home RIFLESSIONI SUL PAESAGGIO SONORO L'attualità della lezione di Schafer manifesto di Michela Costantini diario di bordo "Se lo ascoltiamo il paesaggio non è una topografia statica che può essere disegnata e trasposta su una mappa, ma piuttosto una superficie fluida e cangiante che si trasforma via via che viene avvolta di suoni diversi", Les Back e Michael Bull economia & lavoro cultura attualità dal mondo links chi siamo download Inizia con questo articolo un viaggio tra gli studi storici e le esperienze recenti legate al concetto di paesaggio sonoro, declinazione in senso acustico di quella che - in senso visivo - è l'immagine di un ambiente. Si tratta di un tema non facile, che vede coinvolti aspetti della percezione - anche psicologica dello spazio, aspetti legati alle norme abitative dei luoghi, aspetti storici e antropologici. Testo archetipico è The tuning of the world di Raymond Murray Schafer, scritto nel lontano 1977, che "si cimenta nel delineare una teoria relativa al paesaggio sonoro, la forma attraverso cui i suoni delineano la configurazione di un ambiente"(1). Dalla pubblicazione del testo di Schafer l'attenzione verso la percezione del paesaggio che ci circonda sotto l'aspetto sonoro ha subito un'impennata, producendo una sempre maggior sensibilità, sia tra gli specialisti che tra i non addetti ai lavori e dando vita ad una consistente quantità di studi specifici. Il pioniere Schafer (Sarnia, Ontario, 1933) musicista, compositore, scrittore ed ecologista canadese, è uno dei più interessanti esponenti del panorama musicale del Nord America. Condotti gli studi di arpa, teoria musicale e pianoforte presso il Royal Conservatory of Music di Toronto dal 1945 al 55, negli anni successivi svolge un'intensa attività didattica presso il Royal Conservatory di Londra e alla Simon Fraser University di Vancouver, dove vara il World Soundscape Project, un innovativo progetto di ricerca sul paesaggio sonoro. In qualità di compositore scrive per diverse formazioni strumentali ed è insignito di numerosi premi, tra i quali nel 1987 il Glenn Gould e nel 2005 il Walter Carsen Prize, attribuitogli dal Canada Council for the Arts. Numerosissimi anche i suoi contributi teorici, sia in campo musicale che letterario e filosofico: ma certamente The Tuning of the World – frutto del lavoro legato agli studi condotti nel World Soundscape Project ma anche di studi specifici condotti sul paesaggio sonoro di Vancouver e di altri ambienti e città canadesi - spicca per innovazione, chiarezza e completezza di contenuti, divenendo a buon diritto il testo fondativo di tutta l'ecologia sonora, testo da cui prende l'avvio una nuova sensibilità acustica e, di conseguenza, anche ecologica. Non bisogna però confondere lo studio sul paesaggio sonoro con quello sull'inquinamento acustico: se quest'ultimo si rivolge al benessere della vita dell'uomo sotto l'aspetto della componente sonora (mirando a studiare e a ridurre le patologie legate al rumore), il primo si rivolge invece al mondo sonoro inteso in senso più ampio, cioè in senso storico, geografico, antropologico ma anche simbolico. Gli studi di Schafer si sono incentrati sull'ambiente canadese, ma è chiaro che le sue riflessioni e il suo metodo hanno valenza per ogni contesto geografico e storico: e infatti la lezione di Schafer ha prodotto generazioni di studiosi di paesaggio sonoro e lavori di grande interesse, declinati sia sul versante dello studio storico del paesaggio acustico che sugli aspetti eminentemente geografici. The Tuning of the World non è solo uno studio storico, ma una sorta di compendio dello stato di avanzamento dei lavori nel campo dell'ecologia acustica e in questo senso è evidente che i trent'anni che ci separano dalla sua stesura ne datano irrimediabilmente i risultati, affetti da non pochi anacronismi: nonostante ciò l'assunto metodologico dello studio resta tuttora valido. In Schafer il paesaggio sonoro è letto in chiave fortemente estetica, "mira cioè ad insegnarci a porgere l'orecchio ai rumori del mondo, come se fossero un'enorme composizione musicale" : il senso di identità di un luogo è colto a partire dal suo bagaglio sonoro, nel quale si riflettono usi, tradizioni, sensibilità, bisogni di tutta la comunità. Le indagini