1; 2; 3::: Escludendo le soluzioni R ( ) = (n+1) illimitate nell’origine si ottengono in de…nitiva le seguenti soluzioni regolari a variabili separate dell’equazione di Laplace indipendente dalla longitudine: un ( ; #) = cn n Pn (cos #) ; per n = 0; 1; 2; 3::: Si tratta ora, al solito, di formare una soluzione data da una serie in…nita di queste soluzioni e cercare di imporre il dato al bordo scegliendo opportunamente i coe¢ cienti: u ( ; #) = u (r; #) = 1 X n=0 1 X n=0 cn n Pn (cos #) cn rn Pn (cos #) = f (#) per # 2 [0; ] . 104 Si tratta di sviluppare il dato f (#) in serie di Legendre a questo modo. C’è di mezzo un cambio di variabile. Osserviamo infatti che: Z 1 Z Pn (t) Pm (t) dt = [t = cos #] = Pn (cos #) Pm (cos #) sin #d#; 1 0 da cui leggiamo che: 1 il sistema fPn (cos #)gn=0 è ortonormale completo in L2 ([0; ] ; sin #d#) : Quindi possiamo porre: Z f (s) Pn (cos s) sin sds per n = 0; 1; 2; 3::: Cn = f (#) = 0 1 X Cn Pn (cos #) = n=0 1 X cn rn Pn (cos #) per cn = n=0 (4.4) Cn . rn In de…nitiva, la soluzione del problema (4.3) è data da: u ( ; #) = 1 X n=0 n Cn r Pn (cos #) con Cn dati da (4.4). Non ci occupiamo per il momento delle necessarie veri…che della validità della formula trovata. Torneremo più avanti sull’argomento. Invece, vediamo un esempio concreto. Esempio 4.1 Risolviamo il problema (4.3) con f (#) = sin2 #. Poiché ponendo t = cos # si ha: r 2p 2 2 2 f (t) = 1 t = 2P0 (t) P2 (t) ; 3 3 5 si ha r 2 2 2 2p 2P0 u ( ; #) = P2 (cos #) 3 3 5 r 2 2 2 1 3 = + cos2 # : 3 3 r 2 2 4.1.2 Il caso generale. Funzioni di Legendre associate e armoniche sferiche Abbiamo trattato …nora l’equazione di Laplace in coordinate sferiche supponendo per semplicità che la soluzione non dipenda dalla longitudine. Nel caso generale l’integrazione del problema agli autovalori porta ad un sistema a due indici di autofunzioni, dette funzioni di Legendre, e imparentate con i polinomi di Legendre. 105 Ricordiamo che in questo caso fobbiamo risolvere per ogni intero m = 1; 2; 3; ::: assegnato il problema agli autovalori 1 t2 P 00 (t) m 2tP (t) + P (t) t2 1 = 0 t 2 ( 1; 1) ; (4.5) (l’autovalore, per ora incognito, è ). Si tratta di un’equazione più generale dell’equazione di Legendre (si riduce a quella per m = 0). Riscrivendola nella forma m 0 1 t2 P 0 (t) P (t) + P (t) = 0 t 2 ( 1; 1) 1 t2 si riconosce che si tratta di un altro problema di Sturm-Liouville singolare: con le notazioni del §8.2, p (t) = 1 t2 m q (t) = 1 t2 (t) = 1 La solita dimostrazione prova che se esistono autovalori e autofunzioni, gli autovalori sono positivi e autofunzioni relative a autovalori diversi sono ortogonali tra loro in L2 ( 1; 1). Per risolvere l’equazione (4.5) si può dimostrare il seguente Teorema 4.2 Se P (t) risolve per un certo (cioè (4.5) con m = 0), allora la funzione Q (t) = 1 t2 m=2 l’equazione di Legendre originale P [m] (t) dove P [m] (t) indica la derivata m-esima di P (t), risolve l’equazione (4.5) per quell’intero m = 1; 2; ::: Si dimostra poi che le uniche soluzioni di (4.5) limitate in ( 1; 1) sono quelle costruite in questo modo e che provengono da soluzioni P (t) dell’equazione di Legendre limitate in ( 1; 1). Ma allora: si parte dal polinomio di Legendre Pn (t) che risolve (4.5) con m = 0 e = n (n + 1); si calcola P [m] (t), e per trovare una funzione non identicamente nulla è necessario che sia m = 1; 2; :::; n; si costruiscono quindi le funzioni Pnm (t) = 1 t2 m=2 Pn[m] (t) per m = 1; 2; :::; n (per m = 0 possiamo porre Pn0 (t) = Pn (t)) che risolve (4.5) per e il corrispondente m. 106 = n (n + 1) De…nizione 4.3 Le funzioni fPnm (t)gn=0;:::;1 m=0;:::;n si dicono funzioni di Legendre associate, e sono quindi le uniche autofunzioni limitate in ( 1; 1) del problema agli autovalori (4.5). Si può dimostrare il seguente: Teorema 4.4 Per ogni m = 0; 1; 2; :::: …ssato, le funzioni 1 fPnm (t)gm=n sono un sistema ortogonale in L2 ( 1; 1). I coe¢ cienti di normalizzazione valgono: Z 1 (n + m)! 2 per m n. jPnm (t)j dt = (n m)! 1 Normalizzate, sono un sistema ortonormale completo in L2 ( 1; 1). Quindi per ogni m = 0; 1; 2; :::: …ssato, le funzioni (normalizzate) 1 fPnm (cos #)gn=m sono un sistema ortonormale completo in L2 ((0; ) ; sin #d#) : Poiché gli autovalori trovati sono gli stessi del caso indipendente da ', l’equazione di Eulero in R ( ) ha le stesse soluzioni del caso precedente. In de…nitiva, le soluzioni dell’equazione di Helmholz sulla sfera a variabili separate sono: e m = 0; 1; 2; ::: Il fatto che n Pn (cos #) n Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n n Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n (r 2 cos (m') sin (m') ; p ; p )1 m=1 2 sia un s.o.n.c. in L (0; 2 ) e, per ogni m = 1; 2; 3; ::: 1 fPnm (cos #)gm=n siano un sistema ortonormale completo in L2 ((0; ) ; sin #d#) ; implica che il sistema a due indici (r ) 2 cos (m') sin (m') Pn (cos #) ; Pnm (cos #) p ; Pnm (cos #) p n=0;:::;1 m=1;:::;n 107 è un s.o.n.c. in L2 ((0; ) (0; 2 ) ; sin #d#d') 2 ossia in L della super…cie della sfera unitaria. Questo fatto segue da un criterio generale, ma lo illustriamo schematicamente in questo caso concreto al seguente modo. Sia f 2 L2 ((0; ) (0; 2 ) ; sin #d#d'); per # …ssato, sviluppiamo f (#; ) in serie di Fourier in '; scrivendo f (#; ') = ora sviluppiamo 1 a0 (#) X + fam (#) cos (m') + bm (#) sin (m')g 2 m=1 a0 (#) am (#) e bm (#) e otteniamo così 1 1X an Pn (cos #) f (#; ') = 2 n=0 ( 1 ! 1 X X m am;n Pn (cos #) cos (m') + + m=1 1 rispetto al s.o.n.c. rispetto al s.o.n.c. n=m fPn (cos #)gn=0 1 fPnm (cos #)gn=m 1 X bm;n Pnm ! ) (cos #) sin (m') n=m che prova la completezza del s.o.n.c. in due variabili. Vediamo ora di capire meglio la struttura delle funzioni Pnm (t) e quindi quella delle soluzioni a variabili separate appena scritte. Esempio 4.5 Calcoliamo in base alla de…nizione le funzioni Pnm (t) per n = 0; 1; 2; 3 e 0 m n. Ricordiamo l’espressione dei primi polinomi di Legendre: 1 P0 (t) = p ; 2 r 3 t; P1 (t) = 2 r 1 5 P2 (t) = 3t2 1 ; 2 2 r 7 3 5 P3 (t) = t + t3 : 2 2 2 Quindi calcoliamo: 1 P00 (t) = P0 (t) = p 2 r 3 P10 (t) = P1 (t) = t 2 P11 (t) = 1 t 2 1=2 P10 (t) = 1 t 2 1=2 108 r 3 t 2 !0 = r 3 1 2 t2 1=2 P20 P21 P22 1 (t) = P2 (t) = 2 (t) = 1 (t) = 1 P30 r 5 3t2 2 2 1=2 P20 2 2=2 P200 t t (t) = 1 (t) = 1 P32 (t) = 1 P33 (t) = 1 r 2 1=2 t t 1 2 2 1 2 r r 5 3t2 2 5 3t2 2 1 1 !0 !00 = r r =3 5 3t 1 2 5 1 2 t2 1=2 t2 3 5 t + t3 2 2 r 3 15 2 7 1=2 0 1=2 P3 (t) = t2 1 t2 + t 2 2 2 r 7 2=2 00 t2 P3 (t) = 1 t2 15t 2 r 7 3=2 2 3=2 000 t P3 (t) = 15 1 t2 2 (t) = P3 (t) = P31 (t) = 1 1 7 2 Osserviamo che ponendo t = cos # si ha 1 t2 m=2 m = (sin #) : Vale anche la prossima importante caratterizzazione delle soluzioni a variabili separate dell’equazione di Laplace: Teorema 4.6 Per ogni n = 0; 1; 2; :::; le funzioni n Pn (cos #) n Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n n Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n espresse in coordinate cartesiane sono polinomi omogenei di grado n in x; y; z; sono anche funzioni armoniche in tutto R3 . Queste funzioni sono dunque polinomi omogenei ed armonici in tutto lo spazio; sono detti armoniche sferiche solide, mentre si dicono armoniche sferiche le loro restrizioni alla super…cie della sfera unitaria, cioè le funzioni che espresse in funzioni di (#; ') si scrivono Pn (cos #) Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n e che, come abbiamo già detto, costituiscono un s.o.n.c. in L2 della super…cie sferica. Queste funzioni hanno un’importanza che va oltre la risoluzione del problema di Dirichlet per il laplaciano, difatti le ritroveremo in seguito. 