CAPITOLO 14
I protagonisti della disputa Aristotele-Platone
Gli aristotelici vedono in Aristotele il filosofo della natura e i platonici vedono in Platone il rappresentante della più alta sapienza
religiosa dell’antichità. Nikolaus Krebs detto Cusano, per essere nato a Cusa nel 1401 studiò in Germania e a Padova e morì a nel
1464. La sua opera principale è la dotta ignoranza. Secondo lui la conoscenza è possibile solo quando c’è proporzione tra ciò che
gia si conosce e ciò che si vuole conoscere; quando ciò che si vuole conoscere non ha nessuna proporzione con ciò che si conosce,
allora non resta che ammettere la propria ignoranza che sarà un’ignoranza dotta, cioè consapevole. Questo è il caso di Dio, perché
l’uomo non potrà mai avvicinarsi alla verità infinita di Dio, come il poligono non potrà mia diventare un cerchio. La conoscenza
umana non è valida se non si fonda sulla consapevolezza dei propri limiti.
Egli descrive tre gradi della conoscenza: la conoscenza sensibile, la ragione, che è legata al principio di non-contraddizione e
l’intelletto che va al di la del principio della non-contraddizione.
Egli concepisce dio come coincidenza degli opposti: Dio è massimo e minimo, unita e molteplicità e via dicendo. Cusano nega che
una parte del mondo sia incorruttibile e ingenerabile: tutte le parti del mondo hanno lo stesso valore, ma nessuna raggiunge la
perfezione che è propria di Dio.
Il mondo non ha un centro né una circonferenza, come aveva supposto Aristotele, giacché fuori di questo circonferenza esisterebbe
spazio vuoto. Il mondo ha centro dappertutto e la circonferenza in nessun luogo: non essendoci centro la terra non è al centro del
mondo, e se si muove con un movimento che non è circolare ma si avvicina alla circolarità. La terra è una nobile stella, come il sole
mai essere formato da elementi più puri. I movimenti che si verificano sulla terra hanno lo scopo di garantire l'ordine del tutto: i corpi
pesanti tendono alla terra e i corpi leggeri tendono verso l'alto; ogni movimento tende al movimento circolare e ogni figura alla forma
sferica. Cusano riconobbe il principio di inerzia che Aristotele aveva negato; ogni corpo continua indefinitamente nel suo
movimento fin che il peso o altri ostacoli non l’abbiano rallentato o fermato.
Cusano inoltre afferma che tutto ciò che esiste è unito nella mente di Dio (contrazione), ma il mondo è manifestazione della mente di
Dio (esplicazione), e Dio si contrae nel mondo (contrazione) come l’uno è contratto nel molteplice: perciò Dio è in tutto.
I seguaci dell'accademia ritenevano che la dottrina di Platone derivasse da quella di Mosé: il ritorno al platonismo appariva come il
ritorno alla de antica sapienza religiosa del genere umano. Marsilio Ficino tradusse in latino i dialoghi di Platone e gli commentò: fu
filosofo sacerdote traduttore e mago. Egli si propone di rinnovare la saldatura tra religione e filosofia. Ma l'unità di religione e
filosofia ha lo scopo di rinnovare l'uomo e il suo mondo. La realtà è divisa in 5 gradi: il corpo (la materia), la qualità (la forma)
l’anima, l’angelo e Dio. I primi due costituiscono il mondo sensibile e gli ultimi due quello soprasensibile; L’anima è sta in mezzo, è
la copula del mondo, è indistruttibile e infinita e fa da mediatrice tra i mondi attraverso l’amore. Attraverso l’amore l’universo
sensibile tende a Dio e a raggiungere la perfezione; l’amore di Dio per il mondo lo ordina e si prende cura di esso. Questi sono gli
aspetti fondamentali del platonismo del rinascimento. L’uomo quindi viene ancora di più accentrato e viene messa in evidenza
la sua funzione centrale e mediatrice e l’amore è giustificazione e atto di questa funzione.
