a r t f o l i o
Periodico trimestra le - Internationa l AM Edizioni - Anno X X II - N° I 2015
Armando Brissoni
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C onte nuto s c ar i c abi l e i n for m ato PDF d a l sito:
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a r t f o l i o
Periodico trimestrale - International AM Edizioni - Anno XXI- N° III, 2014
Mostra documentaria
dell’0pera di
Tommaso Campanella
PR
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EC
450° anniversario della
nascita di
Galileo Galilei
ED
a cura di Armando Brissoni
EN
Museo - Fondazione per l’arte
via XXIV Maggio 35/37 - Bivongi (RC)
4 ottobre 2014 - 15 gennaio 2015
per informazioni e prenotazioni: [email protected]
TI
a r t f o l i o
Periodico trimestrale - International AM Edizioni - Anno X XI
ro sp
Nume
eciale
Intervista
In qu e sto nume ro:
R iv is it ando Mo dig l i ani
di Elio Furina
ad
Armando Brissoni
su
di Ar mando Br iss oni
Natura morta, 1914
C op e r t i na: A . Mo d i g li an i, L a mend i c ante, 1 9 0 9
Q u ar t a d i cop er t i na: A . Mo d i g li an i, C ar i at i d e, 1 9 1 3 -1 9 1 4
I punti fondanti della pittura di
Alberto Magnelli (1888-1971)
artfolio
periodico trimestrale d’attualità d’arte a cura della Pinacoteca AM international - Associazione Culturale
Direttore responsabile: Elio Furina
Direzione, Redazione: via Enrico Fermi 10, 89040 Bivongi (RC)
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2
Ar mando Br iss on i
R iv is it and o
Un italiano che continua la pittura italiana? Senz’altro
Amedeo Modigliani (1884-1920). Lo sfortunato vero
talento creativo che in pochi anni della sua vita ed
in mezzo alla rivoluzione artistica tra metà ottocento
a tutt’oggi – supposto che oggi certe scempiaggini
spacciate per arte non si possano riconoscere tali –
Modigliani impartisce ancora lezioni a coloro che
vollero fare la ristrutturazione e rivolta dell’arte
per abolire dio solo sa quali fantasmi antichi. E
dove meglio di Parigi si potevano creare le “guerre
di annientamento’’ dell’arte antica soprattutto
quella italiana, che oramai sembrava, ai riformatori
soprattutto transalpini, nostri cuginetti assai
arroganti, se non distruggere tutto e rifare l’arte ex
novo? Sentiamo alcune iperbole del poeta-pittore
Guillaume Apollinaire de Kostrowitzky (Roma
1880 - Parigi 1918) alias Apollinaire, sull’arte
nuova nella fattispecie del “ cubism ’’: “ Les jeunes
artistes-peintres des écoles extrêmes ont pour but
secret de faire de la peinture pure. C’est un art
plastique entièrement nouveau.’’[…]. “ Le nouveaux
peintres, pas que leurs anciens ne se sont proposé
d’être des géomètres ’’.[…]. “… Ajutons que cette
immagination: la quatrième dimension, n’à été que
la manifestation des aspirations, des inquiétudes d’un
grand nombre de jeunes artistes…’’ […]. La nouvelle
école de la peinture porte le nom de cubisme; il fut
donné par dérision, en automne 1908 par H. Matisse
qui venait de voir un tableau représentant des maisons
dont l’apparence cubique le frappa vivement ’’ (1). A
queste parole si può rispondere col giudizio di Enrico
Fermi “ !Balle! ’’ – a proposito di certi errori ottenuti
durante le misurazioni del bombardamento di un
campione di Nickel con neutroni lenti, a Roma nel
1934.
