schema riassuntivo preliminare di screening per incidenza

COMUNE
DI
P R O V I N C I A
D I
VILLAGA
V I C E N Z A
Cod. Fisc. e Part. IVA 00529770240
Via G. Verdi n. 32 – C.A.P. 36021
Tel. (0444)886037 – Fax (0444)886731
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SCHEMA RIASSUNTIVO PRELIMINARE DI SCREENING
PER INCIDENZA AMBIENTALE
Il presente schema è previsto per le conclusioni di cui al punto 4 della Guida metodologica per la
valutazione di incidenza ai sensi della direttiva 92/43/CEE, contenuta nella DGRV del 10 ottobre
2006 nr. 3173 – Allegato A, Attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE e D.P.R. nr. 357/1997.
DATI IDENTIFICATIVI DEL PIANO/PROGETTO O INTERVENTO
Descrizione del piano, progetto o intervento
Coordinate Geografiche dell’area di riferimento del piano/progetto o intervento:
Latitudine:
N
°
’
”
Longitudine: E
°
’
”
Descrizione sintetica dell’intervento
Codice e denominazione dei siti Natura 2000 interessati
Sito di importanza Comunitaria (SIC): Colli Berici IT3220037
Coordinate Geografiche Centro Sito: Latitudine N 45° 25' 40'' – Longitudine E 11° 30' 27''
Area di copertura del territorio (ha): circa 12.768 ettari
Altezza min. 17 m s.l.m. - Altezza max. 444 m s.l.m.
Comuni interessati: Agugliaro, Albettone, Alonte, Altavilla Vicentina, Arcugnano,
Barbarano Vicentino, Brendola, Castegnero, Grancona, Longare, Lonigo, Montecchio
Maggiore, Mossano, Nanto, Orgiano, San Germano dei Berici, Sarego, Sossano, Vicenza,
Villaga e Zovencedo.
Rete Natura 2000 nasce con la Direttiva "Habitat" (Direttiva 92/42/CEE-art.3) e
rappresenta un complesso di siti caratterizzati: dalla presenza di habitat naturali e di
habitat delle specie riportati negli allegati I e II della direttiva, nonché della presenza di
specie di cui all'allegato I della Direttiva "Uccelli" (Direttiva 79/403/CEE) e delle
altre specie migratrici che tornano regolarmente in Italia. La finalità della costituzione di
Rete Natura 2000 è quella di garantire il mantenimento o all'occorrenza, il ripristino, in
uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle
specie interessati nella loro area di ripartizione naturale. La Rete Natura 2000, però, non
Localizzazione del sito nella
deve essere considerata come un semplice insieme di siti, ma un sistema di aree
Provincia di Vicenza
strettamente relazionato dal punto di vista funzionale.
Essa infatti non considera solo i siti ad elevata naturalità, ma anche in territori contigui che sono essenziali per mettere in
relazione ambiti naturali distanti spazialmente ma vicini per funzionalità ecologica, e inoltre quelle aree che pur essendo
degradate possono tornare a livelli di complessità maggiore. Attualmente la Rete Natura 2000, è costituita dalle Zone di
Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva “Uccelli” e dai Siti di Importanza Comunitaria (SIC) previsti dalla
direttiva “Habitat”; questi ultimi rappresentano una fase transitoria per l’istituzione delle Zone Speciali di Conservazione
(ZSC). Tali aree possono avere tra loro diverse relazioni spaziali, dalla totale sovrapposizione alla completa separazione. Le
ZSC saranno dovranno essere designate da ciascuno stato membro dell’Unione Europea entro 6 anni dalla selezione come
SIC. In Italia è il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, che designa, con decreto, adottato d'intesa con ciascuna
regione interessata, i SIC elencati nella lista ufficiale come ZSC.
Descrizione generale del Sito Colli Berici:
GEOMORFOLOGIA E IDROGRAFIA
Il gruppo collinare dei Berici fa parte dei rilievi collinari isolati nella pianura.
Formatisi sul fondo di un antico mare, nell'arco di almeno un centinaio di milioni di anni, i Colli Berici risaltano nettamente, a
sud di Vicenza, sulla pianura alluvionale, con una forma di parallelogramma, il cui asse maggiore, orientato in direzione
nord/nordest-sud/sudovest, è lungo circa 24 km, e con una superficie complessiva di circa 165 km. Il rilievo presenta un
profilo omogeneamente arcuato, piuttosto compatto e non molto elevato sul livello della pianura. Appartengono ai Colli Berici
anche alcune modeste colline, che sorgono isolate nella pianura: a nord, la collina di Altavilla Vicentina; a ovest, il Monticello
di Fara presso Sarego; a est, le colline di Montegalda, mentre il Monticello di Barbarano Vicentino e le colline di Albettone e di
Lovertino, situate a sudest dei Berici, rappresentano il naturale collegamento geografico e soprattutto geologico con i vicini
Colli Euganei. I contorni dei rilievo berico appaiono più o meno frastagliati su ogni lato, con rientranze e sinuosità, promontori
e sporgenze, vallette o semplici incisioni sui fianchi, i caratteristici scaranti. I versanti sono ovunque piuttosto dolci e rettilinei,
con pendenze omogenee, appena interrotte in qualche punto da un salto di roccia, fatta eccezione per il lato sudorientale, che
presenta, nel tratto tra Costozza di Longare e San Donato di Villaga, una sequenza pressoché continua di nude e verticali
pareti rocciose: maggiormente sviluppato in altezza appena a ridosso del paese di Lumignano, il fenomeno si attenua
progressivamente verso sudovest, fino ad estinguersi all'altezza di San Donato di Villaga. L’altopiano sommitale,
prevalentemente calcareo, è una successione di dolci ondulazioni, con depressioni e vallette doliniformi tipiche di un
paesaggio carsico, alternate a modeste elevazioni: il Monte Lungo presso San Giovanni in Monte, alto appena 445 metri
s.l.m., rappresenta la massima quota del rilievo. Alcune valli particolarmente sviluppate e ramificate incidono il complesso
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collinare: a sud, la Val Liona, che si restringe notevolmente all'altezza di Spiazzo e di Pederiva di Grancona, dividendosi poi
nella Val dei Gazzo e nella Valle di Calto; a ovest, l'estesa sinuosità delle Valli di Brendola; a nord, le Valli di Sant'Agostino; a
nordest, le Valli di Fimon e, a est, il Palù di Mossano, racchiuso tra i promontori di Montruglio e di San Pancrazio. Le testate
della Val Liona e delle Valli di Fimon, arrivando quasi a congiungersi presso San Gottardo di Zovencedo, nel cuore del rilievo,
dividono idealmente i Colli Berici in due parti. La porzione occidentale, più stretta, presenta a nord una conformazione
piuttosto frastagliata, con propaggini più o meno ampie presso Altavilla Vicentina e Vicenza, mentre verso sud conserva
l'aspetto di un piatto altopiano, che dal centro dei Berici digrada, con quote mai superiori ai 300 metri, in direzione di Lonigo
e di Orgiano. Qui, l'erosione ha smantellato pressoché completamente le formazioni rocciose più recenti, di età soprattutto
oligocenica, cosicché le forme carsiche insistono ora sui calcari marnosi e friabili dell'Eocene superiore, offrendo, data la facile
erodibilità delle rocce, un paesaggio a morfologie molto dolci. Quella orientale, invece, è più tozza e rimane più elevata, con
versanti anche molto ripidi fino a verticali, avendo conservato porzioni delle primitive superfici di spianamento, che gravitano
sui calcari oligocenici, qui ancora ampiamente rappresentati. Proprio a causa della natura prevalentemente calcarea e del
carsismo diffuso, i Colli Berici risentono di una cronica scarsità d'acqua, in particolar modo sul rilievo sommitale e sui versanti
meridionali. Soltanto a quote meno elevate, in corrispondenza con il passaggio a terreni poco permeabili, o anche al piede
della collina, compaiono alcuni orizzonti sorgentiferi, che alimentano, in qualche caso, brevi e scarsi torrenti, la cui portata,
spesso intermittente, è direttamente condizionata dal regime pluviometrico. Dopo aver percorso il fondo dei già citati
scaranti, i corsi d'acqua, raggiunta la pianura e diventati canali che svolgono la duplice funzione di raccogliere l'acqua e di
irrigare la campagna, scorrono tra argini artificiali, confluendo poi nel sistema idrografico che porta verso il mare. Nelle Valli
di Sant'Agostino, sul versante settentrionale dei Colli Berici, questo ruolo è svolto dal Rio Cordanello; nelle Valli di Fimon, dal
canale Debba, che accoglie anche le acque dei torrente Ferrara; nella Valle Liona, dal canale Liona, in cui confluiscono i
numerosi apporti che assicurano la bonifica dell'ampia e pianeggiante rientranza tra Sossano e Orgiano. A sud dei colli, la
pianura, oggi intensamente coltivata e antropizzata, è attraversata da una fitta rete di canali e compresa, a grandi linee, a est
dal corso dei canale Bisatto e a ovest e a sud dal sistema idrografico del Guà-Frassine. All'interno dei colli, nel comune di
Arcugnano, il Lago di Fimon rappresenta l'ultimo relitto di bacino naturale, dopo la scomparsa per cause naturali del laghetto
della Granza, che occupava il fondo di una dolina tra Orgiano e Lonigo e, soprattutto, dopo il prosciugamento artificiale del
Laghetto della Fontega presso Arcugnano, nonché delle zone paludose che, abbondanti, circondavano in passato, su più lati, il
rilievo collinare: il Palù di Brendola, le Acque di Sant'Agostino, il Palù di Mossano, le depressioni vallive tra Barbarano
Vicentino e Villaga, tra le altre. Dal punto di vista climatico, i Colli Berici appartengono alla zona geografica subalpina,
rappresentata da rilievi collinari che, da un lato, si legano alla zona prealpina e, dall'altro, si spingono nella pianura. Il clima
della pianura vicentina e, in particolare dei Colli Berici, coincide dunque con quello classico dell'area padana, caratterizzato da
contemporanee influenze di tipo temperato subcontinentale e di tipo marittimo, queste ultime favorite dalla vicinanza dei
Mare Adriatico. All'interno dei colli, poi, l'articolata morfologia del rilievo origina particolari microclimi locali, condizionati
dall'esposizione dei versanti, dalla densità della copertura vegetale, dalla presenza e dall'orientamento di valli più o meno
ampie e più o meno profondamente incise.
