Vita dura per i duri d`orecchio

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S
in alute
DA SAPERE
GLI ESAMI DELL’UDITO
IN ETA’ PEDIATRICA
Esami che non richiedono la
collaborazione del bambino:
- Impedenzometria: misura
l’elasticità della membrana
del timpano attraverso un
sondino posizionato nel condotto uditivo esterno; si tratta
di un esame non fastidioso e
di breve durata, che permette di rilevare la presenza di
catarro nell’orecchio medio
nonché di studiare un particolare riflesso presente nell’orecchio.
- Otoemissioni acustiche: registrazione di suoni prodotti
dall’orecchio interno median-
te un microfono posto nel
condotto uditivo esterno; si
tratta di un esame rapido e
non fastidioso che fornisce
informazioni sul funzionamento di alcune strutture della coclea.
- Potenziale evocato uditivo:
registrazione dell’attività elettrica di alcune aree del cer-
vello provocata da stimoli sonori; si tratta di un esame non
fastidioso ma di lunga durata,
che permette di conoscere
con esattezza quanto sente il
bambino.
Esami che richiedono la collaborazione del bambino:
- Audiometria infantile: serie
di esami differenziati a secon-
da dell’età del bambino, mirati
a stabilire quanto sente; i test
impiegati nei bambini più piccoli colgono le loro reazioni ai
suoni, mentre quelli destinati
ai più grandicelli tendono a
coinvolgere il bambino in un
gioco. Si tratta di metodiche
affidabili solo se eseguite da
personale qualificato.
Vita dura per i duri
d’orecchio
Se la sordità rappresenta un problema invalidante per l’adulto, nel bambino
essa è responsabile di conseguenze particolarmente gravi poiché non solo
compromette lo sviluppo del linguaggio, ma rende anche difficile la conquista
delle capacità di comunicazione o addirittura di rapporto con gli altri.
LA SORDITA’ INFANTILE
info
➔ L’IMPIANTO COCLEARE
L’impianto cocleare o
“orecchio bionico” è un
organo artificiale che sostituisce la funzione della
coclea (quella struttura
dell’orecchio che riceve i
suoni).
L’impianto è costituito da
due parti: una che viene
inserita totalmente nell’orecchio mediante un
intervento chirurgico ed
una che rimane all’esterno.
La parte esterna consiste
in un microfono che capta i suoni e li elabora,
comportandosi come una
coclea; il messaggio elaborato viene poi trasmesso alla parte inserita internamente nell’orecchio.
Questa parte interna è
composta da una serie di
piccolissimi elettrodi che,
infilati nella coclea, stimolano direttamente il
nervo acustico permettendo in tal modo all’informazione uditiva di raggiungere il cervello; gli
elettrodi sono collegati ad
un piccolo strumento, posto dietro l’orecchio, al di
sotto della pelle, che riceve informazioni dalla
porzione esterna dell’impianto.
S
ono oltre 70 milioni,
nel mondo, le persone sorde o ipoacusiche, cioè affette da
un deficit uditivo
importante.
Questi deficit possono essere di tre tipi: trasmissivo,
neurosensoriale e misto.
Nella sordità trasmissiva il
danno è a carico delle strutture dell’orecchio destinate
alla trasmissione dei suoni:
si tratta dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio
(membrana del timpano e
catena degli ossicini che trasmettono l’onda sonora); la
sordità neurosensoriale è
dovuta invece ad una lesione dell’orecchio interno (coclea) o, eccezionalmente,
del nervo acustico; nella
sordità mista, infine, coesistono le due precedenti tipologie essendo il danno
esteso a più strutture
dell’orecchio. Per quanto riguarda le cause, può trattarsi di malattie infettive, metaboliche, genetiche o traumatiche.
Se si considera l’età infantile la maggior rilevanza spetta alle sordità neurosensoriali: in tutto il mondo circa
3,3 milioni di bambini sono
affetti da questo tipo di sordità; nei paesi industrializzati 1-2 bambini ogni 1000
nascono sordi, ma questa
percentuale sale drammaticamente nei Paesi in via di
sviluppo, sino a quintuplicarsi in alcune aree geografiche come il sud-est asiatico.
Si tratta pertanto, ancora oggi, di un importante problema sanitario e sociale per le
gravi conseguenze che il
danno uditivo provoca nello
sviluppo globale del bambino ed in particolare nello
sviluppo non solo del linguaggio ma, più in generale,
delle capacità comunicative.
Per la soluzione di questo
problema l’unica via efficace consiste nel prendere
adeguate misure di prevenzione a più livelli.
