Storia della musica moderna e contemporanea Prof. Cesare Fertonani Corso 2009-2010 Always Let Me Go: storia e fenomenologia della musica di Keith Jarrett ELENCO DELLE MUSICHE E DEI VIDEO MODULO B * Keith Jarrett - The Art of Improvisation [84’ + 24’ bonus] DVD Video, Directed and narrated by Mike Dibb EuroArts 2054119 2005 * Miles Electric. A Different Kind of Blue DVD Video, Murray Lerner Producer/Director Eagle Rock EREDV 263, 2003 Track 11 - Call It Anything [38’] Isle of Wight, 29 agosto 1970. Miles Davis, tp Gary Bartz, as, ss Chick Corea, ep Keith Jarrett, org Dave Holland, b Jack DeJohnette, d Airto Moreira, perc Dopo il successo di Bitches Brew (1969), con 500.000 copie vendute e l’album di maggior successo commerciale della storia del jazz (ma si trattava poi in effetti di jazz?) ecco la partecipazione al grande concerto rock e pop dell’isola di Wight. Davanti a 600.000 persone. Eccitazione elettrica. Miles leader nel senso che detta il groove, i tempi, le svolte di un discorso improvvisativo molto fluido e libero in cui tutti sono protagonisti (ma le tastiere suonano sempre con un contributo ritmico). Beat, impulso rock al di sopra del quale si sviluppa l’improvvisazione (quasi free): caleidoscopio di colori e atmosfere con enfasi posta su ritmo e melodia. Interplay basato sull’ascolto e sull’attenzione dell’ascolto degli altri che si trasforma in suono (intuizione, anticipazione, sollecitazione, imitazione e ripresa di gesti, motivi, figure eccetera), cooperazione improvvisativa guidata ma non controllata da Miles che non voleva che i musicisti della band sapessero prima o pensassero a ciò che avrebbero suonato dopo. Inoltre, comunicazione verbale tra Miles e i musicisti ridotta al minimo, spesso a brevi indicazioni allusive. Comunque, a ogni intervento, a ogni entrata di Miles succede qualcosa. L’impressione è che i musicisti della band, tutti di formazione e provenienza jazzistica, partecipino affascinati ma anche un poco spaesati all’impresa a causa di Miles e del suo carisma: musicisti jazz che, sperimentando e mettendosi alla prova ma anche snaturandosi, suonano rock o funky (emblematico ed estremo il caso di Jarrett, che detestava già da allora gli strumenti elettrici e suonò l’organo elettrico soltanto per compiacere Miles). Finale simbolico: Miles lascia il palco prima della fine del pezzo lasciando alla band il compito di chiedere, a quel punto la musica va avanti ancora per un po’, ma non si sa dove e la conclusione 1 resta sospesa. Il pezzo finisce perché Miles se n’è andato e la sua musica è già da qualche altra parte. Importanza dell’esperienza per Jarrett: continua tensione innovativa di Miles, libertà nell’organizzazione di grandi arcate musicali sulla base del timing. Il timing costituisce qui infatti il principio primo organizzatore del set e degli eventi sonori che lo sostanziano: alternanza di grooves e sezioni ritmicamente libere, assoli “entrate” e “uscite” degli strumenti 43:20 45:51 47:28 48:33 50:25 51:53 53:50 54:35 55:18 57:18 58:18 58:32 1:00:01 1:00:38 1:05:07 1:06:51 1:08:02 1:09:03 1:13:04 1:16:35 Groove 1 – Miles Bartz (ss), passaggio bebop con i due fiati Sezione ritmica senza i fiati – Corea, Jarrett Rientra Miles Tempo lento, episodio della sezione ritmica Groove 2 – Miles Break, tempo lento rubato, episodio statico Groove 3 – Miles Bartz (as) Episodio ritmicamente libero Groove 4 Miles Episodio ritmicamente libero Groove 5 – Miles. Passaggio di grande tensione ed energia; verso la conclusione Jarrett in evidenza Attenuarsi della forza del groove e Miles lirico; poi il groove riprende vigore e consistenza Il groove scompare, tempo lento ed episodio contemplativo Groove 6 – Miles Bartz (as), poi sezione ritmica sola con Jarrett in evidenza Miles Miles prende la borsa e se ne va. La sezione ritmica resta sola: finale aperto? finale sospeso? * Four Tenors Charles Lloyd Quartet Charles Lloyd (ts), Keith Jarrett (p, d, ss), Ron McClure (b), Jack De Johnette (d) – 1968 (DVD idem 779-2002) Puntata di una serie di trasmissioni televisive. Love Ship [6:39] Tagore/Passing Through [20:14] Forest Flower [1:44] * The Mourning Of A Star New York, luglio-agosto 1971 (Atlantic, 8122-75355-2, 1971) Standing Outside [3:21] 2 Pezzo quasi di fusion, con ritmi latini e accattivante melodia country-pop del tema. Jarrett suona anche le congas. 00:00 Intro, rullo di piatti (d), accompagnamento del tema (p) - 8 battute 00:22 Tema, song: ABAB dove A = 8, B = 4 01:09 Due chorus 02:45 Ripresa del tema A B + Coda a sfumare All I Want [2:20] Cover, per così dire, di Joni Mitchell. Canzone dell’album Blue (1971), che contiene anche A Case of You, e che fu un grande successo anche commerciale. Su YouTube si possono ascoltare un paio di versioni d’annata di Joni Mitchell (1972, 1974). Registro country-pop, Jarrett suona anche il flauto diritto, con echi che ricordano le sonorità del quartetto con Charles Lloyd; Motian suona anche le congas. Ricreazione delle sonorità originaria del song, proposto due volte (verse-refrain) anziché tre come nell’originale. 00:00 Intro 00:13 Song * Facing You Oslo, novembre 1971 (ECM 1017 827 132-2, 1972) In Front [10:05] Trascrizione Esuberante alternanza e successione di sezioni diverse. A ogni volta variato, come refrain di un rondò, che assicura coesione a un brano di fantasia spumeggiante per il numero delle idee e il loro svolgimento in cui si coglie la ricchezza degli echi e la connessione del jazz con altre musiche americane. 