A proposito del termine “cubisme’’: lo rese pubblico
per la prima volta il giornalista L. Veauxcelles che
“…il parle de << cubes >> …’’ sulla rivista “Gil
Blas” 14 novembre 1908 (2 ). Cosette da nulla : bastava
non dipingere più le figure, mandare a quel paese il
disegnare, togliere di mezzo modelle e modelli,
guardare avanti senza mai voltarsi indietro; studiare
non gli storici dell’arte ma i poeti, i cocainomani, i
trasgressori (di che?) e via ripetendo – ma la finiamo
qui poiché sono cose oramai rancide. Solo quando si
farà la vera storia dell’arte moderna/contemporanea
3
ne caveremo giudizi certi. Ma chi è in grado di
scriverla oggi? Rimane il “gran rifiuto’’ di Roberto
Longhi che si fermò allo ‘800-‘900 (3 ) e scelse alcuni
moderni e contemporanei capo in testa PissarroRenoir e Giorgio Morandi, Carlo Carrà, De Pisis e
pochi altri e per la scultura Leoncillo Leonardi (19151968 pel quale scrisse la presentazione nel catalogo
della mostra alla Galleria il Fiore nel 1949): non certo
si rivolse, con ragione, a Fontana o Burri o Piero
Manzoni – anche se oggi tornano in auge grazie a
mostre dissennate i quadri “ α-χροος ’’ (senza colore)
dell’estroso milanese ed i “Sacchi’’ chiffons cousus
(cenci di sacco o tela ruvida) del medico perugino.
Per la verità proprio Longhi meriterebbe una blanda
critica a proposito di Modigliani ( e si che scrisse su
Magnelli citandolo come un “…Magnelli, insieme a
Prampolini, furono fin d’allora [1915-1919] pionieri
precocissimi dell’astratto….’’ ( 4 ) e “…La <<Donna
seduta>> del ’14 prevede certo Matisse e certo
Modigliani…’’ ( 5 ) & Visita a Magnelli, Ed. cit. pp.205207. cfr. anche E. Furina, Intervista ad A. Brissoni
su A. Magnelli, in artfolio numero monografico,
Anno XXI, maggio 2014). C’è un solo passo dove
Longhi, osannando giustamente André Derain (18801954), dice “…..così come il <<ritratto di Poiret>>
nel ’14 , è in anticipo su parecchio Modigliani’’(6).
Senz’altro il Derain era un notevole artista ma è
strano come lo storico fiorentino si limitasse a “citare
A. Derain, Portrait de A.
Modigliani, Parigi 1914
4
di passo’’ Modigliani. Idiosincrasie verso il presunto
stravolgimento di Modigliani all’arte italiana
soprattutto rinascimentale? Che quello stile “gotico/
verticale’’ dei suoi personaggi e certi nudi rilassati o
accosciati gli dessero il senso di una sorta di rivalsa sul
nudo di un Giorgione o del Tiziano, o Goya mostrando
una certa avversità a ciò che è asimmetrico? Non se
ahinoi, si continua a leggere in quelle stonate e
ripetitive introduzioni nei cataloghi di mostre redatte
da tutti, compresi assessori comunali o regionali “alla
cultura’’ e via dicendo, fuorché da storici dell’arte.
Basterebbe che accostassimo un qualsiasi disegno o
dipinto modiglianeo alla “Sibilla Cumana’’ (14491450) di Andrea del Castagno, già a Villa Pandolfini
A. Modigliani, P. Picasso
fumant, 1915 circa
ne coglie ragione poiché tutta la pittura di Modigliani
è una questione di “disegno” e di apparenti slegate
proporzioni ( cfr. De Prospectiva pingendi di Piero
della Francesca), piuttosto che un capriccio o peggio
una esosità. Non valgono gli accostamenti, come
a Legnaia ora annessi alla Galleria degli Uffizi di
Firenze – , ed in essa ritroveremmo il modello vero,
cioè rinascimentale, dei colli dall’attacco lungo; un
modello tutto italiano.
Cerchiamo di vedere un Modigliani come ha voluto
5
essere a costo di non sconfinare in quella dannata
vita che ha condotto in pochi anni. Ma tralasciamo
biografie e biografi; biografemi e sentenze e veniamo
alla mostra in corso a Pisa (Modigliani et ses amis,
Paris 1906-1920, Palazzo Blu, Ottobre 2014- Febbraio
2015) che è degna della massima considerazione e
che ci impone una domanda: da dove cominciare? Far
cenni sui “…ses amis…?’’. Semmai li interpoleremo
al momento giusto.
