Funzione tiroidea e scompenso cardiaco

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Domani
Vol. 96, N. 11, Novembre 2005
Pagg. 535-541
Funzione tiroidea e scompenso cardiaco:
dalle nuove evidenze cliniche alle possibili implicazioni terapeutiche
Alessandro Pingitore, Giorgio Iervasi
Riassunto. Dati clinici e sperimentali emergenti evidenziano l’importante ruolo degli ormoni tiroidei nell’omeostasi cardiovascolare in condizioni sia fisiologiche che patologiche.
Nello scompenso cardiaco la principale alterazione della funzione tiroidea è rappresentata dalla cosiddetta sindrome da bassa T3, caratterizzata dalla riduzione dei livelli circolanti di triiodotironina (T3) in presenza di normali livelli di tiroxina (T4) e tireotropina (TSH). L’ipotesi classica che questa sindrome possa costituire un meccanismo adattativo di malattia mirato alla riduzione del consumo di ossigeno e dei fenomeni catabolici è
stata recentemente messa in discussione. Infatti, studi sperimentali hanno dimostrato il
ruolo di questa sindrome nel progressivo deterioramento della funzione cardiaca e del rimodellamento ventricolare del cuore scompensato. Recenti dati clinici di prognosi hanno
inoltre evidenziato che la T3 rappresenta un importante predittore di mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco, potenziando la stratificazione prognostica ottenuta sulla
base dei parametri convenzionali. Studi controllati e randomizzati multicentrici potranno fornire indicazioni più accurate sul beneficio e sulla sicurezza del trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei di sintesi nei pazienti con scompenso cardiaco.
Parole chiave. Ormone tiroideo, scompenso cardiaco, trattamento sostitutivo con ormoni tiroidei.
Summary. Thyroid function and heart failure: from the new clinical evidences to the potential therapeutical implications.
Experimental and clinical findings strongly support the concept that thyroid hormone
(TU) has a fundamental role in the cardiovascular homeostasis both in physiological and
pathological conditions. In heart failure (HF) the main alteration of the thyroid function
is referred to as low-T3 syndrome characterized by the reduction in serum total T3 and
free T3 with normal levels of thyroxine and thyrotropin. This syndrome, that affects one
third of HF patients, is considered as adaptive factor minimizing catabolic phenomena of
illness. However this interpretative hypothesis is actually questioned. In fact experimental data showed the potential effects of this syndrome in the progressive deterioration of cardiac function and myocardial remodeling of HF. Prognostic studies have shown
that T3 levels represent a powerful predictor of mortality in HF patients, also adding
prognostic power to conventional cardiac parameters. Large, multicenter, placebo controlled prospective studies will provide the safety and prognostic effects of the chronic
treatment with thyroid hormones in HF.
Key words. Heart failure, hormone heart chronic treatment, thyroid hormone.
Introduzione
L’insufficienza cardiaca è una malattia progressivamente ingravescente che rappresenta la via finale comune di alterazioni anatomiche, biologiche
e funzionali di diverso tipo e che interagendo in modo complesso fra loro ne determinano il quadro di
compromissione sistemica tipica delle sue fasi
avanzate. Inizialmente la disfunzione cardiaca domina lo scenario della malattia e la risposta renoIstituto di Fisiologia Clinica, CNR, Pisa.
Pervenuto il 7 ottobre 2005.
vascolare rappresenta il primo meccanismo periferico di adattamento. Tale relazione di causa/effetto
è alla base dei classici 2 modelli interpretativi di
malattia proposti in passato1,2 e cioè: 1) il “modello
emodinamico” il cui fondamento è la vasocostrizione periferica in risposta alla riduzione della portata cardiaca e: 2) il “modello renale” basato sulla risposta compensatoria renale cui fa seguito una ritenzione idro-salina ed un aumento del volume
plasmatico circolante.