00:00 A tema sghembo, varietà metrica, accentuazioni irregolari quasi cubiste nel gioco tra le mani 00:30 B sviluppo melodico, echi country o pop 00:51 A 01:01 C vamp ritmico, funky → impro 01:37 A … 01:47 … e impro 02:31 A 02:41 C → impro estesa sul vamp: momento centrale dal punto di vista propriamente impro (poco meno di 4’), a 03:40 si afferma un accompagnamento ostinato boogie, con echi del pianismo stride 06:11 D episodio melodico 07:01 ripresa del grove fondamentale → impro 07:44 E attenuazione della pulsazione e nuovo episodio melodico, quasi valzer 08:43 A in tempo molto più lento, in addolcita versione melodica (ballad) ed epilogo Lalene [8:29] Trascrizione Ballad, vena lirica quasi pop (se questo termine non implicasse un coefficiente di banalità che qui è del tutto assente). Forma di song variato, in 4/4. Gioco tra sezioni dalla metrica regolare e sezioni metricamente libere. Il tema del song è costituito di 3 parti: A – 16 bb. A’ – 16 bb. B – 4 bb. 3 00:00 Tema: A di 16 bb. 00:59 Tema: A’ di 16 bb. 01:57 Tema: B di 4 bb. quasi ritornello (chitarra) se non fosse che non ricompare più e ritransizione da A 02:18 A var, dopo 9 bb. si rompe la regolare scansione metrica 03:10 A var, dopo 4 bb. si rompe la regolare scansione metrica 03:46 A var, regolare scansione metrica 04:44 impro inizialmente chorus, poi libera che sospende il grove iniziale: momento centrale dal punto di vista propriamente impro 06:12 A var → impro 07:15 A var, tempo più lento e libertà metrica 07:59 epilogo Starbright [5:01] Trascrizione Serie di chorus a partire da un tema che è occasione per una carrellata sugli stili pianistici della storia del jazz. Virtuosismo estremo, cultura storica concentrata nei 5’ (in certo senso quasi un’anticipazione ideale di Tribute…) di un pezzo che ha la struttura formale più semplice che possa darsi e che conserva la struttura metrica del tema (sempre percepibile agli accordi della mano sinistra). La regolarità dell’articolazione interna si coglie facilmente dal minutaggio (a ogni chorus corrispondono 30’’ circa). Allusioni a blues, Art Tatum, Bud Powell sino a citazioni stride e ragtime. Tema di 8 bb., con accento sui nuclei di 2 bb.: 2 + 2 + 2 + 2. 00:00 Tema 00:30 Ch 1, blues mano ds 01:00 Ch 2 01:32 Ch 3 02:03 Ch 4 02: 35 Ch 5 03: 06 Ch 6 03:20 a metà del Ch 6 iniziano velocissimi passaggi virtuosistici che proseguono nel Ch 7 03:37 Ch 7 04:08 Ch 8 ridotto a metà chorus 04:23 Tema * The Köln Concert Trascrizione La data di un mito, 24 gennaio 1975 (2 cd ECM 1064/65 810 067-2, 1975). La storia del concerto e della registrazione: Carr, pp. 90-93. Le condizioni psicofisiche di Jarrett, la modestia dello strumento e la necessità di restare entro i limiti ristretti di uno strumento mediocre. Rapporto difficile di Jarrett con questa registrazione che pure gli ha dato celebrità planetaria (e ricchezza). Il concerto è diviso in due parti: la prima (I) coincide con un’arcata unica (26:02); la seconda è articolata in due pannelli (IIa e IIb) ed è leggermente più lunga rispetto alla prima (14:54 + 18:13). Alla seconda parte segue un’appendice come bis (IIc) (6:59). In totale 66:10. Grandi arcate, grande forma basata sulla successione di pannelli, connotati in relazione alla configurazione e alla tessitura compositiva che coincidono con delle idee o in cui accadono degli ‘eventi’ (propriamente tematici, armonici, timbrici). Processo improvvisativo sottratto ai vincoli armonici, melodici e ritmici di un materiale pre-composto (dunque molto diverso rispetto a quello basato su forme modulari di 12/32 battute) e che ha dunque la possibilità di svolgersi liberamente 4 (decisiva al riguardo l’esperienza del free) proponendo, modificando, aggregando, estendendo o sviluppando in vario modo le idee. Ancoraggio ad aree tonali o modali (nell’ordine delle grandi arcate oppure delle sezioni più brevi), e linguaggio tendenzialmente consonante e diatonico che – a differenza di altri concerti di piano solo di Jarrett – costituisce una delle cifre distintive del Concerto e ne ha contribuito al successo, insieme con gli aspetti mutiformi tipici del pianismo di Jarrett: qui moduli di ostinato, che possono essere anche la risultante della stratificazione orizzontale di molteplici figure ritmiche (3 diverse oltre alla linea melodica per esempio in Groove 4 della Parte I), come fondamento per l’improvvisazione e di cadenze plagali che mettono in luce i rapporti con il jazz-rock; filatura di lunghe e fluide linee melodiche in valori ritmici molto fitti alla mano destra su lunghe note tenute, corde di recita della mano sinistra; strutture melodiche e armoniche improntate all’innodia protestante; tratti della canzone popular e della musica country & western. Si tratta, d’altra parte, delle stesse cifre che hanno fatto sì che esso fosse criticato aspramente, anche e forse soprattutto dal versante jazzistico della critica, come manifestazione di una musica neo-romantica, new age, segnata dalla contaminazione e dal compromesso. Diversificazione formale delle parti del concerto: la Parte I alterna sezioni Groove e sezioni Rubato; le Parti IIa e la IIb si fondano sulla successione di ampi blocchi di Groove e di sezioni dalla condotta ritmica più libera; la Parte IIc ha la struttura di song. Trascrizione originale, Schott, 1991. Leggere la prefazione di Jarrett. L’improvvisazione, il formato permanente (registrazione), e la trascrizione (che è soltanto una “rappresentazione” della musica, anche se talora incredibilmente prossima alla musica stessa). I limiti notazionali e grafici della trascrizione in rapporto all’improvvisazione e alla sua natura (i problemi dell’impossibilità di rendere il reale senso ritmico di certi passaggi, della resa del “going on” dell’improvvisazione, i problemi dati dalla necessità di scegliere, nel momento di trascrivere, se le note sono dedotte dal loro senso ritmico, dagli armonici oppure dall’attacco della nota o delle note immediatamente precedenti). La trascrizione è come “un’immagine di un’improvvisazione (un po’ come la stampa di un dipinto”, in cui non si può vedere la profondità ma soltanto la superficie: per