Istituto MEME associato a Université Européenne Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles LA FOLLIA E LA SOCIETÀ Nascita ed evoluzione delle istituzioni preposte alla cura dei malati mentali Scuola di Specializzazione: Relatore: Tesista specializzando: Anno di corso: Scienze Criminologiche Dott. ssa Roberta Frison Dott. ssa Tagliafierro Mariantonietta Secondo Modena, 10 giugno 2007 Anno Accademico 2006 - 2007 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Indice dei contenuti: Premessa ................................................................................................................ 3 1. Dalla lebbra alla follia ................................................................. 4 1.1 L’età classica e l’internamento ................................................... 8 1.2 La follia ............................................................................................. 11 2 Italia: i manicomi al momento dell’Unità ........................... 16 2.1 La psichiatria tra ottocento e novecento ............................... 18 2.2 Gli scandali dei manicomi .......................................................... 22 3 I manicomi criminali 3.1 ...................................................................... 26 La legislazione dei manicomi dall’Unità ad oggi ............... 27 3.1.1 Codice Zanardelli e la legge “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati” ....................................................................................................... 29 3.1.2 Codice Rocco ............................................................................... 31 3.2 Modifiche giuridiche dagli anni ’70 ........................................ 33 3.3 Leggi 180 e 833 del 1978, la Legge Gozzini e i nuovo codice penale del 1988 ............................................................................. 35 3.4 Decreto amministrativo n. 230 del 1999 e il nuovo regolamento del sistema carcerario (D.P.R 230/2000) .................. 39 4 Tipologie giuridiche di internati in OPG ............................. 42 5 Conclusioni ........................................................................................... 43 Bibliografia ................................................................................................... 45 2 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Premessa Il fascino che i mondi nascosti nelle menti dei pazzi e dei folli hanno sempre suscitato ha avuto come contro altare il disprezzo dei comportamenti antisociali con cui la malattia mentale si è sempre manifestata. Medici, pittori, poeti, filosofi hanno cercato, nel corso dei secoli, di trovare le risposte che potessero placare le domande, le angosce che i “malati di mente” generavano (e generano tuttora) nella società. I capitoli che seguono cercheranno dare un quadro storico della follia e di come si è affrontata in base, non solo, alle varie teorie che a turno erano applicate, ma anche alle esigenze che le trasformazioni sociali hanno, di volta in volta, richiesto per rispondere ai bisogni che si venivano a determinare. 1° capitolo: dove si parlerà delle influenze che il Medioevo ha avuto sulla follia, sulle connessioni con la lebbra e delle descrizioni che la follia ha avuto nell’arte e nella letteratura. 2°capitolo: dove sarà analizzata la situazione dei manicomi in Italia dall’Unità sino ai giorni nostri, 3°capitolo: dove si cercherà di tracciare il quadro legislativo relativo ai manicomi criminali; 4°capitolo: breve descrizione dei soggetti giuridici internati negli OPG. 3 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 1. Dalla lebbra alla follia Non si può fare una digressione storica sui manicomi e sulle influenze che la follia ha avuto nelle società moderne, se prima non si è parlato della lebbra e dei lebbrosari. Lebbra e follia non hanno in apparenza punti in comune, nemmeno dal punto di vista medico, ma sono strettamente legate in due aspetti fondamentali: gli istituti in cui i malati venivano ospitati e i rituali applicati per la loro cura. Nell’immaginario collettivo la lebbra veniva considerata un flagello divino per i peccati commessi, “Nostro Signore vuole che tu sia infetto da questa malattia, e ti fa una grande grazia quando ti vuole punire dei peccati che hai commesso in questo mondo”.1 L’aspetto somatico e reale del morbo non aveva un’importanza rilevante e perciò degno di cura, ma tutto era proiettato sull’aspetto spirituale, sulla punizione divina che la malattia rappresentava; di conseguenza la cura poteva solo essere la purificazione, che però veniva effettuata secondo rituali ben precisi, le cui finalità erano la “salvezza” del malato, ma anche la difesa dei “sani” dalla corruzione fisica e morale che la lebbra rappresentava. I lebbrosari nascono quindi dal bisogno della società di allontanare ogni pericolo che la malattia causava, ed il processo era inclusione/esclusione dalla società stessa: il malato stava all’interno della società, ma nello stesso tempo era separato da essa con un cerchio sacro che lo rendesse inoffensivo: “E benché tu sia separato dalla Chiesa e dalla compagnia dei Sani, tuttavia non sei separato dalla grazia di Dio”. In questo stesso periodo (Medioevo) la follia veniva classificata all’interno dei vizi e i matti rappresentavano, in modo specifico e grottesco, un’altra immagine della corruzione dell’anima insita in ogni uomo. Verso la fine del Medioevo questa visione cambia nella letteratura e soprattutto nell’iconografia, la pazzia viene ad acquisire un’immagine più 1 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag. 13. 4 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 travagliata: l’Europa viene percorsa dalle “navi dei folli”, che vagano da città in città senza trovare luoghi stabili dove poter lasciare il loro doloroso carico. Hieronymus Bosch, La nave dei folli,Luovre, Parigi Il folle si ritrova così ad essere prigioniero della nave che lo ospita, trasportato da quella enorme distesa d’acqua che, nel sentire fine medioevale, rappresentava sia l’incertezza del vivere umano, che l’elemento purificatore per eccellenza. Di norma su questi battelli venivano caricati i folli stranieri, quelli di cui le varie città non potevano farsi carico, mentre assicuravano, nel limite delle possibilità, assistenza ai propri concittadini bisognosi di aiuto. Queste navi, che sono probabilmente realmente esistite, quasi certamente erano navi di 5 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 pellegrinaggio, il cui scopo era quello di “cercare” la ragione che queste povere anime avevano perso. In questo stesso periodo i lebbrosari sono praticamente quasi vuoti in seguito alla segregazione attuata, che ne limitò il contagio, e per la fine della crociate, che evitò il contatto con ulteriore focolai stranieri, non certamente per le “cure” in realtà inesistenti. Grazie a questo spopolamento le nuove anime bisognose di aiuto trovano un luogo dove essere ospitate, non per essere curate, ma per essere coinvolte in tutto quel rituale di purificazione così caro al medioevo. In realtà, prima che questo accada, la follia dovrà passare al vaglio del Rinascimento, che da semplice vizio dell’anima la trasforma in regina di tutto l’agire dell’uomo. Sarà l’età classica che spoglierà i simboli medioevali dai loro significati spirituali: le figure grottesche che dovevano rappresentare i peccati e le malvagità rimangono figure del non-senso, perché caricate di significati molteplici rispetto all’originario. Questa pluralità di significati rappresenta quel sapere difficile ed esoterico che la follia raffigura. In questa chiave di lettura il folle è tale perché conosce il sapere più profondo, ma che Sapere è che toglie la ragione? È il sapere del regno di Satana, che annuncia il suo tempo e la successiva fine del mondo. Se l’Apocalisse ha sempre fatto parte del panorama medioevale, dove però la vittoria di Dio era sempre alle porte, ora tutto sprofonda , non c’è più nessuna luce di salvezza, ma solo la Follia che regna sovrana. È la follia che governa l’uomo in tutto ciò che è malvagio, ma anche in tutto ciò che è bene e questo nuovo ruolo allontana tutta l’oscurità che fino a questo momento rappresentava. Non perde la sua funzione di punizione, una punizione comica che dà all’ignorante la presunzione della saggezza; rimanendo legata alle debolezze e alle illusioni umane. Il processo del Rinascimento, attraverso il quale la follia perde la tragicità tipica del medioevo, lo si può riassumere in due punti essenziali: 1. ragione e follia divengono i lati di una stessa medaglia, senza l’una non esiste l’altra: la ragione giudica e domina la follia, mentre la follia trova nella ragione il suo lato derisorio. Il considerarsi misura del mondo e immagine di Dio porta l’uomo a volgere lo sguardo non sulla Verità, ma 6 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 sull’abisso dell’insensatezza che la grandezza del Creatore genera nella mente limitata dell’uomo: “Signore, il tuo disegno è un abisso troppo profondo”.2 Superare le proprie debolezze e i propri limiti obbliga l’uomo a spogliarsi di tutte le certezze date dalla sua dimensione divina. 2. La ragione ha la follia come sua componete sia segreta che manifesta, ma per evitare che quest’ultima prenda il sopravvento la ragione deve portare l’uomo a prendere coscienza della propria caducità: solo così sarà in grado di distinguere il bene e il vero, ed impedire alla follia di manifestarsi in tutta la sua potenza. L’uomo utilizza la ragione percorrendo le strade della follia: “la vivacità delle immagini, la violenza delle passioni, questo grande ritrarsi dello spirito in se stesso, che appartengono davvero alla follia, sono gli strumenti della ragione più pericolosi, perché più acuti.”3. La letteratura verrà influenzata dalla nuova visione della follia a tal punto da descriverne quattro forme: 1. FOLLIA PER IDENTIFICAZIONE: le fantasie dello scrittore sono un aspetto della realtà, e rappresentano l’incertezza tra l’invenzione puramente fantastica e le invenzioni del delirio della mente. 2. FOLLIA DI VANA PRESUNZIONE: il folle non può rimanere costretto in un modello letterario, ma rimane fedele solo a se stesso. Questo gli permette di attribuirsi tutte le qualità e le virtù che non ha. Questa forma di follia è comune a tutti gli uomini, perché riguarda il rapporto più intimo che ogni uomo ha con se stesso, con i suoi sogni e suoi fallimenti 3. FOLLIA DEL GIUSTO CASTIGO: dove la follia punisce lo spirito per le passioni dell’anima e del cuore. Il castigo è proporzionale alla verità, che attraverso le punizioni viene rivelata. 4. FOLLIA DELLA PASSIONE DISPERATA: dove la mancanza dell’oggetto d’amore, il più delle volte sottratto all’amato/a dalla morte, 2 CALVINO, "Sermon II sur l’Epitre aux Ephésiens", Calvino, "Textes choisis", a cura di Gagnebin e K. Barth, p.73, in Foucault Michel, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag. 38. 3 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag. 41. 