Thomas Kuhn, Joseph D. Sneed, Wolfgang Stegmüller PARADIGMI E RIVOLUZIONI NELLA SCIENZA Introduzione di Massimo Baldini ARMANDO EDITORE KUHN, Thomas S. – SNEED, Joseph D. – STEGMÜLLER, Wolfgang Paradigmi e rivoluzioni nella scienza ; Intr. di Massimo Baldini Roma : Armando, © 2014 192 p. ; 20 cm. (Temi del nostro tempo) ISBN: 978-88-6677-067-1 1. Filosofia e scienza empirica 2. Logica e dinamica delle teorie 3. Paradigmi scientifici/Teoria e mutamento della struttura CDD 120 Titoli originali dei saggi: Philosophical Problems in the Empirical Science of Science: a Formal Approach, di Joseph D. Sneed © 1976 by D. Reidel Publishing Company, Dordrecht – Holland Accidental (‘non-substantial’) Theory Change and Theory Dislodgement: to What Extent Logic Can Contribute to a Better Understanding of Certain Phenomena in the Dynamics of Theories, di Wolfgang Stegmüller © 1976 by D. Reidel Publishing Company, Dordrecht – Holland Theory-Change as Structure-Change: Comments on the Sneed Formalism, di Thomas S. Kuhn © 1976 by D. Reidel Publishing Company, Dordrecht – Holland Second Thoughts on Paradigms, di Thomas S. Kuhn © 1971 The University of Illinois Press, Urbana The Relations Between History and History of Science, di Thomas S. Kuhn Riprodotto con l’autorizzazione di «Daedalus», © Rivista dell’American Academy of Arts and Sciences, Boston, Massachusetts, primavera 1971 (n. u. dal titolo: The Historian and the World of the Twentieth Century). I saggi di Sneed, di Stegmüller e la replica di Kuhn sono stati tradotti da Franco Voltaggio I due saggi di Kuhn, Nuove riflessioni sui paradigmi e I rapporti tra storia e storia della scienza sono stati tradotti da Silvio Morigi © 1983 Armando Armando Già presente nella collana “Metodologia delle scienze e filosofia del linguaggio” © 2015 Armando Armando s.r.l. Viale Trastevere, 236 - 00153 Roma Direzione - Ufficio Stampa 06/5894525 Direzione editoriale e Redazione 06/5817245 Amministrazione - Ufficio Abbonamenti 06/5806420 Fax 06/5818564 Internet: http://www.armando.it E-Mail: [email protected] ; [email protected] 32-00-109 I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), in lingua italiana, sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/ fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. 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Relazioni di riduzione 43; Note 52 Mutamento accidentale (“non sostanziale”) della teoria e rimozione della teoria: in quale misura la logica può contribuire a una migliore comprensione di certi fenomeni nella dinamica delle teorie? 57 WOLFANG STEGMÜLLER 1. La tensione fra approcci sistematici e approcci storici della scienza 57; 2. Il concetto strutturalistico di teoria: le teorie, le loro proprietà empiriche, la tenuta di una teoria 62; 3. “Scienza normale” e “soggettivismo” 65; 4. Razionalità e progresso e loro biforcazione nella scienza normale 67; 5. Olismo delle proprietà empiriche. Programmi di ricerca. Il carico di teoria delle osservazioni 69; 6. Rimozione della teoria senza falsificazione. La triplice immunità delle teorie. Scelta della teoria e razionalità 73; 7. Olismo della teoria e “propaganda”. Il ruolo dei giudizi di valore 80; 8. Come combattere l’accusa di relativismo. Le rivoluzioni progressive 81; 9. È possibile una biforcazione del progresso nei casi di rimozioni rivoluzionarie della teoria? L’“albero evolutivo” 85; Note 88; Appendice bibliografica 91 Mutamento della teoria come mutamento della struttura: 93 Note sul formalismo di Sneed THOMAS S. KUHN 1. Introduzione 93; 2. Valutazione del formalismo 95; 3. Due problemi di demarcazione 100; 4. Riduzione e rivoluzioni 105; Note 113 Nuove riflessioni sui paradigmi THOMAS S. KUHN 117 I rapporti tra storia e storia della scienza THOMAS S. KUHN 147 Edizioni italiane delle opere citate 185 Indice dei nomi 187 Introduzione MASSIMO BALDINI Non ho mai creduto che la scienza sia