relatività senza einstein

A02
67
Tommaso Alberto Figliuzzi
RELATIVITÀ
SENZA
EINSTEIN
L’IDEA RELATIVISTICA NELLA FISICA
TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
UNA ESPOSIZIONE DIDATTICA
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–4383–7
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 2011
A Laria,
appassionata e determinata
studentessa di fisica
Indice
Introduzione .....................................................................11
Capitolo 1 - Le radiazioni e l’elettrone ............................15
1.1 Un’ età di grandi trasformazioni ...........................15
1.2. I raggi catodici e l’elettrone .................................17
1.3. La radioattività .....................................................23
1.4. I raggi α, β, γ .........................................................26
Capitolo 2 - La teoria di Lorentz......................................29
2.1. L’elettrone di Lorentz............................................29
2.2. L’ “effetto Zeeman” e l’elettrone di Thomson......35
2.3. Problemi e discussioni ..........................................38
2.4. L’elettrone nella teoria di Larmor ........................41
Capitolo 3 - Elettromagnetismo e materia .......................45
3.1. L’inerzia dell’elettrone .........................................45
3.2. La riduzione elettromagnetica della meccanica ...48
3.3. La crisi del meccanicismo.....................................52
Capitolo 4 - La massa elettromagnetica...........................63
4.1. Kaufmann e Abraham ...........................................63
4.2. La massa elettromagnetica in Lorentz ..................74
4.3. Problemi aperti .....................................................76
Capitolo 5 - Etere e fenomeni ottici .................................81
5.1. Cenni storici..........................................................81
5.2. L’etere come sistema di riferimento assoluto .......84
5.3. La relatività ottica.................................................91
5.4. L’etere elettromagnetico .......................................92
5.5. L’esperimento di Michelson e Morley ..................95
Capitolo 6 - L’etere immobile di Lorentz ......................101
6.1. L’etere ottico di Lorentz......................................101
6.2. Lorentz e l’esperienza di Michelson ...................109
6.3. L’etere elettromagnetico di Lorentz....................111
6.4. La “contrazione” di FitzGerald e Lorentz .........116
Capitolo 7 - Il “tempo locale” ........................................127
7.1. "Tempo locale” e “stati corrispondenti” ...........127
7.2. Ausili didattici .....................................................133
7.3. Applicazione ai problemi ottici ...........................135
7.4. Problemi interpretativi........................................139
Capitolo 8 - Lorentz e Poincaré .....................................143
8.1. Poincaré sul principio di reazione in Lorentz ....143
8.2. Poincaré sulla “contrazione”.............................153
Capitolo 9 - Lorentz verso la Relatività .........................159
9.1. Gli “stati corrispondenti” al II ordine ...............159
9.2. Le “trasformazioni” di Lorentz ..........................169
9.3. Alcune osservazioni conclusive...........................176
Capitolo 10 - La Relatività di Poincaré..........................179
10.1. Relativismo spaziale..........................................179
10.2. Relativismo temporale e “tempo locale”..........188
10.3. Oltre Lorentz .....................................................193
10.4. Il 1905 di Poincaré ...........................................198
10.5. Massa ed energia ..............................................207
Capitolo 11 - Poincaré e Einstein...................................211
11.1. A chi il primato della Relatività?......................211
11.2. Einstein plagiario?............................................227
Capitolo 12 - Lorentz e Einstein ....................................231
12.1. Lorentz einsteiniano..........................................231
12.2. …ma con riserva! .............................................239
Conclusioni ....................................................................243
Indice analitico...............................................................247
________________________________________
Nei diversi capitoli le indicazioni bibliografiche, anche quando già fornite in
quelli precedenti, sono riportate nuovamente in maniera completa ogni qual
volta ciò risulti opportuno. Le traduzioni sono sempre dell’autore, anche di
scritti di cui sia disponibile l’edizione italiana, la quale viene segnalata
insieme a quella originale.
_______________________________________________________________
Introduzione
Questo lavoro ripropone, rielaborandola in alcune parti,
una ricerca giovanile, risalente all’ormai remoto 1971 e
mai pubblicata, poi finita nell’oblio per mille casuali congiunture ad essa non favorevoli, che fu molto apprezzata,
allora, dal compianto insigne epistemologo Vittorio Somenzi nonché dal non meno valente storico della fisica
Salvo D’Agostino, tanto da procurare all’autore finanche
un incontro col Premio Nobel Emilio Segré, impegnato in
quel momento in una indagine di carattere storiografico.