Crediamo che da qualsiasi punto si osservi un dipinto
di Modigliani, alla mostra tutti seriamente esposti
in ordine cronologico che possiamo fare a meno
di seguire, abbiamo sempre cose da scoprire. Ne
avevamo già scritto negli anni ’84; ’85, e 2006, ma
da quegli anni i trascorsi e le ricerche non le abbiamo
fermate; anzi le abbiamo continuate cercando sempre
di schiarire le posizioni di artisti che hanno fatto
l’arte moderna e contemporanea con le loro fratture
e discontinuità con periodi frammentari di certa
utilità i cosiddetti “movimenti’’ con tutte le loro finte
teorie che in fine erano giustificazioni, o manifesti,
per coprire il più delle volte un vuoto artistico
vertiginoso: cfr. i casi Burri e Fontana malgrado
siano ritenuti giganti del mercato. La pittura per
Modigliani non è nient’altro che arte composta da
una febbrile coscienza disegnativa, coloristica e
scultorea che bisogna distinguere come se fossero
tre fasi che si intrecciavano l’una con l’altra. Ed alla
base di ogni cosa mettiamo il disegno. Benché in
tempi andati qualche giornalista d’arte milanese si
interessasse soltanto del disegno di Modigliani, per il
resto sembra che tutto sia aneddotica (eccetto quando
distrusse quel gruppo cospicuo di disegni poiché
ridottosi a venderli nei “cafè’’ di mano propria come
un mendicante “…sono un pittore ebreo italiano –
infatti nel 1897 riceve il bar mitzvah rituale ebraico
per diventare adulti recitando le dovute preghiere)
i suoi lavori se li vedeva rifiutare, mentre è proprio
dal disegno che bisogna cominciare. E’ naturale che,
come si dice, il pur valoroso Cézanne dipingesse
talune sue opere senza alcun disegno: ma quella era
la natura dell’impressionismo – ciò non toglie che
Cézanne fosse anche abile disegnatore – , mentre
come si rileva in questa mostra l’apparato disegnativo
è assai curato. Possiamo restare indifferenti al ritratto
6
A. Modigliani, Femme assis, 1914
Pagina precedente, da sinistra in alto: A. Modigliani, Nu assis, 1916
in basso: A. Modigliani, Portrait de Lunia Czechowska à l’éventail, 1919
a destra: A. Modigliani, Portrait de F. B. Haviland, 1914
7
della “Femme assise’’ del 1916, oppure verso quelli
delle “Femme nue assise’’ e “Nu assis’’ del 1914’16, od al “Nu assis’’, del 1914? Od ai “Pablo Picasso
fumant’’ 1915 e “Femme aux cheveu courts’’? Oppure
l’incisivo “Portrait de F.B. Haviland” del 1914? E,
meglio ancora, il “Portrait de Modigliani’’ eseguito
dal Derain nel 1914 e lo scambio ritrattistico di
Modigliani col suo “Portrait d’homme’’ (scil. Derain)
del 1915 all’incirca? Tutto il lavoro fatto per poi
articolarlo soprattutto nella pittura ma anche nella
scultura.
8
Rivolgiamoci ora alla pittura cercando di cogliere
i valori più intensi, al contrario dei più che si
incentrano sui famosi “nus’’, cominciando dai
ritratti. Tralasciamo un istante alcuni dipinti di
indole cézanniana per constatare come lo spirito
di Modigliani colga con “agudeza’’ il valore della
persona; dunque scegliamo due sue opere non a
casaccio: la “Mendiante” del 1909 e il “Portrait de
Dédie’’ del 1918. Il volto della mendicante è un
vero modello del ritratto moderno che ne surclassa
la maggior parte. Che questa donna fosse stata
A. Modigliani, Le mendiante, 1909
Pagina precedente: A. Modigliani, Femme à la table
9
o meno una mendicante, non ha nessun valore.
Per noi potrebbe imparentarsi con la irripetibile
“Annunciazione’’ del 1474 di Antonello da Messina
(Museo Regionale della Sicilia) tanto quel volto,
dalla ruvida ma intensa espressione, è bello. Il viso
è marcato, l’incarnato è composito con sfumature,
la posa è di tre quarti e decisi tratti formano il volto
con lo sguardo spento abbassato; le gote rosate ed
il resto dell’incarnato bronzeo, compreso il robusto
collo. La bruna capigliatura incornicia il volto come
un ornamento: un “velo’’ bruno anziché l’azzurro
della “Annunciata’’ di Antonello. L’abito si incrocia
all’altezza dello anatrofico collo dall’incarnato bruno
con riflessi luminosi a tratto sino al mento – non ancora
per lo più appuntiti come il pittore farà in seguito.
