Microeconomia 2 - Scuola di Giurisprudenza

Preferenze del consumatore
-Assiomi
-Utilità totale e marginale
-Curva di indifferenza: pendenza e
posizione nel piano
Le preferenze del consumatore
• Dobbiamo capire perché la domanda individuale e
quella aggregata hanno un andamento per cui la
quantità domandata si riduce al crescere del prezzo e
viceversa.
• Partiamo dal concetto di preferenze del consumatore.
• Consideriamo due beni, ad esempio mele ed arance e,
per il momento, non occupiamoci né di reddito del
consumatore né di prezzi dei beni. Ciascuno di questi
due beni può essere consumato in quantità illimitate
(per ora!).
• Denotiamo ogni combinazione di arance e di mele con
una lettera dell’alfabeto: A, B e così via. Queste
combinazioni sono chiamate panieri di beni.
Le preferenze del consumatore
• Rappresentiamo graficamente alcuni panieri su un
grafico dove i due beni sono indicati sugli assi:
Arance
12
10
E
B
7
6
3
A
C
D
2
3 4 5
7
Mele
Le preferenze del consumatore
• Il problema del consumatore è quello di scegliere tra
queste diverse combinazioni.
• Immaginiamo che tra ogni coppia di diverse scelte
possibili (A e B, B e C, e così via) :
 1) il consumatore sappia sempre dire se preferisce
l’una all’altra oppure se è indifferente. Ad esempio tra
A e B:
 o preferisce A a B: A B
 o preferisce B ad A: B A
 oppure è indifferente tra A e B
Questo è l’assioma di completezza delle preferenze.
Le preferenze del consumatore
 2) il consumatore abbia preferenze che
rispettino il principio della transitività, cioé
 se A è preferito a B e B è preferito a C, allora A
deve essere preferito a C:
se A B
e B C
allora A C
questo è l’assioma di transitività delle preferenze
Le preferenze del consumatore
 3) il consumatore abbia preferenze che rispettino il principio di
monotonicità, ovvero:
 se un paniere ha, rispetto ad un secondo paniere,:
• una quantità superiore di uno dei due beni.
• una quantità non inferiore dell’altro bene
allora il primo paniere è preferito al secondo. Questo è l’assioma di
monotonicità (il consumatore sta meglio se consuma di più) .
Ad esempio:
 il paniere A contiene una maggiore quantità di Y e una maggiore
quantità di X rispetto al paniere D, quindi A D
 il paniere E contiene una maggiore quantità di Y e una maggiore
quantità di X rispetto a A, quindi E A
Le preferenze del consumatore
• In termini grafici E appartiene all’area dei panieri
sicuramente preferiti ad A mentre D appartiene all’area
dei panieri rispetto a cui il consumatore preferisce A:
Arance
12
E
7
A
D
3
2
4
7
Mele
Le preferenze del consumatore
• Ma qual è la relazione tra un paniere con una
certa quantità di mele ed arance (esempio: A, con
4 mele e 7 arance) ed un altro paniere:
 che ha meno mele ma più arance (esempio: B, 3
mele e 10 arance);
 che ha più mele ma meno arance (esempio: C, 5
mele e 6 arance)? In astratto sono possibili tutte
e 3 le relazioni.
Per procedere noi ci concentriamo:
 sulla nozione di curva di indifferenza;
 sul concetto di utilità.
Preferenze e curve di indifferenza
• Supponiamo che il consumatore tragga una certa
soddisfazione dal consumo di un bene in una
determinata quantità: questa è l’utilità totale del
consumo di un bene.
• Quando vengono consumati due beni, tale utilità
viene tratta dal consumo di ciascuno dei due beni
e l’utilità di un paniere è l’utilità tratta dal
consumo di entrambi i beni.
• Definiamo curva di indifferenza l’insieme di
panieri di beni (arance e mele) che danno al
consumatore la stessa utilità.
Curva di indifferenza
• Se consideriamo il paniere A (4 mele, 7 arance)
sappiamo per certo che:
 né i panieri con più arance e più mele (esempio E)
 né quelli con meno arance e meno mele (es.: D)
possono stare sulla stessa curva di indifferenza di A.
• Possono stare sulla stessa curva di indifferenza di A i
panieri che rispetto ad A:
 hanno più mele e meno arance (esempio C) oppure
 più arance e meno mele (esempio: D).
Curva di indifferenza
• In questo caso la relazione tra i tre panieri è di
indifferenza
Arance
10
7
6
I tre panieri A, B e C danno la stessa
utilità e quindi sono sulla stessa
curva di indifferenza
B
A
C
3 4 5
Mele
Curva di indifferenza
• Lungo la stessa curva di indifferenza la maggior utilità
derivante dal maggior consumo di un bene è in grado
di compensare la minor utilità derivante dal minor
consumo dell’altro bene.