un’improvvisazione, “l’ascolto è ciò che determina la forza della musica” e così il riferimento ultimo deve essere dato dalla registrazione. Part I [26:02] Predominano sezioni di circa 1’ o 4’, due archetipi di timing. La relazione tra timing e intensità è data dalla simmetria: le sezioni più lunghe sono anche le più estese. Alternanza tra sezioni con texture groove e rubato, con equilibrio tra tensione e rilassamento. ¬ ¬ ¬ ¬ Proporzioni: 1-2 - 3-4 - 5-6-7 - 8- 9-10 ¬ ¬ Particolare enfasi attribuita alla metà del percorso: dopo 13’ ca., abbandono del centro tonale della prima metà (la minore/sol maggiore) con armonie cromatiche; quindi riaffermazione di la (la maggiore) come centro tonale a 20:06. Struttura 00:00 Intro 02:14 Groove 1 02:52 Rubato 1 07:13 Groove 2 08:58 Rubato 2 Tonalità la (SOL) la la (SOL) la (SOL) la (SOL) Eventi tema 5 09:40 Groove 3 (cfr. Groove 2) SOL (o la dorico) 14:10 Rubato 3 15:06 Slow Rubato 20:06 Arpeggi 21:10 Groove 4, Finale LA LA tema (cfr. Groove 2) 12:51 tema Part IIa [14:54] Due campate. Struttura 00:00 Groove 1 Tonalità RE Eventi 05:50 arresto-interpunzione 07:57 Accordi, richiami mi LA bemolle 12:12 tema 12:53 tema Dopo le concrezioni tematiche dell’ultima arcata, la conclusione è interlocutoria, tanto da connettersi direttamente, quasi senza soluzione di continuità con la Parte IIb. Part IIb [18:13] Forma più articolata e più varia della Parte IIa, meno articolata della Parte I. Struttura 00:00 Groove 1 06:37 Groove 2 11:31 Barcarola 14.08 Inno 15:21 Rubato Tonalità fa diesis LA bemolle LA bemolle LA bemolle Eventi frequenti cambi di metro tema 13:34 tema Part IIc [6.59] Struttura di song, come spesso accadrà anche nei concerti a venire per i bis (brani propri o standards). Tema che fa riferimento (ideale) a una forma di 12 bb., articolata in tre frasi di 4 battute ciascuna più una coda-ritransizione a b c d 4 4 4 ½ (= 1 b. 2/4) A ogni apparizione il tema è però leggermente ritoccato nelle minute inflessioni e variazioni ritmico-melodiche (per esempio, nell’enunciazione iniziale T1 c’è una misura di 5/4). 00:00 T 1 00:36 T 2 01:13 Chorus impro 01:50 Chorus impro 02:27 Ripresa T 3 (ab… 6 02:52 Rubato … c) 03:17 Lento T4 (abc, dissolvenza) * My Song Keith Jarrett (p, perc), Jan Garbarek (ts, ss), Palle Danielsson (b), Jon Christensen (d) Oslo, novembre 1977 (ECM 1115 821 406-2, 1978). Album pervaso da una delicata poetica e romantica con inflessioni etniche, anche se alcuni brani (Tabarka e Mandala) presentano una libertà d’improvvisazione tematica e di condotta propria del free. Cfr. Ake e l’ideale rurale e pastorale della musica americana. My Song [ 6:09] Trascrizione Ballad e vena lirica e romantica, forma regolare di song (tema AABA 16x4). Azzeramento o quasi dell’improvvisazione, limitata all’esecuzione di Intro e Tema ma privata di uno spazio formale dedicato. Costruzione molto attenta e funzione di integrazione di Intro Intro (16) i 8 (||:4:||) + ii 8 (||:4:||) Tema (64) AA w (8) + x (8) :|| B y (8) + z (8) A w (8) + x (8) 00:00 Intro (i + ii) 00:34 Tema AABA, ts con accompagnamento p da Intro i 02:41 Intro (ii) 02:56 Tema AA, pf solo, in tempo più lento e senza scansione ritmica 04:09 Tema BA, pf e ts, riprende la scansione di d 05:15 Intro (ii) come Coda Country [5:00] Trascrizione Motivo “pastorale” del titolo: tutto, dai temi all’armonia fino all’approccio performativo dei musicisti indica che si ha a che fare con un brano improntato alla musica rurale nordamericana. Forma: Introduzione (8) piano solo - AABB 16x4, mi bemolle maggiore. AA x (8) + x1 (8) :||: BB y (8) + zx1 (8) :|| Schema armonico basato su I, IV, V e vi, modulazione a la bemolle maggiore nella sezione B prima di rientrare alla tonica. Melodia compresa nelle note della scala di mi bemolle maggiore, voicings semplici e privi delle alterazioni tipiche del jazz, condotta ritmica piana e regolare (basso e batteria). A parte l’introduzione del piano, gli unici assoli sono un’incursione di 32 bb del bassista Danielsson e una di 16 bb sempre molto legata alla melodia di Jarrett. * Setting Standards Keit Jarrett (p), Gary Peacock (b), Jack DeJohnette (d) Gennaio 1983 (2 cd ECM 2030-32, 1983, 2008) I due set fondativi del trio. Un solo giorno di lavoro, tutte registrazioni dirette, senza preparazione o arrangiamenti. Entrati in studio per registrare un album, i tre ne uscirono con materiale per tre (due di standards, uno di libera improvvisazione). 7 Meaning Of The Blues [9:23] Celebre versione di Miles Davis con Gil Evans. Cfr. una versione di Jarrett per piano solo (Amburgo, 1982) disponibile su YouTube. Versione che aderisce al tono introspettivo e malinconico del song: tema ABAC 8x4. Da elementi di A (note ribattute) e di B (scala minore discendente) è estratto un materiale che serve come integrazione nella costruzione della performance (materiale impiegato come Intro, come collegamento, articolazione e interpunzione tra i chorus e poi ancora come Coda). 00:00 Intro, materiale integrativo (nota ribattuta, re, scale minore naturale discendente e ascendente) 00:25 Tema ABAC 02:12 Chorus p 04:00 Chorus b 05:50 Ripresa del tema 07:34 Coda su vamp, con un accordo (re) → God Bless The Child [15:30] Cfr. Billie Holiday. Al p note fondamentali con la mano sinistra, scansione ritmica che DeJohnette interpreta con un ritmo rockeggiante e funky, di sapore gospel, mantenuto lungo l’intero corso del brano: da cui scaturisce il senso della versione, connotata da un lirismo caricato di energia nuova, eccitazione e tensione prolungata per 15’. 