Riflessioni sul paesaggio sonoro: l`attualità della

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RIFLESSIONI SUL PAESAGGIO SONORO
L'attualità della lezione di Schafer
manifesto
di Michela Costantini
diario di bordo
"Se lo ascoltiamo il paesaggio non è una topografia statica che può essere disegnata e
trasposta su una mappa, ma piuttosto una superficie fluida e cangiante che si trasforma via via
che viene avvolta di suoni diversi", Les Back e Michael Bull
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Inizia con questo articolo un viaggio tra gli studi storici e le esperienze recenti legate al
concetto di paesaggio sonoro, declinazione in senso acustico di quella che - in senso visivo - è
l'immagine di un ambiente.
Si tratta di un tema non facile, che vede coinvolti aspetti della percezione - anche psicologica dello spazio, aspetti legati alle norme abitative dei luoghi, aspetti storici e antropologici. Testo
archetipico è The tuning of the world di Raymond Murray Schafer, scritto nel lontano 1977, che
"si cimenta nel delineare una teoria relativa al paesaggio sonoro, la forma attraverso cui i suoni
delineano la configurazione di un ambiente"(1).
Dalla pubblicazione del testo di Schafer l'attenzione verso la percezione del paesaggio che ci
circonda sotto l'aspetto sonoro ha subito un'impennata, producendo una sempre maggior
sensibilità, sia tra gli specialisti che tra i non addetti ai lavori e dando vita ad una consistente
quantità di studi specifici.
Il pioniere
Schafer (Sarnia, Ontario, 1933) musicista, compositore, scrittore ed ecologista canadese, è
uno dei più interessanti esponenti del panorama musicale del Nord America. Condotti gli studi
di arpa, teoria musicale e pianoforte presso il Royal Conservatory of Music di Toronto dal 1945
al 55, negli anni successivi svolge un'intensa attività didattica presso il Royal Conservatory di
Londra e alla Simon Fraser University di Vancouver, dove vara il World Soundscape Project,
un innovativo progetto di ricerca sul paesaggio sonoro. In qualità di compositore scrive per
diverse formazioni strumentali ed è insignito di numerosi premi, tra i quali nel 1987 il Glenn
Gould e nel 2005 il Walter Carsen Prize, attribuitogli dal Canada Council for the Arts.
Numerosissimi anche i suoi contributi teorici, sia in campo musicale che letterario e filosofico:
ma certamente The Tuning of the World – frutto del lavoro legato agli studi condotti nel World
Soundscape Project ma anche di studi specifici condotti sul paesaggio sonoro di Vancouver e
di altri ambienti e città canadesi - spicca per innovazione, chiarezza e completezza di
contenuti, divenendo a buon diritto il testo fondativo di tutta l'ecologia sonora, testo da cui
prende l'avvio una nuova sensibilità acustica e, di conseguenza, anche ecologica.
Non bisogna però confondere lo studio sul paesaggio sonoro con quello sull'inquinamento
acustico: se quest'ultimo si rivolge al benessere della vita dell'uomo sotto l'aspetto della
componente sonora (mirando a studiare e a ridurre le patologie legate al rumore), il primo si
rivolge invece al mondo sonoro inteso in senso più ampio, cioè in senso storico, geografico,
antropologico ma anche simbolico.
Gli studi di Schafer si sono incentrati sull'ambiente canadese, ma è chiaro che le sue riflessioni
e il suo metodo hanno valenza per ogni contesto geografico e storico: e infatti la lezione di
Schafer ha prodotto generazioni di studiosi di paesaggio sonoro e lavori di grande interesse,
declinati sia sul versante dello studio storico del paesaggio acustico che sugli aspetti
eminentemente geografici. The Tuning of the World non è solo uno studio storico, ma una
sorta di compendio dello stato di avanzamento dei lavori nel campo dell'ecologia acustica e in
questo senso è evidente che i trent'anni che ci separano dalla sua stesura ne datano
irrimediabilmente i risultati, affetti da non pochi anacronismi: nonostante ciò l'assunto
metodologico dello studio resta tuttora valido.
In Schafer il paesaggio sonoro è letto in chiave fortemente estetica, "mira cioè ad insegnarci a
porgere l'orecchio ai rumori del mondo, come se fossero un'enorme composizione musicale" :
il senso di identità di un luogo è colto a partire dal suo bagaglio sonoro, nel quale si riflettono
usi, tradizioni, sensibilità, bisogni di tutta la comunità.
