“Chorus Line” di Richard Attenborough

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Con il patrocinio del
Comune di Bologna –
Quartiere Savena
Approfondimento
bibliografico a cura della
Biblioteca “Ginzburg”
Oratorio Don Bosco
via B. M. Del Monte, 12
40139 BOLOGNA
C.G.S. “Vincenzo Cimatti”
Progetto CINEMAINSIEME
in collaborazione col circolo ARCI Benassi
“Musical, canzoni e musica (4)”
Una rassegna di quattro film, diversi per i temi affrontati ma con la colonna sonora in
particolare evidenza.
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4.
martedì 14 giugno 2011
martedì 21 giugno 2011
martedì 28 giugno 2011
martedì 5 luglio 2011
“Hair”
“8 donne e un mistero”
“Ray”
“Chorus Line”
di Milos Forman
di François Ozon
di Taylor Hackford
di Richard Attenborough
4
martedì 5 luglio 2011 ore 20:45
verrà proiettato, in sala audiovisivi dell’oratorio, il film
“Chorus Line”
di Richard Attenborough
SCHEDA
titolo Chorus line (tit. orig.: A Chorus Line)
distribuito da CDE
Michael Douglas (Zach) [dopp. da Oreste Rizzini],
Alyson Reed (Cassie) [dopp. da Anna Melato], Vicki
Frederick (Sheila) [dopp. da Roberta Greganti],
Cameron English (Paul San Marco), Yamil Borges
(Diana Morales), Michael Blevins (Mark Tobori), Jan
Gan Boyd (Connie Wong), Sharon Brown (Kim),
Gregg Burge (Richie Walters), Tony Fields (Al
DeLuca), Nicole Fosse (Kristine Evelyn Erlichinterpreti DeLuca) [dopp. da Antonella Rendina], Michelle
Johnston (Beatrice Ann 'Bebe' Benson), Janet
Jones (Judy Monroe), Pam Klinger (Maggie
Winslow) [dopp. da Daniela Vitali], Audrey Landers
(Val Clarke) [dopp. da Lucia Dal Fabbro], Terrence
Mann (Larry) [dopp. da Renato Cortesi], Charles
McGowan (Mike Cass), Pat McNamara (Robbie),
Khandi Alexander (ballerino), Roxann Dawson
(ballerina), Scott Plank (ballerino).
fotografia Ronnie Taylor
musiche Marvin Hamlisch; Ed Kleban
sceneggiatura
Nicholas Dante; James Kirkwood; Arnold
Schulman; Michael Bennett
regia Richard Attenborough
produzione USA,1985
genere Drammatico/musicale
durata 1h 53'
Davanti ad un teatro di Broadway si fa la coda, ma non per lo spettacolo:
c'è un regista che valuta le capacità di centinaia di danzatori aspiranti ad
un posto di fila nei balletti del prossimo "musical". Il regista (Zach),
trama seminascosto nel buio della platea, sottopone tutti ad una massacrante
selezione, dalla quale alla fine escono fuori sedici ballerini. Ma i prescelti
saranno otto soltanto, che dovranno accedere alla finalissima ancora con
ansie e fatiche incredibili...
Concorsi e premi
Questo film ha partecipato a:
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•
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58 edizione Academy of Motion Picture Arts and Sciences Awards (premio Oscar) (1986)
concorrendo nell* categori* migliore montaggio (a John Bloom), migliore canzone
originale (a Marvin Hamlisch, Ed Kleban), miglior sonoro (a Donald O. Mitchell, Michael
Minkler, Gerry Humphreys, Christopher Newman);
39 edizione British Academy of Film and Television Arts (1986) concorrendo nell*
categori* per il montaggio (a John Bloom), per il miglior sonoro (a Jonathan Bates,
Christopher Newman, Gerry Humphreys);
43 edizione Golden Globe Awards (1986) concorrendo nell* categori* miglior regia (a
Richard Attenborough), miglior film musicale o commedia.
Recensioni.
Maurizio Porro
Quando è storia, è storia. "A CHORUS LINE", da quella leggendaria sera del 25 luglio 1975 in cui andò in
scena al Public Theatre, dove 300 persone sedute sui 300 posti "off broadway" si passarono subito parola, è
diventato il re dei "musicals". Non solo perché ha battuto tutti i record di gradimento e programmazione
(trasferitosi subito "in" Broadway per merito dell’impresario shakespeariano Joseph Papp, è rimasto in scena alla
Shubert Theatre 15 anni fino al 28 aprile ’90, 6137 repliche), diventando nell’85 anche un film di Sir Richard
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Attenborough con Michael Douglas, ma perché ha rivoluzionato la tecnica, e, si può dire, la morale di questo
genere di spettacolo che nasce direttamente dalla costola del teatro americano.
