Anno diciassettesimo giugno 2012 OtticaFisiopatologica ® Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medicolegali, aspetti tecnici Ilaria Motolese1,2, Paolo Frezzotti1, Michele Iester2 Clinica Oculistica, Università degli studi di Siena Laboratorio clinico anatomo-funzionale per la diagnosi e il trattamento del glaucoma e delle malattie neurooftalmologiche, Università degli studi di Genova 1 2 Introduzione L’ipovisione è una realtà poco conosciuta, che, erroneamente, viene spesso assimilata alla cecità. Essa invece si caratterizza autonomamente non solo da un punto di vista medico-oftalmologico, ma altresì anche patologico e psicosociale. L’ipovisione è una condizione di ridotta capacità visiva, tale da condizionare l’autonomia dell’individuo: può essere correttamente definita come un danno visivo non correggibile per mezzo dei comuni occhiali da vista o di lenti a contatto. Condizioni di ipovisione giovanile sono per lo più di natura congenita, nell’adulto la patologie più frequenti che inducono una ridotta acuità visiva si riassumono più frequentemente nella degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica, la miopia elevata, la cataratta, la retinite pigmentosa, il glaucoma, il cheratocono e le conseguenze traumatiche. La capacità visiva di tutti i giorni diviene un grosso handicap a casa, sul lavoro, a scuola: influisce sulle abitudini quotidiane come la lettura, la scrittura, l’autonomia domestica e personale, la distinzione dei volti, guardare la televisione o muoversi in maniera indipendente. Di conseguenza molti soggetti ipovedenti si allontanano dai propri interessi sociali generando problematiche patologiche di notevole importanza non solo per le difficoltà che essa comporta nella vita quotidiana di chi ne è affetto, ma soprattutto perché il numero dei soggetti ipovedenti tende costantemente ad aumentare. Le cause di questo incremento sono probabilmente da ricondurre ad un aumento dell’età media, all’evoluzione ed al miglioramento dei trattamenti, all’ipernutrizione, alla maggiore diffusione del vizio del fumo, alle radiazioni ultraviolette e a fattori ambientali. Secondo le ultime stime nel mondo, i soggetti ipovedenti ammonterebbero a 135 milioni, di cui 14 milioni in America e 1.6 milioni in Italia. Viene inoltre stimato che circa l’1% della popolazione dei Paesi Occidentali soffra di ipovisione a tal punto che dopo l’artrite reumatoide e le malattie vascolari, essa si classifica al terzo posto tra le minorazioni che necessitano un aiuto nelle attività quotidiane: concetto importante da tenere presente è la valutazione dell’efficacia dei servizi per l’ipovisione, specialmente perché è stato riportato che il 90% degli individui che ne sono affetti mantengono sufficienti capacità visive per beneficiare del ‘training’ riabilitativo e dell’uso di ausili ottici e non ottici1-2. 83 Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici ASPETTI LEGISLATIVI E MEDICO LEGALI 84 In Italia fino al 1942, le persone che presentavano una minorazione visiva venivano considerate non in grado di intendere e di volere e private dei loro diritti. L’attuale classificazione di ipovedenti viene riconosciuta attraverso una legge approvata l’8 marzo del 2001, la quale ha tenuto presente l’entità del danno funzionale che si traduceva in una riduzione del campo visivo. Nel 1975 nasce l’I.A.P.B. (International Agency for the Prevention of Blindness) fondata da una inglese non vedente e poi riconosciuta dall’O.M.S. Dal 1987, con la legge 287/97 la Sezione Italiana della I.A.P.B. è stata riconosciuta ufficialmente come unico ente privato Italiano deputato dalla legge a promuovere la prevenzione della cecità e delle malattie oculari e della riabilitazione degli ipovedenti. Tutta l’attività scientifica e di prevenzione riguardante l’ipovedente è affidata ad un Comitato Scientifico formato da Oftalmologi esperti del settore. Lo Stato Italiano nell’ambito della riabilitazione degli ipovedenti fornisce una serie di ausili, alcuni a carico dell’ASL: con