La litologia dei Colli Berici si presenta essenzialmente composta da formazioni sedimentarie carbonatiche e in particolare da
calcari stratificati, marne e compatti. Le formazioni maggiormente rappresentative sono i ripiani fortemente ondulati costituiti
dall’alternarsi di doline e di rilievi arrotondati e tronco-conici, ricchi di affioramenti rocciosi e ripide scarpate boscate in forma
di strette fasce che delimitano altipiani carsificati. Nella parte a ovest si trovano anche versanti ondulati con pendenze mediobasse su marne. Verso valle a nord, sud ed est, si trovano aree palustri bonificate pedecollinari, pianeggianti, ad accumulo di
sostanza organica in superficie; ad est si riconosce la pianura modale dei torrenti prealpini (formata in questo caso dal fiume
Guà) con depositi fini derivanti da rocce di origine vulcanica poggiati su depositi sabbioso-limosi. I rilievi sono tutti
caratterizzati da fenomeni carsici intensi e diffusi, tra cui “covoli” (si tratta di cavità naturali), doline e depressioni che
convogliano le acque meteoriche nel sottosuolo. La acque sotterranee vengono alla luce solo più a valle formando complessi
di risorgiva. Il gruppo collinare dei Colli Berici infatti, è caratterizzato da corsi d’acqua quasi insignificanti, che assumono
qualche importanza solo alla base dei rilevi. I caratteri dell’idrografia sono quindi legati alla presenza di una serie di canali e
scoli artificiali di cui i più importanti sono il Bisatto, lo scolo Liona e il canale Debba che alimenta il lago Fimon; mentre i fiumi
sono il Retrone, il Brendola e il Guà.
L’osservazione delle rocce, prevalentemente carbonatiche, che formano l'ossatura dei Colli Berici, e il rinvenimento in esse di
numerosi organismi, animali e vegetali, allo stato fossile (molluschi, ricci di mare, coralli, alghe, ecc.) consentono di attribuire
al rilievo collinare un'origine marina. La successione degli strati rocciosi, dunque, non è altro che il risultato di un lento e
pressoché costante processo di deposizione di sabbie, di fanghi e di frammenti di gusci di animali sul fondo di un mare che,
alcune decine di milioni di anni fa, si estendeva con acque calde e limpide dove oggi sorgono i colli.
Sul fondale, mai molto profondo, i sedimenti si accumulavano uno sull'altro con spessori sempre maggiori, fino a raggiungere
qualche centinaio di metri, mentre l’ambiente si modificava, nel tempo e nello spazio, sotto l’effetto delle spinte e delle
sollecitazioni, cui era sottoposta la crosta terrestre dallo spostamento delle zolle tettoniche e dalle prime avvisaglie di
formazione di una nuova catena alpina più a nord. La vita animale e vegetale, che numerosa popolava quell’antico mare,
registrava continui cambiamenti, con l’estinzione di alcuni organismi e con la comparsa di nuove forme, che andavano ad
occupare gli spazi lasciati liberi, mentre la sabbia e il terriccio, trasportati dai corsi d’acqua, che dalle terre emerse limitrofe si
gettavano in quel bacino, seppellivano i sedimenti sottostanti, indurendoli e cementandoli fino a farli diventare, attraverso
complessi fenomeni fisico-chimici, solida e compatta roccia. Il mare di allora, chiamato Tetide, si trovava, in quel lontano
passato geologico, a una latitudine molto inferiore rispetto alla posizione odierna dei Colli Berici, in corrispondenza dell’attuale
linea dei Tropici, come risulta anche dai resti fossili di organismi, i cui corrispettivi attuali vivono oggi nei mari e negli oceani
prossimi all'Equatore. La formazione rocciosa più antica che si può incontrare sui Colli Berici è la Scaglia Rossa del Cretacico
superiore e, in parte, dei Paleocene, con un'età di circa 9065 milioni di anni. La roccia, rivelatrice di un mare ancora
abbastanza profondo, è costituita da un sedimento molto fine e si riconosce facilmente per il colore rosato, grigiastro nella
porzione sommitale, e soprattutto per una stratificazione ben distinta e sottile; al suo interno racchiude numerosi resti di
organismi fossili, soprattutto di piccole dimensioni. Dopo una fase di parziale emersione del fondo marino, corrispondente in
parte all’Eocene inferiore (circa 55 milioni di anni fa), il mare riprese il sopravvento nell'Eocene medio (50-40 milioni di anni
fa), con sedimentazione di livelli calcarei spesso ricchi di componente argillosa e con una stratificazione non sempre molto
evidente, dall’aspetto scaglioso e di colore grigio-giallognolo. Questo particolare momento della storia geologica dei Berici,
che registrò anche un’attività eruttiva, sottomarina e subaerea, di notevole estensione, si protrasse, con alterne vicende, per
un lunghissimo periodo di tempo, testimoniato dall’elevato spessore dei sedimenti. I versanti dei colli, in corrispondenza delle
rocce dell’Eocene medio, presentano oggi pendenze variabili, ora più dolci quando la percentuale argillosa nel calcare è
consistente, ora più accentuate fino a verticali quando invece la roccia è più compatta, la stratificazione quasi assente e il
contenuto di argilla ridotto al minimo. Le condizioni ambientali del mare non mutarono di molto nell'Eocene superiore (40-36
milioni di anni fa), mentre si arrestò l'attività eruttiva. Verso la fine del periodo, però, si innescò gradualmente un processo
modificatore dell’ambiente, che andò così incontro a radicali trasformazioni. Molti organismi, che in precedenza si erano
riprodotti in grande quantità, contribuendo con i loro gusci a formare una consistente porzione del sedimento, divennero
piuttosto rari o addirittura si estinsero, mentre altre forme di vita presero il sopravvento, diventando ben presto i protagonisti
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attivi e condizionanti dell’ambiente acqueo. Furono soprattutto le alghe calcaree e i coralli coloniali a proliferare nelle acque
calde, limpide e ricche di sali di quell’antico mare; grazie al loro accumulo e alla loro esuberante capacità di crescita, si
originò una lunga e stretta barriera, orientata in direzione nordest-sudovest, sopraelevata di alcuni metri sul fondale
circostante, che separò il mare aperto verso sudest da un’ampia laguna interna, con acque calme e poco profonde, che da
quel muro si estendeva a nordovest verso le terre emerse. I resti di quella scogliera, riferibile alla Formazione delle
Calcareniti di Castelgomberto, sono ancor oggi visibili nella lunga sequenza di pareti rocciose verticali, che si estendono da
Lumignano a San Donato di Villaga. La laguna, sul cui fondo si deponeva lentamente anche il sedimento più fine, costituito da
frammenti organici e inorganici che andavano a formare una roccia del tutto particolare, la nota pietra tenera dei Colli Berici,
comunicava con il mare aperto attraverso alcuni canali, che interrompevano la continuità della scogliera organogena. Questa
situazione ambientale perdurò per gran parte dell’Oligocene (36-24 milioni di anni fa), spesso accompagnata da attività
eruttiva: colate laviche sottomarine o proiezione all’esterno, attraverso camini vulcanici, di materiale magmatico, in gran
parte già consolidato e delle dimensioni più varie. Sul finire dell’Oligocene, una emersione del fondo marino, che causò
probabilmente, insieme con l’interramento dei bacino, la morte della scogliera, favorì anche l’instaurarsi di un inizio di
erosione carsica dei fondale già consolidato. Poi, ancora una volta, il mare riprese il sopravvento e la sedimentazione sul
fondo continuò durante il Miocene inferiore, con accumuli prevalentemente sabbiosi (saldame), ricchi soprattutto di molluschi
bivalvi e di ricci di mare dal guscio molto appiattito e appartenenti alla Formazione delle Arenarie di Sant’Urbano. L’emersione
finale del fondo e l’innalzamento dei Colli Berici (circa 6 milioni di anni fa) chiusero definitivamente la fase di formazione delle
rocce, che rappresentano l’ossatura dell’attuale rilievo collinare. I potenti pacchi di roccia, inarcandosi per effetto di poderose
spinte laterali della crosta terrestre, furono portati a diverse centinaia di metri di altezza, mentre il mare, sempre più ridotto
in estensione, abbandonava nel Pliocene la Pianura Padana, ritirandosi verso sudest. Una volta emersi, i Colli Berici subirono i
lenti e molteplici effetti dell’erosione, causata dall’acqua, dal vento, dal calore solare e dal gelo. Gli agenti atmosferici
modellarono le forme del rilievo, scavando sempre più in profondità le valli e incidendo i fianchi delle colline. Il processo,
ancor oggi in atto, è destinato a durare fino al totale spianamento dei colli, quando il mare, prendendo nuovamente possesso
di una piatta pianura, segnerà l’inizio di un nuovo ciclo orogenetico.