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 11, 2005
Sebbene il ruolo fisiopatologico di questi due
la seconda di modulare la concentrazione intracelmodelli sia ormai consolidato, tale tipo di approccio
lulare dell’ormone attivo. Evidenze recentissime
interpretativo non è comunque sufficiente per spiehanno dimostrato che anche il cuore ed il sistema
gare la progressione della malattia. Ciò dipende vevascolare periferico possono generare T3 in situ, il
rosimilmente dal fatto che entrambi i modelli identutto a conferma delle strette relazioni tra funziotificano l’insufficienza cardiaca come una malattia
ne cardiaca e metabolismo ormonale tiroideo11,12.
prioritariamente d’organo piuttosto che sistemica.
Gli effetti cardiaci degli ormoni tiroidei sono
Il “modello neuroendocrino” più recentemente
principalmente mediati dal legame con recettori
proposto può invece fornire spiegazioni aggiuntive
specifici nucleari che regolano l’attività di vari gefisiopatologiche accettabili sul coinvolgimento mulni cardiaci e quindi la produzione di proteine strutti-organo nell’insufficienza cardiaca e della sua proturali e funzionali specifiche quali le catene pegressione nel tempo3,4. Il razionale di questo modello interpretativo trova fondamento nell’azione
santi a rapida (alfa catene) e lenta (beta catene)
complessa e multi-fattoriale tipica dei vari sistemi
contrazione, la Ca-ATPasi del reticolo sarcoplaormonali ed ormono-simili attivati nell’insufficiensmatico (SERCA) e il suo sistema controregolatore
za cardiaca, quali il sistema adrenergico, reninafosfolambano, i canali di scambio Na/Ca ed i canaangiotensina-aldosterone, peptidico natriuretico, la
li del K13. Un recente studio che ha utilizzato la risonanza magnetica quale metodica di riferimento
vasopressina, i sistemi proinfiammatori comprennon invasiva per valutare la morfologia e la fundenti le citochine e interleuchine, ed altri ancora5.
Se dunque l’attivazione neuroendocrina è inizialzione cardiache, ha evidenziato che anche pazienmente un meccanismo per sua intrinseca natura
ti con ipotiroidismo subclinico mostrano volumi
compensatorio, la persistente e, nel tempo domicardiaci e funzione sistolica globale e regionale
nante, stimolazione dei meccanismi vasocostrittori
ventricolare sinistra a riposo significativamente
e sodio-ritentivi conduce alla inesorabile progresdiversi rispetto ai soggetti di controllo. In particosione della malattia indipendentemente dalle inlare, i volumi telediastolico e telesistolico del ventrinseche condizioni emodinamiche. Esistono ditricolo sinistro risultano ridotti e la funzione gloverse evidenze a favore di questa ipotesi5 e, fra esbale e regionale risulta inferiore, pur rimanendo
nel range di normalità; tutte queste alterazioni si
se, la più significativa è fornita dall’effetto
normalizzano dopo teraprognostico positivo – e
pia sostitutiva con ormodal rallentamento della
ne tiroideo sintetico 14 a
progressione della malatL’interesse sul ruolo degli ormoni tiroidei si
tia – con la terapia medica
conferma delle relazioni
basa non solo sui ben noti effetti fisiologimirata ad antagonizzare i
dirette causa/effetto fra la
ci di questi ormoni sul sistema cardiovavari sistemi neurormonali
disfunzione tiroidea – sia
scolare, ma in particolare sul ruolo emerattivati6-8. Tuttavia, l’evipure essa del tutto iniziagente della misura degli ormoni tiroidei
denza che l’insufficienza
le – e le alterazioni carquale marcatore di prognosi nei pazienti
cardiaca rappresenta tutdiovascolari osservate.
con patologie cardiache – ed in particolare
t’oggi una delle maggiori
in pazienti con insufficienza cardiaca – e
cause di mortalità e morAgli effetti degli ormosul potenziale beneficio della somministrabilità nei paesi occidentali
ni tiroidei, cosiddetti gezione di ormone tiroideo sintetico in pasuggerisce che l’attuale
nomici o nucleari, si agzienti con insufficienza cardiaca.
presidio farmacologico di
giungono effetti rapidi,
antagonisti neuro-ormoevidenziabili entro pochi
nali non riesce a conteneminuti, cosiddetti non-gere del tutto la progressione della malattia9. In quenomici (extranucleari), che comprendono il trasto contesto l’interesse sul ruolo degli ormoni tiroisporto cellulare di aminoacidi e di glucosio e il flusdei nell’evoluzione dello scompenso cardiaco è in
so ionico transmembrana. Una tipica risposta racontinua crescita.