00:00 Intro p, note mano sin e scansione ritmica fondamentale dell’accompagnamento 00:15 Tema AABA: in B DeJohnette inizia a interpretare la scansione della mano sin con il ritmo caratterizzante 02: 21 Chorus p 04:45 Chorus b 06:57 Interludio 1, vamp su un accordo→ 07:55 Break e assolo d 08:21 Interludio 2, vamp su un accordo, p, b, d → 09:52 Ripresa, molto libera del tema 11:50 Coda su vamp → * Standards Live Parigi, 2 giugno 1985 (ECM 1317 177 5847, 1986) Too Young To Go Steady [10:10] Cfr. John Coltrane. Graduale intensificazione della pulsazione ritmica sino a trasformare la ballad sentimentale del tema in qualcosa di completamente diverso… brano molto ritmico: percorso dalla melodia quasi invertebrata di ritmo o comunque articolata sullo sfondo dalla batteria a un pezzo in cui la melodia finisce per essere ridotta a elementi piccolissimi, a schegge di impulsi ritmici, ed è quindi ricostruita. Ruolo decisivo della batteria impiegata con grande finezza timbrica. Lunga fase improvvisativa di Jarrett (6’). Significativa la presenza di un assolo della batteria come punto culminante di questo processo. 00:00 Intro p, tempo medio 00:36 Tema AABA – tocchi di piatti 02:09 Inizio del ciclo di chorus, p ma tempo incalzante scandito da DeJohnette … 08:12 … Break, d e ritransizione 8 09:18 Tema abbreviato AA * Spirits Maggio-luglio 1985 (2 cd ECM 1333/34 829 467-2, 1986), Carr pp. 204-212. Volume 1, Spirits 1-12 Volume 2, Spirits, 13-26 Citazione come epigrafe: XIX dei Sonetti a Orfeo di Rilke. Testo introduttivo di Jarrett: - arte come ricordo, “rimemorazione di relazioni dimenticate o che stanno per essere dimenticate”; - il silenzio come potenziale da cui può scaturire la musica; - “fare musica” non coincide con l’impiego della tecnica e il valore del “far musica” sta nel produrre significato, nella necessità interiore di ciò che si fa: - la musica come vita, “non un evento separato [dalla vita], controllato in cui un musicista presenta qualcosa a un pubblico passivo”. “La musica non dovrebbe ricordarci del controllo che sembriamo avere sulle nostre vite. Dovrebbe ricordarci la necessità di arrendersi, la capacità dell’uomo di capire la necessità di questa “resa”, le condizioni che sono necessarie per questo, cià che è necessario per questo” Registrazione realizzata senza alcun programma preordinato, semplicemente registrando, senza scrivere la musica da suonare, senza regole nella sequenza delle sovraincisioni, nell’arrangiamento dei brani. Forte componente esistenziale e al contempo antropologica. “Sto cercando di risalire alle sorgenti della musica – la voce, un flauto un tamburo – i suoni primari. Registro da solo. Sono la sola persona in grado di suonare quello che voglio sentire e che sa quando devo tacere ”. Esperienza cruciale, irripetibile e liberatoria oltre che terapeutica (cfr. The Melody At Night, With You). Jarrett suona tutti gli strumenti (flauti di vario tipo ed etnici, strumenti a percussione, chitarra, sax, pianoforte, voce); massima distanza dal jazz come dalla musica eurocolta. Il “suono essenziale”, primordiale: le percussioni, la voce, il flauto e il suono dell’ancia di canna del sax soprano. Unica guida, l’intuizione: viaggio alla riscoperta delle fonti originarie della musica, con riferimenti più o meno cercati o consapevoli alla musica etnica di ogni continente. Registrazione in casa, con due registratori e due microfoni. Impressione di una moltitudine di stili e di riferimenti (in particolare di musica etnica), ma secondo Jarrett nessuna intenzione di realizzare una sorta di world music. I pezzi hanno le dimensioni, collettive e sacrali. proprie della musica etnica: inno, rito, danza, estasi. Si tratta di musica che ha una connotazione antropologica molto forte. Il che se si vuole è paradossale dato che Jarrett suona da solo, utilizzando la sovraincisione: alla connotazione antropologica si somma e s’intreccia alla qualità individuale, perfino solipsistica, appunto esistenziale di questa musica. Forse invece il paradosso è solo apparente, perché l’espressione individuale di questa musica aspira ad acquisire una dimensione sociale. Le forme dei brani sono minimali e comunque, in ultima analisi, inessenziali: ciò che conta è il gesto performativo che prende corpo in microstrutture melodiche e ritmiche, grooves. Composizione per sovrapposizione di strati successivi Lavoro sugli archetipi che si possono poi ritrovare nella musica di Jarrett: inno, danza, musica incantatoria, song. Elenco degli strumenti: - voce - flauti etnici (Pakistan, Vermont), set completo di flauti diritti, sax soprano - piano - chitarra, saz [liuto turco] 9 - percussioni: 3 set di tablas [tamburi indiani con unica pelle, cassa di legno o terracotta], shakers del Sud America, glockenspiel in miniatura, tamburino piccolo, doppio campanaccio (Africa). 2 [1:37] Flauti, pianoforte. Inno, con frasi ben articolate. 01:04 Ripresa 4 [5:56] Flauto, chitarra, glockenspiel (uno strumento giocattolo). Idillio, timbro determinante come individuazione di un immaginario pastorale e idillico. Andamento metrico libero, flessibile, che si sottrae all’articolazione in battute. Eterofonia, tipico procedimento della musica etnica. Versione orginale (flauto o chitarra?) e varianti degli altri strumenti. 5 [4:10] Flauto, percussioni (tablas, shakers). Danza, riferimento al metro di 3/4. 