109 Esempio 4.7 Scriviamo in coordinate cartesiane alcune armoniche sferiche. Cominciamo a riscrivere in funzione di cos # le espressioni di Pnm (t) ; sempli…m=2 candole mediante l’identità 1 t2 = sinm #. Si ha: 1 P00 (cos #) = p 2 r 3 P10 (cos #) = cos # 2 r 3 P11 (cos #) = sin # 2 r 1 5 3 cos2 # 1 (cos #) = 2 2 r 5 1 P2 (cos #) = 3 cos # sin # 2 r 5 P22 (cos #) = 3 sin2 # 2 P20 P30 (t) = P31 (t) = r r r 7 2 3 5 cos # + cos3 # 2 2 7 sin # 2 3 15 + cos2 # 2 2 7 15 sin2 # cos # 2 r 7 3 P3 (t) = 15 sin3 # 2 P32 (t) = Ora, ricordando le espressioni delle coordinate sferiche 8 < x = sin # cos ' y = sin # sin ' : z = cos # riscriviamo le armoniche sferiche in coordinate cartesiane, così: n Pn (cos #) n Pnm (cos #) cos (m') per m = 1; 2; :::; n n Pnm (cos #) sin (m') per m = 1; 2; :::; n 110 1 P00 (cos #) = p 2 r r 3 3 P10 (cos #) = cos # = z 2 2 r r 3 3 sin # cos ' = x P11 (cos #) cos ' = 2 2 r r 3 3 1 P1 (cos #) sin ' = sin # sin ' = y 2 2 r 1 5 (cos #) = 2 2 r 5 2 1 P2 (cos #) cos ' = 3 2 r 5 2 1 P2 (cos #) sin ' = 3 2 r 5 2 2 P2 (cos #) cos 2' = 3 2 r 5 2 2 P2 (cos #) sin 2' = 3 2 2 P20 1 1 = 2 r 5 2z 2 x2 2 r 5 2 cos # sin # cos ' = 3 xz 2 r 5 2 cos # sin # sin ' = 3 yz 2 r 5 2 2 sin2 # cos 2' = 3 x y2 2 r 5 2 2 sin # sin 2' = 6 xy 2 2 2 3 cos # y2 Esercizio 4.8 Proseguendo come sopra, calcolare in coordinate cartesiane le seguenti armoniche sferiche: r 7 3 3 5 3 0 P3 (t) = cos # + cos3 # = ::: 2 2 2 r 7 3 3 15 3 1 sin # + cos2 # cos ' = P3 (t) cos ' = 2 2 2 r 7 3 3 15 3 1 P3 (t) sin ' = sin # + cos2 # sin ' = 2 2 2 r 7 15 2 r 7 3 2 P3 (t) sin 2' = 15 2 r 7 3 3 P3 (t) cos 3' = 15 2 r 7 3 3 15 P3 (t) sin 3' = 2 3 P32 (t) cos 2' = 111 3 sin2 # cos # cos 2' = 3 sin2 # cos # sin 2' = 3 sin3 # cos 3' = 3 sin3 # sin 3' = 4.1.3 Soluzione del problema di Dirichlet per l’equazione di Laplace sulla sfera Arriviamo ora in fondo al percorso logico con cui siamo partiti e mostriamo come mediante le armoniche sferiche si possa scrivere la soluzione del problema di Dirichlet per il laplaciano sulla sfera. Al solito, per imporre la condizione al bordo consideriamo una generica serie delle soluzioni a variabili separate, e poi cerchiamo di determinare i coe¢ cienti a¢ nché questa assuma il dato al bordo. Sia: 1 1X an n Pn (cos #) 2 n=0 ( 1 ! 1 X X n m + am;n Pn (cos #) cos (m') u ( ; #; ') = + m=1 1 X n=m n bm;n Pnm n=m ! (cos #) sin (m') ) Imponendo la condizione u (r; #; ') = f (#; ') si trova 1 1X an rn Pn (cos #) f (#; ') = 2 n=0 ( 1 ! 1 X X n m + am;n r Pn (cos #) cos (m') m=1 1 X + n=m bm;n r n Pnm ! (cos #) sin (m') n=m ) da cui, sviluppando 1 1X An Pn (cos #) 2 n=0 ( 1 ! 1 X X + Am;n Pnm (cos #) cos (m') + f (#; ') = n=m m=1 con An = 1 Z 0 Am;n = Bm;n = 2 Z 0 (n m)! 1 (n + m)! (n m)! 1 (n + m)! 1 X n=m ! Bm;n Pnm (cos #) sin (m') f (#; ') Pn (cos #) sin #d# d' Z 2 0 Z 0 Z f (#; ') Pnm (cos #) sin #d# cos (m') d' 0 2 Z f (#; ') Pnm (cos #) sin #d# sin (m') d' 0 112 ) si trova che la soluzione è assegnata da 1 n 1X u ( ; #; ') = Pn (cos #) An 2 n=0 r ( 1 ! 1 X X n m + Pn (cos #) cos (m') + Am;n r n=m m=1 1 X n=m n Bm;n r Pnm Teorema 4.9 La formula di rappresentazione per serie precedente si può riscrivere in forma integrale come segue: ! Z 2 Z 2 f #; ' sin # r r2 d# d' u ( ; #; ') = 3=2 4 0 0 (r 2 + 2 2r cos ) ') Questa formula è detta formula integrale di Poisson in 3 variabili, ed è l’analoga di quella che abbiamo visto valere in due variabili sul cerchio. Per ogni dato f continuo, questa formula integrale assegna la soluzione del problema di Dirichlet, che all’interno della sfera risulta in…nitamente derivabile. Notiamo anche che ponendo r3 u (0; #; ') = 4 Z 2 0 1 = 4 r2 Z 0 2 = 0 nella formula integrale di Poisson si ha: ! Z Z 2 Z f #; ' sin # 1 d# d' = f #; ' sin #d# d' r3 4 0 0 0 Z Z Z 1 2 f dS; f #; ' r sin #d# d' = 4 r2 @S(0;r) 0 che signi…ca: il valore di una funzione armonica nel centro di una sfera è uguale alla media integrale dei valori del dato sul bordo della sfera. Con ragionamenti analoghi a quelli visti nel caso bidimensionale, da questo fatto si deduce anche nel caso tridimensionale la formula di media per le funzioni armoniche: una funzione armonica in un dominio tridimensionale, in ogni punto ha come valore la media integrale dei valori assunti su una qualsiasi sferetta centrata in quel punto e contenuta nel dominio. La proprietà è vera sia facendo medie integrali su sfere piene, sia facendo medie integrali su super…ci sferiche. 2 2 Il risultato …nale del calcolo è semplice, il calcolo stesso è laborioso e non lo presentiamo; si rimanda per i passaggi a [Weinberger p.196] 113 ) (cos #) sin (m') : Si tratterebbe ora di dimostrare che sotto opportune ipotesi su f la formula è e¤ettivamente derivabile due volte e assegna la soluzione del problema. Non facciamo questa veri…ca, ma ci limitiamo a segnalare come, analogamente a quanto accadeva in due variabili per il laplaciano sul cerchio, si può trasformare la formula di rappresentazione per serie in una formula di rappresentazione integrale, estremamente più semplice22 . Vale il seguente: con cos = cos # cos # + sin # sin # cos (' ! 4.2 Oscillatore armonico quantistico e polinomi di Hermite In meccanica quantistica una particella di massa m in moto lungo una retta è descritta da una funzione di stato (x; t), nota la quale si può calcolare la probabilità che la particella si trovi all’istante t nell’intervallo (a; b) come l’integrale Z b 2 j (x; t)j dx: a Per il suo signi…cato di probabilità, (x; t) deve soddisfare la condizione di normalizzazione Z 2 j (x; t)j dx = 1 per ogni t: R La funzione (x; t) soddisfa l’equazione di Schrödinger che, nel caso la particella di massa m sia soggetta ad un campo di forze di potenziale V (x), è: i~ @ (x; t) = @t (dove ~ = h=2 separate: ~2 @ 2 (x; t) + V (x) 2m @x2 (x; t) per x 2 R; t 2 R e h è la costante di Planck). Cerchiamo soluzioni a variabili (x; t) = X (x) T (t) i~XT 0 = i~ T0 = T ~2 00 X T + V (x) XT 2m ~2 X 00 + V (x) 2m X da cui dev’essere i~ T0 = E = cost. T ~2 X 00 + V (x) = E = cost. 2m X per qualche costante E 2 R; che dimensionalmente ha il signi…cato di energia. L’equazione in T si risolve direttamente T (t) = ce iE ~ t : Poiché jT (t)j = c, la condizione di normalizzazione si traduce in Z 2 jX (x)j dx = cost. R Ci interessa quindi determinare le autosoluzioni L2 (R) dell’equazione: X 00 + 2m (E ~2 V (x)) X = 0 in R. 114 Sottolineiamo il fatto che l’appartenenza a L2 (R) della soluzione X (x) che stiamo cercando è una condizione necessaria per la sensatezza …sica del problema così impostato. Consideriamo ora il caso particolare dell’oscillatore armonico (quantistico, unidimensionale), per il quale V (x) = 1 m! 2 x2 : 2 Il modello dell’oscillatore armonico quantistico si applica ad esempio al moto di agitazione termica degli atomi formanti un reticolo cristallino. Più in generale, il modello descrive in prima approssimazione le oscillazioni di un sistema vicino a un punto di equilibrio stabile; si tratta perciò di un modello molto studiato. L’equazione diventa: m2 ! 2 2 x X (x) = 0: ~2 2m E ~2 X 00 (x) + (4.6) Per risolverla, l’idea è ricondursi all’equazione di Hermite. Si procede in due passi. 1. Per prima cosa vogliamo fare un cambio di variabile che renda uguale a 1 il coe¢ ciente di x2 . Sia X (x) = Z ( x) con da determinarsi, allora 2 Z 00 ( x) + 2m E ~2 m2 ! 2 2 x Z ( x) = 0: ~2 2m E ~2 m2 ! 2 2 y Z (y) = 0: 2 ~2 Poniamo x = y e abbiamo 2 Z 00 (y) + Ora vogliamo che sia 2 4 m2 ! 2 2 ~2 m2 ! 2 = 2 r~ m! = : ~ = Perciò X (x) = Z r m! x ~ risolve l’equazione (4.6) se e solo se Z (y) risolve l’equazione: m! 00 Z (y) + ~ 2m E ~2 Z 00 (y) + m! 2 y Z (y) = 0 ~ 2 E !~ 115 y 2 Z (y) = 0: (4.7) 2. Ora trasformiamo questa equazione in quella di Hermite ponendo: y2 2 Z (y) = e Z 0 (y) = e y2 2 y2 Y ( yY + Y 0 ) 2 y2 2 Z 00 (t) = e e Y (y) : y2 yY 0 y2 Y 2yY 0 Y yY 0 + Y 00 2 E y2 Y = 0 !~ 2 2yY 0 + E 1 Y = 0: !~ Y + Y 00 + Y 00 (4.8) Dunque Z (y) risolve (4.7) se e solo se Y (y) risolve (4.8). La condizione di normalizzazione su Y si legge al modo seguente: dev’essere …nito l’integrale r r Z Z Z 2 m! ~ 2 2 Z dx = jX (x)j dx = x jZ (y)j dy = ~ m! R R R r Z 2 ~ 2 = e y jY (y)j dy: m! R Quindi siamo interessati a individuare autosoluzioni Y e autovalori di Hermite Y 00 2yY 0 + Y = 0 per cui si abbia Z e y2 R dell’equazione 2 jY (y)j dy < 1: Abbiamo visto (Teorema ??) che questa condizione può essere soddisfatta solo per = 2n e Y (y) = Hn (y) ; n-esimo polinomio di Hermite. Questo signi…ca che i possibili valori dell’energia sono: 2 E !