Lo scritto fu composto, infatti, quando tante accurate e
documentate ricerche, in merito al confronto scientifico
sull’idea relativistica tra Ottocento e Novecento, oggi sicuri riferimenti circa i fondamentali contributi non einsteiniani alla teoria della relatività, non avevano ancora visto
la luce. Questa precisazione non già per vantare, con molto ritardo, una precedenza che comunque in molti casi non
mi è certo dispiaciuto costatare, bensì per evitare al lavoro,
se non altro, la critica di essere una imitazione e niente di
più; o addirittuta peggio.
Sottolineata, dunque, l’originalità, allora, della ricerca,
non sento nemmeno imbarazzo nel dichiarare di avere riscontrato, dopo tanti anni, nella stessa, se confrontata con
altre analoghe opere, un più felice carattere didattico e una
più spontanea disposizione divulgativa nel rendere esplicite cose forse da altri ritenute ovvie: un risultato, all’epoca,
di sicuro non deliberatamente cercato, ma frutto, piuttosto,
paradossalmente, di conoscenze ancora non particolarmente elaborate sotto il profilo critico. Comunque sia, un tale
tratto di “elementarità” si rivela oggi persino utile, permettendo all’opera di rivolgersi a lettori che, sebbene studenti
o cultori di fisica (o di filosofia con curiosità e conoscenze
11
Relatività senza Einstein
di base fisico-matematiche) non siano particolarmente introdotti nella materia storica. Perciò, anche se in fase di
doverosa revisione di alcune macroscopiche pecche della
stesura originaria, qualche pagina e qualche importante riferimento alla letteratura recente sull’argomento sono stati
aggiunti, l’impostazione del lavoro è rimasta sostanzialmente la stessa, ciò evitando che particolari tesi e interpretazioni, quando citate, prendessero il sopravvento
sulla rappresentazione della vicenda scientifica in esame
così come espressa dai protagonisti del tempo.
In conseguenza di quanto detto, l’esposizione si presenta, ora con tutta la consapevolezza che forse mancava in origine, deliberatamente aliena da complessità tecniche ed
epistemologiche che non siano solo accennate o suggerite,
e per lo più volutamente compilativa; con tutti i limiti che
questa soluzione può presentare al lettore un poco più
introdotto in materia rispetto a studenti sia pure curiosi e
preparati, universitari ma anche liceali, a cui il libro è rivolto; ai quali si richiede, da un certo momento in poi,
soltanto la doverosa conoscenza delle nozioni fondamentali dell’elettromagnetismo e della teoria della relatività
ristretta. Anche sul piano storico si è scelto il cammino più
facile e più comodo verso il traguardo rappresentato dalla
formulazione della teoria relativistica, facendo solo intravedere altri sentieri percorrendo i quali si avrebbe di certo
una visione più articolata e fedele della affascinante vicenda della fisica tra Ottocento e Novecento.
Una necessaria precisazione riguarda il titolo del saggio,
che vuole mettere in risalto l’anteriorità e l’indipendenza
dell’idea relativistica, nella sua genesi e nel suo sviluppo,
rispetto alla teoria di Einstein; in quanto non riducibile
cioè (diversamente da come spesso, in sede didattica, si
lascia ancora intendere) ad una serie di imperfetti sebbene
ingegnosi tentativi a cui la Relatività (espressione che alla
12
Introduzione
creazione di questo grande fisico comunemente viene ormai riferita) avrebbe poi dato compiuta forma. La scelta,
insomma, è di non parlare più, dicendo dei geniali contributi forniti da scienziati quali Lorentz e Poincaré, di “fisica pre-relativistica” rispetto a quella successiva intesa come la vera Relatività. Il che non vuole esprimere tuttavia
in alcun modo l’intenzione di sottostimare la straordinaria
creazione teorica di Einstein, accogliendo cioè senza riserve espliciti orientamenti in tal senso pure presenti ormai in
non pochi qualificati studi, in non casuale coincidenza col
fatto che la Relatività nella versione einsteiniana da tempo
si confronta quotidianamente, in fondamentali campi della
fisica, con problematiche che la mettono a dura prova.
D’altro canto, ignorando tutto ciò, lo studio sarebbe di fatto sembrato, al lettore non sprovveduto, una meccanica,
ingenua e narcisistica pubblicazione di un modesto reperto
di una polverosa scrivania. Pertanto, si trattava di preservare le caratteristiche già evidenziate del lavoro, senza per
questo però chiudere gli occhi di fronte ad una indagine
storica intenta anche a riconsiderare la genesi e lo sviluppo
delle teorie relativistiche prescindendo dall’incontestabile,
eccessivo (sebbene comprensibile) “culto della personalita” creatosi nei confronti di Einstein sia nella comunità dei
fisici che fuori di essa, sicuramente tale da mistificare, in
non pochi casi, l’effettiva vicenda della fisica contemporanea. Da qui la scelta di non negare qualche riferimento,
all’occasione, anche a ricerche che con decisione pari a
competenza non si limitano a sottolineare l’ormai acquisito dato della imprescindibilità dell’opera di altri grandi
scienziati, insieme ad Einstein, nella genesi della teoria relativistica, ma giungono persino a negare sia originalità
scientifica che primato in senso cronologico all’apparato
concettuale che sorregge la celeberrima pubblicazione di
quest’ultimo. Considerare valide o prive di fondamento
13
Relatività senza Einstein
tali tesi, sulla base di plausibili argomentazioni, è, in ogni
caso, per lo studioso, un’occasione per conoscere, o per
conoscere meglio, la teoria della relatività, sia quella di
Einstein che quella sviluppatasi senza di lui.
