modelli di scoring per la valutazione del fabbisogno finanziario

462
SAGGI
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
MODELLI DI SCORING PER LA VALUTAZIONE
DEL FABBISOGNO FINANZIARIO:
UNA VERIFICA EMPIRICA
ALESSANDRO BERTI
S O M M A R I O
1. INTRODUZIONE
2. IL FONDAMENTO TEORICO DEL MODELLO:
L’ANALISI QUALITATIVA DEL FABBISOGNO
FINANZIARIO D’IMPRESA
3. LE CAUSE DELLE CRISI D’IMPRESA: RISULTATI
E LIMITI DELLE RICERCHE PRECEDENTI
4. GLI INDICATORI UTILIZZATI
5. LA COSTRUZIONE DELLA FUNZIONE
DISCRIMINANTE
6. CONCLUSIONI
APPENDICE STATISTICA
ALESSANDRO BERTI: Istituto di Studi Aziendali, Facoltà di
Economia, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.
Il presente articolo rappresenta l’implementazione e la
rielaborazione di un primo paper presentato nel corso di
un seminar lunch presso il Servizio Studi della Banca d’Italia, il 30 settembre 2004. Il lavoro, inoltre, costituisce la
naturale prosecuzione della ricerca Static and dynamic
models for credit risk assessment: initial findings of an
empirical study, in Aktuelle Entwicklungen im Finanzdienstleistungsbereich, 3. Liechtensteinisches Finanzdienstleistungs-Symposium an der Fachhochschule Liechtenstein, Physica-Verlag, Heidelberg (2004), oltre che
dell’articolo “Modelli statici e modelli dinamici per la valutazione del rischio di credito: una verifica empirica” in
Banche e Banchieri n. 5, 2004.
L’Autore desidera ringraziare il dott. Moreno Trivisonno
per il prezioso e insostituibile lavoro di collaborazione
nel corso dello studio e della validazione del modello e la
dott.ssa Paola Menghini per la collaborazione alla redazione della stesura finale dell’articolo. Naturalmente ogni
responsabilità per errori, omissioni e inesattezze è da imputare esclusivamente all’Autore stesso.
1. INTRODUZIONE
L’ormai prossima entrata in vigore dei criteri di
vigilanza prudenziale stabiliti nell’accordo di Basilea 2 ha posto al centro del dibattito, com’è noto, i problemi riguardanti la costruzione dei modelli di rating e l’assorbimento del capitale conseguente al loro utilizzo. Poca o nessuna attenzione
è stata posta riguardo ai criteri di costruzione dei
rating stessi, in particolare per quanto riguarda le
modalità di valutazione del fabbisogno finanziario
dell’impresa richiedente prestito1.
Il presupposto teorico del presente lavoro, verificato empiricamente, assume la valutazione circa
natura, qualità e durata del fabbisogno finanziario
d’impresa2 come fondamento per la costruzione
di un modello di scoring idoneo a individuare le
caratteristiche di rischiosità delle imprese affidate, discriminandole in base alla probabilità che per
esse si verifichi o meno un evento definibile quale
insolvenza.
Si ritiene infatti che solo l’analisi dinamica del fabbisogno finanziario possa consentire di cogliere
l’evoluzione dell’impresa e il modificarsi delle
condizioni di rischio per l’intermediario creditizio,
attraverso una “lettura” degli effetti dei comportamenti imprenditoriali sul mantenimento dell’equilibrio economico e finanziario prospettico. Il problema in questione non è di poco conto, ove si consideri che l’applicazione dei rating interni avverrà
comunque intorno a un modello di scoring, e che
tale modello, unitamente a variabili qualitative e
non, influenzerà le politiche del credito nelle prin-
1. Sull’argomento vedi Cannata (2000); cfr. inoltre Berti (2004c, d).
2. Sull’importanza della valutazione del fabbisogno finanziario d’impresa ai fini della valutazione del merito di
credito, cfr. Giampaoli (2000).
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
cipali banche italiane3. Alla luce di tali premesse,
coerentemente con un’impostazione delle relazioni
di clientela tesa a privilegiare il modello della banca di riferimento, si sono individuate tre aree critiche della gestione sulle quali intervenire al fine di
approfondire i fattori più significativi che agevolano, oppure ostacolano, il conseguimento delle condizioni di capacità di reddito e di rimborso: le aree
in parola sono state denominate crescita, redditività e finanza, al fine di valutare, rispettivamente,
termini e modi del processo di crescita o ridimensionamento dell’impresa, genesi e dimensione della redditività operativa e, da ultimo, gli effetti delle
scelte imprenditoriali sul processo di produzione,
impiego e raccolta di risorse finanziarie.
Dopo aver analizzato, sulla base della metodologia
dell’analisi per flussi, tale processo, sono state effettuate verifiche del modello costruito, utilizzando
una serie storica di 4 anni di bilanci di un campione
di imprese sane e di imprese in stato di insolvenza,
nel periodo che va dal 1997 al 2000. Le imprese esaminate appartengono a tutti i settori merceologici,
con l’esclusione di quelli immobiliari e delle costruzioni: tale esclusione si è resa necessaria alla luce
delle peculiarità che caratterizzano i bilanci di tale
tipologia di imprese, soprattutto per le operazioni di
tipo ultrannuale. Pur non avendo definito a priori la
dimensione delle imprese esaminate, le stesse appartengono in prevalenza alla categoria delle Pmi
(52,3%) e a quella delle micro-imprese (35,3%)4.
3. Sulla costruzione dei rating e la gestione del rischio di
credito cfr. De Laurentis (2001). Sugli effetti dell’applicazione di modelli di scoring sulla disponibilità del credito
alle imprese cfr. Berger, Udell (2002). Frame, Padhi, Lynn
Woosley (6 April 2001). E inoltre Akhavein, Frame, White
(9 April 2001). Berger, Frame, Miller (2002-6).
4. Il Decreto del Ministero delle attività produttive ha
recepito la Raccomandazione della Commissione europea 2003/361/Ce del 6 maggio 2003 sulla definizione di
micro, piccola e media impresa. La nuova definizione di
Pmi (meno di 50 occupati e un fatturato, o un totale di bilancio, annuo non superiore ai 10 milioni di euro) è entrata in vigore, a livello comunitario, dal 1° gennaio 2005,
sostituendo quella contenuta nella Raccomandazione
96/280/Ce. Estesi, poi, anche i limiti per la definizione di
media impresa: meno di 250 dipendenti e, congiuntamente, un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro
oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni. Nel Decreto è stata inoltre istituzionalizzata la nuova definizione di “microimpresa”. Fra le realtà di più piccole dimensioni potrà definirsi tale quella con meno di 10
dipendenti e un fatturato annuo, o un totale di bilancio,
non superiore ai 2 milioni di euro.
SAGGI
463
I risultati ottenuti confermano non solo l’importanza dell’indagine sulla capacità di reddito, ma
anche la superiore capacità dell’analisi dinamica
per flussi di rappresentare correttamente la situazione d’impresa in termini di esistenza della capacità di rimborso, discriminando fra imprese sane e
aziende in difficoltà. Dalla ricerca, inoltre, emerge la sostanziale irrilevanza del parametro relativo
alla struttura finanziaria e al rapporto di indebitamento: tali parametri, infatti, devono essere più
correttamente intesi come modalità di copertura
del fabbisogno piuttosto che come criteri di valutazione della capacità di rimborso.