~ 1 = 2n En = n+ 1 2 !~ con n = 0; 1; 2; 3; ::: e le autosoluzioni corrispondenti sono Yn (y) = Hn (y) ; corrispondenti a Zn (y) = e y2 2 Hn (y) ; e quindi per l’equazione iniziale: Xn (x) = e m!x2 2~ Hn 116 r m! x : ~ Se i polinomi di Hermite Hn sono quelli normalizzati in modo da avere norma 2 1 in L2 R; e y dy , allora l’autofunzione normalizzata sarà: Xn (x) = r 4 m! e ~ m!x2 2~ Hn r m! x ~ per n = 0; 1; 2; ::: Si trova quindi che l’oscillatore possiede una successione di possibili livelli energetici En e corrispondenti stati stazionari Xn (x), che vanno dallo stato fondamentale n = 0; r m! m!x2 !~ ; X0 (x) = 4 e 2~ E0 = 2 ~ ai successivi “stati eccitati” per n 1, ad esempio p 3 2 m! 3=4 E1 = !~; X1 (x) = 1=4 xe 2 ~ m!x2 2~ : 2 E’signi…cativo osservare anche i gra…ci delle funzioni jXn (x)j , che rappresentano le densità di probabilità del sistema nei vari stati stazionari: E’interessante osservare queste densità di probabilità tenendo presente l’equazione che gli stati Xn risolvono: Xn00 + 2m ~2 En 1 m! 2 x2 Xn = 0 in R. 2 Classicamente, un oscillatore armonico compie oscillazioni la cui ampiezza è determinata dall’energia del sistema: le oscillazioni sono “con…nate”. Analogamente nell’equazione precedente, nella regione spaziale in cui il termine En 12 m! 2 x2 è positivo Xn soddisfa un’equazione del tipo Xn00 + c2 (x) Xn = 0 che ha l’aspetto dell’equazione classica del moto armonico e quindi tende a con…nare il moto 117 nella regione stessa. Fissato un livello energetico En ; le condizioni En 1 m! 2 x2 2 jxj 0, cioè r 2En = m! 2 s 2 n + 12 !~ = m! 2 r (2n + 1) ~ m! si dicono “limiti classici” del sistema. Nel caso quantistico, tuttavia, …ssato un livello energetico En , nessuno impedisce che la quantità En 12 m! 2 x2 diventi negativa. Il gra…co della densità di probabilità si estende oltre tali limiti, a signi…care che l’oscillatore armonico quantistico può superare i limiti classici. Le prossime …gure mostrano i gra…ci delle densità di probabilità dei primi 1 2 2 4 stati (n = 0; 1; 2; 3), con sovrapposta la parabola y = En 2 m! x le cui intersezioni con l’asse x segnano i limiti classici. L’area in grigio sotto la curva della densità probabilità indica la probabilità che il sistema si trovi in uno stato classicamente proibito. Tornando all’equazione di Schrödinger, l’equazione in t è risolta da 1 T (t) = ce i(n+ 2 )!t : L’equazione in (x; t) ha quindi soluzioni a variabili separate r r m! m!x2 m! i(n+ 12 )!t 2~ e Hn x n (x; t) = e ~ ~ 118 e la soluzione dell’equazione di Schrödinger con dato iniziale 0 (x) è data allora da una serie: r r 1 X 1 m! m!x2 m! (x; t) = cn e i(n+ 2 )!t e 2~ Hn x ~ ~ n=0 con 0 (x) = 1 X cn n=0 +1 cn = 4.3 Z 1 r m! m!x2 m! e 2~ Hn x , quindi ~ ~ r r m! m!z2 m! 2~ H (z) e z dz: 0 n ~ ~ r Il problema agli autovalori per il laplaciano (equazione di Helmholz) e le sue applicazioni Supponiamo di voler studiare l’equazione della di¤usione del calore, in assenza di sorgenti, in una regione limitata del piano o dello spazio. Come già discusso, questo può condurre a un problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore: 8 per x 2 ; t > 0 < ut = k u u (x; t) = 0 per x 2 @ ; t > 0 (4.9) : u (x; 0) = u0 (x) per x 2 oppure di problema di Cauchy-Neumann per l’equazione del calore: 8 per x 2 ; t > 0 < ut = k u @u (x; t) = 0 per x 2 @ ; t > 0 : @ u (x; 0) = u0 (x) per x 2 : (4.10) Problemi analoghi si possono considerare per l’equazione delle onde in due o tre variabili. In due variabili l’equazione rappresenta le vibrazioni di una membrana elastica, mentre in tre variabili potrebbe rappresentare le vibrazioni sonore nell’aria, o simili. Stando, per …ssare le idee, sull’interpretazione bidimensionale come membrana vibrante, se la membrana è …ssata al bordo e sono note posizione e velocità iniziali avremo un problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione delle onde: 8 utt = c2 u per x 2 ; t > 0 > > < u (x; t) = 0 per x 2 @ ; t > 0 (4.11) u (x; 0) = u (x) per x 2 > 0 > : ut (x; 0) = v0 (x) per x 2 : I problemi (4.9), (4.10), (4.11) hanno alcune caratteristiche matematiche comuni: l’equazione di¤erenziale è lineare omogenea e le condizioni al contorno sono omogenee, quindi sovrapposizione di soluzioni di equazione+condizioni al bordo risolve ancora entrambe; inoltre, le variabili spazio e tempo si possono assumere variabili in domini separati: x 2 ; t > 0. Tutto ciò suggerisce che si possono cercare soluzioni a variabili separate in spazio e tempo, cioè del tipo: u (x; t) = X (x) T (t) : 119 Sostituendo ad esempio in (4.9) si trova: XT 0 = kT X T0 X (t) = (x) kT X da cui ogni membro dev’essere costante. Abbiamo allora: T0 = kT per t > 0 X + X = 0 in ; X = 0 su @ : Vediamo cioè che il problema (4.9) si spezza in un problema agli autovalori X (x) + X (x) = 0 X (x) = 0 x2 x2@ (4.12) e un’equazione in T; T 0 (t) = k T (t) , elementarmente integrabile una volta noto (4.10) porta al problema agli autovalori . In modo analogo, il problema X (x) + X (x) = 0 (x) = 0 @X @ x2 x2@ (4.13) e alla stessa equazione in T , e il problema (4.11) porta ancora al problema agli autovalori (4.12), e questa volta all’equazione in T T 00 (t) = c2 T (t) . In conclusione: problemi di Cauchy-Dirichlet o di Cauchy-Neumann per l’equazione del calore o delle onde portano, impostandone la risoluzione per separazione di variabili, a studiare come sottoproblema un problema agli autovalori per l’equazione di Laplace, su un dominio del piano o dello spazio, con condizioni al contorno di tipo Dirichlet o di tipo Neumann, cioè (4.12) o (4.13). Vale la pena quindi dedicare un po’ di attenzione a questo problema agli autovalori di per sé, che si può vedere come un analogo in più variabili di quello che in una sola variabile sono i problemi di Sturm-Liouville che abbiamo considerato in precedenza. Si noti che per ora non abbiamo detto niente sul dominio (dimensioni, forma, regolarità...), tuttavia alcune proprietà di base si possono stabilire molto in generale. Teorema 4.10 Sia un dominio limitato del piano o dello spazio, regolare quanto basta perché ci si possa applicare il teorema della divergenza. Supponiamo che (X; ) e (Y; ) siano due coppie autofunzione-autovalore (X; Y non identicamente nulle e C 2 ) che risolvono il problema (4.12) oppure il problema (4.13). Allora: Z 6= =) X (x) Y (x) dx = 0: 120 cioè: autofunzioni relative ad autovalori distinti sono tra loro ortogonali in L2 ( ). Inoltre gli autovalori sono positivi. Dimostrazione. Consideriamo le identità X (x) + X (x) = 0 Y (x) + Y (x) = 0: Moltiplichiamo la prima per Y; la seconda per X, sottraiamo e integriamo in Z Z ( ) X (x) Y (x) dx = (Y X X Y ) dx: : Ora trasformiamo l’ultimo integrale mediante la seconda identità di Green (v. (1.2), §1.2) e otteniamo: Z Z @X @Y ( ) X (x) Y (x) dx = Y X d =0 @ @ @ perché, a seconda delle condizioni al contorno che sto considerando, o X e Y @Y sono nulle su @ (problema di Dirichlet) o @X (problema @ ; @ sono nulle su @ di Neumann). Ne segue, essendo 6= ; che Z X (x) Y (x) dx = 0: Proviamo la positività degli autovalori. Moltiplichiamo l’equazione X (x) + X (x) = 0 per X e integriamo in : Z Z Z Z 2 2 X (x) dx = X X (x) dx = jrX (x)j dx r (XrX) dx Z Z Z @X 2 2 = jrX (x)j dx X d = jrX (x)j dx @ @ di nuovo per le condizioni al contorno, che comportano l’annullarsi dell’integrale di bordo. Quindi: R 2 jrX (x)j dx = R > 0: 2 X (x) dx I risultati appena visti e l’analogia con quanto accade per i problemi di Sturm-Liouville suggeriscono che ci si possa aspettare, almeno per domini “buoni”, l’esistenza di una successione di autovalori e una famiglia di autofunzioni corrispondenti, che risultino formare un sistema ortonormale completo di L2 ( ). Se e quando così accade, il problema (4.9), ad esempio, avrà soluzioni a variabili separate del tipo: un (x; t) = Xn (x) e 121 k nt e quindi potremo cercare una soluzione u (x; t) = 1 X cn Xn (x) e k nt (4.14) n=0 imponendo u0 (x) = 1 X cn Xn (x) n=0 ossia pur di saper sviluppare u0 in serie di autofunzioni del laplaciano. Analoghi procedimenti valgono per l’equazione delle onde: il problema (4.11) avrà soluzioni a variabili separate del tipo: h i p p (4.15) un (x; t) = Xn (x) an cos c n t + bn sin c nt e quindi potremo cercare una soluzione u (x; t) = X0 (x) + 1 X n=1 h p Xn (x) an cos c nt + bn sin c p nt i imponendo u0 (x) = X0 (x) + 1 X an Xn (x) n=1 v0 (x) = 1 X n=1 bn c p n Xn (x) ossia pur di saper sviluppare u0 e v0 in serie di autofunzioni del laplaciano. Tutta la discussione precedente mostra quindi che è utile studiare il problema agli autovalori per il laplaciano su vari domini del piano e dello spazio e stabilire se e quando questo possiede un sistema ortonormale completo di autosoluzioni. Quando la geometria di è semplice, il problema agli autovalori può essere a sua volta impostato mediante separazione di variabili. In un piccolo numero di geometrie semplici questi problemi sono stati sviscerati classicamente: se è un rettangolo, un cerchio, una sfera, un cilindro, di questi problemi si sa tutto; le autofunzioni sono scritte esplicitamente in termini di opportune funzioni speciali, gli autovalori sono noti. Per domini più generali ciò che è possibile fare è da una parte dimostrare teoremi di esistenza sotto opportune ipotesi, d’altro canto sviluppare metodi di calcolo numerico approssimato di autofunzioni e autovalori. Nel seguito di questo paragrafo tratteremo le due situazioni geometricamente più semplici: rettangolo e cerchio. 4.4 L’equazione di Helmholz sul rettangolo L’equazione u+ u=0 122 è detta anche equazione di Helmholz. Studiamola sul rettangolo, con condizione al contorno di Dirichlet nulla: 8 0 x a; 0 y b < uxx + uyy + u = 0 u (0; y) = u (a; y) = 0 0 y b : u (x; 0) = u (x; b) = 0 0 x a: Impostiamo il problema per separazione delle variabili, cercando u (x; y) = X (x) Y (y) : Si trova: X 00 Y + XY 00 + XY = 0 X 00 = X + Y 00 Y e ciascuno dei due membri dev’essere costante, poiché il primo è funzione di x e il secondo di y. Quindi per qualche reale si ha, tenendo conto anche delle condizioni al contorno: X 00 = X X (0) = X (a) = 0 Y 00 = ( + )Y Y (0) = Y (b) = 0: Si tratta di due problemi agli autovalori, distinti e simili. Il primo, in X; come soluzioni: Xn (x) = sin n x ; a = n a ha 2 , n = 1; 2; 3; ::: Il secondo, in Y; , ha come soluzioni Ym (x) = sin m y ; b = m b 2 il che porta in de…nitiva a una successione a due indici di autovalori e autofunzioni: n x m y sin a b n 2 m 2 + = = a b un;m (x; y) = sin n;m 2 n2 m2 + a2 b2 . Si noti che abbiamo e¤ettivamente ottenuto una successione di autofunzioni che costituisce un sistema ortonormale completo di L2 ([0; a] [0; b]) con una successione di autovalori che tende a +1. Per risolvere il problema di Cauchy-Dirichlet occorrerà sviluppare il dato iniziale in serie di Fourier in due variabili. 123 4.4.1 Membrana vibrante rettangolare Se ad esempio stessimo risolvendo questo problema per risolvere poi il problema di Cauchy-Dirichlet (4.11) per l’equazione delle onde (membrana vibrante rettangolare) avremmo, in base alla discussione fatta in precedenza e alla (4.15) 1 X m y n x sin a b n;m=1 " ! !# r r m2 m2 n2 n2 an;m cos c + 2 t + bn;m sin c + 2t ; a2 b a2 b u (x; y; t) = sin nella quale potremmo determinare i coe¢ cienti an;m ; bn;m per soddisfare le condizioni iniziali. Se imponiamo che la velocità iniziale sia nulla troviamo ancora bn;m = 0 e 1 X u (x; y; t) = cn;m un;m (x; y; t) n;m=1 con n x m y un;m (x; y; t) = sin sin cos c a b r ! n2 m2 + 2t a2 b e i coe¢ cienti cn;m si determinano sviluppando il dato iniziale in serie di Fourier (sviluppo in serie di soli seni) in due variabili: n x m y u0 (x; y) = cn;m sin sin a b Z Z 4 n x m y cn;m = u0 (x; y) sin sin dxdy ab a b [0;a] [0;b] Ci sono interessanti analogie e di¤erenze tra la membrana vibrante e la corda vibrante …ssata agli estremi, studiata nel § 5.3.1. Anche qui la generica vibrazione è sovrapposizione di in…nite vibrazioni stazionarie: in ogni vibrazione stazionaria un;m (x; y; t) ogni punto della membrana oscilla su e giù di moto armonico. Tutti i punti della membrana in cui sin m y n x sin a b =0 sono immobili in ogni istante. Questi punti costituiscono le linee nodali, che sono (oltre ai lati del rettangolo) gli (n 1) + (m 1) segmenti interni al rettangolo dati da: k a con k = 1; 2; :::; n 1 n h y = b con h = 1; 2; :::; m 1: m x= 124 Ad esempio, per n = 2; m = 3 la vibrazione avviene come suggerito da questa sequenza di immagini per istanti successivi: Notiamo che per la membrana vibrante rettangolare, diversamente dalla corda vibrante …ssata agli estremi, le frequenze della vibrazioni stazionarie non sono multiple intere della frequenza fondamentale, in quanto i numeri r c n2 m2 + 2 2 2 a b non sono in generale multipli interi di r c 1 1 + 2: 2 a2 b Dal punto di vista musicale, le frequenze più alte non sono “armoniche”rispetto alla frequenza fondamentale. Questo è il motivo per cui di¢ cilmente il suono emesso da un tamburo viene percepito come una nota ben de…nita. Il caso della membrana quadrata (a = b) ha una particolarità interessante. Consideriamo due interi positivi n; m diversi tra loro, e consideriamo le due 125 vibrazioni stazionarie n x m y c p 2 sin cos n + m2 t a a a m y c p 2 m x sin cos n + m2 t : um;n (x; y; t) = sin a a a p Si noti che la parte temporale è la stessa: cos ca n2 + m2 t ; in particolare, le due funzioni hanno la stessa frequenza, lo stesso periodo, e ogni loro combinazione lineare ha di conseguenza lo stesso periodo. Ciò signi…ca che anche le funzioni c1 un;m (x; y; t) + c2 um;n (x; y; t) un;m (x; y; t) = sin sono vibrazioni periodiche (stazionarie). Tuttavia, queste possono avere forme molto complicate, come si capisce ad esempio chiedendosi quali sono le loro linee nodali, che sono le linee interne al rettangolo, soluzioni dell’equazione: m y m x m y n x sin + c2 sin sin = 0: c1 sin a a a a Questo è il fenomeno della degenerazione della membrana quadrata, consistente nell’esistenza di vibrazioni stazionarie complicate. Ad esempio, rappresentiamo (per a = 1) le funzioni c1 u2;3 (x; y; 0) + c2 u3;2 (x; y; 0) = c1 sin (2 x) sin (3 y) + c2 sin (3 x) sin (2 y) e le loro linee di livello per alcune scelte dei coe¢ cienti c1 ; c2 : Per c1 = 0:1; c2 = 0:9 gra…co e linee di livello sono: Per c1 = 0:3; c2 = 0:7 gra…co e linee di livello sono: 126 Per c1 = 0:5; c2 = 0:5 gra…co e linee di livello sono: 4.4.2 Equazione del calore sul rettangolo Segnaliamo anche che se stessimo risolvendo il problema agli autovalori per risolvere poi il problema di Cauchy-Dirichlet (4.9) per l’equazione del calore avremmo, in base alla discussione fatta in precedenza e alla (4.14) u (x; y; t) = 1 X n;m=1 cn;m sin n x m y sin e a b k 2 n2 a2 2 +m b2 t ; nella quale potremmo determinare i coe¢ cienti cn;m per soddisfare la condizione iniziale. 