Basi Biochimiche dell'Azione dei Farmaci AA 2012-2013 Estratti degli Approfondimenti tenuti dagli studenti. Ofelia Carlotti; [email protected] -L'Anoressia Nervosa. Luca Quattrini; [email protected] -L'Effetto Placebo: il potere della mente sul corpo. Stefania Bibbiani; [email protected] -L'epilessia dei video game: il primo disordine causato dall'innovazione tecnologica. Margherita Cantone; [email protected] -Hypericum Perforatum Lorenzo Sbrana; [email protected] -Basi Biomediche del Glaucoma. Lorenzo Sbrana; [email protected] -Il succo di pompelmo : interazioni farmacologiche. Matteo Ramacciotti; [email protected] -L'alimento Latte Matteo Tonlazzerini; [email protected] -Nicotina, Alcol e loro interazioni. Alessio Rossi; [email protected] -PERCHE' INVESTIRE SULLE CELLULE STAMINALI: RICERCA DI UNA NUOVA TERAPIA DEL PARKINSON. Chiara Pratali; [email protected] -Plasticità sinaptica nel sonno: l'apprendimento, l'omeostasi, e la malattia. Mattia Bassi; [email protected] -I disturbi d'ansia. Carlo Piagentini; [email protected] -Marijuana: negative and positive effects and other. Roberta De Nozza; [email protected] -I cibi e la depressione Elena Cappelli; [email protected] -Triptofano ed alimentazione Rossella Fusaro; [email protected] -Ketamina; Da sostanza d’abuso a farmaco d’interesse Gioia Lorenzini; caffeina-zolpidem. [email protected] -Il paradosso dell’interazione Ofelia Carlotti; e-mail : [email protected] L'Anoressia Nervosa. Questo approfondimento tratta del ruolo di peptidi oppioidi, di Cortisol Releasing Factor (CRF), di Grelina e Leptina nella Anoressia Nervosa. Secondo il modello di Yeomans, la causa scatenante la patologia è una dieta. Tale modello afferma che “La fame iniziale porta ad un rilascio di peptidi oppioidi che danno gratificazione inducendo una dipendenza che in seguito si traduce in un adeguamento alla fame cronica”. Questa dipendenza porta ad uno stato di stress, causato principalmente dalla costante paura di prendere peso. Paura e stress portano ad un maggior rilascio di CRF che, attraverso l’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, porta ad un aumento di cortisolo. Tale ormone, inibendo il sistema mesolimbico dopaminergico responsabile del comportamento nella ricompensa, inibisce la gratificazione iniziale, portando ad un adeguamento dell'organismo alla mancanza di cibo. L'approfondimento è così articolato: una prima descrizione generale della patologia, a cui fa seguito la descrizione dei fattori coinvolti ed il loro ruolo nella eziopatogenesi della malattia. Infine sarà valutata la possibilità di esacerbare la patologia anche a seguito di una risposta immunitaria conseguente ad una infezione. Luca Quattrini; e-mail: [email protected] L'Effetto Placebo: il potere della mente sul corpo. Un placebo non è come generalmente si pensa una sostanza inerte, ma è l'insieme di azioni, parole ed abitudini, che influenzano il cervello del paziente. L’effetto placebo è dunque un effetto terapeutico, che va oltre il principio attivo. Per le cure di alcune patologie è molto importante; ad esempio, nella terapia antidepressiva costituisce circa il 25% dell’effetto totale. Lo scopo di questa presentazione è di dividere i diversi aspetti dell'effetto placebo ed analizzare singolarmente ogni fattore che li regola. In primo luogo c’è l’Aspettativa che utilizza i circuiti dell’ansia e della ricompensa. Tramite diversi esperimenti si è infatti dimostrato che l’effetto placebo contribuisce ad abbassare l’ansia situazionale ed a produrre quindi un effetto benefico, soprattutto sulla percezione del dolore. Analizzando invece l’effetto opposto, il nocebo, si è visto che l’ansia verso lo stimolo doloroso aumenta provocando un’iperalgesia, agendo soprattutto con il circuito CCKergico (colicistochinine= ormoni della sazietà). Inibendo infatti quest’ultimo circuito si ha una scomparsa dell’iperalgesia ansia indotta. Il circuito della ricompensa è anche coinvolto nell’effetto placebo tramite il sistema dopaminergico mesolimbico; grandi quantità di dopamina vengono rilasciate in seguito ad un effetto placebo e queste inibiscono il dolore, agendo insieme al sistema oppiode endogeno, che possiamo considerare l’antagonista di quello CCK-ergico. Un altro potente fattore che contribuisce all’effetto placebo è l’Apprendimento, infatti tramite un processo di condizionamento (associazione dell’ attività di un farmaco ad uno stimolo condizionato, come l’odore e il sapore di una bevanda) è stato dimostrato che l’effetto terapeutico diventa molto più potente. In