AZIONE DEGLI ORMONI TIROIDEI SUL CUORE Dott. GABRIELE DAMIANI Responsabile di ENDOCRINOLOGIA U.O.C. DI MEDICINA INTERNA ASL TERAMO L’Apparato cardiovascolare è fortemente influenzato dagli ormoni tiroidei a livello del miocardio, vascolare e periferico. La T3 (triiodotironina) che è la frazione biologicamente più attiva, allorché interagisce con i TR (recettori nucleari tiroidei), e i recettori non nucleari, ne induce una modificazione allosterica in grado di attivare o reprimere direttamente specifiche sequenze di DNA. Uno degli effetti principali è proprio la modulazione della espressione miocardica delle isoforme a (veloci) e B (lente) delle catene pesanti della miosina. Gli effetti extranucleari della T3, si traducono in un rapido stimolo del trasporto di aminoacidi e carboidrati, attraverso il sarcolemma, fornendo il substrato energetico per l’induzione della Ca++-ATPasi del sarcolemma con incremento dell’efflusso di Ca++ dai miociti. Gli effetti Nucleari si esplicano quando il T3 interagisce con specifici recettori (TR) in grado di attivare le strutture geniche che codificano per le catene pesanti della miosina della Ca-ATPasi tipo 2 del reticolo sarcoplasmatico e del recettore B1adrenergico. Il T3 aumenta sia la velocità che la forza di contrazione, compreso la velocità di rilasciamento diastolico (effetto inotropo positivo) e la frequenza cardiaca (effetto cronotropo positivo)- Il tutto è modulato dalle proteine citoplasmatiche che interagiscono con lo ione Ca: la più importante tra le proteine contrattili è la miosina, uno spesso filamento con potente attività ATPasica. La miosina è costituita da 2 catene pesanti e 4 leggere, essa è sintetizzata in 3 diverse isoforme caratterizzate dal diverso contenuto di catene pesanti: miosina V1, che prevale nel cuore normale, con elevata attività ATPasica miosina V3 dotata di minore attività miosina V2 dotata di attività intermedia. IlT3 a livello nucleare, induce un aumento dell’attività della Ca-ATPasi del reticolo sarcoplasmatico con forte incremento del “reuptake” diastolico del calcio e quindi un più rapido rilasciamento miocardico, con conseguente incremento dell’attività contrattile dei sarcomeri. Con lo stesso meccanismo, a livello della muscolatura liscia vasale, insieme ad un’aumentata produzione endoteliale di NO, si assiste ad una marcata riduzione delle resistenze vascolari periferiche. La sensibilità del sistema cardiovascolare alla stimolazione adrenergica rimane sostanzialmente inalterata, perché alla alterata densità dei recettori B-adrenergici sulla membrana sarcolemmatica si contrappone un aumento delle adenil- e guanilciclasi che ne neutralizzano gli effetti . Oltre alle reazione genomiche, a livello non nucleare la T3 evoca reazioni che non richiedono periodi di latenza, ma che comportano modificazioni di membrana che determinano variazioni delle correnti ioniche del Na+ e del K+ mutando direttamente la performance dei canali di K nel miocardio e nelle cellule muscolari dei vasi periferici, e cambiando così l’eccitabilità e la contrattilità del miocardio e il tono vasale periferico. Nella condizione di ipertiroidismo si può avere un incremento della gittata sistolica variabile tra il 50-300% grazie ad un forte incremento del consumo di ossigeno, della frequenza cardiaca e del reuptake del calcio che insieme ad una precoce apertura della valvola mitrale e ad un incremento del gradiente transmitralico, mediante l’attivazione del meccanismo di Frank-Starling, determina un volume telediastolico ventricolare sinistro che solo marginalmente può apparire elevato. In queste condizioni a livello cardiaco sono privilegiati i carichi emodinamici che sono energeticamente passivi, infatti la riduzione delle resistenze periferiche con un post- carico pressoché normale sono necessarie per ottimizzare l’accoppiamento ventricolo-aortico che insieme alla maggiore rigidità delle pareti dell’albero arterioso prossimale conducono ad una ottimizzazione della meccano-energetica ventricolare con discreto risparmio sulla spesa energetica. Le conseguenze cliniche principali sono rappresentate da una ridotta tolleranza all’esercizio fisico, e dalla insufficienza cardiaca congestizia, spesso precipitata da una aritmia cardiaca (fibrillazione atriale). In conclusione l’esaltazione diastolica gioca un ruolo cruciale nel favorire l’incremento del precarico senza modifiche delle pressioni di riempimento ventricolare;la perdita di tale compenso comporta significative conseguenze emodinamiche quali la congestione venosa polmonare e l’edema polmonare periferico. Anche nella condizione di ipertiroidismo subclinico, l’ipercinesia ventricolare cronica comporta un sovraccarico lavorativo responsabile di un lento rimodellamento delle pareti del ventricolo sinistro con ipertrofia concentrica senza alterazioni significative delle dimensioni