appendice 8.1 - indagine sulle modificazioni climatiche a livello

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Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
APPENDICE 8.1 - INDAGINE SULLE MODIFICAZIONI
CLIMATICHE A LIVELLO GLOBALE–EUROPEO–ITALIANO
Premessa
Le conoscenze attuali sul cambiamento climatico segnalano l’urgenza di adottare misure di
salvaguardia e di pianificazione basate su strategie di adattamento al cambiamento in atto e
prevedibile nel medio e lungo periodo.
Il presente rapporto contiene una sintesi, sicuramente non completa, dell’ampia e complessa
bibliografia sviluppata in questi ultimi decenni a livello mondiale su questo argomento.
Il dato che emerge è che la temperatura a livello mondiale sta aumentando e che tutti gli
scenari futuri concordano nel sostenere che questo aumento si protrarrà per tutto il 21 – esimo
secolo anche se con incrementi diversi dovuti a particolari situazioni locali.
Il dato sul quale tutti i soggetti preposti alla pianificazione e gestione di opere destinate a
durare nel tempo e di interesse strategico, quali sono quelle connesse all’utilizzo della risorsa
idrica, devono confrontarsi è che l’Italia, con tutti i paesi del bacino del Mediterraneo, sarà
una delle zone dove nell’attuale secolo si registreranno i maggiori incrementi di temperatura.
Questa tendenza è già in atto come risulta dall’analisi delle serie storiche che per l’Italia sono
tra le più complete a livello mondiale.
Gli elementi emersi e sintetizzati nel presente rapporto sono ora utilizzati per la seconda fase
dello studio, già in corso, che consiste nell’analizzare come le modificazioni climatiche in atto
e quelle prevedibili per il futuro possono influire sulla disponibilità idrica per uso
idropotabile di alcuni territori della Toscana e se le conoscenze disponibili sono sufficienti per
una corretta pianificazione degli interventi.
1 - Il clima - definizione
Il clima si può definire come la statistica (condizioni medie e variabilità) delle condizioni
meteorologiche e ambientali che caratterizzano una regione geografica per un tempo
sufficientemente lungo (solitamente circa 30 anni); il tempo meteorologico invece è un
combinazione solo momentanea eventi atmosferici in un certo istante che costituiscono il clima ed
è definito dallo stato dell’atmosfera ad ogni dato istante di tempo, ossia ad esempio dal le attività
di precipitazione e dalle variazioni di temperatura che ci sono nell’arco delle giornate.
Il clima è un sistema dinamico (“sistema climatico”) molto complesso che include molte
componenti distinte (idrosfera, atmosfera, criosfera, biosfera, litosfera) in grado di interagire tra di
loro su scale di spazio e di tempo anche molto diverse. Esso non deve essere considerato come un
qualcosa di statico e invariabile tant’è che i dati paleoclimatici indicano che negli ultimi tre milioni
di anni il clima della Terra ha subito pesanti variazioni, caratterizzate dall’alternanza fra periodi
glaciali e interglaciali che hanno portato a cambiamenti nella temperatura media globale di alcuni
gradi centigradi.
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CAP 8
Lo stato del clima è determinato sia da cause esterne come i cambiamenti dell’irraggiamento
solare, sia da cause interne che dipendono dalla variabilità intrinseca nel sistema climatico stesso.
E’ per questi motivi che le dinamiche climatiche vanno studiate su scale spaziali e temporali molto
ampie.
Questi modelli, sebbene abbiano ancora dei limiti dovuti alla insufficiente conoscenza di molti
processi atmosferici potenzialmente rilevanti, concordano tutti nello stimare che il riscaldamento
globale proseguirà nel XXI secolo a causa degli effetti dei gas serra sul bilancio energetico del
sistema climatico.
2 - Modelli climatici
Negli ultimi tre decenni, partendo dai modelli di circolazione atmosferica utilizzati per le
previsioni meteorologiche, sono stati sviluppati modelli di simulazione climatiche per descrivere
scenari futuri ipotizzando andamenti temporali diversi delle emissioni di CO2 e di altri gas serra
relativi a diversi ipotetici modelli di sviluppo della società umana.
Per permettere una stima dei cambiamenti massimi e minimi che dovremo aspettarci, sono stati
considerati scenari con caratteristiche molto diverse: a un estremo un mondo globalizzato in
rapido sviluppo con forti emissioni di gas serra, all’altro estremo una società globale dove il
rispetto degli accordi internazionali porta in pochi decenni ad una sostanziale riduzione dei gas
serra.
Questi scenari di possibile sviluppo della società (descritti più in dettaglio in seguito) sono stati
formalizzati nel 2001 (SRES 2001) dal I.P.C.C. (Intergovernmental Panel on Climate Ch’ange) e
sono ora presi come riferimento per le elaborazione dei vari modelli di risposta futura del sistema
climatico in rapporto al modello di sviluppo della società umana.
Analizzando i risultati ottenuti dai modelli di ultima generazione con i valori osservati delle
diverse variabili meteo sulle decadi passate è possibile riprodurre l’andamento della temperatura
effettivamente osservata negli ultimi 100 anni solo se come forzanti del sistema (ad es. eruzioni
vulcaniche, attività solare ecc.) si considerano anche i gas serra di origine antropica
I modelli per le previsioni climatiche forniscono informazioni di tipo probabilistico e i risultati
sono tanto più attendibili quante più simulazioni si riesce a generare per uno stesso modello
oppure considerando molte simulazioni basate su modelli diversi in modo da avere una stima
della probabile evoluzione dello stato climatico globale e della distribuzione di probabilità delle
grandezze climatiche.
I modelli climatici hanno subito un notevole progresso e, pur con i lori limiti e incertezze, sono in
grado di riprodurre con buona approssimazione l’andamento nel tempo di molte grandezze
medie, come la temperatura superficiale terrestre, la sua distribuzione su scala continentale, la
circolazione atmosferica e sono oggi l’unico strumento a disposizione del mondo scientifico e
politico per avere delle proiezioni quantitative di tipo probabilistico sul clima atteso nelle prossime
decadi in un determinato scenario di emissione di gas serra e di uso del territorio.
Le previsioni di tali modelli tuttavia non riescono ancora a rappresentare nel dettaglio il clima di
regioni geografiche di ridotte dimensioni, quali l’area mediterranea ed il territorio italiano, e sono
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in buona parte mancanti stime quantitative dell’impatto dei cambiamenti climatici sul territorio
nazionale.
Tale difficoltà nella previsione non è da confondere con quanto concerne la previsione del tempo
che farà, compito questo della meteorologia che considera invece gli effetti delle combinazioni
momentanee degli elementi atmosferici su lunghezze orizzontali variabili da centinaia a migliaia
di chilometri e per tempi limitati a 24 – 48 ore (scala sinottica).