T. A. F.
14
Capitolo 1
Le radiazioni e l’elettrone
1. 1. Un’età di grandi trasformazioni
Henri Poincaré, introducendo nel 1908 il suo saggio La
dynamique de l’électron1, osservava: «I principi generali
della dinamica che sono serviti, da Newton in poi, di fondamento alla scienza fisica e che sembravano indistruttibili, sono sul punto d’essere abbandonati o almeno profondamente modificati? E’ ciò che molti si chiedono da qualche anno». A breve distanza di tempo, quindi, dalla formulazione della sua propria teoria relativistica, a cui era seguita quella di Einstein, uno degli uomini che maggiormente avevano contribuito al rivolgimento concettuale
della fisica faceva proprio il quesito circa le conseguenze
delle importanti scoperte sperimentali dell’epoca. E sebbene, immediatamente dopo, suggerisse prudenza prima di
considerare definitivamente acquisite certe conclusioni
(prudenza di fronte alla prospettiva di abbandonare consolidate “verità”, che forse gli impedì di essere unanimemente riconosciuto come il primo consapevole fondatore della
__________________________________________________________
1
H. Poincaré, La dynamique de l’électron, “Revue générale des Sciences pures et appliquées”, 19, 1908. Per un esame del poliedrico pensiero di JulesHenri Poincaré (1854-1912) ci si limita a segnalare: L. Geymonat, Storia del
pensiero filosofico e scientifico, vol. V - Dall’ottocento al novecento, Aldo
Garzanti editore, Milano 1970; V. Bottazzini, Poincaré, in I Grandi della
scienza, vol. II, Utet, Roma 2005 (N. 17 della Collana La Scienza, la Biblioteca di Repubblica). In particolare, per i contributi alla fisica: S. Walter, E.
Belmont, A. Caret (Réd.), La correspondance entre Henri Poincaré et les
physiciens, chimistes et ingénieurs, Archives-Centre d’Etudes et de Recherche
Henri Poincaré & Université Nancy 2, Birkhäuser, Basel 2007; Jules Henri
Poincaré, Scritti di fisica-matematica, a cura di Ubaldo Sanzo, Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1993, Arnoldo Mondadori, Milano 2009.
15
Relatività senza Einstein
nuova rivoluzionaria teoria), tuttavia ammetteva la necessità di esporre i nuovi orientamenti insieme agli argomenti
a sostegno. Esaminando, perciò, i temi da Poincaré sommariamente trattati nel seguito del detto saggio, si ha modo di entrare nel vivo dei problemi e del dibattito di idee
immediatamente anteriori alla celeberrima memoria einsteiniana del 1905 (solitamente ed erroneamente ritenuta
l’opera in cui si manifesterebbe con improvvisa genialità
l’idea relativistica, o comunque il compiuto esito di una
insufficiente indagine precedente); ciò offrendo anche
l’opportunità di iniziare a scorgere il ruolo svolto dai decisivi contributi dello stesso scienziato e filosofo francese.
Si può cominciare, quindi, ricordando quali fossero per
Poincaré i “principi generali della Dinamica” che egli intendeva esaminare per stabilirne o meno la validità nel
nuovo quadro teorico e sperimentale del primo Novecento:
1. Il principio d’inerzia (il movimento di un punto materiale isolato e non soggetto a forze esterne è rettilineo e
uniforme, cioè non interessato da accelerazione);
2. Tutte le eventuali forze subite da detto punto sono dovute all’azione di altri punti materiali e dipendono solo
dalle posizioni e velocità relative di questi;
3. La definizione dell’accelerazione come rapporto tra la
forza risultante alla quale il punto mobile è sottomesso, di
cui ha la stessa direzione, ed un coefficiente detto massa
dello stesso (costante e indipendente dalla velocità acquisita dal punto come dalla direzione della forza agente);
4. Il principio del moto relativo («in virtù del quale le leggi del moto d’un sistema sono le stesse sia che lo si rapporti ad assi fissi che ad assi in moto traslatorio rettilineo e
uniforme, risultando così impossibile distinguere il moto
assoluto da un moto relativo rispetto a tali assi mobili»);
5. Il principio di uguaglianza di azione e reazione tra due
punti materiali attraverso due forze eguali e opposte.
