Rosanna Oliveri
A partire
da Thomas Kuhn
Viaggio nel concetto di legge,
di natura e sociale
ARACNE
Copyright © MMVIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–1974–0
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: agosto 2008
Indice
Introduzione
Capitolo I
Il pensiero di Thomas Kuhn
Capitolo II
Lo sviluppo della sociologia della scienza
Capitolo III
Il concetto di legge nell’età preistorica
Capitolo IV
La nascita dei concetti nell’antica Grecia
Capitolo V
Nuovo modo di concepire la società
Capitolo VI
Sviluppi delle dottrine sociologiche razionali
Capitolo VII
La fisica del Novecento e le teorie sociali
Capitolo VIII
Tornando alla filosofia di Thomas Kuhn
5
p.
7
p.
11
p.
21
p.
35
p.
37
p.
49
p.
63
p.
59
p.
79
Introduzione
Nell’ultima metà del Novecento si sono moltiplicati in tutto il
mondo occidentale, come a seguito di un’esplosione, le riflessioni
filosofiche e sociologiche a proposito dei nessi che intercorrono fra i
rapporti sociali e lo sviluppo scientifico e in particolari sulla relazione
tra il concetto di legge sociale e quello di legge di natura.
Queste analisi, di cui riferirò in modo più puntuale in seguito, mettono in evidenza vari aspetti di questa tematica: si va da una posizione
sociologica più tenue per la quale sono solo gli interessi della società a
guidare la ricerca, a una più radicale secondo la quale la rete di scambio tra la società e la scienza non metterebbe in comunicazione due
ambiti distinti, poiché entrambe rappresentano due aspetti dello stesso
fenomeno.
In questo caso si prende come assunto che la scienza sia una costruzione umana, un modello che creiamo per comodità per descrivere
la struttura della natura, e che, non avendo minimamente idea di come
possano agire gli elementi naturali, costruiamo per analogia con i nostri stessi modi di agire, trasportiamo così il modello del nostro modo
di vivere in comunità anche al mondo fisico. Pertanto, in base a questa
concezione il modello delle relazioni scientifiche non sarebbe altro
che quello delle relazioni umane sotto un’altra veste.
Altri studiosi ancora hanno invece evidenziato l’apporto del contesto sull’attività scientifica, ipotizzando che fosse proprio
nell’ambiente delle comunità scientifiche il segreto dello sviluppo e
hanno posto l’accento sulle relazioni sociali presenti all’interno della
comunità stessa dei ricercatori, analizzandone i comportamenti e le
espressioni linguistiche adoperate.
A livello più divulgativo i mass media hanno spesso messo in rilievo l’utilità sociale della scienza, sottolineando le relazioni esistenti tra
tutti i comuni cittadini e il sapere scientifico. Si mette spesso in evidenza come questa o quella scoperta scientifica potrebbe cambiare la
nostra vita di tutti i giorni. D’altra parte, lo stretto legame tra la scienza e l’industria e, di conseguenza, il commercio contribuisce non poco
a creare questa particolare catena di relazioni causali, per cui pare che
7
8
Introduzione
la scienza segua gli interessi e le esigenza sociali del posto e del momento storico in cui opera.
Che esista un nesso o una rete di relazioni tra la cultura del tempo e
l’attività scientifica è fuor di dubbio. Gli scienziati sono persone che
vivono nel loro tempo ereditando quindi una determinata mentalità
che li influenza per forza di cose nel loro modo di concepire l’intera
realtà, e con essa anche il modo di concepire la struttura e il funzionamento della natura. Un uomo dell’antica Grecia era totalmente immerso nella concezione ellenistica del mondo ed era per questo propenso a considerare le leggi di natura come una versione di quelle
della società greca. Allo stesso modo, al giorno d’oggi pochi prenderebbero seriamente in considerazione teorie scientifiche che asserivano che gli elementi di natura avessero una personalità propria e che
spiegavano i fenomeni naturali proprio in virtù di litigi e vendette tra
elementi naturali.