La variabilità e le tendenze climatiche sono sempre più oggetto di attenzione da parte
dell’opinione pubblica per il forte impatto che hanno sulle attività umane in quanto condizionano
lo sviluppo socio economico di intere popolazioni; tali impatti spesso si sommano ad altri dovuti
all’eccessivo e irrazionale sfruttamento del territorio che portano a eccessiva urbanizzazione,
inquinamento dei suoli, sovrasfruttamento agricolo, della pastorizia e delle risorse naturali.
Negli ultimi trenta anni le conoscenze in merito alle fluttuazioni climatiche si sono notevolmente
consolidate e ciò che fino al secolo scorso poteva essere considerata solo una ipotesi, oggi è
diventata una certezza: la Terra è interessata da un importante cambiamento del clima che assume
caratteristiche diverse nelle varie regioni.
3 - Il cambiamento climatico
Per cambiamenti climatici si intendono i cambiamenti nei valori medi e nella variabilità delle
variabili meteorologiche (principalmente temperatura e precipitazioni) che persistono nel tempo
per un periodo sufficientemente prolungato, tipicamente superiore a qualche decade.
Il termine cambiamento climatico indica pertanto uno scostamento della variabilità meteorologica
nei suoi aspetti di persistenza e quindi di frequenza dalla normale fluttuazione climatica, intesa
come distribuzione degli eventi storicamente osservati tramite misure dirette e indirette.
Il segnale più importante che emerge dalle osservazioni delle variazioni climatiche a livello
mondiale è la crescita della temperatura, tant’è che per molto tempo il termine “riscaldamento
globale” è stato utilizzato come sinonimo di “cambiamento climatico”.
Negli ultimi anni si è invece preferito parlare di “cambiamento climatico” facendo risaltare il fatto
che il riscaldamento è un effetto che si è manifesto in modo evidente in molte ma non in tutte le
zone del Pianeta e che, in generale, il cambiamento del clima assume caratteristiche diverse nelle
varie regioni.
Il cambiamento climatico è un dato scientificamente assodato e l’aumento delle temperature e del
livello dei mari sono gli effetti che si manifestano in modo più evidente anche se con caratteristiche
diverse tra le diverse regioni geografiche, ma il cambiamento climatico ha anche una serie di
impatti significativi su molte altre componenti del sistema terra.
Il cambiamento climatico è un dato scientificamente assodato e tutti i modelli numerici del sistema
climatico sono concordi nel prevedere che, in tutti i diversi tipi di scenari di emissione considerati,
anche quelli più ottimistici dove si ipotizza una immediata stabilizzazione dei gas serra, sia la
temperatura globale che il livello del mare continueranno ad aumentare per diversi decenni.
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Questa uniformità di previsione sul futuro cambiamento climatico è dovuta al lungo tempo di vita
dei gas serra antropogenici GHG nell'atmosfera (tipicamente da decadi a secoli) ed alla grande
inerzia del sistema climatico (in particolare degli oceani).
C’è l’altissima probabilità che un contributo significativo al cambiamento climatico sia dovuto
all’azione umana, occorre quindi domandarsi quali misure, sia di mitigazione (limitazione delle
emissioni di gas serra) che di adattamento a condizioni climatiche diverse da quelle del passato,
possano essere adottate per ridurre gli impatti negativi sulle attività umane.
Si tratta quindi di disporre di metodologie quantitative per prevedere come evolverà il clima
globale e regionale in risposta a diversi scenari di intervento o non intervento dell’uomo.
4 - Attività dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e scenari futuri
Nel 1979 l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (World Meteorological Organization, WMO)
organizzò a Ginevra la prima Conferenza mondiale sul clima durante la quale furono denunciate
le prime apprensioni nei confronti dei cambiamenti climatici ed in particolare riguardo al
surriscaldamento globale. In tale circostanza si decise di eleggere una commissione internazionale
che avesse il compito di valutare lo stato, le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici su
scala globale e di elaborare un ventaglio di possibili scenari futuri. Pertanto fu stabilito un
“programma mondiale di ricerca sul clima” (World Meteorological Climate Programme, WCRP)
sotto la diretta responsabilità della WMO, dell’UNEP (United Nations Environment Programme) e
dell’ICSU (International Council of Scientifics Unions).
Nel 1988, fu istituito il gruppo di esperti intergovernativo (Intergovernmental Panel on Climate
Change - IPCC) con lo scopo di studiare in particolare il riscaldamento globale.
L'attività principale dell'IPCC è la preparazione a intervalli regolari di valutazioni esaustive e
aggiornate delle informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche rilevanti per la
comprensione dei mutamenti climatici indotti dall'uomo, degli impatti potenziali dei mutamenti
climatici e delle alternative di mitigazione e adattamento disponibili per le politiche pubbliche. È
strutturato in tre Gruppi di Lavoro (Working Group) ed una unità operativa (Task Force) ognuno
con competenze specifiche descritte di seguito:
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-
il Working Group I (WGI) valuta gli aspetti scientifici del sistema climatico e dei suoi
cambiamenti nel tempo;
il Working Group II (WGII) valuta la vulnerabilità dei sistemi naturali e socio economici
rispetto ai cambiamenti climatici, le conseguenze negative o positive e le strategie di
adattamento;
il Working Group III (WGIII) valuta le strategie di limitazione delle emissioni di gas serra
(Green House Gases – GHG, definiti più avanti) e le altre strategie per la mitigazione dei
cambiamenti climatici;
la Task Force, invece, effettua la supervisione dei programmi per la realizzazione degli
inventari nazionali dei gas serra.
Nel 1990 fu pubblicato il “First Assessment Report” dell’IPCC, dal quale emerse che effettivamente
la temperatura media terrestre stava aumentando in maniera anomala.
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L’IPCC, nel 2000, ha pubblicato il primo report (Special Report on Emission Scenarios - SRES) sui
possibili scenari futuri di emissione dei gas serra. Questi scenari, che sono spesso chiamati scenari
SRES, rappresentano il risultato di diverse assunzioni riguardo al futuro corso dello sviluppo
economico, demografico e del cambiamento tecnologico.
Gli scenari SRES sono scenari di riferimento, il che significa che essi non tengono in considerazione
specifici accordi o misure politiche volte a limitare le emissioni di gas serra. Gli scenari di
emissione SRES sono organizzati in famiglie (vedi tab. 1) che contengono scenari che sono basati
su assunzioni simili riguardo allo sviluppo demografico, economico e tecnologico.
Tali famiglie sono:
• A1 - World Markets (sviluppo economico di tipo consumista e globalizzato dove si fa un largo uso
delle risorse): la famiglia di scenari A1 descrive un mondo futuro di crescita economica molto
rapida, in cui la popolazione globale raggiunge un picco intorno alla metà del secolo e diminuisce
in seguito, e una rapida introduzione di nuove e più efficienti tecnologie. Le principali idee di
fondo sono la convergenza tra le regioni, lo sviluppo delle capacità e un aumento delle interazioni
culturali e sociali (lo sviluppo si applica a tutti i fornitori di energia e alle tecnologie di
utilizzazione finale), con una sostanziale riduzione delle differenze regionali di reddito pro capite.