7 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 diviene insostenibile a tal punto da portare al suicidio; atto finale che ha come retrogusto una dolcezza infinita: i due amanti verranno uniti nell’eternità da quella stessa morte che inizialmente li aveva divisi. La follia descritta nelle opere letterarie è senza via d’uscita, non ha soluzione di nessun tipo; non esiste nessuna cura medica, ma solo la “misericordia divina”4. Verso la fine del XVII secolo la follia non è più la manifestazione della tragicità della vita umana, ma rappresenta solo l’ironia insita nelle illusioni di cui il genere umano non può fare a meno. Perde la sua funzione punitiva, perché il castigo è proporzionato all’errore commesso e l’attuarsi della condanna permette il venire a galla della verità. L’illusione che crea la situazione finta, ma drammatica nello stesso tempo, viene dissolta dalla veridicità dei fatti. La Nave dei folli ha ormeggiato. In questa nuova idea della follia il medioevo, con le sue immagini dell’impossibile, con il suo legame inscindibile tra l’uomo e la morte, si dissolve tra le mura degli ospedali dove il suo carico verrà ospitato. 1.1 L’età classica e l’internamento La follia viene messa in silenzio durante l’età classica e Cartesio, esponente di punta del pensiero razionalista, la relega al di fuori di tutto quello che concerne la Saggezza e il Pensiero. L’uomo che pensa, che dubita, che ricerca il vero attraverso il ragionamento non può avere niente a che fare con la follia, essendo quest’ultima emblema del non senso. 4 William Shakespeare, “Macbeth”, atto V, scena I, in nell’età classica", op. cit. pag. 44. 8 4 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Il XVII sec segna la nascita delle case di internamento dove, nei secoli successivi, verranno rinchiusi poveri, malati e detenuti in maniera indiscriminata. Il raggruppamento di alcune istituzioni di assistenza in un decreto del 1656 sancisce la nascita del primo Hospital general a Parigi. Compito di questa istituzione sarà “… di accogliere,di alloggiare e di nutrire coloro che si presentano soli, o che sono inviati dall’autorità reale o giudiziaria; bisognerà anche provvedere alla sussistenza, alla buona tenuta, all’ordine …”5; per svolgere queste mansioni saranno necessarie figure professionali ben definite: • il direttore, con nomina a vita, con poteri ben delineati anche al di fuori dell’ospedale, “essi hanno potere di autorità, di direzione, di amministrazione, di commercio, di polizia, di giurisdizione, di correzione e punizione su tutti i poveri di Parigi, tanto fuori che dentro l’Hospital general”6. • il medico, scelto direttamente dal direttore, ha l’obbligo di visitare l’hospital due volte alla settimana. La creazione dell’Hospital ha una funzione strettamente repressiva, nata tra le funzioni della polizia e quelle della giustizia, al suo interno i direttori hanno potere assoluto, con una strutturazione semigiuridica che gli permette di decidere e giudicare: “a tal scopo i direttori avranno, secondo il loro avviso, pali, berline, prigioni e segrete nel suddetto Hospital general e nei luoghi che ne dipendono …”.7 Tra le mura dei vecchi lebbrosari, oramai abbandonati, si affacciano i visi della povertà, della malattia mentale e della giustizia spesso senza nessuna distinzione le una tra le altre. La chiusura/segregazione, come avveniva per i lebbrosi, ha significati morali,politici e sociali ben definiti e, come per i lebbrosari, non vi è nessuna caratteristica medica e di cura, ma solo il bisogno di creare e di mantenere l’ordine . 5 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag. 55. 6 Editto del 1656,art.XIII, in Ibidem. 7 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag. 55. 9 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 In Inghilterra la genesi dell’internamento è ancora più remota. Le prime leggi promulgate riguardavano sia la punizione di chi vagabondava che il dare assistenza ai poveri. Nascono le houses of corretion finanziate dallo stato attraverso imposte, ma nello stesso tempo venivano incoraggiate donazioni private. Il panorama che si viene a delineare in questi primi tentativi di garantire un ordine sociale stabile, porta a mischiare, all’interno di queste case di correzione e di internamento una moltitudine di “generi umani”: il vagabondo, il delinquente, il folle, ma anche figli ingestibili o dilapidatori delle finanze. L’ideale di fondo che muove la nascita di questi istituti di repressione e tutela è influenzato dalla nuova “sensibilità sociale” che caratterizza questo periodo storico. L’approccio riguarda non solo i poveri o i malati mentali, ma coinvolge anche la nuova etica sul lavoro e le conseguenze che i problemi economici riversano sulla società. La positività mistica con cui il medioevo avvolgeva la povertà e gli indigenti, scompare durante il razionalismo. Tutti gli aspetti positivi che avevano caratterizzato la povertà, il dolore, le opere di carità vengono cancellati dalla nuova concezione della Riforma Luterana: l’uomo è predestinato e Dio mostra la sua ira attraverso l’afflizione di punizioni ben visibili socialmente. Diviene un “dovere” sociale occuparsi di chi si trovava in difficoltà a causa dei suoi peccati non per sollevare il soggetto dal disagio, ma per sopprimere le molteplici manifestazioni di questo disagio. Anche il cattolicesimo, con la Contro Riforma, arriva ad allinearsi con il pensiero luterano e calvinista: miserabili, mendicanti non sono più uno strumento di Dio per suscitare la carità dei più abbienti e, attraverso la pietà, permettere la salvezza delle loro anime, ma sono solamente la manifestazione della corruzione morale causa della quale vengono rifiutati. Il nuovo filtro con cui viene considerata questa enorme massa umana è quella del lavoro e del ricavo economico: ora il peccato maggiore non sono più l’orgoglio e la superbia, ma la pigrizia e l’ozio. Perciò compito dello stato e della società è quello di togliere dalla vista dei lavoratori chi sfidava Dio non rispettando nessuna regola. 10 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 L’internamento ha una duplice valenza: è un mezzo per garantire l’ordine sociale compromesso dai senza lavoro, e obbligare gli internati a lavorare garantisce al mercato mano d’opera a bassissimo costo. È il lavoro che ora assume il ruolo di salvatore delle anime dannate. E il lavoro svolto nelle case di internamento viene investito di significato etico, come risposta alla rivolta contro Dio posta in atto dalla Pigrizia. I folli spiccheranno in questo contesto per la loro incapacità di adattarsi alle regole, di eseguire lavori e di coordinarsi ai ritmi della comunità dove vengono rinchiusi. 1.2 La follia L’evoluzione del concetto di follia dal Medioevo all’età classica, passando per il Rinascimento, perde nel corso dei secoli tutti quegli aspetti positivi che la definivano come una degli aspetti dell’animo umano. L’internamento dei folli insieme ad una variegata moltitudine senza nessuna distinzione tra poveri, dissoluti, padri dissipatori o bestemmiatori è la conseguenza di questa perdita. Nella massa di esseri che popolano le case di correzione i folli hanno, rispetto a diversi abitanti, solo una parola che li distingua approssimativamente rispetto agli altri: FURORE con il quale di identificano tutte le forme di violenze che non rientrano in quelle di delitto o che non hanno una precisa collocazione giuridica. I metodi di intervento nell’età classica nei confronti della follia non sono però tutti omogenei: troviamo ospedali sparsi in tutta Europa con statuti speciali, in cui viene sancito il diritto di cura e si descrivono le cure necessarie “salassi, purghe, vescicanti, bagni”8. In realtà queste cure non sono indirizzate alla follia vera e propria ma “febbre delle prigioni” considerata molto più pericolosa e, soprattutto, più infettiva della follia. 8 FOSSEYEUX, “ L’Hotel-Dieu de Paris VII siècle et au XVIII siècle”, Paris, 1912 in FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag.114. 11 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Se lo scopo dell’internamento non è la cura, qual è la motivazione di questo intervento? La correzione e il riportare la sua mente alla ragione perduta. I folli, all’interno delle istituzioni preposte al loro contenimento, devono seguire le regole e gli interventi che vengono applicati per tutti quelli internati è: “… seguire il regime della correzione, praticandone gli esercizi, e obbedire alle leggi della sua pedagogia”9. E il termine dell’internamento? Questo si verifica se il soggetto si è convertito alle regole imposte, non si parla di guarigione, ma di efficacia della punizione. Sono due le esperienze della follia nel corso del XVII e del XVIII secolo: • Folli come malati, perciò accolti negli ospedali e nelle case correzionali solo se curabili. • Follia come comportamento deviante da correggere, perciò accolti solo per essere “migliorati” o per liberarsene. I medici che si occupano di questi pazienti sono mossi da “pietà sociale” e attuano quella che si può definire una “premedicina”; sono i primi a dare una definizione delle varie manifestazioni comportamentali che si trovano ad osservare: illuminati, imbecilli, visionari. L’influenza che il Medioevo ha nei confronti della follia è enorme, soprattutto per quanto riguarda il carattere di individualità con cui avvolge questa esperienza. L’aspetto più illuminate riguarda tutta quella pratica medica così avanza in età Medioevale, ma che non fa parte della cultura occidentale. Ed è qui che si inserisce la forte influenza che il mondo arabo, culturalmente molto più avanzato di quello cattolico, ha portato nell’approccio medico alla follia. Gli ospedali arabi praticavano cure specifiche per i folli: musica, danza, spettacoli il tutto considerato come utili allo spirito. Gli ospedali più avanzati saranno quelli creati in Spagna, tanto che nel 1425 a Saragozza verrà fondato un ospedale che sarà di esempio anche quattro secoli dopo: “le porte aperte con larghezza ai malati di ogni paese, di ogni governo, di ogni culto …. La vita di giardino che ritma lo smarrimento degli spiriti con la saggezza stagionale delle messi …”10. 9 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag.117. 10 PINEL, “Traitè medico-philosophique”, pp.238-239 in Foucault Michel, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag.122. 12 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Sempre in Spagna tra il 1436 e il 1489 sorgeranno ospedali per i folli con cure mediche specifiche rispetto a tutte le istituzioni create nel resto d’Europa. Ma con il Rinascimento questa individualità viene persa , tralasciando quelle connotazioni mediche che rendevano la follia qualcosa di unico nel suo genere, perché ogni persona la esprimeva in modo soggettivo. È, per finire, l’età classica che omologa tutto quello che destabilizza in una massa indistinta di uomini, donne, bambini il cui unico denominatore comune è il non conformarsi alle regole. È da qui che inizia l’idea che la follia debba essere corretta, come tutte le altre situazioni che creavano disordine all’interno della società. Si viene a creare così una situazione ibrida, in quanto le varie esperienze della follia non si sono perse tra le nebbie dei tempi, ma sono arrivate a convivere tra il 1700 e il 1800, portando ad una varietà di intenti e di operati distinti e differenziati tra loro. Gli interventi praticati sono agiti da persone con ruoli ben definiti che agiscono in base ad ideologie ben precise. Il primo ruolo da analizzare è quello del medico, partendo sia dal diritto canonico che da quello romano, in quanto entrambi stabilizzano qual è il suo compito e lo investono della responsabilità di definire chi è folle. Solo il medico, grazie alla sua esperienza può dare una definizione certa a tutta a serie di comportamenti particolari riconducibili alla follia, stabilendo anche quali aree sono state colpite in che modo e in che misura. L’internamento non si basa su una diagnosi medica, ma la sua giurisprudenza richiede in alcuni casi una perizia per stabilire se un soggetto è curabile, e in altri casi un certificato che descriva le cure prestate, che però non hanno avuto effetto, giudicando così il soggetto come irrecuperabile. Tra i vari stati europei vi erano delle differenze sostanziali sull’attuare l’internamento: • Inghilterra: è il giudice di pace che decreta l’internamento. • Francia: internamento stabilito da una sentenza del tribunale quando il soggetto aveva compiuto un delitto o un crimine. Raramente si farà ricorso alla perizia medica e la situazione si complica quando nel 1667 il “potere” di internare verrà rilasciata ai luogotenenti di polizia. 