Antidoping e tutela della salute:
Regolamento e consigli pratici per l’atleta
L´art. 1 della Legge del 2000, n. 376 che
riguarda la tutela sanitaria in Italia delle
attività sportive e la lotta contro il doping
recita
così:
"Costituiscono
doping
l´assunzione o la somministrazione di farmaci
o
di
sostanze
biologicamente
o
farmacologicamente attive e l´adozione o la
sottoposizione a pratiche mediche non
giustificate da condizioni patologiche atte a
modificare le condizioni psicofisiche o
biologiche dell´organismo al fine di alterare le
prestazioni agonistiche degli atleti."
Dal testo della Legge si evince che il
fenomeno del "doping" è un problema
riguardante sia l'etica sportiva sia la salute
pubblica.
Fanno eccezione quelle situazioni in cui
l’atleta è affetto da patologie certificate che
necessitano di trattamenti specifici.
Molte sostanze farmacologiche
utilizzate
aumentano
le
prestazioni sportive ma hanno
sull'organismo effetti devastanti.
Le sostanze considerate dopanti sono
elencate in una lista disponibile a tutti gli
atleti e allenatori; esse vengono suddivise in
classi:
A- Sostanze
stimolanti
(amfetamina,
cocaina, efedrina, caffeina …);
B- Sostanze
narcotizzanti
(morfina,
metadone…)
C- Agenti
anabolizzanti
(steroidi
androgeni, beta 2 agonisti);
D- Diuretici (furosemide, idroclorotiazide
…)
E- Ormoni peptidici (ACTH, ormone della
crescita, eritropoietina, insulina …)
Alcune delle sostanze elencate (ad esempio le
sostanze stimolanti) determinano un
incremento delle capacità psico-fisiche
del’atleta, il quale riesce a superare i propri
limiti naturali, aumentano il livello di
vigilanza, riducono il senso di fatica. Esse
però creano anche dipendenza e agiscono
sull’aggressività del soggetto e di conseguenza
sul suo comportamento in gara. Svolgono la
loro azione a livello dell’apparato respiratorio
e cardiovascolare aumentando la pressione
arteriosa e la frequenza cardiaca con effetto
tachi-aritmizzante e sulla sfera psichica
causando confusione mentale, aggressività,
delirio, insonnia. Gli effetti collaterali non
sono da sottovalutare e possono variare,
anche in correlazione alla dose e alla
frequenza di assunzione, causare fenomeni
transitori e reversibili ma anche danni
permanenti o addirittura morte: sono descritti
in letteratura anche infarti del miocardio in
soggetti perfettamente sani.
Le sostanze anabolizzanti stimolano la
formazione
di
molecole
complesse
nell’organismo (proteine, lipidi…) partendo
da molecole semplici.
L’incremento della massa muscolare
(ipertrofia) determina sia una maggiore forza
Dott. Caforio Marco
Medico CSI – Lombardia
muscolare sia una maggiore resistenza allo
sforzo. Molti anabolizzanti (ACTH, ormone
della
crescita)
possono
provocare
conseguenze irreversibili a livello del sistema
genitale riproduttore, sia maschile che
femminile
(come
alterazione
della
spermatogenesi o del ciclo mestruale), a
livello dell'apparato muscolare (con perdita di
elettroliti e di glicogeno - riserva di zucchero
muscolare) e a livello del fegato (tumori,
insufficienza epatica).
Uno tra i più noti agenti anabolizzanti,
l'eritropoietina, è una glicoproteina prodotta
dal rene che agisce stimolando la
proliferazione e la maturazione di globuli
rossi. La cosiddetta EPO è fisiologicamente
presente nell'organismo e legandosi ad un
recettore delle cellule eritroidi (precursori dei
globuli rossi) determina in esse una risposta
che consiste nell’aumento della loro
divisione, della sintesi dell’emoglobina e dei
recettori per la transferrina. Uno dei risultati
di una sua assunzione è l’aumento
dell'ematocrito cioè la percentuale di globuli
rossi adibiti al trasporto dell’ossigeno dai
polmoni ai tessuti rispetto alla parte liquida
del sangue.
Il suo uso in medicina è relativo al
trattamento dell´anemia nei pazienti con
insufficienza renale cronica.