VEGETAZIONE E USO DEL SUOLO
Nella pianura oggi intensamente coltivata che circonda i Colli Berici e anche nelle ampie valli che si insinuano all'interno del
rilievo come pure nell'aperta campagna più a sud fino ai confini con le province di Padova e di Verona, è un susseguirsi
continuo, piatto e monotono, di piccoli appezzamenti coltivati senza soluzione di continuità, delimitati unicamente da nudi
fossi e da scoline rettilinee per l'irrigazione o per la bonifica dei campi. Sono così scomparsi già da diversi decenni e quasi
ovunque i segni di quanto l'uomo aveva in passato messo a dimora (siepi, alberate, filari di gelsi ai margini dei campi o di
salici lungo gli argini dei canali, viti maritate alle piante da frutto o ad altri sostegni vivi), che caratterizzavano la campagna
veneta. Gli stessi, canali, i fossi e le scoline, quando non siano troppo inquinati o non vengano interrati o costretti a scorrere
entro grosse tubazioni in cemento, rappresentano gli ultimi ambienti dove si concentra una maggiore diversità biologica. Qui
si possono ancora osservare piante igrofile, ormai rare o scomparse altrove, e forme di vita animale, il cui ciclo biologico è
strettamente legato alla presenza dell'acqua. Il paesaggio appare alquanto più articolato in collina. Anche in questo ambiente,
tuttavia, l'uomo è intervenuto pesantemente, ricavando terrazzamenti e fazzoletti di terra per coltivare cereali, ortaggi e
frutta, soprattutto la vite e l'olivo, ma questi ridotti appezzamenti appaiono sempre più, man mano che si sale in quota, isole
circondate e quasi assediate da una vegetazione spontanea sempre più fitta, che negli ultimi decenni si è in parte
riappropriata di terreni tenuti in passato in ordine e lavorati dall'uomo. Se alla base dei colli o nelle porzioni meno elevate dei
versanti la macchia arbustiva appare ancora piuttosto rada, la copertura boschiva prende il sopravvento verso la sommità,
fino a diventare prevalente alle quote più elevate, oltre che lungo i ripidi versanti delle valli più interne, che mostrano, a
tratti, le fasce regolari private della copertura arborea dal taglio del bosco; sull'altopiano, solo il fondo piatto o in leggera
pendenza delle doline e delle vallette carsiche appare a stento conquistato da magre e sofferenti coltivazioni. Il bosco,
trattato a ceduo, sovente trascurato, si mostra giovane ed esile, non conserva più la bellezza e l'esuberanza delle vaste
foreste secolari, che un tempo ricoprivano questi colli e invano si cercherebbero in questo ambiente i grandi patriarchi
spontanei, alti decine e decine di metri. L’aspetto selvaggio, anche se disordinato, della porzione più orientale dei colli,
accentuato dalle verticali pareti rocciose che troncano bruscamente verso est il succedersi delle dolci e armoniose morfologie
sommitali, si stempera poi, fino a scomparire quasi del tutto, nel tratto di collina a sud-ovest, che digrada lentamente verso
Lonigo. Un succedersi di ampie aree aperte, prive o quasi di copertura vegetale, mostra un paesaggio fortemente
antropizzato, punteggiato da campi spogli, dove ciò che colpisce maggiormente è il colore rosso cupo della terra appena
lavorata, che si alterna al verde e al giallo, secondo le stagioni, dei regolari filari coltivati.
La copertura vegetale che mostra caratteristiche naturalistiche di un certo livello è costituita da formazioni boscate con
presenza di castagneti e rovereti e in particolare castagneti dei suoli mesici e da rovereto tipico, saliceti ed altre formazioni
riparie; in corrispondenza dei corsi d’acqua si rilevano soprattutto arbusteti e formazioni di orno-ostrieti e ostrio-querceti, con
prevalenza di ostrio-querceto tipico.
Per quanto riguarda l’uso del suolo si nota un elevata presenza di seminativi, nelle aree di pianura ai piedi dei colli, e vigneti e
uliveti, nelle aree collinari.
Il paesaggio agroforestale si presenta quindi articolato in numerose e diversificate tipologie ora più termofile, ora più
microterme: dalle scarpate orientali con boschi termofili, al bosco ceduo, a prati e seminativi delle zone dorsali e sommitali a
sud-est, ai versanti collinari sud-occidentali con vigneti specializzati. Lungo il versante orientale i vigneti si estendono fino al
piede delle pareti verticali e della scarpate sovrastati, di frequente affiancati da olivi piantati su antichi terrazzamenti o piccole
incisioni vallive.