pida vascolare all’infusione di ormoni tiroidei è la
riduzione delle resistenze periferiche dipendente
sia dal rilascio locale di vasodilatatori, che segue
l’incremento dell’attività metabolica e del consumo
Effetti in vivo degli ormoni tiroidei
di ossigeno indotti dall’ormone tiroideo, sia da un
sul sistema cardiovascolare
meccanismo diretto, non genomico, della T3 sui
La ghiandola tiroidea produce prevalentemenmiociti della parete vascolare15.
te tiroxina (T4) ed in misura molto minore, cioè
Indipendentemente dai meccanismi attivati, gli
<5% della produzione totale ormonale, la triiodotieffetti finali della riduzione delle resistenze vascoronina (T3)10. Quest’ultima, che rappresenta la
lari periferiche e della pressione arteriosa diastoforma biologicamente attiva degli ormoni tiroidei,
lica sono l’aumento della portata cardiaca e l’inderiva per la gran parte dalla conversione nei tescremento del volume vascolare totale.
suti periferici della T4 tramite 5’ deiodazione sulUna stretta dipendenza tra funzione tiroidea e
l’anello tirosinico esterno mediata dagli enzimi cocontrollo della pressione arteriosa sistemica è stasiddetti di deiodazione. Esistono due tipi di deiota anche riscontrata in vivo in un modello umano
dasi: la tipo I (5’-DI) e la tipo II (5’-DII): la prima
di ipotiroidismo severo ma di breve durata rapha il compito fondamentale di mantenere costante,
presentato dai soggetti normotesi, tiroidectomizper quanto possibile, il livello circolante della T3;
zati per carcinoma tiroideo16.
A. Pingitore, et al.: Funzione tiroidea e scompenso cardiaco
In questa condizione si è osservato un significativo incremento della pressione arteriosa delle
24 ore, in particolare diastolica. La mancanza di
ormone tiroideo è stata anche associata ad un incremento proporzionale dei livelli circolanti di noradrenalina e adrenalina mentre il ripristino di
una normale funzione tiroidea aboliva la stimolazione adrenergica e riduceva i livelli di pressione
diastolica, a dimostrazione che gli ormoni tiroidei
hanno un ruolo importante multifattoriale nell’omeostasi della pressione arteriosa sistemica.
Questi dati clinici ben si accordano con una serie
di evidenze sperimentali passate e recenti; di fatto l’esposizione alla T3 di cellule muscolari lisce di aorta
di ratto provoca il rapido rilassamento di quest’ultime. Questo effetto è indipendente dalla formazione di
cAMP e NO. Inoltre, T3 e T4 inducono rilassamento
delle arterie coronarie di ratto entro pochi secondi
dalla somministrazione, suggerendo un meccanismo
d’azione non genomico di questo ormone.
In un recente studio sugli effetti degli ormoni tirodei sul microcircolo, l’applicazione di T3 induceva
una significativa dilatazione dose-dipendente delle
arteriole entro 2,0±0,5 min dalla somministrazione;
l’applicazione di T4 causava dilatazione entro 16±2
min. L’acido iopanoico, che inibisce la 5’-DI e la 5’-DII,
aboliva la dilatazione indotta da T4 ma non quella
T3-dipendente; il 6-propil-2-tiouracile, che inibisce
solo la 5’-DI, non determinava per contro un’inibizione della vasodilatazione indotta da T4. Questi risultati indicano nel loro insieme che la conversione di T4
in T3 mediata dall’enzima 5’-DII appare essere cruciale nell’induzione della vasodilatazione del microcircolo, che può essere considerato a pieno titolo un
organo bersaglio fisiologico degli ormoni tiroidei12.