13 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Questo quadro mostra come la follia sia divenuta un problema sociale legato all’oltraggio e allo scandalo (nel senso di violazione della moralità condivisa all’interno della società) e in quest’ottica sono i rappresentanti della chiesa quelli considerati più idonei per definire la follia e chiedere l’internamento. La perizia medica non è considerata uno strumento, e sarà cos’ì anche all’inizio del XIX secolo, visto che ci si domanderà se i medici possono essere professionisti idonei per diagnosticare la follia. Ci troviamo davanti a due orientamenti nei confronti della follia: 1. Coscienza giuridica: persona considerata come soggetto giuridico con forme e obblighi, questi ultimi subiscono modifiche in base proprio alla follia e quest’ultima viene analizzata in base a questi cambiamenti. Il soggetto alienato non è considerato responsabile della propria alienazione. 2. Individuo come essere sociale: il soggetto viene internato, escluso secondo le affinità morali che vengono associate alla follia. In quest’ottica il soggetto alienato viene considerato responsabile del proprio agire. Nel primo orientamento vengono analizzate le capacità dell’individuo alienato e, in base a queste, verranno definite le sue facoltà, il suo livello giuridico e le sue capacità di discutere e di impegnarsi. Mentre nella seconda posizione il soggetto viene analizzato nei suoi comportamenti all’interno della società ed, in base a quelli, si sancisce se l’individuo sia “normale” o “anormale”, “sano” o “morboso”. Da queste due posizioni partirà la medicina del XIX secolo, che avrà come assunto di base la coincidenza dell’alienazione del soggetto di diritto con la follia dell’uomo sociale in una realtà pedagogica che possa essere analizzata sia in termini di diritto che in termini di sensibilità sociale: soggetto giuridicamente incapace, ma destabilizzatore del gruppo sociale di appartenenza. Sono i primi passi verso una giurisprudenza dell’alienazione che considera il folle un essere umano, perciò da questo momento l’internamento è possibile solo dopo l’interdizione del soggetto, cioè quando l’individuo alienato viene 14 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 considerato incapace: finalmente la sua pazzia viene riconosciuta, ancora limitata ma non più nascosta o annullata. Finalmente vengono ricompattate le due posizioni dicotomiche che nel corso dei secoli erano servite per definire e approcciarsi alla follia. La nuova concezione del malato di mente nasce da questo punto di incontro tra “il decreto sociale dell’internamento e la conoscenza giuridica che discerne la capacità del soggetto di diritto”11. Il risultato sarà considerare l’internamento negli ospedali un atto terapeutico. 11 FOUCAULT MICHEL, "Storia della follia nell’età classica", op. cit. pag.134 15 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 2 Italia: i manicomi al momento dell’Unità Nei primi decenni dell’800 la situazione relativa ai malati di mente è diversa a seconda delle legislazioni e delle amministrazioni di ogni stato. Si dovranno aspettare i primi ani del ‘900 perché questo accada, anche se il fine comune delle legislazioni poste in essere sino a quel momento era di impedire l’internamento delle persone sane. Questa preoccupazione era, però, tipicamente borghese, perché legata ad un problema patrimoniale ed economico: internando una persona sana la si privava del suo patrimonio. L’atteggiamento agito nei confronti dei “ricchi” non era lo stesso che si attuava nei confronti della popolazione dei ceti più poveri. A quest’ultimi l’internamento era applicato in modo coercitivo e indiscriminato, in quanto garantiva l’ordine pubblico, e non destava nessuna preoccupazione come quest’ultimi venivano trattati. La maggior parte degli istituti adibiti a manicomi erano vecchi lebbrosari (come spiegato nei capitoli precedenti) o vecchi ospedali e le stanze erano spesso anguste e umide, i pazienti erano tenuti in condizioni igieniche pessime. Anche le cure erano coercitive e invasive: le catene e le camice di forza erano state abolite all’inizio del secolo, ma erano state sostituite con le cinture di cuoio. Camicia di forza Polsini di forza Cintura di cuoio 16 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Altri strumenti furono i letti di coercizione: “letto orizzontale di forza, e verticale. L’ammalato bisognoso di quel violento artificio, vien disteso orizzontalmente dentro una cassa quadrilunga, o senza coperchio, il cui fondo sostenutola piastrini di muro cotto ed ha al centro un forame rotondo destinato al passaggio degli escrementi che si raccolgono in un vaso sottoposto.”12. Letto di contenzione Furono diverse le cure a cui furono sottoposti i paziente: • Salassi. • Purganti. • Bagni tiepidi alternati all’utilizzo di berretti di ghiacci: “… bagni tiepidi; qualche volta bastarono questi soli per ottenere la guarigione. Così pure le fredde docciature al capo nel tempo del bagno. Il berretto di ghiaccio continuato per più giorni senza interruzioni hanno procurato eccellenti risultati.”13 • Docce: “…La doccia che viene dall’altezza di tre metri direttamente sul capo con una colonna di acqua fredda del diametro dai due ai tre centimetri rimanendosi il paziente seduto su una scranna e sia protratta ad alcuni minuti, riduce la maggior parte degli ostinati”.14 Urna per la doccia 12 Osservazioni statistico-pratiche raccolte nel manicomio di Sant’Orsola in Bologna nel decennio 18421851cit., p.425. 13 Ibidem, p 425. 14 G. B. FANTONETTI, “del giusto valore ecc.” cit., p. 37 e sgg. 17 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Gli ultimi due trattamenti più utilizzati in quasi tutti i territori dell’Italia pre e post unità furono: • la camera oscura “nella quale anche le pareti, la soffitta, il pavimento sono tutti tinti di nero: in alto è fisso al muro un telaio con la pelle tesa la quale, battuta, fa rumore d’inferno affine di spaventare e così deprimere la soverchia energia del maniaco”15; • il lavoro, considerato la migliore terapia da attuare per insegnare le regole ed assoggettare meglio i degenti. Le teorie che stanno alla base delle cure e degli interventi agli alienati hanno come punto di partenza diverse definizioni della follia. Se da una parte si considera causa della follia solo l’aspetto organico; dall’altra inizia a prendere piede un aspetto più “psicologico” della malattia, relativo alle emozioni e all’anima che attraverso queste si manifesta, sino d arrivare ad una posizione “mista” nell’approccio a questa patologia, che aprirà la strada al nuovo secolo. 2.1 La psichiatria tra ottocento e novecento L’origine organica della follia, è sempre stato il punto di partenza di quasi tutte le sue definizioni a partire dalla fine del 700: le lesioni all’interno del cervello erano considerate la causa delle alterazioni comportamentali degli alienati, anche se esami autoptici effettuati su cervelli di pazzi non hanno mai, di fatto, confermato questa credenza. 15 CANOSA ROMANO, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 40. 18 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Chiarugi, uno dei massimi sostenitori italiani, delinea i criteri secondo i quali definire la follia: “ a) diuturnità del delirio; b) offesa primitiva dell’organo cerebrale; c) assenza di febbre primaria.”16. È sempre il “senso motorio” ad essere alterato e queste alterazioni possono agire sul cervello sia in modo meccanico che fisico e, per finire, “per chimica operazione interiore”17: è qui che si inserisce l’idea che a produrre gli scompensi comportamentali possa essere anche una causa morale. Questo nuovo elemento porta dei cambiamenti anche nelle cure da somministrare agli alienati. Il maggior sostenitore delle cause morali della follia fu il francese F. Leuret, il quale considerava il “trattamento morale” come l’unico valido per guarire la malattia mentale. Durante i suoi studi, anche eseguendo autopsie, dimostrò che la follia poteva essere presente anche in soggetti che non presentavano nessuna lesione a livello cerebrale. Considerava inutili i trattamenti farmaceutici, ma solo gli interventi psichici che avrebbero agito “… sugli attributi dello spirito e nell’immaterialità dello spirito …”18. Il trattamento morale doveva generare nel folle quelle passioni antagoniste rispetto a quelle che lo dominavano. Leuret non considerava importanti i sentimenti del malato durante il trattamento in quanto considerava il malato alla stregua di un bambino che andava educato al giusto comportamento. In Italia le teorie di Leuret furono criticate, anche se la posizione fu più quella di una commistione tra l’organicismo e lo psicologico. Esponenti come Fantonetti teorizzavano che la causa della follia risiedesse nell’incapacità del cervello di riceve e comprendere gli ordini che l’anima dava. Verso la fine del secolo sostenitore della causa organica fu Salvatore Tommasi, che cercò di spiegare la presenza della follia in un soggetto che non presentava lesioni fisiche al cervello, arrivando a sostenere che la follia fosse un disordine dei processi chimici localizzato nell’encefalo. 16 V. CHIARUGI, “ Delle pazzia in genere e in specie”, tomo I Gioacchino Pagani stamp., Firenze 1808 (rist.), p. 2. 17 CANOSA ROMANO, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 50. 18 Ibidem, p. 52. 19 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 La posizione organicista investiva così il medico di importanza primaria nella cura e nel controllo degli alienati, tanto da ipotizzare che “i disordini dell’emotività …le affezioni dell’anima … le idee abbiano un corpo piccolissimo e mobilissimo tale da costituire delle molecole ideali idonee a dar luogo a delle cause encefaliche …”.19 In realtà i maggiori assertori del “potere assoluto” ai medici non furono gli organicisti, ma i sostenitori delle teorie psicologiche. L’autorità del medico veniva considerata fondamentale nel momento della cura attraverso “l’intimidazione” del folle per farlo ragionare: “… raccomanda la paura come mezzo di intervento il quale diminuendo l’orgasmo eccitato del cervello dei folli irascibili, può calmarne gli accessi.”20 Sulla base di tutte le teorie esposte il risultato fu una organizzazione manicomiale paragonabile al carcere con una sottile differenza: “data la scarsa capacità contrattuale dei folli, il dominio sulla popolazione degli asili per alienati era assai più esteso ed illimitato che non nelle prigioni.”21 Per quanto riguarda la validità dei risultati terapeutici ottenuti il discorso è ovviamente diverso. Verso la fine del XIX secolo arrivano da Oltralpe nuove teorie per tentare di dare ulteriori spiegazioni alla follia: B. Morel introdusse il concetto di degenerescenza, “uno stato patologico dell’essere che, in confronto ai suoi generatori più immediati, è costituzionalmente diminuito nella resistenza psicofisica e non realizza che in modo assai incompleto le condizioni biologiche della lotta ereditaria della vita”22, più semplicemente le origini di una condizione mentale alterata andavano ricercate sia nell’ereditarietà che nelle influenze ambientali avute in tenera età. Suo discepolo fu V. Magnan il quale arrivò a classificare i folli in due gruppi distinti: 19 Ibidem, p. 58. 