la legge del 2001 l’ipovisione subisce una grande crescita, finora il paziente ipovedente era spesso sottovalutato e non gli veniva riconosciuto nessun tipo di handicap. Dal 2001 in poi, lo Stato Italiano si sta dotando di strumenti sempre più validi per la cura del paziente ipovedente: negli altri paesi Europei il problema delle minorazioni visive e dell’ipovisione sono molto articolati ad esempio: nel Nord Europa vengono utilizzati corsi di formazione appositi per inserire gli ipovedenti anche nel mondo lavorativo ed è stata creata una iniziativa tuttora in atto presa dalla O.N.C.E. (Organizacion Nactional de Ciegos Espanoles) che, oltre a fornire ai suoi associati servizi sociali, culturali e ricreativi, ha ottenuto come fonte di impiego, e quindi di reddito, la gestione di lotterie nazionali3. CLASSIFICAZIONE La funzione visiva globalmente intesa sappiamo che comprende numerose capacità percettive specifiche quali l’acutezza visiva, il campo visivo, la sensibilità al contrasto, il riconoscimento dei colori, il senso OtticaFisiopatologica ® L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici di rilievo, la stereopsi, la capacità di adattamento e la percezione del movimento. Quando si verifica un danno del sistema visivo alcune capacità percettive possono risultare alterate più di altre e la quantificazione precisa della menomazione richiede un esame funzionale completo e certamente non eseguibile nella ‘routine' clinica. Dal punto di vista classificativo, occorre valutare le due capacità percettive principali, quelle che consentono all’individuo di interagire con l’ambiente e di mantenere una completa autonomia nella vita di tutti i giorni: ACUTEZZA VISIVA e CAMPO VISIVO. La prima rappresenta la capacità di riconoscere i minimi dettagli dell’oggetto fissato e dipende dall’elevato potere risolutivo presente in una piccola aerea centrale della retina, chiamata macula, e dall’integrità delle vie nervose che si originano dai neuroni presenti a questo livello. L’ipovisione è una acutezza visiva inferiore a 3/10 con la migliore correzione ottica possibile: in pratica un soggetto vede a 3 metri quello che un soggetto normale vede a 10 metri. Il campo visivo è la capacità di percepire, in modo indistinto, gli spazi e gli oggetti che compongono l’ambiente nel cui centro si trova l’oggetto fissato. Questa capacità dipende dalla funzione dell’intera retina extramaculare, fino all’estrema periferia e dalla integrità delle vie nervose che provengono dai neuroni in tutta la retina, macula esclusa. Si può dunque distinguere una visione centrale distinta (acutezza visiva), che permette di riconoscere le caratteristiche dell’oggetto fissato, ed una visione periferica, campo visivo che fornisce una informazione generica sull’ambiente, grazie alla quale l’individuo riesce ad orientarsi e a muoversi nello spazio. Esistono malattie che colpiscono elettivamente la visione centrale e fanno decadere l’acutezza visiva dai livelli dei 10/10 fino a valori progressivamente più bassi e spesso inferiori a 1/10 (maculopatie congenite, giovanili, postraumatiche, legate all’età) e le neuropatie ottiche (erdeo-familiari, tossico-carenziali, legate a sindromi demielinizzanti). Altre patologie invece danneggiano elettivamente la visione periferica, come la retinite pigmentosa e il glaucoma: in questi casi il campo visivo si restringe progressivamente fino a diventare ‘tubulare'. 85 Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 86 Il paziente colpito da queste affezioni, riconosce gli oggetti fissati, ma non riesce a muoversi autonomamente nello spazio. Quando una minorazione visiva, centrale, periferica o mista raggiunge un grado tale da impedire ad un soggetto il compimento degli atti elementari della vita quotidiana necessari per gestire se stesso, per lavorare, per comunicare e per interagire autonomamente con l’ambiente, ci si trova in una situazione di ipovisione o cecità qualora il residuo visivo sia minimo, non utilizzabile o completamente assente. È pertanto