00:00 Inizio 00:53 Ripresa variata 01:45 Ripresa variata 03:02 Sole percussioni, flauto a sfumare 11 [2:36] Flauti, piano. Musica incantatoria. Riduzione ai minimi termini del materiale e dei gesti strumentali; tutto nasce dalla risonanza delle note gravi e dei rintocchi, quasi campane, del pianoforte (musica circolare, e spiraliforme, che ruota su se stessa). Si gira sempre intorno alla triade e alla scala di DO: musica rilassata, molto consonante, aproblematica. È certo per brani come questo che si è alimentato l’equivoco di Jarrett come autore di musica New Age. Eppure questo piccolo brano riesce in poco più di 2’ a concentrare un processo di riappropriazione di senso di figure e gesti minimali, utilizzando pochi accordi essenziali, poche figure melodiche e ritmiche: dai rintocchi iniziali, ripetitivi e come bloccati su se stessi, la musica dà l’impressione di un’incredibile apertura ed espansione con il semplice utilizzo dell’accordo di SD. 00:00 Sezione iniziale tutta su pedale di T 01:18 Espansione melodica, grande senso di apertura quando si toccano accordi di IV alternati con moto pendolare ad accordi di I e si profila una sorta di cadenza primordiale I-II-III-IV che porta alla… 01:53 … Ripresa della sezione iniziale 12 [4:47] Flauto sopranino, percussioni (tablas, shakers). Accento etnico molto forte, di atmosfera orientale e arabeggiante: libere evoluzioni del flautino e vocalizzazioni sul groove delle percussioni 04:03 Cambio di groove 15 (CD 2, track 3) [2:26] - Trascrizione Flauti, piano. Inno + musica etnica (musica degli Amerindi). Melodia, scala pentafonica: re-mi-fasol-la-do. Armonie diatoniche. Tema ostinato del pianoforte di 8 battute (||:4 :||: 4 :||) con variazioni dei flauti, eterofonia. 00:00 Intro 00:07 Tema 00:34 Ripresa 01:19 Ripresa 10 17 (CD 2, track 5) [2:57] Polifonia vocale, sax soprano. Polifonia a più strati vocali che ricorda il canto dei monaci tibetani come tappeto per la libera improvvisazione del sax. 23 (CD 2, track 11) [4:04] Sax, piano, percussioni, voce. Song in fa maggiore, 3/4, recupero di un miminale procedimento jazzistico. Struttura articolata: da tranquilla ballad a un andamento più mosso con l’entrata delle percussioni nel corso del terzo chorus. Intro (8) – Tema 8 + 8, poi serie di chorus. 00:00 Intro piano 00:18 Tema, Chorus 0, sax 00:54 Chorus 1 01:28 Chorus 2 02:00 Chorus 3 02:03 Entrano gli shakers, piano 02:22 Shakers forte 02:30 Chorus 4 03:00 Chorus 5 03:30 Vamp conclusivo * Tokyo ’96 Tokyo, 30 marzo 1996 Impiego del DVD e del CD per fare apprezzare la dimensione audiovisiva rispetto alla sola dimensione audio. Poco prima della sindrome da affaticamento cronico. (Cd, ECM 1666 539 955-2, 1998) (Live in Japan 93/96, Dvd, ECM 177 2710): rispetto al cd il dvd contiene due brani in più: All The Things You Are e Tonk. It Could Happen To You [11:20] Never Let Me Go [6:28] Billie’s Bounce [7:52] Summer Night [7:25] I’ll Remember April [10:10] Reinvenzione di uno standard celeberrimo conseguita anche grazie all’introduzione di motivi tematici originali, che sul piano complessivo segnano una forte impronta ritmica ma anche melodica e indirizzano l’interpretazione in senso gospel e caraibico. Intro costituita da un lungo assolo di DeJohnette, poi entrano il piano con figure tematiche percussive (materiale originale) che alludono un po’ al gospel e un po’ a ritmi caraibici (38:38) e il basso e di qui sino al tema (38:55); le figure tematiche percussive ricompaiono (39:26) come stacco. Ripresa del tema (39:41) e inizio di una serie di chorus, dove sono utilizzate anche le figure tematiche percussive in intreccio con il materiale dello standard. Ripresa del tema (42:13), ma ritorno anche dei motivi originali percussivi (42:57) da cui trae origine la coda, sempre più connotata da una vena gospel e innodica, con l’armonia che si semplifica in senso diatonico, ma sul 11 complesso e articolato pulsare caraibico di b e d. Poi nella coda resta solo DeJohnette (44:53), Jarrett e Peacock si limitano a tocchi leggeri (Peacock armonici), e conclude in diminuendo e in dissolvenza, chiudendo il cerchio formale del pezzo. Straordinario. Fine primo set. Mona Lisa [4:50] Autumn Leaves [7:45] Tema, poi inizio dei chorus (53:50) con impro virtuosistica, inventiva e di inarrestabile eloquenza: b e d macchina perfetta che sostiene lo scatenarsi del piano. Assolo del b (58:06), poi chorus di gruppo con break ripetuti di d (58:49). A un certo punto (59:44-59:50), si gioca con le aspettative generate dal ritorno conclusivo del tema: la musica resta sospesa e sembra perdersi in un’incertezza collettiva, ma si tratta soltanto di uno scherzo, perché la ripresa conclusiva del tema è soltanto differita ad arte (59:51). E lo scherzo si ripercuote sull’epilogo: il tema di fatto non conclude, prende un giro strano e imprevedibile e di fatto il pezzo s’interrompe d’improvviso come un frammento. Last Night When We Were Young - Caribbean Sky [9:36] La ballad di Arlen risolta quasi in ritmo di bossa nova con appendice originale pop-etnico dal sapore caraibico. Dopo il tema, ecco i chorus (1:02:18); chorus del b (1:04:58), poi ripresa conclusiva del tema (1:05:51). Caribbean Sky (1:06:42) s’innesta fuidamente sulla conclusione del tema, ma il cambio di orizzonte e prospettiva è, si direbbe, radicale. Da notare, oltre al semplificarsi delle armonie tradiche (si tratta di un modulo su cui si potrebbe continuare a improvvisare all’infinito) il cambio di ritmo al d e al b e l’incantatorio passo di danza caraibico che prende piede sull’elegante ballad con magnifico effetto di magica diversità-continuità. Epilogo in diminuendo e in dissolvenza (solo d). John’s Abbey [5:37] My Funny Valentine - Song [6:59] Altra ballad, risolta con splendida, trasognata vena romantica e coronata da una coda intensamente lirica. Il tono è prossimo alla musica pop, ma estrema finezza e sottigliezza della costruzione formale in cui Jarrett intreccia motivi originali allo standard. Capolavoro. Intro del p con motivi tematici originali, poi tema all’inizio del p solo (1:18:25) cui s’aggiungono con discrezione b e d (bacchette di feltro). I motivi tematici originali ritornano (1:18:49) per portare al chorus del p (1:18:17). Chorus del b (1:20:35), in cui ricompaiono i motivi tematici originali (1:21:20) Chorus del p (1:21:54) che svela in modo palese le affinità tra il materiale tematico originale e quello dello standard, che poi trascolora nel→ Song (1:23:13), armonie triadiche e diatoniche che configurano una semplice struttura cadenzale, inno di disarmante dolcezza, poi Reminescenza conclusiva, quasi un riaffiorare alla memoria di My Funny Valentine (1:24:30). All The Things You Are [5:22] Fine secondo set. Tonk [6:54] Brano bluesy del pianista Ray Bryant. Lungo tema, chorus p (13:33:52), chorus b (1:36:44), ripresa del tema (1:38:05). 