relazione per la cerimonia di apertura dell`anno

Corte dei conti
Sezione Giurisdizionale Regionale
per la Campania
Ambrogio Lorenzetti “Effetti del buon governo" (particolare) - Affresco -Siena Palazzo pubblico
UDIENZA PUBBLICA DEL 10 FEBBRAIO 2007
RELAZIONE
DEL PRESIDENTE DELLA SEZIONE
dott.Salvatore STARO
SULL’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI APERTURA
DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2007
SOMMARIO
2
A - INTRODUZIONE
1. Premessa …………………………………………………………..…..pag. 4
2. La giurisdizione contabile in Campania …………………….……. pag. 6
3. La legalità in Campania ……………………………………………….pag. 8
4. La centralità della gestione pubblica ……………………………….pag.11
B - PROBLEMI ALL’ATTENZIONE DELLA SEZIONE
a) Realizzazione del pieno contraddittorio nel procedimento
di proroga delle indagini …………………………..………………….
b) La decorrenza della prescrizione ……………………………….……
pag.15
pag.18
c) L’azione revocatoria ………………………………….………….…….. pag.20
d) Estensione dell’ambito della giurisdizione gestoria………………..… pag.22
e) Giurisdizione di responsabilità gestoria su Parlamentari,
Consiglieri Regionali e Magistrati ……………………………………... pag.23
C - INNOVAZIONI LEGISLATIVE
1. D. L.vo n. 40 del 2 febbraio ………………………………………….pag.25
2. D. L.vo n. 62 del 7 febbraio 2006, n. 62 …………………………..pag.26
3. D. L.vo n. 152 del 3 aprile 2006 ……………………………………. pag.28
4. D. L.vo n. 163 del 12 aprile 2006 …………………………………...pag.29
5. Legge 4 agosto 2006, n. 248…………………………………………pag.31
6. Legge 27 dicembre 2006 n. 296
6.1 comma 473 ………………………………………………………..…..pag.32
6.2 comma 593 ……………………………………………………………pag.33
6.3 comma 774 , 775 e 776 ………………………………………………pag.34
6.4 comma 1346 …………………………………………………………. .pag.36
7. D.L. 27.12.2006 n.299 ………………………………………………….pag.37
8. Progetto nuovo codice di procedura contabile ……………….....pag.37
D - GIURISPRUDENZA DELLE SUPREME GIURISDIZIONI
1 Corte Costituzionale……………….…………………………………..pag.41
2 Corte Suprema di Cassazione………………………………………..pag.43
3 Sezioni Riunite della Corte dei conti …………………………….....pag.48
4 Giurisdizione amministrativa
Il Consiglio di Stato ……………………………………………………. pag.49
II T.A.R. ………………………..………………………………………… pag.50
3
E - CONTENZIOSO NELLE MATERIE DI CONTABILITÀ PUBBLICA
a) Giudizi di responsabilità………………………………………...
pag.51
b) Procedimenti cautelari ……………………………………..……..pag.63
c) Procedimenti di proroga…………………………………..…….
pag.71
d) Giudizi ad istanza di parte………………………………………
pag.72
e) Giudizi di conto ……………………………………………………. pag.74
f) Giudizi per resa di conto …………………………………………. pag.83
F - CONTENZIOSO PREVIDENZIALE
1) Considerazioni generali…………………………………………. pag.83
2) Pensioni di guerra………………………………………………… pag.87
3) Pensioni civili……………………………………………………… pag.93
4) Pensioni militari…………………………………………………… pag.96
CONCLUSIONI………………………………………………………… pag.98
QUADRI SINOTTICI……………………………………………………. pag.99
A - INTRODUZIONE
4
1. Premessa
La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2007 di questa Giurisdizione
Regionale, così come per la prima volta nell’analoga occasione dello scorso
anno, si caratterizza per la centralità dell’esposizione analitica, da parte
del suo presidente, dello stato dell’amministrazione della giustizia nel
settore della Corte dei conti, con particolare riferimento alla Campania.
Tale impostazione -prevista dall’art. 2 comma 29° della recente legge 25
luglio 2005 n.150 di riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha novellato
l’art.86 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12, al fine espresso di valorizzare il
ruolo della giurisdizione e la sua posizione di terzietà e neutralità
riaffermata dal novellato art.111 della Costituzione, anche nel momento
inaugurale di ciascun anno giudiziario- è stata applicata anche alla Corte
dei conti in analogia alla magistratura ordinaria per soddisfare un’esigenza
di uniformità e rimarcare l’unità funzionale della giurisdizione, pur nella
distinzione degli ordini magistratuali.
Così come indicato dalla deliberazione del Consiglio di Presidenza n.425 in
data 21 dicembre 2005, a differenza di quanto avveniva con le relazioni
redatte ed esposte nelle analoghe cerimonie dal procuratore regionale, la
posizione istituzionale del giudicante, caratterizzata dalla neutralità e
terzietà nel rispetto del principio della collegialità nelle decisioni e della
parità delle parti, non può non imporre un diverso approccio agli
argomenti trattati, sicché si è preferito evitare anche quest’anno la
formulazione di considerazioni critiche sulle vicende amministrative
esaminate, limitandosi a segnalare gli aspetti problematici all’esame della
5
Sezione ed a procedere all’inquadramento ed alla valutazione dei fatti
ricorrenti.