un’impresa intrinsecamente irrazionale. Ciò che forse non ho chiarito a sufficienza, tuttavia, è che prendo questa asserzione non come dato di fatto, ma piuttosto di principio. Il comportamento scientifico, preso nel suo insieme, è il miglior esempio che abbiamo di razionalità. La nostra concezione di ciò che deve essere razionale dipende in modo significativo, anche se naturalmente non esclusivo, da ciò che consideriamo siano gli aspetti essenziali del comportamento scientifico. Con ciò non voglio dire che ogni scienziato si comporta razionalmente in tutte le occasioni, o anche che molti si comportano razionalmente la maggior parte delle volte. Ciò che si asserisce è che, se la storia o qualsiasi altra disciplina empirica ci porta a credere che lo sviluppo della scienza dipende essenzialmente da un comportamento che abbiamo precedentemente considerato irrazionale, dovremmo allora concludere non che la scienza sia irrazionale, ma che la nostra nozione di razionalità ha bisogno di una rettifica in qualche punto. Thomas Kuhn 1. Gli epistemologi e il “complesso del Redentore” «Il Circolo di Vienna – si legge in un bel saggio di Scriven – era una banda di tagliagole che dava la caccia ai grassi borghesi della metafisica europea che erano divenuti […] pomposamente verbosi»1. Col principio di verificazione, i circolisti, continua il nostro autore, «eseguivano una tracheotomia che permetteva alla filosofia di respirare di nuovo»2. Non sempre però una tale operazione aveva gli esiti desiderati. Infatti, come notò Ryle, si finiva 7 spesso con l’uccidere non solo “alcuni metafisici cammelli teutonici”, ma anche “tutti gli animali domestici”. Uno strumento teorico migliore, il criterio di falsificabilità, fu successivamente proposto da Popper. Ma agli inizi degli anni sessanta le norme falsificazioniste furono a loro volta messe in discussione, e l’attacco al cuore della rete metateorica popperiana fu portato da Thomas Kuhn con l’opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche3. Nei confronti della riforma kuhniana le reazioni dei popperiani furono particolarmente vivaci. Essi si dichiararono apertamente “contro la scienza normale” (Watkins)4, ne evidenziarono tutti i “pericoli” (Popper)5 ed affermarono che molte pagine kuhniane avevano un pericoloso sapore irrazionalistico e mistico. Di irrazionalismo, relativismo e soggettivismo lo accusarono anche Shapere6 e Scheffler7. La Masterman8 e lo stesso Shapere colsero tutte le ambiguità connesse al concetto di “paradigma”. Toulmin9 trovò che nelle tesi kuhniane vi era una “esagerazione retorica”10 e in contrapposizione al “catastrofismo” delineato ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche propose una teoria “evolutiva” della conoscenza. Per Feyerabend11 le proposte avanzate da Kuhn fornivano solo delle “consolazioni per lo specialista”, in quanto “incoraggiavano la specializzazione più gretta e presuntuosa”. Laudan12, da parte sua, pur riconoscendo che “nell’impostazione di Kuhn ci sono molte cose valide”13 affermò, tuttavia, che il modello kuhniano del “progresso scientifico presenta alcune gravi difficoltà concettuali ed empiriche”14. A suo avviso, «sebbene le rivoluzioni scientifiche siano indubbiamente importanti fenomeni storici, esse non hanno né l’importanza, né il carattere cognitivo che spesso vengono loro attribuiti»15. Inoltre, «ci sono dati di fatto, i quali lasciano pensare che le rivoluzioni scientifiche non siano tanto rivoluzionarie e la scienza normale non sia tanto normale, come lascia pensare l’analisi di Kuhn»16. Infine, “in netto contrasto con Kuhn, il quale sostiene che le rivoluzioni scientifiche siano ipso facto realizzatrici di progresso”, Laudan separò nettamente “la questione dell’essersi verificata di fatto una rivoluzione dalla determinazione del carattere di progresso di tale rivoluzione”17. Alla riforma kuhniana rispose anche Lakatos18 con una