12 * The Melody At Night, With You 1999 (1675 547 949-2, 1999) Diario della malattia e della guarigione, dedicato alla seconda moglie Rose Anne. Dieci standard – di cui due pezzi tradizionali – e una semplice appendice di propria composizione Meditation a seguito di Blame It On My Youth dai titoli significativamente evocativi di una grande intensità affettiva (amore, cura, richiesta di perdono ecc.) per una nuova rinascita alla musica e alla vita, partendo dal grado zero della melodia e della (relativa) semplicità. Diario intimo, fortemente autobiografico e terapeutico (per questo, e per la dedica alla moglie di recente Jarrett ha parlato recentemente dell’album con un certo distacco, per non dire disprezzo, a differenza di Spirits) Niente virtuosismo, nessuna sperimentazione, nessuna ambizione in un certo senso, ma soltanto grande umiltà di approccio e ritorno alla radici della musica, alle origini del proprio sentire e delle proprie capacità, a lungo provate dalla malattia. Ricerca dell’essenza delle cose, un po’ com’era accaduto con Spirits, e ricerca di se stesso, della propria identità perduta, del proprio modo di pensare e fare musica. Someone To Watch Over Me [ 4:59] Trascrizione Tema AABA, impressione di un incantamento spiraliforme per il continuo ritorno del periodo principale, ogni volta variato dal punto di vista armonico (accordi sostitutivi) e melodico. 00:00 AABA 02:09 AABA, dove B (03:11) in tempo molto libero e A conclusivo (03:38) in tempo 04:07 Coda Shenandoah [5:46] Trascrizione Brano tradizionale popolare, celeberrimo (anche Bruce Springsteen, su YouTube). La valle del fiume Shenandoah è in Virginia, il termine deriva dalla lingua dei nativi americani (“bella figlia delle stelle”). Tema: A (10) + B (6). Jarrett organizza una struttura strofica in cui la sezione B viene ogni volta modificata nella sua durata; elaborazione che conferisce alla melodia un andamento innodico e quasi sacrale, con un’armonizzazione pronunciatamente modale. La tecnica pianistica è quasi di tipo ottocentesco (ottave) e il canto cresce a poco a poco in un climax all’inizio della terza strofa prima dell’epilogo sommesso (anche questo rimanda alla musica dell’Ottocento). 00:00 A (10) A(10) B (5 per elisione) 02:12 A (10) B (8 per estensione) 03:41 A (10) B (6) 05:06 Coda * The Carnegie Hall Concert 26 settembre 2005 (2 cd ECM 1989/90 985 6224, 2006) Part VI [6:27] Improvvisazione free, informale e atonale, colata incandescente di scatti, impennate, scarti, pause. Ma nondimeno struttura chiaramente intelligibile, con interludi in cui si delineano spunti melodici che sono poi elaborati. 00:00 Inizio 03:00 Interludio 1. Sequenza cromatica discendente. 03:33 Elaborazione della sequenza discendente in un contrappunto 04:04 Ritorno al cima iniziale 13 04:19 Interludio 2. Motivo cromatico discendente 4:54 Sezione cantabile 5:16 Ritorno al clima iniziale Part VII [7:31] Gospel, variazioni su ostinato. Struttura semplice e complessa a un tempo, basata su moduli di 16 (8+8 battute) corrispondenti a circa 25’’ (dopo il primo di 34’’) a loro volta articolati internamente in due unità tendenzialmente simmetriche. Modulo basato su un giro d’accordi (funzioni) fondamentali I, IV, I, IV, V. 00:00 I 00:20 00:34 II 00:47 01:00 III 01:14 01:27 IV 01:40 01:53 V 02:07 02:20 VI 02:33 02:46 VII 02:59 03:13 VIII 03:26 03:39 IX 03:53 04:05 X 04:18 04:31 XI 04:45 04:57 XII 05:10 05:22 XIII 05:35 05:50 XIV 14 06:13 → vamp 07:07 epilogo Part VIII [4:43] Notturno-ballad, arte della miniatura. Forma a ondate successive, ma continuità del registro lirico. Tratto unificante: successioni di note discendenti, armonie allusive ed elusive, strutture cadenzali. 00:00 A, sezione iniziale 00:44 A’, ripresa variata 01:18 B, nuova sezione e prosecuzione 01:54 C, espansione 03:08 D, culmine lirico 03:47 E, epilogo 15 MODULO C * Bridge of Light (1993, ECM 1450 445 350-2, 1994) Jarrett: “In realtà, tutti questi pezzi sono nati dal desiderio di glorificare e contemplare piuttosto che da quello di ‘fare’ o ‘mostrare’ o ‘dimostrare’ qualcosa di unico. Essi sono, in un certo modo, preghiere che la bellezza possa rimanere percepibile a dispetto di mode, intelletto, analisi, progresso, tecnologia, distrazioni, ‘argomenti scottanti’ del giorno, inattualità del credo o della fede, programmazione di concerti e innaturale ‘scena’ dell’‘arte’, mercato, stili di vita ecc. ecc. ecc. Non sto tentando di essere ‘intelligente’ in questi pezzi (o in queste note). Non sto tentando di essere un compositore. Sto cercando di rivelare uno stato che penso sia smarrito nel modo d’oggi (tranne che, forse, nel privato): un certo stato di resa; resa nei confronti di un’armonia dell’universo in pieno sviluppo che esiste con o senza di noi. Entriamoci”. Linguaggio compositivo che ricorda quello di compositori come Samuel Barber e David Diamond e al clima neoclassico della musica americana dell’East Coast. Linguaggio riferito a un campo tonale (tonalità allargata), armonie diatoniche. Elegy for Violin and String Orchestra [14:50] Michelle Makarski, The Fairfield Orchestra, dir. Thomas Crawford 1984. Dedica alla nonna materna, di origine ungherese. Prima parte (bb. 1-141). Tema. Alternanza do/DO, varietà metrica. Parte centrale (bb. 142-244) Tema secondario, pensive singing. Cadenza e Cadenza II. Ripresa abbreviata della prima parte (bb. 245-280) Bridge of Light for Viola and Orchestra [17:01] Patricia McCarty, The Fairfield Orchestra, dir. Thomas Crawford 1990. Commissionato da Patricia McCarty. Prima