20 J. DAQUIN, “La philosophie de la folie”, Librarie Nèe de la Rochelle, Paris 1792 p. 57 in Canosa Romano, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 62. 21 CANOSA ROMANO, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 65. 22 Ibidem, p 70. 20 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 • i normali che influenzati da cause diverse divengono malati (maniaci, melanconici, deliranti, …); • i degenerati, con menti disturbate, che anche per stimoli molto banali ed innocui manifestano grandi turbamenti. Questi ultimi vennero a loro volta suddivisi in: o degenerati inferiori e medi, che presentano lesioni cerebrali molto marcate e le cui facoltà intellettuali e morali molto indebolite; o degenerati superiori con lesioni cerebrali deboli e con uno sviluppo intellettuale e morale disarmonico. Queste teorie trovavano la loro matrice nelle contemporanee scienze darwiniane, ma in Italia non ebbero moto di svilupparsi se non parzialmente nella nuova scienza delle criminologia, il cui maggior esponente fu Lombroso. Accanto a queste nuove teorie che cercano di dare un perché scientifico alla follia, dal mondo anglosassone arrivano nuovi approcci di intervento nella cura degli alienati. L’eliminazione dei mezzi coercitivi (no restraint), la chiusura dei manicomi e la possibilità, da parte dei pazienti, di poter uscire da questi (open door) furono le innovazioni che travolsero la realtà italiana, ma che nello stesso tempo vennero aspramente criticate . Nei confronti di questi due aspetti le critiche mosse durante il Congresso di Padova del 1904 furono condivise da quasi tutto il panorama medico, con qualche sottile differenza: se per quanto riguardava l’open door il diniego era totale, nei confronti del no restraint l’atteggiamento fu più possibilista: “il restraint assoluto, benché rappresenti nel trattamento dei pazzi, un metodo ideale, è, almeno nelle condizioni attuali, di difficile applicazione nei nostri manicomi. Invece il no restraint attenuato, inteso cioè nel senso che i mezzi coercitivi vengano applicati in casi eccezionali e di necessità, in modo temporaneo e dietro ordine del medico, può rendere utili servigi, senza venir meno ai precedenti dell’umanità e del decoro.”23 23 Vedine il testo in “Rivista sperimentale di freniatria ecc.”, 1902, p. 143. 21 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Il Congresso stesso arrivò a stabilire nell’ordine del giorno che: “disapprovava la contezione meccanica degli alienati, deplora che molti manicomi d’Italia, per necessità di ambiente o personale di servizio, si faccia ancora uso dei mezzi di contenzione meccanica nella custodia degli alienati e fa voti perché tutti i soci si impegnino a provocare, con ogni loro energia, dalle amministrazioni quei provvedimenti che nei vari casi speciali sono necessari a toglierli; e che, col provvedere alla diminuzione dell’affollamento dei manicomi, coll’aumento del numero dei medici e degli infermieri, colla elevazione intellettuale e morale di quest’ultimi…. Si attui in Italia l’abolizione dei mezzi di coercizione per gli alienati.”24 In realtà le cose non andarono migliorando, tanto che a partire dal 1901 iniziarono tutta una serie di commissioni preposte a verificare la realtà all’interno dei manicomi. 2.2 Gli scandali dei manicomi Ospedale di Montebelluna: le pazienti ricoverate erano quarantacinque sotto la custodia di tre sole suore che svolgevano le funzioni di infermiere e, nello stesso tempo, potevano applicare i mezzi coercitivi il cui fine però non era la cura, ma uno strumento per punire le malate più ribelli. Furono trovate nelle celle anelli di ferro ai muri e; durante la visita, una paziente a letto nuda, sporca di vomito e in compagnia di un’altra malata agitata, ma libera. Durante la notte non vi era nessuna sorveglianza, anche perché la “sicurezza” veniva garantita legando le pazienti ai letti in modo indiscriminato. Locali e persone in condizioni igieniche disastrose. Ospedale di Cavarzere: non vi era nessuna distinzione tra i malati e i folli, non c’era nemmeno una divisione con quelli colpiti da malattie infettive. I locali e i bagni erano sporchissimi e, per finire, l’ospedale sorgeva su una zona acquitrinosa, di conseguenza gli internati erano più esposti a contrarre le febbri perniciose, che erano anche la maggior causa di morte. Ospedale di San. Servolo: il numero dei pazienti si aggirava sui 608, per i quali venivano usati in modo smodato i mezzi di coercizione. Ceppi e catene ai polsi e alle caviglie usati abitualmente per mesi e anni, non per poche ore. Il 24 “Rivista sperimentale di freniatria ecc.” 1905, p. 295. 22 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 direttore del manicomio era un frate, ed era lui che stabiliva quando, come e per quanto tempo dovevano essere applicati mezzi coercitivi. Nel manicomio risiedeva un medico aggiunto senza nessuna esperienza psichiatrica. Le condizioni igieniche erano disastrose, il personale infermieristico era inadeguato e rozzo, la disciplina era inesistente, i “bagni” erano buche nel pavimento collegate direttamente con le fogne, le cure erano pressoché nulle, l’alimentazione insufficiente. Molto probabilmente i risultati di questa ultima inchiesta non avrebbero dato scandalo se non fossero arrivati sulle pagine dei giornali; da questo momento furono intervistati anche i pazienti o gli ex-pazienti, per tracciare un quadro ancora più chiaro degli abusi che venivano perpetrati: “ … parecchi anni orsono egli ed altri infermi percossero un infermiere per vendicarsi di lunghi maltrattamenti e che perciò vennero severamente puniti dal direttore padre Minoretti, che li tenne tutti legati in letto con cinturoni, balze, manicotti, per sette mesi e mezzo di seguito, ed altri tre mesi col solo cinturone, che inoltre questo castigo fu reso ancor più duro con lunghi digiuni.”25 In risposta a queste dichiarazioni il direttore rilasciò un intervista in cui tentò di minimizzare le accuse che gli erano state mosse: “i mezzi coercitivi consistevano in cinghie con l’anello di cuoio e di ferro ma ricoperto anche di cuoio; e in due anelli di ferro ben ricoperti di cuoio riuniti da una piccola catena. Questi ultimi apparecchi servivano per quelli che hanno la tendenza a tirare calci. È falso che gli ammalati presentassero lividure ai polsi o lesioni o scalfitture. Si sono adottati e si adottano poi altri mezzi coercitivi moderni per gli ammalati meno pericolosi: vi sono apparecchi in tela, dei quali è andata distrutta una grande quantità.”26 La bagarre che aveva scatenato quest’ultima inchiesta aveva accelerato la presentazione in Parlamento della legge sui manicomi e aveva portato ad ulteriori inchieste sul territorio. Manicomio di Como: l’istituto era stato costruito per ospitare 500 malati, ne conteneva in realtà 782. I dormitori predisposti per un massimo di nove- dieci letti, ne conteneva più di 14 e letti erano stati posizionati anche nei corridoi. Il reparto degli agitati, che ne avrebbe potuto contenere al massimo 80, ne ospitava 182, con solo sei o sette infermieri. La commissione rilevava anche un servizio farmaceutico e di custodia scadenti. Per quanto riguarda l’uso di mezzi di coercizione la commissione non trovò elementi per stabilire abusi, ma trovarono solo un paziente legato piedi e polsi. La relazione concludeva dicendo: “… il nostro manicomio ben può meritare la definizione che gli fu data dagli stessi sanitari che vi sono preposti, di non essere altro che una baraonda ed una fabbrica di cronici dove i malati, per mancanza d’aria, di ambiente adatto, di sorveglianza, di assistenza razionale, anziché migliorare , peggiorano.”27 25 Archivio Centrale di Stato, Ministero dell’interno, Direzione generale della Sanità 20900.8, busta 846 (1901-1910). 26 “L’inchiesta sui manicomi. Come si difende padre Minoretti”, “Corriere della Sera”, 2 dicembre 1902, p. 2. 27 Enormità rilevate dall’inchiesta nel manicomio di Como, “Corriere della Sera”, 3 marzo 1906, p. 4. 23 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Addirittura nel Sud d’Italia la situazione andava peggiorando. Ospedale di Aversa: il primo elemento che i commissari rilevarono fu relativo al ritardo nella fornitura delle derrate alimentari. I ritardi erano così gravi da creare una situazione paradossale:il pasto del mattino avveniva verso le undicimezzogiorno, invece che le nove, mentre la cena era somministrata alle quattro del pomeriggio, di conseguenza i malati mangiavano due volte nello spazio di quattro ore, ma rimanevano senza cibo per le restanti venti. I viveri venivano ordinati due giorni per due giorni e conservati in luoghi non refrigerati anche in estate, e la qualità del cibo era molto scarsa. L’affollamento dell’ospedale era sproporzionato: “dinnanzi al caleidoscopio succedersi delle ammissioni il medico non ha il tempo di studiare bene i suoi malati e di seguire tutte le fasi della malattia. Di qui diagnosi tardive o errate; dimissioni intempestive di infermi per miglioramenti o guarigioni non bene accertate, che non tardano poi a risospingere i soggetti al manicomio; infine ritarda l’uscita di molti, la cui guarigione è sfuggita al medico e che, non di rado, permanendo nel manicomio, ricadono nella loro infermità (…) Purtroppo quindi il manicomio di Aversa è ridotto ad una vera e caserma, ad un magazzino di esseri umani, ad un asilo che non compie altra funzione che quella di fabbricare dei cronici con crescente aggravio dei bilanci sociali; adunque ad uno ospizio che riduce alla estrema demenza i caduti nelle lotte per la vita, piuttosto che restituirli sani alla società.”28 L’ospedale non aveva il medico residente in loco, anche se per regolamento sarebbe stato obbligatorio, come obbligatorio era il divieto ad assumere incarichi esterni al manicomio, norma che molti medici non rispettavano e di conseguenza il tempo da dedicare ai pazienti era scarso, senza nessuna analisi individualizzata di ogni singolo alienato. Il manicomio era pieno di pidocchi, le lavanderie non funzionavano e il servizio di disinfestazione era inesistente. I medici non sorvegliavano a dovere i pazienti e nascondevano i maltrattamenti che questi subivano dagli inservienti. In sintesi la situazione dei manicomi italiani ha, per tutta la penisola, le seguenti caratteristiche: • Sovraffollamento. • Ambienti vecchi e malsani. • Cattiva alimentazione. • Scarsità di medici e di infermieri. • Difficoltà di rapporti fra la direzione medica e le amministrazioni provinciali. Bisogna definire i tipi di manicomi presenti sul territorio: 28 Ibidem, busta 845 (1898-1910). 