Home della Rivista Sfogliamento

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NUMERO UNO
APRILE
2007
la rivista di ambiente dell’associazione Zygena
Sfogliamento
Non è
un pesce
d’aprile!
LE SEZIONI
ARTE
Gli artisti hanno sempre trovato ispirazione osservando la natura,
in tutte le epoche, cominciando dai primi tentativi che
rappresentavano animali e caccia ed arrivando alle più alte espressioni delle
emozioni e della bellezza insita nelle forme naturali.
Natura ispiratrice per l'arte, arte nella natura, bellezza, perfezione, emozione:
guardare l'ambiente con gli occhi dell'artista è davvero un bel modo per osservarlo
BIZZARRIE
Il mondo naturale è una fonte continua di simpatiche curiosità,
bizzarrie e notizie che sembrano incredibili.
Perchè questa sezione?
Perchè l'amore per l'ambiente passa anche per la capacità di saper scoprire gli
aspetti comici della difficile convivenza tra gli esseri umani e le altre forme
viventi.
NATURA
Botanica, zoologia, etologia, ma anche turismo sostenibile,
tradizioni, biodiversità..
La natura ha infiniti aspetti da approfondire, per capire un po' meglio le forme
viventi che ci circondano, noi stessi compresi, in quanto parte di un unico
ecosistema complesso e affascinante.
LA REDAZIONE
“Sfogliamento” è il periodico mensile dell’associazione
di ricerca, consulenza e comunicazione ambientale
“Zygena onlus”.
registrazione Tribunale di Terni n. 04/07 del 26/3/07
Direttore Responsabile:
Fabrizio Manzione
Redattori:
Nicoletta Bettini
Simona Capogrosso
Francesco Donati
Franco Mennella
Gisella Paccoi
Mauro Petrucci
Alessia Vespa
redazione: via del Cassero 5 - Terni
[email protected]
sommario
Numero Uno - Aprile 2007
ARTE
LEGGIAMO IL TÈ
5
INCISIONI RUPESTRI PRE-EGIZIE
20
LA SIGNORA GERMANA
CAFFÈ?
20
GRADISCE UN
UNA RICETTA ANTICA
26
BIZZARRIE
NEL FUTURO L’AMBIENTE È DI CASA
6
LA CHIESA MANGIA-SMOG
8
QUANDO L’ORSO AVEVA LA CODA
9
IN QUESTO NUMERO
Ebbene si. Abbiamo voluto
esagerare, praticamente raddoppiando il numero delle
pagine.
La primavera, e la gioia di
potervi finalmente presentare
il numero uno, ha sciolto le
nostre penne ed abbiamo
scritto, scritto, scritto...
Ci sono degli apporti nuovi,
come “l’opinione”, il punto di
vista di uno scienziato “fuori
dal coro”, e c’è quello che in
una rivista cartacea verrebbe
chiamato l’inserto.
Quattro pagine centrali che
idealmente si possono staccare e portare con sè durante
l’osservazione del cielo notturno, della quale vogliono
essere piccola guida.
Oltre a queste novità, ritroverete gli argomenti consueti.
Sfogliamento ha dimostrato
di poter “mutare livrea” e rinnovarsi, ora tocca a voi: la
casella di posta è a vostra
disposizione! Fateci sapere
cosa vorreste trovare, in più,
o quali sono i punti su cui
dobbiamo insistere; commentate l’opinione, contestatela,
se volete... ne nascerà sicuramente un confronto stimolante.
Insomma, la primavera è arrivata, e noi possiamo finalmente presentarvi il numero
uno.. e non è un pesce d’aprile!
La redazione
L’ORSA DEL CIELO
10
LA SCIENZA IN BIANCO E NERO:
LE ORIGINI DELLE COSTELLAZIONI
12
IL LATTE CHE SALVA
25
NATURA
L’INSERTO DI ASTRONOMIA:
FIRMAMENTO
13
IL PESCE DI APRILE
17
L’OPINIONE: IL DIRITTO DI VIVERE
18
UNO PSICOLOGO PER KNUT
21
UN DANNOSO VAGABONDO
22
SALE, INSETTI E BIODIVERSITÀ
24
RUBRICHE
I POST-IT DEL MESE
4
NOTIZIA DELLE QUATTRO SETTIMANE 23
SFOGLIAMENTO RUBRICHE
se
e
m
l
e
d
t
i
t
s
o
ip
Ci sono nuovi tessuti
capaci di rilasciare essenze
per aromaterapia,
antizanzara e addirittura
tessuti antisporco
Dopo un periodo di
separazione le scimmie
ragno si "salutano"
buttandosi le braccia al
collo.. per dimostrare
di non avere intenzioni
ostili
Progetto "abbigliamento a
chilometro zero":
il tessile made in Italy
riscopre fibre naturali "di
casa nostra", come ortica,
ginestra, canapa e lino
Attenzione al
“pesce scellerato”
(Lagocephalous sceleratus):
è arrivato nei nostri mari
dall’Oceano Indiano ed è
mortale, se ingerito
Il sonno profumato
alle rose
aiuta a ricordare,
stando ad uno studio
recente dell'università di
Lubecca
4
APRILE
SFOGLIAMENTO
ARTE
Leggiamo
il tè
verità e bugie, pregi e difetti..
della seconda bevanda mondiale
GISELLA PACCOI
“Ci sono molti libri sul tè, quasi tutti molto belli e piacevoli per il
contenuto e l’iconografia, pieni di curiosità sulle mode che si
sono succedute nel tempo, ricchi di consigli su come servirlo e
con quali dolci accompagnarlo, pieni di suggerimenti sui
migliori servizi di porcellana o di vetro cui affidarsi per offrirlo
e per gustarlo al meglio.
Ma il tè è anche uno dei principali prodotti del mercato mondiale delle merci e mancava un testo che ne illustrasse, con un linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori, oltre alle
caratteristiche e alle proprietà medicamentose (da alcuni propagandate con un entusiasmo pari solo alla loro superficialità)
anche gli aspetti propriamente merceologici: il ciclo produttivo
dai campi di raccolta alle aste, le diverse classificazioni commerciali, l’interessante storia che molto spesso si è incrociata
con quella maiuscola degli Stati e dei popoli, le sofisticazioni
fraudolente più comuni, le normative che ne regolano il commercio e la vendita, senza tralasciare le diverse tradizioni culturali ad esso legate”
Ecco un breve estratto dall’introduzione di un libro veramente “gustoso”, sotto molti aspetti... proprio come la
bevanda di cui tratta.
Il tè si pregusta, aspettando che sia pronto, ed è per prima cosa una sfida per gli occhi ed il senso del bello; allo stesso modo, questo volume si può sfogliare, osservando le immagini raffinate e curiose.
Il tè si può assaporare, sorso a sorso; paragrafo dopo paragrafo, la prima parte di questo libro narra della storia di
questa bevanda e di come si sia legato a certi eventi, a volte seguendoli, a volte provocandoli.
Il tè si offre secondo dei rituali ben precisi, e si sceglie in base ai gusti e all’umore del momento... così come si può
saltare da un capitolo all’altro, a seconda delle proprie curiosità e di ciò che si vuole scoprire per primo.
Il tè si scurisce, se si lascia la bustina troppo a lungo in infusione (attenzione, però: grazie a questo testo si scopre
che è praticamente inutile lasciarla oltre i cinque minuti, perchè “non si carica” di più.. l’unico effetto che si ottiene
è quello di raffreddare la bevanda, perdendo in parte l’aroma!), così come si “scurisce” il volume nella seconda parte,
cambiando la grafica per presentare in un modo efficace ed essenziale tutte le proprietà chimiche e merceologiche
di questa pianta che non finisce di stupire.
Insomma: si tratta di un libro da avere, per assaporarlo col giusto tempo e scoprirne le molteplici variazioni!
“Il tè, verità e bugie, pregi e difetti” è edito dalla Avverbi edizioni, una casa editrice che ha come
scopo “la promozione e la diffusione della cultura scientifica e razionale”.
www.avverbi.it
[email protected]
5
APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
Nel futuro
l'ambiente è di casa
Architettura bioclimatica
come risposta alla crisi energetica
ALESSIA VESPA
Negli ultimi tempi spesso mi è capitato di parlare con i miei alunni riguardo i cambiamenti climatici attualmente in
atto e vederli seriamente preoccupati per il loro futuro.
Quante volte abbiamo sentito al telegiornale la notizia che i ghiacciai si stanno sciogliendo o che l'uragano di turno
ha provocato seri danni?
Basti ricordare Katrina che nel 2005 ha devastato l'intera città di New Orleans mietendo più di mille vittime, oppure che le temperature sono in continuo aumento.
L'inverno appena passato ne è stato un esempio.
