6 S in alute DA SAPERE GLI ESAMI DELL’UDITO IN ETA’ PEDIATRICA Esami che non richiedono la collaborazione del bambino: - Impedenzometria: misura l’elasticità della membrana del timpano attraverso un sondino posizionato nel condotto uditivo esterno; si tratta di un esame non fastidioso e di breve durata, che permette di rilevare la presenza di catarro nell’orecchio medio nonché di studiare un particolare riflesso presente nell’orecchio. - Otoemissioni acustiche: registrazione di suoni prodotti dall’orecchio interno median- te un microfono posto nel condotto uditivo esterno; si tratta di un esame rapido e non fastidioso che fornisce informazioni sul funzionamento di alcune strutture della coclea. - Potenziale evocato uditivo: registrazione dell’attività elettrica di alcune aree del cer- vello provocata da stimoli sonori; si tratta di un esame non fastidioso ma di lunga durata, che permette di conoscere con esattezza quanto sente il bambino. Esami che richiedono la collaborazione del bambino: - Audiometria infantile: serie di esami differenziati a secon- da dell’età del bambino, mirati a stabilire quanto sente; i test impiegati nei bambini più piccoli colgono le loro reazioni ai suoni, mentre quelli destinati ai più grandicelli tendono a coinvolgere il bambino in un gioco. Si tratta di metodiche affidabili solo se eseguite da personale qualificato. Vita dura per i duri d’orecchio Se la sordità rappresenta un problema invalidante per l’adulto, nel bambino essa è responsabile di conseguenze particolarmente gravi poiché non solo compromette lo sviluppo del linguaggio, ma rende anche difficile la conquista delle capacità di comunicazione o addirittura di rapporto con gli altri. LA SORDITA’ INFANTILE info ➔ L’IMPIANTO COCLEARE L’impianto cocleare o “orecchio bionico” è un organo artificiale che sostituisce la funzione della coclea (quella struttura dell’orecchio che riceve i suoni). L’impianto è costituito da due parti: una che viene inserita totalmente nell’orecchio mediante un intervento chirurgico ed una che rimane all’esterno. La parte esterna consiste in un microfono che capta i suoni e li elabora, comportandosi come una coclea; il messaggio elaborato viene poi trasmesso alla parte inserita internamente nell’orecchio. Questa parte interna è composta da una serie di piccolissimi elettrodi che, infilati nella coclea, stimolano direttamente il nervo acustico permettendo in tal modo all’informazione uditiva di raggiungere il cervello; gli elettrodi sono collegati ad un piccolo strumento, posto dietro l’orecchio, al di sotto della pelle, che riceve informazioni dalla porzione esterna dell’impianto. S ono oltre 70 milioni, nel mondo, le persone sorde o ipoacusiche, cioè affette da un deficit uditivo importante. Questi deficit possono essere di tre tipi: trasmissivo, neurosensoriale e misto. Nella sordità trasmissiva il danno è a carico delle strutture dell’orecchio destinate alla trasmissione dei suoni: si tratta dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio (membrana del timpano e catena degli ossicini che trasmettono l’onda sonora); la sordità neurosensoriale è dovuta invece ad una lesione dell’orecchio interno (coclea) o, eccezionalmente, del nervo acustico; nella sordità mista, infine, coesistono le due precedenti tipologie essendo il danno esteso a più strutture dell’orecchio. Per quanto riguarda le cause, può trattarsi di malattie infettive, metaboliche, genetiche o traumatiche. Se si considera l’età infantile la maggior rilevanza spetta alle sordità neurosensoriali: in tutto il mondo circa 3,3 milioni di bambini sono affetti da questo tipo di sordità; nei paesi industrializzati 1-2 bambini ogni 1000 nascono sordi, ma questa percentuale sale drammaticamente nei Paesi in via di sviluppo, sino a quintuplicarsi in alcune aree geografiche come il sud-est asiatico. Si tratta pertanto, ancora oggi, di un importante problema sanitario e sociale per le gravi conseguenze che il danno uditivo provoca nello sviluppo globale del bambino ed in particolare nello sviluppo non solo del linguaggio ma, più in generale, delle capacità comunicative. Per la soluzione di questo problema l’unica via efficace consiste nel prendere adeguate misure di prevenzione a più livelli. Un primo livello comprende le strategie di politica sanitaria mirate ad evitare tutte quelle condizioni di rischio che possono dar luogo alla sordità nel corso della gravidanza, durante il parto o dopo la nascita: ne è un esempio la vaccinazione anti-rosolia, che ha permesso di ridurre in modo consistente il numero di casi di sordità congenita dovuta alla rosolia contratta dalla madre in gravidanza. Analogamente il numero delle forme acquisite di sordità è stato drasticamente ridotto grazie alla prevenzione nei confronti di altre malattie infettive (ad esempio toxoplasmosi, citomegalovirus, morbillo e parotite) e dell’assunzione di sostanze tossiche in gravidanza o nelle prime settimane di vita del bambino. Gli attuali programmi di monitoraggio della donna in gravidanza, nonché l’attento controllo delle fasi del parto, hanno rappresentato valide misure di prevenzione della sordità infantile. Per quanto riguarda le forme di ipoacusia secondaria a trauma cranico, i provvedimenti più efficaci consistono nel rispetto delle norme di sicurezza sulle strade e nell’impiego costante, in auto, dei seggiolini per bambini e delle cinture. Rimane invece aperto il problema delle ipoacusie infettive provocate dalla meningite, per la cui prevenzione esiste attualmente una vaccinazione facoltativa che, però, protegge soltanto da uno dei diversi batteri re- sponsabili della meningite. Un altro caso particolare è quello delle forme ereditarie, che rappresentano circa il 30-70% del totale: per questi casi le possibilità di prevenzione sono affidate unicamente alla diagnosi genetica, per la quale disponiamo oggi di tecniche molto migliori che in passato. In diversi centri specializzati, fra cui l’Istituto “Eugenio Medea”, è oggi possibile identificare l’alterazione di un gene (denominato connexina 26) che in Italia e negli altri Paesi del Mediterraneo è responsabile del 4050% delle sordità neurosensoriali presenti alla nascita. Il secondo livello di prevenzione consiste nella diagnosi precoce di ogni caso di sordità al fine di limitare il più possibile la disabilità indotta dal deficit uditivo; idealmente la diagnosi dovrebbe essere fatta entro i tre mesi di vita per consentire, entro il sesto mese, un adeguato intervento terapeutico mediante l’impiego delle protesi acustiche e della riabilitazione logopedica. In un certo numero di casi particolarmente gravi ci si può oggi avvalere dell’impianto cocleare, una vera e propria coclea artificiale o “orecchio bionico”, che sostituisce l’orecchio malato. Poiché è universalmente accettato che una diagnosi precoce ed un altrettanto precoce intervento riabilitativo sono determinanti per lo sviluppo di una comunicazione pressoché normale, dagli anni ‘90 diverse istituzioni internazionali stanno proponendo lo screening uditivo universale: in altre parole si auspica che tutti i bambini vengano sottoposti, alla nascita, ad una valuta- zione della funzione uditiva. In molte Divisioni di Pediatria e Neonatologia questo obiettivo viene attualmente realizzato mediante la registrazione, in seconda giornata di vita, delle “otoemissioni acustiche”, cioè di suoni prodotti dall’orecchio interno la cui presenza è indicativa di un normale funzionamento della coclea; i neonati che non superano questo test vengono sottoposti, presso i Centri di Audiologia, ad accertamenti più sofisticati che permettono di confermare l’eventuale sordità e di valutarne la gravità. Allo screening esteso a tutti i neonati sani si associa, ormai da qualche decennio, la regola di eseguire gli esami audiologici più sofisticati su tutti i neonati ricoverati nelle Unità di Patologia Neonatale, perché più a rischio di sviluppare una ipoacusia. Per quanto riguarda le sordità ad insorgenza tardiva la diagnosi precoce è affidata ai pediatri, che dovrebbero individuare il deficit uditivo in occasione dei controlli periodici, e, non ultimi, ai genitori. Ogniqualvolta si sospetti la compromissione dell’udito in un bambino di qualunque età è assolutamente opportuno consultare un Centro specialistico per i necessari approfondimenti diagnostici. Infatti, benché le sordità molto precoci di tipo neurosensoriale siano le più gravi, non va dimenticato che dall’anno di vita sino ai 7-8 anni è particolarmente frequente (sino al 10% della popolazione scolare) una forma di sordità di tipo trasmissivo legata alla presenza di catarro nell’orecchio medio. Si tratta di una patologia che può passare inosservata in quanto l’unico sintomo consiste in una sordità lieve, con brevi periodi di aggravamento; è comunque una condizione che va curata e attentamente controllata per evitare complicanze a lungo termine. Daniele Brambilla