• Ad esempio:
 se per il consumatore A è indifferente a B significa che
la rinuncia di 3 arance da 10 a 7 è compensata
dall’aumento di consumo di mele da 3 a 4: quindi 1
mela in + “vale” 3 arance;
 se per il consumatore B è indifferente a C significa che
la rinuncia di 1 arancia da 7 a 6 è compensata
dall’aumento di consumo di mele da 4 a 5: quindi 1
mela in + vale 1 arancia.
Curva di indifferenza
• Quindi lungo una stessa curva di indifferenza
l’aumento del consumo di 1 mela viene
compensato da 3 arance in un punto e da 1
arancia in un altro punto. Perché?
• La risposta ha a che fare con il concetto di
utilità marginale del consumo di un bene.
• Definiamo come utilità marginale quella che il
consumatore trae dal consumo di un’unità
aggiuntiva di un bene.
Curva di indifferenza
• L’ipotesi che facciamo è che l’utilità marginale di
qualsiasi bene sia decrescente al crescere del
consumo totale del bene.
• Questo significa che:
 mangiare una mela o un’arancia in più dà sempre
una certa soddisfazione;
 mangiare la prima mela (o arancia) dà più
soddisfazione rispetto a mangiare la seconda, che
dà più soddisfazione rispetto al mangiare la terza
e così via…
Curva di indifferenza
Quando nel paniere ci sono 3 mele e
10 arance 1 mela in più compensa 3
arance in meno
Arance
10
7
6
B
A
C
3 4 5
Quando nel paniere ci sono 4
mele e 7 arance 1 mela in più
compensa solo 1 arancia in meno
Mele
Pendenza della curva di indifferenza
• Data una curva di indifferenza rispetto a due beni x e y,
definiamo tasso marginale di sostituzione (TMS) il
rapporto tra unità di y a cui il consumatore è disposto a
rinunciare per un’unità in più di x.
• Il tasso marginale di sostituzione determina la
pendenza della curva di indifferenza.
• Quando due beni sono tra di loro parzialmente
sostituibili, il TMS è:
 maggiore quando la quantità di y inizialmente
consumata è abbondante e la quantità di x consumata
è scarsa ;
 minore quando la quantità di y inizialmente consumata
è scarsa e la quantità di x consumata è abbondante.
a
30
b
Unità di bene Y
26
a
b
20
10
0
0
6 7
10
Unità di bene X
20
30
a
TMS = 4
b
Y=4
26
Unità di bene Y
X=1
20
Il consumatore è
disposto a rinunciare a 4
unità di bene Y per avere
in cambio 1 unità di X: il
TMS è pari a 4
10
0
0
6 7
10
Unità di bene X
20
30
a
TMS = 4
b
Y=4
26
Il consumatore è disposto a
rinunciare a 1 unità di bene Y
per avere in cambio 1 unità di
X: il TMS è pari a 1
Unità di bene Y
X=1
20
c
10
9
Y=1
TMS = 1
d
c
d
X=1
0
0
6 7
10
13 14
Unità di bene X
20
Pendenza della curva di indifferenza
• Tuttavia, vi sono due casi particolari:
 se due beni sono perfetti sostituti, il TMS è
costante e la curva di indifferenza è una retta
con inclinazione negativa;
 se due beni non sono tra loro sostituibili nel
consumo, si dice che sono perfetti
complementi: in questo caso il TMS non è
calcolabile e la curva di indifferenza assume la
forma a L.
Beni perfetti sostituti
y
TMS=k
x
Il TMS è
costante lungo
la curva (retta)
Esempio:
x=zucchero e
y=dolcificante
Beni perfettamente complementari
Il TMS non può essere
calcolato. Esempio:
x=caffè, y=zucchero. Se
aumento la quantità
consumata di un bene (es
caffè) ma non aumento la
quantità di zucchero non
ho un’utilità maggiore
y
x
Posizione nel piano della curva di indifferenza
• Ipotizziamo adesso di avere due o più curve di
indifferenza rispetto ad una certa coppia di beni x e y:
 per gli assiomi di monotonicità e transitività due
curve di indifferenza non possono MAI intersecarsi;
 per l’assioma di monotonicità una curva di
indifferenza più lontana dall’origine degli assi
contiene panieri che danno un’utilità superiore a
quella dei panieri di una curva di indifferenza più
vicina all’origine degli assi.
• Quindi, dati due beni x e y, è possibile individuare una
mappa di curve di indifferenza, cioè un insieme di
curve che si allontanano progressivamente
dall’origine degli assi e a cui sono associati livelli di
utilità crescenti.
Due curve di indifferenza non possono intersecarsi
30
Unità di bene Y
Per l’assioma di monotonicità C è preferito
a B ma per l’assioma di transitività D
sarebbe indifferente rispetto a C e a B,
quindi C dovrebbe essere indifferente
rispetto a B. Ci sarebbe conflitto tra i due
assiomi.