Queste crisi ambientali non sono altro che il risultato dell'alterazione di determinati equilibri. E' vero che la Terra
periodicamente va incontro a fasi glaciali alternate a periodi interglaciali dovute ai cosiddetti moti millenari i cui
effetti, come facilmente s'intuisce, non si manifestano nel corso della vita di un uomo, ma su periodi di tempo molto
più lunghi. Quello che desta inquietudine è la rapidità con la quale questi cambiamenti si stanno verificando per via
dell'intervento antropico. Questo fa sì che la Terra non riesca in così breve tempo a ristabilire il suo nuovo equilibrio.
Tra le numerose domande poste dagli studenti una mi ha particolarmente colpito: "Cosa possiamo fare nel nostro
piccolo per salvaguardare da un ulteriore riscaldamento il nostro Pianeta?"
Questo mi ha portato ad effettuare una serie di ricerche per approfondire il tema delle risorse energetiche rinnovabili nel campo dell'edilizia e nell'assetto urbano.
Ho cercato così di rispondere fornendo loro gli strumenti necessari per capire ciò a cui stiamo assistendo in modo
da poter assumere un ruolo più attivo e consapevole nella nostra società.
Saranno loro i futuri cittadini!
Ho avuto pertanto l'occasione di partecipare alla conferenza "Fonti energetiche compatibili con l'equilibrio del
Pianeta" organizzata dalla Fondazione "Universitas Italica" e presenziata dall' Ing. Pierfranco Ventura (Segretario
Generale STES: Scienziati e Tecnologi per l'Etica dello Sviluppo) e dall' Arch. Valentina Chiodi (Eurosolar Italia).
E' stato proprio l'intervento di quest'ultima relatrice che mi ha fornito degli interessanti spunti per i miei studenti.
Ella proponeva l'architettura bioclimatica come risposta alla crisi energetica.
L'architettura bioclimatica ha come fine quello di creare un legame tra l'uomo, l'ambiente e l'architettura stessa.
E pensare che le sue origini sono antiche. L'uomo nella progettazione delle città prendeva in considerazione l'ambiente in cui l'agglomerato urbano doveva sorgere. Mesa Verde (Colorado) ne è un esempio, si tratta di un insediamento indiano risalente al XIII secolo, costruito in un'insenatura naturale con le case scavate nella parete di roccia
in modo da creare un microclima che attenuasse le forti escursioni termiche stagionali a cui la zona era sottoposta.
In Italia esempi di tale architettura li ritroviamo a Perugia e a Venezia che sono state disposte in funzione della
direzione dei venti.
Successivamente tutto ciò è stato dimenticato. Attualmente si cerca seppur a fatica di cambiar direzione, rivoluzio6
APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
nando il modo di progettare, di costruire, di fare urbanistica.
L'edilizia incide fortemente sui consumi globali di energia
ed è responsabile di una buona parte dell'inquinamento.
In virtù di quanto detto soprattutto nel nord Europa,
come in Svezia (Malmo, Amersfoort città completamente
fotovoltaica) e in misura minore in Italia (Bolzano) si è
deciso di ridurre i consumi energetici mediante fonti energetiche alternative, progettando case in base al clima.
Ed ecco nascere la KlimaHaus o Casaclima.
Si tratta di abitazioni in cui sono presenti collettori solari,
finestre con vetri particolari (termoisolanti), muri esterni
isolati termicamente, struttura a tenuta d'aria e che sfrutta al massimo l'energia solare.
Ciascuna Casaclima viene contrassegnata da un'etichetta in funzione all'efficienza energetica, la targhetta A ad esempio è assegnata alle abitazioni che presentano un indice termico inferiore a 30 kWh/mq annuo.
I problemi connessi a questo tipo di edifici sono principalmente due ai quali però è possibile trovare una soluzione:
1.
si tratta di case in costruzione, monoblocco. Nella maggior parte delle città abbiamo edifici già costruiti e
non monoblocco, sui quali però si possono effettuare degli interventi per aumentare il risparmio energetico
(es. maggiore accortezza nella scelta degli infissi) e nel caso di condomini si possono installare sistemi di
energia solare con boiler singoli oppure un unico sistema centralizzato che tra l'altro ha anche il vantaggio
di ridurre i costi.
2.
i costi elevati, ma che a lungo termine vengono ammortizzati. Alcuni comuni hanno deliberato degli
incentivi.
Questo è un esempio di applicazione delle energie rinnovabili e rappresenta già un buon inizio per le attuali e future generazioni.
A queste ultime il compito di continuare su questa strada per la salvaguardia del nostro Pianeta.
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APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
La chiesa
mangia - smog
Salva i fedeli e se stessa
dall’inquinamento
NICOLETTA BETTINI
Si parla spesso di inquinamento atmosferico e dei danni che esso provoca alle persone.
Oltre a questo ce ne sono tanti altri, molti sono delle vere e proprie insidie.
Ad esempio quello "indoor", il più vicino a noi, provocato dai solventi, detersivi,
colle che usiamo quotidianamente, ma anche dai materiali e dalle vernici che utilizziamo per rallegrare gli ambienti in cui viviamo.
Per evitare questo tipo di inquinamento fu proprio Giovanni Paolo II a volere la
prima chiesa ecologica.
E' situata nel quartiere romano di Tor Tre Teste ed è stata progettata dal famoso
architetto Richard Meier, a cui fu commissionato anche il Museo dell'Ara Pacis.
Voluta come simbolo del Giubileo e terminata nel 2003, la Chiesa assomiglia ad un'enorme barca costituita da tre
vele auto-portanti (simbolo della Trinità) che avvolgono l'edificio, come gonfiate dal vento proveniente da est. Essa
doveva dare l'idea di una Chiesa che solca i mari del Terzo Millennio.
La cosa che più incuriosisce è che, a distanza di qualche anno dalla sua edificazione, la Chiesa ci appare ancora
perfettamente bianca.
Questo perché è stato utilizzato un materiale innovativo, il Tx Active Arca.
E' un cemento bianco capace di autopulirsi, permettendo di mantenere inalterata la brillanza dei materiali nel
tempo e riducendo le sostanze inquinanti dal 20% al 70%.
Il suo principio attivo, il Tx Active, tramite un fenomeno naturale detto fotocatalisi, permette la trasformazione di
sostanze nocive, organiche e inorganiche, in composti innocui. Oltre a questo il cemento è formato per il 95% ÷
100% di clinker bianco e da costituenti secondari minori.
Per ideare questo prodotto ci sono voluti 10 anni di ricerca, prove ed applicazioni ottenendo alla fine il brevetto.
La sua particolare formulazione è indicata per opere edilizie di particolare pregio per preservarle dai danni provocati dal nostro peggior nemico: l'inquinamento atmosferico.
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APRILE
SFOGLIAMENTO BIZZARRIE
Quando l’orso
aveva la coda
Un mito eschimese spiega
perchè l’orso non ha più la coda
SIMONA CAPOGROSSO
Una volta, anche l'orso, come tutti gli animali, aveva una bellissima coda.
Ma un brutto giorno…
Faceva un freddo intensissimo e l'acqua dei fiordi era tutta gelata.
Un pescatore trovò ugualmente il modo di prendere una buona cesta di pesce. Fece un buco nel ghiaccio e vi introdusse la sottile fune di pelle di foca dai molti ami. I pesci, che sotto lo strato del ghiaccio da vari giorni non avevano
veduto esche appetitose, abboccarono immediatamente e in breve tempo la cesta fu piena. Il pescatore la caricò sulla
slitta e si diresse verso il suo igloo.
Ma la volpe che aveva osservato tutto e da una settimana, a causa della tormenta, era rimasta a denti asciutti, ne
pensò una delle sue. Si drizzò in mezzo alla pista, lunga e rigida che pareva morta da almeno due giorni. Quando il
pescatore vide la pelliccia spiccare sul bianco della neve, si rallegrò della sua fortuna. Prese la volpe per la coda e la
buttò nella cesta dei pesci, credendola morta. La bestia, maestra del fingere, si lasciò buttar giù come un sacco vuoto
e per un po' di tempo rimase immobile, mentre il pescatore riprendeva a tirare la slitta sulla neve.
Dopo un po' di tempo, la volpe cominciò ad armeggiare con le zampe, in modo da far cadere, uno dopo l'altro, molti
pesci lungo la strada. E quando le parve il momento buono, non vista, fece un balzo.
Tornando indietro raccolse via via i pesci che aveva fatto cadere, mangiandoli beatamente. Aveva già divorato un
certo numero di pesci, quando avvertì la presenza di un orso. Questo, attratto dal buon odore dei pesci, era subito
accorso. La sua pelliccia era tutta bianca, come era bianca la sua coda, più bella ed elegante di quella della stessa
volpe.