24 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 a) manicomi la cui caratteristica principale era essere istituzioni provinciali, perciò dipendenti dai consigli provinciali; e dove il direttore medico aveva anche il potere di intervenire amministrativamente, preparando bilanci preventivi; b) manicomi fondati da opere pie più o meno autonome e comunque assoggettate alle ingerenza dei corpi pubblici; c) manicomi dipendenti dalle opere ospedaliere, perciò quasi dei reparti d’ospedale e amministrativamente diretti da congreghe indipendenti; d) manicomi privati sorvegliati dalle amministrazioni pubbliche. Ed ogni manicomio, prima della approvazione della legge, si gestiva in modo tendenzialmente autonomo: • in alcuni il direttore medico amministrava non solo il servizio sanitario, ma anche in parte quello amministrativo, preparando bilanci preventivi e assicurandosi che venissero eseguiti; • in altri il direttore non aveva nessun potere in ambito amministrativo, ma solo nell’ambito della disciplina; • in altri ancora il direttore aveva “potere assoluto” su tutti rami che il servizio erogava, aveva veto decisionale sull’andamento economico interno, senza averne però responsabilità. Sintetizzando la situazione della gestione della follia si può così descrivere: “i medici badavano a consolidare il loro potere su di essa, nel migliore dei casi preoccupandosi soltanto che il folle avesse abiti caldi d’inverno e non fosse accatastato con gli altri suoi consimili in ambienti non igienici, ma comunque sempre escludendo ogni intervento pubblico, cioè sociale sulla cura e sulla custodia”.29 . 29 CANOSA ROMANO, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 135. 25 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 3 I manicomi criminali Nella seconda metà dell’800, in ambito giurisprudenziale, ci si pone il problema se i soggetti colpevoli di un delitto, ma assolti perchè alienati al momento del reato o quelli impazziti in un momento successivo al momento del delitto, fossero da internare con gli altri folli, o esigessero istituti differenziati. È del 1872 la prima circolare emanata dal ministro dell’interno in relazione all’istituzione dei manicomi criminali: “… essendo sorto il dubbio se non convenga aprire uno o più reclusori per concentrare in essi ogni condannato riconosciuto affetto da alienazione mentale, o gravemente indiziato ad esserlo a giudizio degli ufficiali sanitari governativi addetti ai diversi stabilimenti …”30. Il contenzioso che nasce riguarda i campi di competenza che vengono contesi da un lato dagli psichiatri, che si considerano gli unici in grado di stabilire se un soggetto è affetto da patologie mentali, e i giudici che si avvallano della stessa competenza per stabilire il tipo di pena da commutare. La criminologia, la nuova disciplina che nasce proprio in questo periodo grazie a Cesare Lombroso, si pone come frammezzo tra la psichiatria e la giurisprudenza. Appoggiandosi sulla suddivisione che viene fatta del delinquente: • Occasionale quando il delitto viene commesso in circostanze fortuite, perciò il soggetto non è socialmente pericoloso, e può essere recuperato nel momento in cui vengono eliminate le cause che hanno determinato il compiersi dell’atto criminoso; • Abituale quando il soggetto è recidivo nel commettere reati, perciò la pericolosità sociale è molto alta, e senza possibilità di recupero, in quanto la sua “devianza” è innata; Lombroso stabilì il primato del modello medico-psichiatrico su quello normativo –giuridico, in quanto considerava il delinquente abituale alla stregua del folle, perché in entrambi erano riconosciute caratteristiche analoghe come: • L’atavismo, che può comparire dopo molte generazioni con le caratteristiche tipiche dell’uomo primitivo. • La degenerazione mentale, considerata un vero e proprio disturbo della mente. • L’epilessia, incontrollabilità improvvisa del soggetto. La struttura manicomiale proposta dallo studioso doveva essere così strutturato: • 30 Ospitalità per almeno 300 pazienti. Vedila in “Rivista di discipline carcerarie” 1872, p. 429. 26 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 • Vi dovevano essere ricoverati tutti quei soggetti impazziti, con tendenze incendiarie o omicide o oscene, al concludersi della fase acuta del male. • Tutti quei soggetti con tendenze incendiarie o omicide o acute, dove l’inchiesta giudiziaria sia stata sospesa per la riconosciuta follia. • Tutti i soggetti che si sono macchiati di crimini strani, atroci, senza un movente chiaro o sproporzionato al delitto commesso. • I soggetti affetti da grave infermità (come la pellagra, l’alcoolismo, l’epilessia), quando ci sia famigliarità con alienati o epilettici; quando presentino malformazioni a livello del cranio. • La direzione dovrebbe essere medica, mentre il personale carcerario. • I soggetti che rientrano nelle definizioni di “delinquenti abituali” non dovevano essere mai dimessi, i soggetti che si sono macchiati di reati a causa di “follia momentanea” e dimostrino segni di guarigione, possono essere dimessi dopo uno o due anni di osservazione della stabilità avvenuta e, in ogni caso, sottoposti a visite mensili per gli anni a seguire. Il conflitto di competenze tra psichiatri e giudici si risolverà, nella maggioranza dei casi, a favore di quest’ultimi, anche se entrambe le categorie concordavano sulla necessità di garantire un ordine sociale. Considerare la follia come un disadattamento sociale fu di fondamentale importanza nell’istituzione dei manicomi criminali. Partendo dal concetto giuridico la responsabilità non era più morale bensì sociale, di conseguenza anche il reo non imputabile deve “pagare” per il reato commesso venendo affidato ai manicomi criminali. Le nuove istituzioni che si verranno a creare saranno l’unione tra la detenzione, la custodia e la cura caratteristiche fondamentali per garantire “l’espiazione” della colpa, la sicurezza sociale e l’eventuale recupero del soggetto. 3.1 La legislazione dei manicomi dall’Unità ad oggi La legislazione precedente all’Unità d’Italia differenziava da stato a stato, ma nessuna prevedeva istituti o regole particolari per i soggetti non imputabili a causa di una malattia mentale, infatti la destinazione finale era sempre e comunque il manicomio comune. 27 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Il Codice Sardo del 1859 fu esteso a tutta la penisola a seguito dell’unificazione e in merito la legislazione era scarsa e contraddittoria: • Art. 94: non vi è reato se l'imputato trovasi in istato di assoluta imbecillità, di pazzia o di morboso furore quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non poté resistere. • Art. 95: allorché la pazzia, l'imbecillità, il furore o la forza non si riconoscessero a tal grado da rendere non imputabile affatto l'azione, i Giudici applicheranno all'imputato, secondo le circostanze dei casi, la pena del carcere estensibile anche ad anni dieci, o quella della custodia, estensibile anche ad anni venti. In realtà per avere una legge che sancisca la nascita dei manicomi criminali, e che ne regoli il funzionamento, si dovrà aspettare il primo decennio del XX secolo. Gli anni precedenti saranno caratterizzati da continue proposte di legge che per i più svariati motivi non verranno approvate, ecco di seguito i disegni di legge che hanno poi portato a quella definitiva del 1930, il Codice Rocco (che in realtà fu la riforma del codice penale): 31 31 • 14 dicembre 1875 l’on. Renzis presentò una risoluzione alla Camera dei Deputati in cui si diceva: “La Camera, vista la necessità di raccogliere in ospedali governativi i mentecatti condannati o giudicabili, invita il ministero a studiare se sia conveniente ed economico per lo Stato, l'impianto di uno o più ospedali governativi atti a raccogliere mentecatti condannati o giudicabili ...”31. • 1876 con un atto amministrativo, senza delibera da parte dello stato, venne inaugurata presso la casa penale di Aversa la “Sezione Maniaci”. • 14 aprile 1877 polemiche sulla possibilità di creare manicomi criminali, la posizione più accesa fu quella dell’on. Righi e del Guardasigilli Mancini: “... le condizioni nostre legislative sono tali oggi che, allorché un individuo qualunque, riconosciuto autore del più grave, o di qualsiasi numero dei più gravi reati, dei più offensivi alla sicurezza sociale, una volta che sia dichiarato aver compiuto queste azioni in condizione di mente alienata, egli viene senz'altro ricondotto libero sulla porta della Corte di Assise, e rimandato in seno alla società, nella libera padronanza di esercitare i suoi pravi istinti puramente e morbosamente animali ed ostili ... formulo la mia interpellanza all'onorevole guardasigilli e gli chiedo quali siano i suoi intendimenti riguardo all'istituzione di questi manicomi criminali, nei quali debbono essere accolti tutti coloro anzitutto CANOSA ROMANO, “Storia del manicomio in Italia dall’unità ad oggi” cit., p. 139. 28 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 che abbiano commesso un reato in condizioni di mente riconosciuta aberrante, tutti coloro in secondo luogo i quali siano diventati pazzi durante lo svolgimento del procedimento penale e finalmente tutti quelli i quali possono essere diventati pazzi durante il periodo dell'espiazione della pena “32. • 1885 il Ministero dell’Interno stabiliva di trasformare in manicomio criminale il carcere dell’Ambrosiana, ma questo non fu accettato dalle Commissioni Parlamentari. • 1886 venne istituito il secondo manicomio criminale in Italia a Montelupo fiorentino. Queste le fasi cruciali sino ad arrivare al 1889 con il Codice Zanardelli, che merita una analisi più approfondita. 3.1.1 Codice Zanardelli e la legge “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati” Il Codice Zanardelli non regolamenta, nell’immediato della sua approvazione, i manicomi criminali. L’unica cosa che il codice stabilì fu quando un soggetto non è imputabile: art. 46 non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità mentale da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti. Questo non esimeva il giudice a consegnare il reo alle autorità competenti nel caso si fosse riscontrata una pericolosità sociale molto elevata; il soggetto veniva allora assegnato alla casa di custodia, come sostituzione della pena carceraria e, nel caso le ragioni del suo internamento fossero cessate, questa soluzione poteva essere revocata. Fu solo con il Regio Decreto del 1 febbraio 1891 che venne utilizzato per la prima volta il termine “manicomio giudiziario” e dove, nello stesso tempo, vennero stabilite le tipologie di soggetti che vi potevano essere internati: • art. 469: ... per i condannati che devono scontare una pena maggiore di un anno, colpiti da alienazione mentale, sono destinati speciali stabilimenti, o manicomi giudiziari, nei quali si provveda ad un tempo alla repressione e alla cura ...; • art. 470: I condannati che devono scontare una pena minore di un anno, colpiti da alienazione mentale, ma inoffensivi, paralitici o affetti da delirio transitorio, possono rimanere negli stabilimenti 32 Ibidem p. 140. 