generale il condizionamento è un processo che va a rinforzare l’aspettativa causando quindi la maggiore efficacia di quest’ultima. Come forma di condizionamento potente esiste anche l’Apprendimento Sociale, che consiste nell’osservazione di altri individui. Nell’aspetto della Variabilità Genetica rispetto alla risposta di ciascun individuo sappiamo poco; l’unico fatto dimostrato è la dipendenza da alcuni polimorfismi genici nella depressione e nel disturbo da ansia sociale. Molti studi sono tuttavia in corso. Nei meccanismi descritti un fattore comune è sicuramente il Controllo Prefrontale dei circuiti coinvolti nell’effetto placebo:. In malattie come l’Alzheimer, nelle quali queste aree cerebrali sono danneggiate, l’effetto placebo è di fatto inesistente. Alcuni esperimenti in cui sono state bloccate artificialmente queste interconnessioni neuronali, sia con farmaci, sia con Stimolazione Magnetica Transcranica, hanno dimostrato l'importanza del controllo prefrontale. Da questo emerge che in malattie come il morbo di Alzheimer si deve considerare la mancanza dell’effetto placebo quando si somministra una terapia. Concludendo, in generale quando viene somministrato un farmaco, una complessa serie di eventi si susseguono fino ad arrivare ad un effetto totale terapeutico. Difficile da capire è a cosa veramente sia dovuto quest’effetto, se al principio attivo in sé, se ai meccanismi di aspettativa e ricompensa, o ad una interazione tra questi ed il principio attivo. Utilizzando somministrazioni “nascoste” si eliminano i meccanismi di aspettativa e si vide che alcuni farmaci chiaramente attivi in somministrazioni “normali” diventano inefficaci eliminando l’effetto placebo. Stefania Bibbiani; e-mail: [email protected] L'epilessia dei video game: il primo disordine causato dall'innovazione tecnologica. L'epilessia, un complesso eterogeneo di sintomi, è una patologia cronica caratterizzata da convulsioni ricorrenti. Le convulsioni sono episodi acuti di disfunzione cerebrale che derivano da un'attività anomala dei neuroni. Nel corso di un attacco epilettico vengono attivate in modo sincrono ampie popolazioni di neuroni e alla base di questa attivazione c'è un onda di depolarizzazione parossistica. La sincronzzazione della scarica dei neuroni nei focolai epilettici è mediata da connessioni eccitatorie tra i neuroni corticali, mentre l'inibizione sinaptica può contribuire a limitare la diffusione dell'attacco epilettico. La scarica cellulare anomala può essere causata da molti fattori (tumori, ischemie, traumi, infezioni e stati tossici), ma in circa la metà dei pazienti non è possibile individuare l'eziologia precisa. Studi eseguiti sui neuroni del focolaio epilettico hanno dimostrato la presenza di potenziale depolarizzante a rapida insorgenza nella fase di inizio dell'attacco, generato da un potenziale post-sinaptico eccitatorio più grande del normale. Durante l'attacco epilettico il normale equilibrio tra inibizione ed eccitazione è alterato a favore di quest'ultima quindi un potenziale post-sinaptico eccitatorio può innescare l'insorgenza di una raffica di potenziali d'azione dentritici che sommandosi provocano la comparsa di un'ampia e prolungata depolarizzazione. E' dimostrato che è possibile indurre un attacco epilettico in seguito a particolari stimoli fisici o chimici di determinate zone cerebrali; un esempio nell'epilessia fotosensibile. In particolare analizzeremo una sottoclasse di questa epilessia denominata epilessia da video game (abbreviato VGE). La storia dell'epilessia fotosensibile proviene dall'antichità classica ma solo con l'avvento della tecnologia ricevette la giusta attenzione. L'epilettogenicità dello schermo televisivo fu inizialmente attribuito ad un malfunzionamento della macchina, ma dal 1950 in poi furono riportati numerosi casi di attacchi epilettici causati dallo schermo televisivo. Si capì che l'epilettogenicità dello schermo tv era dovuto a luci tremolanti e lampeggianti per cui si limitò la frequenza dei flash al ritmo di tre al secondo. Inoltre fu dimostrato che sebbene la fotosensibilità giochi un ruolo importante nella VGE, fattori quali specifiche attività cognitive, processi decisionali, movimenti delle mani, ansia, eccitamento emotivo, fatica e privazione di sonno, tutte azioni legate ad un periodo di gioco prolungato, dovrebbero essere inclusi tra le cause dell'insorgenza dell'attacco epilettico. La VGE colpisce maggiormente tra i 7 ed i 19 anni e non perché questi soggetti siano predisposti ma perché è la fascia di età in