Per fare un esempio più recente, Galvani, con la sua teoria
dell’elettricità animale e tutti i suoi esperimenti con le rane, avrebbe
serissimi problemi nella società di oggi, sempre più animalista.
Se si considerano le dottrine sociali in sé si troverà spesso che esse
partono dagli stessi principi delle teorie della scienza, quasi a giustificare una sostanziale uniformità di vedere il mondo e di risolvere le
questioni, siano esse di natura fisica o sociale.
I brani di alcuni sociologi presentano delle inquietanti analogie con
i trattati scientifici del loro tempo, tanto che spesso sembrano sovrapporsi gli uni agli altri. Ma a cosa è dovuta questa particolare similitudine?
Un nesso, dicevamo, tra società e scienza esiste di sicuro, si tratta
però di stabilire di quale natura sia e a che cosa sia dovuto.
Bisogna stabilire, poi, che cosa s’intenda per scienza. È un luogo
comune affermare che questa sia iniziata soltanto con la cosiddetta
rivoluzione scientifica, ovvero con le teorie di Galileo e di Newton, di
Cartesio e di tanti altri che segnarono questo periodo particolarmente
felice per il sapere scientifico, identificato spesso e volentieri con la
nascita della scienza moderna.
Se ci soffermiamo, però, a riflettere sulle caratteristiche della rivoluzione scientifica ci accorgiamo facilmente che molte delle caratteristiche della ricerca scientifica di questo periodo storico che si danno
Introduzione
9
spesso per scontate non rispondono al vero. Non è vero, ad esempio,
che gli scienziati della rivoluzione scientifica si affidarono prevalentemente all’osservazione empirica. Questa fu sempre accompagnata e,
nella maggior parte dei casi, addirittura preceduta dal ragionamento
logico a priori.
Un’altra convinzione comune è quella secondo la quale la rivoluzione scientifica del Seicento sia caratterizzata dall’emancipazione
della scienza dalla sfera della religione. Leggendo i testi scientifici di
quel tempo si noterà come gli scienziati spesso si riferissero a Dio e
come loro fossero convinti che conoscere il mondo fisico significasse
leggere il libro di Dio e, facendo ciò, rendergli omaggio.
Un grande cambiamento tra scienza moderna e scienza antica si può,
invece, individuare proprio nel rapporto tra concetto di legge di natura
e legge sociale, come mostrerò in seguito nel dettaglio.
Capitolo I
Il pensiero di Thomas Kuhn
L’interesse per l’approfondimento degli studi sui rapporti tra scienza e società ha conosciuto una grossa spinta grazie al pensiero di un
importante studioso americano: Thomas Kuhn.
Per riflettere sui nessi tra scienza e società è, quindi, indispensabile
affrontare prima di tutto la filosofia di questo filosofo.
Le sue analisi della storia della scienza, racchiuse soprattutto nella
sua opera più rappresentativa La struttura delle rivoluzioni scientifiche
ma presenti in nuce già nelle sue pubblicazioni precedenti, misero in
luce i tratti salienti della sociologia della scienza in primo luogo, ma
anche dell’intero dibattito filosofico che investe tutt’oggi alcuni aspetti dell’attività scientifica.
Kuhn, che si occupò dapprima della scienza stessa, specializzandosi con uno studio in astronomia e scrivendo una tesi sul copernicanesimo, scoprì, a poco a poco la sua autentica passione per la storia
della scienza nella quale individuò alcuni momenti fondamentali di
stravolgimento delle regole. Egli notò che a partire da queste fasi di
crisi, in cui il sistema adottato dalle teorie scientifiche del tempo si rivelava insoddisfacente, si creava puntualmente un nuovo sistema di
regole metodologiche per la scienza e un nuovo modo di concepire il
sapere scientifico stesso. Si trattava, a giudizio dello studioso americano, di vere e proprie rivoluzioni scientifiche, che rappresentavano
momenti di straordinaria importanza per la comprensione dell’intero
iter dell’evoluzione scientifica.