chiaro come l’ipovisione sia presente quando la menomazione visiva produce una incapacità visiva o più correttamente una disabilità visiva bilaterale ed irreversibile non completa, ma di entità rilevante. In termini numerici il GISI (Gruppo Italiano per lo Studio della Ipovisione) anche sulla base dei valori riconosciuti dall’Organizzazione della Sanità ha stabilito che l’ipovisione centrale è da considerarsi: LIEVE quando il residuo visivo binoculare è inferiore a 4/10 e compreso tra i 3/10 e i 2/10 MODERATA tra 2/10 e 1/10 GRAVE tra 1/10 e 1/20 e conta delle dita. Analogamente l’ipovisione periferica si classifica in base al residuo periferico percentuale in tre livelli: LIEVE con danno al campo visivo binoculare compreso tra il 40 e il 50% MODERATA con danno tra il 50 e il 70% GRAVE con danno tra il 70 e il 90% Riassumendo: Il danno dell'acutezza visiva viene espresso in decimi di acutezza visiva residua o suoi sottomultipli (ventesimi, cinquantesimi, centesimi); il danno del campo visivo è espresso in residuo perimetrico percentuale. L'ipovisione centrale inizia quando il residuo dell'acutezza visiva binoculare scende sotto i 4/10; l'ipovisione periferica inizia quando il residuo perimetrico bilaterale scende sotto il 60 per cento. Infatti, al di sotto di tali livelli funzionali, si instaura la disabilità visiva. Esiste un disegno di legge attuale che ha l'unico scopo di fornire una piú aggiornata definizione delle minorazioni visive meritevoli di riconoscimento, non comporta maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, delle regioni o degli enti locali e, pertanto, si confida nella sua approvazione. OtticaFisiopatologica ® L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Campo di applicazione) 1. La presente legge disciplina e definisce le varie forme di minorazioni visive meritevoli di riconoscimento giuridico. Tale classificazione, di natura tecnicoscientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale. Art. 2. (Definizione di ciechi totali) 1. Ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali: a) coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi; b) coloro che hanno la mera percezione dell'ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore; c) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento. Art. 3. (Definizione di ciechi parziali) 1. Si definiscono ciechi parziali: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento. Art. 4. (Definizione di ipovedenti gravi) 1. Si definiscono ipovedenti gravi: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30 per cento. Art. 5. (Definizione di ipovedenti medio-gravi) 1. Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio-gravi: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento. Art. 6. (Definizione di ipovedenti lievi) 1. Si definiscono ipovedenti lievi: a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione; b) coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 per cento. 87 Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 88 Tab. 1 Recentemente in Italia è stata introdotta dal legislatore una nuova classificazione per le minorazioni visive che sostanzialmente considera ipovedente chi ha un visus corretto inferiore oppure uguale a 3/10 nell’occhio migliore e cieco chi ha un visus corretto inferiore oppure uguale a 1/20 nell’occhio migliore. Le classi delle minorazioni visive considerate sono cinque, tre per l’ipovisione e due per la cecità. IPOVISIONE LIEVE: visus corretto occhio migliore > di 2/10 ma non superiore a 3/10 o quando il campo visivo presenta un residuo inferiore al 60%; IPOVISIONE MEDIO-GRAVE: visus corretto occhio migliore > 1/20 o quando il campo visivo presenta un residuo inferiore al 50%; IPOVISIONE GRAVE: visus corretto occhio migliore > 1/20 ma maggiore di 3/100 o campo visivo con residuo inferiore al 30%; CECITÀ PARZIALE: visus corretto occhio migliore inferiore o uguale a 1/20 e maggiore di 3/100 o campo visivo con residuo perimetrico inferiore al 10%; CECITÀ TOTALE: visus corretto occhio migliore inferiore