16
Le radiazioni e l’elettrone
Ora, la validità di tali basilari enunciati, sebbene confermata da tutte le situazioni fisiche più comuni, non avrebbe
potuto prescindere, come bene intuiva Poincaré, dall’esito
di appropriati esperimenti nell’ambito di un nuovo impressionante genere di fenomeni, da poco all’attenzione della
scienza, caratterizzati dalla produzione di altissime velocità, dell’ordine di quella della luce, di cui erano protagonisti i raggi catodici e i raggi del radio. E’ la ragione per cui
un sia pur rapido esame preliminare delle ricerche inerenti
a tali nuovi oggetti dell’indagine fisica e ai problemi che
essi ponevano è da considerare parte integrante di uno studio in merito alle elaborazioni teoriche in senso relativistico tra Ottocento e Novecento.
1. 2. I raggi catodici e l’elettrone
Notissima è (o dovrebbe essere) la vicenda: da tempo si
era costatato che in un tubo di Geissler i fenomeni cambiano d’aspetto se il gas in esso racchiuso è molto rarefatto; condizione nella quale, applicando agli elettrodi una
forte tensione, si produce una scarica elettrica che illumina
l’apparecchio con luce di diverso colore a seconda del materiale aeriforme in esso contenuto2. Dal catodo sembra originarsi una “radiazione” elettrica capace di produrre numerosi effetti termici, chimici (come l’impressione di una
lastra fotografica), luminosi (quale la fluorescenza di diverse sostanze, tra cui eventualmente il vetro dello stesso
________________________________________________________
2
Si tratta dello stumento ideato nel 1857 da Johann Heinrich Geissler (18141876) per misurare la conduzione elettrica di un gas. Approssimative osservazioni sulle scariche nei gas rarefatti erano state effettuate già da Faraday, ma
ancora prima gli strani bagliori del “fosforo mercuriale”, notati inizialmente
da Jean Picard (1620-1682) al di sopra della colonna di mercurio di un barometro, erano stati esaminati da Johann Bernoulli (1667-1748) e da Francis
Hauksbee (1666-1713), inventore della pompa pneumatica.
17
Relatività senza Einstein
dispositivo), e meccanici. Avevano effettuato studi in merito Plücker e Hittorf3, ma furono soprattutto le indagini di
Crookes4 a precisare meglio tale quadro sperimentale, facendo sì che si potesse parlare di veri e propri “raggi catodici”5. Nella ricerca di una spiegazione, l’idea dello scienziato, non sostenuta però da conseguenti prove sperimentali, era che i fenomeni osservati fossero prodotti dalle molecole del gas rarefatto (esigue di numero, quindi indipendenti e tali da percorrere lunghi spazi in linea retta), elettrizzate negativamente nel contatto col catodo e quindi respinte ad alta velocità dalla repulsione elettrostatica.
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3
Julius Plücker (1801-1868), matematico e fisico tedesco al quale si devono
molte importanti scoperte sulla spettroscopia dei gas, usando il tubo di Geissler osservava, nel 1858, che il bagliore fluorescente sulle pareti, provocato
dalla scarica elettrica, si sposta in presenza di un campo magnetico. Era il suo
allievo Johann Wilhelm Hittorf (1824-1914), chimico e fisico, pioniere negli
studi sul trasporto della corrente da parte degli ioni, a continuarne poi le ricerche, giungendo, nel 1869, a individuare quelli da lui chiamati “Glimmstrahlen”, cioè “raggi splendenti”. Cfr. J. W. Hittorf, Ueber die Electricitätsleitung der Gase, “Annalen der Physik und Chemie”, CXXXVI, Leipzig 1869,
(riprodotto in: Les quantités elementaires de l’électricité: jons, électrons, corpuscules, mémoires réunis et publiés par H. A. Abraham et P. Langevin, Gauthier-Villars, Paris 1905); J. Perrin, Notice sur les traveaux scientifiques,
Edouard Privat, Toulouse 1923.
4
W. Crookes, Sur la matière radiante, “Annales de Chemie et de Phisique”,
5me série, 19, 1880, riproposto in: H. A. Abraham, P. Langevin, op. cit. Al
fine di studiare gli effetti della luminescenza del fosforo nel tubo di Geissler,
il famoso chimico e fisico William Crookes (1832-1919) escogitò un particolare tubo con tre elettrodi, interponendo tra anodo e catodo, collegata a
quest’ultimo, una piccola lastra metallica che, bloccando parzialmente il fascio, proiettava la sua ombra nella zona luminescente. La spiegazione, che
attribuiva il fenomeno a particelle cariche negativamente, era stata suggerita,
ancor prima, da Cromwell F.Varley (1828-1883), pioniere negli studi sulla
ionizzazione.