29 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 • • • ordinari, ove non manchino i mezzi di cura e non si porti nocumento alla disciplina interna; art. 471: Gli accusati o imputati prosciolti, ai sensi dell'art. 46 del codice penale, e per i quali il presidente del tribunale civile pronunzia il ricovero definitivo in un manicomio, giusta l'art. 14 del r.d. 1 dicembre 1889, n. 6509 sono trasferiti, con decreto del ministro dell'Interno, e su proposta dell'autorità di pubblica sicurezza, in un Manicomio giudiziario, ma in sezioni separate; art. 472: Nelle sezioni indicate nell'art. precedente possono essere fatti ricoverare, con decreto del ministro dell'Interno, anche gli accusati prosciolti che, ai sensi dell'art. 13 r.d. 1 dicembre 1889, n. 6509, debbono essere provvisoriamente chiusi in un manicomio, in stato di osservazione; art. 473: Sopra apposita domanda dell'autorità giudiziaria, possono essere ricoverati in una sezione speciale dei manicomi giudiziari, anche gli inquisiti in istato di osservazione. L'assegnazione è fatta per decreto del ministro dell'Interno. Solo nella legge approvata il 14 febbraio del 1904, intitolata “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati”, venivano indicate in maniera sommaria le norme per le ammissioni e le dimissioni al manicomio; stabiliti i compiti del direttore; fissata la ripartizione delle spese; previsto un meccanismo di controllo lasciando però al regolamento, emanato successivamente, di regolamentare la materia. Gli articoli erano solamente undici, ma anche solo analizzando i primi due possiamo trarre alcune conclusioni: • art. 1 i soggetti a cui era rivolta l’assistenza manicomiale erano “persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescano di pubblico scandalo”; da qui si deduce che lo scopo principale era la custodia non la cura dei soggetti; • art. 2 dove venivano stabiliti i criteri per ammettere il soggetto in manicomio: ammissione provvisoria, ordinata dall’autorità di pubblica sicurezza dietro la presentazione di un certificato medico in cui venivano attestate le condizioni mentali del soggetto. Ammissione normale autorizzata dal pretore dopo aver ricevuto la domanda, accompagnata dal certificato medico, o da un atto notorio, in cui quattro testimoni, non parenti del soggetto ma che comunque lo conoscevano, ne descrivessero lo stato mentale. Per finire era il Tribunale, in Camera di Consiglio, ad autorizzare il ricovero definitivo sulla base di una relazione stilata dal direttore del manicomio, e dopo un periodo di osservazione, che poteva durare al massimo un mese. La legge stabiliva anche che tutti i provvedimenti di ricovero venissero trascritti nel casellario giudiziario, così da “marchiare” il soggetto per tutta la vita 30 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 impedendogli di poter trovare un lavoro. È chiaro che non vi è nessuna intenzione di recuperare i malati e di reinserirli in società e o in famiglia. La dimissione dei ricoverati poteva avvenire solo in due casi: la guarigione o un miglioramento così evidente da consentire di proseguire le cure a “domicilio”. Si dovrà attendere il 1930 con il Codice Rocco perché si inserissero modifiche significative nei confronti dei manicomi criminali. 3.1.2 Codice Rocco Il codice Rocco per primo si occupò di definire, in modo chiaro, l’imputabilità e la responsabilità e ridisegnò il concetto di manicomio criminale. Ma analizziamoli nel dettaglio. A) Imputabilità e responsabilità. Art. 85: “nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.” E per imputabilità si intende la capacità del soggetto di intendere e di volere. Art. 88: “non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere.” Sulla base dell’art. 97 tutti i minori inferiori di anni quattordici, per immaturità psico-biologica, non sono soggetti imputabili. Mentre tra i quattordici e i diciotto anni l’imputabilità va dimostrata caso per caso, per quanto riguarda i diciottenni l’imputabilità è piena. L’assenza della imputabilità deve sempre essere dimostrata e la legge richiama le cause per le quali l’imputabilità può non esserci: • La piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore (art.91). • L’azione di sostanze stupefacenti derivate da caso fortuito o da forza maggiore (art.93). • L’infermità o la malattia psichica (art.88). • La cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti (art. 95). 31 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 • Il sordomutismo (art. 96). La legge esclude a priori che l’imputabilità sia influenzata da stati emotivi e passionale, e la tabella seguente mostra alcuni cause di esclusione di imputabilità. Tabella 1 Tabella 2 - Imputabilità e cause di esclusione di essa Condizione del soggetto Giudizio Sanzione con misura di sicurezza ubriachezza fortuita da forza maggiore azione di stupefacenti fortuita o da forza maggiore non imputabile ubriachezza volontaria azione di stupefacenti assunti volontariamente imputabile ubriachezza preordinata per assunzione di stupefacenti commettere il reato preordinata per commettere il reato imputabile pena aumentata ubriachezza abituale uso abituale di stupefacenti imputabile pena aumentata cronica intossicazione da alcool cronica intossicazione da stupefacenti non imputabile misura di sicurezza dell'OPG Il folle secondo il Codice Rocco era, sempre per definizione, incapace, irresponsabile, pericoloso, inidoneo alla vita sociale a tal punto da dover venire rinchiuso ed isolato in un manicomio. Il comportamento deviato era sempre considerato causa di una malattia mentale, cioè di una patologia del cervello. Si basava sulle teorie di Lombroso, che gli anni precedenti erano state scartate, ed è proprio su queste che si baserà l’istituzione dei manicomi giudiziari. B) Il manicomio giudiziario come misura di sicurezza. All’interno del Codice Rocco convivono sia il sistema delle pene che quello di sicurezza, cioè il cosiddetto “sistema binario”, secondo il quale le misure di sicurezza andavano applicate solo ai soggetti che avevano commesso un reato e che veniva considerate socialmente pericolose. Art. 203: “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non 32 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell'art. 133.” Si introducono nel codice concetti come pericolosità sociale che però varia a seconda dei fattori che di volta in volta devono essere considerati (carattere e temperamento del soggetto, ambienti di provenienza e di frequentazione, modo tempo e luogo del reato, gravità del danno, movente, condotta del soggetto, precedenti penali, ecc.) e, per arginarla, si istituiscono le strutture idonee per applicare le misure di sicurezza, come le colonie agricole, le case di lavoro e il manicomio giudiziario. L’applicazione delle misure di sicurezza può avvenire solo quando la pericolosità sociale è stata accertata tramite un’analisi attenta dei suoi criteri di definizione, anche in base all’art. 3 primo comma della Costituzione che sancisce: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Nel caso in cui un soggetto avesse ottenuto un proscioglimento per infermità e fosse stata riconosciuta la seminfermità, per deduzione della legge, e senza bisogno di ulteriori accertamenti, il soggetto veniva considerato pericoloso socialmente. La motivazione di questa presa di posizione da parte del Codice Rocco era quello di impedire ad un giudice di valutare secondo la propria coscienza e la propria volontà, si cercava, cioè di evitare, che un “colpevole” non subisse una sanzione penale “solo” perché considerato non imputabile. Il Codice aveva la necessità primaria di essere uno strumento utilizzabile il più allungo possibile ed è per questo che fa riferimento sia alla scuola classica, utilizzando la misura di sicurezza come forma retributiva; sia alla scuola positiva, adottando il concetto di indeterminazione della pena massima. La struttura del manicomio criminale che viene delineata nel Codice Rocco, cioè come mezzo per la difesa sociale, rimane immutata sino alla fine del secondo dopoguerra. Solo verso gli anni ’50 si inizia a proporre una modifica sostanziale per queste strutture: non più solo luoghi di custodia, ma luoghi di cura per chi è affetto da un male guaribile. 3.2 Modifiche giuridiche dagli anni ’70 33 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Le prime modifiche al Codice Rocco sono inserite nella L. 431/1968 che introdusse 1. la possibilità del ricovero volontario, da parte del malato stesso, in un manicomio civile (art. 4); 2. l’abolizione dell’obbligo di annotazione sul casellario giudiziale dei provvedimenti di ricovero definitivo disposti dal magistrato. In realtà la svolta più importante di questa legge fu limitare la funzione custodiale del manicomio ed evidenziarne, invece, il fine terapeutico. Sulla questa base la legge prevede l’istituzione di centri e servizi di igiene mentale sia a scopo preventivo, nella fascia pediatrica, che a scopo curativo per chi ne avesse bisogno e ne facesse richiesta volontaria. Si identifica la follia come malattia vera e propria, e il malato vede finalmente riconosciuto il proprio diritto ad essere curato, come sancito dall’art. 32 della Costituzione. La legge che maggior mente ha influito sulla gestione dei manicomi è stata sicuramente quella sulla riforma penitenziaria del 26 luglio 1975 n. 354, grazie all’introduzione precise prescrizioni nell’applicazione dei trattamenti e delle discipline all’interno del sistema penitenziarie e, che di riflesso, ha influito anche negli istituti psichiatrici. Il primo cambiamento effettuato riguarda la dicitura: da “manicomio giudiziario” a “ospedale psichiatrico giudiziario” (art. 62), dove si vuole evidenziare, già dal nome, il cambio di indirizzo: non più luogo di custodia, ma di cura e, soprattutto, di reinserimento sociale. Ora la pena non è solo detentiva, ma anche riabilitativa. Il reinserimento sociale avviene grazie all’introduzione del regime di semilibertà, che consente al soggetto di trascorrere parte della giornata al di fuori dell’istituto partecipando ad attività lavorative o istruttive (art. 48). Le restrizioni (sono esclusi coloro che sono stati condannati per sequestro di persona, rapina ed estorsione; coloro che non hanno ancora scontato la metà della pena attribuitagli) per concedere la semilibertà, che vengono valutate prima di rilasciarla ai detenuti normali, non vengono applicate agli internati. In realtà pochissimi internati poterono usufruire di questa possibilità, a causa della posizione che gli OPG avevano sul territorio, che comportava spostamenti di molti chilometri non effettuabili in giornata. Regolamentando negli istituti carcerari la presenza non solo di un servizio medico, ma anche l’operato di uno specialista in psichiatria, si sono potuti rimandare in carcere tutti i detenuti inviati agli OPG solo per una osservazione psichiatrica. Le ulteriori innovazioni apportate dalla legge 354/75 sono relative alla Magistratura di sorveglianza (art. 68 e seguenti). il Giudice di sorveglianza diviene il Magistrato di sorveglianza e acquisisce nuove competenze che delineano una : “concezione del Magistrato di sorveglianza essenzialmente quale organo di garanzia della legalità nell'esecuzione della sanzione detentiva di tipo 34 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 tradizionale, sia pure in un'ottica più spiccatamente ispirata alla finalità della rieducazione.”33 Da questo momento il Magistrato può vigilare sul totale comportamento dei detenuti accedendo a documenti personali, adoperandosi per fare colloqui con i singoli internati e stabilendo una collaborazione con l’autorità penitenziaria. Ha acquisito anche la possibilità di emettere provvedimenti circa la detenzione domiciliare, la libertà condizionale, e la possibilità di prescrivere la revoca anticipata delle misure di sicurezza e della modalità di esecuzione di quest’ultima. Altro compito del Magistrato di sorveglianza è quello di ispettorato e vigilanza sulle condizioni ambientali degli istituti di sua competenza; deve assicurarsi che la custodia dei soggetti venga eseguita ai termini di legge e dei regolamenti; deve effettuare il riesame delle pericolosità del soggetto e di conseguenza dell’applicazione, dell’esecuzione, della trasformazione o revoca, anche anticipata, delle misure di sicurezza. L’attività di vigilanza operata dal Magistrato deve avere come scopo finale l’attuazione del trattamento rieducativo, nello specifico degli internati che vengono prosciolti la difficoltà dell’organizzazione e della gestione del trattamento rieducativo deriva dalle mancanza strutturali, finanziarie e di relazione tra il personale medico e i pazienti. Conseguenza dei poteri rilasciati alla Magistratura di Sorveglianza dalla 354/75 fu la disposizione contenuta nell’articolo 99 del Regolamento del 1976, dove veniva stabilito che l’accertamento delle infermità mentali sopravvenute nei detenuti doveva essere richiesta dal Magistrato di Sorveglianza e portato a termine nello stesso istituto in cui il soggetto era internato, oppure in un altro equivalente o, per motivi particolari, presso un OPG o una casa di cura e custodia, o in un ospedale civile, purché provvisto di una sezione per infermi o minorati psichici. Nel Regolamento per l’attuazione della legge 354/75 vi erano, poi nello specifico, norme particolari per gli infermi e i seminfermi di mente; ad esempio l’art. 20 sanciva una limitazione discrezionale dei diritti (come la corrispondenza epistolare o telefonica, i colloqui, il lavoro, la partecipazione ad attività esterne all’istituto) riconosciuti per legge ad ogni detenuto, qui erano concessioni elargite dal medico in modo totalmente discrezionale. 