Pertanto essa, ancora una volta, fornisce valutazioni di carattere generale
rafforzate da dati obiettivi ed analisi statistiche, nonché il quadro della
legislazione di settore e della giurisprudenza più significativa formatasi al
riguardo, al fine di informare la Comunità, e per essa in primo luogo i suoi
esponenti di vertice, sulla situazione della giurisdizione della Corte dei
conti in Campania.
Alla relazione seguiranno le considerazioni delle parti istituzionalizzate nei
giudizi innanzi alla Corte dei conti, cioè del procuratore regionale presso
questa sezione giurisdizionale, in rappresentanza dell’Ufficio Requirente, e
del presidente dell’Ordine degli Avvocati presso il Tribunale di Napoli, in
rappresentanza della libera Avvocatura, le quali potranno analiticamente
esporre i rispettivi punti di vista al riguardo delle questioni sul tappeto, le
attività compiute nello scorso anno e le prospettive di azione nel corrente
anno giudiziario in apertura.
Quindi prenderanno la parola i rappresentanti del Consiglio di Presidenza e
dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, che forniranno un
prezioso contributo alla trattazione degli argomenti di rilievo per la nostra
giurisdizione.
Alla conclusione del suddetto dibattito si disporrà, su richiesta del titolare
dell’Ufficio Requirente, la formale apertura dell’anno giudiziario 2007 della
sezione giurisdizionale regionale per la Campania della Corte dei conti.
2. La giurisdizione contabile in Campania
6
Nella relazione per l’anno giudiziario 2006 si è fornita preliminarmente una
sintetica
ricostruzione
dell’ordinamento
della
giustizia
contabile
e
dell’organizzazione di questa Sezione, ricordando che essa è stata istituita,
contestualmente a quelle per la Calabria e per la Puglia, con l’art.16 del
D.L. 13 maggio 1991 n.152 convertito nella legge 12 luglio 1991 n.203
contenente “Provvedimenti urgenti contro la criminalità”, al fine del
rafforzamento della presenza dello Stato, specie nelle realtà locali
meridionali più esposte alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Va ricordato che la Sezione, con esclusive attribuzioni connesse al
perseguimento di responsabilità gestorie ed alle altre
materie della
contabilità pubblica, ha iniziato a funzionare con il suo insediamento
avvenuto nel 1991, arricchendosi in seguito di ulteriori competenze, quali
il contenzioso pensionistico, in seguito con D.L. 15 aprile 1993 n.453
convertito nella legge 14 gennaio 1994 n.19 .
In atto la giurisdizione decentrata della Corte dei conti in Campania è
costituita dalla presente Sezione giurisdizionale regionale con annesso
Ufficio Requirente retto da un consigliere con qualifica di procuratore
regionale.
Ancora quest’anno va rilevato che la pianta organica prevista per tali
strutture, anche a seguito di “congelamento” stabilito dal Consiglio di
Presidenza
per
la
generalità
degli
uffici
della
Corte,
appare
sottodimensionata e coperta solo parzialmente .
L’organo di autogoverno, ai fini dello smaltimento del peso dipendente dal
pregresso
rilevantissimo
contenzioso
pensionistico,
ha
previsto
il
rafforzamento temporaneo del numero dei magistrati, con lo strumento
7
della doppia assegnazione di alcune unità aggiuntive da adibirsi a tale
compito specifico con il sostegno di altro personale di segreteria.
Agli stessi fini è stata soppressa dal 1° luglio la speciale struttura dei conti
giudiziali, che, dopo aver rilanciato l’efficienza del servizio, ha continuato a
funzionare solo per le situazioni urgenti.
La Magistratura contabile della Campania è coadiuvata da personale
amministrativo, la cui consistenza organica è anch’essa insufficiente in via
endemica per le esigenze di piena funzionalità della Sezione e della
annessa Procura, specie per soddisfare l’esigenza di eliminazione del
pregresso .
Nonostante lo straordinario impegno della magistratura e del personale
amministrativo, che si sono volontariamente addossati carichi di lavoro
maggiorati, continua a persistere il pericolo di ritardi oggettivi nella resa di
giustizia nel settore pensionistico, con esposizione dello Stato a possibili
azioni di equa riparazione, ai sensi dell’art 2 della legge 24 marzo 2001
n.89, da parte di chi lamenti pregiudizi conseguenti alla violazione del
termine
ragionevole
del
processo
di
cui
all’art.6
paragr.1
della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848.
3. La legalità in Campania
La Regione in cui la Sezione è chiamata ad operare, la nostra Campania
Felix, è notoriamente in difficoltà, a causa di una criminalità organizzata
diffusa sul territorio.
8
La Corte dei conti intende continuare con sempre maggiore intensità nel
suo impegno per un efficace contrasto alle infiltrazioni camorristiche nelle
amministrazioni pubbliche, specie in quelle territoriali, che sono piu’
esposte ad appetiti illeciti. E’ infatti indiscutibile che tali organizzazioni
criminali tendono a svilupparsi nelle realtà locali, come voraci tumori, in
relazione alla maggiore semplicità di penetrazione attraverso i meccanismi
democratici ed alla possibilità di acquisire così enormi mezzi finanziari in
forme solo apparentemente lecite poste alla tutela del mercato.