serie di misure controriformiste che costituiscono ancor oggi una delle proposte epistemologiche più stimolanti. Nel suo tentativo di darci, come scrive Musgrave, “un resoconto popperiano della scienza normale di Kuhn”19, Lakatos ha portato alla luce i molti scheletri che gli epistemologi delle varie chiesuole tene8 vano ben celati nei loro capaci armadi. A ben guardare, data la ricchezza delle sue riflessioni, appaiono riduttivi sia i tentativi di Feyerabend volti a mostrarci un Lakatos “anarchico camuffato”, sia quelli di Musgrave tesi a presentarlo di contro come un “popperiano camuffato”. Se negli anni sessanta le riflessioni epistemologiche di Kuhn furono sottoposte al fuoco incrociato degli epistemologi, soprattutto dei popperiani ortodossi ed eretici, negli anni settanta il dibattito è stato ripreso con sviluppi nuovi, inattesi ed originali da W. Stegmüller e J. Sneed. La vivacità del dibattito sorto intorno all’opera di Kuhn è dovuta al fatto che le tesi in essa esposte costituirono agli inizi degli anni sessanta una brusca svolta nel clima epistemologico dominante. Tuttavia dato che questo dibattito proseguirà anche negli anni ottanta ciò sta ad indicare che le tesi kuhniane possedevano una ricchezza non comune di stimoli e di suggerimenti. Se si volesse sintetizzare in una metafora la lezione che emerge dagli scritti di Kuhn si potrebbe affermare, parafrasando Machiavelli, che egli ha mostrato come sia illusorio credere che si possa governare la repubblica degli scienziati con dei pater nostri epistemologici. In altre parole, ci ha insegnato che gli epistemologi non devono avere con la scienza così come viene effettivamente praticata lo stesso rapporto che hanno le cartomanti con la metafisica. In breve, ha mostrato agli epistemologi vittime del Complesso del Redentore, come proprio questo complesso impedisse loro di avere fruttuosi rapporti con storici della scienza e scienziati. 2. Kuhn e Popper: “una disputa in famiglia”? Da parte degli epistemologi popperiani si è sostenuto a più riprese la tesi che la “querelle” scoppiata tra Popper e Kuhn non fosse “una disputa in famiglia”20, ma un litigio tra estranei, tra persone cioè che, a ben guardare, sui punti essenziali, quelli che soli realmente contano, erano in totale disaccordo. “Il disaccordo tra Popper e Kuhn – si legge sull’”American Philosophical Quarterly” – è una disputa in famiglia. Essi sono in disaccordo sulla natura della scienza, ma concordano sul fatto che la scienza è l’impresa razionale per eccellenza”21. Ebbene proprio questa tesi verrà rifiutata in tutti i documenti ufficiali dei popperiani. Gli stessi tentativi di cogliere gli elementi in comune tra Kuhn e Popper, si pensi a quanto scrive Wisdom 9 nel saggio The Nature of “Normal Science”22, vengono rifiutati. Popper in persona trattando della “riconciliazione”23 proposta da Wisdom la rifiuta. I “cavalieri” della epistemologia popperiana si impegnarono cosi a denunciare la “pericolosa minaccia” della scienza normale e ad esplicitare gli inevitabili, a loro dire, esiti irrazionalisti e relativisti delle riflessioni kuhniane. I popperiani ortodossi hanno della scienza “un’idea eroica e romantica”24, è ai “grandi scienziati, come Galileo, Keplero, Newton e Einstein” che essi guardano, è quindi ovvio che ai loro occhi lo scienziato normale di Kuhn appaia come una persona che «ha avuto una cattiva istruzione. Egli – scrive Popper – è stato educato in uno spirito dogmatico: è vittima dell’indottrinamento. Ha appreso una tecnica che può essere applicata, senza chiedersene il perché»25. Ma c’è di più. Secondo Popper, Kuhn commette un errore quando «suggerisce che ciò che egli chiama scienza “normale” sia davvero normale». Infatti, «pochi scienziati, per non dire nessuno, che sono ricordati dalla storia della scienza furono scienziati normali nel senso di Kuhn»26. In altre parole, egli è in disaccordo con Kuhn sia a