storiche Per quanto riguarda le fonti del testo si apre il problema, che lo stesso Schafer rileva più volte, della labile consistenza della fonte sonora, legata intrinsecamente alla sua natura immateriale, alla non persistenza della sua traccia. Inesistente dunque l'archeologia sonora, se non per quanto concerne il rinvenimento e lo studio delle tracce degli oggetti che producono suono o delle testimonianze letterarie ad esso riferibili. Una svolta è data dall'invenzione della scrittura musicale e, più recentemente e in senso ancora più decisivo, dall'invenzione dei mezzi di riproduzione sonora: a partire da questa nuova era di testimonianze sonore la ricostruzione dei paesaggi è maggiormente praticabile, ferma restando l'impossibilità di cogliere tutta quella gamma di implicazioni psicologiche che solo la testimonianza diretta può restituire. Il testo si articola in un'introduzione, cui seguono una prima sezione storica, una di analisi del paesaggio acustico (la più tecnica, che qui tralasceremo) e un'ultima parte che potremmo definire di carattere 'progettuale', dal significativo titolo di Verso un'estetica acustica. Gli studi di Schafer partono dall'assunto che il paesaggio sonoro sia giunto ad un massimo grado di volgarità, prodotto della diffusione sempre più indiscriminata di suoni incontrollati. Nella storia della civiltà, prima dell'avvento della scrittura, l'udito era un senso più vitale della vista, mentre oggi non solo i suoni passano in secondo piano rispetto alla visione ma addirittura all'uomo occidentale è spesso richiesto di ignorarli. Poiché però, paradossalmente, il senso dell'udito non può venire 'chiuso' a piacere (la sua unica protezione consiste in un raffinato meccanismo psicologico in grado di filtrare i suoni indesiderati) si rende necessaria una nuova educazione ai suoni che ci circondano, sia in senso quantitativo che qualitativo, e di conseguenza si rende necessario il bisogno di 'ripulire le proprie orecchie'. Schafer individua tre elementi basilari nello studio del paesaggio sonoro: toniche, segnali e impronte sonore, chiavi di lettura in grado di spiegare eventi storici ma anche letture simboliche e percettive. Le toniche sono i suoni preponderanti, abitudini uditive che determinano profondamente il paesaggio e le attitudini di ascolto degli uomini, spesso caratteristiche dell'ambiente e del clima (si pensi alle aree lambite dal mare) che hanno natura archetipica, cioè così profondamente impressa nell'animo delle persone da determinarne comportamenti e stile di vita generalizzati; i segnali sono i suoni in primo piano ascoltati consapevolmente, quali campane, fischi, clacson, cioè suoni di avvertimento acustico o codici per trasmettere messaggi importanti per la comunità; infine le impronte sonore, che Schafer individua nei suoni comunitari, con caratteristiche di unicità tali da dover essere preservati come valore sociale. L'indagine storica in senso acustico – qui elaborata per la prima volta - si pone sul piano della storia sociale, di quella branca di studi che delle varie epoche storiche ha voluto ricostruire aspetti della vita e della società rimasti per lo più tra le righe delle storie ufficiali: l'ambiente acustico è un efficace indicatore delle condizioni sociali che l'hanno prodotto e quindi può fornire informazioni sulle linee di sviluppo di una determinata società. Dalle fonti letterarie, quindi indirette (romanzi, poesie, racconti di viaggio, delle quali l'autore tenta di discernere quelle che appaiono 'di prima mano' da quelle che risultano riportate senza che l'autore ne abbia mai avuta testimonianza diretta) alle legislazioni sul rumore, Schafer ricostruisce aspetti oggettivi ma anche simbolici e percettivi dei paesaggi sonori di epoche passate. Nelle società più antiche Schafer individua le toniche nei suoni del mare, del vento, dei fenomeni dei movimenti della terra ma anche nei versi degli animali (soprattutto gli uccelli, che costituiscono toniche che hanno affascinato (3) anche i musicisti) le cui onomatopee, secondo l'autore, hanno generato molti aspetti delle prime comunicazioni e poi del linguaggio. In questo capitolo Schafer anticipa anche un concetto interessante, che riprenderà oltre, cioè che "la definizione dello spazio