Le indagini storiche
Per quanto riguarda le fonti del testo si apre il problema, che lo stesso Schafer rileva più volte,
della labile consistenza della fonte sonora, legata intrinsecamente alla sua natura immateriale,
alla non persistenza della sua traccia. Inesistente dunque l'archeologia sonora, se non per
quanto concerne il rinvenimento e lo studio delle tracce degli oggetti che producono suono o
delle testimonianze letterarie ad esso riferibili. Una svolta è data dall'invenzione della scrittura
musicale e, più recentemente e in senso ancora più decisivo, dall'invenzione dei mezzi di
riproduzione sonora: a partire da questa nuova era di testimonianze sonore la ricostruzione dei
paesaggi è maggiormente praticabile, ferma restando l'impossibilità di cogliere tutta quella
gamma di implicazioni psicologiche che solo la testimonianza diretta può restituire.
Il testo si articola in un'introduzione, cui seguono una prima sezione storica, una di analisi del
paesaggio acustico (la più tecnica, che qui tralasceremo) e un'ultima parte che potremmo
definire di carattere 'progettuale', dal significativo titolo di Verso un'estetica acustica.
Gli studi di Schafer partono dall'assunto che il paesaggio sonoro sia giunto ad un massimo
grado di volgarità, prodotto della diffusione sempre più indiscriminata di suoni incontrollati.
Nella storia della civiltà, prima dell'avvento della scrittura, l'udito era un senso più vitale della
vista, mentre oggi non solo i suoni passano in secondo piano rispetto alla visione ma
addirittura all'uomo occidentale è spesso richiesto di ignorarli. Poiché però, paradossalmente,
il senso dell'udito non può venire 'chiuso' a piacere (la sua unica protezione consiste in un
raffinato meccanismo psicologico in grado di filtrare i suoni indesiderati) si rende necessaria
una nuova educazione ai suoni che ci circondano, sia in senso quantitativo che qualitativo, e di
conseguenza si rende necessario il bisogno di 'ripulire le proprie orecchie'.
Schafer individua tre elementi basilari nello studio del paesaggio sonoro: toniche, segnali e
impronte sonore, chiavi di lettura in grado di spiegare eventi storici ma anche letture
simboliche e percettive. Le toniche sono i suoni preponderanti, abitudini uditive che
determinano profondamente il paesaggio e le attitudini di ascolto degli uomini, spesso
caratteristiche dell'ambiente e del clima (si pensi alle aree lambite dal mare) che hanno natura
archetipica, cioè così profondamente impressa nell'animo delle persone da determinarne
comportamenti e stile di vita generalizzati; i segnali sono i suoni in primo piano ascoltati
consapevolmente, quali campane, fischi, clacson, cioè suoni di avvertimento acustico o codici
per trasmettere messaggi importanti per la comunità; infine le impronte sonore, che Schafer
individua nei suoni comunitari, con caratteristiche di unicità tali da dover essere preservati
come valore sociale.
L'indagine storica in senso acustico – qui elaborata per la prima volta - si pone sul piano della
storia sociale, di quella branca di studi che delle varie epoche storiche ha voluto ricostruire
aspetti della vita e della società rimasti per lo più tra le righe delle storie ufficiali: l'ambiente
acustico è un efficace indicatore delle condizioni sociali che l'hanno prodotto e quindi può
fornire informazioni sulle linee di sviluppo di una determinata società. Dalle fonti letterarie,
quindi indirette (romanzi, poesie, racconti di viaggio, delle quali l'autore tenta di discernere
quelle che appaiono 'di prima mano' da quelle che risultano riportate senza che l'autore ne
abbia mai avuta testimonianza diretta) alle legislazioni sul rumore, Schafer ricostruisce aspetti
oggettivi ma anche simbolici e percettivi dei paesaggi sonori di epoche passate.
Nelle società più antiche Schafer individua le toniche nei suoni del mare, del vento, dei
fenomeni dei movimenti della terra ma anche nei versi degli animali (soprattutto gli uccelli, che
costituiscono toniche che hanno affascinato (3) anche i musicisti) le cui onomatopee, secondo
l'autore, hanno generato molti aspetti delle prime comunicazioni e poi del linguaggio. In questo
capitolo Schafer anticipa anche un concetto interessante, che riprenderà oltre, cioè che "la
definizione dello spazio mediante mezzi acustici è molto più antica della sua definizione
mediante confini e steccati"(4): questo concetto sarà ripreso poi, per esempio, in relazione ai
confini acustici definiti dal suono delle campane.