ASPETTI FLORO-FAUNISTICI
La vegetazione dei Colli Berici è caratterizzata da una straordinaria mescolanza di essenze diverse, ora più termofile, di
ambiente cioè a clima caldo, ora più microterme, solite a vivere ad altitudini ben superiori a quelle massime raggiunte dal
rilievo berico. Questa particolare situazione è imputabile alle variazioni climatiche succedutesi nell’ultimo milione di anni:
durante le fasi glaciali dei Quaternario giunsero a più riprese sui Berici specie microterme, solitamente presenti alle alte quote
delle vicine Prealpi (la betulla verrucosa o Betula pendula, la pulsatilla o Pulsatilla montana e l'epimedio o Epimedium
alpinum, tra le altre). In seguito, con il miglioramento del clima, che si attuò nel corso delle fasi intergiaciali, il territorio fu
colonizzato da altre specie, mesofile o addirittura termofile. Sia le flore glaciali sia quelle interglaciali, nel loro ripetuto
alternarsi, lasciarono alcune specie nei microambienti più favorevoli, dove si conservarono intatte fino ai giorni nostri, veri e
propri "relitti" di situazioni climatiche oggi non più presenti sui Colli Berici. Analoghe fluttuazioni climatiche del periodo
postgiaciale, non altrettanto estreme, favorirono l'immigrazione di specie di clima oceanico (es. la laureola o Daphne
laureola), che oggi sono confinate nelle valiette più umide, e altre a carattere invece continentale-steppico, che vivono solo
nei luoghi più aridi ed esposti (es. il lino delle fate o Stipa pennata). Il tutto inserito nel quadro di una più diffusa e comune
flora euroasiatica. L’individuazione della distribuzione soprattutto delle specie arboree e arbustive sui Colli Berici si ricollega
alla definizione di alcuni ambienti, che presentano delle caratteristiche prevalenti se non peculiari, anche se poi, sul terreno,
questa classificazione non sempre risulta di facile lettura, dal momento che il passaggio da un ambiente all’altro è, il più delle
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volte, piuttosto graduale e indistinto. Un primo ambiente è costituito dalle formazioni calcaree della scogliera di età
oligocenica, caratterizzata soprattutto da pareti rocciose verticali, estese lungo una fascia pressoché continua da Costozza e
da Lumignano fino a San Donato di Villaga. Qui il processo di incarsimento appare piuttosto pronunciato per la presenza, alla
base delle pareti ma anche in corrispondenza di alcuni livelli superiori, di semplici rientranze o ripari sotto roccia, di nicchie o
di vere e proprie cavità naturali non molto profonde, i caratteristici covoli. Su questi versanti ripidi e spogli, soggetti a
un’accentuata esposizione ai raggi solari e piuttosto aridi, riescono a vivere alcune specie legnose come il pero corvino
(Amelanchíer ovalis), il terebinto (Pistacia terebinthus), lo scotano (Cotynus coggygria) e il bagolaro (Celtis australis). Nella
zona di Lumignano è presente poi sporadicamente l’unico endemismo vegetale dei Colli Berici, la Saxífraga berica dai delicati
e candidi fiori. Quella parte dell’ambiente rupestre, la cui formazione appare però condizionata dall’intervento dell’uomo, che
in passato ha notevolmente diboscato alcune aree con conseguente denudamento del suolo, ospita la boscaglia xerotermofila,
con una vegetazione spontanea prevalentemente arbustiva e cespugliosa. Accanto allo scotano e al terebinto, compaiono la
marruca (Paliurus spinachristi), il ciliegio canino (Prunus mahaleb), l’asparago pungente (Asparagus acutífolius), l’orniello
(Fraxinus ornus) e la roverella (Quercus pubescens). L’ambiente rupestre passa poi gradualmente, soprattutto alle quote più
elevate, al querceto terrenofilo a roverella, che si instaura più facilmente là dove siano presenti un suolo superficiale e
condizioni microclimatiche caldo-aride. Alla roverella e all’orniello, essenze prevalenti di questo ambiente vegetazionale, si
accompagnano anche il carpino nero (Ostrya carpinifolía) e alcune specie più esigenti in fatto di bilancio idrico: l’acero
campestre (Acer campestre), il cerro (Quercus cerris) e la fusaggine (Euonymus europaeus). Sull’altopiano sommitale e in
quelle aree in cui si instaurano un suolo più profondo e una esposizione più fresca, il carpino nero tende a prevalere sulla
roverella. Questa formazione forestale, la più diffusa sui Colli Berici, prende il nome di ostrioquerceto e mostra la graduale
rarefazione delle specie più termofile (marruca, terebinto, asparago pungente e scotano) a vantaggio del nocciolo (Corylus
avellana) e di alcune caratteristiche essenze mesofile: il fior di stecco (Daphne mezereum), il biancospino selvatico
(Crataegus oxyacantha), fino al carpino bianco (Carpinus betulus), all’acero di monte (Acer pseudopiatanus) e al castagno
(Castanea satíva). Il castagneto vero e proprio, sopravvissuto in alcune ristrette porzioni di rifugio alle fasi glaciali quaternarie
e favorito per di più dall’opera di diffusione operata dall’uomo, è ancora presente sui Colli Berici nelle aree più settentrionali e
sui versanti esposti a nord. Al castagno, che predilige terreni profondi ed esposizioni fresche, si accompagnano, oltre al
carpino nero, il nespolo (Mespilus germanica), il biancospino selvatico, il ciliegio selvatico (Prunus avium) e il faggio (Fagus
selvatica, quest’ultimo divenuto ormai estremamente raro sul rilievo collinare e con una distribuzione quasi puntiforme. Ai
piedi dei Colli Berici, principalmente sui versanti esposti a settentrione (Vai Bassona, Breganzola, Valli di Sant'Agostino) si
trova il querco-carpineto, con una estensione molto ridotta, quasi in situazione relitta, e caratterizzato dalla presenza
dominante dei carpino nero e della farnia (Quercus robur). In corrispondenza delle incisioni più o meno profonde (i
caratteristici scaranti), che solcano i versanti dei Colli Berici, si incontra l'ambiente di forra, piuttosto umido e, soprattutto nel
periodo estivo, scarsamente raggiunto dalla luce del sole. Nelle vallette esposte a meridione si trovano gli alberi e gli arbusti
tipici del castagneto e degli ambienti più mesofili, tra cui l’acero di monte. in quelle, invece, che si sviluppano sui versanti a
settentrione compaiono il tiglio nostrano (Tilia platyphyllos), l’olmo montano (Ulmus _qlabra), il sambuco nero (Sambucus
nigra) e il fior d’angelo (Phiíadelphus coronarius). L’ambiente di pianura, che circonda i Colli Berici insinuandosi anche in
profondità nel rilievo lungo le valli principali, ha risentito nel corso dei secoli dell’intervento modificatore dell’uomo, che quasi
ovunque ha sistematicamente eliminato la vegetazione spontanea originaria, bonificando i suoli un tempo paludosi e creando
vaste porzioni coltivabili. Alcune aree umide di pianura (Valli di Sant’Agostino, Val Liona e, in parte, Valli di Fimon),
conservano tuttavia ancora oggi alcuni residui elementi vegetazionali di notevole pregio e interesse. Sono, in particolare, le
siepi igrofile, che consentono la presenza di specie autoctone, altrove scomparse: l’ontano nero (Alnus glutinosa), lo
spincervino (Rhamnus catharticus), la frangola (Frangula alnus), il pallon di maggio (Vibumus opulus), il salice cenerino (Salix
cinerea). Dove però l’azione dell’uomo è stata più incisiva, si sono diffuse maggiormente le specie esotiche, che hanno
lentamente scalzato, nel tradizionale paesaggio rurale veneto, quelle originarie: è il caso del platano (Platanus hybrida), del
gelso bianco (Morus alba), del gelso da carta (Broussonetia papyrifera) e soprattutto della robinia (Robinia pseudoacacia). Nei
pressi dei nuclei abitati, lungo le strade e, più in generale, là dove l’alterazione dell’ambiente è stata maggiore, la
composizione vegetazionale originale ha lasciato il posto a quelle essenze, come la robinia e l’ailanto (Aílanthus altissima),
che si sono velocemente diffuse grazie alla loro frugalità e all’estrema capacità di proliferazione, creando porzioni di bosco del
tutto innaturali.