La fisionomia-tipologia potrebbe dirsi cézannianadereiniana, ma questo connubio è lontano dal
pittore. Modigliani ha ricreato la tipologia del ritratto
cinquecentesco secondo una versione audace ed è per
questo che dipinse ritratti e nudi nella scansione fra
linea e massa volumetrica. Infatti, in altra versione tre
anni dopo la “Mendiante’’, dipinge “Femme au col
blanc’’ (Lunia Czechowska) del 1917 che potrebbe
essere la continuazione di quel tipo di ritratto, ma
già con le caratteristiche gotiche: finiamola coi colli
lunghi ed i volti alla “negroide’’. L’ascendente della
scultura primitiva bisogna mitigarlo se vogliamo
che le maschere rituali dei primitivi, o d’altre tribù
ancora esistenti, siano trasformate in arte italiana. E la
stessa Lunia nel 1919 la ritroviamo nella “Femme à
l’éventail’’ con la fisionomia schiarita e la raffinatezza
del volto su fondo rosso-bruno.
Alla “Mendiante’’, che è uno dei migliori dipinti
in mostra, possiamo allineargliene uno successivo
del Modigliani che, nel torno di quattro anni,
10
ci sorprende con un ritratto che è l’opposto del
precedente. Se la bellissima mendicante carpisce,
il ritratto in posa “borghese’’ “Portrait de Dédie’’
(alias Odette Hyden) è tutto italiano. L’avevo già
presente, ma la collocazione in questa mostra la fa
risaltare maggiormente. Innanzitutto si sente ancora
qualche residuo dell’opera di Fattori o ottocentesca
(come conferma il paesaggio in mostra – in tutto ne
dipinse tre). E’ una giovane donna dal volto raffinato,
l’abbigliamento ricco seduta su una sedia sulla cui
spalliera s’appoggia il braccio destro e dove le mani si
intrecciano sospese. Il ritratto in un interno scabro sul
verde-grigiastro staglia la figura: capo reclinato collo
cinquecentesco italiano volto ovale capelli castani
pettinati e composti raccolti in modo da lasciare
libera la bella fronte spaziosa. Sguardo frontale
e penetrante che incide l’incarnato appena rosato
sulla pelle chiara e guarda chi la osserva: sembra
una persona in posa “colloquiale’’. Il vestito bruno
scuro col corpetto stretto e che man mano si allunga
si svasa come dettava la sartoria di quei tempi. Una
massa o volume pronunciato molto signorile: proprio
un ritratto in posa. La psicologia della Dédie è molto
sobria ma penetrante. Sa di essere una bella figura dal
portamento nobile e che con lo sguardo in certo senso
ammalia chi la osserva.
Se paragonassimo il “linguaggio’’ di questo dipinto
con un altro in mostra, per esempio la “Parisienne
à l’éventail’’ di Henri Hayden del 1912, vedremmo
come il gioco cubista-barocco appesantisca il dipinto
dello Hayden. Sembrano due o tre scuole messe
insieme. La donna è assisa su una poltrona di tre
quarti nella destra tiene un ventaglio appena aperto,
il copricapo, due tendaggi ed una finestra aperta come
sfondo, la tenda discostata ed il volto delle figura
in penombra a causa della tesa del grande cappello,
formano un contrasto fra panneggi alla Braque/Juan
Gris. Davvero un “ami’’ ma non un “èleve’’. Queste
sono le opere del pittore livornese che meritano un
giudizio dettagliato poiché sono eloquenti nella loro
italianità storica.
E dei “… ses amis…’’ che dobbiamo dire? I nomi
sono notissimi e cominceremmo proprio da Gris e da
Soutine – perché di Picasso ci importa poco: la mostra
in corso a Firenze, Palazzo Strozzi, fa cascare le
braccia. E’ quasi mezzo secolo che vedo “mélanges”
stilistici picassiani! La questione del “cubismo’’ ( una
storpiatura bella e buona) è troppo controversa e ne
parlammo già a lungo, perciò facciamo riferimento
alle opere in mostra. Ci ha sempre colpito l’opera
“Le livre’’ poiché, vista anche la gamma cromatica,
sembra un insieme di cristalli sagomati e levigati.
Potremmo considerarla anche come “natura morta”
(così infatti l’ho vista e catalogata in altre rassegne
A. Modigliani, Portrait de Dédie, 1918
Pagina precedente: A. Modigliani, Portrait de Lunia Czechowska avec un chemisier blanc, 1917
11
e testi). Essa è una composizione pressoché legata
al tema tradizionale secentesco. Ma qui Gris, (18871927), pur ricordandoci il Braque, nonché Picasso,
dello scorcio paesaggistico “Horta de Hebro’’, riesce
meglio nel suo intento ad effetto trasparenza-cristallo.