"Buon appetito, comare" disse l'orso con l'acquolina in bocca. "dove hai trovato tutti quei pesci?"
"Li ho pescati" rispose prontamente la volpe che non voleva dividere con lui la sua preda.
"Pescati? E con che cosa?"
"Oh bella, con la coda!"
"Con la coda?" ripeté l'orso tentennando la testa come era sua abitudine. "Si capisce" esclamò la volpe fingendosi
offesa dall'incredulità dell'orso. "Perché il Creatore ci avrebbe fatto la coda così lunga, se non dovesse servire a pescare?". L'orso stentava a credere ciò che la volpe diceva, ma si arrese quando l'astuta bestia gli insegnò il modo di
pescare.
"Vai lungo questa pista e vedrai un buco nel ghiaccio. L'ho fatto io per immergervi la coda. Tu troverai tutto pronto.
Non avrai che da infilare la tua coda dentro quel foro e attendere che i pesci si attacchino ai peli della tua coda".
"E poi?"
"Nient'altro, amico. Buon appetito!".
L'orso non ci stette a pensare su. Ringraziò in fretta e furia la volpe e corse lungo la strada segnata dalle tracce della
slitta. Giunse al fiordo ghiacciato e trovò il foro. Non ci poteva essere dubbio. La cosa era proprio come gli aveva
detto la volpe.
Pieno di gioia, l'orso infilò la lunga coda nel foro e vi si sedette comodamente sopra, in attesa di sentire i pesci mordere i peli. Allora avrebbe tirato su la coda di scatto e la pesca sarebbe stata fatta. Attese a lungo, ma nessun pesce
abboccò. Attese ancora. Intanto la sera calava e il freddo si faceva sempre più intenso. Tanto intenso che l'acqua del
foro gelò, stringendo in una morsa la coda dell'animale.
Quando l'orso sentì tirare (ma era il ghiaccio che faceva presa!), pensò che molti pesci si fossero attaccati alla coda.
"Ci siamo!" pensò. E di scatto, con un balzo, tirò a sé la coda con gran forza. Provò un acutissimo dolore e non poté
reprimere un terribile ululato. Si volse indietro, credendo di vedere i pesci e……che vide? La parte più bella della sua
lunga coda era rimasta prigioniera del ghiaccio, staccata di netto dagli orli gelati del foro.
Da quel giorno l'orso polare conservò la sua bella e calda pelliccia bianca, ma rimase senza coda.
Ed è un vero peccato, perché senza coda sta proprio male!
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APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
L’orsa
del cielo
Le sette stelle del Grande Carro,
sempre visibili nel cielo notturno
SIMONA CAPOGROSSO
Viviamo nelle città e la notte siamo così circondati di luci che abbiamo perso l'abitudine ad ammirare la vera luce
della notte. Le stelle. Quei puntini luminosi e tanto lontani che si trovano lì da milioni di anni, in posizioni così particolari da permetterci di immaginare forme, inventare storie e creare leggende.
La più famosa tra queste costellazioni è quella dell'ORSA MAGGIORE.
È molto più grande di quello che si pensi ma la sua parte più conosciuta è il gruppo di sette stelle che formano il
Grande Carro. L'orsa maggiore si trova in prossimità del Polo Nord celeste ed è sempre visibile nei nostri cieli.
Nella mitologia greca l'Orsa s'identifica con Callisto, una bellissima ninfa della corte di Artemide, dea della caccia. Indossava abiti uguali a quelli della dea, come lei teneva i capelli legati e teneva la tunica chiusa da una spilla;
divenne presto la compagna preferita di Artemide, cui fece voto di castità.
Un pomeriggio, mentre se ne stava sdraiata sul suo arco a riposare in un ombroso boschetto, la scorse Zeus che rimase incantato. Astutamente, Zeus assunse l'aspetto di Artemide e si avvicinò a Callisto, che non si aspettava l'arrivo
della dea, e le diede un affettuoso benvenuto.
Zeus le si sdraiò accanto, l'abbracciò, le manifestò la sua vera identità e, prima che la ragazza, allarmata, potesse reagire, la fece sua, nonostante Callisto gli si opponesse con tutte le sue forze. Poi se ne tornò sull'Olimpo, lasciando la
fanciulla piena di vergogna e incapace di affrontare Artemide e le altre ninfe. In un afoso pomeriggio di qualche mese
dopo, il gruppo di cacciatrici arrivò nei pressi di un fiume dalle fresche acque e decise di fare il bagno. Artemide si
spogliò e precedette le altre, ma Callisto se ne restò sulla riva. Sollecitata a spogliarsi, lo fece con molta riluttanza,
rivelando così il suo avanzato stato di gravidanza. Scandalizzata, Artemide la bandì per sempre dalla sua vista.
Le cose andarono ancora peggio quando Callisto diede alla luce il figlio Arcas.
Era, la moglie di Zeus, non aveva perso tempo ad accorgersi dell'infedeltà del marito ed era decisa a vendicarsi sulla
sua rivale. La trasformò in un'orsa; e per quindici anni, Callisto vagò per i boschi sotto le spoglie di orsa, ma la sua
mente era rimasta umana.
Era stata cacciatrice e adesso era cacciata.
Un giorno Callisto e suo figlio Arcas si incontrarono. Lei lo riconobbe e cercò di avvicinarglisi ma non poté fare altro
che grugnire per manifestargli la sua gioia nel rivederlo, ma lui indietreggiò terrorizzato e l'ignaro ragazzo, si difese,
tentando di ucciderla. L'avrebbe trafitta con una lancia se non fosse intervenuto Zeus, mandando una tromba d'aria,
che trasportò i due in cielo.
Era si arrabbiò ancora di più quando scoprì che la sua rivale era stata innalzata alla gloria del cielo, si consultò con
Teti e Oceano, dei del mare, suoi genitori adottivi, e li persuase a non permettere mai all'orsa di bagnarsi nelle acque
dell'emisfero boreale. Infatti, come si vede dalle latitudini medio-settentrionali, l'orsa non scende mai sotto l'orizzonte.
Grazie all'importanza di Ovidio questa è la versione più nota del mito dell'Orsa Maggiore.
10
APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
Nella mitologia degli Indiani Pellerossa, le quattro stelle del carro rappresentano una grande orsa, le tre del
timone sono tre coraggiosi cacciatori che la seguono per le montagne.
La stella più vicino all'orso rappresenta l'arciere, la seconda stella il secondo cacciatore che trasporta sulle spalle una
pentola e il terzo sta più indietro per raccogliere la legna per il fuoco.
Nella tarda primavera, l'orsa si risveglia dal letargo ed esce dalla tana, la corona boreale.
Un cacciatore, Chickadee, la vede, ma essendo troppo piccolo per cacciarla da solo, chiama altri cacciatori in aiuto.
Verso est, si osservano tre cacciatori Chickadee, Pettirosso, uccello-Alce inseguire l'orsa.
Nei caldi giorni d'estate, la caccia prosegue in cima alla montagna dove fa più fresco, e le sette stelle si trovano alte
nel cielo. Alla fine dell'estate, i tre cacciatori aspettano l'orsa alla base della montagna; l'orsa attaccata si alza sulle
zampe posteriori e si appresta a difendersi ma l'arciere, Pettirosso, prende la mira, la ferisce e la fa cadere all'indietro sulla schiena; Pettirosso si avvicina alla preda e viene completamente coperto di sangue.
Ecco, allora, che vola sopra un bosco di aceri cercando di pulirsi. Ci riesce, eccetto per una piccola macchia sul petto,
e il sangue finisce sulle foglie degli alberi tingendole di rosso. Ecco che è l'autunno.
Chickadee raggiunge la preda e con Pettirosso tagliano l'orsa, accendono il fuoco, cuociono la carne in pentola, quando è ora di mangiare arriva uccello-Alce. Tutti si rifugiano nelle caverne per passarvi il freddo inverno e su nel cielo,
lo scheletro dell'orsa giace sulla schiena ( le stelle dell'Orsa, d'inverno, sono sottosopra rispetto alla Stella Polare). Il
suo spirito è entrato in un'altra orsa che si trova dentro la tana e sta dormendo il lungo sonno invernale, le sette stelle sono basse sull'orizzonte. Finisce l'inverno e arriva la primavera, e i tre cacciatori ripartono per la caccia e riprendono a inseguire l'orsa.
I Romani chiamavano, invece, il gruppo dell'Orsa Maggiore septem-triones, cioè i sette buoi aratori, perché il ruotare di queste stelle intorno al polo aveva suggerito l'immagine dei buoi che arano un campo girando intorno. Da
come gli antichi Romani chiamavano questa costellazione, deriva la parola settentrione, per indicare il nord.