La famiglia A1 si sviluppa in tre gruppi che descrivono direzioni alternative del cambiamento
tecnologico del sistema energetico, distinte in base al loro accento sulla tecnologia: intensivo-fossile
(A1FI), fonti di energia non-fossili (A1T), o un bilanciamento tra tutte le sorgenti (A1B).
• A2 - Global Sustainability (sviluppo economico di tipo conservazionista e globalizzato): la famiglia
A2 descrive un mondo piuttosto eterogeneo. L'idea di fondo è l’indipendenza e la preservazione
delle identità locali. La natalità tra le regioni converge molto lentamente, il ché risulta in un
continuo aumento della popolazione. Lo sviluppo economico è principalmente orientato su base
regionale e la crescita economica pro capite e il cambiamento tecnologico sono più frammentati e
più lenti rispetto agli altri scenari.
• B1 - Provincial Enterprise (sviluppo economico di tipo individualista e localista): La famiglia B1
descrive un mondo convergente con la stessa popolazione globale che, come per gli scenari A1,
raggiunge un picco alla metà del secolo e diminuisce oltre ma con un rapido cambiamento nelle
strutture economiche e con un'economia più improntata verso il settore dei servizi e
dell'informazione, con riduzioni nell'intensità di utilizzo dei materiali, con l'introduzione di
tecnologie pulite e con una gestione efficiente delle risorse. L'accento è sulle soluzioni globali per
l’economia, sulla sostenibilità sociale e ambientale, includendo un miglioramento dell'equità
ambientale, ma senza ulteriori iniziative per quanto riguarda il clima.
• B2 - Local Stewardship (sviluppo economico di tipo conservazionista e localista): la famiglia B2
descrive un mondo in cui viene data importanza alle soluzioni locali per la sostenibilità economica,
sociale ed ambientale. E' un mondo con una popolazione globale in continuo aumento, anche se ad
un tasso inferiore rispetto agli scenari A2, livelli intermedi di sviluppo economico ed un
cambiamento tecnologico più rapido e più differenziato rispetto agli scenari B1 e A1. Mentre
quegli scenari sono anche orientati verso la protezione ambientale e una equità sociale, questi si
focalizzano a livello locale e regionale.
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Con il termine “localista”, in opposizione a quello di “globalizzato”, si intende uno sviluppo dove
dominano le soluzioni economiche caratterizzate da scarsa diffusione delle tecnologie e con ridotto
flusso di scambio dei beni su scala globale. Il termine “conservazionista” indica invece uno
sviluppo dove le innovazioni tecnologiche non sono adeguatamente utilizzate e si preferiscono
tecnologie più obsolete, ma ad un minor costo di impiego. Infine, “consumista” ed “individualista”
si riferiscono alle dinamiche di utilizzo dei beni rispettivamente se questi vengono usati
prevalentemente seguendo logiche collettive oppure logiche di scelta singole.
Tabella 1 - Scenari proposti dall’IPCC
Figura 1 – Riscaldamento globale della superficie terrestre
Le linee spesse sono le medie globali di più modelli di riscaldamento della superficie (rispetto al
periodo 1980 – 1999) per gli scenari A2, A1B, e B1, mostrati come la continuazione delle
simulazioni per il XX secolo. Le aree ombreggiate indicano l’intervallo di più o meno una
deviazione standard delle medie annuali di ogni singolo modello. La linea arancione si riferisce
all’esperimento in cui le concentrazioni sono mantenute costanti ai valori dell’anno 2000.
Ogni scenario avrà differenti emissioni di gas serra con conseguenti variazioni delle variabili
climatiche. L’entità del cambiamento climatico futuro dipenderà quindi principalmente dalle
emissioni di gas serra e dalla sensibilità del clima a questi gas. Dalla Figura 1 si nota che alla fine
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del XXI secolo il maggior riscaldamento della Terra si ha con uno scenario di tipo A2, con un
incremento della temperatura superiore a 3°C.
5 - L’effetto serra
La radiazione solare rappresenta la principale fonte di energia del sistema climatico; essa
attraversa l’atmosfera (la quale risulta quasi trasparente alla radiazione ultravioletta e luminosa
visibile), in parte viene riflessa e in parte assorbita dalla superficie terrestre e dall’oceano che si
scaldano e a loro volta emettono parte della radiazione assorbita sotto forma di radiazione
infrarossa (vedi Figura 3).
Una parte di questa radiazione è assorbita da alcuni gas presenti nell’atmosfera: in ordine di
importanza sono: il vapor acqueo (H2O), l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), l’ossido di
azoto (N2O), l’ozono troposferico (O3) ed altri gas presenti in quantità molto modeste. L’insieme di
questi gas rappresentano i cosiddetti “gas serra” “Green House Gases – GHG) (vedi Figura 2).
Figura 2 - Distribuzione dei gas serra nell’atmosfera
L’energia assorbita da questi gas viene riemessa in tutte le direzioni contribuendo a riscaldare la
superficie terrestre. Questo fenomeno è del tutto naturale ed è chiamato “effetto serra”; in prima
approssimazione esso aumenta all’aumentare dei GHG.
E’ grazie alla presenza dell’atmosfera e dei “gas serra” se la temperatura terrestre raggiunge in
media i + 15° C; senza l’atmosfera e gli oceani la temperatura media sulla superficie terrestre
sarebbe di circa – 18° C.
Tuttavia il meccanismo dell’effetto serra, se amplificato a causa di un aumento di GHG, può
comportare notevoli problematiche: quando la concentrazione di GHG aumenta si accumula una
maggiore quantità di energia generando un maggiore riscaldamento sia della superficie terrestre
che dell’atmosfera.
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Figura 3 – Rappresentazione schematica dell’effetto serra
La concentrazione dei gas serra (GHG) dipende in larga misura dall’evaporazione degli oceani e
dagli esseri viventi (sia dalle piante e sia dall’uomo). In particolare le concentrazioni globali di
anidride carbonica, metano e ossido di azoto sono sensibilmente aumentate a causa delle attività
umane a partire dal 1750 e allo stato attuale superano ampliamente i valori pre-industriali misurati
nelle carote di ghiaccio con le quali è possibile fare tali valutazioni andando indietro nel tempo per
diverse migliaia di anni (vedi Figura 4).
Figura 4 - Concentrazione atmosferica di GHG durevoli negli ultimi 2000 anni
Le unità di misura utilizzate in Figura 4 sono il ppm (parte per milione) ed il ppb (parte per
bilione)
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L’anidride carbonica è passata da circa 280 ppm nel 1750 a oltre 400 ppm ai giorni nostri (vedi
Figura 5). Tale aumento è dovuto principalmente all’utilizzo di combustibili fossili e al cambio di
destinazione d’uso del suolo, mentre per quanto riguarda il metano e l’ossido di azoto le cause
sono connesse principalmente all’agricoltura.
