Introduzione 7 Introduzione A distanza di alcuni anni (Trombetta, 1988) si è voluto riprendere e approfondire un argomento che, per le sue implicazioni teoriche e pratiche, assume un rilievo particolare: la metodologia della ricerca-azione. Nella precedente pubblicazione, l’accento era posto su una sintetica presentazione di questa metodologia all’interno di alcune tematiche connesse alla psicologia dell’educazione come scienza e come professione e inoltre sul documentare un’esperienza di orientamento svolta all’interno di alcune scuole romane. In quel periodo, le pubblicazioni sulla ricerca-azione in Italia erano scarse (Becchi, 1960; Galli, 1977; Marrow, 1977; Mastromarino, 1986; Pellerey, 1980; Pourtois, 1984; 1985; Rodriguez Moreno e Latorre, 1986; Scurati, 1983), come poco numerose erano le iniziative che accettavano il modello teorico di questa metodologia, fra le quali si segnalano quelle rientranti nel Progetto «Ricme», quelle del «Gruppo italiano del Curriculo» (Trombetta, 1998, p. 34) e ancora quelle della Federazione Provinciale delle scuole materne di Trento, volte, queste ultime, all’aggiornamento dei propri docenti. Nel frattempo sia le pubblicazioni sia le iniziative sono aumentate, come sono diventate più frequenti e incisive alcune direttive del Ministero della Pubblica Istruzione per favorire la presenza e la pratica della ricercaazione (cfr. ad es., fra le più recenti, la C.M. n. 197 del 24 aprile 1998, la C.M. n. 304 del 10 luglio 1998, la C.M. n. 352 del 7 agosto 1998, quelle 8 La ricerca-azione: il modello di Kurt Lewin e le sue applicazioni riguardanti i progetti A.L.I.C.E., OR.ME e ancora quelle concernenti la formazione dei capi d’istituto). La nuova situazione, rilanciando questa metodologia, ha tuttavia creato una serie di concezioni e di pratiche che, a giudizio degli autori, hanno poco a che vedere con la metodologia ideata e propugnata da Kurt Lewin, producendo confusioni e distorsioni allarmanti. Di questa situazione, alcuni anni fa, si è resa interprete Egle Becchi con un breve quanto interessante e stimolante articolo nel quale, pur rifacendosi a una letteratura straniera, denunciava i pericoli insiti nella ricerca-azione; e così si esprimeva, quasi al termine del suo articolo: Una pratica con scarsa fondazione teorica, quindi, anche se dotata di una forte carica ideologica e politica; un territorio di azione conquistato con fatica e ancora esposto a incursioni e occupazioni. Questa, a livello metaforico, l’immagine che ho ricavato da alcune delle denotazioni della ricerca-azione in area educativa. (Becchi, 1992, p. 148) Per questo motivo gli autori hanno ritenuto opportuno non solo riprendere la tematica e la problematica della ricerca-azione, ma riproporre il pensiero di Lewin e una corretta interpretazione di questa metodologia. La suddivisione del volume è articolata in cinque capitoli. Apparentemente, il capitolo primo, «Conoscenza e azione», si presenta come autonomo e distinto dagli altri, i quali sono tutti tesi, invece, a chiarire il pensiero di Lewin, i presupposti e l’articolazione della metodologia della ricerca-azione, come anche l’interpretazione di questa metodologia da parte di altri studiosi. In realtà esiste una connessione tra il conoscere e l’agire con la ricerca-azione. Infatti risolvere un problema vuol dire, in primo luogo, spiegare un fatto o progettare qualcosa. Spiegare, infatti, connota quel complesso di operazioni mentali attraverso le quali si deducono asserzioni da condizioni antecedenti o simultanee. Progettare, d’altro canto, significa prevedere le condizioni atte ad accertare se accade l’evento desiderato, guidarlo e controllarlo nella sua realizzazione in quanto il fatto da spiegare e da costruire si presenta problematico in base a leggi oggettive e a considerazioni soggettive di opportunità. Solo successivamente a queste operazioni mentali si passerà all’azione vera e propria. Risolvere un