cui si utilizzano abitualmente i video giochi; inoltre l'attacco epilettico può essere di vario tipo ma nella maggior parte dei casi si manifesta con crisi tonico-cloniche, mioclonia e perdita di conoscenza. Per evitare l'insorgenza dell'attacco epilettico nei soggetti che soffrono di VGE si consiglia di mantenere una distanza superiore a 2 metri dallo schermo e prendere pause frequenti durante l'esposizione ai video. Margherita Cantone; e-mail: [email protected] Hypericum Perforatum Questo approfondimento ha lo scopo di illustrare le caratteristiche biochimiche e farmacologiche della pianta medicinale Iperico, anche detta Erba di San Giovanni, attraverso l’indagine di numerosi studi pubblicati su Database internazionali, quali PubMed, Scopus, Google Scholar e Cochrane library. I dati presi in considerazione riguardano pubblicazioni che vanno dal 1994 al 2012. Sono stati approfonditi i seguenti punti: Utilizzi in ambito farmaceutico: dove e come viene utilizzata; Composizione generale e principi attivi; Basi biochimiche della depressione, come disfunzione di alcune vie neurotrasmettitoriali; Meccanismo d'azione antidepressiva dell’Iperico: molecole responsabili di tale azione e target molecolari (recettori dell’uptake dei neurotrasmettitori di serotonina, dopamina, noradrenalina, GABA e glutammato); Efficacia paragonabile ai convenzionali antidepressivi, in particolare rispetto agli antidepressivi triciclici (TCA); Interazioni con altri farmaci: aumento dell’azione di alcuni isoenzimi del CYP450, che determinano una diminuzione di biodisponibilità dei farmaci metabolizzati da tali isoenzimi. Conclusioni e Decreto Ministeriale del 9 luglio 2012, che disciplina l’impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali. Lorenzo Sbrana; e-mail: [email protected] Basi Biomediche del Glaucoma. Il termine Glaucoma descrive un gruppo di disordini eziologici multi-fattoriali con caratteristiche cliniche della neuropatia ottica a potenziale progressione e con cambiamenti clinicamente visibili sulla testa del nervo ottico (ONH). Sulla base della perdita diffusa e localizzata del campo visivo, il Glaucoma potrebbe non essere distinguibile ad una prima analisi, ma se la acuità visiva è inizialmente risparmiata, la progressione della malattia, può condurre alla completa perdita della visione. Dal momento che la pressione intraoculare è l’unico fattore di rischio curabile al momento, quindi l’abbassamento dell’IOP è il principale approccio per la riduzione della progressione della malattia. Le cinque classi principali di Farmaci impiegati nella cura per l’abbassamento dell’IOP (alcuni usati anche come neuroprotezione) sono gli Agenti Colinomimetici, gli Inibitori dell'Anidrasi Carbonica, gli Analoghi delle Prostaglandine F, i Bloccanti β-Adrenergici e gli Agonisti α2 – Adrenergici. Negli ultimi anni inoltre è stato scoperto che gli analoghi delle prostaglandine F, i bloccanti β adrenergici e gli agonisti α2 adrenergici, oltre a presentare un’azione sull’abbassamento della IOP, presentano anche un'azione neuroprotettiva sulle cellule nervose costituenti il nervo ottico. Lorenzo Sbrana; e-mail: [email protected] Il succo di pompelmo : interazioni farmacologiche. Come fonte di frutta estesamente disponibile atta a soddisfare i requisiti nutrizionali quotidiani, il pompelmo e il succo di pompelmo, grazie anche alle loro numerose proprietà benefiche, sono consumati da molti individui in quanto ricchi di fibre, vitamina C, sali minerali, acido citrico, pectine, antiossidanti e altre componenti fitochimiche. Ottimo in estate per le diete dimagranti poiché rinfrescante, il succo di pompelmo apporta solo poche calorie (26Kcal/100 g). Ha inoltre proprietà digestive, diuretiche e depurative. Nonostante le varie proprietà benefiche del pompelmo, questo frutto può però interferire con alcuni farmaci, invalidando in maniera significativa la loro attività biologica. Nell’ultima decade, alcuni studi hanno mostrato che il succo di pompelmo può indurre a severi innalzamenti nei livelli di particolari farmaci che possono risultare terapeuticamente aumentati o effetti tossici. Il meccanismo di questa interazione sembra essere il risultato di una significativa inibizione degli isoenzimi di tipo 3A4 del citocromo P-450 (CYP3A4), presenti sulla parete intestinale, e della Glicoproteina – P-gp. Matteo Ramacciotti; e-mail: [email protected] L'alimento Latte Il latte ed i prodotti caseari hanno da sempre avuto una grande importanza nell'alimentazione umana, in special modo in quella