proposito di alcuni fatti storici, sia su quella che è la caratteristica di fondo della scienza. «Prendiamo come esempio Charles Darwin prima della pubblicazione de L’origine delle specie. Persino dopo questa pubblicazione egli fu, per usare la bella espressione di M. Planck fatta propria da P. Williams, “un rivoluzionario a malincuore”, e addirittura prima di essa Darwin difficilmente si poteva dire rivoluzionario in un senso qualsiasi»27. Per Popper, la tipologia degli scienziati tracciata da Kuhn necessita di ulteriori approfondimenti. «Tra lo scienziato “normale” di Kuhn e il suo scienziato “straordinario” ci sono senza dubbio, scrive Popper, molti gradi intermedi; e ci devono essere. Prendiamo Boltzmann: ci sono pochi scienziati più grandi di lui. Ma difficilmente si può dire che la sua grandezza consista nell’aver provocato una importante rivoluzione, giacché egli fu, in larga misura, un seguace di Maxwell. Tuttavia egli fu cosi lontano dall’essere “uno scienziato normale” come nessun altro lo è stato»28. Anche se lo scienziato normale, colpevole di condurre le ricerche in uno stato di dormiveglia dogmatico, è l’obbiettivo privilegiato della vis polemica dei popperiani, tuttavia essi si sono fatti premura di denunciare il sociologismo e l’irrazionalismo 10 che, a loro avviso, si celano negli scritti kuhniani. «L’idea – afferma Popper – di rivolgersi per spiegazioni riguardanti gli scopi della scienza, e il suo possibile sviluppo, alla sociologia e alla psicologia (o, come raccomanda Pearce Williams, alla storia della scienza) è sorprendentemente ingannevole»29. Infatti, sociologia e psicologia non sono altro che delle “scienze spurie”30. 3. Paradigmi e ingorghi linguistici Se con Popper (“terrorizzato” dal fatto che Kuhn gli “stesse strappando il mantello della leadership dalle spalle”)31 e i popperiani di stretta osservanza il dialogo non è stato per Kuhn dei più facili, tanto che si è subito bloccato dopo il primo anatema lanciato al “concilio” tenutosi al Bedford college nel 1965, di contro con buona parte del mondo culturale anglo-americano è stato decisamente proficuo. Ci riferiamo, in particolare, al dibattito sul concetto di “paradigma” al quale hanno partecipato tra gli altri la Masterman e Shapere. «Ho la tentazione di credere – scriveva Kuhn al termine del Colloquium internazionale di filosofia della scienza del 1965 – all’esistenza di due Thomas Kuhn». Kuhn1 è l’autore di «un libro dal titolo La struttura delle rivoluzioni scientifiche […] Kuhn2 è l’autore di un altro libro che ha lo stesso titolo. Si tratta del libro che viene ripetutamente citato da Sir Karl Popper, nonché dai professori Feyerabend, Lakatos, Toulmin e Watkins. […]. Nei termini in cui viene presentato dai suoi critici (ma il testo originale, sfortunatamente, non è mai stato a mia disposizione) Kuhn2 sembra a volte sostenere delle tesi che sovvertono alcuni aspetti fondamentali della posizione delineata dal suo omonimo”32. Le riflessioni epistemologiche di Kuhn, come suggerisce questa piacevole metafora, sono state oggetto di numerosi incomprensioni, di distorsioni più o meno intenzionali, di cattive interpretazioni. Del determinarsi di questa situazione, tuttavia, è in buona parte responsabile lo stesso Kuhn. Infatti, alcune delle sue riflessioni contenute ne La struttura delle rivoluzioni scientifiche “hanno creato – come egli scrive – difficoltà e fraintendimenti gratuiti”33. Il concetto di paradigma, ad esempio, ha dato luogo, come hanno sottolineato in molti, al sorgere di un vero e proprio ingorgo linguistico. 