Figura 5 - Aumento della concentrazione di CO2 atmosferica negli ultimi 250 anni
I diversi scenari climatici presentati dall’IPCC a seguito di emissioni differenti di gas serra
concordano nell’individuare un progressivo aumento delle temperature.
All’orizzonte del 2100 il maggiore riscaldamento del pianeta si ottiene con uno scenario di tipo A2
con il quale è previsto un incremento superiore ai 3°C. Tuttavia, ancora secondo l’IPCC, il
surriscaldamento globale della terra proseguirà negli anni futuri anche nell’ipotesi in cui le
emissioni di gas serra dovessero rimanere costanti. In particolare, considerato che a fronte di
aumenti di temperature inferiori a 2°C si sono osservati impatti non trascurabili, l’Europa e il resto
del mondo dovranno adattarsi ad inevitabili cambiamenti, anche se gli obiettivi di stabilizzazione
fossero raggiunti.
Pertanto, la conoscenza dell’evoluzione futura assume una grande importanza strategica
soprattutto per settori fortemente dipendenti dalle variabili maggiormente interessate dal
cambiamento climatico, ad esempio quello della gestione delle risorse idriche.
6 - L’aumento della temperatura a livello globale
6.1 - Modalità di analisi
Il progresso nella comprensione di come il clima stia cambiando nello spazio e nel tempo è stato
ottenuto attraverso la presenza di un maggior numero di datasets che sono stati estesi e migliorati,
grazie ad una migliore qualità dei dati, una più ampia copertura geografica, una miglior
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comprensione delle incertezze e una più ampia varietà di misure. A partire dagli anni 60 sono
disponibili osservazioni sempre più complete di ghiacciai e copertura nevosa, e da circa dieci anni
anche per il livello del mare e la copertura di ghiaccio. Tuttavia la copertura di dati non è
omogenea a livello globale.
6.2 - Tendenze del passato
Dalla fine del 19-esimo secolo, le registrazioni di temperatura media globale hanno mostrato una
tendenza al riscaldamento che è stata particolarmente rapida nelle decadi più recenti.
Tre analisi indipendenti di temperatura media globale eseguite utilizzando registrazioni di
osservazioni vicino alla superficie (HadCRUT3, NOAA NCDC e NASA-GISS) mostrano
riscaldamenti simili nella decade dal 2002 al 2011 rispetto alle temperature pre-industriali
(rispettivamente di 0.77 °C, 0.78 °C e 0.80 °C). Questo riscaldamento corrisponde a più di un terzo
dei 2°C di riscaldamento permessi in base agli obiettivi di stabilizzazione di UE e UNFCCC.
La figura 6 a sinistra mostra le stime (basate su misure strumentali) di temperatura dell'aria a 2 m
di quota sul terreno e temperatura superficiale marina osservate da navi e boe. Le varie stime
differiscono leggermente poiché le fonti di dati differiscono nel modo in cui viene effettuata
l’analisi dati e riempiti i gaps (dati mancanti).
Il riscaldamento termico globale durante l'ultimo secolo è stato in media intorno a 0,07 °C per
decennio (per tutte le tre analisi mostrate in Figura 6). Il tasso di variazione aumenta fino a circa
0,15°C per decade se si considera la media sugli ultimi 50 anni e tra 0,17 e 0,22 se si considerano gli
ultimi 20 anni. Questo tasso è vicino al limite indicativo di 0,2 °C per decennio proposto da alcuni
studi scientifici.
Figura 6 – cambiamento di temperature globale (1850-2011)
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L’Accademia Nazionale delle Scienze degli USA, su richiesta del Congresso statunitense, ha svolto
un’indagine riconsiderando i dati storici e di ricostruzione climatica degli ultimi mille anni
mediante l’analisi di pollini, anelli degli alberi, estensione dei ghiacci ecc. ed ha concluso che quasi
sicuramente le temperature globali medie delle ultime decadi sono state più alte di qualunque
altro periodo, di lunghezza confrontabile, negli ultimi quattrocento anni. Inoltre è plausibile che,
nelle ultime decadi, l’emisfero nord del nostro pianeta sia stato addirittura più caldo che in
qualunque altro periodo, di lunghezza confrontabile, negli ultimi mille anni.
Anche la velocità di aumento della temperatura sta cambiando infatti è quasi raddoppiata negli
ultimi 50 anni rispetto al ventesimo secolo.
A livello globale 9 dei 10 anni che detengono il record delle temperature più alte (vedi Figura 7) si
concentrano nel decennio appena trascorso, con il 2010 che si è rivelato, assieme al 2005, in
assoluto l’anno con l’anomalia termica più alta (+0,62°C) rispetto alla media del periodo 1901 –
2000.
Figura 7 - Classifica dei 50 anni più caldi dal 1880 rispetto alla media del periodo di riferimento 1961 1990
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6.3 - Proiezioni e scenari futuri
L’aumento della temperatura a seguito dell’incremento delle emissioni dei gas a effetto serra è un
elemento sul quale tutti gli scenari presentati dall’IPCC sono convergenti. Pertanto, l’entità del
cambiamento climatico futuro dipenderà fondamentalmente dalle emissioni di tale gas e dalla
sensibilità del clima a questi gas.
L’IPCC dopo un attento esame dei dati pubblicati e un’ampia discussione scientifica ha concluso
nel 4° rapporto tecnico pubblicato nel 2007 che “il riscaldamento globale è inequivocabile”.
La stima per il riscaldamento medio per il prossimo futuro (2011–2030) confrontato con il 1980–
1999 è tra + 0.64 °C e + 0.69 °C in base ad un range di possibili scenari di emissione futuri (scenari
SRES dell'IPCC). Entro la metà del secolo (2046–2065), si nota ancora un aumento previsto tra + 1.3
°C e + 1.8 °C per gli stessi modelli e scenari e entro il tardo 21-esimo secolo (2090–2099), questi
spaziano in un range tra + 1.8 °C e + 4.0 °C.
Quando si considerano le incertezze nel modellizzare il clima, il range probabile per il
riscaldamento globale basato sui sei scenari di emissione SRES si estende a 1.1 - 6.4°C.
Per confronto, la differenza della temperatura media globale tra la attuale fase calda e la più fredda
fase nel più freddo periodo glaciale (circa 22 000 anni fa) è di circa 5÷6 °C.
Il riscaldamento globale sta inducendo importanti effetti sull’atmosfera, sull’idrosfera, sulla
criosfera, sulla biosfera e sulla complessa rete di interazioni che intercorrono tra loro.
Il futuro riscaldamento della terra riguarderà anche altri aspetti del sistema climatico,
comportando un aumento nei livelli del mare, una variazione negli regimi di precipitazione e
cambiamenti negli estremi meteorologici e climatici.
Ci si aspetta un riscaldamento particolarmente elevato alle alte latitudini e un aumento delle
precipitazioni nella maggior parte delle regioni tropicali e alle alte latitudini e una diminuzione
delle precipitazioni nella maggior parte delle regioni sub-tropicali.