2. IL FONDAMENTO TEORICO DEL
MODELLO: L’ANALISI QUALITATIVA
DEL FABBISOGNO FINANZIARIO D’IMPRESA
L’analisi approfondita delle cause del fabbisogno
finanziario d’impresa è stata per lungo tempo assente nella prassi delle relazioni di clientela italiane5. È stata, al contrario, attribuita maggiore coerenza all’analisi per indici (o della solvibilità a
breve termine6), rispetto all’approccio di tipo assicurativo fatto proprio nell’ambito della prassi del
fido multiplo. Tale approccio, fondato essenzialmente sull’apprensione delle garanzie, necessitava altresì di strumenti analitici di rapido impiego7,
anche al fine di ridurre i costi unitari di istruttoria,
stante la modesta redditività delle operazioni di
prestito. Scopo del presente lavoro è stato quello
di verificare la maggiore attendibilità di un approccio fondato sulla valutazione della natura e
della durata del fabbisogno finanziario d’impresa,
allo scopo di definirne la qualità e pervenire all’attribuzione del merito creditizio.
I concetti8 di natura e durata del fabbisogno finanziario utilizzati nell’ambito della ricerca fanno ri5. Sull’argomento cfr.in particolare Bisoni, Canovi, Fornaciari, Landi (1994); Alessandrini (a cura di) (1994).
6. Per una critica decisiva della validità dell’analisi per
indici, cfr. Giampaoli (1984). A partire da un’ampia e approfondita verifica empirica, alle stesse conclusioni giunge Barontini (2000).
7. La necessità di ridurre i tempi delle istruttorie, a detrimento della qualità delle medesime, permane nella
prassi bancaria italiana. Cfr. al riguardo Ruozi, Zara
(2003). Vedi inoltre Manove, Padilla, Pagano (2001).
8. Sulla definizione di natura e durata del fabbisogno finanziario d’impresa cfr. Giampaoli (2000).
464
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
ferimento ai risultati che tipicamente possono derivare dall’analisi dinamica per flussi e, in particolare alle determinanti dell’eventuale deficit o
surplus di liquidità nella gestione d’impresa: la
gestione corrente, i prelievi, la gestione degli investimenti9. Non sfugge lo stretto legame esistente fra origine del fabbisogno e relativa durata (o
flessibilità/rigidità10) e valutazione qualitativa del
medesimo. A titolo esemplificativo, il fabbisogno
finanziario derivante da un deficit della gestione
corrente potrà essere valutato positivamente solo
ove si verifichino condizioni di sviluppo e di crescita, con conseguente espansione del circolante
operativo: in tutti gli altri casi, sia a seguito di risultati economici costantemente negativi o nulli,
sia per la dilatazione artificiosa del circolante, a
causa per esempio di politiche di bilancio su crediti e/o scorte, la valutazione dovrebbe essere negativa, difettando l’impresa sia di capacità di reddito, sia di capacità di rimborso. Allo stesso modo
si dovrà parlare di fabbisogno finanziario rigido e
non flessibile ogni qualvolta si verifichi la condizione, invero assai frequente nelle Pmi, di prelievi
superiori alle risorse finanziarie prodotte dalla gestione, effettuati continuativamente e a prescindere da valutazioni di compatibilità finanziaria. Il
fabbisogno finanziario derivante dall’effettuazione di nuovi investimenti, al contrario, sarà valutato positivamente, sia quale conseguenza di scelte
volte a rafforzare, almeno in prima approssimazione, la struttura tecnico-produttiva d’impresa,
sia per la sua natura temporanea e non ripetitiva.
Alla luce di quanto riportato, alla base dei criteri
di valutazione adottati sta la misurazione della capacità di reddito quale fondamento necessario della capacità di rimborso. L’autofinanziamento, infatti, inteso strictu sensu e non come misura potenziale o economica (il cash-flow), si nutre anzitutto della redditività operativa e della sua adegua9. Per approfondimenti sui criteri di costruzione del rendiconto finanziario d’impresa si veda Giampaoli (1984).
10. Il fabbisogno finanziario deve essere inteso come
flessibile quando lo stesso mostri dinamiche continue di
ampliamento e riduzione, in relazione a una gestione caratterizzata da equilibrio economico stabile e da equilibrio finanziario solo temporaneamente assente (per esempio, per espansione delle vendite e/o per nuovi investimenti). Si dovrà parlare di fabbisogno finanziario rigido
ogni qualvolta lo stesso non manifesti segnali di riduzione e tenda ad accrescersi continuativamente, in presenza
di condizioni di squilibrio economico e finanziario.
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
tezza a coprire il costo del debito e la remunerazione del capitale investito.
L’impostazione adottata qualifica sia il capitale di
rischio, sia i debiti finanziari, qualunque sia la loro durata, come risorse esterne alla gestione, cui si
è fatto ricorso al fine di coprire il fabbisogno finanziario: fabbisogno che, pertanto, non potrà essere giudicato di buona o cattiva qualità analizzando le fonti utilizzate per la sua copertura11. Si ritiene piuttosto di maggiore utilità verificare la
congruenza12 della struttura finanziaria adottata in
rapporto all’esistenza o meno delle condizioni di
equilibrio economico e finanziario. Sulla base dei
criteri che si sono sommariamente elencati, si è
proceduto alla costruzione di un modello di scoring che fosse in grado non solo di supportare efficacemente le decisioni di affidamento ma anche
di offrire elementi predittivi del verificarsi di situazioni di degrado gestionale e di sopraggiunta
incapacità di rimborso.
3. LE CAUSE DELLE CRISI D’IMPRESA:
RISULTATI E LIMITI DELLE RICERCHE
PRECEDENTI
Nel solco della precedente ricerca svolta sullo
stesso tema13, si sono evidenziate differenze statistiche significative tra i due gruppi di imprese, con
riguardo alle tre aree della gestione d’impresa ritenute fondamentali per comprendere natura, durata e qualità del fabbisogno finanziario: crescita,
redditività e finanza. Tali differenze si accentuavano già a partire dal terzo anno antecedente il fallimento, approfondendosi sempre di più all’avvicinarsi dello stesso. Le imprese in attività non solo si caratterizzavano per una maggiore capacità
di generare autofinanziamento, ma, rispetto alle
fallite, crescevano di più e, soprattutto, ottenevano
migliori risultati in termini di redditività.
Coerentemente con le premesse, è stato pertanto
elaborato un primo modello teorico idoneo a prevedere le insolvenze aziendali, verificando al contempo l’effettiva applicabilità dell’analisi discriminante ai modelli dinamici.
11. Sul punto, cfr. Berti (2004b).
12. Per una definizione di congruenza della struttura finanziaria cfr. Berti (2004b, p. 122 e ss.).
13. Cfr. Berti (2004c).
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
Uno dei limiti fondamentali emersi nel corso del
lavoro, e che ne ostacolavano l’applicabilità operativa, derivava direttamente dall’unità di misura
degli indicatori utilizzati: le variabili considerate,
infatti, pur prendendo in considerazione l’intero
arco temporale esaminato (quattro anni) si caratterizzavano per una scala di misurazione omogenea espressa dal numero di anni e/o bienni in cui
le imprese campionarie riuscivano a verificare determinate condizioni. Inoltre, quando la ricerca si
focalizzava più in dettaglio sul singolo biennio
(anziché sull’intero periodo), le stesse variabili
adottavano una scala di misurazione binaria (ossia
veniva loro attribuito il valore “1” se di segno positivo o comunque superiore a una certa soglia,
“0” in caso contrario).