Il musical si è così creato sera per sera, adattandosi ai suoi protagonisti che sono mutati nel corso del tempo:
giacché si tratta di teatro nel teatro, ovvero come un regista "manhattanese" passa un pomeriggio di audizioni
per scegliere il balletto di un nuovo spettacolo. Ragazzi e ragazze pronti a sgambettare sotto i riflettori
traslocando da una città all’altra, col cuore protetto dalle insegne al neon (in americano li chiamano "gipsies",
zingari) si "confessano" in palcoscenico sulla "chorus line", la linea bianca che delimita lo spazio del balletto di
fila da quello delle star. "A CHORUS LINE" è soprattutto un omaggio al teatro, all’etica del "si va in scena", dei
sacrifici occulti che gli attori sostengono e dei traumi che vivono, perché ogni volta che si apre il sipario ciascuno
porta alla ribalta un pezzo della propria vita. Nel musical probabilmente sapete come va a finire, qualcuno verrà
scelto, qualcun altro no (tu, tu, tu, tu e gli altri a casa, la prossima volta, grazie), ma tutti alla fine, come per
magia, appariranno in lustrini, paillettes a dirci cantando "one", il motivo più orecchiabile dello show, che si tratta
comunque di una "singular sensation".
Una singolare sensazione che prende anche il pubblico. Il musical infatti ci commuove ribaltando le classiche
convinzioni del genere, che ha fatto i primi passi (vedi i film hollywoodiani degli anni ruggenti) proprio curiosando
dietro le quinte, quando anonime "girls" uscivano tremanti in palcoscenico e tornavano in camerino "stelle", come
ha sempre insegnato "Quarantaduesima Strada". Ma Michael Bennett, il regista che per primo mise in scena "A
CHORUS LINE" non solo ha intuito un potenziale di attori, ma ha adeguato la grande trovata del testo di
Kirkwood e Dante, ritmato dalle bellissime musiche di Marvin Hamlish, ai tempi interiori ed esteriori del teatro
moderno. Poche scene, anzi nessuna, solo uno specchio sullo sfondo, ed un gioco "elettrico" che cambia
continuamente voltaggio tra finzione e realtà. Se insomma "Quarantaduesima Strada" raccontava i pettegolezzi
dei camerini, "A CHORUS LINE" ha un modo di esprimersi netto, preciso, diverso, in cui ogni aspirante ballerino
racconta, già esibendosi, come e perché si trova lì.
Ed ecco quindi brandelli di vita vissuta, ora amari, ora buffi, ora divertenti, come una seduta psicoanalitica
cantata e ballata. E dopo il verdetto del regista, il musical si impenna, sogna, e diventa per un attimo fuggente
sfarzoso: il doppio sogno di un musical alla sera della prima. Lo spettacolo che ha vinto 9 Tony Awards ed il
premio Pulitzer, ha rivoluzionato il musical, perché davvero, per la prima volta, adopera sullo stesso piano il
testo, la musica, la coreografia ed il personale carisma degli attori, che diventano subito amici e nostri complici,
portandoci per mano in una visita guidata tra illusioni e delusioni del teatro moltiplicati all’infinito dallo specchio.
La simpatia sta nell’affiatamento che nasce sul palcoscenico, dove i nuovi talenti si fanno le ossa e magari
utilizzano un poco di autobiografia. Perché il fascino di questo show appartiene all’eterno della domanda sul
bisogno della finzione, quando la curva del teatro incontra, complice un refrain, quello della poesia.
Alvise Sapori
A CHORUS LINE ci riguarda, europei come americani, asiatici come australiani, insomma cittadini del
mondo. Perché questa storia in musica, questa storia che racconta (in apparenza) di un gruppetto di ballerini in
fila ("Chorus Line", tradotto letteralmente, è la fila di coloro che sono solisti e partecipano allo spettacolo), abbia
talmente colpito l’immaginario collettivo, è un fenomeno che dobbiamo tentare di spiegare.
Chi scrive si è trovato per caso fuori dal teatro, a New York, il giorno della chiusura definitiva di Chorus Line
a Broadway, dopo più di seimila repliche, e ha assistito a reazioni del pubblico che non avrebbe mai immaginato,
reazioni di affetto, di partecipazione, reazioni che comprendevano persino le lacrime. Perché questa storia,
questo musical, contiene qualcosa di estremamente toccante che ha a che fare con la giovinezza, con
l’onnipotenza, con la frustrazione e con l’umiliazione e, beninteso, con il concetto della volontà "vincit omnia".