esecuzione: 23 febbraio 1991, Norwalk (Conn.), Patricia McCarty, Fairfield Orchestra, dir. Thomas Crawford. Organico: flauto, oboe, corno, tromba, archi. Epigrafe: “The Seed of Sorrow in Joy / The Seed of Joy in Sorrow” Jarrett: “La viola ha un grande cuore e merita maggiori occasioni di manifestarlo. Il pezzo è una sorta di inno multi-culturale e per inciso dimostra il mio amore per tromba e archi”. L’indicazione di tempo è: Regal, hymnlike. Inno di ampie dimensioni, continuo, con arcate che si innestano l’una sull’altra. Prima parte (bb. 1-292) Tema Seconda parte (bb. 293-470) Tema secondario, Cadenza, Tema secondario Ripresa abbreviata della prima parte (471-539) * Arvo Pärt, Tabula Rasa (1983, ECM 1275 817 764-2, 1984) 16 Fratres [11:24] Arvo Pärt (1935-), dagli esordi con la dodecafonia e la tecnica del collage al minimalismo. Riduzione al minimo dei materiali compositivi, massima semplicità e accessibilità associata a ideali religiosi o spirituali. Dal 1976, “tintinnabulazione” (da “tinnabulae”, campane), stile influenzato dalle esperienze mistiche con il canto religioso ortodosso e con la ricerca di una massima essenzialità: “Tintinnabulazione è un luogo in cui talvolta mi aggiro quando sono in cerca di una soluzione – nella mia vita, nella mia musica, nel mio lavoro. Nelle ore difficili ho la certezza che tutto ciò che sta al di fuori di una certa cosa non ha alcun significato. Ciò che è molteplice e sfaccettato mi confonde soltanto e debbo cercare l’unità. Che cos’è questa unità e come posso trovare l’accesso a essa? Si danno molte manifestazioni di perfezione: tutto ciò che non è importante cade. Lo stile Tintinnabuli è qualcosa di simile. Lì sono solo col silenzio. Ho scoperto che è sufficiente se un singolo suono è suonato bene. Questo singolo suono, una pausa o il silenzio mi confortano. Lavoro con pochi elementi, con una voce, con due voci. Costruisco con i materiali più primitivi, con una triade, con una specifica tonalità. Le tre note di un accordo sono come campane. Così ho chiamato questo tintinnabulazione”. Frequente riduzione dell’ordito a due parti: una funge da accompagnamento, ripetendo o arpeggiando le note di un accordo tonale o modale – è la “tintinnabulazione” –, l’altra è la melodia che costituisce la parte principale e si muove diatonicamente per gradi congiunti. Il tempo è lento e meditativo e comporta un approccio minimalista alla notazione e all’esecuzione. Fratres per ensemble da camera (1977) ha poi generato diverse versioni per vari organici. Versione per violino e pianoforte del 1980 (Salisburgo, 17 agosto 1980), per Gidon ed Elena Kremer: tema con variazioni. Il tema ritorna 9 volte, secondo una catena di terze discendenti. Il ritorno periodico del tema di 6 battute viene interpolato da sezioni con accordi percussivi. Ruolo melodico del violino, il pianoforte ha una parte accordale. Mi Do La Fa Re SIb Sol Mi Do# Preludio (vl solo) 1 [Tema] note legate tenute (mi-la) 2 armonici 3 arpeggi 4 figure di accordo spezzato 5 controcanto espressivo 6 doppie corde, drammaticità 7 doppie corde, controcanto espressivo 8 arpeggi, quasi improvvisazione 9 armonici * Lou Harrison, Works by Lou Harrison (1986, New World Records 366-2, 1988) A ripercorrere l’esperienza biografica e artistica di Lou Harrison (1917-2003) s’incontra un protagonista del Novecento musicale americano. Della sua importanza sono già indicativi gli studi con Henry Cowell e Arnold Schoenberg, gli stretti rapporti con Charles Ives, la lunga e fruttuosa amicizia con John Cage; ma Harrison non fu soltanto compositore e critico musicale, bensì un artista poliedrico (pittore, calligrafo, poeta), un intellettuale sensibile ai problemi politici e sociali e impegnato in prima persona nelle lotte per i diritti civili, l’ecologia e il pacifismo. Ciò che più caratterizza la vasta e variegata produzione musicale di Harrison sono: l’integrazione di elementi delle culture orientali o comunque non occidentali; la sperimentazione con sistemi di intonazione diversi da quello del temperamento equabile e con i microintervalli; la ricerca timbrica, specie nell’ambito degli strumenti a percussione. Per quanto riguarda lo stile, contraddistingue la sua 17 musica un personale eclettismo che percorre con libertà trasversale il tempo e lo spazio nel segno di un atteggiamento prevalentemente eufonico e lirico, improntato, nelle opere delle maturità, a un linguaggio sostanzialmente modale. Una parte cospicua delle composizioni di Harrison è per esempio destinata a vari tipi di gamelan (il complesso di strumenti a percussione tipico di Giava e Bali) oppure a organici che uniscono strumenti occidentali, asiatici e africani. Altre composizioni sono invece scritte per organici che comprendono strumenti inventati dallo stesso Harrison, come l’american gamelan costruito nel 1971 in collaborazione con l’amico William Colvig mettendo insieme oggetti e materiali metallici facilmente reperibili (tubi, lastre, bombole e così via). L’interesse per l’alterità è vissuta da Harrison come apertura necessaria e vitale dell’artista nei confronti del mondo che lo circonda, e il suo spirito multiculturale lo induce a incrociare e integrare organici, generi, forme, tecniche compositive e di scrittura delle più diverse tradizioni. Piano Concerto [32:04] 1. 2. 3. 