È facile a questo punto individuare i limiti operativi di un approccio del genere, che non consente
di discriminare e di interpretare correttamente tutte quelle situazioni di “confine” giudicate negativamente (o positivamente) ma che in realtà non lo
sono affatto o che comunque necessitano di un
giudizio più critico e approfondito.
Per ovviare a tale inconveniente, si è ritenuto opportuno ripetere l’analisi con una maggiore attenzione alle grandezze utilizzate, enfatizzando non
solo il segno delle variabili ma anche la loro dimensione in rapporto ad altri indicatori.
Il periodo preso in considerazione per le aziende
in stato di insolvenza fa riferimento al terzo anno
antecedente il fallimento. Infatti, se l’obiettivo
consiste nel poter disporre di uno strumento idoneo a individuare le modificazioni del merito di
credito con buon anticipo rispetto alle loro manifestazioni più evidenti14, si comprende chiaramente, perlomeno in base alla legislazione fallimentare attualmente vigente in Italia, la superiore idoneità del primo biennio di analisi a rappresentare
la base temporale in funzione della quale elaborare un modello previsivo di maggiore efficienza.
4. GLI INDICATORI UTILIZZATI
Al fine di incrementare l’accuratezza del modello, indicatori tradizionali di bilancio aventi un
contenuto essenzialmente “statico” sono stati in-
14. Sulla coerenza dei modelli di scoring rispetto alle definizioni di default cfr. Hayden (2003).
SAGGI
465
tegrati con indicatori di tipo “dinamico” o
“trend”. L’ipotesi fondamentale alla base dell’utilizzo di quest’ultimo tipo di variabili è che, almeno per alcune categorie di indicatori, sia maggiormente significativa la variazione nel tempo
rispetto alla considerazione del loro valore assoluto. Se le specifiche caratteristiche dell’attività
svolta da una singola impresa possono influenzare negativamente la capacità di identificare le
aziende in crisi, è possibile che gli indici ti tipo
trend, mettendo in luce un mutamento della situazione competitiva dell’impresa, siano in grado di
ottenere una migliore performance.
Complessivamente, gli indicatori selezionati appartengono alle seguenti macrocategorie (tabella 1):
– indici di crescita e di efficienza;
– indici di redditività operativa e di redditività
netta;
– indici di finanza e di autofinanziamento;
– indici di struttura finanziaria.
La peculiarità di questi indicatori deriva dalla loro
scala di misurazione, poiché non si tratta più di
variabili dicotomiche o discrete come avveniva
nel precedente modello, bensì di variabili espresse
in termini percentuali o relativi (variazioni e rapporti tra indici); di conseguenza esse assumono
valori reali variabili all’interno di un range predeterminato.
Meritano qualche spiegazione le ultime tre variabili dell’elenco indicato.
In particolare, l’indicatore Reddito Operativo/Gestione Straordinaria /Reddito netto è una variabile
che può assumere valori interi compresi da un minimo di 1 a un massimo di 8. Essa avrà il valore
massimo in corrispondenza di un risultato operativo positivo e di una bassa incidenza della gestione
straordinaria sul reddito netto positivo. Assumerà
invece il valore 1 quando l’impresa presenta un’elevata incidenza della gestione straordinaria con
una redditività operativa e netta entrambe negative. I valori compresi tra i due estremi rappresentano invece le situazioni intermedie.
Più complessa è stata la costruzione dell’indicatore Autofinanziamento / Prelievi / Investimenti netti / Fabbisogno Finanziario. Anche questa è una
variabile che può assumere solo valori interi, ricompresi però tra un minimo di 1 e un massimo di
16. Il valore massimo sarà attribuito a quell’azienda la cui gestione ordinaria contribuisce a genera-
466
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
TABELLA 1 – INDICATORI UTILIZZATI NELL’ANALISI
Variazione % del Fatturato
Variazione % del Fatturato – Variazione % Capitale Circolante Netto Operativo (CCNO)
Variazione % del Fatturato – Variazione % Debiti Bancari
Variazione % del Fatturato – Variazione % Costo del Lavoro
Variazione % del Reddito Operativo
Variazione % del Reddito Operativo – Variazione % del Fatturato
Autofinanziamento / Debiti Bancari
Autofinanziamento / Oneri Finanziari
Autofinanziamento / Fatturato
Reddito netto / Fatturato
Reddito netto / Debiti Bancari
(Reddito Operativo + ammortamenti + accantonamenti – ∆CCNO) / Oneri Finanziari
Reddito Operativo / Debiti Bancari
(Reddito Operativo + ammortamenti + accantonamenti) / Debiti Bancari
Reddito Operativo / Fatturato
Oneri Finanziari / Reddito Operativo
Oneri Finanziari / (Reddito Operativo + ammortamenti + accantonamenti)
Oneri Finanziari / Debiti Bancari
Oneri Finanziari / Fatturato
CCNO / Fatturato
CCL / Fatturato
Fatturato / Capitale investito
Debiti Bancari / Capitale netto
Debiti Bancari / Fatturato
Capitale netto / Fatturato
Nuovi Investimenti / Ammortamenti
(Autofinanziamento – Gestione Straordinaria) / Oneri Finanziari
Oneri Finanziari / (Reddito Operativo + ammortamenti)
(Reddito Operativo + ammortamenti – ∆CCNO) / Oneri Finanziari
(Reddito Operativo + ammortamenti) / Debiti Bancari
Autofinanziamento / Capitale Investito
ROE = Reddito netto / Capitale netto
ROI = Reddito Operativo / (Debiti Bancari + Capitale netto)
(ROI – costo medio indebit.) * (Debiti Bancari / Capitale netto)
(Reddito Operativo + ammortamenti) / (Debiti Bancari + Capitale netto)
[(Reddito Operativo + ammortamenti) / (F + C) – i] * (F / C)
Autofinanziamento / Capitale Netto
Indicatore Reddito Operativo / Gestione Straordinaria / Reddito netto
Indicatore Autofinanziamento / Prelievi / Investimenti netti / Fabbisogno Finanziario
Indicatore Autofinanziamento / Fabbisogno Finanziario
re liquidità, non effettua prelevamenti, fa nuovi investimenti tecnici e presenta un surplus finanziario. Viceversa, sarà dato il valore 1 quando l’autofinanziamento è negativo, sono presenti prelievi e
disinvestimenti tecnici con un fabbisogno finanziario crescente.
La costruzione dell’ultima variabile, l’indicatore
Autofinanziamento/Fabbisogno Finanziario, ha
seguito la logica delle precedenti. Si deve anzitutto precisare che tale indicatore mette in relazione
la capacità di rimborso dell’impresa15 con la dinamica del fabbisogno finanziario (variazione positiva o negativa). Il valore minimo 1 viene attribuito quando l’autofinanziamento è negativo in presenza di un fabbisogno finanziario in aumento; il
valore massimo 4 si ha invece nel caso contrario,
15. Intesa, strictu sensu, ovvero quale cash-flow rettificato della variazione del circolante netto operativo.
ossia quando l’autofinanziamento è positivo e sussiste un surplus finanziario.
Dai primi test statistici condotti sulle variabili sono emerse differenze statisticamente significative
all’interno dei due gruppi. Per tale motivo, si è ritenuto opportuno ripetere l’analisi fattoriale e l’analisi discriminante al fine di individuare, nello
specifico, quelle variabili che a motivo delle loro
correlazioni si prestavano meglio ad essere aggregate e quali invece avevano maggior potere discriminante nel separare i due campioni.
Il risultato finale dell’analisi fattoriale è indicato
nell’appendice statistica (tabella 12).