20
D
10
C
B
0
0
10
Unità di bene X
20
Mappa delle curve di indifferenza
30
Unità di bene Y
I1
I2
I3
La curva I3 è composta di
panieri che danno tutti
una stessa utilità. Questa
utilità è maggiore di
quella che danno i panieri
della curva I2 che a sua
volta è maggiore di quella
che danno i panieri della
20
10
0
0
10
Unità di bene X
20
Scelta del consumatore
-Vincolo di bilancio
-Consumo ottimale
Il vincolo di bilancio
• La scelta di un consumatore dipende anche
dai prezzi e dal reddito non solo dalle
preferenze.
• Dato il reddito che il consumatore può
spendere e i prezzi dei beni, il vincolo di
bilancio ci dice quante unità di x possono
essere acquistate data una certa quantità di
y, e viceversa.
• Quindi il vincolo di bilancio ci dice quali
combinazioni di x e di y possono essere scelte
dal consumatore dato il suo reddito e i prezzi.
Il vincolo di bilancio
• Definiamo
 R= reddito che il consumatore può spendere
 y=quantità di y
 x=quantità di x
 Py=prezzo di ciascuna unità di y
 Px=prezzo di ciascuna unità di x
il vincolo di bilancio si scrive
R=yPy+xPx
Il vincolo di bilancio
• Esempio mele x e arance y:
 R=29 euro;
 Px=2 euro
 Py=3 euro.
• Il vincolo di bilancio si scrive
29=3y+2x
Il vincolo di bilancio
• In questo caso:
 se acquisto 4 mele (x) posso acquistare
7 arance (y). Infatti
29=3y+2 *4
29=3y+8
3y=29-8=21
y=21/3=7
Il vincolo di bilancio
• Inoltre:
 se acquisto 3 arance (y)
acquistare 10 mele (x). Infatti
29=3*3+2x
29=9+2x
2x=29-9=20
x=20/2=10
posso
Il vincolo di bilancio
• Quindi i panieri
 mele (x)=4; arance (y)=7;
 mele (x)=10; arance (y)=3
soddisfano il vincolo di bilancio
29=3y+2x
 In termini grafici questo significa che
questi due panieri sono punti del
vincolo di bilancio.
Il vincolo di bilancio: rappresentazione grafica
• Dobbiamo rappresentare il vincolo di
bilancio sullo stesso grafico su cui
rappresentiamo le curve di indifferenza.
• Quindi esprimiamo il vincolo indicando
la y come variabile dipendente:
R=yPy+xPx
yPy=R-xPx
y=(R/Py)-x (Px/Py)
Il vincolo di bilancio: rappresentazione grafica
• Esempio:
29=3y+2x 3y=29-2x
y=(29/3)-(2/3)x
• Intercette
 con l’asse y: se x=0, y=29/3≈10
 con l’asse x: se y=0, x=29/2 ≈14
• Pendenza negativa, coeff. angolare=-2/3
10
Rappresentazione grafica
del vincolo di bilancio 29=3y+2x
Arance
30
20
A
7
10
F
3
0
0
4
10
10
14
Mele
20
Consumo ottimale
• Il consumo ottimale da parte di un
consumatore che massimizza la propria utilità
si trova considerando insieme:
 le preferenze, espresse dalla mappa delle
curve di indifferenza;
 le possibilità di acquisto dei beni, espresse
dal vincolo di bilancio.
Consumo ottimale
• Più precisamente è ottimale la scelta di quel
paniere che:
 è acquistabile dal consumatore, dati il
reddito e i prezzi;
 tra quelli acquistabili, dà la maggiore utilità
possibile.
Consumo ottimale: rappresentazione grafica
 E’ acquistabile dal consumatore  è un
punto del vincolo di bilancio;
 tra quelli acquistabili, dà la maggiore utilità
possibile  tra i punti del vincolo di bilancio,
appartiene alla curva di indifferenza più
lontana possibile dall’origine degli assi
=> PUNTO DI TANGENZA
10
30
Arance
punto di
tangenza=punto
di ottimo
20
7
A
10
0
0
4
10
14
Mele
20
Consumo ottimale: rappresentazione grafica
 Notiamo che:
 i punti appartenenti alla stessa curva di
indifferenza cui appartiene il punto di ottimo
ma diversi dal punto di ottimo non sono
acquistabili;
 i punti appartenenti al vincolo di bilancio
diversi dal punto di ottimo danno un’utilità
inferiore.
 i punti appartenenti a curve di indifferenza
più lontane rispetto a quello di ottimo non
sono acquistabili.
1030
B: non può essere acquistato
30
Arance
punto di ottimo
20
20
7
F: dà un’utilità
inferiore rispetto ad A
A
10
10
3
0
0
0
0
3
4
10
10
10
14
Mele
20
20
Arance
30
punto di
ottimo
20
panieri non
acquistabili
7
A
10
0
0
4
10
20
Mele
Spostamenti del vincolo di
bilancio
Variazione del prezzo di un bene
• Chiediamoci cosa accade nel vincolo di
bilancio se, dato il reddito, il prezzo di uno dei
due beni varia.