5
L’espressione “raggi catodici” viene di solito datata 1876 e attribuita a Eugene Goldstein (1850-1930), il fisico tedesco a cui si deve, tra l’altro, l’ipotesi
circa l’esistenza del protone. Ma c’è anche chi l’attribuisce, invece, a G. H.
Wiedemann, datandola nel 1883. Cfr. L. Poincaré, La phisique moderne et son
évolution, Flammarion, Paris 1906.
18
Le radiazioni e l’elettrone
Di opposto avviso invece Hertz6, insieme ai fisici “continentali”, i quali consideravano l’irraggiamento catodico
come dovuto a particolari ondulazioni di natura non nota
producentesi nell’etere; nella persuasione, tra l’altro, di poter risolvere in tal modo i problemi rimasti aperti sia
nell’opera di Maxwell che nei suoi propri lavori, «circa il
legame dell’etere con la materia; circa quanto succede in
questa, al momento dell’emissione e dell’assorbimento
delle onde, sui connessi fenomeni di corrente; circa la natura della stessa elettricità in rapporto all’etere, che può
agire su di essa e che essa può mettere in vibrazione»7. Ma
era soprattutto il fatto che i raggi catodici potessero attraversare senza alterarle delle pellicole di alcuni micron di
spessore (cosa che sembrava impossibile chiamando in
causa delle particelle materiali) a indurre Hertz a ritenere
che l’energia in gioco nel fenomeno avesse la sua sede
nell’etere luminoso stesso, a spingerlo cioè verso l’interpretazione ondulatoria; la quale sembrò effettivamente
trionfare nel 1894 in seguito alle ulteriori osservazioni di
Lenard8, già suo assistente, applicato a studiare i raggi catodici sia in un gas a pressione ordinaria che nel vuoto. Ricorrendo egli, infatti, a tale scopo, al metodo escogitato
dal maestro di separare gli ambienti differenti per mezzo
_______________________________________________________
6
E’ noto che per Heindrich Hertz (1857-1894) il campo va inteso come una
perturbazione, ovvero come una polarizzazione dei dielettrici, tra i quali si deve considerare anche l’etere. Cfr. S. D’Agostino, L’elettromagnetismo classico, Sansoni, Firenze 1975.
7
P. Langevin, Les rayons cathodiques et la radioactivité, in: P. Boutroux, J.
Adamard, P. Langevin, V. Volterra, Henry Poincaré: l’œuvre scientifique et
l’œuvre philosophique, Felix Alcan, Paris 1914.
8
Ph. Lenard, Ueber Kathodenstrahlen in Gasen von atmosphärischem Druck
und im äussersten Vacuum, “Annalen der Physik”, 287, 2, 1894 (trad. fr. in:
H. A. Abraham, P. Langevin, op. cit.). Il tipo di tubo catodico utilizzato da
Philipp E. A. Von Lenard (1862–1947), premio Nobel 1905 per gli studi
sull’effetto fotoelettrico, è caratterizzato dal particolare schermo ricordato appunto come “Lenardfenster”.
19
Relatività senza Einstein
di una lamina metallica trasparente ai raggi, ebbe modo di
mostrare che questi possono uscire dal tubo a scarica attraversando uno strato di materiale tanto spesso da sopportare la pressione atmosferica, cioè tale da risultare impenetrabile alle molecole d’aria. Impossibile accettare che si
trattasse di particelle, dunque. Ma in tal caso, scegliendo
l’opposta ipotesi ondulatoria, era inevitabile ammettere
che sulla sostanza eterea fosse in grado di agire una calamita, che essa potesse trasportare cariche elettriche e presentare altre “strane” caratteristiche.
Fu Perrin9, finalmente (sulla base della felice ipotesi che
eventuali proiettili catodici potessero essere sufficientemente diversi in grandezza e velocità rispetto alle molecole da avere la capacità di attraversare una parete impermeabile a quest’ultime), a stabilire la fondatezza dell’ipotesi
di una convezione corpuscolare, raccogliendo, all’interno
del tubo di Crookes, il fascio catodico in un “cilindro di
Faraday” (collegato alle foglie d’oro d’un elettroscopio e
schermato mediante una rete metallica chiusa facente parte
della gabbia dello strumento) al quale i raggi avrebbero
trasferito tutta la carica eventualmente trasportata. Il risultato (anche nel caso di una finestra d’ingresso chiusa da un
sottile strato d’alluminio) fu tale da convincere lo stesso
Lenard della insostenibilità della sua iniziale opinione10. A
partire da qui una teoria legata a quella della ionizzazione
e come questa basata sul concetto di elettrone11: «I raggi
________________________________________________________
9
J. Perrin, Nouvelles proprietés des rayons cathodiques, “Comptes rendus
de l’Academie des Sciences”, CXXI, 1895. Jean Baptiste Perrin (1870-1942)
studiò, oltre ai raggi catodici, i raggi X. Cfr. Id, Notice sur les traveaux scientifiques, cit.