occidentale. Inizialmente erano prodotti unicamente delle campagne, poi grazie sia all'invenzione della pastorizzazione che a forti campagne di promozione da parte dei governi, il consumo è fortemente cresciuto. Oggi latte e derivati coprono infatti circa 1/3 del fabbisogno proteico giornaliero delle popolazioni occidentali. "La salute comincia a tavola". Oggigiorno è un dato di fatto che una buona alimentazione sia alla base di una buona salute, e nella cultura popolare il latte è visto come un alimento indispensabile per crescere sani, forti e con ossa robuste. Anche òdiete famose lo classificano come alimento completo. Nonostante ciò, nel corso degli ultimi anni il suo consumo è diminuito a causa di pesanti critiche riguardanti i suoi effetti negativi sulla salute, legati soprattutto all'alto contenuto di grassi saturi. La composizione del latte intero per 100g di prodotto è di circa 3.3g di lipidi, 5g di carboidrati e 3.2g di proteine per un totale di circa 65 kcal; inoltre sono presenti molti sali minerali, tra cui il calcio (0.1g) e molte vitamine. Analizziamo le componenti principali e i loro effetti sulla salute: > Lipidi: composti da acidi grassi saturi (1.9g), acidi grassi monoinsaturi (0.8g) e PUFA (0.2g), più una piccola frazione di acidi grassi liberi e colesterolo. Gli effetti di questa composizione sono molto contrastanti: vi troviamo un'alta concentrazione di acidi grassi saturi direttamente associati ad un aumento della concentrazione di colesterolo LDL circolante nel sangue, tuttavia una buona porzione lipidica è composta da acido oleico (18:1c9), unico rappresentate degli acidi grassi monoinsaturi, la cui assunzione è associata a ridotti livelli plasmatici di LDL mantenendo invariata la concentrazione di HDL. L'altra componente lipidica di interesse sono i PUFA, cioè l'acido linoleico (ω-6) e l'acido alfalinolenico (ω-3), acidi grassi poliinsaturi, definiti acidi grassi essenziali in quanto il nostro organismo non è in grado di sintetizzarli. La loro funzione è più strutturale che energetica, in quanto sono costituenti delle membrane cellulari dove, grazie alle loro molte insaturazioni, contribuiscono a mantenere la fluidità di membrana . Inoltre, tramite la stessa via metabolica, ambedue gli acidi vengono metabolizzati in composti chiamati eicosanoidi che svolgono un ruolo importante come moderatori della risposta infiammatoria. In particolare gli eicosanoidi derivati da ω-6 favoriscono la risposta infiammatoria, mentre, al contrario, quelli derivati da ω-3 la inibiscono. Quindi, dato che possono essere assunti solo tramite la dieta, è importante la frazione ω-6 / ω-3 negli alimenti; nel latte questo rapporto è ottimale (circa 2:1). > Carboidrati: lo zucchero del latte è il lattosio, un disaccaride che una volta ingerito viene scisso a livello intestinale in glucosio e galattosio dall'enzima lattasi. L'enzima lattasi è prodotto in tutti i cuccioli di mammifero, compreso l'uomo, e in alcuni individui questo enzima continua ad essere prodotto tutta la vita, mentre in altri la sua produzione cala con il crescere fino a scomparire del tutto: gli individui privi di lattasi sono detti intolleranti al lattosio. Se uno di essi assume lattosio, non sarà in grado di digerirlo, lasciandolo alla mercè della flora batterica, che lo utilizzerà per produrre acido lattico e CO2. Inoltre il lattosio richiamerà acqua nel lume intestinale per effetto osmotico e l'unione di questi fattori produce i sintomi dell'intolleranza (dolori addominali, diarrea,meteorismo). > Proteine: composte dal gruppo delle caseine (80%) e dal gruppo delle proteine del siero (20%), sono tutte di alta qualità, cioè contengono tutti gli amminoacidi essenziali per le molte funzioni fisiologiche e quindi necessari per una buona salute. Bisogna tener presente che come tutte le proteine, anche le proteine del latte sono possibili allergeni e possono quindi scatenare risposte allergiche. L'allergia alle proteine del latte è una delle principali allergie infantili, e pur avendo molti sintomi in comune con l'intolleranza al lattosio, è bene precisare che sono due cose molto diverse: nell'allergia si ha l'intervento del sistema immunitario e in casi gravi si può avere anafilassi. Una possibile causa dell’allergia sta nell'allattamento di infanti con latte vaccino, che ha un contenuto proteico tre volte superiore del latte materno: l'intestino infantile non è sempre in grado di gestire un così grande carico proteico quindi alcune di queste proteine riescono a passare la barriera intestinale causando la