mediante mezzi acustici è molto più antica della sua definizione mediante confini e steccati"(4): questo concetto sarà ripreso poi, per esempio, in relazione ai confini acustici definiti dal suono delle campane. Con il passaggio alle società rurali, Schafer mette a fuoco un interessante concetto, quello di hi-fi, cioè di 'alta fedeltà', " un soddisfacente rapporto segnale/rumore in cui il basso livello del rumore ambientale permette di udire con chiarezza i singoli suoni in maniera discreta. I suoni si sovrappongono di meno, esiste la prospettiva, c'è un primo piano e uno sfondo"(5). Al contrario il paesaggio sonoro lo-fi (bassa fedeltà) è quello in cui "i singoli segnali acustici si perdono all'interno di una sovrabbondante presenza sonora. I suoni scompaiono in un generico rumore a banda larga; non esiste più prospettiva, tutto si appiattisce in una percezione uniforme senza primi piani o secondi piani, senza sfondi. E i suoni più ordinari devono essere amplificati per essere uditi"(6). In questo tipo di paesaggio sonoro - tipico dell'ambiente urbano e delle civiltà più recenti - non è possibile percepire con chiarezza i messaggi e i segnali, annegati in un continuo sonoro informe e assolutamente non comunicativo. Nella rassegna dei principali rumori legati ai segnali sonori delle società del passato i più significativi sono quelli legati a due momenti centrali della vita, la guerra e la religione, che secondo l'autore sono le occasioni di maggior 'inquinamento' del paesaggio sonoro rurale nell'antichità, gli unici due grandi avvenimenti acustici nella vita di una persona, per lo più accompagnata da un senso di quiete. Nelle battaglie antiche, quelle che si combattono ancora corpo a corpo, il rumore fa parte della strategia militare con cui incutere timore al nemico, rappresentando un fatto strategico di una certa importanza. Il richiamo sonoro nella religione svolge invece la funzione di raccogliere i fedeli alla preghiera ma anche di farsi ascoltare da Dio, grazie alla potenza sonora dell'organo in chiesa: a questo riguardo Schafer con acutezza osserva che l'antico rapporto che pone in relazione il rumore con il sacro (rumore consacrato) e il silenzio con il profano, nelle società industriali risulta invertito, in quanto la ricerca del silenzio (interiore ed esteriore) dettata dall'ascolto della propria spiritualità si contrappone all'invadenza indistinta dei rumori della quotidianità. La trasformazione della società rurale in società industriale è preparata da mutamenti delle toniche del paesaggio acustico, dei quali l'avvento della campana rappresenta il primo in ordine storico. Le campane iniziano a diffondersi a partire dal sec. VIII e raggiungono una diffusione capillare nel Medioevo: il loro avvento connota acusticamente, ma anche fisicamente e simbolicamente, la civiltà della parrocchia, che si distingue da quella della campagna circostante, in genere vissuta come luogo selvaggio. Nel secolo XIV si assiste poi all'invenzione dell'orologio meccanico, che diviene, insieme alla campana, il segnale sonoro più implacabile della società, ancor più preciso e puntuale della campana stessa. Dopo una serie di toniche di tipo meccanico (rumori dei fabbri, zoccoli dei cavalli, suoni del mulino) il successivo e importante cambiamento delle toniche è dato dall'avvento dell'elettricità: Schafer sostiene che "il romanticismo … termina con l'elettricità"(7). Tra il XVIII e il XIX secolo avviene un altro cambiamento storico nel rapporto tra musica e ambiente cittadino: "con il ritirarsi della musica colta all'interno delle sale da concerto … la musica di strada divenne oggetto di un costante disprezzo, di cui è possibile rendersi conto studiando la legislazione europea contro il rumore…"(8). Le grida dei venditori ambulanti iniziano ad essere mal tollerate, la musica di strada diviene oggetto di controversia e si assiste ad una contrapposizione tra musica dei locali chiusi e musica di strada: lentamente il paesaggio sonoro si trasforma da hi-fi a lo-fi. Ancora più netto e drammatico il passaggio alla società post-industriale: con la rivoluzione elettrica, tra il XVIII e il XIX secolo, si sviluppa ulteriormente l'industria ma non si matura nessuna vera sensibilità verso la dannosità del rumore. Il