Le temperature globali più alte determinano un aumento del calore delle acque oceaniche, sia in
superficie che in profondità. A causa della dilatazione termica dell’acqua e della fusione dei ghiacci
terrestri, nell’ultimo secolo il livello del mare è aumentato di circa 1,8 mm/anno con notevoli
interferenze da un bacino all’altro e una forte tendenza all’accelerazione nella crescita nelle ultime
decadi. Questo aspetto risulta particolarmente preoccupante per il Mediterraneo dove vi sono
grandi concentrazioni di popolazione in zone di possibile sommersione marina o di danni prodotti
dalle onde.
Nel settembre 2007 la copertura dei ghiacci ha raggiunto il minimo storico di 4,1 milioni di Km2,
con una perdita di circa la metà rispetto ai valori degli anni 50. Stesso fenomeno anche per il
ghiaccio marino artico il cui spessore dal 1975 al 2000 è diminuito del 33%, da 3,7 a 2,5 m circa.
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7 - L’aumento della temperatura in Europa e nel bacino del Mediterraneo
7.1 - Tendenze del passato
In questi ultimi anni si è registrato un numero eccezionalmente ampio di ondate di calore record in
varie parti del mondo. Le 5 estati più calde in Europa negli ultimi 500 anni sono tutte avvenute
nella decade 2002 – 2011 (vedi Figura 8).
Figura 8 – Temperatura estiva europea (1550 – 2010)
Nel 2003 l’Europa occidentale ha subito l’estate più calda degli ultimi 500 anni con temperature
che in Svizzera hanno superato di 2,4° C il precedente record. La Grecia ha avuto l’estate più calda
nel 2007 con temperature estive che ad Atene hanno superato di 3,3° C la media del periodo 1961 –
1990, mentre la Russia ha avuto nel 2010 una ondata di calore record nel mese di luglio con
temperature che a Mosca hanno superato di 2,5° C il precedente record.
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In Europa l’aumento medio di temperatura per decade sulle aree corrispondenti alle terre emerse è
stato di 1,3° C (± 0.11° C) tra il periodo pre-industriale e la decade dal 2002 al 2011.
La variabilità interannuale della temperatura sull’Europa è generalmente molto più alta in inverno
che in estate; mentre la tendenza relativamente rapida al riscaldamento a partire dagli anni 1980 è
molto più evidente in estate (vedi Figura 9).
Figura 9 – Variabilità interannuale della temperatura in Europa
Un intenso riscaldamento è stato registrato negli ultimi 50 anni nella penisola Iberica, nell’Europa
centrale e del nord-est e nelle regioni montuose. Negli ultimi 30 anni il riscaldamento maggiore si è
avuto nella Scandinavia, soprattutto nel periodo invernale; mentre nel periodo estivo è la penisola
Iberica quella più interessata.
La variazione nelle temperature riguarda anche il mare ed in effetti nel Mediterraneo la
temperatura superficiale dell’acqua negli ultimi 30 anni indica un aumento di gran lunga superiore
a quello registrato globalmente negli oceani (0.7° C conto 0,3° C).
Inoltre l’estate del 2009 ha mostrato anomalie consistenti nel periodo giugno – agosto con 1° C
sopra la media in tutto il Mediterraneo.
7.2 - Proiezioni e scenari futuri
I modelli climatici globali (GCM Global Climate Models) hanno la massima risoluzione spaziale su
celle dell’ordine del centinaio di chilometri di lato e non possono essere usati per studi sul
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CAP 8
cambiamento climatico ad impatto locale. Questo problema è superato con procedure di
“downscaling” (abbassamento di scala) dei modelli climatici globali.
Dalla proiezione dei modelli attuali il bacino del Mediterraneo è un’area particolarmente sensibile
al cambiamento climatico, soprattutto nel periodo primavera - estate che in futuro dovrebbe
diventare molto più caldo e secco.
Nei prossimi decenni il riscaldamento globale comporterà, con buone probabilità, un aumento
degli episodi estremi in Europa e in Italia, sia nel senso di precipitazioni intense che di ondate di
calore e una maggiore incidenza di eventi siccitosi. Possono diventare molto probabili incrementi
di temperature medie estive anche di 4° C rispetto al triennio 1961 – 1990.
Un impatto particolarmente forte è atteso per le aree montane sul regime delle precipitazioni,
anche nevose, con conseguenze sulla quantità e qualità dell’acqua disponibile per uso potabile,
industriale e energetico.
In base ai risultati del progetto ENSEMBLES, si prevede che la temperatura media sull’Europa
continui a crescere durante il XXI secolo e che la temperatura media annuale sulle terre emerse in
Europa cambi più della temperatura globale sulle terre emerse (vedi Figura 10).
Figura 10 – Risultati progetto ENSEMBLES
15
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
L’aumento della temperatura media annuale sull’Europa rispetto al periodo di riferimento 1961 –
1990 è previsto da 1,0° C a 2,5° C per il periodo 2021 – 2050 e da 2,5° C a 4,0° C per il periodo 2071 –
2100.
Si prevede che in inverno il riscaldamento sia maggiore nell’Europa del nord-est e nella
Scandinavia, mentre in estate sia maggiore nell’Europa del sud.
Questi dati confermano nella sostanza quanto già riportato in un precedente studio condotto da
Giannakopoulos et al., (2005) (1) dove si prevedeva che nella regione del Mediterraneo tra il 2030 ed
il 2060 si potrebbe verificare un rialzo delle temperature medie annuali da 1° a 3° C.
Lo studio prevede che le temperature aumenteranno su tutto il bacino ed in particolare il maggiore
incremento si registrerà nei paesi più a sud, nei Balcani, in Spagna e nell’Italia settentrionale, con
variazioni tra 4°-5° C nel periodo estivo e di 2° C in quello invernale.
A livello stagionale si prevede:
-
periodo invernale: incremento di 2° C in quasi tutto il bacino del Mediterraneo
periodo primaverile: incremento della temperatura ovunque tranne che nell’Italia
meridionale;
periodo estivo: incremento della temperatura di 4°-5° C soprattutto in Spagna, Italia
settentrionale, Balcani e Algeria;
periodo autunnale: incremento di 2° C in quasi tutto il bacino.
In definitiva il maggior riscaldamento è atteso nell’entroterra piuttosto che lungo la costa, in
particolar modo nel periodo estivo.
Le conseguenze, nel caso questi scenari si dovessero verificare, sarebbero una più lunga stagione
di crescita della vegetazione a latitudini alte (maggiori di 60°) e medio alte (tra 45° e 60°), mentre
alle latitudini medio basse si avrebbe un incremento del tasso di evapotraspirazione e una
limitazione di crescita della vegetazione.