o uguale a 3/100 e campo visivo con residuo perimetrico inferiore al 3%. La valutazione del campo visivo binoculare è riconosciuta ormai da alcuni decenni come la più efficiente nella quantificazione del danno perimetrico. Tale tipo di valutazione è stata riconosciuta congrua dal Consiglio Superiore della Sanità e, dal novembre 2004, in seguito a pronunciamento del Ministero dell’Economia, il deficit perimetrico periferico valutato binocularmente è stato equiparato al deficit di acutezza visiva, in termini di attribuzione dei benefici economici ed assistenziali (Tab. 1). La normativa quindi, in base agli assunti scientifici, ha riconosciuto valida la quantificazione della minorazione visiva perimetrica in base al concetto funzionale di campo visivo binoculare. Da ciò è quindi emersa la necessità di individuare programmi perimetrici binoculari in grado non solo di rappresentare il risultato con un punteggio percentuale, ma che fossero anche il più possibile rappresentativi della reale disabilità visiva vissuta dal paziente. A tale scopo è stata pure riconosciuta la validità scientifica e pratica di un programma perimetrico binoculare ideato da E Gandolfo e M Zingirian, OtticaFisiopatologica ® L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 89 detto CV% che presenta un pattern di 100 punti distribuiti in modo da privilegiare le aree perimetriche più importanti dal punto di vista funzionale (CV paracentrale ed inferiore) e cioè quelle zone la cui integrità è fondamentale per assicurare l’autonomia nell’ambiente; infatti 60 punti sono situati nell’emicampo inferiore, 40 in quello superiore; 64 punti sono collocati tra i 5° e i 30° e 36° in quello periferico (30-60°)4-5. In questo programma l’intensità dello stimolo è correlata alla classe d’età del paziente ed al gradiente fisiologico della sensibilità; la strategia è sopraliminare del tipo 3 zone che consente la classificazione dei difetti perimetrici in assoluti e relativi. È un esame di rapida esecuzione e di agevole gestione anche con pazienti poco collaboranti. RUOLO DELL’OFTALMOLOGO E DELL’ORTOTTISTA L’innalzamento della vita media e l’innovazione di cure terapeutiche hanno portato ad un aumento del numero dei pazienti che presentano una minorazione visiva. Oltre al miglioramento dei programmi di prevenzione è importante considerare il residuo funzionale visivo in modo tale da svolgere una riabilitazione attraverso appositi ausili. L’Oftalmologo terminata la fase chirurgica o farmacologica, non deve limitarsi di fronte alla minorazione visiva ad una certificazione medicolegale conclusiva, ma deve affrontare la fase riabilitativa con uguale impegno, inserendosi all’interno di un intervento multidisciplinare che vede coinvolti lo psicologo, l’ortottista e l’assistente sociale. Dal canto suo l’esame ortottico iniziale ha una importanza notevole nell’elaborazione del programma riabilitativo che si può riassumere in 4 fasi principali6: 1.colloquio con il paziente, che consente di conoscere il suo modo di vivere, l’evoluzione della malattia, le difficoltà e i desideri; 2.visita oculistica con studio accurato della rifrazione, valutazione dell’acuità visiva e delle capacità di lettura; Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 90 3.prova degli ausili ottici (lenti filtranti, di ingrandimento a mano e da tavolo, auto illuminanti e non, lenti ipercorrettive prismatizzate, lenti aplanatiche, sistemi telescopici galineniani e kepleriani, video ingranditori da tavolo, schede tecniche per software ingrandenti per pc); 4.ricerca di una zona suppletiva di fissazione. È facile comprendere come un paziente affetto da una grave patologia oculare che comporta una importante riduzione del visus si trovi ad un certo punto della storia clinica della sua malattia di fronte ad un bivio: per questo paziente tale strada inizia quando l’oculista dice ‘non posso più fare nulla per lei, attualmente non esistono cure efficaci per la sua malattia’: tale percorso ha una meta precisa, un punto di arrivo