Lo stesso per la tejera che però se ha l’impugnatura
rigida ed angolata, il coperchio col beccuccio ed il
corpo del contenitore poggiano su una sorta di ghiera
a due spigoli: una composizione di tutto riguardo.
Appresso questo dipinto ritroviamo la Nature
A. Modigliani, Cariatide, particolare, 1913-1914
Una “geometria’’ di pieni e vuoti; di prismi lucenti
appena molati e levigati: una costruzione volumetrica
che si fonde in un’armonia degli oggetti rustici (libro
eccettuato). Il bricco, la tejera la ciotola in piano
cézanniano ad angolo; il libro che sporge su un
lato per creare profondità prospettica fondata sulla
adamantina trasparenza: i bianchi e grigi ed il color
bruciato della rilegatura del libro creano un sapiente
movimento che si estende fino alle ombre proiettate
sullo sfondo – anch’esso composto di riquadri con
una sfumatura che si sperde ma dà e genera luce.
E’ difficile connotare le ombreggiature poiché per
Gris le ombre erano causa contrastiva degli oggetti.
Il legame tra di essi è composto da una articolata
distribuzione di piani e spigoli: si confronti la bellezza
luminosa della ciotola-torcia riposta sul libro e quanto
bello sia quel contrasto. La cuccuma e la tejera
sono scansioni geometriche d’una geometria tutta
dissimmetrica la cui irregolarità si trasforma in pittura.
12
morte au livre del 1913 ed il cubismo perde la sua
tridimensionalità per appiattirsi come questo pseudo
collage. E’ un dipinto simulatore poiché in luogo dei
ritagli a collaggio, gli stessi sono dipinti creando un
trompe-l’oeil che, a debita distanza, può ingannare
chi lo guarda. E’ una trasmutazione pittorica che
dimostra come i collaggi possono anche essere dipinti
magari avendo prima predisposto una composizione
oggettiva oppure creando delle variazioni ad un
reale collaggio di altro autore, Braque per esempio.
Oppure l’ altro trompe l’œil del Severini (1883-1966)
dal titolo “Portrait de Paul Fort’’ ( ossia suo suocero),
abbozzato in un volto di marca picassiana ma confuso
con documenti letterari.
Nella “La maison dans l’allée’’, 1908, di Marc
Chagall, il paesaggio-giardino è composto da una
gamma di alberi fogliati di verde, probabilmente dei
platani novelli, del giardino antistante la casa a La
Ruche. E’ un dipinto straordinario poiché è quasi
monocromatico, laddove i verdi si alternano, grazie
ad un sapiente arpeggio di luci. I tronchi degli alberi
sono in controluce e le chiome, leggermente mosse
dal vento, si piegano lasciando intravvedere squarci
di cielo azzurro-grigio creando un contrasto che pare
gelido visto l’accostamento tricromatico. La casa
di legno e mattoni, con una piccola veranda, è del
modello chagalliano delle case alate o dei paesaggi
sospesi nello spazio che sfuggono alla gravitazione
e fa da sfondo al dipinto – benché il dipinto più
originale di Chagall sul tempo isocronico, non in
mostra, sia “La pendola alata’’: cioè a dire “Il tempo
vola’’. La profondità, lo spazio, è data da un sentiero
serpentinato in terra battuta che solca un prato erboso
dalle lieve tonalità verde prato che contrasta col verde
smeraldo intenso delle fronde, che son dipinte tanto
bene da sembrare in movimento. Un dipinto quasi
monocromatico. Valga anche un cenno soprattutto
alla scultura di Modigliani-Brancusi.
Che vi siano legami stilistici è innegabile, ma la
consistenza espressiva li separa nettamente. Nel
rumeno vige un’attuazione che non perde mai la
figurazione, ma persino la scultura “La princesse
X’’ non è nulla di nuovo poiché lo scultore-pittore
Jean Arp posteriormente si mise su quella strada con
astrazioni più convincenti. Brancusi non volle mai
abbandonare la figurazione cercando di impoverirla
il più possibile cfr. “La muse endormie’’ del Centre
Pompidou – Parigi. Anche H. Laurens fece delle figure
composte e lo stesso il sovietico Ossip Zadchine, ma
la scultura di Modigliani oltre alle attenzioni devolute
alla scultura primitiva, scolpisce ritratti, pertinenti
alla sua longitipicità figurale come la bella serie
delle “Cariatidi’’ scolpite. Non si richiama forse alla
turgidezza michelangioloesca dei “Prigioni’’ nell’atto
di liberarsi dalla pietra che li teneva “nascosti’’ come
quelli della Galleria dell’Accademia di Firenze? Si
osservi bene la massa marmorea tridimensionale
nel rapporto linea-massa del dipinto “Cariatide’’
1913-1914 e la genesi della sua scultura si scopre
subito: italiana. Mettiamoci per un istante davanti
alle sculture delle Cappelle Medicee, Firenze S.