primo studio medico sul calo d'udito negli operai è del 1890, in un'epoca peraltro ancora lontana dagli studi sul livello di rumore in senso quantitativo (ricordiamo che il decibel entra in uso soltanto nel 1928). L'avvento della fabbrica pone fine anche al legame tra canto e lavoro: la cacofonia del ferro dilaga per la città ma invade anche le campagne, con la trebbiatrice e le ferrovie i cui rumori sostituiscono quelli degli antichi mestieri. Molti rumori della natura sono ormai andati perduti e il rumore delle macchine produce una tonica di fondo continua a bassa informazione, come una sorta di bordone che funziona da narcotico uditivo. Le macchine producono suoni rappresentabili con una linea retta, continua e senza variazioni: infatti se gli impulsi ritmici superano la velocità di 20 cicli al secondo si fondono e si ha la percezione di un profilo continuo. In acustica la linea retta è una costruzione artificiale: in natura, dove i suoni nascono, si evolvono e muoiono, è infatti pressoché inesistente. La seconda significativa tappa della trasformazione del paesaggio sonoro è segnata dalla rivoluzioni elettrica, che ha prodotto un rumore continuo di sottofondo (che si assesta intorno a 50-60 cicli), una moltiplicazione delle fonti sonore e una loro massima diffusione grazie all'amplificazione. Dal punto di vista acustico ha trasformato la società lenta caratterizzata da suoni discreti in una società veloce in cui i suoni sono per lo più continui: con il telefono e la radio il suono non è più legato alla propria origine nello spazio, mentre con il fonografo non è più legato al tempo. Il telefono interrompe la riflessione, contribuisce a frammentare il linguaggio parlato e abbreviare quello scritto, in una parola a produrre la schizofonia, cioè la separazione dalla voce, la frattura esistente tra un suono originale e la sua trasmissione elettroacustica. Interessante poi l'analisi di Schafer sul rapporto tra rumore e potere nei secoli XVIII e XIX, quando sono ormai gli industriali a detenere il potere: "Nell'immaginazione degli uomini l'associazione tra rumore e potere non è mia stata realmente infranta. E' un legame che passa da Dio al sacerdote, da questi all'industriale e, in epoca moderna, al commentatore televisivo e all'aviatore". In sostanza il rumore della macchina "…venne mantenuto come segno di potere e di efficienza", mentre "con il moltiplicarsi nel mondo delle fabbriche e degli aeroporti le culture vocali locali vengono polverizzate e retrocesse sullo sfondo"(9). Già nel 1977 Schafer aveva messo a fuoco uno dei fenomeni più inquietanti legati al'uso funzionale di elementi del paesaggio acustico: quello della società americana Moozak, vera industria di produzione di musica di sottofondo pensata inizialmente per gli ascensori, costruita ad arte con elementi molto uniformi (in grado di dare l'effetto del cosiddetto profumo acustico) e ben presto utilizzata per far aumentare la produzione negli ambienti di lavoro. Dal fenomeno Moozak nasce poi l'uso indiscriminato della musica nei luoghi commerciali, tonica di sottofondo in grado di creare un ambiente favorevole all'incremento degli acquisti. Verso un'estetica acustica Schafer analizza qui il paesaggio sotto l'aspetto estetico, considerando anche il fatto che il paesaggio acustico spesso è stato in grado di influenzare le composizioni musicali(10). L'ecologia acustica è alla base del design acustico, nuova professione cui è affidato il compito di operare scelte estetiche correggendo la degradazione dell'ambiente acustico, oggi caratterizzato in negativo dalla capacità di riuscire a coprire e sommergere il suono della voce umana come nessun evento naturale è mai stato capace di fare. Schafer definisce pulizia dell'orecchio la capacità di eliminare tutti i suoni nocivi e molesti, per poter riabituare l'orecchio alla percezione del silenzio - nel quale si possono stagliare e distinguere tutti i suoni significativi - e all'ascolto consapevole e preparato: "Distaccarsi da una concezione funzionale dell'ambiente per percepirlo invece, come oggetto di curiosità e di godimento estetico"(11). Una considerazione interessante riguarda la natura dei suoni sotto l'aspetto delle frequenze: Schafer osserva che le basse frequenze (il