4.5 L’equazione di Helmholz sul cerchio. Funzioni di Bessel di ordine intero Studiamo ora l’equazione di Helmholz sul cerchio unitario, con condizione al contorno di Dirichlet nulla. Scrivendo il laplaciano in coordinate polari si ha: 8 2 1 @2u < @ u 1 @u + + 2 + u = 0 0 < < 1; 0 # 2 2 (4.16) @ @ @# : u (1; #) = 0 0 # 2 : Si noti che abbiamo posto, per semplicità, il raggio del cerchio r = 1. Infatti se u risolve u + u = 0 per < 1 u = 0 per = 1 la funzione v ( ; #) = u r ;# risolverà v + r2 v = 0 per v = 0 per = r 127 <r quindi l’equazione di Helmholz sul cerchio di raggio qualsiasi si risolve prendendo le opportune dilatazioni di autofunzioni e autovalori del laplaciano sul cerchio unitario. Per risolvere il problema (4.16), separiamo le variabili cercando u ( ; #) = R ( ) 1 + R0 R00 + 2 1 2 00 R (#) : + R R00 R0 + + R R =0 2 = 00 che porta a: 00 2 00 0 R + R + 2 = R = 0: La prima equazione, unita alla condizione di periodicità su n ; porta a (#) = an cos (n#) + bn sin (n#) = n2 ; n = 0; 1; 2; ::: e la seconda diventa 2 R00 + R0 + 2 n2 R = 0; problema agli autovalori in da risolversi per dizione al contorno nulla), e R (0) …nita. 4.5.1 (4.17) 2 [0; 1], con R (1) = 0 (con- Equazione di Bessel ed autofunzioni del laplaciano sul cerchio Riscrivendo l’equazione (4.17) nella forma n2 R00 + R0 + R=0 e quindi 0 ( R0 ) + n2 R = 0 per 2 (0; 1) , si vede che si tratta di un problema di Sturm-Liouville singolare (il coe¢ ciente p ( ) = si annulla in 0). Da questa forma dell’equazione si legge che per autosoluzioni relative ad autovalori distinti sono ortogonali in L2 ((0; 1) ; d ). Si osservi che in questa equazione l’intero n = 0; 1; 2; ::: è …ssato (cioè: per ogni n stiamo studiando una diversa equazione); il numero che cerchiamo è senz’altro positivo perché per come è stato impostato il problema è un autovalore del Laplaciano. Siamo interessati a determinare le soluzioni R ( ) dell’equazione in (0; 1) che siano limitate in 0 e si annullino in 1. 128 Si procede così: poniamo ponendo = ! 2 ed eseguiamo il cambio di variabili ! = x, R( ) = R x ! = X (x) ; 1 0 x 1 = R0 ( ) R ! ! ! 1 X 00 (x) = 2 R00 ( ) ! X 0 (x) = si ha: 2 ! 2 R00 + !R0 + ! 2 2 x2 R00 + xR0 + x2 n2 R = 0; n2 R = 0 per x 2 (0; !) , con R (!) = 0; R (0) limitata. L’equazione x2 R00 + xR0 + x2 n2 R = 0 per x 2 (0; +1) (4.18) si dice equazione di Bessel di ordine n = 0; 1; 2; 3; ::: A noi interessa risolverla in (0; !) imponendo la condizione R (!) = 0 (e la limitatezza in 0), ma poiché ! è ancora incognita, diciamo che ci interessa risolverla in (0; +1). Enunciamo senza dimostrazione una serie di proprietà che riguardano l’equazione di Bessel. 1. L’integrale generale dell’equazione di Bessel di ordine n = 0; 1; 2; ::: ha la forma c1 Jn (x) + c2 Yn (x) dove Jn (x), detta funzione di Bessel di prima specie di ordine n = 0; 1; 2; :::; è regolare in [0; +1), mentre Yn (x), detta funzione di Bessel di seconda specie di ordine n = 0; 1; 2; :::; è regolare in (0; +1) ma illimitata in 0. Quindi la soluzione che ci interessa della (4.18) è R (x) = Jn (x). 2. L’espressione analitica di Jn (x), che si può ricavare col metodo di Frobenius, cercando una soluzione dell’equazione (4.18) in forma di serie di potenze (come abbiamo fatto per l’equazione di Legendre), ricavandone una relazione di ricorrenza sui coe¢ cienti e quindi risalendo all’espressione esplicita dei coe¢ cienti stessi, è la seguente: Jn (x) = 1 X k=0 k ( 1) k! (n + k)! x 2 2k+n ; da cui in particolare si legge che per x ! 0 è Jn (x) cxn . 3. La funzione Jn (x) ha in…nite oscillazioni in (0; +1) ; in particolare ha 1 una successione di zeri fkn;m gm=1 che tende a in…nito. 129 Gra…ci delle funzioni Jn (x) per n da 0 a 5 1 2 3 4 Jn (x) ; n ! kn;m ; m # 0 1 2 3 4 5 2:405 5:520 8:654 11:792 3:832 7:016 10:173 13:324 5:136 8:417 11:620 14:796 6:380 9:761 13:015 16:223 7:588 11:065 14:372 17:616 8:771 12:339 15:700 18:980 Valori di alcuni zeri delle funzioni di Bessel Poiché vogliamo R (!) = 0 dovrà essere ! = kn;m per qualche m; 2 kn;m . ossia = Quindi, per ogni intero n = 0; 1; 2; :::; l’equazione (4.17) ha 1 2 soluzioni solo se è uno dei valori kn;m , e in tal caso la soluzione è m=1 R ( ) = Jn (kn;m ) . 130 Gra…ci di J0 (k0;m x) per m = 1; 2; 3; 4: Gra…ci di J1 (k1;m x) per m = 1; 2; 3; 4: Gra…ci di J2 (k2;m x) per m = 1; 2; 3; 4: 131 1 Per ciascun n …ssato il sistema (a un solo indice) fJn (kn;m )gm=1 è ortogonale completo in L2 ([0; 1] ; d ). L’ortogonalità è già stata dimostrata. Non dimostriamo la completezza. 4. Si hanno quindi le seguenti autosoluzioni a variabili separate di (4.16): Jn (kn;m ) cos (n#) per n = 1; 2; 3; ::: m = 1; 2; 3; ::: Jn (kn;m ) sin (n#) per n = 1; 2; 3; ::: m = 1; 2; 3; ::: J0 (k0;m ) per m = 1; 2; 3; ::: (4.19) 1 2 . corrispondenti alla successione a due indici di autovalori kn;m n=0;1;2;:::m=1;2;::: Gli autovalori sono i quadrati di tutti gli zeri di tutte le funzioni di Bessel di prima specie. Le autofunzioni (4.19) costituiscono un sistema ortogonale completo in L2 ([0; 1] [0; 2 ] ; d d#) ossia, passando in coordinate cartesiane, in L2 del cerchio unitario. Questo discende dal seguente argomento generale. 1 Sappiamo già che per ogni n …ssato fJn (kn;m )gm=1 è ortogonale completo 2 in L ([0; 1] ; d ); 1 sappiamo che fcos (n#) ; sin (n#) ; 1gn=1 è ortogonale completo in L2 ([0; 2 ] ; d#); 2 allora presa una funzione f 2 L ([0; 1] [0; 2 ] ; d d#) possiamo: 1. per …ssato sviluppare f in serie di Fourier rispetto a #: f ( ; #) = 1 A0 ( ) X + fAn ( ) cos (n#) + Bn ( ) sin (n#)g ; 2 n=1 1 ora per ogni n sviluppiamo An e Bn in serie rispetto al sistema fJn (kn;m )gm=1 , 1 e sviluppiamo A0 in serie rispetto al sistema fJ0 (k0;m )gm=1 . Otteniamo: 1 1 X a0;m J0 (k0;m ) + (4.20) 2 m=1 ( 1 ) 1 1 X X X + an;m Jn (kn;m ) cos (n#) + bn;m Jn (kn;m ) sin (n#) f ( ; #) = n=1 m=1 m=1 che è esattamente uno sviluppo rispetto al sistema (4.19), che pertanto risulta completo. Le funzioni (4.19) sono ortogonali complete ma non normalizzate. calcolare i coe¢ cienti di normalizzazione occorre sapere che: Z 1 1 2 2 Jn (kn;m ) d = Jn+1 (kn;m ) : 2 0 132 Per Tenuto conto di questo, i coe¢ cienti dello sviluppo (4.20) si calcolano così: Z 2 Z 1 2 cos (n#) f ( ; #) Jn (kn;m ) d d# an;m = 2 (kn;m ) 0 Jn+1 0 per n = 0; 1; 2; :::; m = 1; 2; ::: Z 2 Z 1 2 bn;m = sin (n#) f ( ; #) Jn (kn;m ) d d# 2 Jn+1 (kn;m ) 0 0 per n = 1; 2; :::; m = 1; 2; ::: Si possono ora trarre conseguenze sulla soluzione di un problema di CauchyDirichlet per l’equazione del calore o delle onde sul cerchio. 4.5.2 La membrana vibrante circolare Per la membrana vibrante circolare con velocità iniziale nulla e posizione iniziale f ( ; #) si troverà soluzione: 1 1 X u (t; ; #) = a0;m J0 (k0;m ) cos (k0;m ct) 2 m=1 + 1 X n=1 Jn (kn;m ) 1 X [an;m cos (n#) + bn;m sin (n#)] cos (kn;m ct) : m=1 Si può dimostrare che questa formula assegna e¤ettivamente una funzione due volte derivabile e soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet se si suppone che la condizione iniziale f ( ; #) è C 4 e sia f che f + 1 f si annullano sul bordo. Per questa discussione si rimanda a [Weinberger p.184]. Le soluzioni stazionarie sono le seguenti: J0 (k0;m ) cos (k0;m ct) Jn (kn;m ) cos (n#) cos (kn;m ct) Jn (kn;m ) sin (n#) cos (kn;m ct) In particolare, le frequenze proprie di vibrazione della membrana circolare (di raggio unitario) …ssata al bordo risultano essere kn;m c 2 e, come nel caso del rettangolo, non sono multiple intere della frequenza fondamentale (un tamburo circolare non è in generale più musicale di un tamburo quadrato). Ricordando la discussione fatta all’inizio del paragrafo, se invece di essere sul cerchio di raggio 1 fossimo sul cerchio di raggio r gli autovalori andrebbero divisi per r2 , ossia 2 kn;m = n;m r2 133 e quindi le frequenze risulterebbero: n;m = kn;m c : 2 r Dal punto di vista musicale: un tamburo più grande ha una frequenza fondamentale corrispondente a una nota più grave, a parità di altre condizioni; per raddoppiare la frequenza occorre dimezzare il raggio del tamburo. Le linee nodali delle soluzioni stazionarie sono: -le circonferenze interne al cerchio, lungo cui si ha Jn (kn;m ) = 0, ossia kn;j per j = 1; 2; :::; m 1 (sono m 1 circonferenze interne, più il bordo = kn;m del cerchio); -i raggi lungo cui si ha cos (n#) = 0 oppure sin (n#) = 0, ad es. per sin sono # = nk ; con k = 0; 1; :::; 2n 1: (Sono 2n raggi, cioè n diametri; per J0 queste linee nodali non compaiono). Mostriamo qualche gra…co delle funzioni J0 (k0;m ) (m = 1; 2; 3; 4): Qualche gra…co delle funzioni Jn (kn;m ) cos (n#) ; con le relative linee di livello (tra cui si vedono i raggi e le circonferenze che costituiscono le linee 134 nodali): J1 (k1;1 ) cos (#) J1 (k1;2 ) cos (#) 135 J2 (k2;1 ) cos (2#) J2 (k2;2 ) cos (2#) Un caso particolarmente semplice ma interessante è quando la condizione iniziale è di tipo radiale. Si ha in tal caso: u (t; ; #) = 1 1 X a0;m J0 (k0;m ) cos (k0;m ct) 2 m=1 dove f( )= 4.6 1 1 X a0;m J0 (k0;m ) : 2 m=1 Equazione di Helmholz sul cilindro Consideriamo l’equazione di Helmholz sul cilindro di raggio 1 e altezza l, con condizioni di Dirichlet nulle sul bordo. In coordinate cilindriche ( ; #; z) il problema agli autovalori si scrive: 8 u + 1 u + 12 u## + uzz + u = 0 per 2 (0; 1) ; # 2 (0; 2 ) ; z 2 (0; l) > > < u (r; #; z) = 0 > u ( ; #; 0) = 0 > : u ( ; #; l) = 0: 136 Se il raggio del cilindro non è 1 ma r, come nel caso del cerchio le autofunzioni si ottengono da queste per cambiamento di scala v ( ; #; z) = u r ; #; z , e gli autovalori vanno divisi per r2 . Impostando il problema per separazione di variabili, u ( ; #; z) = R ( ) si trova 00 R0 1 R00 + + 2 R R (#) Z (z) + Z 00 + Z =0 e ragionando al solito modo, tenuto conto anche delle condizioni al bordo e della periodicità di si ha: Z 00 = Z Z (0) = Z (l) = 0 da cui Z (z) = sin k z l ; 2 k l = ; 00 = 2 -periodica da cui (#) = a cos (n#) + b sin (n#) ; = n2 e quindi 2 R00 R0 1 k + n2 2 + R R l ( 0 n2 k R00 + R 2 R + l R (1) = 0; R (0) limitata =0 2 R=0 che è un’equazione di Bessel di ordine n; le cui soluzioni sono quindi, per ogni n …ssato, R ( ) = Jn (kn;m ) con autovalori k l 2 kn;m = 2 da cui ricaviamo che gli autovalori del problema iniziale sono la successione a tre indici interi 2 k 2 n;m;k = kn;m + l per n = 0; 1; 2; ; m = 1; 2; :::; k = 1; 2; ::: 137 Le soluzioni a variabili separate sono quindi: k z l k z l u ( ; #; z) = Jn (kn;m ) sin u ( ; #; z) = Jn (kn;m ) sin cos (n#) sin (n#) mediante le quali possiamo poi esprimere la soluzione di un problema di CauchyDirichlet per l’equazione del calore o delle onde sul cilindro. Ad esempio: 4.6.1 L’equazione del calore sul cilindro La soluzione del problema di Cauchy-Dirichlet per l’equazione del calore sul cilindro: 8 > > ut D u + 1 u + 12 u## + uzz = 0 per 2 (0; 1) ; # 2 (0; 2 ) ; z 2 (0; l) > > > < u (t; r; #; z) = 0 u (t; ; #; 0) = 0 > > > u (t; ; #; l) = 0 > > : u (0; ; #; z) = f ( ; #; z) si può esprimere mediante la serie u (t; ; #; z) = 1 1 X X a0;m;k e 2 D k0;m +( kl 2 ) t J0 (k0;m ) sin m=1 k=1 + 1 1 X 1 X X e 2 2 D kn;m +( kl ) t Jn (kn;m ) sin n=1 m=1 k=1 k z l k z l fan;m;k cos (n#) + bn;m;k sin (n#)g dove i coe¢ cienti an;m;k ; bn;m;k sono quelli dello sviluppo del dato iniziale f in serie di funzioni ortonormali: f ( ; #; z) = 1 1 X X k z l a0;m;k J0 (k0;m ) sin m=1 k=1 + 1 X 1 X 1 X k z l Jn (kn;m ) sin n=1 m=1 k=1 fan;m;k cos (n#) + bn;m;k sin (n#)g e di conseguenza hanno queste espressioni an;m;k bn;m;k 2 = 2 Jn+1 (kn;m ) 2 = 2 Jn+1 (kn;m ) Z 1 0 Z 0 1 2 l 2 l Z l 1 0 Z 0 Z 2 f ( ; #; z) cos (n#) d# sin k z l f ( ; #; z) sin (n#) d# sin k z l 0 l 1 Z 2 0 138 dz dz ! ! Jn (kn;m ) d Jn (kn;m ) d 4.7 Equazione di Helmholz sulla sfera. Funzioni di Bessel sferiche Consideriamo l’equazione di Helmholz sulla sfera di raggio unitario, che in coordinate sferiche 8 < x = sin # cos ' y = sin # sin ' : z = cos # assume la forma: 8 > > @ 2 u 2 @u > > + + < @ 2 @ > > > > : u (1; #; ') = 0 1 @ 2 sin # @# sin # @u @# + 1 @2u + u=0 2 sin2 # @' per 0 < < 1; 0<#< ; 0<'<2 per 0 < # < ; 0<'<2 : Analogamente a quanto visto nel caso del cerchio o del cilindro, se la sfera avesse raggio r ci si riconduce a questo caso col cambiamento di scala v ( ; #; ') = u r ; #; ' e dividendo per r3 gli autovalori che troveremo per la sfera di raggio unitario. Cercando soluzioni a variabili separate u ( ; #; ') = R ( ) S (#; ') ; ponendo (#;') = 1 @ sin # @# sin # @ @# + 1 @2 sin2 # @' e sfruttando i calcoli già fatti nello studio del laplaciano sulla sfera (v. §8.3.1) si ha: 2 2 R00 ( ) + 2 R0 ( ) S (#; ') + R ( ) 00 0 R ( )+2 R ( )+ R( ) 2 R( ) (#;') S = R00 ( ) + 2 R0 ( ) + R( ) 2 R ( ) S (#; ') = 0 (#;') S (#; ') S (#; ') da cui ricaviamo che per qualche costante 2 (#; ') + 2 R( ) si ha = = (#;') S (#; ') : S (#; ') Ora il problema agli autovalori (#;') S (#; ') + S (#; ') = 0 è già stato risolto e porta alle armoniche sferiche; precisamente si ha (v. §8.3.1) = n (n + 1) Sn;m (#; ') = Pnm (cos #) (a cos m' + b sin m') 139 per n = 0; :::; 1, m = 0; :::; n: L’equazione radiale diventa allora R00 ( ) + 2 R0 ( ) + R (1) = 0; 2 2 n (n + 1) R ( ) = 0 equazione che assomiglia all’equazione di Bessel (v. §8.4.3) 2 R00 + R0 + 2 n2 R = 0 ma non lo è per via del termine 2R0 anziche R0 . Per riportarla a un’equazione di Bessel si esegue il cambio di variabile 1=2 R( ) = S ( ): I soliti calcoli noiosi portano in de…nitiva all’equazione ( 2 2 00 2 S( )=0 S ( ) + S0 ( ) + n + 21 S (1) = 0 che è un’equazione di Bessel di ordine n + 12 , cioè non intero ma semiintero (il doppio di n + 21 è un intero, dispari). O meglio, come nel caso dell’equazione di p Bessel studiata nel §8.4.3, ponendo = x si trasforma nell’equazione 8 2 < x2 S 00 (x) + xS 0 (x) + x2 n + 21 S (x) = 0 p : S =0 Apriamo allora una parentesi su quest’equazione. 4.7.1 Equazione e funzioni di Bessel di ordine semiintero Consideriamo l’equazione di¤erenziale x2 y 00 (x) + xy 0 (x) + x2 2 y (x) = 0 per x > 0 e > 0 assegnato. Si dice equazione di Bessel di ordine : Se = n + 12 , l’unica soluzione dell’equazione che sia limitata in x = 0 è (a meno di costante moltiplicativa) la funzione di Bessel di ordine semiintero (detta anche funzione di Bessel sferica): x 2 Jn+ 21 (x) = dove (t) = R +1 0 tx 1 1 n+ 12 X k=0 k k! ( 1) n+k+1+ 1 2 x 2 2k ; e t dt è la funzione Gamma di Eulero e (2 (n + k) + 1)!! p ; con 2n+k (2r + 1)!! = (2r + 1) (2r 1) (2r 3) (2r n+k+1+ 1 2 = 140 5) :::5 3 L’autovalore corrispondente è uno della successione n;h 2 = kn+ 1 ;h ; 2 dove kn+ 21 ;h è l’h-esimo zero della funzione Jn+ 21 (x) e la successione kn+ 12 ;h tende a in…nito. Vale anche la seguente formula Jn+ 12 n+ 12 (2x) p (x) = ( 1) n dn n d (x2 ) sin x x n dove la bizzarra scrittura d(xd 2 )n sinx x ha il seguente signi…cato. Dopo aver scritto (in base allo sviluppo di Taylor di sin x) 1 x2k sin x X k = ( 1) x (2k + 1)! k=0 si deriva formalmente questa serie rispetto alla variabile x2 , cioè si deriva n volte rispetto a t la serie 1 X tk k ( 1) (2k + 1)! k=0 2 e si pone t = x nel risultato. Esempio 4.11 Si ha: J1=2 (x) = J3=2 (x) = r 2 sin x x r 2 cos x x sin x x : Si dimostra che per ogni n = 0; 1; 2; ::: le funzioni n o1 Jn+ 12 kn+ 21 ;m m=1 (opportunamente normalizzate) sono un s.o.n.c. in L2 ((0; 1) ; d ) : Per il calcolo dei coe¢ cienti di normalizzazione, vale ancora la formula: Z 1 2 1 2 Jn+ 21 kn+ 21 ;m d = Jn+1+ kn+ 12 ;m : 1 2 2 0 Riportiamo qualche informazione quantitativa sulle prime funzioni di Bessel di ordine semiintero. 141 r 2 sin x x r 2 sin x J3=2 (x) = cos x x x r cos x 3 sin x 2 J5=2 (x) = 3 sin x + x x x2 r sin x 2 15 cos x 15 sin x J7=2 (x) = + 6 cos x x x2 x3 x r 2 105 cos x 10 cos x 105 sin x J9=2 (x) = + + sin x + x x3 x x4 J1=2 (x) = kn+1=2;h n=0 n=1 n=2 n=3 n=4 h=1 3:14159 4:49341 5:76346 6:98793 8:18256 h=2 6:28319 7:72525 9:09501 10:4171 11:7049 h=3 9:42478 10:9041 12:3229 13:698 15:0397 h=4 12:5664 14:0662 15:5146 16:9236 18:3013 h=5 15:708 17:2208 18:689 20:1218 21:5254 Zeri delle funzioni di Bessel di ordine semiintero Gra…ci delle funzioni di Bessel Jn+ 12 (x) per n = 0; 1; 2; 3; 4: 142 45 sin x x2 143 5 Gra…ci delle funzioni J 21 k 12 ;h Gra…ci delle funzioni J 23 k 32 ;h per h = 1; 2; 3; 4; 5 per h = 1; 2; 3; 4; 5 Tornando alla nostra equazione radiale, la soluzione è quindi R( ) = con 1=2 S( )= 1=2 Jn+ 21 kn+ 21 ;h 2 = kn+ 1 ;h ; h = 1; 2; 3:::: 2 n+1=2 n Poiché per ! 