risposta immunitaria. Per questo è sempre preferibile allattare al seno i neonati ritardando l'introduzione di latte vaccino. Latte e salute delle ossa: la ricchezza di calcio del latte è il cavallo di battaglia di molte industrie casearie che affermano che l'assunzione di latte prevenga l'osteoporosi, ma studi dimostrano che, nei paesi grandi consumatori di latticini, l'incidenza di fratture è più alta che altrove. Questo pare spiegato dal fatto che le proteine del latte, una volta metabolizzate, aumentano il carico acido dell'organismo. La salute ossea è mantenuta in equilibrio da due tipi di cellule, osteoclasti e osteoblasti: i primi demoliscono la matrice ossea, mentre i secondi, tramite l'enzima fosfatasi alcalina, la ricostruiscono. L'aumento del carico acido fa si che sia impedito il funzionamento della fosfatasi alcalina, alterando l'equilibrio tra il funzionamento dei due tipi cellulari dando via libera alla demolizione della matrice ossea con liberazione dei sali in essa contenuti. Si ottiene un riequilibrio del pH a scapito delle ossa. Questo effetto, se prolungato nel tempo, espone a maggior rischio di fratture. In conclusione il latte è davvero un alimento completo che se assunto con moderazione può portare benefici alla salute. Un suo abuso invece va scoraggiato in quanto può portare a molti problemi cardiocircolatori o ossei. Matteo Tonlazzerini; e-mail: [email protected] Nicotina, Alcol e loro interazioni. La nicotina è un alcaloide, naturalmente presente nella pianta del tabacco, agonista dell’acetilcolina. Il suo metabolismo avviene a livello epatico ad opera del citocromo P450, isoforma CYP2A6, dove viene ossidata a colina. Diversi studi hanno dimostrato che l’attività dell’enzima ha effetti sia sul desiderio di fumare che sulla biodisponibilità della nicotina e di conseguenza sull’età di inizio dell’abuso e dell’insorgenza delle malattie. La molecola agisce su diversi recettori nicotinici, principalmente sugli α4β2, situati nella via mesolimbica e nigro-striatale ed implicati nelle modifiche comportamentali, e sugli α7, situati principalmente a livello neuromuscolare e dell’ippocampo ed implicati nelle modifiche a livello cognitivo. Sono stati dimostrati diversi effetti negativi della sostanza come la demetilazione delle monoamino ossidasi-B, l’iper-attivazione del CYP2A6, con completa demetilazione del sito di legame e in pazienti schizofrenici l’alterazione dei neuroni gabaergici. L’alcol viene rapidamente assorbito dallo stomaco e dall’intestino tenue. Il metabolismo avviene a livello epatico e della mucosa gastrica, ad opera degli enzimi alcol deidrogenasi (ADH) e aldeide deidrogenasi (ALDH). Modifiche agli enzimi ADH e ALDH causano una diminuzione del consumo di alcol ed l’aumento degli effetti collaterali per l’insorgenza della cosiddetta “sindrome da acetaldeide”, che provoca arrossamento, palpitazioni e nausea. Gli effetti collaterali dell’alcol sono diversi; nel caso ci sia un’esposizione cronica, avvengono modificazioni a livello dell’espressione genica di neuroni ed astrociti, mentre se vi è un’esposizione acuta si hanno modificazioni in diversi tessuti con rimodellamento di cromatina e istoni. Per quanto riguarda l’uso contemporaneo delle due sostanze diversi studi hanno dimostrato che alcol e nicotina stimolano il rispettivo consumo. Altri studi hanno dimostrato che la genetica rappresenta il cinquanta per cento dei fattori che portano ad abuso e che le alterazioni delle vie neurotrasmettitoriali causate dalle due sostanze aumentano la probabilità di cadere in addiction e l’incapacità di riuscire a smettere. Le due sostanze vengono consumate anche grazie agli effetti benefici, come l’effetto analgesico e l’attivazione delle vie del piacere, che vengono amplificati se utilizzate contemporaneamente. Inoltre basse dosi delle sostanze hanno dimostrato diversi effetti positivi come il ridotto rischio di demenza, lo smorzamento del processo infiammatorio del cervello e solamente in vitro anche neuro protezione. Nicotina e alcol ad elevate dosi provocano l’insorgenza di diverse malattie molto gravi come ulcera peptica e gastrica, cirrosi epatica e diversi tumori come quelli a cervello, esofago, gola, polmoni e fegato. Alessio Rossi; e-mail: [email protected] PERCHE' INVESTIRE SULLE CELLULE STAMINALI: RICERCA DI UNA NUOVA TERAPIA DEL PARKINSON. Il morbo di Parkinson consiste nella progressiva perdita di neuroni dopaminergici che compongono la maggior parte della Pars Compacta della Substantia Nigra. Ciò porta a una diminuzione della