Rappresentano un piccolo mistero le dimensioni della coda; è probabile, come dice Thomas Hood, che Zeus nel lanciare l'orsa in cielo, la prese per la coda e quella si allungò.
E dopo aver letto queste storie, penso che sarebbe veramente affascinante se riuscissimo a guardare il cielo stellato
più spesso, a farci avvolgere dal mantello azzurro e lasciarci ispirare dalle forme, dalle posizioni e dalla luminosità
delle stelle per crearne di nostre.
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APRILE
SCIENZA IN BIANCO E NERO
Le origini
delle costellazioni
C’è stato un momento in cui
la scienza ai ragazzi si raccontava così...
DA: ENCICLOPEDIA
“IL TESORO”, 1939
Nelle lunghe ore notturne gli antichi pastori della Caldèa, mentre vigilavano il loro gregge dormente, sdraiati sul fieno odoroso presso le capanne sparse, seguivano il lento migrare delle stelle da oriente verso occidente;
le vedevano sorgere, passare alte nel cielo, tramontare, sempre aggruppate nei soliti aspetti, e riconoscevano notte per notte quei silenziosi
gruppi scintillanti.
Ammiravano il velo argènteo della Via Lattea che pareva fluttuare tra le
stelle; osservavano la Luna nei suoi diversi aspetti, notavano ch’essa non
viaggiava per il cielo sempre col medesimo gruppo stellare, ma bensì
migrava tra esse; e i pensosi pastori osservavano che, come la Luna, alcuni altri corpi celesti, dalla luce placida, ferma, non scintillante come quella delle stelle, migravano essi pure capricciosamente tra le figure delle
costellazioni, fscendo parte ora dell’una ora dell’altra.
Cominciarono così a far differenza tra stelle fisse e corpi erranti o pianeti.
I navigatori fenici, intanto, che avevano spirito pratico, osservarono il
cielo con altri scopi, poichè avevano notato che nelle stelle potevano trovare punti di riferimento invariabili per mezzo dei quali rintracciare la
via sull’oceano.
Scoprirono così la posizione del polo celeste immobile tra le stelle, e conquistarono in tal modo l’impero dei mari.
I popoli nòmadi dell’antico oriente associarono gli aspetti del cielo alle loro migrazioni, e le fantastiche figure delle
antiche mitologie guidarono, nelle notti stellate, intere tribù migranti attraverso montagne e deserti...
Naturalmente queste figure non sono visibili che con gli occhi dell’immaginazione: non hanno assolutamente nulla di reale; ciò non di meno è indispensabile saper riconoscere le costellazioni per poterci ritrovare nell’innumerevole sciame di stelle, ricordando che i nomi delle costellazioni hanno oggi soltanto lo
scopo di designare una plaga del cielo dove sempre si ritrovano certe date stelle.
12
APRILE
SCIENZA IL CIELO STELLATO
l’inserto di astronomia:
FirmaMento
Il cielo stellato al binocolo
in primavera - prima parte
FRANCESCO DONATI
E' abbastanza comune la convinzione che per osservare il cielo notturno e gli oggetti celesti si debba per forza disporre di un telescopio.
In realtà pochi immaginano che anche un comune binocolo l'osservazione del cielo può diventare un piacevole hobby
perseguibile da chiunque, e non stiamo nemmeno parlando di binocoli costosissimi di manifattura professionale ma
semplicemente dei comuni binocoli che quasi tutti abbiamo in casa magari riposti in qualche cassetto o usati raramente in qualche osservazione naturalistica.
La cosa importante è usare il nostro binocolo in modo adeguato e sapere bene in che direzione
bisogna puntarlo.
Per iniziare l'osservazione della sfera celeste è opportuno infatti seguire prima qualche accorgimento.
Primo fra tutti, ovviamente, il binocolo stesso. Procuratevi un binocolo semplice del tipo 6x30, 7x50, 8x35 (in ogni
binocolo il primo numero indica il numero di ingrandimenti, mentre il secondo indica il diametro in mm della lente
obiettivo), se già non lo possedete è possibile comprarne uno di buone prestazioni ad un prezzo accessibile.
Procuratevi anche un treppiede su cui montare il binocolo stesso in modo così da poterlo utilizzare in tutta comodità.
Tenere il binocolo fermo con le sole mani alla lunga stanca e l'inevitabile tremolio delle mani provoca l'oscillazione
del campo visivo e non agevola di certo l'osservazione.
Se proprio non riuscite ad ottenere un cavalletto potete comunque distendervi su una sedia a sdraio poggiando i
gomiti sui pioli laterali per aumentare la stabilità e la fermezza. Regolate poi la sdraio a vostro comodo a seconda
dell'altezza del campo di cielo che intendete osservare.
È altresì consigliabile eseguire le osservazioni sotto un cielo buio il più possibile lontano dai centri cittadini dove l'inevitabile inquinamento luminoso disturba moltissimo la visione.
A questo punto arriva il momento cruciale di ogni serata osservativa, ossia cosa osservare:
La Luna è sicuramente il primo oggetto che attirerà la vostra attenzione, sia per la sua facilità di localizzazione, sia
per la bellezza che essa suscita e per la quantità di dettagli che è possibile osservare. Non vi sarà difficile infatti localizzare decine di crateri più o meno grandi, enormi bacini e montagne più o meno elevate (in quest'ultimo caso puntate il vostro strumento sulla linea del terminatore in una notte di luna crescente o calante e avrete modo di osservare il profilo delle montagne lunari più grandi).
La Luna è grande circa ¼ della Terra con un diametro di circa 3500 Km e si trova ad una distanza approssimativa
di 300000 Km dalla Terra. Le formazioni geologiche più marcate della Luna sono osservabili già ad occhio nudo. A
prima vista è possibile distinguere zone di colore più chiaro e zone di colore scuro. Le prime si chiamano Terrae, le
seconde vengono chiamate Mari Lunari o Mària. Il termine rappresenta ovviamente una nomenclatura di comodo
dal momento che sulla Luna non esistono mari veri e propri come quelli che abbiamo qui sulla Terra.
Sulle Terrae si possono osservare le montagne lunari di differenti altezze e crateri di vari tipi e dimensioni. Si presentano dall'aspetto più chiaro perché costituite da rocce anortositiche in cui prevalgono ossidi di calcio e alluminio
ed il KREEP (rocce costituite da potassio, terre rare e fosforo).
I Mari Lunari sono di colore più scuro in quanto costituiti da rocce basaltiche ricche di ferro, non presentano strutture in rilievo e sono stati chiamati spesso con nomi immaginari o di fantasia. Esistono poi mari isolati o di dimensioni più piccole che, a seconda dei casi, sono chiamati Palus (Palude), Lacus (Lago) o Sinus (Baia).
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APRILE
SCIENZA IL CIELO STELLATO
Per la nostra prima serata osservativa sulla Luna abbiamo scelto un oggetto ben evidente: Il Mare
Imbrium.
Il Mare Imbrium si trova nel settore centro settentrionale della Luna e rappresenta per estensione la seconda pianura lunare (circa 900.000 Km2).
La sua evidente struttura circolare è circondata quasi completamente da catene montuose (sul lato S-SE si distende
la catena degli Appennini (lunghezza circa 950 Km), sulla zona est si trova la catena del Caucasus.
Ad ovest dei monti Caucasus abbiamo le Alpi lunari, distese lungo il lato N-NE per circa 200 km ed in cui vi sono
cime alte oltre i 4000 metri.
Nell'area nordovest del mare Imbrium vi è una zona chiamata Sinus Iridum.
E' una insenatura ben visibile e delimitata ad est dal promontorio di Cape Laplace mentre all'estremità occidentale
si innalza il promontorio di Cape Heraclides.
Dato che la Luna è sicuramente l'oggetto più bello ed affascinante da osservare con un binocolo,
vi dedicheremo un approfondimento su ogni articolo di questa rubrica
Per avere
le mappe
ad una
risoluzione migliore, si suggerisce di
scaricarle
dalla versione online dell’articolo.
LUNA PIENA COME PUÒ APPARIRE NELLA NOTTE DEL 2 APRILE
Altri oggetti celesti semplici da osservare sono i pianeti, non tutti ovviamente, ma solo i più grandi e luminosi.
Come riconoscere se un astro nel cielo è un pianeta del sistema solare o una stella della nostra galassia?
È molto semplice: le stelle brillano di luce propria e all'osservazione presentano una luce intermittente, i pianeti
invece brillano di luce riflessa (quella del nostro Sole) e all'osservazione presentano una luce fissa ed immobile.
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APRILE
SCIENZA IL CIELO STELLATO
Nel cielo primaverile di questi giorni se puntate il binocolo in direzione sud è facilmente visibile il pianeta Saturno.