L’azione di contrasto deve essere sinergica tra tutte le Istituzioni, che solo
con un efficace coordinamento possono rafforzare la presenza dello Stato,
inteso come casa comune di tutti i cittadini onesti.
Ma, in aggiunta a tale situazione, è stata rilevata dall’esame delle vicende
giudiziarie esaminate dalla Sezione, la preoccupante diffusione di una
analoga non meno pericolosa mentalità -purtroppo spesso accompagnata
da un atteggiamento di disprezzo degli interessi finanziari e patrimoniali
degli enti pubblici sviluppato in un sistema affaristico-, con grave
attenuazione del principio di legalità, specie nell’amministrazione
pubblica.
Tale principio non è un orpello dello Stato, ma rappresenta la stessa
essenza del vivere insieme, il substrato comune di una comunità
organizzata che vuole progredire, come risulta immortalato dal celebre
affresco di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena,
che si è ritenuto di riportare appositamente nel frontespizio della presente
relazione.
9
La legalità ed il buon governo costituiscono valori che devono essere
condivisi da tutti i cittadini e perseguiti particolarmente da coloro che
assurgono ai vertici istituzionali; costoro non possono non accettare la
necessaria
connessione
sinallagmatica
tra
potere
da
un
lato
e
responsabilità politica e giuridica dall’altro, senza inammissibili tentativi di
sfuggire con sotterfugi, ancorché ammantati da discutibili crismi legali, al
momento del controllo giudiziario.
Ogni forma di amnistia, indulto e condono per i vari tipi di illecito, da
quello
penale
a
quello
amministrativo
e
tributario,
non
favorisce
l’affermazione di una morale civica di servizio, intesa come etica della
responsabilità .
In un sistema efficiente che non tollera in assoluto arbitrio ed illegalità, chi
viola la legge si pone in volontario contrasto con la società cui appartiene
e con le regole che la tengono insieme, meritando le conseguenze a livello
giuridico, politico e sociale.
La legalità è espressione del pensiero forte, nel senso che si persegue o
meno, senza possibilità della minima deviazione e senza alcuna tolleranza
.
Nessuna legge può efficacemente combattere la mala amministrazione
senza una moralità realmente sentita e vissuta dalla Comunità.
La sensibilità sociale alle problematiche della gestione pubblica è quindi
l’unico serio baluardo alle tendenze particolaristiche, che purtroppo
emergono nel tessuto amministrativo.
In tale ambito, essenziale è il ruolo degli organi di informazione, che
possono e devono riferire direttamente all’opinione pubblica, senza derive
10
scandalistiche, le anomalie riscontrate, nonché delle istituzioni di controllo
-e tra esse in primo luogo delle sezioni del controllo di questa stessa
Corte-, che analizzano le gestioni, rilevando vizi e illeciti a livello tecnico.
Si dà così corpo alla teoria democratica della finanza pubblica, che
presuppone la conoscenza e la coscienza dei cittadini, i quali, come
elettori, sono in condizione di incidere concretamente sulla dirigenza
politica, attuando il controllo politico sulla classe degli amministratori della
cosa pubblica a tutti i livelli istituzionali.
Legalità
non
significa
però,
nella
dimensione
contemporanea
dell’amministrazione, solo rispetto dei procedimenti e delle forme imposte
dal diritto, ma anche e soprattutto soddisfazione dei bisogni emergenti dei
cittadini, che, come contribuenti, finanziano le gestioni pubbliche.
Si tratta della nozione di legalità sostanziale, che ha portato ad
impostare l’amministrazione per obiettivi, e non solo per compiti .
Ma anche in tale dimensione operativa, la gestione pubblica funziona se si
diffonde la cultura dell’efficacia, in modo tale che un amministratore è
considerato valido se raggiunge, rispettando i procedimenti di legge, gli
obiettivi sentiti dalla Comunità, e non semplicemente se ha una grande
capacità di spesa del denaro proveniente dai cittadini.
4. La centralità della gestione pubblica
Abbiamo assistito in questi ultimi due decenni ad una serie di riforme
legislative, partecipando attivamente alla loro realizzazione per quanto di
nostra competenza, che hanno portato ad una trasformazione radicale del
11
modo di intendere l’amministrazione pubblica, che da erogatrice di
funzioni in una logica verticistica di potere va divenendo produttrice di
servizi in un sistema orizzontale gestionale.
Al centro quindi si pone il discorso del modo di intendere le gestioni
pubbliche e del ruolo della Corte dei conti rispetto ad esse.
Alle gestioni tradizionali della finanza e del patrimonio pubblico, finalizzate
a compiti organizzatori necessari ad ogni ente, se ne sono aggiunte altre,
rivolte a soddisfare esigenze funzionali immediatamente avvertite dalla
Comunità, quali le opere pubbliche, i servizi pubblici e le imprese
pubbliche.
Le gestioni pubbliche in questa loro nuova conformazione sono governate
ormai da uno proprio ordinamento di settore costruito sull’antico edificio
della Contabilità Pubblica e munito della necessaria autonomia concettuale
con principi specifici della materia, inquadrabile come diritto delle
gestioni pubbliche.
L’espansione di esse ha così comportato una ridefinizione del campo del
diritto amministrativo, che va concentrando l’oggetto del suo maggiore
interesse nel nucleo “storico” dell’organizzazione e del funzionamento dei
pubblici poteri, basato sul momento dell’autorità e sull’esercizio delle
funzioni pubbliche in posizione di supremazia, con le connesse forme di
garanzia soggettiva a tutela dei cittadini .