Un primo livello comprende
le strategie di politica sanitaria mirate ad evitare tutte
quelle condizioni di rischio
che possono dar luogo alla
sordità nel corso della gravidanza, durante il parto o dopo la nascita: ne è un esempio la vaccinazione anti-rosolia, che ha permesso di ridurre in modo consistente il
numero di casi di sordità
congenita dovuta alla rosolia contratta dalla madre in
gravidanza.
Analogamente il numero
delle forme acquisite di sordità è stato drasticamente ridotto grazie alla prevenzione nei confronti di altre malattie infettive (ad esempio
toxoplasmosi, citomegalovirus, morbillo e parotite) e
dell’assunzione di sostanze
tossiche in gravidanza o nelle prime settimane di vita
del bambino.
Gli attuali programmi di
monitoraggio della donna in
gravidanza, nonché l’attento
controllo delle fasi del parto, hanno rappresentato valide misure di prevenzione
della sordità infantile. Per
quanto riguarda le forme di
ipoacusia secondaria a trauma cranico, i provvedimenti
più efficaci consistono nel
rispetto delle norme di sicurezza sulle strade e nell’impiego costante, in auto, dei
seggiolini per bambini e delle cinture.
Rimane invece aperto il problema delle ipoacusie infettive provocate dalla meningite, per la cui prevenzione
esiste attualmente una vaccinazione facoltativa che,
però, protegge soltanto da
uno dei diversi batteri re-
sponsabili della meningite.
Un altro caso particolare è
quello delle forme ereditarie, che rappresentano circa
il 30-70% del totale: per
questi casi le possibilità di
prevenzione sono affidate
unicamente alla diagnosi genetica, per la quale disponiamo oggi di tecniche molto migliori che in passato. In
diversi centri specializzati,
fra cui l’Istituto “Eugenio
Medea”, è oggi possibile
identificare l’alterazione di
un gene (denominato connexina 26) che in Italia e negli altri Paesi del Mediterraneo è responsabile del 4050% delle sordità neurosensoriali presenti alla nascita.
Il secondo livello di prevenzione consiste nella diagnosi precoce di ogni caso di
sordità al fine di limitare il
più possibile la disabilità indotta dal deficit uditivo;
idealmente la diagnosi dovrebbe essere fatta entro i
tre mesi di vita per consentire, entro il sesto mese, un
adeguato intervento terapeutico mediante l’impiego
delle protesi acustiche e
della riabilitazione logopedica. In un certo numero di
casi particolarmente gravi ci
si può oggi avvalere dell’impianto cocleare, una vera e
propria coclea artificiale o
“orecchio bionico”, che sostituisce l’orecchio malato.
Poiché è universalmente accettato che una diagnosi
precoce ed un altrettanto
precoce intervento riabilitativo sono determinanti per
lo sviluppo di una comunicazione pressoché normale,
dagli anni ‘90 diverse istituzioni internazionali stanno
proponendo lo screening
uditivo universale: in altre
parole si auspica che tutti i
bambini vengano sottoposti,
alla nascita, ad una valuta-
zione della funzione uditiva.
In molte Divisioni di Pediatria e Neonatologia questo
obiettivo viene attualmente
realizzato mediante la registrazione, in seconda giornata di vita, delle “otoemissioni acustiche”, cioè di
suoni prodotti dall’orecchio
interno la cui presenza è indicativa di un normale funzionamento della coclea; i
neonati che non superano
questo test vengono sottoposti, presso i Centri di Audiologia, ad accertamenti più
sofisticati che permettono di
confermare l’eventuale sordità e di valutarne la gravità.
Allo screening esteso a tutti
i neonati sani si associa, ormai da qualche decennio, la
regola di eseguire gli esami
audiologici più sofisticati su
tutti i neonati ricoverati nelle Unità di Patologia Neonatale, perché più a rischio di
sviluppare una ipoacusia.
Per quanto riguarda le sordità ad insorgenza tardiva la
diagnosi precoce è affidata
ai pediatri, che dovrebbero
individuare il deficit uditivo in occasione dei controlli
periodici, e, non ultimi, ai
genitori.
Ogniqualvolta si sospetti la
compromissione dell’udito
in un bambino di qualunque
età è assolutamente opportuno consultare un Centro
specialistico per i necessari
approfondimenti diagnostici. Infatti, benché le sordità
molto precoci di tipo neurosensoriale siano le più gravi,
non va dimenticato che
dall’anno di vita sino ai 7-8
anni è particolarmente frequente (sino al 10% della
popolazione scolare) una
forma di sordità di tipo trasmissivo legata alla presenza di catarro nell’orecchio
medio.
Si tratta di una patologia
che può passare inosservata
in quanto l’unico sintomo
consiste in una sordità lieve, con brevi periodi di aggravamento; è comunque
una condizione che va curata e attentamente controllata
per evitare complicanze a
lungo termine.
Daniele Brambilla
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