Lorenzo, e lì toccheremo con mano come la scultura
sia ricreabile in pittura-disegno (come è espresso nel
disegno “Nu allongé’’, del 1915). Ad una condizione:
che l’uno si chiami Michelangelo Buonarroti e l’altro
Amedeo Modigliani. Come non scoprire la forza
michelangiolesca nella scultura “ Tete de femme ’’ del
1911-13? Persino la “scalpellatura’’ è cinquecentesca!
Abbiamo una predilezione per Chaïm Soutine (18931943) e non la omettiamo: due nature morte ed un
ritratto. La prima Nature morte à la pipe , 1916, è
un dipinto non facile da giudicare: il rozzo tavolo
A. Modigliani,
Tête de femme, 1911
che sembra indicare un frugale pasto servito per una
persona (anticipato di qualche mese da una splendida
“ Nature morte aux citrons ’’, del medesimo anno).
Il tavolo è posto frontalmente e su di esso una
tavola imbandita dall’apparenza disordinata. Ma a
ben osservare vediamo come l’impressionismo di
Cézanne venga varcato e sul tavolo, approvvigionato
da una ruvida tovaglia, sono dislocati la solita posata
arcuata, e man mano ci si “introspettisce’’ nel dipinto
si articolano spazi che paiono accenti morandiani,
con la bottiglia, la solita bordolese, un piattaccio da
trattoria con sopra due limoni d’un giallo lucente, la
brocca ed il bicchiere collegati da un carciofo messo
in tralice sul retro della bottiglia e con lo sfondo
distinto in due porzioni una luminosa (una finestra?)
ed una bruna), posto in prospettiva angolare nel
“cono’’ di una stanza di un blu-cilestrino, spiccano
motivi compositivi verticali ed orizzontali. Una oliera
a fiasca color giallo-verde dell’olio, una bottiglia
bordolese con accanto un calice di cristallo – ma
la forte biaccatura può ingannare – riposti su una
corda d’arco poi la lunga pipa di schiuma (sepiolite)
a bocchino lungo con accanto un piatto di terracotta
ruvida con sopra un pesce che fuoriesce con il muso e
la coda e, quasi a margine del tavolo da bettola, (***)
una forchetta, più da portata che da pasto, argentata
– posata frequente nei dipinti di Soutine. Il piano
del tavolo non è squadrato, variato tra riflessi chiari
e colori bassi, legno schietto, ma malgrado questa
falegnameria ruvida – che è meno irritante dei tavolati
metafisici dell’occasionale elleno De Chirico che
compie miracoli trasformando dei pezzi di legno nella
13
negazione della oggettività – quella nuda povertà, in
Soutine diventa davvero un’opera d’arte. E per restare
in tema un’altra natura morta Nature morte à la dinde
del 1926 (?) stravolge in certo senso il suo linguaggio
poiché su un tavolo oblungo visto in tre quarti dall’alto
una tavola riccamente apparecchiata con un piano
non solo col “cappone’’ ma con panneggi, brocche,
frutti sparsi (mele? arance?) a corona di rosario tutto
adagiato su un panneggio bluastro, un mestolo di
legno il cui lungo manico si posa sopra un cesto di
pane – azzimo essendo ebreo lituano?