Il numero delle componenti presenti nella matrice
(3) corrisponde ovviamente al numero dei fattori
estratti precedentemente. La prima componente è
quella che raccoglie la quota principale di varianza, mentre la seconda è quella che raccoglie la
quota principale della rimanente varianza e così
SAGGI
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
467
del fatturato e variazione percentuale di quest’ultima rispetto a quella del costo del lavoro.
Dopo aver identificato i coefficienti delle componenti fattoriali per ogni impresa del campione, è
stato possibile rappresentare graficamente la posizione delle imprese relativamente alle tre componenti di redditività, finanza e crescita17.
Come si può notare dalla figura 2, le imprese sane
sono concentrate per la maggior parte nel primo
quadrante (in alto a destra), essendo caratterizzate
da una buona capacità reddituale e finanziaria. Al
contrario, la disposizione delle imprese fallite assume la forma di una nuvola disposta obliquamente che si estende dal secondo quadrante (in alto a
sinistra) fino al quarto quadrante (in basso a destra). Tale disposizione evidenzia l’incapacità delle imprese fallite di ottenere buone performance
in entrambe le componenti e mette in risalto i problemi di natura finanziaria e reddituale che caratterizzano tale situazione. Le poche imprese fallite
che si sono rivelate efficienti dal punto di vista
economico, non sono comunque state in grado di
operare in equilibrio finanziario.
La figura 3, che pone in relazione la crescita con la
via. I valori all’interno dei vettori delle componenti rappresentano invece le saturazioni fattoriali16
dopo la rotazione Varimax.
Tramite le saturazioni fattoriali delle variabili su
ogni fattore è possibile valutare se e dove le variabili tendono a raggrupparsi e diventa possibile,
considerando solo le più elevate (in valore assoluto) per ogni fattore, dare un nome al fattore stesso.
Nella fattispecie, il primo fattore ruotato presenta
pesi elevati sulle prime otto variabili. Trattandosi
di componenti reddituali, questo primo fattore può
essere interpretato come fattore di redditività.
Al secondo fattore corrispondono invece pesi elevati e costantemente positivi per le variabili riferite all’autofinanziamento (rapportato sia all’ammontare dei debiti bancari, sia agli oneri finanziari), all’indicatore che indaga la “struttura” del rendiconto finanziario e alla variazione percentuale
del fatturato rispetto sia al capitale circolante sia
ai debiti bancari. Si tratta in questo caso di un fattore identificabile nell’area della finanza.
Il terzo e ultimo fattore ruotato è invece un fattore
di crescita dell’impresa, essendo caratterizzato da
pesi elevati per le variabili variazione percentuale
FIGURA 2 – DISPERSIONE REDDITIVITÀ-FINANZA
1,5
1
Finanza
0,5
0
–1,5
–1
–0,5
0
0,5
1
1,5
–0,5
–1
–1,5
Redditività
Sane
16. La saturazione è l’espressione numerica del legame
tra variabile e fattore e ne rappresenta la correlazione. Essa varia tra +1 e –1 e indica perciò quanto un fattore è caratterizzato da una certa variabile e viceversa. La sommatoria di tutte le saturazioni elevate al quadrato di tutte le
Fallite
variabili sul fattore in questione è esattamente pari al rispettivo autovalore.
17. I coefficienti delle componenti fattoriali sono stati ricavati dividendo le saturazioni fattoriali per la radice quadrata dei rispettivi autovalori.
468
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
FIGURA 3 – DISPERSIONE REDDITIVITÀ-CRESCITA
3
2
Crescita
1
0
–1,5
–1
–0,5
0
0,5
1
1,5
–1
–2
–3
Redditività
Sane
Fallite
indubbiamente in possesso dei requisiti che definiscono l’equilibrio finanziario (primo quadrante in
alto a destra). Difficilmente (solamente in quattro
casi) le imprese fallite riescono a fare altrettanto.
Tuttavia, la presenza di alcune imprese in attività
nel secondo quadrante in alto a sinistra ci segnala
problemi legati alla crescita, in primis quelli di liquidità. Da questo punto di vista la maggior parte
delle imprese fallite che riescono a crescere hanno
dei problemi finanziari, ossia crescono male.
redditività, evidenzia una elevata concentrazione
delle imprese fallite nel secondo e terzo quadrante.
La maggior parte delle imprese fallite non riesce a
operare con margini ritenuti accettabili. La redditività si conferma dunque come il fattore maggiormente discriminante tra i due tipi di imprese.
Analizzando infine il legame tra finanza e crescita
(figura 4), si possono trarre conclusioni di non poco momento. Molte sono le aziende sane caratterizzate da un tasso di crescita superiore alla media e
FIGURA 4 – DISPERSIONE FINANZA-CRESCITA
3
2
Crescita
1
0
–1,5
–1
–0,5
0,5
0
–1
–2
–3
Finanza
Sane
Fallite
1
1,5
SAGGI
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
5. LA COSTRUZIONE DELLA FUNZIONE
469
meriti creditizi, di uno strumento caratterizzato
dalla più rigorosa oggettività processuale.
Il primo passo che si è seguito è stato quello di
calcolare una funzione discriminante sul primo
biennio di analisi (prima fase), quello meno recente, allo scopo di riuscire a individuare un modello
matematico idoneo a evidenziare con sufficiente
anticipo il peggioramento della capacità di rimborso prima che questa diventasse irreversibile.
In una seconda fase, la funzione discriminante così individuata è stata testata sugli altri anni di riferimento al fine di poter ottenere una prima valutazione delle capacità predittive.
Per ultimo (terza fase), le attitudini predittive della funzione sono state valutate su un nuovo campione composto da 45 imprese fallite; tale procedura è indispensabile per evitare il rischio di realizzare modelli che poi si rivelano scarsamente efficaci quando applicati a imprese differenti da
quelle in funzione delle quali sono stati costruiti.
Di seguito vengono riportati i risultati dell’analisi
discriminante condotta sulle variabili maggiormente rappresentative.
DISCRIMINANTE
Il passo successivo all’applicazione dell’analisi
fattoriale è costituito dall’elaborazione della funzione discriminante. Data la stretta correlazione
tra le due analisi (dipendendo la performance della funzione lineare dalla scelta degli indicatori
maggiormente rappresentativi) gran parte degli indicatori inseriti nella funzione sono stati gli stessi
di quelli impiegati nella factor analysis. Questo
ha permesso di rendere meno arbitraria possibile
la selezione delle variabili e di rafforzare tale scelta attraverso una rigorosa evidenza empirica.
Sotto l’aspetto propriamente operativo, l’utilità
della metodologia dell’analisi discriminante applicata a questa ricerca risulta evidente: determinare una misura quantitativa di affidabilità di un
prenditore, valutando il rischio intrinseco di una
potenziale operazione di affidamento. L’analisi discriminante, da questo punto di vista, offre all’analista finanziario la possibilità di servirsi, lungo
l’intero percorso di valutazione e selezione dei
TABELLA 5 – TEST DI UGUAGLIANZA DELLE MEDIE DI GRUPPO
Var%Fatturato
Var%Fatt – Var%Banche
Autofinanziamento/Oneri Finanziari
Reddito netto/Banche
Reddito Operativo/Fatturato
Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)
(ROI – i)*F/C
Indicatore Autofin./Fabb.Fin
Wilks' Lambda
,919
,846
,744
,625
,859
,459
,891
,842
F
10,422
21,546
40,623
70,669
19,301
139,116
14,396
22,205
Dall’analisi della varianza univariata (tabella 5), e
in particolare dal valore assunto dalle statistiche
Lambda di Wilks, F e dal livello di significatività
associato, si deduce che tutte le medie delle variabili considerate risultano significativamente diverse nei due gruppi di imprese.