• Ad esempio, riduzione del prezzo di x:
 vincolo di bilancio iniziale
29=3y+2x 3y=29-2x y=29/3-(2/3)x
 il prezzo di x passa da 2 a 1, il vincolo diventa
29=3y+x
ovvero
3y=29-x y=29/3-(1/3)x
30
•


20


10
Variazione del prezzo di un bene:
rappresentazione grafica
Per rappresentare il nuovo vincolo di bilancio
y=29/3-(1/3)x.
Intercetta con l’asse y: se x=0, y=29/3≈10
Intercetta con l’asse x: se y=0, x=29
• Rispetto al vincolo precedente abbiamo:
la stessa intercetta con l’asse y
un’intercetta più grande con l’asse x
0
0
10
20
10
Nuovo vincolo di bilancio con
Px=1
Arance
30
Vecchio vincolo di bilancio con
Px=2
20
10
0
0
14
10
29
Mele
20
Aumento del prezzo di un bene
e vincolo di bilancio
• Al contrario, dato il reddito, il prezzo di un
bene aumenta e l’altro rimane costante, il
vincolo di bilancio ruota verso l’interno
intorno al punto di intersezione con l’asse
dove è rappresentato il bene il cui prezzo non
varia.
• La rotazione verso l’interno rappresenta la
riduzione delle possibilità di consumo a
reddito invariato.
Arance
30
Spostamento del vincolo di
bilancio se aumenta il prezzo delle
arance e rimane invariato quello
delle mele
20
10
0
0
10
Mele
20
Aumento del prezzo di un bene
e vincolo di bilancio
• Quindi se, dato il reddito, il prezzo di un bene
aumenta e l’altro rimane costante, il vincolo di
bilancio ruota verso l’interno intorno al punto
di intersezione con l’asse dove è rappresentato
il bene il cui prezzo non varia.
Variazione del reddito
• Chiediamoci cosa accade nel vincolo di
bilancio se, dati i prezzi, il reddito che il
consumatore può spendere varia.
• Ad esempio, aumento del reddito:
 vincolo di bilancio iniziale
29=3y+2x 3y=29-2x y=29/3-(2/3)x
 il reddito passa da 29 a 60
60=3y+2x
ovvero
3y=60-2x y=60/3-(2/3)xy=20-(2/3)x
Variazione del reddito: rappresentazione grafica
• Per rappresentare il nuovo vincolo di bilancio
y=20-(2/3)x
 Intercetta con l’asse y: se x=0, y=20
 Intercetta con l’asse x: se y=0, (2/3)x=20
=>x=(3/2)20=30
• Le due intercette sono entrambe aumentate
rispetto a prima: si tratta di uno spostamento
parallelo verso l’esterno del vincolo di
bilancio.
20
L’aumento del reddito disponibile,
a prezzi invariati, comporta uno
spostamento parallelo verso
l’esterno del vincolo di bilancio
Arance
30
20
10
10
0
0
14
10
30
Mele
20
Variazioni dei prezzi, del reddito
e del consumo
Derivazione della domanda individuale
• Chiediamoci cosa accade al consumo di
ciascuno dei due beni:
 1) al variare del proprio prezzo, dato il prezzo
dell’altro bene;
 2) al variare del reddito, dati i due prezzi;
 3) al variare del prezzo dell’altro bene, dato il
proprio prezzo.
Derivazione della domanda individuale
• Solitamente, per un bene x:
 1a) se diminuisce il prezzo di x, la quantità
consumata di x aumenta;
 1b) se aumenta il prezzo di x, la quantità
consumata di x si riduce;
 2a) se aumenta il reddito, dati i due prezzi, la
quantità consumata di x aumenta;
 2b) se si riduce il reddito, dati i due prezzi, la
quantità consumata di x si riduce;
Derivazione della domanda individuale
30
y
P1x>P2x>P3x  x1<x2<x3
1
Se si riduce il prezzo di x,
aumenta la quantità di x
consumata e viceversa
20
2
3
10
0
0
x1
R/P1x x2
10
R/P2x x3
3
R/P
20 x
Derivazione della domanda individuale
P1
P2
P3
X1
x2
x3
R/P2y
30
y
R/P1y
y2
P1y>P2y  y1< y2
Se si riduce il prezzo di y, aumenta
la quantità di y consumata e
viceversa
20
y1
10
0
0
10
x
20
R1/Py
R1>R0
L’aumento del reddito disponibile,
a prezzi invariati, comporta un
incremento delle quantità
domandate di entrambi i beni
se si tratta di beni normali
(in caso contrario beni inferiori)
30
Y
20
R0/Py
10
0
0
R0/Px
10
R1/Px
x
20
Effetto di reddito ed effetto di sostituzione
• Per un bene x, dato il suo prezzo e il reddito:
 la quantità domandata del bene x diminuisce
quando diminuisce il prezzo del bene y se
prevale l’effetto di sostituzione;
 la quantità domandata del bene x aumenta
quando diminuisce il prezzo del bene y se
prevale l’effetto di reddito.