Saturno
Lo si può osservare molto bene nella prima parte della notte a metà strada tra le costellazioni del Cancro e del Leone
(vedi cartina).
Saturno è famoso per i sui caratteristici anelli; miliardi e miliardi di rocce e piccoli detriti che orbitano attorno al pianeta e che se visti da enorme distanza sembrano proprio un'aureola che circonda il pianeta nella fascia equatoriale
di esso.
Poco ancora si sa sulla genesi degli anelli di Saturno.
Secondo una teoria potrebbero essere il risultato della disgregazione di una o più lune di saturno a causa dell'attrazione gravitazionale.
Forse rimarrete delusi dal fatto che con i modesti ingrandimenti di un binocolo gli anelli non sono un granchè visibili, ma non per questo l'osservazione del pianeta deve essere trascurata.
Magari.. chi possiede occhi di lince!...............
IMMAGINE OTTENUTA CON SKYMAP CONSIDERANDO ROMA COME LUOGO DI OSSERVAZIONE,
22 CIRCA DEL 15 APRILE
ALLE ORE
Osservare le stelle per la prima volta al binocolo è sempre un esperienza che si ricorda piacevolmente.
Il binocolo infatti, pur con il suo limitato ingrandimento, è in grado di farvi apprezzare una delle caratteristiche principale degli astri del cielo: il loro colore.
Ad occhio nudo siamo in grado di riconoscere il colore giallo, oppure rosso o ancora azzurro solo per un numero
molto limitato di stelle.
Tutte le altre ci appariranno essenzialmente bianche.
Con il binocolo invece possiamo già cominciare a scoprire che molti degli astri che ci sembravano di colore bianco
sono in realtà di un colore diverso. Il colore delle stelle è in funzione della loro temperatura superficiale. Le stelle di
colore rosso sono le stelle più fredde con una temperatura superficiale di circa 3000 gradi, le stelle gialle come il
nostro Sole sono astri di temperatura compresa tra 5000 e 6000 gradi. Le stelle di colore bianco sono stelle più calde
e ancor più quelle di colore azzurro che sono caldissime con temperature superficiali che arrivano anche a 60000
gradi. Non bisogna confondere le temperature superficiali di una stella con le temperature che si hanno all'interno
di esse. Le temperature dei nuclei stellari infatti sono molto più elevate potendo arrivare anche e decine di milioni
di gradi.
Quindi abbiamo imparato che solo con la semplice osservazione di un astro siamo in grado di poterne carpire una
semplice informazione della sua temperatura esterna.
15
APRILE
SCIENZA IL CIELO STELLATO
A prescindere da ogni osservazione, è fondamentale imparare ad orientarsi nel cielo e a riconoscere le costellazioni
in ogni stagione dell'anno.
Per far questo, il primo passo è imparare a localizzare la posizione dei 4 punti cardinali: Nord, Sud, Ovest ed Est.
Troviamo il Nord innanzitutto.
Andate in uno spazio aperto in modo da poter avere una visione del cielo completa di 360°.
Alzate gli occhi e cercate la figura del grande carro che rappresenta la costellazione dell'Orsa Maggiore. Ha la forma
di una pentola con il suo manico. Non è difficile trovarla nel cielo in questa stagione dal momento che si trova ben
alta e visibile quasi allo zenit (il punto sopra la vostra verticale che incontra la sfera celeste). È in posizione rovesciata con le "ruote" verso l'alto (più di come appare nella cartina!). Il Grande Carro è utilissimo per localizzare una stella fondamentale del nostro cielo boreale. Prolungando infatti la distanza tra le ultime due ruote del carro si arriva
aduna stella di colore bianco: è la stella Polare. La stella polare (il cui nome arabo è Alrukaba, ossia "Ginocchio") è
stella più vicina al polo nord celeste. È la stella che è stata impiegata per secoli da navigatori ed esploratori per orientarsi sulla superficie terrestre. A causa di piccole perturbazioni periodiche nel moto di precessione dell'asse terrestre,
accade che la posizione dei poli celesti cambia rispetto alle costellazioni e il prolungamento ideale dell'asse terrestre
non cade sempre in prossimità della stessa stella; come conseguenza di ciò, periodicamente, diverse stelle della
nostra galassia diventano "polari". La polare dista dalla nostra Terra circa 350 anni luce (un anno luce rappresenta
la distanza in Km che percorre un raggio luminoso in 365 giorni e corrisponde a circa 9600 miliardi di Km!!!), ha
una temperatura superficiale di circa 7000°C, una massa circa 8 volte quella del nostro Sole e una luminosità circa
1600 volte maggiore.
Dal momento che l'asse di rotazione terrestre punta sulla stella polare, essa quindi rimane ferma nel cielo (ed è così
da secoli). Guardando verso nord quindi, le costellazioni che si trovano vicine alla stella polare descriveranno una
traiettoria circolare attorno ad essa e saranno quindi sempre visibili nel corso dell'interno anno compiendo un giro
completo attorno ad essa in 365 giorni (la stessa cosa accade nell'emisfero australe per le costellazioni attorno al polo
sud celeste).
Andiamo adesso ad osservare il cielo verso est.
Nel cielo di est la stella più luminosa di questa stagione è senza dubbio Arturo nella costellazione di Bootes (il
Bifolco). Se proprio non riuscite a trovarla niente paura, l'osservatore del cielo, seppure inesperto, ha sempre tanti
assi nella manica da giocare. Tornate quindi a nord e localizzate di nuovo il Grande Carro. Prolungate poi la curva
descritta dalle stelle del timone del carro e arriverete facilmente a localizzare Arturo. Non a caso questa stella viene
soprannominata "Il guardiano dell'Orsa" proprio perché sta lì, immobile non molto distante come se la sorvegliasse. Arturo è una stella gigante di colore rosso (è quindi grandissima ma fredda, la sua temperatura superficiale è
"appena" 4000 gradi), ma il colore che riuscirete a percepire al binocolo è principalmente arancione. Seppure è una
stella fredda, è comunque una stella molto luminosa di magnitudine zero (la magnitudine è una scala di luminosità
delle stelle e ne parleremo in un prossimo numero) con luminosità 90 volte quella del Sole, ed è la quarta stella in
ordine di luminosità di tutta la volta celeste.
Accanto ad Arturo e alla costellazione di
Bootes potrete facilmente notare un piccolo numero di stelle che formano un piccolo semicerchio. Si tratta della costellazione della Corona Boreale, una piccola
costellazione che si trova nel punto più
alto in cielo intorno alla metà di maggio.
La stella più brillante da osservare si
chiama Gemma (nome arabo Alphekka,
la cui traduzione potrebbe essere "Chiave
del mendicante"). È distante circa 80
anni luce, è 45 volte più luminosa del
Sole.
Il prossimo mese... proseguiremo
l’osservazione di altri astri presenti nel cielo primaverile!
IMMAGINE OTTENUTA CON SKYMAP CONSIDERANDO ROMA COME LUOGO
DI OSSERVAZIONE
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APRILE
SFOGLIAMENTO
NATURA
Il pesce
d’aprile
Le origini di una burla
tormento dei creduloni
DA:
“LUNARIO” DI ALFREDO CATTABIANI
Giorno dedicato agli scherzi, il primo di aprile continua a mietere vittime tra i creduloni.
Ma com’è nata l’usanza di fare scherzi in questo giorno?
Secondo una leggenda, la creazione terminò il primo aprile. In quel giorno il Signore, sistemate tutte le cose, se ne
tornò in cielo.
I primi uomini erano come storditi; non sapevano da dove cominciare. Si misero a cercare cibo e un riparo per la
notte, ma erano intralciati dai più incapaci. Per liberarsene e lavorare più tranquillamente, i più scaltri li inviarono
lontano a prendere cose inesistenti.
Un’altra versione sostiene invece che il primo di aprile ricorderebbe il giorno in cui Noè mandò per la prima volta
fuori dall’alrca la colomba che girò inutilmente sulla distesa delle acque senza trovare nemmeno un pezzetto di terra
emersa.
Nessuna delle due versioni, però, spiega il perchè del “pesce”, mentre c’è una novella che svelerebbe il mistero, affermando che l’usanza sarebbe nata in un paese di mare per dileggiare gli abitanti di un colle vicino:
“Alcuni cittadini, arrivati al lido il giorno di primo aprile, ed appiccato discorso co’ pescatori oziosi in quel dì, ebbero il desiderio di pescare anch’essi, lusingati chi sa con quante belle parole che avrebbero fatto una grossa pesca, e
tanto più abbondante quanto più la barca pescereccia fosse spinta lontano ove sono alte le acque.
Sì, sì, andiamo, dissero quelli del colle: basta che qualcuno di voi ci faccia compagna a guida più sicura della barca.