problema, inoltre, significa studiarlo, ossia, in primo luogo, interessarsene e, quindi, riferirsi a un’aspettativa, a un’intenzionalità che guida Introduzione 9 lo studioso o chi intende risolvere quel problema (Trombetta, 1988, p. 11). È solo attraverso il desiderio di risolvere qualcosa e di elaborare intenzionalità e aspettative che si potrà agire per risolvere quel particolare problema. In entrambe le angolature, il conoscere, oltre ad avere una connessione con una risoluzione che prevede un’intenzionalità, che richiede l’assunzione di ipotesi e l’elaborazione di una progettazione, svolge una duplice funzione: quella euristica e quella di controllo. Nella concezione comune come nella ricerca sperimentale, queste due funzioni sono, in genere, slegate fra loro. La peculiarità della ricerca-azione consiste, invece, nel saldare gli obiettivi prefissi con gli effetti sia della conoscenza sia dell’azione. In tal modo la ricerca-azione è un ricercare diverso dal modello tradizionale: essa non è tanto unfare ricerca, bensì è essere in ricerca. Con questi due diversi termini si vuole designare una duplice problematica. La prima è collegata a quella interpretazione che vede contrapposta la dimensione teoretica a quella applicativa. Tale visione, pur avendo dominato per lungo tempo nella ricerca filosofica, è stata anche estremamente sensibile, come dimostrano la filosofia greca e quella contemporanea, a non creare barriere fra queste due dimensioni, anzi a trovare connessioni sempre più strette fra loro. La seconda problematica punta l’attenzione sul fatto che, per indagare sui fatti umani e per rintracciare la soluzione di un problema sempre attinente agli stessi fatti, l’applicare il metodo scientifico tipico delle scienze fisico-chimiche non è sufficiente come non è idonea l’applicazione di un modello nomotetico, in quanto ci sarà sempre qualche particolare che non potrà essere letto e interpretato da una legge universale. Il caso, l’imprevisto, la situazione momentanea, la possibilità, la difficoltà e la stessa decisione che sorge a seguito di un’esigenza personale o di gruppo rappresentano una pluralità di caratteristiche che difficilmente potranno essere adeguatamente interpretate e controllate dalla prospettiva nomotetica. L’essere in ricerca, invece, ribalta questa visione e interpretazione. Infatti, nel momento in cui si conosce e s’indaga, si elaborano dei programmi per modificare e tenere sotto controllo quel problema a cui interessa dare una soluzione. Essere in ricerca, inoltre, significa non spezzare la continuità che deriva dal conoscere e dall’agire, in quanto il prima, ossia il conoscere, non può essere disgiunto dal poi, ossia dal fare. È proprio attraverso tale continuità che, nel momento in cui si è intenti a risolvere un problema, sorge anche un’etica della responsabilità basata non tanto sulla rettitudine delle 10 La ricerca-azione: il modello di Kurt Lewin e le sue applicazioni intenzioni e sulla bontà delle procedure, quanto sul prevedere le possibili conseguenze e sui sistemi per controllare i risultati attesi. Il capitolo primo, pertanto, vuol rintracciare il lungo e tortuoso cammino che la filosofia ha percorso per cercare di tenere uniti il conoscere e l’agire; cammino che ha visto emergere non solo posizioni diversificate ma anche prospettive che attualmente si avvicinano a quelle della nascente ricerca filosofica. Accanto al cammino filosofico si è voluto inserire anche quello psicologico. Il congiungere queste due dimensioni e prospettive può apparire strano e inconsueto per una saggio che, scritto da due psicologi, vuol mettere in luce non solo una metodologia tipica del loro ricercare e del loro operare nel proprio campo, ma anche una serie di problemi psicologici connessi alla ricerca-azione. Tuttavia si è consapevoli che gran parte della ricerca psicologica è strettamente collegata a prospettive e postulati di tipo filosofico. La stessa