Al lato pratico per l’atleta l’assunzione di
eritropoietina causa sì un ritardo della
percezione della fatica muscolare e cardiaca,
ma modificazioni anche letali (trombosi,
alterazioni della coagulabilità, tumore del
midollo osseo).
L’aumento dell’ematocrito si può ottenere
con altri metodi tra cui l’allenamento in altura
e l’autoemotrasfusione.
A quota elevata diminuisce la pressione
parziale di ossigeno che stimola la
produzione di eritropoietina per supplire
all’ipossia. L’adattamento a questa condizione
genera una riduzione del consumo di
ossigeno generale, un aumento della glicolisi
anaerobica ed una maggior resistenza delle
cellule muscolari alla scarsa ossigenazione.
L’autoemotrasfusione
era
praticata
soprattutto anni fa, prima della sintesi in
laboratorio dell’EPO: è denominata tecnica
di “doping ematico” e rappresenta una delle
tre
pratiche
vietate
insieme
alla
somministrazione di trasportatori artificiali di
ossigeno o sostituti del plasma e alla
manipolazioni farmacologiche, chimiche e
fisiche.
La tecnica dell’autoemotrasfusione viene
utilizzata anche nella pratica medica, per
esempio in preparazione di interventi
chirurgici importanti.
Purtroppo è una
pratica
non
totalmente priva di
effetti
collaterali:
l’atleta accusa una
diminuzione
della
performance
di
allenamento
nei
giorni successivi al
prelievo, un aumento
del rischio tromboembolico dopo la reinfusione di sangue (infarto, embolia, ictus) e
un aumento dei livelli ematici di ferro, con il
rischio che questi vadano a compromettere la
funzionalità degli organi di deposito (quali il
fegato, la milza e i reni) già provati
dall’intensa attività fisica.
Per manipolazione farmacologica, chimica
o fisica, come metodo doping intendiamo
"l´utilizzo di sostanze e di metodi in grado di
alterare l'integrità e la validità dei campioni di
urine utilizzati per i controlli antidoping".
Le manipolazioni consistono in uno scambio
dei campioni d´urina o in una loro diluizione
con altri liquidi, fino all´inserimento nella
vescica, tramite un catetere, dell´urina altrui.
Possono essere usati i diuretici chiamati non
a caso "diuretici mascheranti", perché in
grado di eliminare più velocemente,
favorendo la diuresi, le sostanze proibite
rintracciabili ai test antidoping.
CONTROLLI ANTIDOPING
Solitamente i controlli antidoping per
assunzione di sostanze dopanti avvengono
attraverso un semplice esame delle urine.
Solo la denuncia da parte dell’atleta o della
società al medico competente tramite
apposita modulistica, prima dell’esecuzione
della competizione, può permette all’atleta di
partecipare alla competizione sportiva.
Questo prevede la misurazione del pH: è
possibile infatti facilitare l´eliminazione di
determinati farmaci vietati acidificando o
alcalinizzando le urine con altre sostanze.
Viene valutata inoltre la densità delle urine,
importante parametro per capire in base al
peso specifico se l’urina sia stata manipolata
allo scopo di abbassare la concentrazione del
farmaco dopante al di sotto della soglia di
rilevazione.
Spesso dosi di sostanze dopanti sono
contenute all’interno dei normali integratori,
in particolare quelli provenienti da luoghi
fuori la Comunità Europea. In ambito
sportivo queste sostanze vengono spesso
usati con la speranza di incrementare la
massa muscolare, ridurre il grasso corporeo,
aumentare la velocità, migliorare la resistenza
ed avere un recupero più rapido. Sono
facilmente reperibili in quanto presenti anche
sugli scaffali dei supermercati come
integratori “da banco”.
Dal punto di vista legale, non essendo
considerati farmaci, non sono sottoposti ad
una rigorosa regolamentazione. Solo per
alcuni con chiara indicazione ad uso sportivo
è prevista l´autorizzazione ministeriale, per
altri la semplice notifica presso il Ministero;
ve ne sono innumerevoli altri ancora che
vanno sotto il nome di prodotti salutistici (dai
prodotti erboristici e dietetici a quelli
omeopatici, dagli antiossidanti alle tavolette
energetiche) di libera vendita per i quali
l’unica tutela è la lettura attenta dell’elenco
delle componenti sull’etichetta.
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