Scelte dell’impresa:
il breve periodo
Le scelte dell’impresa
• Un’impresa deve scegliere quanto produrre.
• Per produrre l’impresa deve utilizzare dei fattori
produttivi (inputs). Ne consideriamo due:
 il lavoro (numero di lavoratori, numero di ore di
lavoro);
 il capitale (macchinari, attrezzature, capannoni,
computer).
• Analizziamo la scelta dell’impresa distinguendo
tra breve e lungo periodo.
Produzione di breve periodo
Q
q K, L
 Il breve periodo ha una durata talmente breve da
non consentire all’impresa di variare liberamente
le quantità di tutti i fattori produttivi (input).
Assumiamo che nel breve periodo il lavoro sia
variabile, mentre il capitale è fisso.
 Q è il prodotto totale ottenuto impiegando, dato
K, quantità variabili di L. La relazione tra Q e L è
quindi la funzione di produzione di breve periodo.
Funzione di produzione di BP nel discreto
50
Q
40
40
42
42
40
35
30
24
20
La funzione di produzione mi dice
quale sarà l’output Q per ogni livello
impiegato di L (dato K fisso)
10
10
3
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Funzione di produzione di BP
nel continuo
50
Q
40
Q
30
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Produttività marginale (PMG)
• La produttività marginale (del fattore lavoro) è
l’incremento dell’output ottenibile variando di
una unità l’input variabile. In formula
PMG= Q/ L
dove L=1.
La legge dei rendimenti
marginali decrescenti
Aumentando le unità impiegate di fattore
variabile, si giungerà ad un punto in cui un’unità
addizionale
di fattore variabile darà un
contributo alla produzione totale inferiore
rispetto all’unità precedente, cioè un punto in cui
la produttività marginale comincia a ridursi.
Prodotto totale e
produttività marginale
50
42
40
40
42
40
35
30
24
20
14
10
5
3
3
0
11
10 7
2
0
0
1
2
3
4
5
6
0
7
-2
8
-10
Quantità di fattore variabile (L)
Produttività marginale
nel discreto
15
14
13
10
7
5
5
3
2
0
0
0
1
2
3
4
5
6
7
Quantità di fattore variabile (L)
-5
8
-2
Produttività marginale
nel continuo
20
15
14
13
10
7
5
5
PMG
3
2
0
0
0
-5
1
2
3
4
5
6
7
8
-2
Quantità di fattore variabile (L)
Rendimenti decrescenti
PMG
15
10
5
PMG
0
0
1
2
3
4
5
6
7
Quantità di fattore variabile (L)
-5
8
Prodotto totale e
produttività marginale
L’andamento della tipica funzione di produzione
di breve periodo, cioè del prodotto totale in
funzione del lavoro, dipende dall’andamento
della produttività marginale.
Prodotto totale e
produttività marginale
50
40
Rendimenti
Marginali
crescenti
Q
Rendimenti
Marginali
negativi
30
Rendimenti
Marginali
decrescenti
20
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
L
0
1
2
3
4
5
6
7
8
50
40
30
20
Prodotto totale e
produttività marginale
Q PMG
0
3
3
10
7
24
14
35
11
40
5
42
2
42
0
40
-2
Q
PMG
10
0
0
-10
1
2
3
4
5
6
7
Quantità di fattore variabile (L)
8
Produttività media
• La produttività media (del fattore lavoro) è
definita come il rapporto tra output prodotto e
quantità di lavoro impiegata per produrlo:
PMEL
Q
L
• Questa quantità può anche essere definita
prodotto medio.
Prodotto totale e
produttività media
50
40
Q
30
20
PMEL
Q
L
10
2
5
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Prodotto totale e
produttività media
50
40
Q
30
20
PMEL
Q
L
24
3
8
10
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Q, PME
50
40
Q
30
20
Massimo PME
10
PME
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Q, PME
L
0
1
2
3
4
5
6
7
8
50
40
30
20
Q
0
3
10
24
35
40
42
42
40
PME
3
5
8
8.75
8
7
6
5
Q
10
PME
0
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Quantità di fattore variabile (L)
Relazione tra PME e PMG
• La funzione PMG raggiunge il suo punto di
massimo più a sinistra rispetto alla PME.
• La funzione PMG incrocia la funzione PME nel
punto di massimo della PME: quando la
produttività marginale diviene inferiore a quella
media, la produttività media inizia a ridursi.