Gli ormoni tiroidei nell’insufficienza cardiaca
La cosiddetta “sindrome da bassa T3” è una alterazione del metabolismo degli ormoni tiroidei di frequente riscontro in molte patologie gravi e dopo procedure chirurgiche13,17. Questa sindrome è caratterizzata da una riduzione dell’ormone attivo T3
mentre i livelli di T4 e di TSH rimangono molto spesso entro il range di normalità. Diversi fattori contribuiscono a questa sindrome: 1) l’inibizione dell’attività della 5’-DI, 2) la riduzione del trasporto di T4 nei
tessuti e 3) la riduzione dell’attività della 5’-DII. La
sindrome da bassa T3 è stata riscontrata in pazienti con infarto miocardico acuto, in pazienti sia adulti che pediatrici sottoposti a interventi di cardiochirurgia e nello scompenso cardiaco13. L’ipotesi classica che questa sindrome rappresenti un meccanismo
adattativo di malattia mirato alla riduzione del consumo di ossigeno e dei fenomeni catabolici è stata recentemente messa in discussione13. Contrariamente
a quanto atteso, infatti, diversi studi hanno evidenziato un significativo impatto prognostico negativo
della sindrome da bassa T3 in pazienti con patologie
cardiache di diverso tipo ed in particolare con scompenso cardiaco18-21. In una popolazione di 573 soggetti cardiopatici, la probabilità di morte era significativamente più alta nei pazienti con sindrome da
bassa T3 rispetto a quelli senza, con una sopravvi-
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venza ad un mese rispettivamente dell’88% e del
99%, e ad un anno del 77% e del 95%19. Inoltre il
tempo di sopravvivenza era correlato con il livello di
T3 circolante: in altre parole, quanto minore era il
valore di T3 misurato nel plasma tanto minore era il
tempo di sopravvivenza osservato. All’analisi multivariata, la T3 risultava il principale predittore indipendente di morte sia totale che cardiaca, mentre all’analisi interattiva la T3 incrementava significativamente il potere di stratificazione prognostica dopo
l’inserimento nel modello di analisi delle convenzionali variabili quali fattori di rischio tradizionali19.
Più specificatamente, nello scompenso cardiaco conclamato i livelli circolanti di T3 rappresentano un
importante strumento predittivo di mortalità; in una
popolazione di 281 pazienti la T3 e la frazione di eiezione del ventricolo sinistro sono risultati gli unici
predittori indipendenti di morte cardiaca e totale all’analisi multivariata20. Combinando entrambe le
variabili, il potere di stratificazione prognostica aumentava significativamente rispetto alle variabili
considerate singolarmente. Ad esempio, in un paziente con una frazione di eiezione del ventricolo sinistro del 25%, una riduzione della T3 circolante da
80 a 40 ng/dl determinava una probabilità di morte
4 volte superiore (figura 1 a pagina seguente). Nelle
curve Kaplan-Meyer di sopravvivenza, i pazienti con
ridotta T3 e bassa frazione di eiezione mostravano
una maggiore mortalità rispetto ai pazienti con simile frazione di eiezione ma con normale T3 (figure
2 e 3 a pagina seguente)20.
In uno studio ancora più recente (dati non pubblicati), in cui sono stati arruolati 86 pazienti con
disfunzione ventricolare sinistra ma senza scompenso cardiaco conclamato (pazienti in classe NYHA
I-II) – quindi clinicamente meno compromessi rispetto a quelli del precedente lavoro20 – l’incidenza
della sindrome da bassa T3 era molto minore, manifestandosi soltanto nel 7% dei pazienti rispetto al
33% del precedente studio. Nonostante la T3 circolante risultasse solo tendenzialmente bassa, i suoi livelli erano relativamente più bassi nei pazienti con
disfunzione ventricolare sinistra più severa (frazione di eiezione ^35%, 98,7±14,3 ng/dl, media±SD)
rispetto a quelli con funzione globale conservata (frazione di eiezione ^50%, 111,7±21,4 ng/dl, p=0,03).
La T3 risultava inoltre predittore indipendente di
disfunzione ventricolare sinistra, mentre il rapporto
T3/T4, indicativo di una ridotta conversione periferica della T4 in T3, appariva quale predittore indipendente della classe funzionale NYHA.