A partire da queste considerazioni, Kuhn elaborò la sua interessante
e originale filosofia della scienza, arrivando, appunto dopo un accurato studio della storia della scienza, a interessanti conclusioni geniali
riguardo all’evoluzione della scienza.
Il focus delle sue analisi storico–filosofiche furono, come dicevamo, le crisi che attraversarono la scienza nel corso della sua storia e
i suoi momenti di rottura con la propria tradizione precendente. Così
facendo individuò tre principali momenti di rivoluzione totale del sapere scientifico: il copernicanesimo, il darwinismo e la relatività di
11
Capitolo I
12
Einstein, e si propose di analizzare queste fasi dal punto di vista della
filosofia della scienza.
La conclusione fu che per uno scienziato la norma non è quella di
effettuare ricerche e scoperte strepitose che cambieranno il mondo, ma
è quella di risolvere quelli che Kuhn chiamò “rompicapi”, ovvero quei
piccoli problemi già previsti in precedenza dalla teoria scientifica che i
ricercatori adottano. Questi rompicapi servono soltanto a mettere alla
prova l’ingegno degli appartenenti alla comunità scientifica. Questo
tipo di lavoro di routine dei ricercatori è chiamato dal nostro filosofo
”scienza normale” e viene da lui così descritto all’inizio del suo saggio, La rivoluzione copernicana:
In questo saggio 'scienza normale' significa una ricerca stabilmente fondata
su uno o più risultati raggiunti dalla scienza del passato, ai quali una particolare comunità scientifica, per un certo periodo di tempo, riconosce la capacità
di costituire un fondamento della sua prassi ulteriore. Oggi tali punti fermi
sono elencati, seppure raramente nella loro forma originale, dai manuali
scientifici sia elementari che superiori. Questi manuali espongono il corpo
della teoria riconosciuta come valida, illustrano molte o tutte le sue applicazioni coronate da successo e confrontano queste applicazioni con osservazioni ed esperimenti esemplari 1 .
La scienza normale nei suoi lunghi periodi di attività pacifica e
senza scossoni si attiene a un insieme di regole, di teorie e di strumenti
accettati dalla comunità, chiamati “paradigmi”. Questo termine è un
chiaro il riferimento alla grammatica delle lingue ed è proprio ad essa
che il filosofo della scienza si richiama, dichiarando, che come i paradigmi dei verbi forniscono un modello dal quale poi partire per applicare le regole delle declinazioni ricavando le singole forme verbali,
allo stesso modo i paradigmi scientifici offrono degli schemi che modellano l’uso della scienza.
Il paradigma di una comunità scientifica è l’insieme di teorie che
essa riconosce come tali, l’insieme dei concetti considerati validi e,
non ultimo, tutti gli strumenti ritenuti utili ai fini scientifici.
Quando, per esempio, Galileo chiese ai rappresentanti della Chiesa
di guardare nel suo cannocchiale, questi si rifiutarono energicamente
1
T. Kuhn, La rivoluzione copernicana, Einaudi, Torino 1972, p. 29.
Il pensiero di Thomas Kuhn
13
non soltanto perché avevano paura di veder messe in discussione le
loro certezze, ma soprattutto perché non vedevano in quello strumento
un mezzo per arrivare alla conoscenza, onde per cui i risultati che esso
comprovava non sarebbero potuti essere degni di considerazione.
Il paradigma rappresenta, in altre parole, la mentalità scientifica del
tempo. Cercando un paragone con lo studio della storia sociale e politica, possiamo paragonare questo concetto a quello dell’”orizzonte
mentale” introdotto dagli storici degli Annalès.