Al centro del discorso sulle gestioni pubbliche si pone la Corte dei conti,
nelle sue varie competenze, come organo di garanzia oggettiva del loro
corretto fluire; non deve al riguardo ingannare la denominazione della
12
nostra Istituzione, il cui riferimento ai conti rappresenta solo un richiamo
ad uno degli strumenti tradizionali di verifica.
La magistratura c.d. contabile si occupa delle gestioni pubbliche, al fine di
assicurare che esse si svolgano secondo il diritto, nonché i canoni della
eguaglianza e ragionevolezza, di cui all’art.3 della Costituzione, e di
razionalità e buona amministrazione, di cui all’art.97 della Costituzione,
sostanziati nelle tre “E” dell’economicità, efficienza ed efficacia.
Ed in tal senso anche l’azione della Corte sul piano giurisdizionale si va
modulando lentamente su di un esame sistemico dei vari segmenti di
ciascuna gestione, oltre che a livello specificatamente contabile attraverso il giudizio di conto-, anche e soprattutto, a livello prettamente
amministrativo attraverso una sempre piu’ sapiente e mirata azione
d’indagine, che non si ferma a singoli e frammentati episodi di cattiva
amministrazione, in sé di scarsa rilevanza, ma ne approfondisce le spesso
diffuse
anomalie
gestorie
e
le
connessioni
intersoggettive
ed
interorganiche .
A proposito di tali interconnessioni a livello di ordinamento interno e
comunitario, va rilevato che in un sistema amministrativo frammentato,
come l’attuale, e strutturato a livello orizzontale senza elementi di
gerarchia, prevalgono le gestioni “trasversali”, che, contemperando
interessi spesso contrapposti, sono deputate al perseguimento di compiti
ripartiti tra figure soggettive appartenenti a diverse organizzazioni
amministrative con la partecipazione crescente di operatori privati; tali
plessi funzionali trovano un momento di effettiva unità nei flussi
13
finanziari che, nell’alimentarli, perdono la loro autonomia, allorquando
“entrano” nei bilanci dei singoli enti funzionalmente connessi.
Tradizionalmente si distinguono le gestioni private da quelle pubbliche,
intendendo per le prime quelle di natura imprenditoriale rivolte alla
realizzazione del profitto e per le seconde quelle di natura sociale e di
rilievo generale rivolte alla soddisfazione di bisogni collettivi, anche se
possono adeguarsi ad esigenze di economicità.
Ciò però non risulta assolutamente esatto, in quanto l’evoluzione
dell’ambito
delle
gestioni
pubbliche
ha
modificato
tale
criterio,
consentendo una gestione pubblica di attività imprenditoriali svolte
finanche nelle forme privatistiche, sì da potersi ipotizzare una gestione
mista, che si svolge su due livelli integrati pubblico-privato .
Il fenomeno si riscontra nelle cc.dd. società partecipate, che per ciò
stesso sono correttamente sottoposte alla giurisdizione di questa Corte.
Le gestioni private, che pure rivestono una grande importanza per la
collettività, non sono destinatarie di una disciplina organica da parte
della legge, che pone solo alcuni limiti, divieti e doveri di carattere
generale, ad evitare che esse possano fuoriuscire dal lecito o che
possano subire condizionamenti; solo se sussistono esigenze di tutela di
categorie di soggetti o di trasparenza del mercato e della concorrenza,
l’ordinamento si preoccupa di dare prescrizioni ed indicazioni precise sui
comportamenti dovuti. Tali gestioni, a fronte della libertà del soggetto
imprenditore, sono oggetto invece dell’interesse di discipline economiche
ed aziendalistiche, che possono fornire validi criteri comportamentali per
la migliore organizzazione.
14
Le gestioni pubbliche, invece, sono assoggettate ad un complesso
organico di norme e di criteri che ne disciplinano ogni aspetto sia
strutturale che funzionale, in modo da condurle verso la realizzazione di
fini pubblici ed in particolare verso gli scopi specifici posti dalla legge e
degli obiettivi prescelti periodicamente dalle stesse amministrazioni.
Tuttavia va osservato che sussiste un nucleo di doveri e connesse
responsabilità che si riscontrano sia nel campo privato che in quello
pubblico, come in particolare quelli in capo agli amministratori verso la
società
1
, che consente l’evidenziazione di parametri di legalità cui
confrontare il comportamento di amministratori specie relativamente alle
imprese pubbliche.
La gestione può considerarsi pubblica allorché possieda due requisiti,
cioè l’afferenza delle risorse utilizzate alla Comunità in uno dei suoi livelli
istituzionali o territoriali e l’appartenenza del soggetto cui fa capo la
gestione al settore pubblico latamente inteso.
L’integrazione tra pubblico e privato nella gestione dei servizi pubblici
sembra essere la nuova frontiera su di cui misurare l’amministrazione
della
cosa
pubblica,
in
attuazione
del
criterio
di
sussidiariet
orizzontale.
Va perseguito l’obiettivo di uniformare il livello dei servizi in Campania
agli standards nazionali e ancor piu’ europei in tutti i settori, e
specialmente in quelli di maggiore interesse sociale, come la sanità ed la
mobilità, nonché lo smaltimento dei rifiuti e il ciclo integrato delle acque.
