APPUNTI DALLA STORIA DELLA PSICHIATRIA
Giorgio Tazzioli
Immersi nel presente,riteniamo che i nostri problemi abbiano sempre avuto la stessa
faccia e naturalmente non è così . Anche la follia segue questo destino :un rapido
sguardo storico ai diversi modi in cui è stata considerata può costituire il modo
migliore per capire quanto l’idea di follia sia variabile e collegata alle credenze della
società e del tempo.
Medioevo. Galeno,la magia, la religione
Alla fine del secondo secolo d.c si affermano nel mondo latine le idee di Galeno che,
riprendendo Ippocrate, spiega il disturbo mentale come uno squilibrio umorale del
cervello: è un spiegazione organica del disturbo mentale.
Ad essa si contrappone una spiegazione magica strettamente legata alla cultura delle
superstizioni che collega il disturbo mentale a contatti con soggetti o animali o a
congiunzioni astrali. I rimedi legati a questa concezione consistono in pratiche
magiche,uso di amuleti e di formule
Coesiste una spiegazione religiosa per la quale colui che manifesta disturbi psichici è
un indemoniato posseduto da spiriti maligni. L’intera comunità religiosa si sente
coinvolta e interviene con provvedimenti che possono andare da preghiere ed
esorcismi fino alla persecuzione o al rogo. L’atteggiamento magico è individuale o
settario e quello religioso e collettivo e corale.Questa spiegazione è poi quella che
prevarrà nel medioevo :la follia come possessione demoniaca segno della
maledizione e del peccato. All’idea di follia comincia ad associarsi quella di
pericolosità che permette di trovare un capro espiatorio per le numerose calamità
naturali che colpiscono la popolazione e comincia a prendere piede l’intolleranza
verso coloro che soffrono di disturbi mentali.Il folle è il detentore di un sapere oscuro
e proibito capace di vedere realtà superiori che nascondono misteri, spesso è
associato alla figura del mago. A partire dalla fine del 1400, centinaia di migliaia di
streghe e maghi furono bruciati vivi e tra loro molti persone con disturbi mentali.
1600 e 1700. Il grande internamento
Le città e i poteri amministrativi si stanno organizzando nelle forme proprie della
società moderna.Quello che avviene a Parigi è precursore di ciò che avverrà in tutta
l’Europa Le strutture lasciate libere dai lebbrosi come l’Hopital General diventano
luoghi dedicati a raccogliere coattivamente ciò che la società ritiene debba essere
segregato: non autori di reati ma ogni forma sociale che si scontra contro la lucida
razionalità seicentesca: libertini, prostitute,maghi,mendicanti,omosessuali,
bestemmiatori, aspiranti suicidi,sifilitici,atei ,folli.Fin dall’inizio,malgrado il nome è
chiaro che non si tratta di un’istituzione medica ma di una sorta di entità
amministrativa dotata di poteri autonomi, che ha diritto di giudicare senza appello e
di applicare le sue leggi all’interno dei propri confini. A metà del 1600,un parigino su
cento vi si troverà rinchiuso. Gradualmente il destino del folle si confonde con quello
del povero e del criminale :la sua figura è vissuta come una minaccia alla quiete
pubblica e all’ordine costituito.Ma è anche la prima volta nella storia che la società si
fa carico della follia.
1800. Nascita del manicomio
Con le idee dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese si tende a separare i folli
dai criminali e riprende a diffondersi la spiegazione della follia in termini di malattia .
La condizione del folle viene distinta da quella del povero e del criminale e si
comincia a pensare al trattamento in termini medici. Pinel libera i folli dalla catene e
crea il primo manicomio. Questa nuova istituzione si diffonde in tutta Europa e
costituisce un passo avanti rispetto ai reclusori del passato perché è basata su
obbiettivi di cura e di ricerca medica. E’ tuttavia forte la continuità con i precedenti
luoghi di segregazione dal momento che la cura coincide con l’obbiettivo del
controllo dei malati.
Prima metà del 1900. Elettroshock e psicoanalisi
Nel 1904 in Italia viene formulata la prima legge nazionale sull’assistenza
psichiatrica :parla più di ordine pubblico che di assistenza sanitaria mettendo al primo
posto la protezione sociale rispetto alle esigenze di cura della malattia. Si è ricoverati
in quanto persona “pericolosa” e “di pubblico scandalo”. La figura del paziente
psichiatrico è molto simile a quella del detenuto: il ricovero coatto nei manicomi
viene stabilito con un provvedimento del magistrato o del questore.
Il direttore del manicomio è responsabile penale e civile del paziente dimesso e
questa è una delle ragioni dell’internamento a vita.