3.3 33 Leggi 180 e 833 del 1978, la Legge Gozzini e i nuovo codice penale del 1988 V. Grevi, “Magistratura di Sorveglianza e misure alternative alla detenzione nell’ordinamento penitenziario: profili processuali”, in F. Bricola, “Il carcere riformato”, p. 265. 35 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Gli anni settanta furono caratterizzati dal movimento “antipsichiatrico” sostenuto da Franco Basaglia, che prevedeva un rinnovamento che doveva arrivare a demolire l’istituzione psichiatrica esistente nel suo aspetto di controllo sociale. I postulati di questo movimento culturale si possono sintetizzare in sei punti: 1. abrogazione della legge psichiatrica del 1904 e disconoscimento della pericolosità quale connotato proprio della malattia mentale da equipararsi ad ogni altra malattia che possa colpire l'uomo; 2. abolizione degli ospedali psichiatrici esistenti e di ogni altra possibile istituzione psichiatrica di ricovero; 3. un concetto di cura connotato dai caratteri della volontarietà e della territorialità, intendendosi con questo ultimo termine che la terapia deve essere instaurata nell'ambiente di origine del malato, senza ricovero ospedaliero; 4. istituzione per legge regionale di dipartimenti di salute mentale, ove si svolgano le funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale; 5. limitazione dei trattamenti sanitari obbligatori per malattia mentale in condizione di degenza ospedaliera; 6. esecuzione dei trattamenti in Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura all'interno degli ospedali generali e dotati di un numero limitato di posti letto. Il risultati ottenuti sfociarono nella legge 180/78 dove veniva sancito il diritto alla libertà di scelta, da parte del cittadino, del trattamento sanitario e, aspetto ancora più importante, veniva sostituito il concetto di “pericolosità sociale” con quello di “tutela della salute pubblica”, con il fine di legittimare l’obbligatorietà del trattamento. Nel disegno di legge si prevede la graduale chiusura degli ospedali psichiatrici, mentre non vengono menzionati gli OPG, che continuano ad essere regolamentati dalla legge n. 354/75. La chiusura dei “manicomi” venne prevista in relazione al diritto del cittadino ad essere curato e a livello territoriale, cioè nel luogo d’origine del malato; e compito dei servizi pubblici è coprire i bisogni di sussistenza dei pazienti. Caratteristiche fondamentali della cura devono essere la volontarietà da parte del soggetto e la territorialità della terapia, che doveva essere effettuata nell’ambiente d’origine del paziente, senza ricoveri ospedalieri, se non in casi eccezionali in modo coatto in apposito reparti, con pochi posti letto, all’interno degli ospedali comuni. Gli ospedali psichiatrici dovevano essere sostituiti dai “Servizi di diagnosi e cura”, da “appartamenti protetti” e da altre strutture che fossero d’appoggio agli ex degenti e ai nuovi utenti del servizio psichiatrico. La legge non trovò, anche se 36 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 varata, molti consensi e, soprattutto, molto finanziamenti necessari alla sua attuazione. La legge non si occupò degli OPG, ma influenzò ugualmente alcuni cambiamenti avvenuti al loro interno: gli istituti iniziarono a perdere, in modo graduale, le caratteristiche prettamente di custodia, per iniziare un percorso di interventi di terapia riabilitativa. La gestione amministrativa era dei direttori e del personale interno, attuata attraverso una ristrutturazione sia dei luoghi che delle terapie mediche, per mezzo anche di iniziative di terapia occupazionale, arteterapia, attività di gruppo, ecc. La successiva legge n. 833 istituiva il Servizio Sanitario Nazionale e faceva propria la legge 180, allargando le norme psichiatriche nell’ambito di un intervento sanitario pubblico. Le critiche alla 180 non mancano, soprattutto nella mancata creazione delle sezioni speciali all’interno degli ospedali, con il conseguente affidamento alle famiglie dei soggetti non considerati pericoli. Il rischio di questa situazione è di mettere in pericolo l’incolumità fisica delle persone. La conseguenza della legge sugli ospedali psichiatrici giudiziali fu il moltiplicarsi del numero delle ammissioni per i reati di lieve entità. Infatti se in precedenza l’autorità di polizia preferiva una gestione medico- psichiatrica dei piccoli reati, ora con la riforma anche in questi casi scatta la denuncia alla Magistratura. Il risvolto della medaglia dell’aver puntato lo sguardo sul malato, considerato come persona avente dei diritti, è stato “il lamentato pericolo del disinteressamento e dell'abbandono del malato di mente. Con tutti i rischi che questi, lasciato ai propri incubi e depressioni, privato dell'assistenza terapeutica o rimesso in libertà dal giudice di sorveglianza, pervenga al delitto o a nuovo delitto". Il comma 1 dell’art. 33 della legge 833/78 stabilisce che: “nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall'autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, secondo l'articolo 32 della costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura...Lo scopo del trattamento diviene quello di recuperare, e mantenere vitali in quanto ancora esistano, le capacità di espansione della personalità del paziente nelle relazioni con le cose e con le persone”; in base a quello sopra descritto il ricovero in ambito ospedaliero deve avvenire solo se le alterazioni psichiche necessitano di cure terapeutiche immediate, se gli interventi non vengano accettati dal paziente e se le circostanze non consentono interventi extraospedalieri. Il TSO ha come fine la salute del malato e si può attuare solo in presenza di alterazioni psicosomatiche da rendere inutili trattamenti ambulatoriali o a domicilio e quando il soggetto rifiuta di sottoporsi volontariamente a qualsiasi tipi di trattamento ospedaliero proposto. Questo tipo di intervento può essere effettuato solo in strutture pubbliche, escludendo sia le private che le convenzionate. La contraddizione è evidente: la 37 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 legge 180 non si è munita di strumenti atti a realizzare la salute del soggetto senza però ricorrere alla coercizione. E il paradosso rimane infatti se da un lato la legge 833 sorpassa il concetto di pericolosità sociale, dall’altro il codice penale continua invece ad avere questo concetto come presupposto nei confronti del malato mentale che ha commesso reato. Il 10 ottobre 1986 viene varata la legge n. 663, più nota come “legge Gozzini”, dove venivano abolite le presunzioni di pericolosità previste dal codice penale, quelle di pericolosità qualificata, quelle rapportate a certi tipi di reati e quelle nei confronti dei portatori di vizio totale o parziale di mente. L’art. 31 della legge 663/86 ha abrogato l’articolo 204 del codice penale, imponendo l’accertamento della pericolosità caso per caso: “tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa”. Gli successivi articoli sanciscono: • art. 284 che in caso di presentazione di infermità sopravvenuta alla commissione del reato,e se la situazione processuale lo consente, possano essere concessi gli arresti domiciliari, previo accertamento delle condizioni di salute mentale; • art. 285 dove si stabilisce che se la capacità di intendere e volere del soggetto è esclusa o compromessa, la custodia cautelare in carcere può essere sostituita dalla custodia cautelare nel luogo di cura. Per quanto riguarda le misure alternative la legge amplia la possibilità di usufruire della loro concessione, anche se nella realtà dei fatti questo non si verificherà quasi mai. Nel 1988 viene presentato e approvato il nuovo codice di procedura penale, entrato in vigore l’anno successivo. Nell’art. 679 stabilisce che la pericolosità sociale nel soggetto prosciolto per infermità mentale da parte del Magistrato di sorveglianza deve essere accertata prima della misura di sicurezza prevista dalla sentenza. La misura di sicurezza viene stabilita nella sua durata minima, alla scadenza la pericolosità deve essere rivalutata e, in caso affermativo, viene stabilita una proroga, anch’essa rinnovabile, se ritenuto necessario. La proroga della misura di sicurezza, o l’eventuale dimissione, viene effettuata sempre dal Magistrato di sorveglianza sulla base di una serie di valutazioni mediche e legali ricavate dall’osservazione effettuata in OPG da parte dell’equipe sanitaria dell’istituto: il giudice deve valutare le condizioni psicofisiche del soggetto confrontando la sua salute al momento dell’internamento con quella al momento del riesame della pericolosità. La valutazione verrà effettuata anche sul lavoro svolto dagli operatori sanitari dell’OPG che, attraverso le attività ricreative e culturali, svolgono un’azione di monitoraggio del comportamento, delle difficoltà di relazione e delle anomalie cognitive del soggetto. Secondo gli art. 207 del codice penale e art. 69 dell’Ordinamento penitenziario solo quando i risultati raggiunti dal soggetto sembrano prospettare il reinserimento in società, avendo raggiunto un sufficiente equilibrio 38 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 psicopatologico, allora si potrà revocare la misura di sicurezza, e non solo al termine minimo stabilito dalla legge, ma anche anticipatamente se sono confermati i criteri di cessata pericolosità sociale. 