10
Ph. Lenard, Über die electrostatischen Eigenschaften der Kathodenstrahlen, “Annalen der Physik und Chemie”, t. LXIV, 1898 (tr. fr. Sur les proprietés electrodinamiques des rayons cathodiques, in: H. A. Abraham, P. Langevin, op. cit.).
11
20
E’ George Stoney (1826-1911) ad usare per primo, nel 1891, tale termine.
Le radiazioni e l’elettrone
catodici sono elettricità negativa in moto», secondo Perrin,
il quale giungeva a verificare la deviazione delle particelle
negative oppure il loro rallentamento e arresto da parte di
un campo elettrico ri spettivamente obliquo o normale ovvero parallelo alla loro direzione, come pure la differenza
di potenziale capace di fermarle. Ma, com’è noto, era Joseph J. Thomson12 a precederlo, nel 1897, nel calcolo della
velocità di propagazione nonchè del rapporto e/m tra carica e massa dell’elettrone, attraverso la valutazione delle
deviazioni prodotte sui raggi da un campo magnetico e da
un campo elettrico, realizzando sul piano sperimentale
quanto sostanzialmente già delineato in termini teorici, pur
con qualche differenza, da Schuster13 e quindi verificato,
proprio nello stesso anno, anche da Kaufmann14. Dal confronto, allora, tra il detto rapporto con quello analogo valevole per lo ione idrogeno nell’elettrolisi (e contempora________________________________________________________
12
J. J. Thomson, Cathode Rays, “Philosophical Magazine”, 44, 1897. In precedenza tale fisico (1856-1940) aveva provato a determinare la velocità dei
raggi catodici misurando direttamente il tempo trascorso tra l’apparizione della fosforescenza in due punti del vetro del tubo a distanza diversa dal catodo,
rendendosi però conto che la non istantaneità del fenomeno (che si presentava
solo dopo un tempo finito dipendente dall’intensità dell’irraggiamento) era
causa di non trascurabili errori. In merito, cfr. J. J. Thomson, On the Velocity
of the Cathode-Rays, “Philosophical Magazine”, 38, 1894.
13
Una chiara esposizione del procedimento delineato da Schuster, basato sulla
misura del raggio di curvatura del fascio in un campo magnetico perpendicolare e della differenza di potenziale generatrice della scarica elettrica, è quella
di M. Abraham, La dinamica degli elettroni (conferenza del 1909 in Progressi
recenti della fisica, a cura di A. Garbasso, Soc. ed. Dante Alighieri, Milano
1911). Arthur Schuster (1851-1934) fu il primo a dimostrare che una corrente
elettrica può essere costituita da ioni. Nel 1896 presentò i raggi X di Röntgen
come vibrazioni trasversali dell’etere di piccolissima lunghezza d’onda.
14
W. Kaufmann, Die magnetische Ablenkbarkeit der Kathodenstrahlen und
ihre Abhängigkeit vom Entladungspotential, “Annalen der Physik”, 61, 1897.
Walter Kaufmann (1871-1947) è noto in particolare per la prima prova sperimentale della dipendenza della massa dell’elettrone dalla sua velocità. Sarà un
suo articolo sulla detta rivista a citare per la prima volta la Relatività di Einstein. Cfr. Cap. 4.
21
Relatività senza Einstein
neamente nell’ipotesi già sostenuta da Stoney, come pure
da Townsend15 e da Wiechert16, nonché avvalorata dall’esperienza, dell’eguaglianza della carica elementare trasportata dai diversi corpuscoli materiali), si ricavava il valore della massa dell’elettrone, circa duemila volte più
piccola di quella dell’atomo di idrogeno. Inserendo, inoltre, e/m nell’espressione della curvatura della traiettoria
delle cariche in moto, si era in grado di calcolare la velocità delle stesse, che, per le tensioni comunemente adoperate, poteva spingersi sino a valori dell’ordine della metà di
quella della luce.