Pico della Mirandola cercò di conciliare e sintetizzare le dottrine più diverse: da quelle dei greci a quelle orientali, del quelle della
scolastica alla magia e alla cabala, respingendo solo i negromanti.
Questo desiderio di sintesi universale doveva culminare nell’iniziativa da lui presa di bandire a Roma una grande discussione fra dotti
invitati da ogni parte per discutere di 900 tesi che racchiudevano i capisaldi della sapienza universale.
Purtroppo la discussione non poté tenersi perché alcune di quelle sentenze furono considerate eretiche (NOTA DELL’AUTORE: in
realtà tutti gli invitati inventarono una calla per non andare da Pico perchè non volevano buttare la loro intera vita per
discutere di 900 tesi). Pico allora pubblicò una Apologia su di esse. La famosa orazione Sulla dignità dell’uomo (gia da sola di 200 e
passa pagine…pensa che palle) avrebbe dovuto essere il discorso inaugurale della disputa. Questa orazione parla della superiorità
dell’uomo di fronte alle altre creature; all’uomo al momento di essere creato non era rimasta nessuna qualità, che Dio aveva
distribuito alle altre creature. Allora Dio decise di dare all’uomo tutto ciò che aveva assegnato a quelle. Cosi l’uomo, non è né celeste,
né terreno, né immortale e né immortale, ma può degenerare o rigenerarsi in cose inferiori o superiori.
Questa rigenerazione può avvenire soltanto attraverso il ritorno alla sapienza originale. Gli scopi della ricerca filosofica di Pico sono la
pace, l’unione e l’amicizia, cose che sono possibili soltanto se gli uomini armonizzano.
La cabala serve a penetrare i misteri divini. Solo di fronte all’astrologia giudiziale o divinatrice Pico assume un atteggiamento di
riserva: poiché se fosse vera l’uomo non sarebbe più libero.
Tra i principali aristotelici ricordiamo Pietro Pomponazzi detto Peretto; il suo scritto più importante è sull’immortalità dell’anima.
L’intento fondamentale di Pomponazzi è quello di mostrare che il mondo ha un ordine razionale necessario. Egli non nega la realtà
di fatti eccezionali o miracolosi, ma tali fatti non sono miracoli nel senso di essere contrari alla natura, ma perché accadono
raramente. I corpi celesti sono il tramite necessario dell’azione di Dio sul mondo. Miracoli e incantesimi sono dovuti all’influsso
dei corpi celesti e rientrano nell’ordine naturale del mondo. In quest’ordine rientra pure la storia degli uomini.
Per quanto riguarda l’anima secondo Pietro non può esistere ne operare senza il corpo. Difatti l’anima sensitiva ha bisogno del corpo
sia come soggetto, poiché ha bisogno di organi corporei, sia come oggetto, perché può percepire soltanto cose corporee. L’anima
intellettiva non ha bisogno del corpo come soggetto e solo l’intelligenza angelica non ha ne bisogno del corpo ne come soggetto ne
come oggetto. Se l’anima umana quindi è inseparabile dal corpo, la sua immortalità è in dubbio, anche se non è in dubbio che ci
sia un premio o un castigo a seconda della condotta dell’uomo. Il premio essenziale della virtù è la virtù stessa che rende l’uomo
felice. La vita morale è cosi riportata nell’ordine materiale delle cose e alla sua giustificazione si ritiene inutile l’appello al
sovrannaturale.
Pomponazzi affronta anche il problema della conciliazione tra la libertà umana e la predeterminazione divina dicendo che è
innegabile l’esistenza della libertà umana, la ritiene però inconciliabile con l’onnipotenza divina. In questo caso però implica che
Dio sia causa del male e del bene e si può spiegare affermando che il bene e il male concorrono insieme alla formazione dell’universo.
Con la doppia verità, anche alcune affermazioni non conciliabili possono andare insieme.
© Federico Ferranti S.T.A.
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