discussione epistemologica sulla psicologia condotta da Lewin a proposito del conflitto fra la concezione aristotelica e quella galileiana nella psicologia contemporanea (Lewin, 1965, pp. 9-50) ne è un esempio che corrobora la scelta fatta dagli autori nel voler unire in un solo capitolo le ampie problematiche del conoscere e dell’agire in campo filosofico e psicologico. Riferendosi, poi, alla trattazione psicologica sul rapporto fra il conoscere e l’agire, gli autori hanno voluto introdurre una distinzione basata non tanto sulla diversità delle scuole o degli orientamenti psicologici, bensì sulla constatazione che molte delle funzioni psicologiche sono state esaminate senza alcun riferimento ai fattori sociali, rendendo difficoltoso studiare il comportamento sociale (Asch, 1989, pp. 6263). Ora, in quanto si tratta di studiare e di analizzare una metodologia che si fonda sul gruppo e che vive all’interno di una situazione sociale con lo scopo di modificarla, è parso consequenziale compiere la distinzione scelta. In tal modo il capitolo primo non vuol rappresentare soltanto una sintesi delle varie posizioni filosofiche e psicologiche connesse nel rapporto conoscere-agire, ma vuol costituire un contributo per incominciare a inoltrarsi nella metodologia della ricerca-azione. Questa, come si approfondirà in seguito, è composta da un insieme di persone che si costituiscono in gruppo e, elemento più qualificante, che formano un gruppo per incidere sui processi culturali e sociali. Attraverso la formazione di un gruppo particolare, qual è quello di ricerca-azione, e le dinamiche che esso pone in atto, si sviluppano sistemi di discorsi e di condotte i quali sono il risultato dei variegati e complessi fenomeni sociali che le stesse persone elaborano al proprio interno. In tal modo il Introduzione 11 conoscere e il capire qualcosa non è soltanto il risultato di un percorso individuale, bensì è in parte la conclusione di un percorso frutto delle aspirazioni, dei desideri, delle aspirazioni, dei progetti, della ricerca di strumenti per progettare e per controllare l’azione. Sotto tale prospettiva la ricerca-azione, all’interno del modello lewiniano, si presenta come una modalità attraverso la quale delle persone sono immerse in una situazione e, pertanto, si trasformano in una società cognitiva che opera sia attraverso l’intenzionalità, la scelta, l’elaborazione, la revisione di un progetto, sia con la previsione dei possibili cambiamenti, come anche la valutazione dei risultati a cui si perviene. Intenzionalità, progettualità, controllabilità e verificabilità dei risultati riguardanti, però, non tanto gli effetti visibili su ciò che circonda il gruppo, quanto la trasformazione di ciò che è avvenuto all’interno dello stesso gruppo. In altre parole, il rapporto che lega il conoscere e l’agire con la metodologia della ricerca-azione non si ferma tanto a considerare quali effetti il loro stare ed essere in gruppo abbia prodotto, quanto l’individuare la crescita cognitiva e operativa che quel gruppo ha saputo, voluto e potuto realizzare al proprio interno. E anche su questo aspetto si basa la differenza tra la metodologia della ricerca-azione, la ricerca sperimentale e la ricerca-intervento. Il capitolo secondo, dopo aver presentato una breve scheda biografica e un confronto tra il suo pensiero e quello del Tavistock Institute, esamina la teoria della personalità nella concezione elaborata da Lewin. Uno dei punti qualificanti del capitolo consiste nel delineare i presupposti epistemologici di Lewin: posizione antimeccanicista e tendenza a non identificare la psicologia con la statistica; preferenza accordata, invece, al contesto e alla situazione momentanea nella quale il soggetto è immerso. Questa posizione pone la psicologia lewiniana in una dimensione dinamica e relazionale della personalità, ponendo al centro della sua attenzione sia l’articolazione del campo psicologico sia una