Dato de’ remi in acqua, andarono lontano lontano finchè i pescatori novellini gettarono la rete; e gira rigira il docile legno sovrasta le chete acque.
Dopo alquanto tempo sollevarono speranzosi la rete; ma la sentono leggera, e già la riaffondano: il che, fatto e rifatto più volte, e rimasta sempre la speranza delusa; e visto che il sole declinava all’occaso, stanchi e rotti dalla fatica,
e straniati dalla stizza ritrassero la rete, la quale non aveva saputo raccogliere neppure un misero pesciolino.
I creduloni pescatori più lentamente che nell’andare ritornarono al lido confusi e, come ognuno può credere, burlati e derisi.
Seppero essi poi che nell’aprile, al sopravvenire della tiepida e vaga stagione, anche i pesci ne godono, e si raccolgono facendo gruppo insieme giù nell’imo fondo delle acque, ove depongono le ova, secondo che loro insegna l’istinto.”
17
APRILE
SFOGLIAMENTO OPINIONI
Il diritto
di vivere
Uno scienziato
lancia un grido d’allarme
MAURO PETRUCCI
Negli ultimi tempi si è parlato molto del rispetto della vita e di come questa debba essere difesa dagli attacchi di chi
la "mercifica".
Pensiamo a tutte le discussioni sulle cellule staminali embrionali e sul pericolo di creare copie di noi stessi soltanto
come magazzini di organi; alle discussioni riguardanti i diritti degli embrioni e alla rimessa in discussione della legge
sull'aborto, trattata sempre più spesso come un comportamento da campi di sterminio nazisti, ma dimenticando che,
sempre nei limiti di una legge umana quale essa è, ha risolto moltissimi problemi relativi agli aborti clandestini e alla
salute, nonché ai diritti delle donne.
Si parla molto di eutanasia, legata a situazioni cliniche estreme, indipendenti dalla volontà di coloro che né sono
afflitti.
In questi casi tutto si può vedere tranne che vita e si condannano alla pubblica commiserazione, in nome di una
sacralità astratta e non appartenente alla realtà né alla dignità umana, quei "deboli" che hanno avuto tanta forza da
rendersi conto di non essere in grado di seguire, purtroppo, le regole di questo mondo.
Tutti questi discorsi, su cui si deve discutere fino all'inverosimile, perché riguardano il nostro modo di vivere, sono
troppo spesso intrisi di ideologia, tanto politica quanto religiosa, invocando un diritto naturale troppo spesso prostituito alle esigenze delle nostre idee.
Ma quel che è peggio è che il rispetto della vita che pervade questi argomenti viene abbondantemente dimenticato
quando i problemi da affrontare sono molto più vicini e, soprattutto, reali.
Pochissime voci, e in rarissime occasioni, si sono alzate per denunciare una minaccia al diritto a vivere molto più
pericolosa; una minaccia subdolamente mascherata, come sempre accade in questi casi, da azione utile e necessaria
per rendere migliore un servizio e per offrire un prodotto di qualità migliore a tutti.
Sto parlando dei progetti sulla privatizzazione dell'acqua.
Purtroppo, sebbene cominci a venire fuori qualche cosa soltanto adesso, naturalmente non sui canali ufficiali, ma
cercando qua e là su internet, questa operazione, almeno in Italia, ha già fatto passi da gigante (fonte blog di B.
Grillo).
Lungi dal fare un discorso ideologico e qualunquista, vorrei soffermarmi su alcuni semplici aspetti e sulle conseguenze certamente verosimili, vista la natura umana.
Aspetti riguardanti il fatto che in un futuro non troppo lontano, qualcuno sarà padrone dell'acqua che beviamo e,
indirettamente, del carburante che useremo.
Chiunque può rendersi conto di questo pericolo rileggendo un qualsiasi manuale di scienza delle scuole, in cui è
scritto a chiare lettere che l'acqua è il principale costituente degli organismi viventi, essendo presente con una percentuale intorno al 75%.
È facile capire che chi possiederà l'acqua, possiederà materialmente le nostre vite!
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APRILE
SFOGLIAMENTO OPINIONI
Per vivere visto, che senza acqua moriremmo tutti, dovremmo pagare, ed in maniera sempre più salata, qualcuno
per bere!
Qualcuno che, costituendo società a fini di lucro, avrà come unico scopo quello di fare soldi con un diritto, questo si
naturale, che è quello di bere e, quindi, di vivere.
Inoltre, tornando al discorso energetico, va da se che, quando una o più società deterranno la proprietà dell'acqua,
avranno anche il potere sulla produzione di Idrogeno, il carburante delle nostre future auto.
Infatti non dimentichiamo che l'unico modo per produrlo, in maniera relativamente pulita, è di estrarlo dall'acqua…
Le guerre per il petrolio, per quanto siano violente, non saranno nulla se confrontate con quelle che scoppieranno
per accaparrarsi le risorse idriche.
Vorrei dire a tutti coloro che vorrebbero dettare le regole della nostra etica, della nostra morale e dei nostri valori,
di qualunque area politica essi siano, di qualunque confessione religiosa essi rappresentino, di occuparsi dei problemi del mondo, quello vero, non del loro mondo fatto di chiacchiere propagandistiche e, quindi, inutili.
Qui stiamo parlando di un problema serio, di un problema che rischierà di produrre divisioni all'interno della società umana e di scatenare l'odio tra la gente, arrivando a compiere gesti estremi magari soltanto per un bicchiere d'acqua.
A questo punto mi chiedo soltanto una cosa, l'aria già ce la fanno pagare o stanno cercando un modo per venderci
anche quella?
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APRILE
SFOGLIAMENTO
ARTE
LA NATURA NELL’ARTE
LA FOTO DEL MESE
Incisioni rupestri
pre-egizie
La signora Germana
gradisce un caffè?
In una valle fossile si trovano straordinarie testimonianze.. di ecosistemi scomparsi
Gli animali si abituano facilmente alla presenza dell’uomo,
se questa significa qualche gustoso bocconcino
C’è una zona, in Libia,
nella quale si trovano
incisioni
rupestri
databili tra i seimila
ed i diecimila anni fa,
ossia precedenti alle
prime grandi civiltà
Assira ed Egizia.
Ora la regione del
Mathendusc ospita
solo una valle fossile, caratterizzata da pietre levigate,
ma diecimila anni fa la situazione era ben diversa. In
quel momento il Sahara rappresentava un ambiente
ottimale per la vita dell’uomo.
Anche se rappresentati in forma mistica, come figure
grottesche metà uomo e metà animale (le stesse che si
ritrovano nell’arte e nella religione egizia), nelle incisioni appaiono animali come antilopi, coccodrilli, ippopotami, mucche (come Hator, la mucca divina che tra le
corna porta il disco solare) ed ibis.
Non solo: gli animali domestici sono raffigurati ben
separati da quelli selvatici, con una precisione “naturalistica” impressionante.
per saperne di più si
può visitare il sito da
cui sono tratte le foto,
www.sahara.it
All’inizio, ci siamo abituati a vedere i piccoli passeri saltellare tra un tavolino e l’altro di un caffè all’aperto, in
cerca dei resti delle colazioni.
Poi, sono arrivati i piccioni.
In questo bar, al centro di un parco pubblico che ospita
- tra gli altri - anche degli esemplari di germani reali,
una mattina questa “paperella” (germano femmina) si
aggirava tra le sedie in cerca di spuntini.
La convivenza tra specie diverse, si sa, è possibile solo
se ci sono sufficienti risorse per entrambe.
Il gestore di questo bar è tanto generoso da permettere
alla “signora Germano” e a questo impertinente piccione di condividere la colazione senza azzuffarsi.
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APRILE
SFOGLIAMENTO
NATURA
Uno psicologo
per Knut
Nello zoo di Berlino
c’è un orsetto che avrà problemi comportamentali
GISELLA PACCOI
Ogni tanto l’opinione pubblica è scossa da storie strappalacrime che fanno palpitare i cuori e che poi, nella migliore
tradizione buonista, finiscono bene, nel generale sospiro di sollievo.
In questo caso, sotto i riflettori (e nei cuori di grandi e piccini) c’è l’orsetto Knut, un cucciolo di orso polare nato lo
scorso dicembre nello zoo di Berlino da una orsa da circo.
La storia è nota: Knut -ed il suo fratellino gemello - vengono rifiutati dalla madre, che li abbandona; i veterinari dello
zoo cercano di salvarli, ma sopravvive solo Knut, dopo 44 giorni di incubatrice ed una serie ininterrotta di “poppate” al biberon.
Ad un certo punto, la notizia che passa è: “un orso polare intrappolato in uno zoo e cresciuto in cattività potrebbe
subire gravi sofferenze da adulto, avrebbe disturbi comportamentali e la reclusione in queste condizioni viola anche
la legge sulla Protezione degli Animali. Sarebbe dovuto essere soppresso appena nato”.