La fauna dei Colli Berici, costituita oggi essenzialmente da animali tipici degli ambienti agrari e delle formazioni forestali
degradate (cedui semplici e matricinati), risente di tutte quelle trasformazioni che hanno modificato il territorio e che si sono
succedute nel corso di alcuni millenni fino ai giorni nostri. Nell’alterazione dell’ambiente e delle sue componenti, vegetazionali
e faunistiche, l'uomo, soprattutto negli ultimi secoli, ha rappresentato un fattore determinante, distruggendo i boschi
originari, introducendo specie esotiche, bonificando e prosciugando le zone umide e paludose, creando artificialmente terreni
agrari, prati e pascoli, non solo nelle aree di pianura e nelle valli interne o sulla sommità dell’altopiano, ma arrivando anche a
colonizzare il fondo delle depressioni carsiche e i versanti meno ripidi mediante un sistema di rive terrazzate, coltivate a
vigneto o a oliveto, a cereali e a leguminose. Questa trasformazione radicale del paesaggio naturale, che ha interessato la
quasi totalità del territorio berico, con esclusione di ridotti lembi meno accessibili, come le nude scogliere orientali dei colli o
le valli più nascoste nel cuore del rilievo o ancora gli scaranti lungo i versanti più ripidi e impervi, ha comportato, unita alla
pratica della caccia, l’estinzione, nel corso dei secoli, dei grandi predatori, quali il lupo (Canis lupus), l'orso bruno (Ursus
arctos), la lince (Lynx lynx) e il gatto selvatico (Felis silvestris), oltre che di numerose specie di mustelidi, tra cui la lontra
(Lutra lutra), e ancora del cervo (Cervus elaphus) e del cinghiale (Sus scrofa). Tra i carnivori di medio-grossa taglia
sopravvive oggi sui colli soltanto la volpe (Vulpes vulpes), oltre ad alcuni mustelidi come il tasso (Meles meles), la faina
(Martes foina) e la donnola (Mustela nivalis). Il capriolo (Capreolus capreolus) è presente con alcuni esemplari, forse
reintrodotto o giunto spontaneamente sui colli dalla vicina Lessinia; diffusa è invece la lepre (Lepus europaeus), certamente
immessa a beneficio dei cacciatori. Nei boschi più freschi dei versanti settentrionali relativamente frequenti sono il ghiro (Glis
glis) e il moscardino (Muscardinus avellanarius). Ancora, vivono sia sui colli sia in pianura il riccio (Erinaceus europaeus) e la
talpa (Talpa europaea). Tra i Roditori, vi sono alcune specie di arvicole, il toporagno comune (Sorex araneus), il topo
campagnolo comune (Microtus arvalis) e il topo selvatico (Apodemus sylvaticus), mentre, soprattutto lungo i corsi d’acqua di
pianura e strettamente legati alla presenza dell’uomo, sono il ratto nero (Rattus rattus) e il surmolotto (Rattus norvegicus) e
ospite abituale delle abitazioni di campagna è il topolino delle case (Mus domesticus). In anni recenti, poi, in molti corsi
d’acqua di pianura si registra la presenza della nutria (Myocastor coypus). Alcune cavità naturali, come la Grotta della Guerra
a Lumignano, ospitano, in particolare nei mesi più freddi, colonie numerose di pipistrelli, tra cui il ferro di cavallo
(Rhinolophus ferrumequinum). Altri pipistrelli frequentano abitualmente le vecchie case di pianura, come il pipistrello nano
(Pipistrellus pipistrellus) e il serotino comune (Eptesicusserotinus). Più ricca e meglio rappresentata è l’avifauna, sia in collina
sia in pianura, con specie nidificanti nei diversi ambienti e con molte altre svernanti o di passo. In particolare, il bacino
lacustre di Fimon arricchisce il patrimonio locale di un consistente numero di specie, tipiche degli ambienti umidi. Nel Lago di
Fimon non è infrequente l’avvistamento dello svasso maggiore (Podiceps cristatus), del cormorano (Phalacrocorax carbo), del
tarabusino (lxobrychus minutus), della nitticora (Nycticorax nycticorax), della sgarza ciuffetto (Ardeola ralloídes), dell’airone
rosso (Ardea purpurea), dell’airone cenerino (Ardea cinerea) e della garzetta (Egretta garzetta); le ultime due specie sono da
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alcuni anni piuttosto comuni anche nella Vai Liona e sostano spesso lungo le rive dei corsi d’acqua e nei bacini artificiali della
pianura, dove si incontra di frequente anche la gallinella d’acqua (Callinula chloropus), che popola anche il Lago di Fimon e
l’invaso artificiale della Vai Liona, insieme con la folaga (Fulica atra). Sempre nel lago è piuttosto facile osservare il germano
reale (Anas platyrhynchos), mentre altre specie di anatre, tuffatrici o di superficie, sono piuttosto rare. Sui Colli Berici nidifica
regolarmente il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), mentre, tra ottobre e marzo, non è raro poter osservare il volo dello
sparviero (Accipiter nisus) e del pellegrino (Falco peregrinus) e, anche in pianura, quello della poiana (Buteo buteo); sempre
in pianura può fare la sua comparsa anche l’albanella minore (Circus pyrargus). Sulle nude e verticali pareti della scogliera di
lumignano nidifica poi il gheppio (Falco tinnunculus), mentre può accadere di imbattersi sui colli nel lodolaio (Falco subbuteo)
in occasione dei due periodi migratori (settembre e tarda primavera). Tra i rapaci notturni, la specie più comune è l’allocco
(Strix aluco), legato maggiormente all’ambiente forestale, mentre il barbagianni (Tyto alba), la civetta (Athene noetua) e
l’ormai raro assiolo (Otus scops) prediligono gli spazi aperti della campagna di pianura, meglio se ricchi di siepi e di alberate.
Sui colli, insieme con il succiacapre (Caprimulgus europaeus) dalle abitudini prevalentemente crepuscolari o notturne,
abbastanza frequenti possono risultare gli incontri con l’upupa (Upupa epops) o con il torcicollo (Jynx torquilla), anche se il
più delle volte ci si deve accontentare di ascoltare il loro caratteristico e inconfondibile verso. Nella Vai Liona e nel Lago di
Fimon, soprattutto, è presente il martin pescatore (Alcedo atthis), mentre in una cava dismessa presso Orgiano nidifica il
gruccione (Merops apiaster); tra i corvidi, la cornacchia grigia (Corvus corone) e la gazza (Pica pica) fanno registrare una
regolare espansione in questi ultimi anni nella campagna di pianura e nella porzione più meridionale dei colli, mentre in
collina è diffusa la ghiandaia (Garrulus glandarius), che si rivela in particolare per il suo aspro gracchiare e, soprattutto nei
dintorni di Lumignano e di Costozza non è raro avvistare o anche solo ascoltare il verso inconfondibile del corvo imperiale
(Corvus corax); la taccola (Corvus monedula) nidifica nelle antiche torri di Lonigo. L’occasione di incontrare un fagiano
(Phasíanus colchicus) o una quaglia (Coturnix coturnix) lungo i sentieri dei colli o anche in aperta campagna è piuttosto
frequente, ma si tratta per lo più di individui immessi per scopi venatori. In pianura è poi molto diffusa la tortora dal collare
orientale (Streptopelia decaocto), in collina la tortora (Streptopelia turtur) e, in estate, compaiono il cuculo (Cuculus canorus)
e il rondone (Apus apus). I passeracei annoverano numerose specie: tra le più comuni, l’allodola (Alauda arvensis), la rondine
(Hirundo rustica), il balestruccio (Delichon urbica), il topino (Riparia riparia) e la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris),
quest’ultima soprattutto nei pressi delle pareti rocciose di Lumignano. Ancora, lo scricciolo (Troglodytes trogiodytes), il
canapino (Hippolais polyglotta), il codirosso (Phoenicurus phoenicurus) e il codirosso spazzacamino (Phoenicurus ochruros), la
cannaiola (Acrocephalus scirpaceus) e il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus), che nidifica in estate nel canneto del
lago di Fimon, l’usignolo di fiume (Cettia) certi, il sordone (Prunella collaris), il frosone (Coccothraustes coccothraustes) e lo
striliozzo (Miliaria calandra), l’occhiocotto (Sylvia melanocephala), la capinera (Sylvia atricapilla) e il luì piccolo (Phylloscopus
collybita), la sterpazzola (Sylvia communis) e il verzellino (Serinus serinus). Il regolo (Regulus regulus) e il fiorrancino
(Regulus ignicapillus), entrambi dalle minuscole dimensioni, frequentano i colli e anche i giardini di pianura dall’inizio di
settembre alla metà di aprile, quando le popolazioni alpine si spostano verso sud per svernare nel bacino del Mediterraneo.
Sulle rupi di Lumignano è possibile poi avvistare il picchio muraiolo (Tichodroma muraria), che nel corso dell’inverno
abbandona i biotopi montani spingendosi verso sud; il codibugnolo (Aegithalos caudatus) è facilmente riconoscibile per la
lunga coda e per il comportamento spiccatamente gregario; comune è poi la cinciallegra (Parus major), meno frequente la
cinciarella (Parus caeruleus), così come non è facile l’avvistamento del rigogolo (Oriolus oriolus) o dell’averla piccola (lanius
collurio). Nei pressi dei corsi d’acqua si possono osservare, in estate, la cutrettola (Motacilla flava) e la ballerina gialla
(Motacilla cinerea). Certamente più comuni e più facili da riconoscere sono infine lo storno (Sturnus vulgaris), la passera
d'Italia (Passer italiae) e la passera mattugia (Passer montanus), il fringuello (Fringilla coelebs), il cardellino (Carduelis
carduelis) e il verdone (Carduelis chloris), il saltimpalo (Saxicola torquata) e l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il merlo
(Turdus merula) e il pettirosso (Erithacus rubecula). Tra i rettili, i serpenti sono rappresentati dalla vipera comune o aspide
(Vipera aspis), che si rinviene più spesso, anche nella forma melanica, sui versanti assolati e spogli del margine orientale
berico, dove non è infrequente l’incontro anche con il biacco maggiore nella sottospecie nera (Coluber viridiflavus
carbonarius), mentre negli arbusteti più fitti, all’interno del bosco e anche in pianura si può incontrare il saettone o colubro di
Esculapio (Elaphe longissima) e, nel lago di Fimon o nei pressi dei corsi d’acqua, delle fontane o delle sorgenti, la natrice dal
collare (Natrix natrix) e la meno frequente natrice tassellata (Natrix tessellata), le inoffensive bisce d’acqua. Gli squamati
annoverano soprattutto il comune ramarro (Lacerta bilineata), la lucertola muraiola (Podarcis muralis), la lucertola campestre
(Podarcis sicula) e l’orbettino (Anguis fragilis). La tartaruga palustre (Emys orbicularis), infine, è presente in alcuni canali e
bacini di irrigazione nel tratto di pianura tra Brendola e Meledo di Sarego, nella porzione più meridionale della Vai Liona e, con
popolazioni più consistenti, ai piedi del complesso collinare di Albettone. Gli anfibi urodeli sono rappresentati dalla comune
salamandra pezzata (Salamandra salamandra), dal tritone punteggiato (Triturus vulgaris) e dall’ormai raro tritone crestato
italico (Triturus carnifex). Gli anuri, invece, annoverano il rospo comune (Bufo bufo), che in primavera scende numeroso dalle
colline nelle Valli di Fimon, di Sant’Agostino e nella Vai Liona per riprodursi e, in pianura, il rospo smeraldino (Bufo viridis).