Con il passaggio alle società rurali, Schafer mette a fuoco un interessante concetto, quello di
hi-fi, cioè di 'alta fedeltà', " un soddisfacente rapporto segnale/rumore in cui il basso livello del
rumore ambientale permette di udire con chiarezza i singoli suoni in maniera discreta. I suoni
si sovrappongono di meno, esiste la prospettiva, c'è un primo piano e uno sfondo"(5). Al
contrario il paesaggio sonoro lo-fi (bassa fedeltà) è quello in cui "i singoli segnali acustici si
perdono all'interno di una sovrabbondante presenza sonora. I suoni scompaiono in un
generico rumore a banda larga; non esiste più prospettiva, tutto si appiattisce in una
percezione uniforme senza primi piani o secondi piani, senza sfondi. E i suoni più ordinari
devono essere amplificati per essere uditi"(6). In questo tipo di paesaggio sonoro - tipico
dell'ambiente urbano e delle civiltà più recenti - non è possibile percepire con chiarezza i
messaggi e i segnali, annegati in un continuo sonoro informe e assolutamente non
comunicativo.
Nella rassegna dei principali rumori legati ai segnali sonori delle società del passato i più
significativi sono quelli legati a due momenti centrali della vita, la guerra e la religione, che
secondo l'autore sono le occasioni di maggior 'inquinamento' del paesaggio sonoro rurale
nell'antichità, gli unici due grandi avvenimenti acustici nella vita di una persona, per lo più
accompagnata da un senso di quiete.
Nelle battaglie antiche, quelle che si combattono ancora corpo a corpo, il rumore fa parte della
strategia militare con cui incutere timore al nemico, rappresentando un fatto strategico di una
certa importanza. Il richiamo sonoro nella religione svolge invece la funzione di raccogliere i
fedeli alla preghiera ma anche di farsi ascoltare da Dio, grazie alla potenza sonora dell'organo
in chiesa: a questo riguardo Schafer con acutezza osserva che l'antico rapporto che pone in
relazione il rumore con il sacro (rumore consacrato) e il silenzio con il profano, nelle società
industriali risulta invertito, in quanto la ricerca del silenzio (interiore ed esteriore) dettata
dall'ascolto della propria spiritualità si contrappone all'invadenza indistinta dei rumori della
quotidianità.
La trasformazione della società rurale in società industriale è preparata da mutamenti delle
toniche del paesaggio acustico, dei quali l'avvento della campana rappresenta il primo in
ordine storico. Le campane iniziano a diffondersi a partire dal sec. VIII e raggiungono una
diffusione capillare nel Medioevo: il loro avvento connota acusticamente, ma anche
fisicamente e simbolicamente, la civiltà della parrocchia, che si distingue da quella della
campagna circostante, in genere vissuta come luogo selvaggio. Nel secolo XIV si assiste poi
all'invenzione dell'orologio meccanico, che diviene, insieme alla campana, il segnale sonoro
più implacabile della società, ancor più preciso e puntuale della campana stessa. Dopo una
serie di toniche di tipo meccanico (rumori dei fabbri, zoccoli dei cavalli, suoni del mulino) il
successivo e importante cambiamento delle toniche è dato dall'avvento dell'elettricità: Schafer
sostiene che "il romanticismo … termina con l'elettricità"(7).
Tra il XVIII e il XIX secolo avviene un altro cambiamento storico nel rapporto tra musica e
ambiente cittadino: "con il ritirarsi della musica colta all'interno delle sale da concerto … la
musica di strada divenne oggetto di un costante disprezzo, di cui è possibile rendersi conto
studiando la legislazione europea contro il rumore…"(8). Le grida dei venditori ambulanti
iniziano ad essere mal tollerate, la musica di strada diviene oggetto di controversia e si assiste
ad una contrapposizione tra musica dei locali chiusi e musica di strada: lentamente il
paesaggio sonoro si trasforma da hi-fi a lo-fi.
Ancora più netto e drammatico il passaggio alla società post-industriale: con la rivoluzione
elettrica, tra il XVIII e il XIX secolo, si sviluppa ulteriormente l'industria ma non si matura
nessuna vera sensibilità verso la dannosità del rumore. Il primo studio medico sul calo d'udito
negli operai è del 1890, in un'epoca peraltro ancora lontana dagli studi sul livello di rumore in
senso quantitativo (ricordiamo che il decibel entra in uso soltanto nel 1928). L'avvento della
fabbrica pone fine anche al legame tra canto e lavoro: la cacofonia del ferro dilaga per la città
ma invade anche le campagne, con la trebbiatrice e le ferrovie i cui rumori sostituiscono quelli
degli antichi mestieri.