produzione di Dopamina, un neurotrasmettitore della famiglia delle catecolammine, molto importante nella modulazione del movimento. Le cause sono ancora sconosciute. Si pensa che la malattia sia causata da fattori genetici uniti a fattori ambientali e colpisce soprattutto le persone anziani (sopra i 60 anni). Una particolarità delle persone affette da Parkinson è che hanno una gran concentrazione di Corpi di Lewy, aggregati proteici ricchi della proteina alfa-sinucleina, ma non è ancora chiaro come essi siano legati alla malattia. I sintomi sono soprattutto di natura motoria: tremore, bradicinesia, instabilità posturale e andatura parkinsoniana. Oltre a questi il paziente soffre di sintomi non motori come depressione, distubri del sonno e della minzione, perdita di peso, problemi respiratori e sessuali, stipsi. Al momento la terapia utilizzata è l'assunzione di LEVO-DOPA, un precursore della dopamina che, a differenza di quest'ultima, può attraversare la barriera ematoencefalica attraverso proteine Carrier. Ma l'assunzione di LDOPA serve solo ad allievare i sintomi e non blocca la perdita dei neuri dopaminergici. Inoltre l'uso prolungato di quest'ultima provoca assuefazione e quindi resistenza al trattamento oltre che a discinesie. Per questo si cerca di rimandare l'assunzione del farmaco attraverso nuove cure come agonisti dopaminergici come l'Apomorfina, attraverso stimolazione elettrica subtalamica, chirurgia Stereotassica e, cosa più importante, la cura della malattia attraverso il trapianto di cellule staminali. Gli innesti di cellule staminali dovrebbero, in linea teorica, mostrare un rilascio regolato di Dopamina, ricreare la rete dopaminergica all'interno del Corpo Striato, contrastare i deficit motori inducendo un sollievo sintomatico maggiore e di lunga durata e non produrre effetti collaterali come formazioni tumorali, reazioni immunitarie e GIDs (Graft induced diskinesias). I risultati più promettenti sono stati ottenuti tramite impianto di neuroni dopaminergici derivanti dal tessuto mesencefalico fetale ventrale umano (hfMV). In particolare, in Svezia, nell'università di Lund, hanno visto che il trapianto di questo tipo di tessuto fornisce un sollievo duraturo dai sintomi motori della malattia di parkinson (riduzione dei punteggi UPDRS motori) e il ripristino dell'innervazione Dopaminergica evidenziata dalla maggiore captazione 18F-DOPA nella PET nello striato dove è avvenuto l'impianto. Negli USA, invece, è stato avviato uno studio in doppio cieco dove si è visto, sempre all'esame PET, che solo i pazienti che hanno ricevuto l'innesto di queste cellule e non la chirurgia Sham (simulata/fittizia) hanno avuto miglioramenti eliminando l'ipotesi di un effetto placebo. Il problema di questi studi è che ci sono ancora pochi risultati in quanto pochi pazienti sono stati sottoposti al trapianto. Inoltre la diversità della malattia tra paziente e paziente unita alla difficoltà nel trovare una omogeneità degli studi nei diversi centri di ricerca, non permettono ancora una valutazione certa. Inoltre ci sono dei limiti anche per quanto riguarda l'utilizzo del tessuto hfMV stesso: prima di tutto solo una stretta finestra di sviluppo di neuroni dopaminergici fetali (da 6 a 8 settimane dopo il concepimento) è adatta al trapianto. Inoltre questi neuroni sopravvivono solo se impiantati nel putamen e possono provocare GIDs. Per questo motivo, oltre al fatto della reperibilità di questo tessuto (da aborti selettivi di embrioni precoci), si cercano nuovi tipi di cellule staminali adatte per il trapianto. Le più studiate sono le ESCs (cellule staminali embrionali), ipSCs (cellule staminali pluripotenti indotte), MSCs (cellule staminali mesenchimali) e NSCs (cellule staminali fetali neurali). Chiara Pratali; e-mail: [email protected] Plasticità sinaptica nel sonno: l'apprendimento, l'omeostasi, e la malattia. Il sonno è un aspetto fondamentale ed evolutivamente conservato della vita animale. Studi recenti hanno messo in luce il ruolo del sonno nella plasticità sinaptica. Dimostrazioni di richiamo di memoria e omeostasi sinaptica suggeriscono che un ruolo essenziale del sonno è quello svolto nel consolidamento e nell'ottimizzazione dei circuiti sinaptici per conservare tracce di memoria salienti. Questi dati recenti suggeriscono che il sonno crea un elevato stato di plasticità, che può essere essenziale per questa ottimizzazione. Inoltre, il deficit di sonno in malattie come il morbo di Alzheimer e disturbi dello spettro autistico potrebbe svolgere un ruolo diretto