1
V.Trib. Milano 10.2.2000 n.15995 e C.conti sez.I centr. 3.11.2005 n.356/A, in Riv.C.conti n.6/2005 pagg.94 e segg. sugli
obblighi dell’amministratore nei confronti di una società ordinaria o partecipata e sull’insindacabilità del merito gestorio .
15
B - PROBLEMI ALL’ATTENZIONE DELLA SEZIONE
Appare quindi opportuno esaminare, ancorché in estrema sintesi, alcuni
problemi riguardanti l’esercizio della giurisdizione della Corte dei conti,
che sono stati e sono all’attenzione della Sezione, in aggiunta a quelli di
carattere generale derivanti dall’applicazione delle novelle al codice di
procedura civile, di cui si è argomentato ampiamente nella relazione
dell’anno scorso:
a) Realizzazione del pieno contraddittorio nel procedimento di
proroga delle indagini
Il termine di centoventi giorni stabilito per il deposito della citazione, pur
essendo perentorio2, può essere prorogato dal giudice ad istanza del
procuratore
regionale
depositata
prima
della
scadenza,
pena
la
inammissibilità della stessa (art. 5 c.1 L. n.19/94 nel testo sostituito dal
D.L. 543/96 conv. L. n° 639/96) 3.
L’autorizzazione
alla
proroga
suddetta
è
rimessa
al
prudente
apprezzamento della sezione giurisdizionale competente, nella camera di
consiglio appositamente convocata.
Oggetto dell’esame giudiziale non è la fondatezza della notitia damni,
delle prove raccolte o del merito delle indagini in corso di esperimento
dal procuratore regionale né tanto meno una valutazione di convenienza
della continuazione delle indagini, ma esclusivamente la fondatezza delle
2
3
C.conti sez.App.Sicilia 6/11/2000 n.146/A, in Riv.C.conti n.6/2000 pag.105.
C. conti sez. app. Sicilia 15/5/2000 n.75/A, in Riv.C.conti n.3/2000 pag.127.
16
motivazioni
addotte
dal
requirente
per
il
completamento
degli
accertamenti, in ragione dei fatti evidenziati, e la mancanza di una
situazione di mero slittamento dei tempi de quibus a detrimento degli
intimati.
Le autorizzazioni de quibus sono concesse o negate con provvedimento
collegiale, nella prassi, comunicato al solo procuratore regionale istante
e successivamente inserito comunque nel fascicolo processuale a
giustificazione
dei
tempi.
La
mancata
autorizzazione
obbliga
il
procuratore regionale a depositare l’atto di citazione ovvero a disporre
l’archiviazione entro quarantacinque giorni successivi alla scadenza
originaria, pena la decadenza dal potere d’azione connesso allo specifico
processo in corso.
Pertanto
è
buona
norma
che
il
procuratore
regionale
formuli
tempestivamente l’istanza di proroga per consentire alla sezione la
fissazione dell’udienza camerale e l’adozione di una serena decisione al
riguardo, evitando l’assorbimento del termine suddetto.
Nella prassi applicativa delle sezioni giurisdizionali è stato ammesso a
partecipare a tale udienza camerale solo il procuratore regionale istante,
ritenendosi dalla prevalente giurisprudenza che i destinatari dell’invito
non rivestono ancora il ruolo di parti di un processo non ancora
instaurato4; allo stesso modo il decreto di fissazione della camera di
consiglio e successivamente il provvedimento conclusivo della procedura
4
C.Costituz. n.513 in data 20.11/4.12.2002, in G.U. 1 serie spec.n.49 dell’11.12.2002 pag.69, secondo cui , in ragione della
natura preprocessuale del contraddittorio preliminare, non va evocato l’intimato, che si potrà tutelare eventualmente in sede
di giudizio ovvero immediatamente con reclamo .
17
non sono comunicati ai destinatari dell’invito a dedurre, così come
l’istanza non va notificata ad essi 5.
Tale opinabile orientamento restrittivo, peraltro avallato dalla Corte
Costituzionale6,
trova giustificazione teoretica, per i suoi sostenitori,
nella circostanza che si tratterebbe di un mero controllo giudiziale in fase
non processuale sull’attività del procuratore regionale teso ad evitare la
dilatazione dei tempi dell’indagine intrapresa; sindacato che viene
sollecitato dallo stesso requirente con un’istanza, alla quale tuttavia va
riconosciuta
natura
di
atto
processuale
per
essere
finalizzata
all’instaurazione della litispendenza.
Di recente si sta tentando7 di modificare tale indirizzo applicativo,
evocando all’udienza camerale de qua anche il soggetto destinatario
dell’invito, sul condivisibile presupposto che costui abbia un interesse
giuridicamente protetto a contrastare la richiesta di proroga. Si ritiene,
con ampie motivazioni, che, almeno dalla richiesta di proroga in poi, il
procedimento abbia natura processuale, con la conseguente necessità
del rispetto del principio del contraddittorio sin ab initio .
Su questa linea si va ponendo la nostra Sezione, anche a seguito di
rinvio da parte della III Sezione Centrale d’appello8.
b) La decorrenza della prescrizione
5
C.conti sez.II centr. 25/6/2001 n.231/A, in Riv.C.conti n.3/2001 pag.129; sez.III centr.7/6/2001 n.131, in Riv.C.conti
n.3/2001 pag.131; sez.II centr. 10/7/2001 n.243/A, in Riv.C.conti n.4/2001 pag.97.