Molti rumori della natura sono ormai andati perduti e il rumore delle macchine produce una
tonica di fondo continua a bassa informazione, come una sorta di bordone che funziona da
narcotico uditivo. Le macchine producono suoni rappresentabili con una linea retta, continua e
senza variazioni: infatti se gli impulsi ritmici superano la velocità di 20 cicli al secondo si
fondono e si ha la percezione di un profilo continuo. In acustica la linea retta è una costruzione
artificiale: in natura, dove i suoni nascono, si evolvono e muoiono, è infatti pressoché
inesistente.
La seconda significativa tappa della trasformazione del paesaggio sonoro è segnata dalla
rivoluzioni elettrica, che ha prodotto un rumore continuo di sottofondo (che si assesta intorno a
50-60 cicli), una moltiplicazione delle fonti sonore e una loro massima diffusione grazie
all'amplificazione. Dal punto di vista acustico ha trasformato la società lenta caratterizzata da
suoni discreti in una società veloce in cui i suoni sono per lo più continui: con il telefono e la
radio il suono non è più legato alla propria origine nello spazio, mentre con il fonografo non è
più legato al tempo. Il telefono interrompe la riflessione, contribuisce a frammentare il
linguaggio parlato e abbreviare quello scritto, in una parola a produrre la schizofonia, cioè la
separazione dalla voce, la frattura esistente tra un suono originale e la sua trasmissione
elettroacustica.
Interessante poi l'analisi di Schafer sul rapporto tra rumore e potere nei secoli XVIII e XIX,
quando sono ormai gli industriali a detenere il potere: "Nell'immaginazione degli uomini
l'associazione tra rumore e potere non è mia stata realmente infranta. E' un legame che passa
da Dio al sacerdote, da questi all'industriale e, in epoca moderna, al commentatore televisivo e
all'aviatore". In sostanza il rumore della macchina "…venne mantenuto come segno di potere e
di efficienza", mentre "con il moltiplicarsi nel mondo delle fabbriche e degli aeroporti le culture
vocali locali vengono polverizzate e retrocesse sullo sfondo"(9).
Già nel 1977 Schafer aveva messo a fuoco uno dei fenomeni più inquietanti legati al'uso
funzionale di elementi del paesaggio acustico: quello della società americana Moozak, vera
industria di produzione di musica di sottofondo pensata inizialmente per gli ascensori, costruita
ad arte con elementi molto uniformi (in grado di dare l'effetto del cosiddetto profumo acustico)
e ben presto utilizzata per far aumentare la produzione negli ambienti di lavoro. Dal fenomeno
Moozak nasce poi l'uso indiscriminato della musica nei luoghi commerciali, tonica di sottofondo
in grado di creare un ambiente favorevole all'incremento degli acquisti.
Verso un'estetica acustica
Schafer analizza qui il paesaggio sotto l'aspetto estetico, considerando anche il fatto che il
paesaggio acustico spesso è stato in grado di influenzare le composizioni musicali(10).
L'ecologia acustica è alla base del design acustico, nuova professione cui è affidato il compito
di operare scelte estetiche correggendo la degradazione dell'ambiente acustico, oggi
caratterizzato in negativo dalla capacità di riuscire a coprire e sommergere il suono della voce
umana come nessun evento naturale è mai stato capace di fare. Schafer definisce pulizia
dell'orecchio la capacità di eliminare tutti i suoni nocivi e molesti, per poter riabituare l'orecchio
alla percezione del silenzio - nel quale si possono stagliare e distinguere tutti i suoni
significativi - e all'ascolto consapevole e preparato: "Distaccarsi da una concezione funzionale
dell'ambiente per percepirlo invece, come oggetto di curiosità e di godimento estetico"(11).
Una considerazione interessante riguarda la natura dei suoni sotto l'aspetto delle frequenze:
Schafer osserva che le basse frequenze (il tuono, l'organo da chiesa, il rumore della fabbrica)
hanno la particolarità di toccare l'uomo, hanno cioè una forte componente sensoriale, quasi
tattile, e sono in grado di aggirare ostacoli e quindi di riempire meglio e in modo più uniforme lo
spazio sonoro. La conseguenza è che risulta più difficile localizzarne la fonte e il rumore
appare cupo e privo di direzionalità, in grado di immergere completamente l'ascoltatore (come
peraltro avveniva nelle cattedrali gotiche, in cui si aveva la stessa esperienza di totale
immersione nel suono).