7.3 - Tabella riassuntiva dei cambiamenti osservati e previsti:
Nella sottostante Tabella 2 sono riassunti gli effetti del cambiamento climatico sui seguenti
indicatori:
-
cambiamenti nel sistema climatico (variabili chiave per il clima e la criosfera, idrosfera,
biosfera)
impatto climatico sui sistemi ambientali (oceano e ambiente marino, zone costiere, quantità e
qualità dell'acqua, ecosistema terrestre e biodiversità, e suolo)
(1) GIANNAKOPOULOS C., BINDI M., MORIONDO M., LE SAGER P., TIN T., 2005. Climate ch’ange impacts
in the Mediterranean resulting fron a 2à C global temperature rise. Report for WWF, 1 july 2005.
16
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
Tabella 2 - cambiamenti osservati e previsti
Cosa è già successo
Cosa potrebbe succedere
Tre lunghe registrazioni indipendenti di
temperatura annua media globale mostrano
che la decade tra il 2002 e il 2011 è stata da
0.77°C a 0.8°C più calda rispetto alla media
pre-industriale. L'artico si è riscaldato assai
di più rispetto al globo nel suo intero.
È prevista una ulteriore crescita della
temperatura media globale tra gli 1.1 e i
6.4 °C entro il 2100 anche tenendo in
considerazione le incertezze del modello
climatico. Si prevede che l'obiettivo
dell'UE di limitare l'aumento della
temperatura media globale a +2°C rispetto
ai livelli dell'epoca pre-industriale venga
superato durante la seconda metà di
questo secolo, invece per gli scenari che
non assumono alcuna politica di
mitigazione il superamento è previsto
intorno al 2050. Si prevede che l'Artico si
scaldi più del resto del globo.
Temperatura
Europea
La temperatura media per l’Europa per
l’ultima decade (2002-2011) è di circa1.3°C
superiore rispetto al livello pre-industriale,
ed è la decade più calda. Le ondate di calore
sono aumentate in frequenza e durata.
Si prevede che la temperatura in Europa
aumenti tra i 2.5°C e i 4.0°C entro il 20712100. Il maggior aumento di temperatura
durante il 21-esimo secolo è previsto nel
periodo estivo nella parte orientale e
settentrionale dell’Europa. Si prevede che
nel 21-esimo secolo le ondate di calore
diventino più frequenti e di maggiore
durata.
Precipitazioni
I cambiamenti nelle precipitazioni in Europa
mostrano una maggiore variabilità spaziale e
temporale rispetto alla temperatura. Dalla
metà del ventesimo secolo, le precipitazioni
annue stanno generalmente aumentando
nella maggior parte del nord Europa,
principalmente in inverno, ma stanno
diminuendo in molte parti dell’Europa
meridionale.
Nell’Europa
occidentale
l’aumento delle precipitazioni è dovuto
principalmente a eventi con piogge intense,
mentre non si registrano significativi
cambiamenti nel numero dei giorni
consecutivi di pioggia.
La maggior parte delle previsioni dei
modelli mostrano un progressivo aumento
delle precipitazioni nel nord Europa
(principalmente durante l’inverno) e una
diminuzione
nel
sud
Europa
(principalmente in estate). Si prevede che
tenda ad aumentare il numero di giorni
con forti precipitazioni.
Temporali
Le osservazioni di localizzazione, frequenza
ed intensità dei temporali mostrano una
notevole variabilità in Europa nel ventesimo
secolo. La frequenza dei temporali mostra un
generale aumento dagli anno 60 agli anni 90,
seguito da una diminuzione fino ad oggi.
Le proiezioni disponibili sul cambiamento
climatico
non
danno
una
chiara
indicazione
per
quanto
riguarda
localizzazione, frequenza e intensità
dell’attività temporalesca.
Variabili
climatiche chiave
Temperatura
globale
17
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
Cosa è già successo
CAP 8
Cosa potrebbe succedere
Impatto del clima
sui sistemi
ambientali:
Oceano e sistema
marino
Temperatura
superficiale
marina
La temperatura superficiale dell’acqua nei
mari europei è aumentata più rapidamente
rispetto agli oceani. La velocità con cui è Si prevede che la temperatura superficiale
aumentata la temperatura superficiale marina cresca più lentamente rispetto alla
dell’acqua in tutti i mari europei durante gli temperatura atmosferica.
ultimi 25 anni è la maggiore mai misurata in
periodi di uguale durata.
Zone costiere
Nel ventesimo secolo le misure mostrano
Crescita del livello una crescita globale del livello medio del
del mare globale mare attorno a 1.7 mm/anno. Le misure da
ed europeo
satellite mostrano nelle ultime due decadi
una crescita di circa 3 mm/anno.
Erosione costiera
Circa un quarto della linea di costa
dell’Europa per la quale sono disponibili dati
si sta attualmente erodendo in parte a causa
dell’aumento delle attività umane nella zona
costiera.
Non sono disponibili previsioni di
erosione costiera. Ci si aspetta che il futuro
cambiamento climatico acceleri questo
fenomeno a causa dell’aumento del livello
del mare.
Quantità e qualità
dell'acqua dolce
Piene fluviali
Si prevede che il riscaldamento globale
intensifichi il ciclo idrologico e aumenti la
presenza e la frequenza di eventi di piena
in gran parte dei fiumi europei. Si prevede
che anche le piene “pluviali”, e in
particolare le cosiddette “flash floods”, che
sono innescati da eventi di pioggia
Dal 1980 in Europa sono avvenute più di 325
localmente intensi, diventino più frequenti
piene fluviali, di cui più di 200 sono
in tutta Europa. In regioni in cui è prevista
avvenute dopo il 2000
una riduzione dell’accumulo di neve
durante l’inverno (ad esempio nell’Europa
del nord-est) il rischio di piene all’inizio
della primavera potrebbe diminuire.
Comunque sono ancora incerte le
proiezioni quantitative per la frequenza e
l’intensità delle piene.
Secche fluviali
L’Europa è stata soggetta a diversi eventi
siccitosi nelle recenti decadi, come la siccità
catastrofica associata con l’ondata di calore
dell’estate 2003 nella parte centrale del
continente e la siccità del 2005 nella Penisola
Iberica. L’intensità e la frequenza degli
eventi siccitosi risulta aumentata in parte
dell’Europa, in particolare nell’Europa
meridionale.
Le regioni più inclini ad un aumento del
rischio
di
siccità
sono
l’Europa
meridionale e del sud-est, ma è previsto
che i minimi di flusso dei fiumi
diminuiscano significativamente in molte
altre parti del continente, soprattutto in
estate.
18
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
Cosa è già successo
Temperatura
dell'acqua
CAP 8
Cosa potrebbe succedere
Si prevede che le temperature superficiali
La temperatura dell’acqua nei principali
dell’acqua di fiumi e laghi aumentino in
fiumi e laghi europei è aumentata di 1°÷3°C
seguito ad un ulteriore aumento della
nel secolo scorso.
temperatura dell’aria.