fondamentale: la rinuncia definitiva ad attività come leggere il giornale e scrivere, alimentarsi o curare la propria persona: ecco le gravi e comprensibili ripercussioni sull’equilibrio psichico e sulla vita di relazione del paziente. La seconda strada comincia quando l’oculista curante dice ‘non posso fare nulla per migliorare la sua condizione visiva, ma posso aiutarla ad utilizzare al meglio la vista residua in modo da limitare al massimo le conseguenze della sua malattia sulla qualità della vita’. Questa strada conduce ad un centro ipovisione e ai servizi di riabilitazione. La riabilitazione visiva deve essere considerata un’alternativa valida al trattamento chirurgico o medico, il paziente viene considerato nella sua globalità e non solo da un punto di vista visivo. La ‘motivazione' costituisce la variabile più importante, senza un adeguato ‘training’ la riabilitazione visiva è nulla: l’ipovedente è quasi sempre un soggetto anziano che a volte può presentare altre forme di invalidità, per cui spesso si presenta come una persona con polihandicap. Nella quasi totalità dei casi vive in una condizione di emarginazione sociale dovuta all’uscita dal mondo produttivo, è una persona bisognosa di aiuto sia sul piano psichico che sociale e che va sostenuto continuamente perché il successo riabilitativo dipende quasi esclusivamente dall’interesse, dalla motivazione e dall’impegno che riesce a trovare in se stesso e in figure professionali adeguate. Ecco perché l’affidarsi ad un centro ipovisione gestito da figure specialistiche risulta di fondamentale importanza in tali tipi di pazienti non solo da un punto di vista funzionale ma soprattutto prognostico; fondamentale diviene la valutazione eziologica, della durata e delle condizioni di stabilità della malattia. Per meglio rendere l’idea di tale concetto, sappiamo che, ad esempio, la qualità di una visione distorta, poco contrastata e luminosa come la si ha nelle opacità OtticaFisiopatologica ® L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici o irregolarità dei mezzi diottrici (cornea e cristallino), non può essere certo migliorata da uno strumento ingrandente: del tutto diversa risulta essere la situazione quando responsabile del calo del visus è una patologia che interessa la macula: di fronte a scotomi centrali più o meno estesi, l’esperienza insegna come convenga ricorrere a dei sostituti maculari, individuati con l’esame del campo visivo, insegnando al paziente una fissazione decentrata parafoveolare, che raggiunga fotorecettori ancora integri, pure se a minore densità e quindi con una determinazione di bassa acuità visiva. Il paziente deve pertanto imparare a fissare sotto o lateralmente l’oggetto preso come riferimento, e viene educato ad una sorta di riabilitazione antifisiologica piuttosto rigida che talvolta finisce per esaurire le motivazioni dell’ipovedente stesso che già di per sé è scarsamente dotato di attività autonoma. Un aiuto in questo senso può essere dato inserendo un prisma sull’occhiale che sposti l’immagine su aree retiniche funzionali con l’occhio che rimane in posizione primaria di sguardo, dunque si imposta un piano individualizzato di riabilitazione volto soprattutto a valorizzare le possibilità di inserimento sociale dell’ipovedente7-8. Un accurato studio della rifrazione e della misurazione dell’acuità visiva è indispensabile: è opportuno osservare la posizione assunta dal capo durante la misurazione del visus: ad esempio il paziente con scotoma centrale senza danno periferico ruota decisamente la testa, bloccando l’occhio in una determinata posizione. Alcune persone muovono la testa a destra e sinistra, dall’alto verso il basso cercando di cogliere in un istante il numero maggiore di informazioni. La misurazione dell’acuità visiva si avvale di particolari ottotipi per lontano (correzione ottica in visione monoculare e binoculare), a loro volta suddivisi in intervalli di visus "più interessante" quello tra 1/20 e 2/10 e di tavole di lettura che il soggetto utilizza alla distanza