11 La Masterman analizzando in un suo celebre saggio34 le molteplici definizioni che del termine “paradigma” Kuhn ci ha dato, ha notato che tale entità linguistica, di fatto, finisce nell’opera kuhniana con l’assumere ben ventuno significati concettuali diversi. «Non tutti questi significati – nota la Masterman – sono tra loro incompatibili: alcuni possono essere perfino delucidazioni di altri. Tuttavia, data la loro diversità, ovviamente è ragionevole chiedersi: “C’è qualche cosa in comune tra tutti questi significati? C’è, sul piano filosofico, qualche cosa di definito o di generale intorno a questa nozione di paradigma che Kuhn sta cercando di render chiara? O Kuhn è semplicemente uno storico-poeta, che descrive avvenimenti diversi che sono accaduti nel corso della storia della scienza, ai quali fa riferimento impiegando per tutti la stessa parola “paradigma?”»35. Di fatto, afferma la Masterman, i ventun significati che negli scritti di Kuhn il termine paradigma presenta possono essere raccolti in tre grandi gruppi. Si può, cioè, parlare di un paradigma metafisico o metaparadigma, di un paradigma sociologico e di un paradigma artefatto o paradigma-costruzione. Su questa stessa problematica insiste anche Shapere36. A suo avviso, il termine “paradigma”, così come viene usato da Kuhn, «copre un’ampia serie di fattori nello sviluppo scientifico in quanto include o in qualche modo implica leggi e teorie, modelli, standards, metodi (sia a livello teorico che strumentale), vaghe intuizioni, esplicite o implicite credenze (o pregiudizi) metafisici»37. Di queste osservazioni critiche Kuhn tenne conto in un Poscritto che aggiunse alla edizione giapponese de La struttura delle rivoluzioni scientifiche. In queste sue osservazioni aggiuntive, cercò di eliminare alcuni fraintendimenti, di “abbozzare alcune revisioni necessarie e di commentare alcune critiche spesso ripetute”38. Molte «delle difficoltà fondamentali del mio testo originale – egli scrisse – si accentrano attorno al concetto di paradigma»39. In effetti, «in gran parte del libro il termine di “paradigma” viene usato in due sensi differenti. Da un lato esso rappresenta l’intera costellazione di credenze, valori, tecniche, e cosi via, condivise dai membri di una data comunità. Dall’altro esso denota una sorta di elemento di quella costellazione, le concrete soluzionidi-rompicapo che, usate come modelli o come esempi, possono sostituire regole esplicite come base per la soluzione dei rimanenti rompicapo della scienza normale”40. 12 La disponibilità dimostrata da Kuhn in quelle pagine ed in altre a tener conto delle obiezioni sollevate nei confronti della rete metateorica da lui formulata, costituisce una lodevole eccezione nella repubblica degli epistemologi. Infatti, tra i filosofi della scienza sta prevalendo in questi ultimi tempi, come nota Stegmüller, una “deplorevole tendenza”, quella cioè di “rigettare persino il minimo sforzo di attenzione reciproca”41. In altre parole, è venuta meno la “disponibilità ad un reciproco ascolto”, si è creata cioè un’atmosfera simile a quella che si respirava nei films di Antonioni degli anni sessanta. In una tale situazione, l’esempio dato da Kuhn può favorire il dialogo e far riflettere sull’opportunità di proseguire sulla via dei grandi monologhi, via percorsa sinora troppo spesso dagli epistemologi contemporanei. 4. Contro la concezione monistica della razionalità scientifica Agli inizi degli anni settanta, come abbiamo già detto, il dibattito intorno all’opera kuhniana trae nuovo vigore dagli interventi di Joseph Sneed e Wolfgang Stegmüller. Il contributo portato da questi due studiosi è, per ammissione di Kuhn, di estrema rilevanza. Kuhn stesso, infatti, ha dichiarato di aver tratto dai lavori dei due autori sopracitati “un forte incoraggiamento”, ha aggiunto di aver fatto sue “con entusiasmo le due più importanti conclusioni dell’opera Theorie und Erfahrung di Stegmüller” e, quel che è più rilevante, ha affermato che questo autore affrontando, sulla scorta del lavoro di Sneed, l’opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche “l’ha compresa meglio di qualsiasi altro filosofo”42. Questa fase ulteriore di riflessioni è stata provocata dalle tesi contenute nell’opera