0 è Jn+ 21 ( ) si ha R ( ) : In de…nitiva, le soluzioni a variabili separate dell’equazione di Helmholz sulla sfera sono un;m;h ( ; #; ') = 1=2 Jn+ 12 kn+ 12 ;h Pnm (cos #) cos m' u0n;m;h ( ; #; ') = 1=2 Jn+ 12 kn+ 12 ;h Pnm (cos #) sin m'; 144 con autovalori n;h 2 = kn+ 1 ;h 2 dove n = 0; 1; 2; :::; h = 1; 2; :::; m = 0; 1; :::; n: Per un ragionamento già visto più volte, il sistema a tre indici un;m;h ( ; #; ') ; u0n;m;h ( ; #; ') n=0;1;2;:::;h=1;2;:::;m=0;1;:::;n è ortogonale e, se normalizzato, ortonormale completo, nello spazio L2 prodotto. Precisamante, poiché sappiamo già che il sistema fPnm (cos #) cos m'; Pnm (cos #) sin m'gn=0;1;2;:::;m=0;1;:::;n è ortogonale completo in L2 ((0; ) (0; 2 ) ; sin #d#d') e per ogni n = 0; 1; 2; :: il sistema n Jn+ 12 kn+ 21 ;h o h=1;2;::: è ortogonale completo in L2 ((0; 1) ; d ) ; ne segue che il sistema un;m;h ( ; #; ') ; u0n;m;h ( ; #; ') n=0;1;2;:::;h=1;2;:::;m=0;1;:::;n è ortogonale completo in L2 (0; 1) (0; ) (0; 2 ) ; 2 sin #d d#d' : Si faccia attenzione al termine 2 anziché , che compare grazie alla presenza dei termini 1=2 nella de…nizione di un;m;h . D’altro canto, con cambio di variabili sferiche, si vede che la misura 2 sin #d d#d' non è altro che la misura di volume dxdydz in coordinate cartesiane. Quindi le soluzioni a variabili separate sono un s.o.n.c. in L2 della sfera. 4.8 L’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno e i polinomi di Laguerre Consideriamo un atomo di idrogeno, costituito da un elettrone di massa me e carica elettrica e che ruota attorno al nucleo di carica e che supponiamo posto nell’origine. Vogliamo studiare il modello con cui la meccanica quantistica prevede dove si troverà l’elettrone. L’energia potenziale elettrostatica dell’elettrone è data da e2 V ( )= ; 4 "0 145 dove "0 è la costante di permettività del vuoto23 , e l’equazione di Schrödinger per la funzione d’onda (x; y; z; t) dell’elettrone è i} @ = @t ~2 2me +V : Cercando soluzioni a variabili separate in spazio e tempo come abbiamo fatto per l’equazione delle onde o del calore nell §8.5.1 (e come abbiamo già fatto per l’equazione di Schrödinger nel caso unidimensionale studiato nel §8.4.2) (x; y; z; t) = troviamo (x; y; z) T (t) ~2 2me T0 i} (t) = T +V (x; y; z) da cui ogni membro dev’essere costante, chiamiamo E questa costante (che dimensionalmente è un’energia). L’equazione in T (t) è allora banale, T 0 (t) = i E T (t) } iE }t T (t) = ce mentre l’equazione signi…cativa è ~2 2me +V =E ; che a¤rontiamo ancora per separazione di variabili, dopo averla riscritta in coordinate sferiche. Utilizzando le notazioni introdotte nello studio del laplaciano in coordinate sferiche (§ 8.4.1, le conclusioni di quella discussione ci saranno utili), conviene porre, in coordinate sferiche 8 < x = sin # cos ' y = sin # sin ' : z = cos #; così che l’equazione diventa ~2 2m @ 2 u 2 @u 1 + + 2 @ 2 @ (#;') +V ( ) =E e cercando ( ; '; #) = R ( ) Y ('; #) si ha 2 2 3 In e R00 + 2 R0 + 2m ~2 R 2 (V ( ) E) R altre parole, k = 1=4 "0 è la costante di Coulomb. 146 ( )= (#;') Y Y ('; #) da cui ogni membro è costante, uguale a (#;') Y . L’equazione in Y; ('; #) = Y ('; #) è la stessa che abbiamo incontrato risolvendo per separazione di variabili il laplaciano in coordinate sferiche, quindi possiamo trarre le stesse conclusioni. Si avrà24 = l (l + 1) , per l = 0; 1; 2::: Y ('; #) = fYl;m ('; #)gl=0;:::;1 m=0;:::;l Yl;0 ('; #) = Pl (cos #) Yl;m ('; #) = Plm (cos #) (a cos m' + b sin m') cioè la parte angolare della soluzione è costituita dalle armoniche sferiche. Consideriamo ora l’equazione radiale: 2 R00 + 2 R0 + 2me ~2 2 e2 + E R = l (l + 1) R, per 4 "0 > 0: Per sempli…carla si fanno vari passi, che qui mostriamo schematicamente. I calcoli dettagliati si trovano in fondo al paragrafo. 1. Eseguiamo anzitutto il cambio di variabili u( ) = R( ) che trasforma l’equazione in u00 ( ) = l (l + 1) e2 +E 4 "0 2me ~2 2 u: 2. Quindi si de…niscono le costanti 2 e2 4 "0 ~ 4 "0 ~2 a0 = = raggio di Bohr m e e2 E W = Eh Eh = me e si esegue la sostituzione sulla variabile indipendente: y= a0 2 4 Per adeguarci alle notazioni standard sull’argomento cambiamo le lettere con cui denotavamo gli indici interi. 147 Questo dà: 1 00 u (y) + 2 1 y 1 l (l + 1) 2 y2 u (y) = W u (y) : 3. Ora bisogna distinguere il segno di W . Nel seguito trattiamo solo il caso W < 0; che dà soluzioni L2 . Supponendo W < 0; de…niamo p =2 2W e riscaliamo la soluzione, ponendo x = y: Si trova: l (l + 1) 2 1 d2 u (x) + + u (x) = 0: 2 2 dx x x 4 4. Ora si vuole fare una sostituzione opportuna che trasformi l’equazione in una integrabile. Si ragiona così. Per x ! 1 l’equazione è approssimata da d2 u (x) dx2 1 u (x) = 0; 4 la cui soluzione esatta è u (x) = c1 e x=2 + c2 ex=2 ; di cui la soluzione accettabile è u (x) = c1 e x=2 : Per x ! 0 l’equazione è approssimata da d2 u l (l + 1) (x) u (x) = 0; 2 dx x2 equazione di Eulero, il cui integrale generale è u (x) = c1 xl+1 + c2 x l ; di cui la soluzione accettabile è u (x) = c1 xl+1 : Si fa allora una sostituzione suggerita da queste due soluzioni approssimate per x piccolo e x grande: u (x) = xl+1 e x=2 f (x) : Con ciò l’equazione diventa xf 00 + (2l + 2 x) f 0 + ( l 1) f = 0 con =p 1 : 2W 5. Quest’equazione assomiglia all’equazione di Laguerre: xy 00 + (1 x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1) ; è in e¤etti un’equazione di Laguerre associata. Apriamo una parentesi. 148 4.8.1 Equazione e polinomi di Laguerre associati Sappiamo che l’equazione di Laguerre xy 00 + (1 x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1) si può riscrivere nella forma xe x 0 0 y + e x y = 0 per x 2 (0; +1) : E’un problema di Sturm-Liouville singolare, che ha come autovalori = k (k + 1) e autofunzioni, L2 ((0; +1) ; e x dx) i polinomi di Laguerre Lk (x). Si dice equazione di Laguerre associata l’equazione (per qualche > 0) xy 00 + ( + 1 x) y 0 + y = 0 per x 2 (0; +1) che si può riscrivere nella forma x +1 e x 0 0 y + x e x y = 0 per x 2 (0; +1) : E’un problema di Sturm-Liouville singolare, le autofunzioni sono ortogonali in L2 ((0; +1) ; x e x dx) : Si dimostra il seguente: Teorema 4.12 Gli autovalori dell’equazione di Laguerre associata sono gli stessi che per l’equazione di Laguerre, = n con n = 0; 1; 2; ::: Per ogni n, se Ln (x) è il polinomio di Laguerre che soddisfa l’equazione xy 00 + (1 x) y 0 + ny = 0 per x 2 (0; +1) ; allora ex dn x n! dxn soddisfa l’equazione di Laguerre associata L(n ) (x) = xy 00 + ( + 1 x +n e x x) y 0 + ny = 0 per x 2 (0; +1) . ( ) Le funzioni Ln (x) sono polinomi diogrado n, detti polinomi di Legendre asson 1 ( ) ciati, e per ogni il sistema Ln (x) costituisce un s.o.n.c. in L2 ((0; +1) ; x e n=0 Inoltre, per ogni n = 1; 2; 3::: il polinomio in (0; +1). ( ) Ln (x) ha esattamente n zeri distinti ( ) Nel seguito ci serviranno i polinomi di Legendre associati Ln (x) con intero dispari; facciamo perciò qualche esempio di questo tipo. n o1 ( ) Esempio 4.13 I primi polinomi Ln (x) sono n=0 L(n ) (x) = x ex dn x n! dxn 149 +n e x x dx). cioè: ( ) L0 (x) = x ex x e x =1 ex d ( ) x +1 e x = x + a + 1 L1 (x) = 1 dx x ex d2 1 2 ( ) L2 (x) = x +2 e x = x 2x (2 + ) + 2 + 3 + 2 2 dx2 2 x ex d3 x3 ( + 3) x2 ( + 2) ( + 3) x ( + 1) ( + 2) ( + 3) ( ) +3 x L3 (x) = x = e + + 3 2 dx 6 2 2 6 x Ad esempio, per =1 (1) L0 (x) = 1 (1) L1 (x) = x+2 1 2 x 3x + 3 2 x3 (1) L3 (x) = + 2x2 6x + 4 6 5 3 x4 (1) x + 5x2 10x + 5 L4 (x) = 24 6 (1) L2 (x) = Per =3 (3) L0 (x) = 1 (3) L1 (x) = 4 (3) L2 (x) = (3) L3 (x) = x 2 x 2 5x + 10 3 x + 3x2 6 150 15x + 20 6. Tiriamo allora le conclusioni sull’equazione radiale che proviene dall’equazione di Schrödinger per l’elettrone dell’atomo di idrogeno. L’equazione xf 00 + (2l + 2 x) f 0 + ( l è un’equazione di Laguerre associata con ( l =p 1) f = 0 con 1 2W = 2l + 1; ha autovalori 1) = k e autofunzioni (2l+1) Lk x2l+1 ex dk x k! dxk (x) = (2l+1)+k e x La prima relazione signi…ca che =p W = 1 =l+1+k 2W 1 2 (l + k + 1) E = W Eh = 2 1 2 (l + k + 1) 2 me e2 4 "0 ~ 2 : Invece di usare come indici interi l; k = 0; 1; 2; :::: è comodo, per sempli…care certe formule, porre ora n = l + 1 + k; quindi ora i due indici che usiamo sono l = 0; 1; 2; :::: n = l + 1; l + 2; :::: 151 o viceversa n = 1; 2; 3; ::: l = 0; 1; :::; n 1: Con queste notazioni i livelli energetici possibili sono: 2 e2 4 "0 ~ 1 me 2n2 En = Il livello minimo è 2 1 e2 : me 2 4 "0 ~ Per scrivere le soluzioni radiali ora procediamo a ritroso; poiché E1 = u( ) = R( ) y= a0 4 "0 ~2 a0 = me e2 x= y p =2 2W u (x) = xl+1 e f (x) = x=2 (2l+1) Ln l 1 f (x) (x) si ha: R( ) = u( ) u (x) = xl+1 e x= y= Rn;l ( ) = x=2 (2l+1) l 1 Ln (x) p =2 2W a0 = a0 l 2 na0 e na0 2 na0 2 na0 (2l+1) l 1 Ln con n = 1; 2; 3; :::; l = 0; 1; :::; n 1 2 a0 = 4 "0 ~ : m e e2 In…ne, funzioni d’onda stazionarie sono n;l;0 ( ; '; #) = Rn;l ( ) Pl (cos #) n;l;m ( ; '; #) = Rn;l ( ) Plm (cos #) cos (m') n;l;m ( ; '; #) = Rn;l ( ) Plm (cos #) sin (m') con n = 1; 2; 3; :::; l = 0; 1; :::; n che vanno poi normalizzate. 