6
C.Costituz. n.513 in data 20.11/4.12.2002, in G.U. 1 serie spec.n.49 dell’11.12.2002 pag.69, second cui , in ragione della
natura preprocessuale del contraddittorio preliminare, non va evocato l’intimato, che si potrà tutelare eventualmente in sede
di giudizio ovvero immediatamente con reclamo .
7
C.conti sez.III decreto 4 dicembre 2006 n.21/06, ancora inedito, che si discosta dai precedenti giurisprudenziali .
8
C.conti sez.III decreto 4 dicembre 2006 n.21/06, cit..
18
Il termine di prescrizione, nel campo della responsabilità gestoria, di
durata quinquennale, inizia a decorrere “dalla data in cui si è verificato il
fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla
data della sua scoperta” (legge n.639/96 ).
Il fatto dannoso non si perfeziona con il comportamento tenuto dal
pubblico funzionario in difformità di quello previsto dalle norme,
circostanza questa attinente alla condotta, ma con il momento in cui,
verificandosi le conseguenze di quella condotta, si realizza l’eventus
damni e si abilita il requirente contabile all’esercizio di una eventuale
actio damni in precedenza concretamente inammissibile.
La verificazione del fatto dannoso si ha con l’effettivo depauperamento
del patrimonio e/o della finanza pubblica
9
, senza che abbia rilievo il
riconoscimento di un diritto fino a che non venga soddisfatto con riflessi
finanziari per l’ente .
I successivi aggravamenti del danno non rilevano al riguardo dell’inizio
della decorrenza del termine di prescrizione 10.
Secondo un minoritario orientamento giurisprudenziale11 invece la
fattispecie dannosa si completerebbe “nel momento in cui nasce nel
patrimonio
del
soggetto
leso
il
vincolo
giuridico
di
pagare
una
determinata somma a favore di un terzo, non essendo rilevante il
conseguente pagamento, semprecché esso abbia origine dallo stesso
fatto e costituisca semplice conseguenza di esso, senza integrare una
ipotesi di danno autonoma”, anche quando esso avesse uno sviluppo
futuro, rimanendo sempre ontologicamente unitario; in tal modo se il
9
C. conti sez. Calabria 5 novembre 1996 n° 3, in Riv. C. conti n° 1/97 pag. 130
Cass.20.8.1973 n.2366 in Giust.Civ.,Mass.1974.
C.conti sez.Sicilia 3.1.1995 n.8.
10
11
19
danno deriva da un provvedimento illegittimo, il fatto pregiudizievole si
realizzerebbe con la sua adozione o con il primo pagamento12, ancorché
il
danno
sia
continuato
e
progressivo,
nonché
aggravato
successivamente al suo primo manifestarsi.
Ad evitare soluzioni divergenti dai principi regolanti l’istituto della
prescrizione nel diritto civile, va tenuto però presente che il diritto di
credito risarcitorio de quo può essere fatto valere dal procuratore
regionale
solamente
con
l’effettivo
depauperamento
finanziario-
patrimoniale, talché una sua azione proposta prima di tale effettivo
eventus damni sarebbe inammissibile; pertanto solo dal momento in cui
il procuratore regionale ha la possibilità giuridica di agire in giudizio a
tutela dell’erario, inizia il decorso della prescrizione (contra non
valentem non currit praescriptio) .
Il dato formale dell’adozione di un atto illegittimo non consente al
requirente di agire fino alla realizzazione del danno coincidente con
l’effettivo esborso, in quanto l’atto potrebbe anche non essere posto in
attuazione. Se poi si tratta di più esborsi susseguenti, non sembra logico
far decorrere dal primo pagamento il termine prescrizionale anche per
quelli successivi derivanti dallo stesso atto .
Di recente la materia è stata oggetto di un tentativo di modifica, al fine
di portare il dies a quo della prescrizione al compimento della condotta
(art.1 co.1343 L.27.12.2006 n.296, cioè la legge finanziaria per il 2007)
. Ma, anche a seguito di veementi proteste provenienti dagli ambienti
12
C.conti SS.RR. 30.10.2002 n.3/QM, secondo cui dal primo rateo decorrerebbe la prescrizione per tutti i danni anche futuri
derivati dall’atto lesivo. La soluzione anzidetta, spesso ricorrente nella giurisprudenza della Corte dei conti, ancorché ispirata
a apprezzabili motivi di certezza nei tempi, non è assolutamente conforme ai principi ed alle disposizioni positive, in cui ogni
esborso costituisce in sé un danno con un proprio termine prescrizionale.
20
della Corte dei conti, si è immediatamente proceduto all’abrogazione di
tale disposizione innovativa (D.L.27.12.2006 n.299).
Comunque è risultato confermato “a contrario” l’indirizzo piu’ rigoroso
adottato dalla giurisprudenza della Corte dei conti, e segnatamente da
questa Sezione, sulla decorrenza del termine dalla effettiva realizzazione
del danno .
c) L’azione revocatoria
Come segnalato nella relazione dell’anno precedente, la legge 23 dicembre
2005 n.266 (legge finanziaria per il 2006) ha ammesso il procuratore
regionale della Corte dei conti ad esercitare tutte le azioni a tutela delle
ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale, di cui al libro sesto, titolo
terzo, capo quinto del codice civile13.