per la quale dovrà essere utilizzato il sistema ingrandente. Le tavole di Keeler sono quelle più utilizzate: esse sono caratterizzate da diverse dimensioni lineari di caratteri di stampa, di grandezza progressivamente decrescente secondo una scala logaritmica, per ognuna delle quali viene riportato l’ingrandimento e il potere della lente necessari al paziente per poter leggere il giornale (+4.00 diottrie per ogni ingrandimento). Considerando una distanza di 25 cm, il valore dell’acuità visiva è espresso dalla lettera A accompagnata da un numero, ad esempio A1=10/10: l’aumento delle dimensioni delle lettere e quindi la riduzione dell'acuità visiva, viene valutata elevando a potenza il valore 1,25 per un numero che scaturisce dalla differenza fra i numeri riportati dopo la lettera A. 91 Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 92 Esempio: Considerando un paziente che legge la riga A6 e che necessita di un ingrandimento che gli consenta di leggere la riga A4, il valore dell’ingrandimento è dato da (1,25) elevato al quadrato = 1,56 dove l’esponente 2 è ottenuto dalla sottrazione 6-4. Un altro ottotipo per vicino molto utilizzato è quello di Sloan in cui una unità Sloan corrisponde ad una acuità visiva di 4/10 a 40 cm utilizzando una lente di +2.50 diottrie: il numero riportato accanto alle lettere di diversa grandezza è il valore che deve essere moltiplicato per +2.50 al fine di ottenere il potere diottrico della lente di ingrandimento necessaria per la lettura dei normali caratteri di stampa. Esiste una formula di Kestelbaum seconda la quale possiamo andare a calcolare il tipo di lente positiva da anteporre al nostro paziente per potergli consentire la distinzione di un carattere di stampa medio: P (lente positiva)=1/AV (acuità visiva) Esempio: Un soggetto con visus per vicino pari a 1/20 riuscirà a leggere la riga dei 4/10 con una lente di +20.00 diottrie (P=1/(1/20), la quale presenta un ingrandimento pari a 5 (20/4). Chiaramente tutti i valori devono essere poi "aggiustati" in base alle richieste dell’ipovedente cercando sempre di evitare l’ipercorrezione e prescrivendo sempre l’ingrandimento minimo che consenta l’utilizzo dell’attività richiesta. Bisogna sempre tener presente un concetto e cioè che il sistema più semplice per ottenere l’ingrandimento di un oggetto osservato consiste sempre nel suo avvicinamento: tanto più ridotta è la distanza di osservazione tanto maggiore risulta l’angolo sotteso al punto nodale e quindi le dimensioni dell’immagine retinica dell’oggetto osservato. Inoltre, l’ingrandimento reale è anche funzione della capacità accomodativa del paziente che permette di avvicinare l’oggetto più vicino e di eventuali ametropie presenti. Da considerare oltre ai presìdi, il miglior uso dell’isola funzionale residua necessita di un rapporto corretto ed equilibrato tra postura ed illuminazione. Il compito visivo dell’ipovedente richiede in genere forti intensità di illuminazione ma nello stesso tempo tale paziente è più suscettibile all’abbagliamento a causa delle patologie OtticaFisiopatologica ® L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 93 che lo interessano: livelli di illuminamento consigliati si attestano intorno ai 450÷600 lux talvolta aumentati in presenza di avanzate opacità cristalliniche o degenerazioni maculari o atrofie ottiche glaucomatose, di cui vanno valutati anche altri parametri come ad esempio la distribuzione del fascio di luce, la provenienza e il contrasto. AUSILI OTTICI VISIVI INGRANDENTI Migliorano la capacità visiva residua ingrandendo l’immagine retinica o aumentandone la qualità o il campo di visione attraverso la stimolazione di un maggior numero di elementi neuro-recettoriali. Per Vicino Lente di ingrandimento: sistema più diffuso non solo per il costo poco elevato ma anche sotto il profilo psicologico ben accetto in quanto agevole e rapido e non richiama l’idea della menomazione visiva. È costituito da una lente positiva biconvessa, piano convessa o asferica e dall’associazione di