pluralità di concetti dinamici esaminati attraverso un linguaggio topologico. È proprio la natura stessa di questo linguaggio che contribuisce a rendere il pensiero di Lewin di non facile lettura, per cui si è ritenuto opportuno stendere un glossario, che costituisce una sorta di appendice al libro, tale da spiegare il linguaggio tecnico lewiniano e a porre a piè di pagina una definizione più accessibile al lettore dei vari termini usati da Lewin al fine di rendere il testo più comprensibile e scorrevole. Un secondo aspetto ritenuto qualificante del capitolo consiste nel delineare le caratteristiche dinamiche del gruppo, il quale, sempre nell’ottica 12 La ricerca-azione: il modello di Kurt Lewin e le sue applicazioni lewiniana, assume connotazioni particolari e differenti da quelle attribuitegli ad esso da altri studiosi, soprattutto psicoanalisti. Infatti per Lewin il gruppo assume due caratteristiche peculiari. In primo luogo esso non è un aggregato o somma di individui, bensì è dato dal costituirsi di un noi caratterizzato dall’interdipendenza delle parti, da un’unificazione interna e da una segregazione esterna, anche se esso rimane aperto a uno scambio con l’esterno e pur se al suo interno si creano delle continue trasformazioni. La seconda caratteristica è data dal fatto che esso è un gruppo democratico; esso vive e sperimenta la democraticità delle opinioni, del confronto, delle decisioni frutto sia delle libertà sia delle preferenze e aspirazioni individuali. Questo è uno degli elementi che costituiscono un altro aspetto che caratterizza Lewin e che lo distingue da altri anche se suoi continuatori. È certamente presente in questa concezione una sua scelta anche di tipo ideologico e politico che ha caratterizzato la sua vita di studioso e di uomo: lui ebreo, cacciato dalla sua Germania, approda negli Stati Uniti vessillo, allora, della democrazia politica. Il terzo elemento è dato dal fatto che un gruppo così composto e articolato pone dei problemi nei confronti dell’esperto. Quale ruolo egli può svolgere all’interno di un gruppo autocentrato? Infatti, se il gruppo lewiniano è un gruppo fortemente democratico e autocentrato, come può accettare la presenza, e in alcuni casi anche l’invadenza, di una persona esterna capace di influenzarlo anche profondamente? È, questo, un aspetto di grande rilevanza che necessita di adeguati chiarimenti e approfondimenti che verranno forniti successivamente. Il capitolo si chiude con alcuni cenni alla nascita e allo sviluppo della metodologia della ricerca-azione secondo l’impostazione lewiniana. Il capitolo terzo del libro esamina gli sviluppi della ricerca-azione avvenuti dopo Lewin. La scelta nel presentare dapprima ciò che altri autori hanno preso da lui e che hanno modellizzato la metodologia della ricerca-azione obbedisce al criterio di introdurre il lettore a una serie di temi e problemi tipici di questa metodologia prima di affrontare le complesse problematiche connesse alla costituzione e al funzionamento della ricerca-azione derivante dal modello lewiniano. Pur nell’esposizione dei vari argomenti, si ritiene però che i vari contributi, pur avendo dato una fisonomia procedurale alla ricerca-azione, ciò nonostante, senza volerlo, l’hanno resa meno efficace dell’impianto lewiniano sia perché si è impoverita sul piano teorico sia perché, facendo nostro il pensiero Introduzione 13 di Egle Becchi (1992, p. 148), questa stessa metodologia è stata ridotta principalmente a una pratica e a un territorio di azioni esposto a incursioni e occupazioni. All’interno di questa disamina si prendono in considerazione alcune definizioni della ricerca-azione ritenute esemplari sia perché hanno rivestito un ruolo non secondario nella diffusione di questa metodologia, sia perché prendono in considerazione una serie di aspetti problematici della stessa come testimonia il citato articolo della Becchi (1992). Il capitolo quarto affronta la