The Logical Structure of Mathematical Physics di Sneed. Nel capitolo ottavo di quest’opera, infatti, Sneed abbozzò una “parziale ricostruzione razionale della teoria di Kuhn”. Successivamente, Stegmüller cercò di fornire una «ricostruzione parziale più dettagliata e perspicua della medesima teoria. Tanto la mia ricostruzione – scrive Sneed – quanto quella di Stegmüller sono “parziali” nel senso che volgono la loro attenzione essenzialmente alle tesi kuhniane intorno alla produzione delle comunità scientifiche, cioè alle teorie scientifiche e alle relative istanze empiriche». Stegmüller parte dalla constatazione che «la scienza normale così come viene delineata da Kuhn è stata sottoposta a pe13 santi attacchi da parte di molti filosofi»43. In altre parole, gli scienziati normali sono stati descritti come “dei mostri a livello epistemologico”44. Ebbene, a suo avviso, tale descrizione è il frutto di un “completo fraintendimento”45. Si tratta, in breve, di dissipare l’alone di irrazionalismo che circonda la nozione kuhniana di scienza normale. Mentre i popperiani, dunque, si erano sforzati di evidenziare i pericoli della scienza normale, Stegmüller mostra come sia possibile “scienza normale senza pericoli”46. E contro quanti tacciavano Kuhn di irrazionalismo, egli osserva che «si deve anche essere preparati ad abbandonare certi modelli di comportamento scientifico razionale. Mi sembra – aggiunge – che Kuhn abbia fatto per la teoria della scienza proprio il contrario di ciò che i critici lo accusano: non ha messo in evidenza l’irrazionalità nel comportamento degli scienziati, ma ha scoperto nuove dimensioni della razionalità scientifica»47. Per Stegmüller uno dei principali pericoli che incombono sull’epistemologia contemporanea è quello di «cadere in un monismo della razionalità e, conseguentemente, nel razionalismo sfrenato che consiste nel sostenere che non potrebbe esserci altro che una singola fonte di razionalità scientifica (un atteggiamento questo che si risolve nell’aderire alle regole dell’inferenza induttiva o del principio di falsificazione oppure a certe regole metodologiche)»48. Un tale pericolo, a suo avviso, è possibile evitarlo seguendo, con più accortezza, la via tracciata da Kuhn. Facendo, poi, un bilancio della situazione creatasi nel mondo dei filosofi della scienza, Stegmüller opera delle riflessioni di grande interesse. «La filosofia della scienza – egli scrive – cosi come è stata avviata e sviluppata in questo secolo, in prima istanza dagli esponenti dell’empirismo, quindi da filosofi di altre tendenze, ha manifestato un orientamento squisitamente sistematico. Sarebbe stato legittimo attendersi, perciò, che una crescente attenzione alla storia della scienza, come alla dimensione psicologica e sociologica della prassi scientifica, finisse con il valere come una sorta di integrazione ben accetta della logica della scienza, fornendo altresì agli studiosi di tutte queste discipline occasione di comunicarsi un gran numero di stimolanti e utili ipotesi di lavoro. Quanti hanno accarezzato questa speranza sono andati però incontro a un amaro disappunto». In effetti, a partire dalla pubblicazione dell’opera di Kuhn 14 sulle rivoluzioni scientifiche si è determinata una situazione di tensione fra approcci sistematici e approcci storici della scienza. «Parve che quanti per amor di sistema si occupassero di argomenti come la misura, la spiegazione, la predizione o la convalidazione fossero perciò stesso obbligati a ignorare i risultati della ricerca storica. Sembrò quasi che quanti si occupassero degli argomenti trattati nel libro di Kuhn fossero obbligati a dimenticare tutto quello che avevano appreso in conferenze e seminari su temi generali come la verità, la conoscenza oggettiva, la razionalità scientifica nonché su questioni più specifiche trattate nei corsi sulla logica induttiva, la verifica delle ipotesi e la costruzione