La correlazione canonica (tabella 6) misura il gra-
df1
1
1
1
1
1
1
1
1
df2
118
118
118
118
118
118
118
118
Sig.
,002
,000
,000
,000
,000
,000
,000
,000
do di associazione tra la funzione discriminante e
la variabile che identifica il gruppo di appartenenza. Essa risulta abbastanza elevata (0,767) evidenziando quindi una buona capacità discriminante
della funzione. Ulteriore conferma viene dal valore della statistica Lambda che risulta essere significativo (p<.01).
TABELLA 6 – PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA FUNZIONE DISCRIMINANTE CANONICA
AUTOVALORI
Funzione
1
Autovalore
1,433a
% di varianza
100,0
% cumulativa
100,0
Correlazione canonica
,767
df
8
Sig.
,000
LAMBDA DI WILKS
Test di funzione(i)
1
a
Lambda di Wilks
,411
Chi-quadrato
101,376
Per l’analisi sono state usate le prime 1 funzioni discriminanti canoniche.
470
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
Da un esame dei coefficienti standardizzati (tabella
7), si ricava che tutte le variabili (eccetto una) della
funzione discriminante hanno coefficienti di segno
negativo. Ciò significa che valori negativi più bassi
della funzione si associano a imprese in crescita,
con margini in aumento e capaci di generare liquidità. Al contrario, l’unico indicatore con coefficiente di segno positivo è Oneri Finanziari/ (RO +
amm.ti + acc.ti), a testimonianza del fatto che un
suo aumento peggiora la situazione aziendale e
contribuisce ad alzare il valore della funzione.
TABELLA 7 – COEFFICIENTI STANDARDIZZATI
DELLA FUNZIONE DISCRIMINANTE CANONICA
Var%Fatturato
Var%Fatt – Var%Banche
Autofinanziamento/Oneri Finanziari
Reddito netto/Banche
Reddito Operativo/Fatturato
Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)
(ROI – i)*F/C
Termometro Autofin.–Fabb.Fin
Function
1
–,121
–,096
–,005
–,349
–,003
–,723
–,009
–,134
Per quel che riguarda più in dettaglio l’interpretazione della funzione discriminante, si possono osservare nella tabella 8 le correlazioni con le variabili originarie (ossia tra variabili e funzione).
Di seguito (tabella 9) si riportano sia i coefficienti
non standardizzati della funzione, sia la matrice
dei centroidi dei due gruppi (ogni azienda verrà
assegnata al rispettivo gruppo in base alla distanza
minima dal corrispondente centroide).
TABELLA 9 – COEFFICIENTI DELLA FUNZIONE
DISCRIMINANTE CANONICA
Var%Fatturato
Var%Fatt – Var%Banche
Autofinanziamento/Oneri Finanziari
Reddito netto/Banche
Reddito Operativo/Fatturato
Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)
(ROI – i)*F/C
Indicatore Autofin./Fabb.Fin
(Constant)
Funzione
1
–,006
–,002
–,004
–12,838
–,049
3,147
–,023
–,113
–,909
Coefficienti non standardizzati.
Centroidi dei gruppi
1 = sana; 0 = fallita
0
1
Funzione
1
1,187
–1,187
L’equazione finale della funzione discriminante è
dunque la seguente:
Y = – 0,909 – 0,006 X1 – 0,002 X2 – 0,004 X3 +
– 12,838 X4 – 0,049 X5 + 3,147 X6 – 0,023 X7 +
– 0,113 X8
MATRICE DI STRUTTURA
Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)
Reddito netto/Banche
Autofinanziamento/Oneri Finanziari
Livello Autofin. – Fabb.Fin
Var%Fatt – Var%Banche
Reddito Operativo/Fatturato
(ROI – i)*F/C
Var%Fatturato
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
Funzione
1
–,907
–,646
–,490
–,362
–,357
–,338
–,292
–,248
Correlazioni comuni entro gruppi tra variabili discriminanti e funzioni discriminanti canoniche standardizzate. Variabili ordinate in base alla dimensione assoluta della correlazione entro la funzione.
I segni dei legami espressi dai coefficienti di correlazione sono coerenti con le attese: un incremento
nel valore degli indicatori comporta una diminuzione del punteggio discriminante, sintomo di miglioramento dello stato di salute dell’azienda. Si
nota come la variabile maggiormente correlata,
con segno contrario rispetto alle altre, sia la prima,
ossia Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)18.
18. Non sarebbe teoricamente corretto rifarsi alle correlazioni semplici, dato che tali coefficienti misurano l’effetto
dove:
X1 = Variazione % del Fatturato;
X2 = Variazione % del Fatturato – Variazione %
Debiti bancari;
X3 = Autofinanziamento / Oneri Finanziari;
X4 = Reddito netto / Debiti bancari;
X5 = Reddito operativo / Fatturato;
X6 = Oneri Finanziari / (Reddito operativo + ammortamenti + accantonamenti);
X7 = (ROI – i) * F/C;
X8 = Indicatore Autofinanziamento / Fabbisogno
Finanziario;
La bontà della capacità classificatoria della soluzione può essere ben analizzata nell’ultima tabella di contingenza, riportata nell’appendice statistica, la quale incrocia la classificazione dei sogparziale di ogni singolo indicatore tenuti costanti i valori
degli altri. In tal modo si verrebbe a trascurare il legame
che potrebbe esistere tra le variabili osservate.
SAGGI
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
getti nei gruppi osservata a priori, con la classificazione prevista dall’analisi. In base a tale valore,
l’impresa viene classificata (nella colonna gruppo previsto) come sana (se negativo) oppure come fallita (se positivo). Il valore assunto dalla
funzione discriminante può essere interpretato
come un indicatore che misura il rischio di insolvenza, dato che a valori alti e positivi corrispondono aziende “critiche”.
Dall’analisi delle statistiche conclusive (tabella
10) si può notare che la funzione ottenuta è stata
in grado di predire correttamente lo status per
l’88,3% delle imprese del campione, e la stima
del tasso di errata classificazione è stata
dell’8,3% per le imprese fallite e del 15,0% per
quelle sane. Si tratta di valori considerati più che
soddisfacenti, in considerazione anche del fatto
che si tratta del terzo anno antecedente l’evento
fallimentare.
TABELLA 10 – RISULTATI DELLA CLASSIFICAZIONE*
Gruppo di
appartenenza previsto
1 = sana; 0 = fallita
Originale
Conteggio
%
0
1
0
1
0
1
55
9
91,7
15,0
5
51
8,3
85,0
Totale
60
60
100,0
100,0
* 88,3% di casi raggruppati originali classificati correttamente.
Nella seconda fase dell’analisi la funzione è stata
testata sugli altri anni di riferimento, al fine di poter ottenere una prima valutazione delle capacità
predittive.
L’algoritmo matematico è stato in grado di predire
correttamente lo status per l’81,7% delle imprese
nel penultimo anno, percentuale che sale fino
all’85,0% nell’ultimo anno antecedente il fallimento.
Più interessante ancora si presenta la stima del tasso di errata classificazione delle imprese fallite: dal
10,0% del penultimo anno si arriva all’ 1,7% dell’ultimo anno (solamente un’impresa male classificata su 60 fallite), a testimonianza del fatto che
più aumenta il degrado gestionale delle fallite, tanto più la funzione è capace di meglio discriminare
i due gruppi, come era logico attendersi.