Produttività media e produttività marginale
15
10
PME
5
PMG
0
0
1
2
3
4
5
6
7
Quantità di fattore variabile (L)
-5
8
Relazione tra Q, PME e PMG
• La PMG è prima crescente, poi decrescente (“a
campana”).
• Questo andamento determina:
• quello della produttività media, prima crescente
e poi decrescente;
• quello del prodotto totale, prima con
rendimenti crescenti e poi con rendimenti
decrescenti.
L
0
1
2
3
4
5
6
7
8
50
40
30
Q PME PMG
0
3
3
3
10
2
7
24
8
14
35
8.75 11
40
8
5
42
7
2
42
6
0
40
5
-2
Q, PMG e PME
Q
20
PMG
10
PME
0
0
-10
1
2
3
4
5
6
7
Quantità di fattore variabile (L)
8
Costi di breve periodo
L’andamento dei costi di breve
periodo
è
determinato
dagli
andamenti della produttività che
abbiamo appena esaminato.
•
•In
generale,
maggiore
è
la
produttività del fattore variabile,
minori sono i costi di produzione, e
viceversa.
Costo medio di breve periodo
•Il costo medio è il costo totale diviso per le
quantità prodotte.
•Se i prezzi dei fattori produttivi sono costanti,
la forma del CME riflette specularmente quella
della produttività media: se quest’ultima è a
campana, la forma del CME è tipicamente
ad U.
•Ad esempio, ipotizziamo che il salario sia pari
a 10 per ogni lavoratore e calcoliamo il costo
medio in corrispondenza delle diverse
quantità prodotte.
Costo medio di breve periodo
L
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Q w
0
3 10
10 20
24 30
35 40
40 50
42 60
42 70
40 80
CME
3,3
2
1,25
1,1
1,25
1,4
1,6
2
Costo marginale
•E’ possibile definire anche il costo marginale
di breve periodo.
•Il costo marginale è l’incremento di costo
totale che si verifica quando viene prodotta
un’unità addizionale del bene.
•In formula
CMG= CT/ Q
dove Q=1.
Costo marginale
•L’andamento del costo marginale
dipende da quello della produttività
marginale.
•Poiché la produttività marginale ha un
andamento “a campana” il costo
marginale ha un andamento ad U.
•Inoltre, il costo marginale interseca il
costo medio nel punto di minimo del
costo medio.
Costo marginale e costo medio: breve periodo
35
CMG
30
25
20
CME
15
10
5
0
0
1
2
3
4
5
6
Q
7
Costo marginale e scelte dell’impresa
• Il CMG è particolarmente importante per le scelte dell’impresa
nel breve periodo in concorrenza perfetta. Infatti, si dimostra
che:
• 1) l’impresa non trova mai ottimale produrre lungo il tratto
decrescente della curva di CMG (sarebbe in perdita sempre e
non riuscirebbe a minimizzare questa perdita);
• 2) l’impresa trova ottimale far coincidere la propria curva di
offerta con il CMG.
• Tuttavia, non è detto che l’impresa in concorrenza perfetta
ottenga un profitto nel breve periodo.
Equilibrio di breve periodo
Settore
Impresa
P
€
S
D = RME=RMG
Pe
D
O
O
Q (milioni)
(a) settore
Q (00)
(b) impresa
Equilibrio di breve periodo
Settore
Impresa
P
€
CMG
S
Pe = RME=RMG
Pe
D
O
O
Q (m)
(a) settore
Q*
Q (00)
(b) impresa
Equilibrio di breve periodo
Settore
Impresa
P
€
CMG
S
Pe
CME
D
CME (Qe)
D
O
O
Q (m)
(a) settore
Q*
Q (00)
(b) impresa
Equilibrio di breve periodo
Settore
Impresa
P
€
CMG
S
Pe
CME
D
CME (Q)
D
O
O
Q (m)
(a) settore
Q*
Q (00)
(b) impresa
Equilibrio di breve periodo: casi particolari
Settore
Impresa
P
€
CMG
S
CME
Pe
D
O
O
Q (m)
(a) settore
Q*
Q (00)
(b) impresa
CME
Scelte dell’impresa:
il lungo periodo
Le scelte dell’impresa
• Nel lungo periodo l’impresa può liberamente
variare entrambi i fattori produttivi.
• Anche in questo caso deve scegliere:
 quanto produrre;
 quanti fattori produttivi utilizzare, ma questa è
una scelta di una combinazione di fattori
produttivi (nel breve periodo, invece, viene scelta
solo la quantità di un fattore produttivo).
• Per analizzare questa scelta utilizziamo due
strumenti: l’isocosto e l’isoquanto.
Isocosto
• Immaginiamo che l’impresa utilizzi due fattori
produttivi: capitale K e lavoro L.
• Il prezzo del lavoro è il salario w, il prezzo del
capitale è normalmente indicato con r e viene a
volta denominato tasso di interesse o come
prezzo di ogni unità di capitale.