Costituisce un rilevante potere d’azione innanzi alla Corte dei conti, che
consente di mantenere integra la garanzia generica dell’ente danneggiato
costituita dal patrimonio del responsabile, che potrebbe essere oggetto di
un occultamento giuridico e/o materiale in attesa della formazione del
giudicato.
Si tratta in particolare dell’azione revocatoria di cui agli artt.2901-2904 del
codice civile tesa a rendere inefficaci nei confronti degli enti danneggiati
gli atti di disposizione del patrimonio lesivi della garanzia suddetta nel
13
175. Al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, l'articolo 26 del regolamento di procedura approvato con
regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 si interpreta nel senso che il procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le
azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia
patrimoniale di cui al libro sesto, titolo terzo, capo quinto del codice civile.
21
concorso dei requisiti previsti, impedendo così diminuzioni patrimoniali
elusive delle aspettative risarcitorie degli enti danneggiati in attesa della
condanna da parte della Corte dei conti.
Anche in relazione a giudizio del genere pendente innanzi a questa
Sezione, sono sorte perplessità sull’intestazione alla Corte dei conti di tale
competenza, ritenendosi da alcuni che questa, estranea alla materia
gestoria, sia di natura prettamente civile, coinvolgendo diritti di soggetti
estranei al rapporto di servizio.
Ma tale assunto è contestato dai piu’, i quali invece, giudicando i mezzi di
conservazione
della
garanzia
patrimoniale
strettamente
connessi
all’accertamento e soddisfazione del credito cui accedono, ricordano
l’attribuzione tradizionale del potere di sequestro conservativo alla Corte
dei conti.
I dubbi saranno risolti dalle sezioni unite della Corte Suprema di
Cassazione, quale giudice delle giurisdizioni, cui la questione è stata
rimessa.
d)Estensione dell’ambito della giurisdizione gestoria
L’espansione della nozione di gestione pubblica, che fuoriesce dalla ormai
superata impostazione tradizionale della Contabilità Pubblica, conduce a
ridefinire l’ambito della giurisdizione gestoria della Corte dei conti, in
particolare per quanto riguarda la responsabilità amministrativa.
In tale rinnovata prospettazione diviene irrilevante il titolo in base al quale
la gestione di risorse pubbliche è svolta, potendo consistere in un rapporto
di impiego o di servizio, instaurato di diritto o di fatto, ma anche in un
22
contratto privato ovvero in una concessione amministrativa di servizi o di
contributi (in ultimo : Cassaz. sezioni unite civili 1 marzo 2006
n.4511/Ord.) .
Allo stesso modo le forme privatistiche, in cui viene esercitata una
gestione pubblica, non determina spostamenti in ordine al giudice
competente, che rimane la Corte dei conti, come avviene per gli enti
pubblici economici e finanche per le società sottoposte a controllo
azionario del settore pubblico.
Il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile
si è infatti spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno e degli
scopi perseguiti.
Dal che deriva che qualunque soggetto che entri in contatto con una
gestione pubblica, ove incida negativamente -violando obblighi specifici
o generici derivanti da norme giuridiche, prescrizioni amministrative o
clausole contrattuali, comprensivi dei doveri di lealtà, correttezza e buona
fede- su un qualche aspetto operativo di essa e soprattutto sulle finalità
poste
dalla
legge
e
sugli
obietti
preventivamente
fissati
dall’amministrazione, risponde innanzi alla Corte dei conti in sede di
giudizio
di
responsabilità
delle
conseguenze
pregiudizievoli
economicamente valutabili.
e)
Giurisdizione
di
responsabilità
Consiglieri Regionali e Magistrati
gestoria
su
Parlamentari,
23
La deviazione dai principi generali sulla responsabilità individuale trova la
sua
giustificazione
nelle
necessarie
guarentigie,
che
l’ordinamento
giuridico doverosamente riconosce a particolari categorie di esponenti
dell’apparato pubblico a tutela della estrema delicatezza e rilevanza
sociale della funzione esercitata.
La commissione nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, ovvero in
nesso strumentale di occasionalità con esse, di un fatto costituente reato
fa venire meno siffatta esigenza di una speciale e piu’ favorevole disciplina
della responsabilità di alcune categorie di soggetti, come Parlamentari,
Consiglieri Regionali e Magistrati.
Se diversamente si opinasse si verrebbe a configurare un’inammissibile
posizione di privilegio non giustificato da esigenze di tutela della funzione
esercitata, in violazione dell’art.3 della Costituzione .
Pertanto l’ambito della giurisdizione della Corte dei conti comprende anche
i danni provocati da esponenti del Parlamento (Cassaz. Sezioni Unite Civili,
ord. del 2 marzo 2006, n. 4582) o di Consigli Regionali ovvero di una delle
Magistrature dello Stato (Cassaz. Sezioni Unite Civili, ord. del 24 marzo
2006, n. 6582), che abbiano mantenuto una condotta antigiuridica,
configurabile altresì come reato.
Una questione di tale ultimo genere risulta pendente presso questa
Sezione, con applicazione già disposta di sequestro conservativo su beni .