4. Allegro [11:40] Stampede [9:37] Largo [8:34] Allegro moderato [2:53] Keith Jarrett, New Japan Philharmonic, dir. Naoto Otomo - Tokyo, 30 gennaio 1986 Il Concerto per pianoforte (1983-85) è un lavoro di ampio formato che in qualche modo costituisce una sintesi del pensiero compositivo di Harrison. Scritto per Keith Jarrett, il concerto richiede un pianoforte accordato secondo un temperamento non equabile, il Kirnberger n°2, 1771: le prerogative del sistema sono le tre terze pure, non ampliate come nel sistema temperato, do-mi, solsi, re-fa diesis, e le dieci quinte perfette; così come le tre terze pitagoriche, super-ampie, si-mi bemolle, fa diesis-si bemolle, do diesis-fa, e le due strette quinte, mezze quinte “del lupo”, re-la, lami): insomma, i tasti neri sono intonati per produrre gli intervalli di quarta e di quinta secondo le esatte proporzioni matematiche del periodo medioevale, mentre i tasti bianchi sono intonati per produrre la “giusta intonazione” del periodo rinascimentale e barocco. Di conseguenza, l’orchestra seleziona gli strumenti in grado di adeguarsi a tale sistema: niente legni e ottoni a pistoni dunque, ma tre tromboni a coulisse, due arpe, nutrita sezioni di percussioni e archi. Ogni sezione orchestrale, inoltre, è intonata facendo riferimento ai diversi aspetti del sistema. Rispetto all’intonazione tradizionale, l’esito sonoro genera un’iridescente e fascinosa oscillazione intervallare che non dà mai l’impressione di una musica, per così dire, stonata. Il concerto è in quattro movimenti. Il primo, un Allegro di largo respiro, sembra a tratti richiamarsi a un’eloquenza sinfonica brahmsiana, intrecciata a echi di Copland e della musica popolare americana, con estesi passaggi lirici per il solista che evocano la risonanza di campane orientali. Il titolo del secondo movimento, Stampede, è un gioco di parole con estampie, composizione medievale ispirata alla danza (stampede è la corsa disordinata e precipitosa di un gruppo di animali nonché una specie di rodeo). Dal modello dell’estampie Harrison trae la forma, costituita da più sezioni ognuna delle quali viene ripetuta concludendosi la seconda volta in modo diverso dalla prima, ma in effetti il movimento delinea una corsa a perdifiato, dal ritmo percussivo e accentuatamente irregolare, inframmezzata, verso la conclusione, da una cadenza. Il Largo seguente è un’onirica e rarefatta divagazione condotta dal pianoforte sullo sfondo delle distese volute melodiche degli archi mentre il breve finale, Allegro moderato, s’ispira al gamelan ed è animato dal gioco aereo dei rintocchi e delle ripetizioni di una melodia incessante come quella di un carillon. 18 * Dmitri Šostakovic, 24 Preludes and Fugues op. 87 Luglio 1991 (2 cd ECM New Series 1469/70 437 189-2, 1992) Composizione: 1950-1951. Omaggio al Clavicembalo ben temperato, con alcune divergenze (1) ordine secondo il circolo delle quinte; 2) non-autonomia formale dei preludi, introduzioni alle fughe che talvolta anticipano il materiale poi sviluppato nelle fughe; 3) senso di continuità drammatica che percorre il ciclo dall’inizio alla fine: culmine rappresentato dalla grande Fuga in re minore). Preludio e Fuga n° 1 in do maggiore [8:11] Preludio: tempo di Sarabanda, armonizzazione a cinque parti, eufonia Fuga: senza un solo accidente, modo ionio e modalità fluttuante, ambiguità tra tonalità e modalità Preludio e Fuga n° 2 in la minore [2:10] Preludio: moto perpetuo in ottave all’unisono Fuga: effetto ironico di costante instabilità e ambiguità tonale * Johann Sebastian Bach, The French Suites Settembre 1991 (2 cd ECM New Series 1513/14 437 955-2, 1993) Le Suite francesi BWV 812-817 al clavicembalo. Databili al periodo di Köthen (1717-23), devono forse l’appellativo all’integrazione, nello schema più frequente della suite, di tempi di danza francesi o forse all’influsso dei contemporanei compositori francesi per cembalo. Suite n° 5 BWV 816 in sol maggiore Allemande [3:52] Courante [2:03] Sarabande [4 :40] Gavotte [1 :25] Bourrée [1 :37] Loure [2 :13] Gigue [3:52] * Georg Friedrich Händel, Suites for Keyboard Settembre 1993 (ECM New Series 1530 445 298-2, 1995) Intenzione di suonare anche la musica meno conosciuta di Händel, della quale Jarrett apprezza anzitutto “la temperatura lirica e la ricchezza testurale nascosta nella semplicità” e fiducia nelle possibilità del pianoforte per esprimere queste e altre qualità della musica di Händel. In effetti la registrazione include alcune delle suites meno frequentate del compositore, in cui tra l’altro non vi sono i celebri movimenti con variazioni. Accento sulla qualità affettiva e affettuosa, cantabile della musica. Suites II / n° 7 HWV 440 in si bemolle maggiore Forma originale, 1704-1705 ; ed. a stampa 1733. Allemande [2:00] Courante [2:05] Sarabande [2:38] Gigue [1:22] 19 Suites I/ n° 8 HWV 443 in fa minore Ed. a stampa 1720. Prélude- Fuga [5:03] Allemande [2:54] Courante [2:39] Gigue [2:09] * Wolfgang Amadeus Mozart, Piano Concertos K. 271, 453, 466 / Adagio and Fugue K. 546 1996 (2 cd ECM New Series 1624/25 462 651-2, 1999) Stuttgarter Kammerorchester, dir. Dennis Russel Davies Concerto per pianoforte KV 271 «Jenamy» Salisburgo, aprile o autunno? 1777. Capolavoro nel campo del concerto del giovane Mozart, che fissa le coordinate per tutti i concerti a venire. Da «Jeunhomme» a «Jenamy» (2005): LouiseVictoire Noverre, figlia del coreografo Jean-Georges (incontrato dai Mozart a Vienna nel 1773), che aveva sposato il commerciante Joseph Jenamy. 1) Rapporto Solo / Tutti: libera relazione di dialogo e di interazione, in funzione strutturale, che va oltre la distinzione tra ritornelli ed episodi. 2) Sperimentazione formale ed espressiva, imprevedibilità + dimensione drammaturgica e narrativa impressa alla struttura musicale e al suo svolgimento. Concerto di notevole impegno virtuosistico. Ruolo di nuova importanza dei fiati. Esistenza di diverse cadenze originali di Mozart (differenza tra quelle più antiche e quelle composte quando Mozart eseguì il concerto a Vienna, nel 1784: dalla fioritura ornamentale a un vero e proprio nuovo svolgimento del materiale tematico). Grande freschezza e senso di sperimentazione come i concerti per violino del 1775 ma in un formato più ampio e con maggiore varietà espressiva. 1. Allegro 2. Andantino 3. Rondeau. Presto. 20