della teoria». La situazione col passare degli anni si deteriorò ulteriormente, tanto che «i giovani filosofi della scienza furono indotti a una sorta di schizofrenia intellettuale. Da un lato trovavano l’approccio kuhniano insolitamente suggestivo, dall’altro però, sol che prendessero in seria considerazione i critici di Kuhn, avvertivano l’obbligo di riguardare quell’approccio stesso come suscettibile di una necessaria fondamentale revisione». La via d’uscita da questa terribile impasse si presentò a Stegmüller leggendo il libro sopracitato di Sneed. «Quando mi sono incontrato – egli scrive – con la prospettiva illustrata dal libro di Sneed, mi è parso che si fosse verificato qualcosa suscettibile d’essere descritto, in termini kuhniani, come un nuovo paradigma presentatosi improvvisamente alla nostra attenzione. Mi divenne d’un tratto chiaro come a fondamento della tesi di Kuhn vi sia un concetto di teoria del tutto differente da quello reperibile fra i filosofi della scienza». Fu, dunque, il suo incontro con la “concezione strutturalistica delle teorie” di Sneed che gli fece comprendere come fosse possibile impegnarsi nella costruzione dei pilastri del ponte che “mena alla filosofia storicizzante della scienza”. Come, in altre parole, fosse possibile superare quella situazione “insostenibile” di “reciproca condanna” che si era creata tra approcci di tipo storicistico e approcci di tipo sistematico. Note 1 Michael Scriven Logical Positivism and the Behavioral Sciences, in AA.VV., The Legacy of Logical Positivism. Studies in the Philosophy of Scien- 15 ce, eds. by P. Achistein and St. F. Barker, The Johns Hopkins Press, Baltimore, 1968, p. 195. In quest’opera compaiono anche saggi di Herbert Feigl (The Origin and Spirit of Logical Positivism), Stephen E. Toulmin (From Logical Analysis to Conceptual History), Norwood R. Hanson (Logical Positivism and the Interpretation of scientific Theories), Mary B. Hesse (Positivism and the Logic of Scientific Theories), Dudley Shapere (Notes toward a post-positivistic Interpretation of Science), Carl G. Hempel (Logical Positivism and the Social Sciences), Hilary Putnam (Logical Positivism and the Philosophy of Mind), Stephen Barker (Logical Positivism and the Philosophy of Mathematics), Peter Achinstein (Approaches to the Philosophy of Science). 2 Ibidem. 3 Thomas S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolutions, The University of Chicago, 1962; trad. it., La Struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1969. Una seconda edizione di quest’opera, con un nuovo capitolo intitolato Postscript 1969, è stata pubblicata dalla Chicago University Press nel 1970. Il Poscritto è apparso anche nella seconda edizione italiana che è del 1978. 4 John Watkins, Against “Normal Science”, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, Cambridge University Press, Cambridge 1970, pp. 25-37; trad. it., Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, Milano 1976. 5 Karl R. Popper, Normal Science and its Dangers, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., pp. 51-58. Si veda anche: Karl R. Popper, Replies to my Critics, in AA.VV., The Philosophy of Karl Popper, a cura di Paul Arthur Schilpp, The Open Court, La Salle 1974, pp. 1144-48. 6 Dudley Shapere, The Structure of Scientific Revolutions, in «The Philosophical Review», July 1964, pp. 383-394. 7 Israel Scheffler, Science and Subjectivity, Bobbs-Merrill Company, Indianapolis 1967; Id., Vision and Revolution: A Postscript on Kuhn, in «The Philosophy of Science», September 1972, 39, n. 3, pp. 366-74; AA.VV., The Structure of Scientific Theories, a cura di Frederick Suppe, University of Illinois Press, Urbana 1977, II ed., pp. 506-507. 8 Margaret Masterman, The Nature of Paradigm, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledege, cit., pp. 59-89. 