Nelle riflessioni di Schafer emerge l'importante concetto di comunità acustiche, comunità che
in passato erano definite dall'assenza di conflitto tra spazio visivo e spazio acustico,
quest'ultimo definito dallo spazio che la voce umana poteva coprire. In queste culture la voce
determinava naturalmente la pianificazione urbana, soprattutto nei villaggi, dove la
dislocazione delle abitazioni o di altri edifici era determinata dalla possibilità della voce umana
di raggiungere la casa vicina (come nel caso delle fattorie acustiche del fiume San Lorenzo) o
dal fatto che potessero essere raggiunte agevolmente da uno squillo di tromba. Del resto per
Platone la comunità ideale era quella di 5040 individui, coloro cui poteva comodamente
rivolgersi un oratore. Oggi invece lo spazio acustico risulta ampliato a dismisura proprio in virtù
dell'amplificazione del suono, entrando in conflitto con quella spaziale, con la conseguenza
che sempre più l'uomo si ritira negli spazi chiusi per rifuggire dall'invadenza dello spazio
acustico.
Le implicazioni nella progettazione di case e città
Nell'analizzare il rapporto interno/esterno in senso acustico e il rapporto tra spazio e suono, il
discorso si rivolge ad aspetti della progettazione, in quanto l'architettura è chiamata ad
occuparsi sia dello spazio visivo che di quello acustico. Lo spazio infatti modifica la struttura
della percezione del suono (attraverso i fenomeni di riflessione, assorbimento, rifrazione e
riflessione) ma anche le caratteristiche del suono stesso.
A questo proposito Schafer ricorda – ancora una volta - che le antiche società avevano una
cultura fortemente uditiva: certe architetture antiche sono infatti frutto 'di un'interazione
sincronica dell'occhio e dell'orecchio', come il caso del Teatro di Asclepio o della moschea di
Shah Abbas a Isfahan, dove si sente in un unico punto l'eco ripetersi sette volte, accentuando
(come nelle cattedrali gotiche) il carattere sacro e rituale del suono. Se gli architetti e gli
ingegneri del mondo antico conoscevano bene la scienza acustica, i moderni – scrive Schafer
- pare la ignorino del tutto: la progettazione ha cessato di porre attenzione all'acustica quando
gli edifici hanno cessato di essere l'epicentro acustico della comunità e sono diventati solo
contenitori funzionali e spaziali. Duri i toni di Schafer nei confronti della progettazione
architettonica: "Ora gli architetti lavorano per dei sordi… e fino a quando gli architetti non si …
eserciteranno nella pratica della pulizia dell'orecchio l'architettura moderna andrà avanti con la
sua imbecillità"(12).
E qui giunge la proposta, quella della figura del designer acustico, in grado di rimettere
equilibrio tra tutti i sensi dell'uomo in senso olistico, con intenti sia sociali che estetici. I suoi
quattro compiti sono il rispetto per orecchio e voce, la consapevolezza del valore simbolico del
suono, la conoscenza di ritmi e tempi del paesaggio sonoro naturale e la comprensione dei
meccanismi di equilibrio necessari per correggere un paesaggio sonoro compromesso. In
questo lavoro il designer acustico dovrà prestare particolare attenzione alla conservazione
delle impronte sonore di un dato paesaggio, almeno di quelle gradevoli e comunque di quelle
più discrete, che spesso gli stessi abitanti dei luoghi non sono più in grado di cogliere. La
valenza taumaturgica del silenzio è cosa nota, ma ormai il silenzio è un bene sonoro e
acustico tanto raro quanto prezioso. Schafer partecipa ad una sorta di nuova crociata a favore
del silenzio, di quella condizione che dovrebbe essere il giusto sfondo sonoro a segnali e a
toniche per permettere loro di stagliarsi in modo significativo nei nostri paesaggi sonori.
Se oggi il silenzio è considerato un valore negativo, un vuoto corrispondente ad una
interruzione della comunicazione, nelle culture passate era invece un condizione diffusa e
portatrice di valori positivi, di informazioni utili e vitali. Anche il concetto di musica dell'aldilà è
legato a quello del silenzio, inteso in modo positivo come 'perfezione e pienezza'. Del resto
Lao-Tse scriveva: "Abbandonate la fretta e l'attività. Chiudete la bocca. Soltanto allora potrete
comprendere lo spirito del Tao".