• Isocosto indica le combinazioni di K ed L che
possono essere acquisite dall’impresa
sostenendo un determinato costo complessivo.
Se TC è il costo l’isocosto è:
TC=rK+wL
Isocosto
• Esempio: l’impresa può sostenere un costo
per l’acquisto dei fattori produttivi non
superiore a 400mila euro in un anno.
• Il salario annuale di ciascun lavoratore è
pari a 10mila euro.
• Il prezzo di ogni unità di capitale impiegato
è pari a 20mila euro.
• L’isocosto si scrive quindi
400000=20milaK+10milaL
Isocosto
• Dato il costo totale e i prezzi, l’isocosto
indica quante unità di fattore produttivo è
possibile acquistare se si sono fissate le
unità da acquistare dell’altro fattore
produttivo.
• Nell’esempio:
se K=10, L=20;
se K=5, L=30.
Nozione di isoquanto
• L’isoquanto è l’insieme delle tecniche efficienti
per la produzione di un livello dato di output:
dato un livello di fattore produttivo (ad esempio,
K) sull’isoquanto è indicata la quantità minima
dell’altro (ad esempio, L) necessaria per produrre
il corrispondente livello di Q.
• Per semplicità immaginiamo che ogni unità
aggiuntiva di fattore abbia una produttività
positiva (rendimenti marginali positivi).
• Ad esempio: immaginiamo di rappresentare
graficamente l’isoquanto per la produzione di 50
unità di prodotto.
Rappresentazione di un isoquanto
K
Unità di capitale (K)
a
Unità Unità punto sul
di K di L grafico
40
5
a
20
12
b
10
20
c
6
30
d
4
50
e
d
Q
50
e
L
Unità di lavoro (L)
Rappresentazione di un isoquanto
K
a
Unità di capitale (K)
Il punto f dà un output inferiore a 50
f
Q
50
L
Unità di lavoro (L)
Rappresentazione di un isoquanto
Unità di capitale (K)
K
a
Il punto g dà un output
superiore a 50
g
Q
Unità di lavoro (L)
50
Pendenza dell’ isoquanto e STS
• La pendenza dell’isoquanto dipende dal saggio tecnico di
sostituzione (STS).
• Il STS indica di quante unità è necessario aumentare un
fattore produttivo per sostituire un’unità dell’altro fattore
produttivo mantenendo inalterato il livello di output.
• Poiché la produttività marginale di ogni fattore è
decrescente nella quantità di fattore utilizzato, il STS
tende:
 ad essere elevato quando il fattore sostituito è
relativamente poco utilizzato;
 ad essere ridotto quando il fattore sostituito è utilizzato
molto.
Pendenza dell’ isoquanto e STS
• Nell’esempio precedente, immaginiamo di
considerare, per l’isoquanto corrispondente a
Q=50, due ulteriori punti:
 il punto K=34 e L=6 (punto h);
 il punto K=5 e L=39 (punto m).
 Il punto h, se confrontato con il punto a, ci dice
che servono 6 unità di K per sostituire 1 unità di L
quando K=40 e L=5.
 Il punto m, se confrontato con il punto e, ci dice
che servono 11 unità di L per sostituire 1 unità di
K, quando K=5 e L=39.
Rappresentazione di un isoquanto
Unità di capitale (K)
K
a
Unità Unità punto sul
di K di L grafico
40
5
a
34
6
h
5
39
m
4
50
e
Q
50
m
e
Unità di lavoro (L)
L
Rappresentazione di un isoquanto
Unità di capitale (K)
K
a
Il STS del capitale rispetto al lavoro è 6
Il STS del lavoro rispetto al capitale è 11
Q
50
m
Unità di lavoro (L)
e
L
Mappe di isoquanti e rendimenti
• Se la produttività marginale di ciascuno dei due
fattori, seppure decrescente, non è negativa,
aumentare uno dei due fattori, tenendo fisso
l’altro, consente sempre di aumentare la
produzione totale.
• Questo implica che è possibile disegnare una
mappa di isoquanti che corrispondono a livelli
più elevati di output allontanandosi dall’origine
degli assi.
Una mappa di isoquanti
30
Unità di capitale (K)
K
20
10
Q
0
0
10
Unità di lavoro (L)
Q
100
Q
Q
50
70
60
20
L
Tecnica produttiva ottimale
• La tecnica produttiva ottimale per l’impresa è
quella combinazione di fattori produttivi che, dati:
 i prezzi degli stessi fattori produttivi;
 il costo totale che l’impresa può sostenere per
acquistare i fattori produttivi;
consente di ottenere il massimo livello di output
possibile.
Tecnica produttiva ottimale
• In termini grafici, la tecnica produttiva ottimale è
rappresentabile come il punto di tangenza tra
l’isocosto e un isoquanto.