Dalla natura morta (che non ha nulla a che fare con
le “Aringhe’’ di Van Gogh), Soutine largisce spazio
copioso alla ritrattistica creando con scrupolo fra i
tanti, il ritratto dello scultore Oscar Miestchaninoff
del 1923’24 (pedestremente accostato al ritratto del
Carlo VIII re di Francia, di J. Fouquet, 1451/’55(7);
ritratti dall’aspetto che potremmo dire attento alle
anarchiche praterie dell’espressionismo, ma questa
versione è ingannatrice poiché il pittore coglie aspetti
psicologici non secondari che in taluni punti si
risolvono in “scabrosità psicologica’’ (e non si citino
analogicamente le malformazioni vaiolose dei ritratti
di Francis Bacon (1909-1992). Altro che realizzare
mostre tra Bacon e Caravaggio: è un insulto alla storia
dell’arte – cfr. “Caravaggio-Bacon’’, Roma Galleria
Borghese, 2009-2010. Hanno avuto l’orrorifico gusto
di accostare il “Bacchino malato’’ del primo gran
Lombardo (il secondo è lo scrittore Carlo Emilio
Gadda) con “Head, VI’’ del britannico). E tacciamo
per decenza storiografica una mostra del Bacon del
2013 in Firenze e nell’area fiorentina composta per
lo più di disegni ed alcuni suoi olii più lavori dei suoi
proseliti italiani e stranieri. Due opere sono passabili
“Study for two figures on evergreen’’ del 1956 e
“Study for Self-Portrai in Tangeri’’. Il resto è ben
poca cosa, benché ci sia libertà di linguaggio. Sarebbe
interessante sapere, tuttavia, che differenza corre tra
la “dissacrazione del corpo umano’’ e della pittura e
dei disegni brutti o mediocri. Questi ultimi sono senza
remore un’autentica dissacrazione dell’arte. La foga
espressionista soutiniana, che non dissacra un bel
niente ma crea della gran pittura, si ricava dalla messe
dei paesaggi naturalistici e vedute tra il 1917 ed il 1933
– ripresi nel 1935 con la serie “Arbres dans le vent” –,
ritornandovi, per la seconda volta, con la serie degli
“Arbres-paysages’’: dipinti straordinari; alla lunga
serie delle nature morte floreali e oggettivistiche – un
Baschenis dissipativo – (la comparazione col “Bue
sventrato’’ di Rembrandt è del tutto fuori luogo) ed
ai ritratti tra i quali spicca uno straordinario “The
Philosopher’’ del 1921: una vertigine di colori che
soltanto con l’attenzione dovuta si scorge la metafora
14
che il filosofo ed i libri formano un unicum: l’uomo
immerso nel pensiero (8). Dipinto che sarebbe piaciuto
ad Heidegger secondo cui “Bewegung kommt aus
der Ruhe und bleibt in die Ruhe eingelassen” [Il moto
proviene dalla quiete e rimane calato in essa](9) e per
una collazione col Modigliani, il bel ritratto “Portrait
de femme sur fond bleu’’, del 1928 e le due pseudo
baconiane “La cuisinière’’ del 1935-‘36 e la seconda
versione della “Cuisinière’’ dello stesso anno, con
variazioni cromatiche ancor più incisive, fino alla
bella opera “La liseuse’’, del 1937. Tuttavia riteniamo
che gli “intrecci stilistici’’ tra Soutine e Modigliani,
siano ancora tutti da vagliare e che questa mostra
potrebbe darne l’abbrivo.
Poiché anche in questa circostanza si caracolla
ancora col Botticelli “ La Primavera’’, Galleria degli
Uffizi, Firenze, col Parmigianino “Madonna col collo
lungo”, ibidem; o con Cézanne, dobbiamo dire che
la caratteristica dei “colli lunghi’’ – cfr. l’ipertrofico
collo del ritratto a Gaston Modot, 1918 – non ha
nulla in comune col Botticelli (Nascita di Venere) né
con la “Madonna del collo lungo’’ del Parmigianino
già citata né, tantomeno, col “collo lungo’’ della
magnifica “Madonna dei pellegrini’’ del Caravaggio,
(Roma S. Agostino cappella Cavalletti).
Le “deformazioni’’ anatomiche dei colli delle figure
di Modigliani non sono degli errori anatomici
o distorsioni lineari, ma sono uno stile, il suo
linguaggio, pittorico; sono una espressione che
segna la personalità del pittore. Tenendo presente
che per Modigliani era la figura umana a suscitare
la sua vena artistica; che ha impresso alla sua arte
una caratteristica che pare si scontri con la realtà e la
difformi quando, esteticamente, la riforma. Il “nudo’’
non è più nudo, il ritratto non è più ritratto, ma una
linea continua nella ricerca, forse disperata, di cosa
sia l’uomo (scil. la persona).