Senza negare che la tecnologia e il progresso abbiano portato a un innegabile miglioramento
nelle nostre vite, il testo di Schafer contiene, ancora oggi, l'attuale messaggio che una sana
presa di distanza dagli eccessi acustici dell'evoluzione tecnologica non può che far bene alle
nostre orecchie, alla nostra anima e alla nostra vita. In un recente scritto(13), Schafer
raccomanda nuovamente di tenere le orecchie aperte, ricordando che "grandi rumori, come
quelli dei cannoni, delle campane delle chiese, dei motori a vapore, dei jet, hanno cambiato la
storia non meno dei proclami più altisonanti"(14).
Anche qui le riflessioni del canadese sono volte all'uso consapevole dell'orecchio, organo così
determinante per molte culture e spesso affidatario di compiti di sorveglianza: è il caso
dell'orecchio di Dionigi a Siracusa, caverna cui la tradizione assegna la virtù acustica di poter
amplificare ogni cosa fosse bisbigliata al suo interno, o la sala Dai Hojo del tempio giapponese
Chion-in a Kioto, progettato in modo che chiunque ne calpestasse le assi del pavimento
producesse rumori simili al canto degli usignoli, in grado di allertare le guardie.
Anche le fonti letterarie sono ricche di episodi legati alle percezioni dell'organo uditivo: ne è
piena la letteratura epica, ne sono intrisi i testi di letterari più recenti, con episodi sparsi tra le
righe e – non da ultimo – ne è piena la poesia, da sempre legata in modo indissolubile alla
rappresentazione del suono, veicolato dalla parola.
Concludiamo con una poesia haiku, riportata da Schafer, che nella sua brevità coglie
nell'elemento sonoro l'essenza della paesaggio lacustre:
La voce del cuculo
E' caduta sul lago
Dove giace fluttuando
Sulla superficie (Basho).
Note
(1) C. Serra, La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, Milano, CUEM, 2005, p. 5
(2) Serra, op. cit. p. 6
(3) Da Janequin fino a Olivier Messiaen, che ai versi degli uccelli ha dedicato studi acustici e innumerevoli
composizioni.
(4) R. Murray Schafer, The Tuning of the World, Toronto, McClelland and Stewart Limited, 1977, ed. it., Il
paesaggio sonoro, traduzione di Nemesio Ala, Milano, Ricordi LIM, 1985, p. 54
(5) Schafer, op. cit., p. 67
(6) Ibidem
(7) Schafer, op. cit., p. 90
(8) Schafer, op. cit., p. 99 (9) Tutte le citazioni a p. 112-113.
(10) Oltre ai già citati canti degli uccelli e rumori del campo di battaglia, Schafer ricorda che Haendel abbia
subito il fascino del trambusto della vita cittadina, traducendolo nelle sue opere, che il basso albertino sia stato
probabilmente suggerito dall’andatura del galoppo del cavallo, che i suoni della ferrovia abbiano influenzato il
jazz, senza dimenticare le nuove composizioni - come l’Intonarumori di Russolo - che si ispirano o utilizzano
rumori di oggetti meccanici o di fabbrica, con la conseguenza di polverizzare la differenza tra musica e rumore
e tra paesaggio musicale e non-musicale.
(11) Schafer, op. cit., p. 294
(12) Schafer, op. cit., p. 309
(13) Un suo contributo apre – come si conviene ad un capostipite – la raccolta di saggi in Les Back, Michael
Bull (a cura di), Paesaggi sonori. Musica, voci, rumori: l'universo dell'ascolto, Milano, Il saggiatore, 2008
(14) Les Back, Michael Bull, op. cit., p. 29
Bibliografia
Schafer, Raymond Murray - The Tuning of the World, Toronto, McClelland and Stewart
Limited, 1977, ed. it., Il paesaggio sonoro, traduzione di Nemesio Ala, Milano, Ricordi, LIM,
1985
Serra, Carlo - La rappresentazione fra paesaggio sonoro e spazio musicale, Milano, CUEM,
2005 Les Back, Michael Bull (a cura di) - Paesaggi sonori. Musica, voci, rumori: l'universo
dell'ascolto, Milano, Il saggiatore, 2008
(31 Luglio 2011)
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