Epatite Copyright by THEA 2003 L'epatite è una malattia infiammatoria del fegato, ovvero della ghiandola più grossa del corpo umano. Provocata da un agente virale, in realtà sotto questo nome si distinguono vari tipi distinti di epatite (A, B, C, D ed E) di differente caratteristiche e pericolosità. Tutte le epatiti virali, ad eccezione dell'epatite A ed E (in cui il contagio avviene per via orale o fecale), si trasmettono con il contatto con sangue infetto (trasfusioni, scambio di siringhe, tatuaggi, scarsa igiene ospedaliera o negli studi dentistici), con la saliva o altre secrezioni biologiche o mediante rapporti sessuali non protetti con individui portatori del virus. In Italia, il 3-4% della popolazione è portatore sano del virus di epatite, di cui alcune forme possono evolvere verso malattie molto gravi che portano alla morte (cirrosi, tumori al fegato). Dopo una fase variabile ma piuttosto lunga di incubazione, la malattia si manifesta con inappetenza, disturbi digestivi, malessere, spesso febbre, senso di peso all'addome e ittero, ovvero la caratteristica colorazione giallastra della cute. Nelle forme a evoluzione rapida e benigna l'epatite virale guarisce in venti giorni, ma nella maggior parte dei casi il decorso si aggira sui due o tre mesi. L'epatite A è detta anche epatite alimentare, perché si contrae anche con l'ingestione di alimenti infetti. Si tratta di una delle forme benigne in quanto con la somministrazione tempestiva di immunoglobuline si ha una guarigione completa. Inoltre il virus viene inattivato dalla bollitura in acqua, dall'immersione in formalina per tempi prolungati e dai raggi ultravioletti. Esiste anche il vaccino rivelatosi molto efficace. L'epatite B (HBV) è la più diffusa al mondo e la sua evoluzione può portare alla guarigione o alla cronicizzazione, con conseguente danno irreversibile al fegato (cirrosi). Il virus dell'epatite B (HBV, nel disegno, se ne conoscono 6 sottotipi e in Italia sono molto comuni le forme mutate) è reso inattivo dal calore, dalla candeggina e dalla formaldeide. È presente nei liquidi corporei (sangue, saliva, sperma e secrezioni vaginali). Il contagio avviene attraverso il sangue infetto (siringhe, strumenti chirurgici, tatuaggi, piercing ecc.). Circa il 5-10% delle persone infettate diventa portatore cronico, può trasmettere il virus e in un terzo circa dei casi sviluppa cirrosi epatica (anche il tumore al fegato è una complicanza dell'epatite B). La misura più efficace è sicuramente la prevenzione, basata sull'igiene ambientale e personale. L'Italia è il primo paese al mondo ad aver messo in atto una strategia su larga scala, a partire dal 1991 con la vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati e i dodicenni, raggiungendo un tasso di copertura attorno al 99% al Nord, al 98% al Centro e al 78% al Sud. La cura si avvale dell'uso di interferone, una sostanza proteica prodotta dalle cellule (soprattutto leucociti) per combattere i virus e che viene sintetizzata in laboratorio e modificata per un lento rilascio. L'epatite C è spesso asintomatica, in quanto l'ammalato può lamentare solo stanchezza e un calo di peso (per questo è detta epatite silenziosa). A differenza dell'epatite B, il contagio tramite rapporti sessuali è meno probabile, ma evolve più facilmente verso la forma cronica. Il virus è inattivato dal calore e da alcuni solventi chimici. Secondo recenti ricerche italiane, per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da epatite C può risultare utile la somministrazione di vitamine antiossidanti (vitamina A e vitamina E). Dopo che il soggetto è entrato in contatto con il virus tramite il sangue infetto, nel 60% ca. dei casi il virus si insedia nelle cellule epatiche; la successiva evoluzione in cirrosi avviene in un periodo di 20-30 anni. La realizzazione del vaccino è resa difficoltosa dal fatto che il virus è in grado di trasformarsi, disorientando il sistema immunitario. Se fino al 1999 si somministrava interferone tre volte alla settimana, è successivamente entrata in commercio la ribavirina che associata all'interferone ha aumentato la percentuale di successi dal 15-20% al 35-40%. Recentemente sono stati utilizzati gli interferono peghilati che consentono un rilascio lento e graduale del farmaco (una sola somministrazione settimanale) con migliore tollerabilità. Associati alla ribavirina hanno consentito di accrescere la percentuale di risposta fino al 55%. L'epatite D è molto simile alla forma B, e per manifestarsi necessita della presenza contemporanea del virus HBV. L'epatite E è invece più simile alla A, per quanto riguarda le forme di trasmissione (acque contaminate da feci infette), ma risulta più pericolosa per l'evoluzione verso forme fulminanti.