L’istituzione manicomiale si perfeziona e in questo modo reclude e isola sempre più
tenacemente ,oltre che i pazienti, anche se stessa(Istituzione totale): si specializza
nella funzione sociale di contenitore della follia ma viene meno ad ogni programma
di cura e riabilitazione.
La psichiatria è prigioniera del pregiudizio dell’organicità e si isterilisce in una sorta
di esercizio classificatorio :disturbi,sintomi,comportamenti vengono minuziosamente
attribuiti a questa o a quella patologia salvo poi a ricorrere alle stesse cure di carattere
sedativo. Alla fine degli anni trenta iniziano a diffondersi le terapie di shock basate
sull’ipotesi che un trauma febbrile,elettrico ipoglicemico avesse virtù terapeutiche.
Se l’istituzione manicomiale resta immobile, viceversa prende avvio dall’inizio del
secolo la più ampia rivoluzione storica nell’ambito delle conoscenze psicologiche. Il
primo nome da ricordare è quello di Freud ma non si tratta di un cambiamento
prodotto da una sola persona, né soltanto della nascita della psicoanalisi. Un vasto
moto di rinnovamento radicale ,che lavora a margine rispetto all’ortodossia
accademica e manicomiale, sconvolge la psicologia e la psichiatria. In particolare
confluiscono e trovano riscontro nelle nuove tendenze gli studi dell’antropologia e
della fenomenologia. Alla luce di questi nuovi indirizzi viene rivisto il concetto di
identità della persona, del rapporto tra individuo e contesto sociale, dei confini tra
salute e malattia mentale
Seconda metà del 1900.Deistituzionalizzazione Dalla psichiatria alla salute mentale
Dalla metà degli anni ’50 vengono introdotti i primi psicofarmaci
che,indipendentemente dai risultati curativi, hanno l’effetto di attenuare i sintomi e di
rendere più governabili i momenti di crisi: per un verso costituiscono un ulteriore
strumento di controllo dei pazienti, dall’altro facilitano la sperimentazione di
soluzioni alternative al manicomio tradizionale.
Ai progressi sul fronte teorico e sperimentale fa riscontro ,alla fine della seconda
guerra mondiale, un intenso fermento di iniziative che si pongono in alternativa
all’ordine psichiatrico manicomiale. In Inghilterra si sviluppano gli esperimenti delle
prime comunità terapeutiche, in Francia nasce la psichiatria di settore. A volte sono
iniziative che mancano di sistematicità ma hanno il merito di innovare la psichiatria
su due versanti vitali. In primo luogo recuperano l’idea di curabilità e di guarigione
del disturbo mentale cui la psichiatria istituzionale aveva difatto rinunciato . In
secondo luogo superano il pregiudizio per cui la sofferenza mentale deve essere
interpretata in base al modello medico-organicista e aprono la strada ad altre
interpretazioni che tengono conto del contesto sociale macro e micro e delle
componenti psicologiche. Così tra gli anni 50 e 70 prende piede una nuova realtà: in
maniera più pressante si avvertono i limiti della psichiatria di impianto ottocentesco e
le rigidità create dall’istituzione manicomiale. In questo scenario si innesta, a partire
dagli anni Sessanta il movimento italiano di negazione istituzionale.
Critica al manicomio come istituzione totale e luogo di produzione di cronicità: ciò
che osserviamo in manicomio non è il prodotto diretto della patologia ma
dell’istituzione stessa.
Dal punto di vista legislativo nel 1968 lo scenario italiano cambia. Viene approvata la
legge Mariotti che prende atto delle spinte di rinnovamento e ha tra i suoi capisaldi
l’istituzione di un servizio di assistenza psichiatrica territoriale attraverso i C.I.M. e
l’abolizione dell’obbligo di annotare i ricoveri in O.P sul casellario giudiziario. Con
questa legge inizia in Italia il sistema di assistenza territoriale :tuttavia questa
importante innovazione costituisce ancora una fase di passaggio. Tocca alla legge
180, approvata nel 1978, portare a compimento questo lungo percorso.
La riforma definitiva del sistema psichiatrico italiano è dovuta al lavoro tenace di
Franco Basaglia che,nel 1971 assume la direzione dell’O.P di Gorizia applicando i
metodi della comunità terapeutica per poi diventare direttore dell’O.P di Trieste dove
dopo anni di lavoro riabilitativo dentro il manicomio e di preparazione e
organizzazione di un adeguato servizio territoriale fuori dal manicomio, il
manicomio,nel 1977, viene chiuso: è la prima esperienza mondiale di questo tipo.La
distituzionalizzazione non è riducibile solo alla chiusura dei manicomi (Basaglia vs
Regan). L’istituzione messa in questione non è il manicomio ma la follia nel senso
che è lo smontaggio di un paradigma :ha significato un ripensamento radicale della
psichiatria, della sua funzione sociale, delle sue pratiche, delle sue tecniche di
gestione dei suoi saperi costitutivi per sostituirlo con un altro. E’ lo spostamento
dell’attenzione dalla pericolosità sociale e dalla malattia all’esistenza/sofferenza del
paziente e al suo rapporto con il corpo sociale.messa tra parentesi della malattia
mentale per quello di esistenza/sofferenza.Superamento del concetto di cronicità.