Sui colli è poi presente il raro ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), che si può incontrare in qualche pozza d’acqua
stagnante o nelle vasche delle fontane, ma che è anche seriamente minacciato di estinzione; più frequenti sono le rane rosse
e verdi (Rana sp.) e la raganella (Hyla intermedia). L’ittiofauna popola i corsi d’acqua che scendono dalla sommità del rilievo
berico e, soprattutto, il lago di Fimon e i canali che attraversano la pianura. Per un elenco delle numerose specie presenti nel
bacino berico e nella pianura verso sud si rimanda a pubblicazioni specifiche, sottolineando in questa sede soltanto il
preoccupante fenomeno dell’immissione di specie alloctone, che non mancano di alterare il patrimonio ittico del territorio, in
particolare, negli ultimi anni, quelle dell’abramide (Abramis brama), della carpa erbivora (Ctenopharíngodon idellus) e del
siluro (Silurus gianís) nel lago di Fimon. Il mondo degli invertebrati annovera infinite specie e non è certo questa la sede
adatta per una loro più o meno completa elencazione. Brevi considerazioni vanno comunque fatte su alcune presenze di un
certo interesse, come l’esistenza, nelle porzioni più meridionali dei colli, di oasi xerotermiche, che ospitano invertebrati tipici
di un areale prettamente mediterraneo. Ricca è poi la fauna ipogea, che popola, anche con forme endemiche, molte cavità
naturali dei Colli Berici; endemico è anche il coleottero fitofago Curculio vicetinus, legato, con un complesso rapporto di
dipendenza, alla presenza dell’acero di monte nei boschi sui versanti settentrionali dei colli. Un ultimo accenno va fatto alla
presenza, purtroppo sempre più rara, del gambero d’acqua dolce (Austropotamobius pallipes), un piccolo crostaceo che si può
ancora osservare nelle limpide pozze d’acqua stagnante lungo alcuni dei caratteristici e selvaggi scaranti.
VALORI NATURALISTICO-AMBIENTALI E STORICO-CULTURALI
Il valore naturalistico-ambientale dell’ambito è identificabile nell’elevata presenza di boschi di latifoglie e nella buona presenza
di uliveti e vigneti. Nel complesso il paesaggio naturalistico si presenta vario con alternanza di diverse tipologie naturalistico ecologiche, tra cui boschi, zone umide, aree di risorgiva, uliveti, vigneti e prati aridi. Da segnalare comunque l’elevata
superficie occupata da seminativi.
L’ambito è quasi interamente occupato dal sito Natura 2000 denominato Colli Berici, che comprende svariate tipologie di
habitat di diversa importanza e ruolo ecologico.
Numerose sono anche le aree naturalistiche minori, tra le quali quelle di estensione maggiore sono: l’alta Valle Bassona,
modesto altopiano che mostra la presenza di boschi di querco-carpineto; la Valle dei Calvi, campagna coltivata caratterizzata
da una abbondanza d’acqua che contribuisce allo sviluppo di un suolo torboso a cui si associano cenosi vegetali caratteristiche
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di questi ambienti; i Palù e l’invaso della Val Liona, ambiente di campagna parzialmente incolta e quasi perennemente
inondato. Altre aree che presentano un certo interesse dal punto di vista naturalistico sono le pareti calcaree di Lumignano,
alte pareti rocciose formate da calcare massiccio tipico della barriera corallina dei Colli Berici su cui si scorgono nicchie
rupestri. Interessanti sono anche le emergenze botaniche e la presenza di prati aridi steppici ricchi di elementi a distribuzione
mediterranea. Nell’ambito sono presenti numerose località occupate da polle di risorgiva contornate dalla vegetazione
caratteristica di questi habitat e da campagna incolta delimitata da siepi erborate. Degno di nota anche il lago di Fimon,
formazione lacustre che occupa l’omonima vallata; poco profondo e tendente all’impaludamento, conserva comunque
interessanti caratteri botanici e faunistici.
Per quanto concerne i valori storico-culturali presenti, eccettuato il centro storico di Lonigo che riveste importanza urbana città fortificata già dall’anno Mille e successivamente cinta di mura a opera di Cangrande della Scala - gli altri centri storici
rilevanti risultano interessare solo marginalmente l’ambito (Vicenza e Montecchio Maggiore). Gli insediamenti, che a volte non
sono molto più vasti dell’area occupata da un’emergenza architettonica (in genere una villa e il suo oratorio), dal suo intorno
(parco) e da pochi edifici un tempo ad essa strettamente connessi, assumono caratteristiche morfologiche e strutturali
diverse a seconda della loro localizzazione. Non è visibile infatti un’organizzazione urbana che costruisca spazi pubblici
sufficientemente articolati e differenziati. L’unico centro ad assumere i caratteri prossimi al centro urbano è Barbarano per la
presenza di palazzi pubblici (Palazzo dei Canonici) e consistenti cortine edilizie minori. Altri due centri importanti sono
Costozza e Brendola che nascono come originali concentrazioni delle numerose ville ivi dislocate. Spesso l’unico luogo
pubblico è costituito dal sagrato della chiesa che in alcuni giorni feriali funge ancora come luogo di mercato. I nuclei di collina
invece, assumono dimensioni più limitate e sono ridotti alla piccola contrada o all’esiguo insediamento con poche residenze e
un piccolo centro religioso (chiesa parrocchiale, canonica, sagrato).
Numerose sono le ville, in particolare quelle palladiane, che interessano il territorio compreso nell’ambito, come pure gli
opifici idraulici, le corti rurali e le fornaci, che solo in pochi casi conservano ancora intatte le caratteristiche originarie.
Tra gli elementi di valore naturalistico-ambientale e storico-culturale si segnalano in particolare:
1. La zona umida del Lago di Fimon.
2. Le doline e i fenomeni carsici dei Colli Berici.
3. Le sorgenti termo-minerali di Barbarano, Mossano e Villaga.
4. La grotta di San Bernardino a Mossano e grotte della Guerra e della Mura a Lumignano.
5. I ventidotti di Costozza.
I manufatti di interesse storico:
1. il Palazzo dei Canonici di Barbarano,
2. l’Eremo di S. Cassiano,
3. l’antica Chiesa di S. Maiolo e l’Oratorio di S. Maria della Neve a Lumignano.
4. Le città murate di Lonigo e Vicenza
5. Il sistema delle ville, in particolare quelle palladiane.
6. I Covoli e le abitazioni rupestri di Castegnero, Costozza, Mossano, Nanto e Zovencedo.
7. Le valli dei mulini.
8. Il borgo di Campolongo a San Germano dei Berici.
9. I villaggi palafitticoli di Fimon.
INTEGRITÀ NATURALISTICO-AMBIENTALE E STORICO-CULTURALE
L’integrità naturalistica dell’ambito viene assicurata dalla presenza del vasto sito Natura 2000 e dalle svariate aree
naturalistiche.
Le variazioni di assetto colturale di molti appezzamenti agricoli, posti soprattutto nelle aree al piede dei colli, a favore di
coltivazioni intensive a seminativo, hanno causato l’aumento della frammentazione paesaggistica e la banalizzazione delle
aree di pianura, un tempo dominate da coltivazioni tradizionali di buon valore, come i vigneti. Questi trovano oggi posto nelle
aree collinari, trasformate per ricavare aree a terrazzamento. Queste trasformazioni possono incidere sulla qualità delle acque
e sulla conservazione di un buon stato del suolo.