La causa dell’andamento altalenante della percentuale globale di corretta classificazione (1° anno:
88,3%, 2° anno: 81,7%, 3° anno: 85,0%) va ricer-
471
cata all’interno del campione delle imprese in attività: trattandosi di imprese non propriamente “sane”, è possibile che esse abbiano attraversato periodi congiunturali sfavorevoli. Questo però non
significa che non siano “bancabili”. I valori della
funzione discriminante assunti dalle aziende malclassificate sono tutti molto prossimi, o lievemente al di sopra, al punto di cut-off.
D’altronde, se lo scopo del lavoro era quello di definire un modello valido sul fronte applicativo, era
anche necessario non creare una dicotomia netta
tra i due gruppi di partenza, bensì confrontare il
campione delle imprese fallite con un altro campione di imprese in “normali” condizioni gestionali. Pertanto non si era interessati a trovare una
funzione che dividesse al 100% i due campioni,
ma si è ritenuto più importante definire un algoritmo valido e sufficientemente attendibile in una logica previsionale.
La terza e ultima fase della ricerca è servita a confermare le potenzialità dell’intero procedimento.
La funzione lineare è stata testata su un ulteriore e
differente campione d’imprese per verificarne pienamente l’attitudine predittiva. L’accuratezza del
modello non può infatti essere limitata alla considerazione della performance ottenuta sullo stesso
campione di stima: la rilevazione di basse percentuali di errore non necessariamente identifica una
reale efficacia previsionale19.
Le differenze rispetto al precedente campione riguardano la numerosità delle imprese ivi incluse
(45), la composizione (di sole imprese fallite) e
infine l’arco di tempo coperto dai bilanci raccolti
(1998-2000). Grazie a tale lieve discrepanza temporale è stato possibile valutare la flessibilità e la
capacità adattiva della funzione elaborata in un ciclo economico differente. Qualora, malgrado tali
diversità, le performance previsive raggiungano
comunque livelli soddisfacenti, risulta possibile
allora ritenere con maggiore convinzione di disporre di un utile ed efficace strumento previsivo.
La funzione discriminante, applicata sul nuovo
campione di imprese fallite nel terzo anno antecedente l’insolvenza, è stata in grado di prevedere
correttamente lo stato di insolvenza nel 73,3% dei
19. Questo problema è comunemente noto con il termine
“overfitting”. Talvolta è possibile che la performance del
modello rifletta prevalentemente la specificità dei valori
considerati e non le caratteristiche che, in generale, guidano il processo di deterioramento della gestione.
472
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
casi (figura 11). Anche in questa occasione, i restanti casi malclassificati si collocavano leggermente al di sopra del punto di cut-off.
La classificazione migliora ulteriormente nel periodo successivo (80,0%) per terminare l’ultimo
anno con un ottimo 91,1% di casi correttamente
classificati20.
In sintesi, i risultati del modello discriminante
confermano le conclusioni ottenute con l’analisi
delle componenti principali.
All’interno della funzione i regressori di natura
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
reddituale sono quelli che hanno una maggiore valenza (tra essi spicca il noto rapporto oneri finanziari/reddito operativo).
L’analisi della redditività è dunque fondamentale
al fine di prefigurare correttamente le future sorti
di un’azienda, seguita dall’analisi della gestione
finanziaria, in particolare dell’autofinanziamento,
a dimostrazione del fatto che la generazione e/o
l’assorbimento di liquidità costituiscono un effetto, piuttosto che una causa, della modificazione
dello stato di salute delle imprese.
FIGURA 11 – PERFORMANCE FD
100%
20%
26,7%
8,9%
80%
60%
40%
73,3%
80%
91,1%
1998
1999
2000
20%
0%
Fallite
6. CONCLUSIONI
La ricerca presentata ha evidenziato l’importanza
della verifica delle condizioni di equilibrio economico e finanziario in capo all’azienda affidata o
affidanda. Non si sono manifestati legami significativi fra l’esistenza di tali condizioni e determinati livelli di rapporto di indebitamento o particolari tipologie di struttura finanziaria21: dalla ricerca emerge che la solvibilità delle imprese è da
mettere in relazione alla capacità di copertura degli oneri finanziari mediante il risultato operativo
e alla continuativa produzione di risorse nell’am20. Coerentemente a queste conclusioni cfr. Barontini
(2000).
21. L’applicazione dei rating, tuttavia, influenza le scelte
in materia di struttura finanziaria delle imprese. Cfr. sull’argomento Kingsen (2003).
Sane
bito della gestione corrente. Ciò a significare che
la preoccupazione di parte bancaria circa l’equilibrio del rapporto di indebitamento e la durata media delle fonti esterne onerose dipende più che
dall’effettiva rischiosità delle imprese sottocapitalizzate e indebitate prevalentemente a breve termine, dalla necessità di ridurre l’assorbimento di
capitale sulla base dei parametri adottati per la costruzione dei rating interni (che privilegiano le imprese ben capitalizzate e con una durata media del
passivo coerente con quella dell’attivo). Non si
tratta, a evidenza, di nobilitare la cronica sottocapitalizzazione delle imprese italiane, né si vuole
trascurare in alcun modo l’importanza di una
struttura finanziaria equilibrata. Appare manifesto, tuttavia, che la capacità di reddito e, conseguentemente, quella di rimborso non possono essere ricercate nel passivo dello Stato Patrimoniale
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
e nella sua composizione: la struttura finanziaria,
in tal senso, dovrebbe essere esaminata come la
conseguenza dell’ordine delle preferenze nelle
scelte imprenditoriali di copertura del fabbisogno,
soprattutto se si parla di Pmi, più che come un indicatore di rischiosità. Sarebbe più corretto, al riguardo, enfatizzare l’incremento del rapporto di
indebitamento più che il suo valore assoluto, quale segnale di deterioramento della capacità di rimborso, soprattutto in presenza di un fabbisogno
che origini da perdite o da difficoltà di gestione,
andamento anomalo del circolante e politiche di
bilancio. È possibile, infatti, come testimoniato da
moltissime Pmi italiane, che a elevati ma stabili
rapporti di indebitamento si accompagnino buone
condizioni di gestione, di equilibrio economico e
finanziario.
La ricerca pare confermare, per quanto illustrato,
l’importanza dell’analisi delle cause del fabbisogno finanziario, evidenziandone la cattiva qualità
ogni qualvolta si verifichi la mancanza di capacità
di reddito e di rimborso, nonostante la possibile
attuazione di politiche di bilancio: comportamenti
imprenditoriali, questi ultimi, che mentre sfuggono agli strumenti analitici tradizionali22, possono
essere correttamente evidenziati mediante l’utilizzo dell’analisi dinamica per flussi.
APPENDICE STATISTICA
L’individuazione di una banda di oscillazione
(range) per ogni variabile, di quelle inizialmente
prescelte per la costruzione del modello, ha seguito un criterio ben preciso: mediamente l’ampiezza dell’intervallo è stata tale da ricomprendere ogni volta la maggioranza delle osservazioni
(circa il 70%).
Questo ha permesso di risolvere tre tipi di problemi:
1) individuazione dei valori anomali (outliers): ai
valori che cadevano al di fuori di tale banda veniva attribuito il valore massimo o minimo di quel
determinato range. La banda di oscillazione rappresenta perciò un intervallo di variazione della
variabile ritenuto economicamente e statisticamente accettabile.