"Non è appropriato che questo predatore cresca e sia “addomesticato con un biberon”, è anche l'opinione del direttore dello zoo di Aquisgrana, Wolfram Ludwig, dove qualche mese fa si è verificato un caso simile con un orsetto
labiato - poi ucciso con un'iniezione.
Per favore, facciamo chiarezza.
Ci sono troppi fattori mescolati come un minestrone da libro Cuore. Non si può confondere la tenerezza che un cucciolo come questo ispira, ed il desiderio che possa vivere, con le regole della scienza e della conservazione animale.
Per avere a che fare con queste ultime bisogna evitare di “umanizzare” gli animali, proiettando su di loro tutte le
emozioni ed i percorsi mentali che abbiamo noi. Gli animali provano emozioni ed hanno percorsi mentali, ma sono
i loro, e non necessariamente coincidono con i nostri.
Facile pensare che mamma orsa abbia rifiutato i cuccioli perchè “non voleva per loro un destino di cattività come il
suo”. Ma questo è un punto di vista umano.
Probabilmente, invece (ed i lunghi giorni di cura lo dimostrano) l’orsa non si è voluta occupare dei piccoli perchè ha
obbedito alla legge di natura secondo la quale chi non sopravvive... semplicemente non sopravvive. In natura non ci
sono incubatrici, antibiotici per endovena ed altre strumentazioni: c’è la selezione.
Un orso che cresce in cattività avrà in qualunque caso dei problemi, da giovane e
da grande, sia che la mamma lo abbia abbandonato, sia che invece lo abbia allevato nel migliore dei modi.
Non ci si può scandalizzare se quello che dovrebbe essere un fiero animale selvatico diventa invece confidente e docile verso chi lo ha nutrito, e si abitua alla presenza umana.
A parer mio ci si dovrebbe scandalizzare della sopravvivenza degli zoo, ma questa
è un’altra storia... ed è un’opinione emotiva, non da naturalista.
La decisione, secondo me, va presa a monte. Si vuole che negli zoo ci siano animali? Allora si può permettere agli “ospiti” di riprodursi, sapendo che i nuovi nati
avranno tutti problemi comportamentali.
Si vuole risparmiare a qualunque forma vivente un destino di cattività? Allora non
si sopprimono i nuovi nati.. si somministrano contraccettivi alle femmine.
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APRILE
SFOGLIAMENTO
NATURA
Un dannoso
vagabondo
Un piccolo insetto...
causa di grandi danni
NICOLETTA BETTINI
Si chiama "Rhynchophorus ferrugineus" (RPW nella dizione degli anglosassoni) o "Punteruolo Rosso", il coleottero
curculionide sterminatore di palme che sta minacciando anche quelle del nostro paese.
Spinto dai cambiamenti del clima e dalla sua tropicalizzazione, ha viaggiato per più di 8.000 km, da Sumatra fino
all'Europa occidentale, arrivando in Europa con l'importazione di palme ornamentali dal nord dell'Africa.
Attacca numerose Arecaceae: Phoenix canariensis, Phoenix dactylifera,
Phoenix sylvestris, Washingtonia sp., Livistona decipiens, Areca catechu,
Arenga pinnata, Borassus flabellifer, Cocos lucifera, Caryota maxima, Caryota
cumingii, Corypha elata, Corypha gebanga, Elaeis guineensis, Metroxylon
sagu, Roystonea regia, Sabal umbraculifera, Trachycarpus fortunei.
Questo parassita compie il suo ciclo vitale (circa 4 mesi) all'interno della
palma.
La femmina depone circa 300 uova bianco giallastre, di 1-2 mm, alla base delle
foglie giovani, sulle ferite delle foglie o nelle cavità del tronco, preferendo
quelle già debilitate dal vento, dalla potatura o dalle ferite.
Nell'arco di 5 giorni le uova si trasformano in larve bianco-ocra di 5 cm di lunghezza (o anche più) che, scavando tunnel, divorano tutto il materiale fibroso.
TRACHYCARPUS FORTUNEI
Durante l'ultimo stadio sono apode, piriformi, con capo scuro, brillante.
Una volta matura, la larva cessa di alimentarsi, costruisce un bozzolo (5 x 2,5 cm) con
le fibre della pianta per trasformarsi in pupa, giallastra.
LARVA
L'adulto ha un colore rosso ferruginoso, le dimensioni variano da 2 a 5 cm di lunghezza ed è caratterizzato da un rostro che, nei maschi, è ricoperto di peli, l'apparato
masticatore presenta delle potenti mandibole.
Generalmente il "vagabondo" non si sposta su una nuova pianta finché non ha completamente distrutto quella in cui vive.
I primi segnali dell'infestazione sono i fori da cui fuoriesce un liquido brunastro e viscoso, provocati dalle larve che,
dai piccioli delle foglie della corona o dallo stipite, si spostano internamente. Le larve sono talmente voraci che talvolta si può udire il rumore provocato dal rosicchiamento interno.
Il danneggiamento del meristema principale, porta ad una morte rapida della pianta, le foglie centrali e il germoglio
apicale cadono lateralmente, rimanendo quasi penzolanti e appoggiate sulla corona fogliare sottostante.
Non esiste una regolamentazione specifica di lotta obbligatoria al R. ferrugineus, così come per la Processionaria del
pino o il Cancro colorato del Platano, ed i risultati ottenuti in laboratorio non si riflettono sul campo.
22
APRILE
SFOGLIAMENTO
NATURA
La lotta biologica non ha trovato ancora specie da utilizzare efficacemente e su larga scala.
Sono da escludere i prodotti ad azione di contatto poiché il coleottero vive all'interno della pianta, mentre vengono
utilizzati prodotti chimici (quali esteri fosforici) o del tipo sistemico, che entrano nel sistema linfatico della pianta.
O ancora prodotti di tipo citotropico, assorbiti dagli strati superficiali della pianta, i più dannosi per l'uomo.
Si possono associare a questi metodi di lotta anche le trappole ecologiche con feromone e insetticida.
E' importante anche disinfestare tutte le palme vicine a quelle malate con trattamenti preventivi, irrorando la chioma e lo stipite, eliminare le foglie secche evitando lesioni allo stipite.
Per circoscrivere un' eventuale infestazione non basta il semplice taglio delle piante malate e lo smaltimento. In questo modo si rischia che qualche adulto sfugga, oppure le larve terminino il loro ciclo e infestino altre palme in luoghi più lontani. Le parti tagliate devono essere chiuse in teli di plastica ed essere bruciate.
Il punteruolo oltre a determinare la morte delle palme, causa notevoli danni ambientali e paesaggistici, con conseguenti gravi ripercussioni sull'economia turistica delle città costiere, poiché priva quest'ultime dell'aspetto tropicale
che si vuol dare ai turisti in vacanza.
Allora, riflettendo, possiamo chiederci perche' volere una palma adulta, con il rischio che muoia dopo pochi anni,
quando potremmo piantare da un seme una giovane palma che in pochi anni potrebbe raggiungere dimensioni considerevoli?
Si potrebbero così piantare molte più palme, evitando la distruzione di quei patrimoni naturali che sono le oasi.
Le palme adulte, poi, dovrebbero avere un passaporto fitosanitario poiché in esse, potrebbe annidarsi una grande
quantità di insetti nascosti e rimanere inosservati anche dopo un accurato esame.
Secondo i dati del servizio fitosanitario della Regione Lazio, la pericolosita' del punteruolo, non iscritto come organismo da quarantena per la Ue, e' stata evidenziata nelle liste dell'Eppo (European and Mediterranean Plant
Protection Organization) che lo classificano al livello di 'Alert', cioe' di allerta.
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APRILE
SFOGLIAMENTO
NATURA
Sale, insetti
e biodiversità
la “salamoia” delle saline
ospita una nuova specie di insetto
FRANCO MENNELLA
Spesso è semplicemente questione di punti di vista.
Vivo a Trapani da sempre e i mucchi di sale che riverberano il
rosso del tramonto, i fenicotteri che si posano sulle vasche salmastre, l'odore e i rumori delle Saline sono una costante alla
quale troppe volte non riesci a dare il giusto valore.
Poi vai ad un incontro dove si parla della scoperta di una nuova
specie d'insetto che vive tra quelle vasche ed allora ti rendi conto
che ciò che avevi sempre considerato semplicemente uno scorcio
di panorama, per altre vite è un intero mondo.
Il professore Bruno Massa, docente di zooecologia e biodiversità
alla Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Palermo, ha
presentato la recente scoperta di un insetto rinvenuto all'interno della Riserva delle Saline di Trapani e Paceco.