Dato il suo ruolo di geniale protagonista nella formulazione delle idee relativistiche, nel chiudere questo breve
capitolo introduttivo non si può trascurare la parte attiva
svolta da Poincaré già nelle discussioni con i fisici propensi a vedere nei raggi catodici un fenomeno di propagazione ondulatoria. Particolarmente decisa, ad esempio, la sua
posizione nei confronti di Jaumann17, che li considerava
________________________________________________________
15
Si deve a John S. E. Townsend (1865-1957) la prima misura diretta dell’unità di carica elettrica e, anteriormente a quella di Millikan, del 1913.
16
Ulteriori sperimentazioni, da parte di Emil Wiechert (1861-1928), con risultati sostanzialmente concordanti, si trovano in: E. Wiechert, Experimentelle
Untersuchungen über die Geschwindigkeit und magnetische Ablenkbarkeit
der Kathodenstrahlen, “Annalen der Physik und Chemie”, 70, 1899 (tr.fr. Recherches experimentales sur la vitesse et sur la deviation magnetique des rayons cathodiques, in: H. A. Abraham, P. Langevin, op. cit.). Al nome di Wiechert è legato il potenziale di una carica elettrica in moto.
17
Il fisico austriaco Gustav Jaumann (1863-1924), già assistente di Ernst
Mach e negatore della realtà di atomi ed elettroni, rinunziò nel 1910 alla candidatura a professore di fisica teorica presoo l’università tedesca di Praga, in
quanto segnalato solo al secondo posto dopo Einstein! Cfr. G. Jaumann, Déviation électrostatique des rayons cathodiques; réponse à M. H. Poincaré,
“Comptes rendus hebdomadaires de l’Académie des sciences”, 122, 1896,
988–990; H. Poincaré, Observations au sujet de la communication de M.
Jaumann, ivi, 122, 1896g, 990; Id., Observations au sujet de la communication précédente, ivi, 122, 1896h,76; Id., Observations au sujet de la communication précédente, ivi, 122, 1896i, 520.
22
Le radiazioni e l’elettrone
vibrazioni longitudinali dell’etere (a differenza di quelle
elettromagnetiche, di tipo trasversale), ritenendo in tal modo di potere spiegare la loro deviazione da parte di una calamita. Egli riuscì a mostrare, invece, come, ammettendo
le idee di questo scienziato, ma interpretando correttamente le sue equazioni, si sarebbe dovuto concludere che i
raggi, cioè le traiettorie dell’energia delle presunte onde
longitudinali, dovessero seguire le linee di forza elettrica e
non potessero affatto, di conseguenza, essere deviati da
una calamita così come sperimentalmente osservato nel
tubo catodico. E a proposito di una esperienza di Birkeland18, in cui i raggi catodici sembravano comportarsi in
modo singolare nel campo magnetico vicino al polo di una
elettrocalamita, Poincaré seppe vedere che tutto si poteva
interpretare facilmente in base alla legge elementare che
fornisce la forza esercitata da un campo del genere su di
una particella elettrizzata in moto.
1. 3. La radioattività
Ma Poincaré non s’interessava solo dei raggi catodici,
bensì esaminava tutto quanto venisse pubblicato in merito
ad altre forme di radiazione, commentando le “Notes” che
apparivano nei “Comptes rendus de l’Académie des Sciences”. Così, è lui che, nella seduta del 20 gennaio 1896
(proprio in seguito alla presentazione in pubblico della
prima radiografia effettuata da Röntgen19), a Becquerel
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18
Kristian Birkeland (1867-1917) è il fisico norvegese che utilizzò i raggi catodici per ottenere in laboratorio, su modelli riproducenti il campo magnetico
terrestre, effetti simili alle aurore boreali. Cfr. H. Poincaré, Remarques sur une
expérience de M. Birkeland, “Comptes rendus hebdomadaires de l’Académie
des sciences”, 123, 1896j, 530–533.