• Date le assunzioni, tale punto di tangenza è
ottimo perché:
 le altre combinazioni di K e L che sono
acquistabili (cioè che sono punti dell’isocosto)
non massimizzano l’output;
 combinazioni di K e di L che aumentano l’output
non possono essere acquistate dall’impresa (dati
i prezzi dei fattori e il costo totale sostenibile).
Tecnica produttiva ottimale
• Immaginiamo che l’impresa, dato w=10mila e Pk=20mila,
sia in grado di sostenere costi pari a 400 mila euro.
• In questo caso l’isocosto è dato da
400mila=20milaK+10milaL.
• Consideriamo l’isoquanto dell’esempio precedente: il
punto K=10 e L=20 è l’unico che può essere acquistato
dall’impresa.
• Tecniche produttive che consentono di ottenere la
stessa sarebbero anch’esse eccessivamente costose (a,
b, d, e sul grafico).
• Altre tecniche che possono essere utilizzate sono meno
produttive (f).
Rappresentazione della tecnica produttiva ottimale
Unità di capitale (K)
a
Unità Unità
di K di L
40
5
20
12
10
20
6
30
4
50
d
Q
Costo
totale
850mila
520mila
400mila
420mila
580mila
50
e
Unità di lavoro (L)
Rappresentazione della tecnica produttiva ottimale
a
Unità di capitale (K)
Q<50
Unità Unità
di K di L
40
5
20
12
10
20
6
30
4
50
f
d
Q
Costo
totale
850mila
520mila
400mila
420mila
580mila
50
e
Unità di lavoro (L)
Tecnica produttiva ottimale:
cambiamento dei prezzi
• Se cambiano (in misura proporzionalmente
diversa) i prezzi dei fattori produttivi, cambia
la pendenza dell’isocosto.
• L’impresa sceglierà una tecnica produttiva
diversa da quella precedente.
• Ad esempio, un aumento del salario
comporta normalmente una sostituzione di
lavoro con capitale.
• Anche in questo caso possono tuttavia
esserci degli effetti di reddito.
Effetti di un aumento del salario
35
Unità di capitale (K)
30
Assunzioni
PK = €20 000
W = €10 000
25
20
15
TC = €400 000
h
10
5
Q=50
0
0
10
20
30
Unità di lavoro (L)
40
50
Effetti di un aumento del salario
35
Unità di capitale (K)
30
25
Assunzioni
PK = €20 000
W = €10 000
= €20 000
20
TC = €400 000
15
h’
11
10
h
5
Q=50
0
0
9 10
20
30
Unità di lavoro (L)
40
50
Tecnica produttiva ottimale:
cambiamento del costo totale
• Se cambia il costo totale che l’impresa può
sostenere, a prezzi costanti, cambia la
posizione dell’isocosto ma non la sua
pendenza.
• L’impresa sceglierà una tecnica produttiva
diversa da quella precedente.
• Questo è ciò che accade, ad esempio, se
l’impresa vuole aumentare il livello di
produzione: deve aumentare il costo totale e
quindi la dotazione di fattori produttivi (di
uno o di entrambi).
Effetti di una variazione del costo totale
Unità di capitale (K)
35
30
Assunzioni
25
PK = €20 000
W = €10 000
TC = €500 000
20
h’
15
TC = €400 000
10
h
5
Q=50
0
0
10
20
30
Unità di lavoro (L)
40
50
Equilibrio di lungo periodo
Nel lungo periodo è possibile che un’impresa
consegua un profitto (CME<RME) solo
transitoriamente…
…la presenza di un profitto attira nuove
imprese che, a causa dell’assenza di barriere
all’entrata e data la possibilità di variare tutti i
fattori produttivi, entrano sul mercato: questo
fa aumentare l’offerta e scendere il prezzo…
…fino a quando per tutte le imprese il RME
copre semplicemente i costi (zero profitti)
Lungo periodo- realizzazione di profitti
P
€
S1
Producendo nel
punto di minimo del
CMELP le imprese
conseguono un
profitto
CMELP
P1
D 1=
P1
D
O
O
Q (m)
(a) settore
Q*
Q (00)
(b) impresa
Lungo periodo-equilibrio senza (extra)profitti
P
…il profitto attira nuove
imprese che entrano e
aumentano l’offerta
riducendo il prezzo…
€
S1
Se
…questo
processo prosegue fino
a quando il prezzo si
riduce a livello tale che
non ci sono più
(extra)profitti
P1
CMELP
D1
PL
DL
D
O
O
Q (m)
(a) settore
QL
Q (00)
(b) impresa
Equilibrio di lungo periodo
L’equilibrio di lungo periodo avviene quindi in
un punto di tangenza tra il prezzo e la curva
di costo medio di lungo periodo.
Dato che il costo medio di LP è l’inviluppo
delle curve di costo medio di BP, l’equilibrio
di LP corrisponde anche ad una soluzione di
equilibrio di breve periodo.
€
P
(BP)CMG
(BP)CME
CMELP
Y
DL
RMe = RMg
O
Q
Q