tuono, l'organo da chiesa, il rumore della fabbrica) hanno la particolarità di toccare l'uomo, hanno cioè una forte componente sensoriale, quasi tattile, e sono in grado di aggirare ostacoli e quindi di riempire meglio e in modo più uniforme lo spazio sonoro. La conseguenza è che risulta più difficile localizzarne la fonte e il rumore appare cupo e privo di direzionalità, in grado di immergere completamente l'ascoltatore (come peraltro avveniva nelle cattedrali gotiche, in cui si aveva la stessa esperienza di totale immersione nel suono). Nelle riflessioni di Schafer emerge l'importante concetto di comunità acustiche, comunità che in passato erano definite dall'assenza di conflitto tra spazio visivo e spazio acustico, quest'ultimo definito dallo spazio che la voce umana poteva coprire. In queste culture la voce determinava naturalmente la pianificazione urbana, soprattutto nei villaggi, dove la dislocazione delle abitazioni o di altri edifici era determinata dalla possibilità della voce umana di raggiungere la casa vicina (come nel caso delle fattorie acustiche del fiume San Lorenzo) o dal fatto che potessero essere raggiunte agevolmente da uno squillo di tromba. Del resto per Platone la comunità ideale era quella di 5040 individui, coloro cui poteva comodamente rivolgersi un oratore. Oggi invece lo spazio acustico risulta ampliato a dismisura proprio in virtù dell'amplificazione del suono, entrando in conflitto con quella spaziale, con la conseguenza che sempre più l'uomo si ritira negli spazi chiusi per rifuggire dall'invadenza dello spazio acustico. Le implicazioni nella progettazione di case e città Nell'analizzare il rapporto interno/esterno in senso acustico e il rapporto tra spazio e suono, il discorso si rivolge ad aspetti della progettazione, in quanto l'architettura è chiamata ad occuparsi sia dello spazio visivo che di quello acustico. Lo spazio infatti modifica la struttura della percezione del suono (attraverso i fenomeni di riflessione, assorbimento, rifrazione e riflessione) ma anche le caratteristiche del suono stesso. A questo proposito Schafer ricorda – ancora una volta - che le antiche società avevano una cultura fortemente uditiva: certe architetture antiche sono infatti frutto 'di un'interazione sincronica dell'occhio e dell'orecchio', come il caso del Teatro di Asclepio o della moschea di Shah Abbas a Isfahan, dove si sente in un unico punto l'eco ripetersi sette volte, accentuando (come nelle cattedrali gotiche) il carattere sacro e rituale del suono. Se gli architetti e gli ingegneri del mondo antico conoscevano bene la scienza acustica, i moderni – scrive Schafer - pare la ignorino del tutto: la progettazione ha cessato di porre attenzione all'acustica quando gli edifici hanno cessato di essere l'epicentro acustico della comunità e sono diventati solo contenitori funzionali e spaziali. Duri i toni di Schafer nei confronti della progettazione architettonica: "Ora gli architetti lavorano per dei sordi… e fino a quando gli architetti non si … eserciteranno nella pratica della pulizia dell'orecchio l'architettura moderna andrà avanti con la sua imbecillità"(12). E qui giunge la proposta, quella della figura del designer acustico, in grado di rimettere equilibrio tra tutti i sensi dell'uomo in senso olistico, con intenti sia sociali che estetici. I suoi quattro compiti sono il rispetto per orecchio e voce, la consapevolezza del valore simbolico del suono, la conoscenza di ritmi e tempi del paesaggio sonoro naturale e la comprensione dei meccanismi di equilibrio necessari per correggere un paesaggio sonoro compromesso. In questo lavoro il designer acustico dovrà prestare particolare attenzione alla conservazione delle impronte sonore di un dato paesaggio, almeno di quelle gradevoli e comunque di quelle più discrete, che spesso gli stessi abitanti dei luoghi non sono più in grado di cogliere. La valenza taumaturgica del silenzio è cosa nota, ma ormai il silenzio è un bene sonoro e acustico tanto raro quanto prezioso. Schafer partecipa ad una sorta di nuova crociata a favore del silenzio, di quella condizione che dovrebbe essere il giusto sfondo sonoro a segnali e a toniche per permettere loro di stagliarsi in modo significativo nei nostri paesaggi sonori. Se oggi il