19
Wilhelm C. Röntgen (1845-1923), premio Nobel 1901, scoprì casualmente i
“raggi X” (così chiamati in quanto di natura ancora sconosciuta) nel 1895, nel
23
Relatività senza Einstein
il quale si chiedeva quale fosse, nel tubo, il luogo di emissione dei raggi X, illustrava il fatto che l’irraggiamento
ha origine nel punto della parete di vetro reso fluorescente
dall’impatto del flusso catodico. Come ricorda, quindi,
questo scienziato: «Io pensai subito di vedere se la nuova
emissione non fosse una manifestazione del moto vibratorio che dà origine alla fosforescenza e se tutti i corpi fosforescenti non emettessero simili raggi. Comunicai questo
progetto a Poincaré e cominciai una serie di esperienze
che però non confermarono le previsioni»20. A provocare
ulteriori ricerche era, allora, un successivo articolo di
quest’ultimo, che riprendeva tale idea: «E’ il vetro che
emette i raggi di Röntgen, e li emette diventando fluorescente. Non ci si può allora chiedere se tutti i corpi, che
presentino una fluorescenza sufficientemente intensa, non
emettano, oltre ai raggi luminosi, anche dei raggi X, qualunque sia la causa della loro fluorescenza? Questi fenomeni non sarebbero allora più legati ad una causa elettrica»21. Per giunta, dal momento che gli ostacoli colpiti dai
raggi catodici sembravano emettere insieme luce fluorescente e raggi X, l’orientamento di Poincaré era di considerare tali raggi come l’estremità dello spettro ultravioletto della fluorescenza. Un punto di vista, questo, capace di
sollecitare un gran numero di esperienze da parte di molti
studiosi22, tra cui lo stesso Becquerel, che, proprio investi________________________________________________________
di esperimenti con i raggi catodici. Fu Jacques Arsène d’Arsonval (18511940), pioniere della elettrofisiologia, a presentare alla Académie des Sciences la fotografia, spedita da due medici, della lastra ottenuta da Röntgen radiografando la mano della moglie.
20
H. Becquerel, Recherches sur une proprieté nouvelle de la matière, Académie des Sciences, Memoire, Firmin-Didot, Paris 1903. Antoine Henri Becquerel (1852-1908) fu insignito del premio Nobel nel 1903, insieme a Pierre e
Marie Curie.
21
H. Poincaré, Les rayons cathodiques et les rayons Röntgen, “Revue générale des Sciences”, 7, 1896.
24
Le radiazioni e l’elettrone
gando la capacità della fosforescenza indotta dalla luce solare di impressionare lastre fotografiche schermate, giungeva a scoprire accidentalmente la proprietà di radiazione
spontanea dei sali d’uranio23, subito riconosciuta come
pertinente alla dimensione atomica della materia. Dopo di
che, tale caratteristica, la radioattività, riscontrata anche
nei composti del Torio separatamente da M. Schmidt e da
M. Curie, e quindi nel Polonio e nel Radio dalla stessa e
dal marito Pierre, risultava assimilabile al flusso di particelle responsabile dei raggi catodici, dei raggi canale e dei
raggi X, ma con velocità ancora più elevate24.
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22
Attraverso le Notes dei “Comptes rendus hebdomadaires des séances de
l’Académie des Sciences” dell’epoca è possibile seguire lo sviluppo delle indagini, come pure il confronto tra gli studiosi. Per esempio, in successione
temporale, cfr: Gustave Le Bon, La lumière noir, 122, 1896, 188; Id., Nature
et proprietés de la lumière noir, 122, 1896, 386; G. H. Niewenglowski, Sur la
proprieté qu’ont les radiations émises par les corps phosphorescents, de
traverser certains corps opaques à la lumière solaire, et sur les expériences
de M. G. Le Bon sur la lumière noir, 122, 1896, 385; H. Becquerel, Sur les
radiations émises par phosphorescence, t. 122, 1896, 420; A. D’Arsonval,
Observations au sujet de la photographie à travers les corps opaques, 122,
1896, 500; G. Le Bon, Nature des diverses espèces de radiations produites
par les corps sous l’influence de la lumière, 124, 1897, 755, M. Perrigot, Sur
la lumière noir, 124, 1897, 857; G. Le Bon, Sur les proprietés élecriques des
radiations émises par les corps sous l’nfluence de la lumière, 1897, 124, 892;
H. Becquerel, Explication de quelques expériences de M. G. Le Bon, 124,
1897, 984; G. Le Bon, Sur les proprietés de certaines radiations du spectre.
Reponse aux objections de M. Becquerel, 1897, 124, 1148;
23
H. Becquerel, Sur les radiations invisibles émises par les corps phosphorescents, “Comptes rendus hebdomadaires des séances de l’Académie des
Sciences”, 122, 1896, 501; Id., Sur diverses proprietés des rayons uraniques,
123, 1896, 855. Per un avvincente e dettagliato racconto di tutte le fasi della
sperimentazione culminata nella scoperta di Becquerel, cfr. J. L. Basdevant,
Henri Becquerel. Un polytechnicien dans l’histoire, “La Jaune et la Rouge”,
juin/juillet 1997.
24
Cfr. M. Sklodowska Curie, Les rayons de Becquerel et le Polonium, “Revue
Générale des Sciences ”, 2, 1899. Furono F. Giesel, poi S. Meyer e E. R. von
Schweidler, quindi anche lo stesso Becquerel, a riconoscere l’influenza di un
campo magnetico sull’irraggiamento di preparazioni attive. Quest’ultimo riconobbe poi nel Polonio raggi non deviabili, dei quali P. Curie mostrò la coe-
25