22. Cfr. Berti (2004c) e Barontini (2000).
SAGGI
473
Il metodo descritto, pur provocando uno “schiacciamento” della distribuzione delle variabili sui
valori estremi e una conseguente alterazione dei
dati reali di partenza, ha trasformato solo parzialmente le distribuzioni dei valori. Nella maggior
parte dei casi, sono state effettuate poche correzioni, riguardando queste ultime solo quei valori
già estremi e di per loro stessa natura anomali. La
trasformazione non ha fatto altro che accentuare
tale anomalia, esaltandola maggiormente. Non ha
modificato però la sostanza del significato trasmesso che rimarrà, comunque, quello di una
realtà aziendale distante dalla norma;
2) controllo delle inversioni di segno. È noto che
un qualsiasi rapporto può assumere segni sia positivi che negativi; in questi casi occorre gestire in
modo appropriato le inversioni di segno per evitare di generare segnali contraddittori rispetto alla
situazione economica effettiva. Ad esempio, sappiamo che il rapporto di indebitamento indica il
grado di dipendenza dell’impresa da fonti esterne
di finanziamento: tanto maggiore risulta essere il
rapporto, tanto più alto sarà il ricorso a fonti onerose e il rischio finanziario sopportato dalla società. Tuttavia, se il capitale di rischio dell’impresa dovesse risultare negativo e se non si introducono delle opportune correzioni, si otterrà conseguentemente un rapporto negativo che verrà interpretato dal modello come segnale di situazione favorevole, quando al contrario la realtà dell’azienda sarà pessima in quanto fortemente sottocapitalizzata. È stato pertanto necessario intervenire con
opportuni aggiustamenti di calcolo;
3) verifica della monotonicità del segnale. Significa che a partire da un qualsiasi valore, un incremento del quoziente deve segnalare sempre un
peggioramento (miglioramento) della situazione
aziendale, mentre una diminuzione è sintomo di
miglioramento (peggioramento).
Nella tabella 13 le colonne Numero di casi e
Gruppo di appartenenza indicano rispettivamente
il numero dell’azienda all’interno del campione e
il suo attuale gruppo di appartenenza (1 se impresa sana, 0 se fallita). L’ultima colonna (Punteggi
discriminanti – Funzione 1) indica i valori assunti
dalla funzione discriminante per ogni impresa appartenente al campione (punteggi discriminanti).
474
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
TABELLA 12 – MATRICE FATTORIALE RUOTATAa
Fattore
2
–,240
5,029E-02
–5,794E-03
,374
–,126
–,460
–9,579E-02
,407
,918
,893
,872
,770
,639
,157
6,038E-02
1
–,873
,837
,771
,739
,730
–,724
,678
,650
,216
,235
,107
–9,634E-02
,147
,145
–2,731E-02
Oneri Finanziari/Reddito Operativo
Indicatore RO – GS – RN
Reddito Operativo/Fatturato
(RO + amm.ti)/(F + C)
Var%Reddito Operativo – Var%Fatturato
Oneri Finanziari/(RO + amm.ti + acc.ti)
Var%Reddito Operativo
Reddito netto/Banche
Autofinanziamento/Oneri Finanziari
Autofinanziamento/Banche
Indicatore Autofin. – Fabb.Fin
Var%Fatt – Var%CCNO
Var%Fatt – Var%Banche
Var%Fatturato
Var%Fatt – Var%CostoLav
3
–4,015E-02
1,988E-02
–2,372E-02
7,947E-02
,384
–7,531E-02
,573
–3,220E-02
–3,363E-02
2,045E-02
–3,976E-02
,378
,433
,801
,674
Metodo estrazione: analisi delle componenti principali.
Metodo rotazione: Varimax con normalizzazione di Kaiser.
a
La rotazione ha raggiunto i criteri di convergenza in 6 iterazioni.
TABELLA 13 – STATISTICHE PER CASI
Gruppo più alto
Gruppo
di
Numero
Gruppo
appardi caso
previsto
tenenza
Originale
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0**
1
0**
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0**
1
0**
1
1
0**
1
1
1
0**
0**
1
0**
1
1
1
1
1
1
1
1
P(D>d |
G=g)
p
df
,611
,936
,400
,589
,528
,495
,368
,784
,112
,155
,429
,896
,258
,928
,494
,862
,919
,697
,515
,616
,318
,243
,910
,290
,820
,376
,358
,925
,820
,739
,478
,578
,432
,295
,771
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Secondo gruppo più probabile
Distanza
quadratica
di
P(G=g|D=d)
Mahalanobis
dal
baricentro
,833
,933
,694
,984
,789
,988
,664
,970
,999
,998
,719
,958
,996
,954
,767
,917
,929
,869
,987
,836
,994
,996
,928
,576
,907
,993
,654
,930
,966
,884
,756
,984
,991
,583
,894
,259
,006
,709
,292
,398
,466
,811
,075
2,520
2,021
,626
,017
1,278
,008
,468
,030
,010
,151
,423
,251
,996
1,363
,013
1,121
,052
,782
,844
,009
,052
,111
,504
,310
,619
1,095
,085
Gruppo
P(G=g|D=d)
0
0
1
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
1
0
0
1
0
0
0
1
1
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
,167
,067
,306
,016
,211
,012
,336
,030
,001
,002
,281
,042
,004
,046
,233
,083
,071
,131
,013
,164
,006
,004
,072
,424
,093
,007
,346
,070
,034
,116
,244
,016
,009
,417
,106
Punteggi
discriminanti
Distanza
quadratica
Funzione
di
1
Mahalanobis
dal
baricentro
3,479
5,262
2,349
8,495
3,041
9,347
2,172
7,017
15,696
14,408
2,507
6,276
12,284
6,074
2,856
4,845
5,164
3,943
9,150
3,508
11,375
12,545
5,113
1,730
4,610
10,620
2,119
5,197
6,771
4,166
2,771
8,590
9,992
1,764
4,341
–,678
–1,107
,345
–1,727
,557
–1,870
–,287
–1,462
–2,775
–2,609
–,396
–1,318
–2,318
–1,277
,503
–1,014
1,085
–,799
–1,838
,686
–2,185
–2,355
–1,074
,128
,960
–2,072
,268
–1,093
–1,415
–,854
–,477
–1,744
–1,974
–,141
–,896
(segue)
SAGGI
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
Gruppo più alto
Gruppo
di
Numero
Gruppo
appardi caso
previsto
tenenza
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0**
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
1**
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1**
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1**
0
1**
0
0
0
0
P(D>d |
G=g)
p
df
,245
,696
,259
,681
,475
,248
,376
,202
,411
,671
,317
,298
,370
,277
,533
,656
,422
,283
,284
,436
,414
,400
,454
,452
,900
,282
,323
,203
,366
,545
,924
,246
,921
,333
,300
,908
,815
,445
,896
,310
,272
,753
,685
,411
,453
,385
,916
,360
,321
,899
,382
,396
,477
,840
,939
,832
,325
,552
,474
,978
,957
,400
,300
,729
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Secondo gruppo più probabile
Distanza
quadratica
di
P(G=g|D=d)
Mahalanobis
dal
baricentro
,996
,869
,535
,863
,989
,996