silenzio è considerato un valore negativo, un vuoto corrispondente ad una interruzione della comunicazione, nelle culture passate era invece un condizione diffusa e portatrice di valori positivi, di informazioni utili e vitali. Anche il concetto di musica dell'aldilà è legato a quello del silenzio, inteso in modo positivo come 'perfezione e pienezza'. Del resto Lao-Tse scriveva: "Abbandonate la fretta e l'attività. Chiudete la bocca. Soltanto allora potrete comprendere lo spirito del Tao". Senza negare che la tecnologia e il progresso abbiano portato a un innegabile miglioramento nelle nostre vite, il testo di Schafer contiene, ancora oggi, l'attuale messaggio che una sana presa di distanza dagli eccessi acustici dell'evoluzione tecnologica non può che far bene alle nostre orecchie, alla nostra anima e alla nostra vita. In un recente scritto(13), Schafer raccomanda nuovamente di tenere le orecchie aperte, ricordando che "grandi rumori, come quelli dei cannoni, delle campane delle chiese, dei motori a vapore, dei jet, hanno cambiato la storia non meno dei proclami più altisonanti"(14). Anche qui le riflessioni del canadese sono volte all'uso consapevole dell'orecchio, organo così determinante per molte culture e spesso affidatario di compiti di sorveglianza: è il caso dell'orecchio di Dionigi a Siracusa, caverna cui la tradizione assegna la virtù acustica di poter amplificare ogni cosa fosse bisbigliata al suo interno, o la sala Dai Hojo del tempio giapponese Chion-in a Kioto, progettato in modo che chiunque ne calpestasse le assi del pavimento producesse rumori simili al canto degli usignoli, in grado di allertare le guardie. Anche le fonti letterarie sono ricche di episodi legati alle percezioni dell'organo uditivo: ne è piena la letteratura epica, ne sono intrisi i testi di letterari più recenti, con episodi sparsi tra le righe e – non da ultimo – ne è piena la poesia, da sempre legata in modo indissolubile alla rappresentazione del suono, veicolato dalla parola. Concludiamo con una poesia haiku, riportata da Schafer, che nella sua brevità coglie nell'elemento sonoro l'essenza della paesaggio lacustre: La voce del cuculo E' caduta sul lago Dove giace fluttuando Sulla superficie (Basho). Note (1) C. Serra, La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, Milano, CUEM, 2005, p. 5 (2) Serra, op. cit. p. 6 (3) Da Janequin fino a Olivier Messiaen, che ai versi degli uccelli ha dedicato studi acustici e innumerevoli composizioni. (4) R. Murray Schafer, The Tuning of the World, Toronto, McClelland and Stewart Limited, 1977, ed. it., Il paesaggio sonoro, traduzione di Nemesio Ala, Milano, Ricordi LIM, 1985, p. 54 (5) Schafer, op. cit., p. 67 (6) Ibidem (7) Schafer, op. cit., p. 90 (8) Schafer, op. cit., p. 99 (9) Tutte le citazioni a p. 112-113. (10) Oltre ai già citati canti degli uccelli e rumori del campo di battaglia, Schafer ricorda che Haendel abbia subito il fascino del trambusto della vita cittadina, traducendolo nelle sue opere, che il basso albertino sia stato probabilmente suggerito dall’andatura del galoppo del cavallo, che i suoni della ferrovia abbiano influenzato il jazz, senza dimenticare le nuove composizioni - come l’Intonarumori di Russolo - che si ispirano o utilizzano rumori di oggetti meccanici o di fabbrica, con la conseguenza di polverizzare la differenza tra musica e rumore e tra paesaggio musicale e non-musicale. (11) Schafer, op. cit., p. 294 (12) Schafer, op. cit., p. 309 (13) Un suo contributo apre – come si conviene ad un capostipite – la raccolta di saggi in Les Back, Michael Bull (a cura di), Paesaggi sonori. Musica, voci, rumori: l'universo dell'ascolto, Milano, Il saggiatore, 2008 (14) Les Back, Michael Bull, op. cit., p. 29 Bibliografia Schafer, Raymond Murray - The Tuning of the World, Toronto, McClelland and Stewart Limited, 1977, ed. it., Il paesaggio sonoro, traduzione di Nemesio Ala, Milano, Ricordi, LIM, 1985 Serra, Carlo - La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, Milano, CUEM, 2005 Les Back, Michael Bull (a cura di) - Paesaggi sonori. Musica, voci, rumori: l'universo dell'ascolto, Milano, Il saggiatore, 2008 (31 Luglio 2011) © Copyright Alteritalia © 2010-2011 - Contenuti di esclusiva proprietà di Alteritalia Design by Mannox