La durata della copertura di ghiaccio dei
Copertura
laghi e dei fiumi europei si è abbreviata ad È prevista una ulteriore riduzione della
ghiacciata di fiumi
una velocità media di 12 giorni al secolo durata della copertura ghiacciata dei laghi.
e laghi
negli ultimi 150-200 anni.
Suolo
Circa 130 milioni di ettari nell’UE sono
soggetti ad erosione del suolo da parte
dell’acqua, di cui circa il 20% mostrano una
perdita di suolo in eccesso di 10
Erosione del suolo
t/ettaro/anno. Circa 42 milioni di ettari di
terra sono invece soggetti a erosione da parte
del vento, su circa un milione di ettari
l’erosione è particolarmente intensa.
Ci si aspetta che un aumento nella
variazione del regime delle precipitazioni
piovose e della loro intensità renda il
terreno più suscettibile all'erosione da
parte dell'acqua e un aumento dell'aridità
del suolo per eventi siccitosi renda il
terreno, soprattutto quello a “grana più
fine” più vulnerabile all'erosione del
vento. Tuttavia non sono disponibili
previsioni quantitative affidabili.
Le previsioni suggeriscono una riduzione
Non c'è una chiara indicazione sui trend nell'umidità del suolo in estate nella
passati per la ritenzione dell'acqua nel suolo maggior parte dell'Europa, significative
Umidità del suolo
in Europa a causa della mancanza di dati riduzioni nella regione del Mediterraneo, e
sistematici e armonizzati.
un aumento nella parte nord-est
dell'Europa.
8 - La situazione in Italia
Tutti gli studi fatti a livello globale sono concordi nel sostenere che la temperatura media è
aumentata di un valore compreso tra 0,6 e 0,8° C negli ultimi 150 anni rispetto al periodo di
riferimento 1951 - 1980 (vedi Figura 11).
Figura 11 - Grafico-linea della variazione della media-annua globale della temperatura dell'aria alla
superficie (1951-1980)
19
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
Le barre di incertezza (limiti di confidenza 95%) che sono indicate sia per le medie annuali e che
quinquennali, rappresentano solo l'incompleto campionamento spaziale dei dati. (Fonte:
GISTEMP).
Il riscaldamento però non è stato uniforme su tutto il pianeta in quanto particolari condizioni locali
dovute alla morfologia del territorio, alla latitudine, alla vicinanza del mare, all’esposizione ai
venti, hanno fatto sì che certi territori presentino variazioni maggiori o minori rispetto alla media
globale.
L’Italia negli ultimi 150 anni ha avuto un trend in crescita rispetto alla media globale riferita allo
stesso periodo 1951 – 1980. Il trend non è costante ma presenta periodi con crescita negativa o
nulla; in particolare nella prima parte del 20-esimo secolo si sono avute variazioni di temperatura
molto inferiori rispetto alla media globale; è seguito poi un brusco incremento a cavallo degli anni
1920-30; poi, fino alla fine degli anni 70, si è avuto un allineamento alla media globale con una
alternanza di anni con variazioni positive e negative. Dalla fine degli anni 70, su tutto il territorio
nazionale, si è avuto un rapido incremento delle anomalie di temperature decisamente superiore
rispetto alla media globale (vedi Figura 12).
Figura 12 - Anomalia in Italia e globale rispetto al 1951 – 1980.
L’Italia possiede una banca dati strumentali sulle temperature tra le maggiori al mondo; ciò ha
consentito all’ISAC – CNR di ricostruire dal 1800 fino ai giorni nostri l’andamento delle anomalie
di temperatura, rispetto al periodo di riferimento 1951-1980 (vedi fig. 13).
L’andamento generale mostra fino al 1860 un periodo freddo, segue poi un progressivo
riscaldamento fino al 1950. Dopo una stasi di circa trenta anni, dal 1980 la temperatura è salita
molto rapidamente con una anomalia complessiva di 1,2° C. Questo dato è assai superiore rispetto
al valore 0,7°- 0,8° C registrato a livello globale e riferito allo stesso periodo di confronto 1951-1980
(vedi Figura 13)
20
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
Figura 13 - Anomalia in Italia rispetto al 1951 – 1980
Linea nera: dati annuali; linea rossa dati con filtro di 15 anni.
L’anomalia risulta leggermente inferiore se i valori di temperatura sono confrontati con un diverso
periodo di riferimento.
Per lo stesso arco temporale 1800 – 2010 ISAC – CNR confronta i dati di temperatura con il periodo
di riferimento 1971 – 2000, ottenendo una anomalia di 0,7° ÷ 0,8° C. Dal 2000 le anomalie di
temperatura media sono rimaste praticamente costanti (vedi Figura 14).
Figura 14 - Anomalie termiche annuali in Italia dal 1800 rispetto al periodo di riferimento 1971 - 2000
(Fonte: ISAC - CNR)
21
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
Il decennio appena trascorso è analizzato più in dettaglio nello studio presentato dall’ISTAT nel
2010 sull’andamento meteorologico in Italia effettuato sulla base di rilevazioni provenienti da circa
150 stazioni meteorologiche, in collaborazione con il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione
in Agricoltura - Unità di Ricerca per la Climatologia e la Meteorologia applicata all’Agricoltura
(CRA – CMA).
Per il decennio 2000 – 2009 sono stati analizzati i dati annuali sulle temperature e le precipitazioni
con dettaglio territoriale nazionale, regionale e provinciale. Le grandezze meteorologiche del
decennio preso in esame sono state confrontate con i dati relativi al trentennio 1971 – 2000,
utilizzato anche da ISAC – CNR per l’analisi delle anomalie termiche dal 1800 in poi.
L’analisi dell’ISTAT ha interessato sia le anomalie di temperatura che di precipitazione.
Temperature
Lo studio ha confermato a livello nazionale che per il decennio 2000 – 2009 la temperatura media
annua, pari a 13,3° C, è risultata più alta di 0,8° rispetto al periodo climatico 1971 – 2000 (vedi
Figura 15). Anche la temperatura massima (18,0° C) e minima (8,5° C) sono risultate più alte dei
rispettivi valori climatici di 0,9° e 0,6°. In tutti gli anni del decennio, ad eccezione del 2005, le
temperature medie, massime e minime hanno registrato valori climatici sempre superiori a quelli
di riferimento. Il 2003 è stato l’anno più caldo del decennio con una temperatura media di 13,9° C.,
dovuta principalmente agli elevati valori di temperatura massima registrati nel corso dell’anno,
più alti di ben 2,1° rispetto ai valori climatici di riferimento.
Figura 15 - Scarto della media della temperature media, massima e minime e delle precipitazioni totali nel
decennio 2000 – 2009 rispetto al valore climatico di riferimento del periodo 1971 – 2000 (Fonte: CRA –
CMA)
Nel decennio 2000 – 2009, in tutto il territorio nazionale, la temperatura massima è stata osservata
sempre in aumento rispetto ai valori del periodo di riferimento 1971 – 2000 (vedi Figura 16) con
uno scarto positivo massimo nel 2003, mentre la temperatura minime presenta anch’essa scarti
positivi, ad eccezione del 2005, con uno scarto massimo nel 2009 (vedi Figura 17).