Per quanto concerne l’integrità storico-culturale, l’ambito è caratterizzato dalla presenza di elementi storico-testimoniali di
rilevante interesse, tra cui spiccano numerose le ville. Si rileva anche lo stato di buona conservazione, dovuto soprattutto alla
localizzazione territoriale, del borgo di Campolongo (San Germano dei Berici) e di alcune contrade rurali collinari (Contrà
Calto a Pozzolo di Villaga, la Valle dei Mulini di Mossano e di Grancona).
Più in generale si evidenzia come i modelli attuali e le tipologie edilizie proposte negli ultimi decenni abbiano reso tuttavia
meno riconoscibile il sistema storico-insediativo tradizionale. Con la modernità alcuni usi tradizionali del suolo spariscono,
perché inadeguati alle necessità del presente e si sviluppano nuove destinazioni: è il caso delle aree artigianali e industriali,
che dominano il paesaggio agrario di pianura. Oggi l’edificato si è sviluppato non solo lungo le direttrici stradali principali (in
particolare lungo gli assi viari di maggior afflusso, ossia lungo le strade provinciali n. 247 Riviera Berica e n. 500 Alte di M.M.
– Lonigo) e sulle aree situate nei pressi degli accessi autostradali alla A4 Milano - Venezia (Altavilla Vicentina, Montecchio
Maggiore e Brendola), ma anche a completamento delle aree disponibili e per lo più associato a tipologie edilizie di scarso
valore. Le trasformazioni più considerevoli nell’uso del suolo si sono verificate in pianura, dove gli spazi più ampi hanno
favorito l’introduzione di colture redditizie. In collina invece, dovunque sono stati ricavati terrazzamenti per ospitare i
numerosi vigneti che un tempo dominavano incontrastati il paesaggio di pianura, ora occupato per lo più da colture
cerealicole e mais in particolare.
Anche il sistema idrografico lamenta un pesante stato di trascuratezza. Lo sviluppo dell’abitato spesso non ha tenuto conto
della presenza degli organi di scolo e si è disordinatamente posizionato in aree a margine di canali e fossi. Analogo discorso si
può fare per le zone industriali, dove scoline e fossati sono stati tombinati. Simili situazioni nel caso di precipitazioni
abbondanti e continuative, producono allagamenti nelle zone di pianura, perché le acque piovane non trovano condotte
adeguate a riceverle, né una rete di scolo sufficiente a consentirne il deflusso.
FATTORI DI RISCHIO ED ELEMENTI DI VULNERABILITÀ
Le principali vulnerabilità del territorio sono legate ad alcune pratiche agro-forestali (quali cambi di assetto colturale ed
abbandono delle tradizionali pratiche agricole e gestione forestale), all’inesorabile spopolamento delle contrade collinari a
favore dei centri maggiormente industrializzati della pianura, alla presenza di numerose attività di cava, nonché a
un’espansione degli insediamenti – in particolare quelli produttivi – disordinata e spesso dettata da politiche di sviluppo che
perseguono logiche campanilistiche anziché di interesse generale. Problematico risulta anche il possibile inquinamento delle
falde freatiche per l’uso ripetuto delle cavità naturali e delle cave abbandonate come discariche incontrollate per rifiuti di ogni
natura. Per quanto concerne la diffusione dell’attività estrattiva su concessione mineraria, la situazione si è aggravata nel
1989 con l’istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei, che ha di fatto posto un freno all’attività estrattiva in quel
complesso collinare, dirottando buona parte delle nuove richieste di concessione sui vicini Colli Berici.
FRAMMENTAZIONE DELLE MATRICI RURALI E SEMINATURALI DEL PAESAGGIO
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Paesaggio a frammentazione bassa con dominante insediativa debole. L’ambito è compreso tra i paesaggi a naturalità più
pronunciata e maggiore stabilità della regione, che tuttavia presentano al loro interno una netta divaricazione qualitativa e
tipologica tra le diverse localizzazioni.
INSEDIAMENTI E INFRASTRUTTURE
Gli insediamenti presentano caratteristiche formali assai diverse a causa del loro naturale adattamento alle specifiche
condizioni dei siti su cui sorgono. In genere risultano ubicati lungo la linea di contatto fra le colline e la pianura, quasi mai
sulle alture: l’immagine che appare da uno sguardo sommario alla cartografia, è dunque quella di una minuscola e fitta
maglia insediativa. I nuclei sorti in pianura nella maggioranza dei casi presentano una struttura consistente, ma ancora
lontana da quella urbana. Dal secondo dopoguerra la popolazione, spinta dalle profonde trasformazioni economiche in atto
nelle vicine aree urbane, ha progressivamente abbandonato le zone collinari interne e si è concentrata intorno alle zone
strettamente connesse alla viabilità principale ed alla città, cosicché gli originari centri abitati hanno subito profonde
trasformazioni sia nelle loro caratteristiche morfologiche che in quelle strutturali.
Il territorio collinare berico risulta dotato di un sistema infrastrutturale viario che non riesce a soddisfare appieno la domanda.
L’area è delimitata tangenzialmente dall’Autostrada A4 Serenissima (Milano - Venezia) con accessi a Vicenza Est, Vicenza
Ovest, Alte - Montecchio Maggiore, mentre è in corso di realizzazione il proseguimento dell’Autostrada A31 (Valdastico Sud).
Le Strade Provinciali n. 247 Riviera Berica (Vicenza - Noventa - Este) e n. 500 di Lonigo (Alte di M.M. - Lonigo) si appoggiano
all’area in corrispondenza dei versanti est e ovest dei rilievi. Particolare rilievo riveste la S.P. n. 19 Dorsale dei Berici che
costituisce il più importante asse viario di connessione fra i diversi paesaggi collinari.
La ferrovia interessa l’ambito solo marginalmente e lungo la fascia ovest che corre parallela al tronco autostradale della A4.
In passato l’area berica, da Vicenza fino a Noventa, era servita anche dalla Littorina, ma la linea fu chiusa negli anni ’70 a
causa delle forti difficoltà economiche di gestione, contribuendo così ad accrescere il divario nello sviluppo tra le aree poste a
ovest della città di Vicenza e quelle collinari ad est caratterizzate da una maggiore ruralità.
É infine da segnalare la presenza di brevi tratti di piste ciclabili che consentono l’avvicinamento al territorio collinare tramite
agevoli percorsi di pianura. Significativa, e di particolare interesse, è la fitta rete di percorsi escursionistici, naturalistici e
didattici dell’area.
OBIETTIVI DI QUALITÀ PAESAGGISTICA
Il territorio dei Colli Berici presenta una forte vocazione agricola, notevoli qualità ambientali e numerose eccellenze storicoarchitettoniche; tali potenzialità rimangono tuttavia inespresse all’interno di una realtà contesa, il cui obiettivo prioritario
diventa oggi la ricerca di un modello di sviluppo innovativo, capace di governare le nuove previsioni insediative (con
particolare attenzione a quelle del settore produttivo), colmare la carenza di servizi e gestire in modo efficiente le grandi
opere infrastrutturali di progetto.
Per le parti dell’ambito comprese all’interno del Piano di Area dei Monti Berici (P.A.MO.B.), sono da recepire le indicazioni
contenute nel piano stesso.
1. Conservare e - ove necessario - attivare processi di rigenerazione ambientale degli ambienti carsici, connessi
all’assetto idrogeologico ed alle opere di tradizionale gestione idrica (canali, rogge, scoline).
2. Valorizzare la zona del Lago di Fimon e il relativo sistema vallivo, anche per la fruizione naturalistico-ambientale.
3. Prevedere la salvaguardia naturalistico-ambientale delle pareti rocciose di Lumignano e Costozza, dell’alta Valle
Bassona, della Valle dei Calvi, dei Palù e della Val Liona.
4. Mantenere le colture agrarie tradizionali (vigneto, ciliegeto, castagneto, ecc.) e vietare l’impianto di nuove colture di
tipo intensivo.
5. Vietare l’insediamento di zone produttive nelle aree poste ai piedi dei colli e nelle valli interne.
6. Riqualificare e valorizzare lungo la S.P. n. 19 Dorsale dei Berici e le strade provinciali n. 247 Riviera Berica e n. 500
di Lonigo, gli insediamenti storici e le valli, creando un sistema di spazi verdi, servizi e funzioni complementari al fine
di recuperare l’identità storica e geografica dei territori e di migliorare sia i diversi percorsi connettivi tra gli
insediamenti che le relazioni con il paesaggio.
7. Conservare i paesaggi e i manufatti di interesse storico-testimoniale (borghi rurali, valli dei mulini, abitazioni
rupestri, ventidotti, ville, corti, fornaci, ghiacciaie, ecc.) identitari dei Colli Berici.