Il dipingere gli occhi solo nei suoi ritratti essenziali
con pupille marcate con “taglio orientale’’, non è
segno di trascuratezza, come diverse volte si nota
in Picasso, ma di un mistero; come dire: colgo un
mondo interiore che dura un lampo; quel mondo
riflessivo che sublima (non psicanaliticamente) quei
nudi che perdono la loro forma esteriore, diventando
arte. La scultura greca, coi suoi apollinei nudi, si
potrebbe arguire, è stata la sua “direttiva’’ classica;
e Michelangiolo, coi turgidi nudi dei Prigioni,
ritorna in Modigliani in versione estrema, spogliata
dalla possanza della materia, ma esaltata da un
disegno lineare e dal colore che ridona con puntiglio
psicologico molta incisività; cioè l’espressione
estetica viva.
NOTE
(1) G. Apolllinaire, Les peintres cubistes, Edition Hermann, Paris 1980 (1965), pp. 60-62 e 66
(2) G. Apollinaire, Op. cit., pag. 46
(3) R. Longhi, Scritti sull’Otto e Novecento, in Opere complete di R. Longhi, vol. XIV, Sansoni Editore, Firenze 1984
(4) R. Longhi, Op. cit., pag. 180
(5) R. Longhi, Op. cit. pag. 206 & Visita a Magnelli, Ed. cit. pp.205-207. cfr. anche E. Furina, Intervista ad A. Brissoni su A.
Magnelli, in artfolio numero monografico, Anno XXI, maggio 2014
(6) R. Longhi, Scritti sull’Otto e Novecento, Ed. cit. pag. 160
(7) Ch. Soutine, in Catalogue raisoné, B. Taschen Verlag, Colonia 1993, vol. II, pag. 521
(8) Ch. Soutine, in Op. cit. pag. 579
(9) M. Heidegger, in Gelassenheit (scil. Pensare in relazione all’essere), trad. italiana Marzorati Editore, Milano 1967, pp.144-145
*** Bettole come quelle romane che hanno formato un “ genere pittorico ’’ – è il caso di definirlo così – in bella mostra a Roma
intitolata “ I Bassifondi del Barocco, La Roma del vizio e della miseria’’ (Accademia di Francia Villa Medici Roma, ottobre 2014;
Petit-Palais, Musée des Beaux-Arts de la Ville de Paris 2015) , dove risaltano i dipinti: “ Bacchino malato ’’, del Caravaggio; “ I
bari ’’ di Pietro Paolini che sono la bella variazione al Caravaggio; Seguace di Bartolomeo Manfredi, “ Fauno con uva e flauto’’;
lo splendido “ Autoritratto’’ dell’olandese P. Boddingh van Laer; “ La Riunione dei bevitori ’’ di Bartolomeo Manfredi che sta
all’altezza del Caravaggio; N. Régnier “ Lo Scherzo di carnevale ’’, più Pitocchetto che Caravaggio; S. Vouet, la “ Buona ventura
’’ in una splendida trasposizione coi bianchi calce dominante dei vestimenti di derivazione caravaggesca e per una “ coincidentia
oppositorum’’ con “La mendicante ’’ di Modigliani. Il “Mendicante ’’ di J. De Ribera rimpannucciato in una misera camicia da notte
da lazzaretto; il “ Giovane con il fiasco’’ di N. Tournier ; e Maestro dei giocatori “Allegoria del gusto ’’ : sembra dipinto dal Cagnacci
poiché nella lurida spelonca tiene sottobraccio la preziosa fiasca impagliata; oltremodo bell’opera è la “ Suonatrice di chitarra ’’ di
Simon Vouet: il dettato della plasticità chiaro/scuro è la prova più accudita di come la luce si sciolga nell’ombra e l’ombra modelli
la forza della luce ( una luce che ricorda quella della “…sordida impannata…’’ – R. Longhi – , della “ Chiamata di Matteo ’’ del
Caravaggio).
Bibliografia di A. Brissoni su A. Modigliani:
Punto in…, Rivista culturale, Firenze, nn. 6 e 7, 1984
La Voce Repubblicana, quotidiano, Roma, pagina dell’arte in 2 puntate, agosto 1984
La Voce Repubblicana, Roma, pagina dell’arte, settembre 1984
La Voce repubblicana, Roma, pagina dell’arte, dicembre 1984
La Voce Repubblicana, Roma, pagina dell’arte, gennaio 1985
Artfolio, International AM, Bivongi N° 3 2006
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