Queste evidenze suggeriscono nel loro insieme
che i primi segnali di un alterato metabolismo
tiroideo (cioè una ridotta conversione periferica
della T4 in T3) sono già presenti nelle fasi iniziali della insufficienza cardiaca a testimonianza delle strettissime relazioni fra questa ed un
alterato metabolismo tiroideo. Di conseguenza,
dal punto di vista fisiopatologico si può arguire
che la progressiva riduzione della T3 e l’occorrenza di una franca sindrome da bassa T3 siano due fasi successive di un unico processo.
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 11, 2005
Figura 1: Probabilità di morte calcolata sulla base della funzione cardiaca e della concentrazione ematica di
T3 in pazienti con scompenso cardiaco (dati derivati
dalla referenza 20).
Figura 2: Curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier a 18
mesi di pazienti con frazione di eiezione del ventricolo
sinistro > 20%, suddivisi sulla base del limite inferiore del range di normalità della T3 (1,2 nmol/L) (dati derivati dalla referenza 20).
Figura 3: Curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier a 18
mesi di pazienti con frazione di eiezione del ventricolo
sinistro ^20%, suddivisi sulla base del limite inferiore del range di normalità della T3 (1,2 nmol/L) (dati derivati dalla referenza 20).
A. Pingitore, et al.: Funzione tiroidea e scompenso cardiaco
Nelle forme iniziali di disfunzione ventricolare sinistra, la T3 “segue” prevalentemente la
funzione cardiaca e quindi può essere considerata un marcatore sia pure non-specifico ma precoce di disfunzione cardiaca; ciò è confermato dall’ampia ma significativa correlazione tra T3 e
frazione di eiezione e/o il suo biomarcatore specifico, BNP (figura 4 a,b). Viceversa, quando la
disfunzione ventricolare sinistra progredisce
verso lo scompenso conclamato, e l’incidenza della sindrome da bassa T3 aumenta, in virtù dei
suoi effetti biologici multi-organo, la T3 diventa
per così dire un marcatore di compromissione sistemica, e quindi un importante predittore di
prognosi sfavorevole. Tutti questi risultati peraltro ben si accordano con le crescenti evidenze
sperimentali che indicano come un alterato metabolismo degli ormoni tiroidei possa essere considerato non tanto come un marcatore biologico
di rischio di morte, ma piuttosto come una concausa della progressione dello scompenso cardiaco22. In un modello sperimentale di ipotiroidismo
subclinico associato a cardiomiopatia dilatativa
le alterazioni funzionali e anatomiche miocardiche erano completamente reversibili o significativamente attenuate dopo normalizzazione della
funzione tiroidea con la terapia ormono-sostitutiva22. Concordemente, altre evidenze sperimentali hanno dimostrato come l’assenza di T3 provocava disorganizzazione del tessuto miocardico
umano in coltura, con aspetti di rimodellamento
cellulare simile a quello osservato nella progressione dello scompenso cardiaco23-25. Infine cambiamenti dell’espressione genica cardiaca osservati nelle patologie cardiache con disfunzione
ventricolare sinistra sono per molti versi sovrapponibili a quelle evidenziate nell’ipotiroidismo
che coincidono con la cosiddetta “ricapitolazione”
del fenotipo fetale 26,27 tipica dell’insufficienza
cardiaca.
539
Trattamento dello scompenso cardiaco
con ormoni sintetici tiroidei
L’ipotesi che la sindrome da bassa T3 non sia
dunque semplicemente un fenomeno di adattamento allo stato di malattia ma che contribuisca
direttamente alla sua progressione è anche fortemente sostenuta dal beneficio funzionale ottenuto
dopo trattamento con ormone tiroideo sintetico,
evidenziato negli studi, sia pure poco numerosi, sino ad ora pubblicati. Al tempo stesso, però, sin dalle prime osservazioni28 era evidente che i ben noti
potenziali effetti collaterali negativi indotti dall’ormone tiroideo, tratti dall’osservazione clinico-fisiopatologica dell’ipertiroidismo – quali l’incremento del consumo di ossigeno, l’aumento della
frequenza cardiaca, l’accelerato metabolismo lipidico e proteico – rappresentassero i limiti principali alla sperimentazione sulla somministrazione
cronica dell’ormone tiroideo sintetico in corso di
scompenso. Tre studi clinici hanno comunque
escluso questi potenziali effetti secondari19,29,30. In
due di questi, l’infusione endovenosa a dosi soprafisiologiche di T3 e la terapia cronica orale sostitutiva con T4 erano associate ad un incremento della gettata cardiaca e ad una riduzione delle resistenze vascolari periferiche in assenza di effetti
collaterali29,30. Un recente studio pilota effettuato
nel nostro laboratorio ha confermato la sicurezza e
l’efficacia della somministrazione endovenosa di
T3 a dosi fisiologiche (20 microgrammi/m2 di superficie corporea per giorno) per 4 giorni consecutivi in pazienti con sindrome da bassa T3 e disfunzione ventricolare sinistra severa. Un significativo
incremento della gettata cardiaca senza modificazioni della frequenza cardiaca è stato osservato sin
dalle 24 ore successive all’inizio dell’infusione di
T3 insieme ad un progressivo incremento della frazione di eiezione del ventricolo sinistro ed a una riduzione delle resistenze periferiche.