22
Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
Figura 16 - Scarto della media annua della
temperatura massima dal corrispondente valore
climatico per ripartizione geografica nel decennio
2000 – 2009 rispetto al valore climatico di
riferimento del periodo 1971 – 2000 (Fonte: CRA –
CMA)
CAP 8
Figura 17 - Scarto della media annua della
temperatura minima dal corrispondente valore
climatico per ripartizione geografica nel decennio
2000 – 2009 rispetto al valore climatico di
riferimento del periodo 1971 – 2000 (Fonte: CRA –
CMA)
Negli ultimi due anni il 2011 e il 2012, la temperatura media osservata è stata rispettivamente di +
1° C e + 1,02° C superiore alla media del periodo di riferimento 1971 – 2000 (fonte ISAC – CNR),
quindi con un valore superiore rispetto alla media del decennio 2000 – 2009 dove è stato registrato
un valore di + 0,8° C rispetto allo stesso periodo di riferimento.
In ambito nazionale, la graduatoria dei dieci anni più caldi dal 1800 a oggi elaborata dall'ISAC e
riferita al 2011 è: 2003, 1994, 2000 e 2011, 2007, 2001, 2002, 2009, 2008 e 2006. Si può notare come
queste prime dieci posizioni siano praticamente monopolizzate da anni successivi al 2000
(mancano solamente il 2004, al quindicesimo posto, e il 2010). Per contrasto, l'anno più freddo dello
stesso periodo è stato il 1816, con -2,63 gradi sotto la media.
Il 2011 è risultato il terzo anno più caldo dal 1800, e il primo più caldo per le regioni del nord Italia
con una anomalia di circa +1,35°C. Il contributo maggiore è stato dato dalla primavera, risultata la
quinta più calda del periodo di riferimento con una anomalia di circa +1,43°C, e dall’autunno,
risultato il quarto più caldo con una anomalia di +1,33°C. Anche l’estate è risultata superiore alla
media con una anomalia di circa +0,83°C, mentre sostanzialmente nella media è stato l’inverno
(dicembre 2010-febbraio 2011).
A livello globale, stando alle rilevazioni della World Meteorological Organization, il 2011 occupa il
decimo posto con un'anomalia di +0.41 gradi rispetto alla media del periodo 1961-1990.
Il 2012, con riferimento alla serie storica che inizia dal 1800, si pone come quinto più caldo per
l’Italia, nonostante l’ondata di freddo della prima metà del mese di febbraio e alcune settimane
fresche del mese di aprile. Nella media annuale della temperatura ha inciso la lunga e calda estate
che ha notevolmente influito sul bilancio termico annuale.
Nel dettaglio la mappa delle anomalie evidenzia bene come i maggiori scarti positivi si siano
verificati sulle regioni centrali (nei settori interni oltre 1,5° C). In altre regioni si sono avuti scarti
termici di 1° C rispetto alle medie annuali riferite al triennio 1971 – 2000.
Precipitazioni
L’aumento della temperatura della superficie del mare e dell’aria influisce su diverse componenti
del ciclo idrologico. Dall’analisi delle maggiori anomalie nelle precipitazioni di questi ultimi venti
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Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
anni risulta che molti eventi estremi sono spiegabili con le modificazioni nella circolazione delle
masse d’aria alle basse e medie latitudini che si riflettono sulla distribuzione dei centri di alta a
bassa pressione. Questi centri hanno effetti rilevanti sul Nord Atlantico e influiscono sui valori
dell’indice NAO (Nord Atlantic Oscillation), calcolato come differenza di pressione fra il Mar
d’Islanda e le Azzorre. Con un indice positivo le perturbazioni atlantiche si spostano verso il Nord
Europa provocando siccità nelle zone meridionali europee. Con indice negativo avremo tempo
umido nel Sud Europa e secco al Nord.
Fluttuazioni interannuali dell’indice NAO sono responsabili delle variazioni di precipitazione in
Europa con incrementi al Nord e contrazioni nel bacino del Mediterraneo.
I dati di precipitazione in Italia elaborati dall’ISAC – CNR dal 1800 ai giorni nostri e confrontati
con il periodo di riferimento 1971 – 2000, mostrano che l’oscillazione interannuale nelle
precipitazioni è una costante ma evidenziano anche la progressiva tendenza a una riduzione delle
precipitazioni (vedi Figura 18).
Figura 18 - Anomalie delle precipitazioni in Italia dal 1800 rispetto al periodo 1971 - 2000 (fonte ISAC –
CNR)
Il decennio appena trascorso (2000-2009) è stato analizzato in dettaglio dell’ISTAT nello studio
presentato nel 2010.
Lo studio fornisce un dato medio di precipitazione di 763 mm a livello nazionale; confrontato con
il periodo di riferimento 1971 - 2000 risulta uno scarto negativo di 30 mm di pioggia (fig. 15).
Nel decennio 2000 – 2009 le precipitazioni medie annue hanno avuto un andamento altalenante
con anni di forte siccità e anni con valori leggermente sopra la media rispetto al trentennio di
riferimento 1971 – 2000 (vedi Figura 19).
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Autorità Idrica Toscana - Piano di Ambito – Appendice 8.1
CAP 8
Figura 19 – Scarto percentuale della precipitazione media nel decennio 2000 – 2009 rispetto al valore
climatico di riferimento del periodo 1971 – 2000 in Italia (Fonte: CRA – CMA)
Gli ultimi due anni (2011 e 2012) registrano ancora anomalie pluviometriche negative rispetto a
periodo di riferimento 1971 – 2000.
Nel 2011 le precipitazioni dell’anno sono state di poco inferiori alla media (-13%) rispetto al
periodo di riferimento. Nessuna stagione ha presentato un segnale particolarmente marcato,
tuttavia è da mettere in evidenza che l’estate e l’autunno sono state caratterizzate da precipitazioni
inferiori alla media rispettivamente con -19% e -16%, mentre per la primavera e l’inverno le
precipitazioni sono state sostanzialmente nella media
Il 2012 ha visto uno scarto negativo del 6% a livello nazionale, ponendosi al 47-esimo posto come
anno più secco dal 1800. Nel dettaglio le aree che più hanno sofferto la carenza di piogge sono state
le regioni centrali dove il deficit pluviometrico supera il 25%. Molto piovosa è stata la Sicilia,
mentre altrove è piovuto leggermente meno con scarti percentuali negativi del 10%.
Mentre per le temperature i modelli climatici a disposizione consentono di fare delle valutazioni a
medio- lungo periodo, ciò è ancora molto difficile per le precipitazioni essendo queste influenzate
dallo spostamento delle masse d’aria e dall’oscillazione della NAO. Quest’ultima non sembra al
momento prevedibile con precisione né da modelli stagionali né da modelli globali per la natura
caotica del sistema atmosferico.
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