due o più lenti (loupes composte) che determina un ingrandimento pari a 1/4 del suo potere diottrico che va da +4.00 a oltre 48.00 diottrie. Lenti ipercorrettive montate su occhiali: prismatiche o non. Il loro potere varia da +4.00 a +16.00 diottrie ed esistono anche sotto forma di occhiali bifocali per poter leggere a distanza notevolmente ridotta in quanto richiedono un grosso sforzo di convergenza e per evitare l’affaticamento e la diplopia è necessario inserire nelle lenti ipercorrettive prismi a base interna. Sistemi aplanatici: lenti sferiche piano convesse positive con convessità rivolta verso l’interno del sistema e le superfici piane verso l’esterno per eliminare le deformazioni periferiche delle lenti, utili per ingrandimenti superiori o uguali a 4x. Sistemi telescopici Galineniani (obiettivo positivo+oculare negativo) e Kepleriani (obiettivo e oculare positivo): cannocchiali in miniatura per uso manuale o montati su lenti. Il primo può essere monoculare e binoculare e rispetto alle lenti ipercorrettive consente una distanza di lavoro più adeguata garantendo un ingrandimento pari a 2x. Il secondo crea immagini capovolte che vengono raddrizzate con l’inserimento di un prisma e consente ingrandimenti da 3x a 8x: esiste anche in forma manuale per la sola visione monoculare e consente ingrandimenti da 4x a 10x. Anno diciassettesimo giugno 2012 Guest Editorial L’ipovisione: epidemiologia, risvolti medico-legali, aspetti tecnici 94 Per Lontano Sfruttano la potenzialità dei filtri colorati a seconda della patologia. Giallo per la degenerazione maculare, arancione per il glaucoma, cataratte, rosso per la retinite pigmentosa: si tratta di lenti colorate che incrementano il contrasto e riducono il discomfort della luce negli occhi consentendo una visione nitida e naturale. Sistemi Galineniani e Kepleriani precedentemente descritti. Sistemi elettronici: Videoingranditore elettronico e Sistemi portatili. Consentono una posizione di lavoro più confortevole e sono piuttosto semplici e indicati per ipovedenti che richiedono forti ingrandimenti (da 1x a 16x) inoltre possono essere integrati da un dispositivo a sintesi vocale. AUSILI OTTICI VISIVI NON INGRANDENTI Occhiali ad amplificazione di brillanza: simili a dei mini-cannocchiali, grazie ad un fotomoltiplicatore, consentono di amplificare la luminosità degli oggetti fino a 700 volte particolarmente utile nelle condizioni di degenerazione bastoncellare (retinite pigmentosa) in cui è pur sempre conservata una funzione residua retinica centrale. Occhiali stenopeici di Knapp: possono essere utili in pazienti con funzione maculare integra e forti opacità o irregolarità dei mezzi diottrici oculari. Sono costituiti da una serie di piccoli fori praticati in una lamina opaca ma con grossa limitazione di ampiezza e luminosità del campo di sguardo. Fessura per lettura: schermo in cui è praticata un'apertura rettangolare centrale di dimensioni tali da contenere due o tre righe di caratteri di stampa. Sistemi per ampliare il campo di visione: in soggetti con riduzione del campo visivo possono essere utilizzati sistemi telescopici grandangolari in modo tale da proiettare l’immagine che si proietterebbe in una zona cieca, in una zona di retina integra9. BIBLIOGRAFIA 1. Zapelloni A, Rossi T, Sotis G, Lambiase A, Nucci C, Sabatini L, Cedrone C. Indagine preliminare sulla prevalenza delle minorazioni visive e le loro cause. Bollettino Oculistica 725: 993-1002, 1993 2. Mariotti SP. L’epidemiologia oftalmica in Italia. I.N.C. Ed Roma 297-303, 1997 3. Cerulli L, Cedrone C, Notari G. Indagine epidemiologica sulle cause di cecità tra gli scritti all’Unioni Italia ciechi. Rivista in Oftalmologia sociale 3-4: 107-68, 1984 4. Gandolfo E. Linee guida regionali nel campo della prevenzione e della riabilitazione delle minorazioni visive. In Oftalmologia sociale 2, 2001 5. Zingirian M, Gandolfo E. Ipovisione: Nuova Frontiera dell'Oftalmologia. Edizioni SOI Roma 9: 229-246, 2002 6. 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