Figura 4: Regressione lineare tra frazione di eiezione del ventricolo sinistro e il suo marcatore biochimico (BNP) e la T3 totale circolante in pazienti con disfunzione globale ventricolare sinistra senza scompenso cardiaco conclamato.
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Recenti Progressi in Medicina, 96, 11, 2005
Oltretutto, il miglioramento delle condizioni
emodinamiche era indirettamente confermato dal
progressivo incremento della diuresi e dalla riduzione della noradrenalina plasmatica19.
Un limite importante di tutti questi studi è comunque la ridotta casistica di pazienti valutati, oltre all’assenza di randomizzazione, per cui ulteriori studi sono necessari perché questi dati vengano
confermati.
Parallelamente, alcuni analoghi degli ormoni tiroidei, in particolare l’acido 3,5-diiodotiropropionico
(DITPA), sono stati sviluppati ed utilizzati per la loro cardioselettività ed effetto inotropo positivo, ed
assenza di effetti sulla frequenza cardiaca o sul metabolismo basale. La conferma in diversi modelli
animali dei beneficî di questo analogo sulla funzione cardiaca ha gettato le basi per l’impiego del DITPA in studi clinici che sono in corso di svolgimento31.
Conclusioni e prospettive
Studi sperimentali e clinici hanno evidenziato
l’importante ruolo degli ormoni tiroidei nell’omeostasi cardiovascolare. In particolare i dati
clinici su pazienti critici con scompenso cardiaco20 sembrano suggerire che un alterato
metabolismo degli ormoni tiroidei abbia un
importante impatto prognostico. In studi preliminari la somministrazione di ormone tiroideo sintetico è risultata inoltre efficace nel migliorare la performance cardiaca. Questi risultati comunque devono essere ulteriormente
confermati con studi prospettici multicentrici,
in doppio cieco, placebo-controllati con ben definiti end points primari e secondari. Al tempo
stesso altri aspetti sono ancora da approfondire o indagare ex novo. Tra questi sono da segnalare la relazione tra funzione tiroidea, sistemi neuroendocrini e meccanismi infiammatori attivati nello scompenso cardiaco; il
profilo di sicurezza a lungo termine, la posologia, la modalità di somministrazione e tipo di
ormone da somministrare (T3, T4 o entrambi
o analoghi quale il DITPA). Infine, la recente
evidenza di un’espressione genica e di un’attività della 5’-DII32 nell’ambito dei grossi vasi
arteriosi e l’esistenza nel microcircolo di una
via di deiodazione capace di produrre T3 in situ con documentata attività di vasodilatazione12, sono dati fondamentali che identificano
non solo nel muscolo cardiaco ma anche nel sistema vascolare un bersaglio diretto e principale degli ormoni tiroidei. Questo rilievo potrebbe aprire nuovi applicazioni terapeutiche
di biologia molecolare. Un primo esempio di
ciò è fornito dal recente approccio sperimentale che determina una sovra-espressione genica di 5’-DII nelle cellule miocardiche al fine di
potenziare la funzione tiroidea intracardiaca33
e gli effetti positivi ad essa correlati.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Prof. Alessandro Pingitore
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Istituto di Fisiologia Clinica
U.O. di Cardiologia
Via Trieste, 41
56126 Pisa
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