3.4 Decreto amministrativo n. 230 del 1999 e il nuovo regolamento del sistema carcerario (D.P.R 230/2000) Il Decreto 230/99 stabilisce la subordinazione del servizio sanitario penitenziario a quello nazionale; la suddivisione delle competenze tra il Ministero della Sanità e il Ministero di Grazia e Giustizia, stabilendo di trasferire al primo, in modo graduale, le competenze sanitarie; trasferendo le risorse economiche sanitarie del sistema penitenziario al Fondo sanitario nazionale. Ecco alcuni commi fondamentali del decreto: • l'art. 1 titolato "Diritto alla salute dei detenuti e degli internati" al 1º comma stabilisce che: "I detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali"; • il terzo comma dell'art. 2 stabilisce il principio della separazione delle competenze tra le ASL e l'amministrazione penitenziaria, prevedendo in capo alle prime il compito di erogare le prestazioni e al secondo la garanzia della sicurezza; • in particolare l'art. 3 specifica le competenze degli organi del SSN come segue: il Ministero della Sanità esercita le competenze in materia di programmazione, di indirizzo e coordinamento del SSN negli istituti; le Regioni esercitano le competenze in ordine alle funzioni di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari regionali negli istituti penitenziari e il controllo sul funzionamento degli stessi; alle ASL sono affidati la gestione e il controllo dei servizi sanitari negli istituti. La legge prevede una responsabilità del Direttore della struttura sanitaria nel momento in cui si verificasse una mancata applicazione delle misure previste per lo svolgimento dell’assistenza sanitaria. È stato oltremodo stabilito il trasferimento del personale delle strutture e delle risorse economiche dell’Amministrazione penitenziaria al Sistema Sanitario Nazionale; mentre negli articoli che seguono si prevede: 39 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 • Art. 7: il trasferimento delle risorse finanziarie al Fondo Sanitario nazionale. • Art. 111: l’internamento negli istituti ordinari per i soggetti condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente, in questo modo si possono selezionare i pazienti realmente bisognosi del ricovero e, nello stesso tempo, si eviteranno le ricadute negative che l’inserimento in un istituto generalmente comportano. L’articolo prevede, per la sua attuazione, un potenziamento del personale infermieristico all’interno dell’OPG. • Art. 20 l’ingresso del Sistema Sanitario Nazionale all’interno dell’OPG per “rilevare le condizioni e le esigenze degli interessati e concordare con gli operatori penitenziari la individuazione delle risorse esterne utili per la loro presa in carico da parte del servizio pubblico e per il loro successivo reinserimento sociale"34. Alla fine degli anni ’90 si sente l’esigenza di rivedere le norme di esecuzione sancite nella legge 26 luglio 1975 n. 354 e le successive modifiche a seguite dell’evoluzione delle strutture e, in contemporanea dei mutati bisogni di trattamenti . in sintesi gli articoli più significativi: • Art. 5 secondo il quale il Magistrato di vigilanza acquisisce informazioni sullo svolgimento dei servizi dell’istituto e sul trattamento dei detenuti, attraverso colloqui, visite, visione di documenti. L’osservazione è necessaria per stabilire se il programma di trattamento previsto viene svolto secondo le direttive del Magistrato di sorveglianza. • Art. 17 dove si sancisce il diritto degli internati di usufruire dell’assistenza sanitaria grazie alla dislocazione, sul territorio nazionale, di reparti clinici e chirurgici. • Art. 20 prescrive per gli internati infermi o seminfermi di mente interventi che favoriscano la loro partecipazione ai trattamenti, in particolare a quelli che permettano di mantenere, di migliorare o di ristabilire i rapporti con la famiglia d’origine e con l’ambiente sociale. • Art.73 dove si stabilisce che l’isolamento può essere disposto per: o motivi sanitari: quando si verifichi un caso di malattia contagiosa, perciò il paziente verrà posto in appositi locali dell’infermeria o in un reparto clinico, l’isolamento dovrà cessare appena sarà concluso il periodo di contagio; o motivi disciplinari: si attua attraverso l’esclusione delle attività in comune,in una camera ordinaria, se il 34 Decreto 230/99. vedi anche R. Andreano, “Tutela della salute e organizzazione sanitaria nelle carceri: profili normativi e sociologici”, 2001, III capitolo. 40 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 comportamento del soggetto non reca disturbo o destabilizza l’ordine. Sono assicurati vitto e acqua e il soggetto sarà posto sotto osservazione giornaliera sia da parte del medico, che del gruppo di osservazione e trattamento e vigilato continuamente da parte del corpo di polizia penitenziaria. 35 • Art. 77 stabilisce quando la direzione può adottare provvedimenti disciplinari nei confronti degli internati: “quando questi si siano resi responsabili di negligenza nella pulizia e nell'ordine della persona o della camera; abbandono ingiustificato del posto assegnato; volontario inadempimento di obblighi lavorativi; atteggiamenti e comportamenti molesti nei confronti della comunità; giochi o altre attività non consentite dal regolamento interno; simulazione di malattia; traffico di beni di cui è consentito il possesso; possesso o traffico di oggetti non consentiti o di denaro; comunicazioni fraudolente con l'esterno o all'interno; atti osceni o contrari alla pubblica decenza; intimidazione di compagni o sopraffazioni nei confronti dei medesimi; falsificazione di documenti provenienti dall'amministrazione affidati alla custodia del detenuto o dell'internato; appropriazione o danneggiamento di beni dell'amministrazione; possesso o traffico di strumenti atti ad offendere; atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell'istituto per ragioni del loro ufficio o per visita; inosservanza di ordini o prescrizioni o ingiustificato ritardo nell'esecuzione di essi; ritardi ingiustificati nel rientro; partecipazione a disordini o a sommosse; promozione di disordini o di sommosse; evasione; fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori”35 • Art. 78 determina i casi in cui, per l’ assoluta necessità di prevenire danni a persone o cose, o l’insorgenza di particolari gravità per la sicurezza e l’ordine dell’istituto, il direttore può sanzionare l’esclusione dalle attività in comune all’internato che abbia commesso un’infrazione. La durata della misura cautelare non può superare i 10 giorni. • Art. 111 alla direzione degli ospedali psichiatrici giudiziari è assegnato personale infermieristico necessario allo svolgimento della funzione di cura e riabilitazione. GIULIA SIMONETTI, “Ospedale psichiatrico giudiziario: aspetti normative e sociologici. Il caso di Montelupo Fiorentino.”, p. 57. 41 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 4 Tipologie giuridiche di internati in OPG Per finire un elenco delle tipologie di internati all’interno degli Ospedali psichiatrici, attraverso le categorie giuridiche: 1. PROSCIOLTI FOLLI: sono i prosciolti per vizio totale o parziale di mente, giudicati non imputabili per infermità mentale al momento del fatto, a cui viene applicata la misura di sicurezza del Manicomio giudiziario ai sensi dell'art. 222 c.p. 2. CONDANNATI A PENA SOSPESA: sono quelle persone condannate a pena detentiva che, durante il corso della detenzione, presentano i sintomi di una malattia mentale. 3. SOGGETTI SOTTOPOSTI A MISURA DI SICUREZZA PROVVISORIA: sono le persone detenute in attesa di processo, per le quali il giudice ritiene non improbabile un futuro riconoscimento di vizio totale o parziale di mente, ed alle quali decide di applicare in via provvisoria la misura di sicurezza del Manicomio giudiziario, a norma dell'art. 206 c.p. 4. DETENUTI IN ESECUZIONE DI PERIZIA: sono gli imputati di un reato, per i quali il giudice abbia disposto perizia psichiatrica, a norma dell'art. 318 C.P.P. Provengono dal carcere e vi ritornano una volta espletata la perizia. 5. SOGGETTI INVIATI IN OSSERVAZIONE: sono persone detenute o in attesa di processo, inviate in osservazione all'Ospedale psichiatrico giudiziario perché hanno manifestato delle turbe psichiche.36 6. MINORATI PSICHICI IN SENTENZA: sono soggetti già condannati ad una pena diminuita, perché riconosciuti dalla sentenza come seminfermi di mente. 7. MINORATI PSICHICI AMMINISTRATIVI: sono persone già condannate in quanto riconosciute sane di mente, le quali durante l'esecuzione della pena, presentano turbe psichiche di entità minore rispetto a quelle che potrebbero provocare la sospensione della pena (si tratta di solito di soggetti anziani condannati a pene detentive lunghe, nei quali insorgono patologie psichiche legate soprattutto all'età avanzata). Con provvedimento amministrativo del ministero, vengono assegnate ad un Ospedale psichiatrico giudiziario, da cui usciranno al termine della pena 37 36 SCARPA F., “Ospedale Psichiatrico Giudiziario”. 37 Ibidem. 42 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 5 Conclusioni Si è attraversata la nebbia del tempo per scoprire le radici più antiche del rapporto tra follia e società. Si è partiti dalla lebbra, dai suoi rituali di esclusione e di condanna morale per arrivare a comprendere il lungo internamento che i folli hanno subito nel corso dei secoli. Il concetto di colpa, tipico della concezione cristiana della vita, ha portato a considerare i folli responsabili del loro comportamento “deviato”, come manifestazione della corruzione dell’anima e di conseguenza della meritata punizione che Dio “amorevolmente” dà per espiare. Ci vorranno interminabili poemi filosofici, aspri dibattiti scientifici e religiosi perché la follia acquisti il giusto valore di malattia, ma sempre intriso di quel qualcosa di mistico e religioso che doveva essere tenuto nascosto alla società dei sani, troppo poco immuni alla possibile corruzione delle menti. Pittori illustri hanno cercato di riprodurre su tela il fascino tragico che i visi dei folli esprimevano. Scrittori fantasiosi, attraverso le parole dei pazzi, hanno descritti i lati più oscuri dell’animo umano, raccontandoci l’inferno che può esistere all’interno della mente. E gli scienziati hanno cercato cause fisiche, “inventato” cure miracolose per spiegare rendere “normali” coloro i quali non rientravano nei canoni della società. Ma ad oggi sappiamo dire chi sono i folli? Beh se ci rifugiamo nelle definizioni scientifiche ad ogni patologia troviamo la sua spiegazione, creata a pennello per regalarci la sicurezza della conoscenza … Ma i mondi che ogni persona “non convenzionale” porta con se? Vanno a priori ignorati o ascoltati perché rappresentazioni del loro IO più vero? Pirandello considerava la follia come “la sospensione di tutti i comportamenti prima automatici, la facoltà percettiva riesce ad allargarsi e vedere il mondo con "altri occhi", perché finalmente libera dalle regole consuete.” Gli anni, le idee, le innovazioni si susseguono, ma se ci guardiamo intorno siamo ancora fermi al Medioevo delle nostre paure quando incontriamo per la strada quelle persone che parlano con se stessi, o con altri da se. Le leggi hanno elevato questi folli al giusto ruolo di persone con dei diritti: essere curati, rispettati e sostenuti … Ma in realtà la chiusura dei “manicomi”, luoghi in cui veniva sicuramente annientata la dignità umana, non ha portato quelle soluzioni che l’utopia auspicava. E nei confronti degli autori di reato con 43 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 diagnosticata malattia mentale la soluzione riamane ancora l’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Questo elaborato non vuole essere una valutazione positiva o negativa di tutto quello che è stato fatto e scritto in merito alla follia e ai suoi attori. Vuole solo essere un portale attraverso il quale entrare nella sua storia e nella sua evoluzione per cercare di capire meglio il parlare confuso dei suoi protagonisti, per smuovere in tutti noi continue domande per giungere a soluzioni sempre più rispettose dei “matti” a cui sono rivolte. 44 ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES MARIANTONIETTA TAGLIAFIERRO - SST IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE (SECONDO ANNO) A.A. 2006/2007 Bibliografia Andreoli V. (a cura di), Anatomia degli ospedali psichiatrici giudiziari italiani, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, Roma, 2002. 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