nella progressione di tali malattie. Il sonno è stato documentato e studiato in una vasta gamma di vertebrati e invertebrati e non esiste attualmente alcuna chiara evidenza di una specie animale che non dorma. Il sonno occupa circa un terzo della nostra vita: ciò significa che noi passiamo circa 33-34 anni della nostra vita dormendo. L'esistenza di uno stato di sospensione ancestrale, combinata con la prova che la privazione del sonno prolungata porta alla morte nei ratti, nei moscerini della frutta, e negli esseri umani con insonnia familiare fatale, sostiene con forza l'ipotesi che la funzione del sonno sia una universale necessità fisiologica. Mattia Bassi: e-mail: [email protected] I disturbi d'ansia. Questa tesina ha come tema principale la complessa patologia dell’ansia cronica (disordini di ansia) e per parlare di ciò bisogna introdurre quello che è alla base del problema: il mal funzionamento dell’amigdala e il disequilibrio tra gli impulsi eccitatori e inibitori. L'acido gammaamminobutirrico (GABA) è il principale neurotrasmettitore del sistema nervoso a carattere inibitorio ed è sintetizzato nelle sinapsi Gabaergiche dai neuroni prevalentemente dell’amigdala, dove in un corretto funzionamento, vi è equilibrio tra gli stimoli eccitatori (glutammato,stimoli esterni ecc ) e stimoli inibitori (GABA). Se arriva un forte stimolo esterno, ad esempio un suono, esso viene proiettato al talamo (“letto nuziale”) uditivo che attraverso la via breve eccita l’amigdala, la quale ha un potenziale di soglia (valore assoluto) più basso delle altre strutture del cervello. Contemporaneamente dal talamo uditivo parte un fascio che arriva alla corteccia uditiva (il suono diventa coscienza) e da esso attraverso la via alta arriva alla amigdala e può attenuare lo stimolo eccitatorio della via breve oppure potenziare l’eccitamento. Vengono quindi attivate varie aree dell’ipotalamo e si hanno lo scaturire di una serie di meccanismi. Per il GABA esistono due tipi di recettori, ma importanti per la patologia sono prevalentemente quelli del GABAA, cioè i recettori a canale permeabili allo ione cloro. Al momento del legame con il neurotrasmettitore, si ha l’apertura del canale e lo ione cloro entra ed iperpolarizza la membrana realizzando l’azione inibitoria. Per concludere in caso di ansia cronica (prodotta cioè da stress cronico) si hanno quelli che vengono definiti “i disordini di ansia” che il manuale dei disturbi mentali (DSM IV) ha classificati in sei categorie : Fobie Sociali o specifiche, Disturbo di panico, Disturbo d’ansia generalizzato, Disturbo ossessivo – compulsivo, Disturbo post traumatico da stress, Disturbo acuto da stress. Inoltre è stata vista anche una correlazione tra ansia cronica e depressione e anche con marker infiammatori e dunque aumento incidenza di malattie cardiovascolari,diabete ecc. Carlo Piagentini; e-mail: [email protected] Marijuana: negative and positive effects and other. In questa breve tesina sono stati discussi gli effetti positivi e negativi della marijuana e dei suoi metaboliti, i loro impieghi ai fini ricreativi e i possibili usi a fine teraupetico, i recettori coinvolti nelle loro azioni e vari dati statistici di uso e abuso, ottenuti da fonti scientifiche. Roberta De Nozza; e-mail: [email protected] I cibi e la depressione In questo approfondimento viene illustrato come i cibi influiscano sull’andamento di alcune malattie, come la depressione. C’è una corrispondenza biunivoca tra ciò che ingeriamo e il nostro umore. E’ vero che noi scegliamo cosa mangiare in base al nostro stato d’animo , ma è anche vero che il cibo influenza l’umore. Potremmo quindi contrastare i sintomi di alcune patologie con l’alimentazione. La Depressione è un disturbo dell’umore che causa un abbassamento del tono dell’umore. E' una patologia multifattoriale. In generale si verifica una riduzione nei livelli di alcuni neurotrasmettitori eccitatori. I farmaci utilizzati, denominati antidepressivi si dividono in 3 categorie principali: gli Antidepressivi triciclici ( ATC) gli antidepressivi inibitori delle monoamino ossidasi (I-MAO) gli antidepressivi a struttura non triciclica di seconda generazione (SSRI, NSRI, NaRI). I primi ad essere usati sono stati gli antidepressivi triciclici, che vanno ad influire sui livelli di serotonina e noradrenalina, con attività anticolinergica. L'altra categoria di antidepressivi sono gli inibitori della monoamino ossidasi. Come dice il nome, vanno ad inibire l'enzima, chiamato appunto monoamino ossidasi, che è deputato alla