8. Razionalizzare il sistema dell’ospitalità e ricettività diffusa promuovendo un turismo compatibile con le risorse
ambientali e l’agricoltura di qualità, attraverso l’integrazione con le attività rurali tradizionali e la creazione di
itinerari di visitazione naturalistici, storico-culturali ed eno-gastronomici.
9. Individuare i contesti afferenti alle ville - con particolare attenzione a quelle di Andrea Palladio - dove vietare
interventi di compromissione ed alterazione dell’originario sistema di relazioni paesaggistiche.
10. Prevedere interventi di mitigazione e riqua-lificazione e/o corretto inserimento ambientale degli allevamenti
zootecnici, in particolare avicoli, che spesso costituiscono elementi detrattori per il paesaggio.
11. Regolamentare l’attività estrattiva e prevedere il recupero e la riqualificazione dei siti dismessi ed abbandonati.
Indicazione di altri piani, progetti o interventi che possono dare effetti combinati
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VALUTAZIONE DELLA SIGNIFICATIVITA’ DEGLI EFFETTI
Descrizione di come il piano, progetto o intervento (da solo o per azione combinata) incida o non
incida negativamente sui siti della rete Natura 2000
SI
Note:
Consultazione con gli Organi e Enti competenti e risultati della consultazione
NO
Note:
DATI RACCOLTI PER L’ELABORAZIONE DELLO SCREENING
Responsabili della verifica
(titolo)
Fonte dei dati
-
Formulari Natura 2000
Ministero dell’Ambiente
Regione Veneto
Siti internet
Letteratura specifica
Letteratura di vario genere
Livello di
completezza
delle informazioni
Luogo dove possono essere reperiti
e visionati i dati utilizzati
Buono
Ufficio Tecnico
Comune di Villaga
Via G. Verdi 32
36020 VILLAGA (VI)
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TABELLA DI VALUTAZIONE RIASSUNTIVA
Habitat/Specie
(sia tutti quelli riportati nei
formulari, sia gli ulteriori
habitat e specie rilevati)
Codice
Nome
Laghi eutrofici
naturali con
3150
vegetazione del
Magnopotamion o
Hydrocharition
Fiumi delle
pianure e montani
con vegetazione
3260
del Ranunculion
fluitantis e
Callitricho
Batrachion
Formazioni erbose
secche
seminaturali e
facies coperte da
cespugli su
6210
substrato calcareo
(Festuco Brometalia) (*
notevole fioritura
di orchidee)
Pareti rocciose
calcaree con
8210
vegetazione
casmofitica
Grotte non ancora
8310
sfruttate a livello
turistico
Foreste di
versanti, ghiaioni
9180*
e valloni del TilioAcerion
Foreste di
9260
Castanea sativa
formazioni erbose
rupicole calcicole
6110
o basofile
dell'Alysso-Sedion
albi
Acrocephalus
A298
arundinaceus
Acrocephalus
A293
melanopogon
Acrocephalus
A294
paludicola
Acrocephalus
A295
schoenobaenus
Acrocephalus
A297
scirpaceus
A229
Alcedo atthis
A029
Ardea purpurea
Bombina
1193
variegata
A021
Botaurus stellaris
Bucephala
A067
clangula
Caprimulgus
A224
europaeus
Chlidonias
A198
leucopterus
A197
Chlidonias niger
Circus
A081
aeruginosus
A082
Circus cyaneus
1149
Cobitis taenia
A350
Corvus corax
A377
Emberiza cirlus
A379
Emberiza
Presenza
nell’area
oggetto di
valutazione
SI
NO
Significatività negativa
delle incidenze dirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Significatività negativa
delle incidenze indirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Presenza
di effetti
sinergici e
cumulativi
SI
NO
9
TABELLA DI VALUTAZIONE RIASSUNTIVA
Habitat/Specie
(sia tutti quelli riportati nei
formulari, sia gli ulteriori
habitat e specie rilevati)
Codice
Nome
hortulana
1220
A103
A099
A096
A125
A001
4104
A252
A022
A338
A340
A292
A272
A383
A073
1310
A281
1307
1324
A094
A323
A072
A273
A005
A120
A119
A267
A250
A118
1215
A336
1304
A276
1525
A309
A305
A307
A004
A333
A285
1203
Presenza
nell’area
oggetto di
valutazione
SI
NO
Significatività negativa
delle incidenze dirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Significatività negativa
delle incidenze indirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Presenza
di effetti
sinergici e
cumulativi
SI
NO
Emys orbicularis
Falco peregrinus
Falco subbuteo
Falco tinnunculus
Fulica atra
Gavia stellata
Himantoglossum
adriaticum
Hirundo daurica
Ixobrychus
minutus
Lanius collurio
Lanius excubitor
Locustella
luscinioides
Luscinia svecica
Miliaria calandra
Milvus migrans
Miniopterus
schreibersi
Monticola
solitarius
Myotis blythii
Myotis myotis
Pandion haliaetus
Panurus biarmicus
Pernis apivorus
Phoenicurus
ochruros
Podiceps cristatus
Porzana parva
Porzana porzana
Prunella collaris
Ptyonoprogne
rupestris
Rallus aquaticus
Rana latastei
Remiz pendulinus
Rhinolophus
ferrumequinum
Saxicola torquata
Saxifraga berica
Sylvia communis
Sylvia
melanocephala
Sylvia nisoria
Tachybaptus
ruficollis
Tichodroma
muraria
Turdus philomelos
Allium angulosum
Arvicola terrestris
Asplenium
lepidum
Athamanta turbith
Coronilla
scorpioides
Echinops
sphaerocephalus
Hottonia palustris
Hyla intermedia
Linum tryginum
Ludwigia palustris
10
TABELLA DI VALUTAZIONE RIASSUNTIVA
Habitat/Specie
(sia tutti quelli riportati nei
formulari, sia gli ulteriori
habitat e specie rilevati)
Codice
Nome
Lythrum
hyssopifolia
Micromys minutus
Muscardinus
1341
avellanarius
1292
Natrix tessellata
Orsinigobius
punctatissimus
Padogobius
martensi
Philadelphus
coronarius
1250
Podarcis sicula
Polypodium
australe
Pulsatilla montana
1209
Rana dalmatina
Rhagadiolus
stellatus
Sagittaria
sagittifolia
Salvinia natans
Senecio
paludosus
Thelypteris
palustris
Trapa natans
Triturus vulgaris
Utricularia
australis
Vipera aspis
Vulpes vulpes
Lepus europaeus
Glis glis
Erinaceus
europaeus
Talpa europea
Sorex araneus
Microtus arvalis
rattus rattus
mus domesticus
pipistrellus
pipistrellus
strix aluco
tyto alba
athene noctua
pica pica
phasianus
colchinus
turdus merula
sturnus vulgaris
podarcis muralis
Presenza
nell’area
oggetto di
valutazione
SI
NO
Significatività negativa
delle incidenze dirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Significatività negativa
delle incidenze indirette
Nulla
Bassa
Media
Alta
Presenza
di effetti
sinergici e
cumulativi
SI
NO
* Tipologia di habitat da conservare in stato soddisfacente o da riportare ai valori di NATURA 2000 con priorità
11
ESITO DELLA PROCEDURA DI SCREENING
Spiegare come si è giunti alla conclusione che si produrranno o non si produrranno effetti
significativi negativi sui siti della rete Natura 2000
DICHIARAZIONE FIRMATA DEL PROFESSIONISTA
Il sottoscritto
, nella qualità di progettista del
in parola, secondo quanto previsto dal
D.P.R. 445/2000, ritiene sotto la propria responsabilità e considerato le informazioni rilevate e le
determinazioni assunte, che
con ragionevole certezza scientifica, si può escludere il verificarsi di effetti
significativi negativi sul sito Natura 2000 denominato: SIC Colli Berici IT3220037
le informazioni acquisite attestano o suggeriscono che effetti significativi sono
possibili o che non esistono sufficienti certezze riguardo all’adeguatezza della
valutazione effettuata, pertanto risulta necessario procedere con una relazione di
valutazione appropriata.
AUTODICHIARAZIONE
Secondo quanto disposto dalla D.G.R. n. 3173 del 10 ottobre 2006, ai sensi e per gli effetti del
D.P.R. n. 445/2000, il professionista incaricato alla stesura della presente relazione,
d i c h i a r a
di essere in possesso dell’esperienza specifica e delle competenze in campo biologico, naturalistico
ed ambientale necessarie per la corretta ed esaustiva valutazione di incidenza ambientale trattata.
La presente relazione è costituita da n.
Villaga lì
/
/
pagine
Il Professionista
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