I paradigmi sono quelli, come esemplifica lo stesso Kuhn, che gli
storici etichettano una volta come “fisica newtoniana”, un’altra come
“astronomia tolemaica”, un’altra ancora come “ottica ondulatoria”,
oppure come “ottica corpuscolare”, … Gli scienziati che si trovano ad
operare in un dato periodo storico, con un dato paradigma, non sono
coscienti di trovarsi all’interno di esso, dato che normalmente i manuali di scienza su cui hanno studiato la fisica, la chimica o qualunque altra disciplina scientifica, presentano i paradigmi del passato come errori, superati dalle nuove teorie, che invece vengono descritte
come verità assolutamente inconfutabili, senza mai porre l’accento sui
passaggi storici dei tentativi falliti che hanno portato alla formulazione
di tale teoria. Difficilmente si riporta anche la presenza di teorie alternative e, se lo si fa, è solo per dire in che cosa erano fallaci. Una volta
che non c’erano i manuali di fisica, questa funzione era assolta dai
principali trattati di scienza del tempo come la Fisica di Aristotele,
l’Almagesto di Tolomeo, i Principia e l’Ottica di Newton, l’Elettricità
di Franklin, la Chimica di Lavoisier o la Geologia di Lyell. Queste opere servirono per molto tempo a definire sia la legittimità delle questioni che si presentavano, che i metodi per venirne a capo.
L’inconsapevolezza di agire all’interno di un sistema dato è dovuta
anche al fatto che i maestri preparano i loro studenti a seguire il paradigma delle scienze normali in voga al momento in cui vivono, in modo da agevolarli nella loro carriera. In questo modo potranno in futuro
collaborare e a farsi capire al meglio dagli appartenenti alla comunità
scientifica in cui si troveranno.
Questo metodo, però, anche se da una parte può sembrare sbrigativo e utile, ha anche un’altra faccia della medaglia decisivamente meno positiva, poiché questo atteggiamento chiude le porte alla possibilità di prendere in considerazioni altre teorie, altre strade.
Capitolo I
14
Ogni scienza normale tende a rimanere nell’ambito dei problemi
ordinari e Kuhn non manca di sottolineare il carattere problematico di
questo atteggiamento che può finire per allontanare gli studiosi da
quei problemi che, pur importanti per l’intera società, non rientrano
nel paradigma. Tutto ciò solo al solo fine di non avere maggiori problemi non compatibili con il loro modo di risolverli con complicazioni
non preventivamente messe in conto.
Quando le regole del paradigma non basteranno più a risolvere i
nuovi problemi e le nuove anomalie che gli scienziati si troveranno di
fronte, l’intera comunità scientifica farà moltissima fatica a prendere
in esame altre possibilità che si troveranno al di fuori degli schemi
comunemente accettati.
I problemi finiscono in questo modo per essere elusi e quando
l’anomalia si presenta, la si elimina come se nulla fosse o la si congeda con un’ipotesi ad hoc. Questo avviene fino a quando le incompatibilità non diventano talmente tante da non poter più essere ignorate e da far scaturire uno stato di crisi da cui si rende necessaria
un’intera rivalutazione del paradigma esistente. Da questa messa in discussione totale della tradizione della scienza, prendono il via le rivoluzioni scientifiche, che non sono mai dei fulmini a ciel’ sereno,
ovvero dei fenomeni improvvisi dovuti al genio di uno scienziato in
particolare o alla sorpresa di una scoperta isolata, ma, al contrario sono “episodi relativamente estesi nel tempo e dotati di una struttura che
si ripresenta regolarmente”.
Ma lasciamo spiegare allo stesso Kuhn come si caratterizzano questi episodi:
La scoperta comincia con la presa di coscienza di un’anomalia, ossia col riconoscimento che la natura ha in un certo modo violatole aspettative suscitate
dal paradigma che regola la scienza normale; continua poi con una esplorazione, più o meno estesa, dell’area dell’anomalia, e termina solo quando la
teoria paradigmatica è stata ricondotta, in modo che ciò che appariva anomalo diventi ciò che ci si aspetta. 2
Ma perché all’improvviso compaiono delle incognite e delle questioni che non sembrano spiegabili con metodi, regole e strumenti che
2
T. Kuhn, op. cit., p. 76.