degradazione di serotonina e catecolamine. Come risultato finale si ha un aumento della concentrazione del neurotrasmettitore nel vallo sinaptico. L'ultima categoria di farmaci usati nella terapia della depressione sono gli antidepressivi di nuova generazione che vanno ad inibire la ricaptazione dei neurotrasmettitori. In base al neurotrasmettitore sul quale vanno ad agire distinguiamo gli SSRI (reuptake serotonina), NSRI (reuptake noradrenalina e serotonina), NaRI (reuptake noradrenalina). Ci sono alimenti che contengono sostanze in grado di interagire con i target dei farmaci antidepressivi. Uno di questi target è la MAO e, in particolar modo la MAO A che è l'enzima che interviene nel metabolismo della serotonina. Si comportano come Inibitori naturali del target. Possiamo distinguere inibitori naturali principale, più diffusi e altri secondari, meno diffusi. Al primo gruppo troviamo: Composti β-carbonilici (Harman e Norharman) e Quercetina. Del secondo gruppo invece fanno parte TIQ (1,2,3,4tetraidroisochinone), Eugenolo, Alcaloidi della piperina e Cumarina. Elena Cappelli; e-mail: [email protected] Triptofano ed alimentazione L’obiettivo di questo approfondimento consiste nell’osservare come, attraverso l’ingestione di alimenti contenenti triptofano sia possibile influenzare la sensibilità allo sviluppo di disturbi emotivi, come la depressione. L’argomento è interessante poiché quando si parla di disturbi dell’umore, quali depressione, attacchi di panico, ansia, si affiancano sempre farmaci: SSRI, benzodiazepine, ecc… La possibilità di non assumere il farmaco (molecola chimica) e intervenire sul tono dell’umore attraverso il cibo (quindi attraverso una via più “naturale”) stimolando la sintesi di serotonina, neurotrasmettitore del benessere, è ciò che ha dato l’input per questo approfondimento. Gli argomenti trattati si riassumono nei seguenti punti: •La depressione come disturbo dell’umore. •Triptofano, amminoacido essenziale e precursore della serotonina. •Meccanismo di trasporto del triptofano nel cervello. •Sintesi biochimica della serotonina. •Rilascio della serotonina nel vallo sinaptico: sinapsi serotoninergica. •Recettori della serotonina. •Sintesi biochimica della chinurenina a partire da triptofano. •Competizione metabolica per l’utilizzo di triptofano. •Regolazione delle vie metaboliche di utilizzo di triptofano. •Alimenti contenenti triptofano. Rossella Fusaro; e-mail: [email protected] Ketamina; Da sostanza d’abuso a farmaco d’interesse Tracciare una linea di demarcazione netta tra farmaci “buoni”, usati in terapia, e sostanze d’abuso risulta estremamente difficile: lampante è il caso della Ketamina, nota “droga” di ultima generazione. Questa ricerca ha lo scopo di illustrare l’attività farmacologica della Ketamina, la sua provata potenza terapeutica nell’indurre anestesia ma soprattutto la possibilità di sviluppare una nuova classe di farmaci antidepressivi a rapido inizio d’azione a partire dalla molecola in questione. In ultimo verranno vagliati gli effetti del farmaco per i quali la Ketamina si rivela essere una vera e propria sostanza d’abuso. Gioia Lorenzini; e-mail: [email protected] Il paradosso dell’interazione caffeina-zolpidem. In questo approfondimento è stata trattata l’interazione di zolpidem, farmaco ipnotico ampiamente prescritto per il trattamento dell’insonnia, con la caffeina, sostanza comunemente consumata a livello mondiale. Questa interazione è un paradosso in quanto ci si può aspettare che la caffeina antagonizzi l’effetto del farmaco, invece paradossalmente appare aumentare l’effetto sedativo di zolpidem. La farmacodinamica e la farmacocinetica di questo bizzarro effetto sono tuttora ignote. Recentemente è stata riprodotto virtualmente l’ipotetico network molecolare reclutato dalla caffeina quando è cosomministrata con zolpidem, attraverso l’uso di un software denominato Ingenuity Pathway Analysis. Si genera così un network che pone l’attenzione su diversi possibili responsabili dell'effetto paradosso, quali il precursore della tachichinina1, i recettori cannabinoidi e quelli GABAergici. Si è scoperto però che la possibilità che la caffeina potenzi l’azione di zolpidem probabilmente non è dovuta all’interazione con possibili neurotrasmettitori, ma piuttosto alla sua capacità antiossidante. La caffeina, modificando lo stato redox cellulare in ultima analisi riduce il pool di specie reattive dell’ossigeno (ROS) incrementando la biodisponibilità di melatonina endogena, neurotrasmettitore del sonno, per l’interazione con zolpidem.