cavitarie. Ne lungo periodo però, nonostante gli effetti favorevoli esercitati dall’ormone tiroideo sul metabolismo intracellulare del calcio e sulla Ca-ATPasi del reticolo sarcoplasmatico, può subentrare la disfunzione diastolica probabilmente per il cronico sovraccarico lavorativo del cuore. L’aumento della mortalità cardiovascolare è determinata da un insieme di fattori concomitanti, quali le palpitazioni, la fibrillazione atriale, spesso resistente ai trattamenti antiaritmici convenzionali, con i possibili episodi tromboembolici concomitanti, l’incremento della pressione arteriosa sistemica con ridotta tolleranza allo sforzo, ipertrofia ventricolare sinistra, disfunzione diastolica, angina pectoris ed insufficienza cardiaca. Pertanto anche l’ipertiroidismo subclinico va assolutamente corretto tramite gli anti tiroidei e l’ablazione chirurgica o radiometabolica. Nell’ipotiroidismo conclamato aumenta la miosina V3, e la sua ridotta attività ATPasica determina una riduzione della contrattilità miocardica con rilasciamento diastolico del muscolo cardiaco; si può osservare cardiomegalia per edema interstiziale, ritenzione idrica dei mucopolisaccaridi che infiltrano il connettivo e ciò comporta una riduzione della gittata cardiaca dovuta ad un insieme di fattori quali:riduzione della frequenza cardiaca, aumento della rigidità delle pareti ventricolari per infiltrazione mixedematosa della matrice extracellulare, maggiore rigidità delle grosse arterie, allungamento del tempo di rilasciamento isovolumetrico che insieme all’aumento della pressione arteriosa diastolica, per incremento delle resistenze vascolari periferiche e della secrezione della noradrenalina e dell’aldosterone, determinano una riduzione della gittata cardiaca; ( in tutti i casi di ipertensione scarsamente responsivi, bisogna sempre studiare e correggere la funzione tiroidea). Il possibile incremento della mortalità cardiovascolare può essere determinato da: a-incremento di colesterolo e trigliceridi con più rapida progressione delle placche aterosclerotiche polidistrettuali, aumento delle LDL e Lp (a) dovute ad una ridotta clearance epatica da ridotta espressione del recettore epatico per la internazionalizzazione e successiva degradazione lisosomiale della particella lipidica, la cui espressione è regolata dagli ormoni tiroidei;b-alterazione del sistema di conduzione cardiaco con:Q-T lungo, appiattimento o inversione dell’onda T e maggiore dispersione elettrica del miocardio con possibili aritmie ventricolari, specie se concomitante ischemia;c-aumento della rigidità vascolare con incremento del post-carico e disfunzione diastolica per ipertrofia e fibrosi interstiziale che possono evolvere verso lo scompenso cardiaco. La terapia con l’ormone tiroideo a livello genomico aumenta la trascrizione del gene della miosina V1, con shift dell’isoforma V3 verso la V1, con aumento della frequenza e della velocità di contrazione: (attenzione alla possibile ischemia indotta dal maggior consumo di ossigeno per il ripristino della normale frequenza). Nelle primissime fasi del post infarto o durante uno scompenso cardiaco congestizio cronico, è stata rilevata una riduzione della concentrazione degli ormoni tiroidei di circa il 20-40%;se ciò contribuisce ad un ulteriore deterioramento delle condizioni cardiocircolatorie o se siano solo cambiamenti privi di significato fisiopatologico, rimane da dimostrare. Sicuramente è stata dimostrata nei cardiomiociti una significativa alterazione dell’assetto dei recettori nucleari per gli ormoni tiroidei;comunque è certo che la somministrazione acuta o a breve termine di ormone tiroideo comporta un rapido miglioramento sia della emodinamica cardiaca sia della risposta all’esercizio fisico, ma ciò potrebbe essere gravato dai tipici effetti collaterali quali l’aumento della frequenza cardiaca e del consumo di O2 miocardico. Di recente è stata sintetizzata una molecola analoga all’ormone tiroideo, l’ac3,5diiodotiropropionico (DITPA) con marcato effetto inotropo e scarsi effetti metabolici. In alcuni soggetti trattati, affetti da scompenso cardiaco congestizio cronico, è stato infatti riscontrato un netto miglioramento della gittata cardiaca senza modificare la frequenza, marcata riduzione della pressione telediastolica del ventricolo sinistro e delle resistenze vascolari sistemiche e dell’assetto lipidico(Markin et al. Thyroid 2002). miglioramento Quesiti ECM: N°1-La concentrazione degli ormoni tiroidei , nelle prime fasi del post-infarto, -aumenta del 30-40% - rimane invariata - può diminuire del 30-40% (*) N°2- La somministrazione di piccole dosi di T3 nello scompenso cardiaco congestizio, -può migliorare sia l’emodinamica che la capacità all’esercizio fisico (*) -può peggiorare sia l’emodinamica che la capacità all’esercizio fisico - può risultare ininfluente Teramo 09/01/2010 Gabriele Damiani