,672
,997
,992
,979
,994
,995
,993
,559
,792
,980
,991
,995
,995
,991
,991
,992
,739
,990
,958
,995
,994
,997
,662
,799
,930
,996
,955
,994
,589
,957
,906
,732
,958
,600
,996
,888
,865
,992
,738
,680
,929
,656
,994
,958
,678
,992
,989
,964
,953
,965
,994
,803
,754
,940
,936
,694
,995
,880
1,353
,152
1,274
,169
,510
1,337
,784
1,624
,676
,181
1,002
1,084
,802
1,182
,389
,198
,645
1,153
1,149
,606
,667
,707
,560
,567
,016
1,157
,977
1,621
,818
,366
,009
1,347
,010
,938
1,074
,013
,055
,584
,017
1,033
1,209
,099
,165
,675
,563
,755
,011
,839
,985
,016
,763
,722
,506
,041
,006
,045
,970
,354
,513
,001
,003
,709
1,075
,120
Gruppo
P(G=g|D=d)
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
1
1
1
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
1
0
1
1
1
1
,004
,131
,465
,137
,011
,004
,328
,003
,008
,021
,006
,005
,007
,441
,208
,020
,009
,005
,005
,009
,009
,008
,261
,010
,042
,005
,006
,003
,338
,201
,070
,004
,045
,006
,411
,043
,094
,268
,042
,400
,004
,112
,135
,008
,262
,320
,071
,344
,006
,042
,322
,008
,011
,036
,047
,035
,006
,197
,246
,060
,064
,306
,005
,120
475
Punteggi
discriminanti
Distanza
quadratica
di
Funzione
Mahalanobis
1
dal
baricentro
12,513
3,936
1,552
3,854
9,541
12,466
2,217
13,314
10,217
7,837
11,392
11,665
10,693
1,657
3,066
7,948
10,095
11,888
11,879
9,942
10,184
10,337
2,645
9,780
6,250
11,903
11,309
13,304
2,162
3,131
5,194
12,498
6,118
11,176
1,790
6,199
4,581
2,593
6,273
1,845
12,068
4,245
3,873
10,214
2,637
2,267
5,148
2,127
11,336
6,256
2,253
10,393
9,523
6,640
6,008
6,692
11,286
3,166
2,749
5,505
5,382
2,348
11,635
4,110
–2,350
,797
–,058
–,776
–1,902
–2,343
–,302
–2,462
–2,009
–1,612
–2,188
–2,228
–2,083
–,100
–,564
–1,632
–1,990
–2,261
–2,259
–1,966
–2,004
–2,028
–,439
–1,940
–1,313
2,263
2,176
2,460
,283
,582
–1,092
2,348
1,286
2,156
,151
1,303
,953
,423
1,317
,171
2,287
,873
–,781
2,009
,437
,318
1,082
,271
2,180
1,314
,314
2,037
1,899
1,390
1,264
1,400
2,172
–,592
,471
–1,159
1,133
,345
2,224
,840
(segue)
476
M O D E L L I D I S C O R I N G P E R L A VA L U TA Z I O N E D E L FA B B I S O G N O F I N A N Z I A R I O
Gruppo più alto
Gruppo
di
Numero
Gruppo
appardi caso
previsto
tenenza
100
101
102
103
104
105
106
107
108
109
110
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
P(D>d |
G=g)
p
df
,420
,815
,545
,905
,845
,811
,211
,595
,447
,654
,321
,359
,529
,186
,643
,436
,277
,421
,936
,640
,209
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
Secondo gruppo più probabile
Distanza
quadratica
di
P(G=g|D=d)
Mahalanobis
dal
baricentro
,991
,906
,986
,957
,913
,967
,997
,983
,990
,980
,994
,655
,790
,997
,981
,991
,559
,991
,933
,981
,997
BANCHE E BANCHIERI n. 6 2005
,650
,054
,366
,014
,038
,057
1,562
,282
,578
,201
,984
,840
,396
1,751
,214
,608
1,184
,647
,006
,218
1,578
Gruppo
P(G=g|D=d)
1
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
,009
,094
,014
,043
,087
,033
,003
,017
,010
,020
,006
,345
,210
,003
,019
,009
,441
,009
,067
,019
,003
Punteggi
discriminanti
Distanza
quadratica
di
Funzione
Mahalanobis
1
dal
baricentro
10,116
4,584
8,874
6,221
4,749
6,829
13,135
8,441
9,826
7,970
11,333
2,126
3,045
13,673
8,051
9,948
1,655
10,106
5,262
8,074
13,181
1,993
–,954
1,792
1,307
,992
1,426
2,437
1,718
1,947
1,636
2,179
,271
,558
2,510
1,650
1,967
,099
1,992
1,107
1,654
2,443
** Caso mai classificato.
BIBLIOGRAFIA
AKHAVEIN J., FRAME W.S., WHITE L.J. (2001), “The Diffusion of Financial Innovations: An Examination of the
Adoption of Small Business Credit Scoring by Large
Banking Organizations”, in Federal Reserve bank of
Atlanta, Working Paper Series, 9 April.
ALESSANDRINI P. (a cura di) (1994), La banca in un sistema locale di piccole e medie imprese, Il Mulino,
Bologna.
BARONTINI R. (2000) La valutazione del merito di credito.
I modelli di previsione delle insolvenze, Il Mulino,
Bologna.
BERGER A.N., UDELL G.F. (2002), “Small Business Credit
Avalaibility and Relationship Lending: the Importance
of Bank Organizational Structure”, in Economic Journal, 112.
BERGER A.N., FRAME W.S., MILLER N.H. (2002), “Credit
Scoring and the Availability, Price, and Risk of Small
Business Credit”, in Federal Reserve bank of Atlanta,
Working Paper Series, 2002-6.
BERTI A. (2004a), “Static and dynamic models for credit
risk assessment: initial findings of an empirical
study”, in Aktuelle Entwicklungen im Finanzdienstleistungsbereich, 3. Liechtensteinisches Finanzdienstleistungs-Symposium an der Fachhochschule Liechtenstein”, Physica-Verlag, Heidelberg.
– (2004b), Strumenti e metodi per la gestione del rapporto banca-impresa, Egea, Milano.
– (2004c), “Modelli statici e modelli dinamici per la va-
lutazione del rischio di credito: una verifica empirica”,
in Banche e Banchieri, n. 5.
– (2004d), “Politiche degli impieghi e relazioni di clientela: alcune considerazioni sull’impatto della regolamentazione di Basilea 2 sul mercato del credito alle
Pmi”, in Argomenti, n. 11.
BISONI C., CANOVI L., FORNACIARI E., LANDI A. (1994),
Banca e impresa nei mercati finanziari locali, Il Mulino, Bologna.
CANNATA F. (2000), “Rating esterni e dati di bilancio.
Un’analisi statistica”, in Studi e note di Economia, 3.
DE LAURENTIS G. (2001), Rating interni e credit risk management, Bancaria Editrice, Roma.
FRAME W.S., PADHI MACHAEL, LYNN WOOSLEY (2001), “The
Effect of Credit Scoring on Small Business Lending in
Low - and Moderate - Income Areas”, in Federal Reserve bank of Atlanta, Working Paper Series, 6 April.
GIAMPAOLI A. (1984), La programmazione finanziaria
nelle imprese industriali, Cusl, Milano.
– (2000), Banca e Impresa, Egea, Milano.
HAYDEN E. (2003), “Are Credit Scoring Models Sensitive
With Respect to Default Definitions? Evidence from
the Austrian Market”, pro-manuscripto University of
Vienna, April.
KINGSEN D.J. (2003), “Credit Ratings and Capital Structure”,
pro-manuscripto, University of Washington, May.
MANOVE M., PADILLA A.J., PAGANO M. (2001), “Collateral
vs. Project Screening: a Model of Lazy Banks”, in
Rand Journal of Economics, 32 (4).
RUOZI R., ZARA R. (2003), Il futuro del credito alle imprese, Egea, Milano.