Si tratta di una specie nuova per la scienza, diversa da altre simili presenti in nord Africa e nel Mediterraneo occidentale, ed attualmente nota a livello mondiale soltanto per un'area oltremodo ristretta, situata proprio all'interno
della Riserva delle Saline.
Nell'incontro si è parlato di come, ovviamente, questa scoperta accresca il valore della Riserva stessa e il suo significato come "scrigno di biodiversità". Ed a testimoniare l´importanza della scoperta, era presente anche Fulco
Pratesi, Presidente nazionale del WWF.
Tutto questo, però, mentre si discute della possibile riperimetrazione della Riserva, che combatte una sua guerra
quotidiana con l'Area di sviluppo industriale che scelte dissennate del passato le hanno posto proprio a ridosso, e
con l'interporto che preme ai suoi confini.
Adesso, a difendere questo "piccolo mondo" c'è anche questo nuovo "compagno di strada", un esserino minuscolo
e neanche particolarmente bello, per la verità, ma comunque un altro essere vivente che chiede di vivere nel suo
mondo.
La sua vita verrà pesata, così come il resto della selvaggia bellezza
delle saline trapanesi, nel bilancino economico dei costi e dei benefici,
ma comunque il nostro piccolo amico è riuscito ad attirare l'attenzione su di se ed il suo mondo.
Non risolverà il problema, ma quando tutti ti guardano è più difficile
distruggere dissennatamente un patrimonio inestimabile…
24
APRILE
SFOGLIAMENTO
BIZZARRIE
Il latte
che salva
gli asini
salvati dalle femmine?
GISELLA PACCOI
Gli asini stavano correndo il rischio di estinguersi.
Non molti lo sapevano, forse solo i conservazionisti, gli appassionati e quei pochi coraggiosi che, a dispetto delle
apparenze e lottando contro i mulini a vento, continuavano a voler allevare esemplari di una specie assolutamente
particolare ed unica - come ogni specie, del resto.
Poi, la svolta: la notizia che il latte d’asina è una sostanza dalle sorprendenti proprietà alimentari e cosmetiche.
Forse Poppea non lo sapeva, che ciò che rendeva liscia e morbida la sua pelle era l’enzima chiamato lisozoma, e
che grazie a lui poteva proteggersi anche da microrganismi nocivi, per via delle sua proprietà antibatteriche ed
antivirali, ma i suoi bagni nel latte d’asina sono diventati comunque leggendari, tanto che l’industria cosmetica già
se ne serviva abbondantemente per i propri prodotti... prima che gli scienziati scoprissero che questo latte può
essere tranquillamente bevuto anche da chi ha problemi di allergie ed intolleranze.
Il numero di persone, in particolare bambini, che non possono assumere latte di mucca è cresciuto in modo esponenziale, negli ultimi anni (secondo il presidente della Coldiretti, ogni anno nascerebbero 15 mila bambini con
questo tipo di intolleranze); questa scoperta ha indicato una fonte alternativa di calcio e sostanze nutrienti, allo
stesso tempo povere di grassi, che è stata immediatamente apprezzata: oggi vengono venduti circa 700 mila litri di
latte d’asina.
Se vi sembrano molti... pensate che sono solo il 10% della produzione del
latte di mucca.
Grazie a questa “riconversione”, la popolazione di asini è in breve tempo
aumentata di ben 5mila unità, tra Italia, Spagna e Francia (i soli paesi dove
sono presenti razze endemiche).
Insomma: sembra proprio che il pericolo estinzione sia per il momento
scongiurato... è proprio il caso di dire che le femmine stavolta hanno salvato
la specie!
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APRILE
SFOGLIAMENTO
ARTE
Una ricetta
antica
Profumatissima frittata di erbe
per la mattina di Pasqua
GISELLA PACCOI
Ingredienti:
10 uova
4 salsicce
1 etto e 1/2 pancetta
2 - 3 etti di asparagi
2 carciofi
2 etti di spinaci
strigoli
2 agli freschi
2 cipolle fresche
qualche foglia di:
- menta romana
- mentuccia
- maggiorana
- salvia
- prezzemolo
- erba della Madonna
- rosmarino
Pasqua, non è un mistero, è la versione cattolica dell’antichissima festa della
fertilità, che si celebrava in onore della primavera, della rinascita delle piante
e della nuova vita che arriverà.
Di queste tradizioni pagane resta una gustosa testimonianza nella “frittata di
Pasqua”, intricata riunione di erbe che non manca mai sulle tavole umbre
della colazione di Pasqua... e che ora potrà comparire su quelle di chi si vorrà
cimentare seguendo questa ricetta.
Come si procede:
Si puliscono gli spinaci, gli strigoli, la menta e la mentuccia, il rosmarino,
la salvia, l’erbetta, l’aglio e la cipolla.
Si fa bollire l’acqua e, ad ebollizione, si versano tutte queste verdure per 2
- 3 minuti circa.
Si versa dell’olio in una padella da 30 cm, e si aggiungono le salsicce sbriciolate e la pancetta a pezzetti, facendole soffriggere.
Si aggiungono gli asparagi ed i carciofi (entrambi puliti e a pezzetti) e si
friggono a fuoco lento, lasciando evaporare.
Si versano ora le verdure che sono state sbollentate, dopo averle strizzate.
Si amalgama il tutto per 5 - 6 minuti a fuoco lento.
Si versano ora le uova, in precedenza battute ed insaporite leggermente (ci
sono già salsiccia e pancetta!) e si alza il fuoco.
Si fa restringere la frittata, voltandola da entrambi i lati.
IN UNA VECCHIA RICETTA SI LEGGEVA QUESTA NOTA A MARGINE:
Al mercato si può ancora acquistare il cosiddetto “mazzetto”, composto già da tutte le erbe aromatiche. Accertatevi
però che ci siano tutti gli ingredienti sopra elencati, e che siano nella giusta quantità.
Se non ci sono o sono scarsi acquistateli a parte.
Può anche esserci un rametto di finocchio selvatico, ma a non tutti piace perchè è “saccente” rispetto agli altri
aromi.
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APRILE
SFOGLIAMENTO RUBRICHE
La notizia delle quattro settimane
Ambra conserva
I più vecchi microrganismi inclusi in ambra, vecchi di 220 milioni di anni, sono stati trovati in Italia, a Cortina
d'Ampezzo sulle Dolomiti.
Questi microrganismi, simili a quelli che oggi si riscontrano in batteri, alghe, protozoi e funghi, sono simili in
maniera stupefacente alle specie ancora oggi esistenti.
Così conservati, questi fossili sono sopravvissuti a tutti gli sconvolgimenti della Terra che, per esempio, 65 milioni
di anni fa fecero scomparire i dinosauri.
Effusioni da ricongiungimento
Le scimmie ragno, quando si ritrovano dopo un momento di lontananza, si buttano l'una tra le braccia dell'altra, a
volte attorcigliando addirittura le code tra di loro.
Queste scimmiette vivono in piccoli gruppi dai quali talvolta si separano per andare in cerca di cibo.
E il momento del ricongiungimento è potenzialmente carico di tensione, poiché si potrebbero scatenare combattimenti per accaparrarsi il cibo procurato.
Ma non tra quelle che si abbracciano: le effusioni sarebbero un modo per dimostrare l'assenza di intenzioni ostili
Dovremmo far pagare il biglietto!
Ogni giorno sulla nostra pelle ospitiamo un vero e proprio zoo di microrganismi.
Dal censimento dei batteri presenti sul braccio (in particolare, su quella parte di braccio compresa tra polso e incavo del gomito) di sei volontari, 3 uomini e 3 donne, sono saltate fuori 182 specie diverse.
"Non solo abbiamo trovato più batteri di quelli che ci aspettavamo - ha dichiarato Martin Blaser, che ha guidato lo
studio - ma alcuni, esattamente l'8%, non erano mai stati osservati prima. La nostra pelle è come uno zoo".
Uno stomaco a specchio per nascondersi dai predatori
Sottili come fogli di carta, completamente trasparenti o bioluminescenti: alcuni abitanti dei fondali marini del Golfo
del Messico hanno dovuto adattare tutti i loro organi, per nascondersi agli occhi dei predatori, diventando praticamente "invisibili".
Alcuni di loro hanno addirittura lo stomaco "a specchio", per riflettere l'acqua del mare e nascondere così anche il
più piccolo pezzo di cibo.
Da parte loro, però, anche i predatori si sono attrezzati, sviluppando occhi speciali capaci, ad esempio, di identificare la luce polarizzata.
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APRILE
Periodico on-line della
Associazione Zygena Onlus
Direttore Responsabile:
Fabrizio Manzione
Coordinatore di redazione:
Gisella Paccoi
Impaginato il 31/03/2007
[email protected]
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