152 1; m = 0; 1; 2; :::; l 4.8.2 Orbitali atomici Le funzioni d’onda che abbiamo scritto si dicono orbitali atomici. Ricordiamo che l’integrale del loro modulo al quadrato su una regione dello spazio rappresenta la probabilità che l’elettrone si trovi in quella regione dello spazio. Gli indici b; l; m hanno il seguente signi…cato …sico. Il numero n si dice numero quantico principale. De…nisce l’energia dell’elettrone, che vale 2 e2 1 m : En = e 2n2 4 "0 ~ Il numero l si dice p numero quantico del momento angolare, e il momento angolare orbitale vale l (l + 1)~, in particolare è nullo se l = 0, e in questo caso la funzione d’onda ha simmetria radiale (è indipendente da #; '). Il numero m si dice numero quantico magnetico. Gli orbitali vengono indicati con il primo numero quantico seguito da una lettera che indica il secondo numero quantico, secondo lo schema: l= 0 s 1 p 2 d 3 f 4 g 5 h ::: ::: Ad esempio orbitale 2p signi…ca che n = 2 e l = 1: Esaminiamo prima il signi…cato della componente radiale degli orbitali. Esempio 4.14 Scriviamo esplicitamente le prime funzioni radiali. R1;0 ( ) = e a0 R2;0 ( ) = e 2a0 R2;1 ( ) = R3;0 ( ) = e 2 a0 (1) L0 a0 3a0 R3;1 ( ) = 2 3a0 R3;2 ( ) = 2 3a0 =e (1) L1 =e a0 e 2a0 (1) L2 e 2a0 (3) L0 2 3a0 3a0 =e (3) L1 3a0 = a0 2 e a0 (5) L0 a0 a0 1 2 3a0 2 3a0 2 3a0 e = = +2 2a0 2 2 3a0 2 3a0 2 3a0 2 3a0 3 e 3a0 4 +3 ! 2 3a0 2 e 3a0 La densità di probabilità che l’elettrone si trovi a distanza dal nucleo (in2 dipendentemente dalla direzione) è proporzionale a 2 Rn;l ( ) . Perciò può essere signi…cativo visualizzare i gra…ci di queste funzioni. Rappresentiamole, 153 ponendo per semplicità a0 = 1 2 2 e 2 2 e 2 4 e 2 2 e 2 R1;0 ( ) = 2 R2;0 ( ) = 2 R2;1 ( ) = 2 R3;0 ( ) = 2 2 R3;1 ( ) = 2 R3;2 ( ) = 4 9 2 ( 2 3 e 6 2 4 4 e 2 2 2 9 2 3 4 2 3 + 2) 2 +3 2 3 2 2 3 Gra…co della densità di probabilità di trovare l’elettrone a distanza nucleo nei primi orbitali: 1s 3s 2s dal 2p 3p 3d Esaminiamo ora il signi…cato della componente angolare degli orbitali. Esempio 4.15 Scriviamo esplicitamente le prime funzioni angolari. Si tratta in realtà delle armoniche sferiche che già conosciamo. Per n = 1, cioè l’orbitale 1s, la funzione angolare è costante: funzione d’onda a simmetria sferica. Per n = 2 si può avere: l = 0; m = 0 (orbitale 2s), che ha ancora funzione angolare costante, oppure 154 l = 1; m = 0; l = 1; m = 1 (orbitali 2p): r 3 cos # 2 r 3 P11 (cos #) cos ' = sin # cos ' 2 r 3 P11 (cos #) sin ' = sin # sin ' 2 P1 (cos #) = (quindi gli orbitali 2p sono di tre tipi). Gli orbitali 2p sono perciò i più semplici ad avere una parte angolare signi…cativa. Il quadrato di questa funzione è proporzionale alla densità di probabilità di trovare l’elettrone (non importa a quale distanza dal nucleo ma) nella direzione individuata dagli angoli (#; '). Una visualizzazione di una funzione f (#; ') può essere ottenuta con un diagramma sferico, che cioè rappresenta la super…cie = f (#; ') ; ossia la super…cie di equazioni parametriche 8 < x = f (#; ') sin # cos ' y = f (#; ') sin # sin ' : z = f (#; ') cos #: Si tratta di un concetto analogo a quello di curva in forma polare nel piano. La super…cie visualizza la funzione nel senso che i punti della super…cie più o meno lontani dall’origine rappresentano le direzioni in cui la funzione è maggiore o minore. I diagrammi sferici degli orbitali 2p sono perciò: (e simili gli altri due, orientati ciascuno secondo un asse). Per n = 3 si può avere: 155 l = 0; m = 0 (orbitale 3s), che ha ancora funzione angolare costante, oppure l = 1; m = 0; m = 1 (orbitali 3p); l = 2; m = 0; m = 1; m = 2 (orbitali 3d): r 1 5 P2 (cos #) = 3 cos2 # 1 2 2 r 5 1 P2 (cos #) cos ' = 3 cos # sin # cos ' 2 r 5 P21 (cos #) sin ' = 3 cos # sin # sin ' 2 r 5 P22 (cos #) cos 2' = 3 sin2 # cos 2' 2 r 3 2 sin2 # sin 2' P2 (cos #) sin 2' = 2 I gra…ci sferici degli orbitali 3d sono i seguenti e gli altri 3 sono simili al secondo, diversamente orientati. 156 Orbitali f si hanno ad esempio per n = 4; l = 3; m = 0; 1; 2; 3: r 7 3 5 0 P3 (cos #) = cos # + cos3 # 2 2 2 r 7 3 15 1 P3 (cos #) cos ' = sin # + cos2 # cos ' 2 2 2 r 7 3 15 P31 (cos #) sin ' = sin # + cos2 # sin ' 2 2 2 r 7 2 P3 (cos #) cos 2' = 15 sin2 # cos # cos 2' 2 r 7 2 sin2 # cos # sin 2' P3 (cos #) sin 2' = 15 2 r 7 3 P3 (cos #) cos 3' = 15 sin3 # cos 3' 2 r 7 3 P3 (cos #) sin 3' = 15 sin3 # sin 3' 2 Il gra…co sferico della prima di queste funzioni è il seguente Di seguito raccogliamo le espressioni esplicite dei primi orbitali, comprensive 157 della corretta costante di normalizzazione. 4.8.3 Soluzioni dell’equazione di Schrödinger Ricordiamo anche che le soluzione a variabili separate dell’equazione di Schrödinger si ottengono moltiplicando le precedenti per il fattore e i E}n t con En energia corrispondente al livello n corrispondente. Ad esempio, la soluzione dell’equazione di Schrödinger a variabili separate corrispondente al livello energetico minimo n = 1 è (trascurando la costante di normalizzazione): i (t; ; '; #) = e 2~ 4.8.4 me e2 4 "0 ~ 2 t e a0 : Calcoli dettagliati per la risoluzione dell’equazione radiale Riportiamo i passaggi di calcolo che giusti…cano le conclusioni citate in precedenza nella deduzione delle soluzioni dell’equazione radiale. 158 Passo 1. Calcoli: R( ) = R0 = R00 = u( ) u0 ( ) u( ) 2 2u0 ( ) 00 u ( ) 2 + 2u ( ) 3 che sostituendo danno 2u0 ( ) u00 ( ) 2 2 + 2me ~2 2 u00 ( ) + 2u ( ) +2 3 u0 ( ) u( ) 2 2 e u( ) u( ) +E = l (l + 1) 4 "0 2u ( ) u( ) 2u0 ( ) + + 2u0 ( ) 2 e2 u( ) + E u ( ) = l (l + 1) 4 "0 2m e2 u( ) e u00 ( ) + 2 + E u ( ) = l (l + 1) 2 : ~ 4 "0 + 2me ~2 u00 ( ) = l (l + 1) 2 2me ~2 e2 +E 4 "0 u: Passo 2. Calcoli: u00 ( ) = l (l + 1) u00 ( ) = l (l + 1) 00 u ( )= 00 u ( )= 2 2 l (l + 1) 2 l (l + 1) 2 2me e2 +E u ~2 4 "0 2 m e e2 2me E u 2 4 "0 ~ ~2 2 1 a0 2 1 a0 2me me ~2 2 me e2 4 "0 ~2 2 1 2 W u a0 a20 du du dy du 1 ( )= (a0 y) = (a0 y) d dy d dy a0 d2 u d2 u 1 ( ) = 2 (a0 y) 2 d 2 dy a0 u00 ( ) = l (l + 1) 2 159 e2 4 "0 ~ 2 W 2 W ! u ! u l (l + 1) 2 1 2 W a0 a20 a20 l (l + 1) 2a0 2W 2 1 00 u (a0 y) = a20 2 u00 (a0 y) = l (l + 1) 2 y2 y 1 l (l + 1) 2 y2 u00 (a0 y) = 1 00 u (a0 y) = 2 1 00 u e (y) + 2 1 l (l + 1) 2 y2 1 y d = dy d dx Passo 3. Calcoli: 2W 2 y u (a0 y) u (a0 y) u (a0 y) 2W u (a0 y) u e (y) = W u e (y) : 1 00 1 l (l + 1) 1 u (y) + u (y) = W u (y) 2 2 y2 y 1 2 l (l + 1) 1 2 d2 u (x) + u (x) = W u (x) 2 dx2 2 y2 y l (l + 1) 2 d2 u 2W (x) + + u (x) u (x) = 2 dx2 x2 x 1 d2 u l (l + 1) 2 (x) + + u (x) = 0 dx2 x2 x 4 Passo 4. Calcoli: u (x) = xl+1 e x=2 f (x) x=2 xl+1 f 0 + (l + 1) xl f u00 (x) = e x=2 xl+1 f 00 + 2 (l + 1) xl f 0 + (l + 1) lxl 1 (l + 1) xl f 2 d2 u (x) + dx2 e x=2 1 l+1 x f 2 u0 (x) = e xl+1 f 00 + 2 (l + 1) xl 1 2 1 4 160 1 l+1 0 x f 2 u (x) = 0 1 (l + 1) xl + xl+1 f 4 l (l + 1) 2 1 + xl+1 e x=2 f (x) = 0 x2 x 4 xl+1 f 0 + (l + 1) lxl + f 1 l+1 x f 2 xl+1 f 0 + (l + 1) xl f l (l + 1) 2 + x2 x 1 1 xl + 1 x2 f 00 + 2 (l + 1) x x2 f 0 + [(l + 1) l 2 l (l + 1) + x2 x x2 f x2 f 00 + 2 (l + 1) x + (l + 1) l ma =0 x2 f 0 1 (l + 1) x + x2 4 x2 f 00 + 2 (l + 1) x xf 00 + (2l + 2 1 4 1 (l + 1) x + x2 4 l (l + 1) + x2 f 0 + x) f 0 + 2 (l + 1) x + l p 2W ; =2 2x 2x 1 2 x f =0 4 f =0 1 f =0 =p 1 2 = 2W perciò xf 00 + (2l + 2 x) f 0 + ( 161 l 1) f = 0: Bibliogra…a [EsAn2] Bramanti: Esercitazioni di Analisi 2. Esculapio. 2012. [B3] Bramanti: Esercitazioni di Analisi 3. Cusl, 2001. [An2] Bramanti, Pagani, Salsa: Analisi matematica 2. Zanichelli, 2009. [F] Farlow. 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