Credo inutile riassumere il copione di Chorus Line, di cui si è parlato per quindici anni. È comunque, a grandi
linee, la storia di un gruppo di ballerini che si presentano per una audizione per un ipotetico futuro spettacolo: tra
loro il regista sceglierà otto persone (solo otto, non di più) che saranno la chorus line del futuro musical. Lo
spettacolo reale, invece, quello cui gli spettatori assistono in teatro, è lo sforzo di questi giovani, con i loro
differenti modi e caratteri, di conquistare gli otto mitici ruoli. Il regista chiede loro competenza professionale e
assoluta sincerità: raccontarsi, mettersi a nudo in nome di una verità della rappresentazione. Ed ecco una prima
spiegazione: chorus line somiglia molto a una di quelle commedie che raccontano un processo, e ne contiene la
tensione. Chi sarà assolto e chi condannato (ad andarsene)? E poi, colpo di genio, il regista sparisce dal
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palcoscenico e va a porsi in una cabina dietro il pubblico (sicché ne sentiamo solo la voce) e il pubblico è preso
in mezzo, è sottoposto a un gioco ambiguo di doppia identificazione: sarà, il pubblico, uguale a colui che giudica
o a coloro che vengono giudicati? Secondo e maggiore colpo di genio dell’autore, Michael Bennett, è il finale:
quando gli otto protagonisti sono stati scelti, scatta il gran finale. (One, singular sensation) e, in un tripudio di
specchi, lustrini, frac e cappelli a cilindro, eccoli tutti, i ragazzi e le ragazze che si sono offerti all’impietoso
giudizio, riscattati in un glorificante numero finale: tutti assunti in cielo, perdonati e felici. E se il pubblico non
avesse capito il senso, ecco i grandi specchi di scena che non solo moltiplicano l’immagine dei ballerini, ma
rimandano la sua immagine, congiunta a quella degli interpreti.
SingleItaly
La trama di questo film è abbastanza comune, quasi classica, per le ‘back stage operas’ , cioè per i
lungometraggi dei “dietro le quinte” , che raccontano come, dove e perché si allestisce uno spettacolo
solitamente di teatro musicale leggero (tipiche le pellicole di Fred Astaire e Ginger Rogers degli anni trenta).
Torniamo ai giorni nostri, per un celebre musical di Broadway, il regista-coreografo Zach (Michael Douglas),
personaggio scontroso e spigoloso, ma talentuoso nel suo mestiere, sta cercando gli otto ballerini della Chorus
Line, ovvero della prima fila, quelli che, come attori protagonisti, dovranno cantare, ballare, recitare per tutta la
durata dello spettacolo. Il film narra appunto i retroscena che portano alla selezione dei concorrenti, tra cui
Cassie sua ex amante, e sono decine e decine i giovani, ciascuno con la sua storia privata di speranza, ansie,
illusioni, amarezze. Il personaggio principale diventa allora il palcoscenico della grande sala vuota e buia con
pochi riflettori puntati appunto sulla ‘linea del coro’ dove gli esercizi ginnico-acrobatici si alternano a sfoghi,
nevrosi, malumori dei singoli verso se stessi, i colleghi o i superiori, in un turbinio di fragili situazioni psicologiche,
dove l’elemento comune a tutti gli aspiranti divi è la voglia di fare e strafare, di vincere e di convincere in un
mondo, quello dello spettacolo, cha ha già riservato a loro molte promesse, tante delusioni. Microstorie di sogni e
lusinghe,invidie e scoraggiamenti. Poi il colpo di scena finale…
Il film è opera del regista inglese Richard Attenborough, assai famoso per le tematiche d’impegno ( Oh che
bella guerra, Gandhi, Grido di libertà) o i documentari di tipo ecologista (Il pianeta terra); alle prese con un già
noto lavoro teatrale, è riuscito in una difficile trasposizione per il cinema, puntando in particolare sui risvolti per
così dire drammatici della vicenda. Essendo già in origine un testo sul teatro lo accentua facendone non solo un
film sul teatro, ma un film che narra la costruzione di un evento scenico.
In questo riuscitissimo tentativo di analizzare trasversalmente la realtà di uno spettacolo, si colgono poi
alcune caratteristiche che appartengono precipuamente alla cultura americana dell’intrattenimento popolare. Il
film così diventa anche un prezioso documento sul senso del teatro nell’attuale realtà sociale ed artistica degli
Stati Uniti: da un lato l’importanza che assume il genere ’musical’ in quel contesto organizzativo e
drammaturgico, come forma comunicativa globale che a sua volta riassume e compendia prosa, canzone,
danza, e cabaret in un uno stile assai evoluto di rivista o varietà; dall’altro il ruolo quasi iniziatici delle dure prove
fisiche (e morali) che regolano e presiedono il gioco delle parti fra i numerosi contendenti, con un sistema a
eliminazione diretta che, più delle gare sportive, incarna lo spirito competitivo, da libero mercato, e altrettanta
sfrenata concorrenza, del cittadino medio del nuovo mondo, sempre pronto a mettersi in mostra o in discussione
pur di primeggiare.
Il film opera comunque molti tagli rispetto all’originale pièce teatrale; uno fra tanti, gli elementi omosessuali
che, a parte un paio di allusioni e la storia del portoricano Paul costretto in seguito ad abbandonare le audizioni
per un infortunio, e nel prosieguo della storia, esplode un elemento costante: l’amore per la danza come vita per i
protagonisti.
Arrivederci a martedì 13 settembre, per vedere, al circolo ARCI “Benassi”,
“Una bella grinta” di Giuliano Montaldo.
BUONE
VACANZE!!
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C.G.S. “Vincenzo Cimatti” – presso Oratorio San Giovanni Bosco
via Bartolomeo Maria dal Monte 14, 40139 Bologna tel.051467939
sito web: http://www.donbosco-bo.it
e-mail: [email protected]
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