9 Stephen Toulmin, Does the Distinction between Normal and Revolutionary Science hold Water?, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., pp. 39-47; Id., Conceptual Revolutions in Science, in AA.VV., Proceedings of the Boston Colloquium for the Philosophy of Science 1964-66, a cura di Robert S. Cohen e Marx W. Wartofsky, Reidel, Dordrecht 1967, pp. 331-437; Id., The Evolutionary Development of Natural Science, in «American Scientist», 55, pp. 456-71; Id., Human Understanding, Princeton University Press, Princeton 1972. 10 Stephen Toulmin, Fa acqua la distinzione fra scienza normale e scienza rivoluzionaria?, cit., p. 113. 11 Paul Feyerabend, Consolations for the Specialist, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., pp. 197-230. 12 Larry Laudan, Il progresso scientifico. Prospettive per una teoria, Ar- 16 mando, Roma 1979 (Tit. or. The progress and its Problems; University of California, 1977). 13 Ivi, p. 96. 14 Ivi, p. 97. 15 Ivi, p. 161. 16 Ibidem. 17 Ivi, p. 166. 18 Imre Lakatos, Falsification and the Methodology of Scientific Research Programmes, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., pp. 91-195; Id., History of Science and its Rational Reconstructions, in Boston Studies in the Philosophy of Science, vol. 8, a cura di R.C. Buck e R.S. Cohen, New York 1972. 19 Alan Musgrave, Falsification, Heuristics and Anarchism, in AA.VV., Progress and Rationality in Science, a cura di Gerard Radnitzky e Gunnar Andersson, Reidel, Dordrecht 1978, p. 190. 20 John Kekes, Fallibilism and Rationality, in «American Philosophical Quarterly», October 1972, n. 4, p. 307. 21 Ibidem. 22 J.O. Wisdom, The Nature of “Normal Science”, in AA.VV., The Philosophy of Karl Popper, ed. by Paul Arthur Schilpp, la Salle, Illinois 1974, vol. II, pp. 820-42. 23 Karl R. Popper, Replies to My Critics, in AA.VV., The Philosophy of Karl Popper, cit., p. 1148. 24 Ivi, p. 977. 25 Karl R. Popper, Normal Science and its dangers, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., p. 53. 26 Ivi, pp. 53-54. 27 Ivi, p. 54. 28 Ibidem. 29 Ivi, p. 57. 30 Ivi, p. 58. 31 J.J. Smolicz, Kuhn revisited: Science, Education and Values, in «Organon», 1974, n. 10, p. 46. 32 Thomas S. Kuhn, Reflections on My Critics, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., p. 231. 33 Thomas S. Kuhn, Poscritto 1969, in La struttura delle rivoluzioni scientifiche, cit., II ed., p. 211. 34 Margaret Masterman, The Nature of Paradigm, in AA.VV., Criticism and the Growth of Knowledge, cit., pp. 59-89. 35 Ivi, p. 65. 36 Dudley Shapere, The Structure of Scientific Revolutions, in «The Philosophical Review», July 1964, pp. 383-394. 37 Ivi, p. 385. 38 Thomas S. Kuhn, Poscritto 1969, cit., p. 221. 39 Ivi, pp. 211-12. 40 Ivi, p. 212. 41 Cfr: Wolfgang Stegmüller, Accidental (“Non-Substantial”) Theory 17 Change and Theory Dislodgement: To What Extent Logic Can Contribute to a Better Understanding of Certain Phenomena in the Dynamics of Theories, in “Erkenntnis”, 1976. Questo saggio appare per la prima volta tradotto in italiano in questo volume (vedi sommario). 42 Per queste citazioni si rimanda alle pagine iniziali del saggio di Thomas Kuhn: Mutamento della teoria come mutamento della struttura: note sul formalismo di Sneed, contenuto in questo volume. 43 Wolfgang Stegmüller, Collected Papers on Epistemology, Philosophy of Science and History of Philosophy, Reidel, Dordrecht 1977, vol. II, p. 187. 44 Wolfgang Stegmüller, A Combined Approach to the Dynamics of Theories, in AA.VV., The Structure and Development of Science, a cura di G. Radnitzky e G. Andersson, Reidel, Dordrecht 1979, p. 165. 45 Wolfgang Stegmüller, Collected Papers on Epistemology, Philosophy of Science and History of Philosophy, cit., p. 187. 46 Ivi, p. 188. 47 Ivi, p. 13. 48 Per questa citazione e per quelle successive si rimanda al primo paragrafo (La tensione fra approcci sistematici e approcci storici) del saggio di Stegmüller contenuto in quest’opera. 18