complessità dei temi collegati alla nascita, allo sviluppo e alle dinamiche che si svolgono all’interno di un gruppo che vuol prendere come paradigma della ricerca-azione il modello lewiniano. Infatti questo gruppo, pur possedendo le caratteristiche del gruppo psicologico, si distingue da quest’ultimo in quanto ha obiettivi diversi dal precedente: fare pratica di democrazia, modificare la struttura del campo psicologico delle persone che ne fanno parte, incidere sulla trasformazione della società nella quale esso vive. I concetti esposti nel capitolo secondo trovano in questo non solo una modalità operativa non disgiunta da una serie di problemi legati proprio al sorgere e al funzionamento del gruppo, ma anche un adeguato approfondimento in quanto si tratta di applicare dei concetti teorici al funzionamento del gruppo di ricerca-azione. Per conseguire questo obiettivo si è ritenuto opportuno introdurre nel testo delle finestre in modo da poter congiungere la dimensione concettuale-espositiva con quella esemplificativa, tenendo presente che le situazioni esaminate saranno tratte dal mondo scolastico. Ci si soffermerà soprattutto a illustrare alcuni momenti che caratterizzano la vita del gruppo lewiniano: il valore e il ruolo del dialogo e della discussione al fine di arrivare a prendere delle decisioni condivise dal gruppo e a esso funzionali, la gestione del gruppo allorquando si trova a interagire con un esperto, ruolo e competenze di quest’ultimo. Infine nel capitolo quinto si esamina una serie di argomenti ritenuti di grande rilievo sul piano teorico e pratico e sui quali esiste una discussione ancora in atto: come valutare i risultati di questa metodologia? Il discorso è particolarmente attraente per le ripercussioni che contiene. Sotto altra veste ritorna qui l’antico problema della superiorità, se non proprio dell’esclusività scientifica, dell’approccio nomotetico su quello idiografico; ritorna qui la discussione sui criteri che rendono scientifica una disciplina e la psicologia in 14 La ricerca-azione: il modello di Kurt Lewin e le sue applicazioni particolare. È all’interno di questa ricca e complessa problematica che il discorso si snoda, dopo aver presentato le tre grandi opinioni sull’incompatibilità o compatibilità ovvero una posizione conciliativa tra ricerca sperimentale e ricerca-azione, per affrontare i criteri secondo i quali anche la ricerca-azione può essere considerata una metodologia scientifica. Questo capitolo si chiude con una serie di riflessioni e di puntualizzazioni legate proprio agli obiettivi che il gruppo di ricerca-azione intende darsi: il cambiamento esaminato principalmente sotto la prospettiva del gruppo stesso. Pur non richiamandosi a quanto esposto nel capitolo primo, certamente alcuni concetti espressi in precedenza qui ritornano, anche se sotto altra veste. Attraverso la ricerca-azione si vuole offrire un’occasione e uno strumento alla società affinché questa sia in grado di fare un bilancio della propria situazione, di comprendere dove si trova e verso cosa sta andando, di definire strategie e mezzi per realizzare un progetto migliorativo collettivo. Il cambiamento, però, cozza contro una serie di resistenze: di quale natura sono? Come superarle? Nel chiudere queste note introduttive, un breve accenno alla paternità o maternità del saggio. Esso è il risultato di un comune lavoro fra i due autori che si sono occupati, ciascuno, della stesura di alcuni capitoli; ciò nonostante, il confronto delle idee, delle prospettive e delle soluzioni da adottare ha permesso a entrambi di elaborare un prodotto comune e condiviso. Anche in questa modalità si è sperimentata la difficoltà nel lavorare assieme, la resistenza a mantenere le reciproche posizioni e idee, il valore e la plasticità nel trovare le soluzioni adatte, l’etica nel controllare la qualità del volume, i pregi derivanti dall’ideare, progettare e scrivere un testo a due mani.