Comprensibilità del delirio. Paradigma dell’ultimo. Manicomio nella testa. Chiusura
istituti e scuole speciali e inserimento scolastico dei portatori di h
Comunque il manicomio viene chiuso,i pazienti sono seguiti e assistiti attraverso una
fitta trama di assistenza domiciliare e ambulatoriale per la terapia ordinaria,integrata
da interventi e ricoveri brevi per le situazioni di crisi: persone destinate alla
reclusione cronica tornano a vivere in famiglia o in piccole comunità una esistenza
dignitosa.
La legge 180 pone l’Italia all’avanguardia del sistema psichiatrico internazionale e
funge da catalizzatore anche per le spinte innovative negli altri paesi:ovunque si
fanno più solide ed estese le esperienze di gestione dell’assistenza senza il ricorso
all’internamento in manicomio.
I principii ispiratori della 180: rispetto della persona sofferente , fiducia nella
curabilità dei disturbi, smantellamento dei manicomi che non sono considerabili
luoghi di cura, assistenza a livello territoriale.
In particolare:
Dal manicomio ai servizi dipartimentali di salute mentale.
La legge 180 sancisce la fine del manicomio e impone il ribaltamento della logica su
cui si deve fondare l’assistenza psichiatrica. La preoccupazione del legislatore non è
più solo quella di difendere la società dal folle creando una barriera tra l’uno e
l’altra: l’obbiettivo adesso è quello di predisporre strutture e servizi diffusi sul
territorio. Che svolgono, oltre alla funzione di cura, anche quelle di prevenzione e
riabilitazione (Dipartimenti Salute mentale spiegare dipartimento e salute mentale).
Dall’internamento alla cura
Ne consegue il superamento del concetto di pericolosità del folle che aveva
determinato e tenuto in piedi l’apparato di custodia dei manicomi. Si riconosce che la
sofferenza psichica è strettamente collegata ai rapporti tra l’individuo e il suo
ambiente e si indica con chiarezza che il problema và affrontato dove nasce il disagio
e non fuori da questa realtà
Dall’obbligatorietà della custodia alle garanzie del trattamento sanitario obbligatorio
Il paziente è un cittadino che conserva i propri diritti, primo tra tutti quello di non
essere allontanato dal proprio ambiente di vita. Anche nel caso in cui si debba
ricorrere al TSO, la legge prevede che il provvedimento di ricovero sia motivato e
condiviso da due medici, disposto dal sindaco e convalidato dal giudice tutelare in
modo da rendere il provvedimento una misura di carattere prevalentemente
transitorio e controllato per evitare abusi e soprusi in un campo così indeterminato e
complesso come quello della pratica psichiatrica
Una strategia efficace per la salute mentale può essere riassunta nei seguenti principi:
-lo spostamento dell’ottica delll’intervento centrato sulla reclusione in manicomio ad
un intervento centrato nel territorio
-lo spostamento dell’interesse dalla malattia alla persona (Zavoli)e alla disabilità
sociale(Uovo di Colombo)
-Riabilitazione: Passare da pratiche inabilitative(manicomio a pratiche di
riabilitazione intesa come emancipazione:
lo spostamento da un’azione individuale ad un’azione collettiva nei confronti del
paziente e del suo contesto ( multidisciplinarità, valorizzazione dell’autoaiuto,
valorizzazione delle risorse dei familiari, valorizzazione delle risorse del
volontariato e dei non-professional,educazione a smitizzare il concetto di
pericolosità e il favorire iniziative capaci di modificare l’immagine sociale della
malattia, il ridimensionamento del valore dell’efficacia delle sole terapie
biologiche o delle psicoterapie ortodosse,
costruire accesso ai diritti di cittadinanza,al loro esercizio e alla capacità di
praticarli attraverso la pratica di azioni e di politiche atte ad aiutare i soggetti
deboli per quanto riguarda i problemi della casa,del lavoro e più in generale,
dell’esercizio dei diritti. In una parola è il passaggio dal mandato di controllo
sociale alla presa in carico della persona sofferente nella sua interezza.
Galimberti:lo sguardo medico non incontra il malato ma la sua malattia e nel suo
corpo non legge una biografia ma una patologia : la soggettività del paziente
scompare dietro l’oggettività dei sintomi che rinviano ad un quadro clinico:le
differenze individuali scompaiono in quella grammatica di sintomi con cui il medico
classifica le entità morbose come il botanico le piante Galimberti, Il corpo