In materia di immunità regionale va poi rilevato che, conformemente ai
consolidati orientamenti della Corte Costituzionale (sentenze n.81/1975 e
69/1985), l’esenzione dal sindacato giurisdizionale nei confronti dei
Consiglieri Regionali non è assoluta, ma è viceversa correlata all’esercizio
24
delle funzioni loro attribuite nell’ordinamento vigente dalla Costituzione o
dalle altre fonti cui la prima rinvia.
L’immunità non può infatti trasmodare in una apodittica posizione di
privilegio di tali soggetti, giustificandosi essa per essere posta a garanzia e
tutela preventiva da indebite interferenze e condizionamenti esterni sulle
determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell’assemblea
elettiva.
Quindi l’estraneità o comunque la non riconducibilità, secondo criteri di
ragionevolezza, a tale sfera di autonomia costituzionale consente la
sottoposizione a sindacato giurisdizionale delle concrete scelte gestionali
compiute .
C - INNOVAZIONI LEGISLATIVE
Nel corso del passato anno sono stati approvati importanti provvedimenti
legislativi, che vengono ad incidere in vario modo sulla giurisdizione della
Corte dei conti e sul suo processo.
1. Decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006 in attuazione alla
delega prevista dalla legge per la competività
In particolare, con riferimento al procedimento innanzi alla Cassazione, il
provvedimento attua il recupero e la valorizzazione della tradizionale
funzione di assicurare l’esatta osservanza ed uniforme interpretazione
25
della
legge
e
di
garantire
l’unità
del
diritto
oggettivo
nazionale
(nomofilachia) che l’ordinamento giudiziario attribuisce alla Suprema
Corte. L'obiettivo perseguito è quello di garantire e consentire al supremo
Collegio lo svolgimento della funzione di orientamento della giurisprudenza
di merito, in attuazione di uno dei principi della delega legislativa che
prevede, tra l’altro, il “vincolo delle sezioni semplici al precedente delle
sezioni unite” (con possibilità di discostarsene con ordinanza motivata), in
coerenza con il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge.
L’orientamento legislativo può costituire un’indicazione anche per la nostra
magistratura, in cui le sezioni riunite in sede giurisdizionale svolgono la
medesima attività nomofilattica, ancorché in forme decisamente diverse.
2. Decreto Legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 "Modifica della
disciplina concernente l'elezione del Consiglio di presidenza della
Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia
amministrativa, a norma dell'articolo 2, comma 17, della legge 25
luglio 2005, n. 150" (pubblicato nella G.U. n. 52 del 3 marzo 2006)
In attuazione della delega di cui all'art. 2, commi 17 e 18, della legge 25
luglio 2005, n. 150, è stata modificata la disciplina concernente l'elezione
del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, prevedendo il ruolo
vicario della nuova figura del presidente aggiunto della Corte dei conti o,
in sua assenza, del presidente di sezione più anziano.
26
E’ stato riaffermato che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza
durano in carica 4 anni e non sono nuovamente eleggibili per i successivi
otto anni dalla scadenza dell'incarico.
Si è poi occupato dei meccanismi elettorali di tale organo, stabilendo che
ogni
magistrato
possa
esprimere
la
sua
preferenza
per
un
solo
componente titolare e per un solo componente supplente.
In caso di dimissioni o di cessazione di uno o più membri elettivi
dall'incarico per qualsiasi causa nel corso del quadriennio, sono indette
elezioni suppletive per designare, per il restante periodo, il sostituto del
membro decaduto o dimessosi.
3. Il decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152, contenente
“Norme in materia ambientale”, solitamente definito come “Nuovo
Codice dell’Ambiente”, ha introdotto profili problematici di rilievo per
quel che concerne la giurisdizione in tema di danno ambientale, che all'art.
300
del
citato
testo
normativo
viene
qualificato
come
qualsiasi
deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa
naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima.
Il danno pubblico all’ambiente -quale bene immateriale unitario tutelato
giuridicamente e fruibile dai singoli e dalla collettività globalmente intesaè, quindi, quello che si concretizza nella rilevanza economica che la
distruzione o il deterioramento o l’alterazione, o, in generale, la
compromissione del bene, riveste in sé e per sé e che si riflette sulla
collettività la quale viene ad essere gravata da oneri economici.
27
La parte sesta del codice è interamente dedicata alla responsabilità
ambientale, alla prevenzione e al risarcimento del danno; sulla base del
recepimento della direttiva 2004/35/CE, viene in esso introdotto il
principio sintetizzabile come “chi inquina paga”.
Per quanto concerne la giurisdizione, il danno ambientale, pur assumendo
una dimensione patrimoniale, in considerazione degli oneri economici che
gravano sulla collettività, non si identifica propriamente in un detrimento
all’erario,
essendo
configurabile
indipendentemente
dal
costo
della
rimessione in pristino e della diminuzione finanziaria subita.
Tuttavia deve evidenziarsi che l'art. 313 del d.lgs. 152/2006 stabilisce che
“nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della
Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
anziché
ingiungere
il
pagamento
del
risarcimento
per
equivalente
patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di procura regionale presso la
Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio”. Da
ciò si evince che l’esercizio del potere ministeriale di ordinanza non può
avvenire
in
alternativa
all'esperimento
dell'azione
di
responsabilità
amministrativa riservata alla Corte dei conti, che finisce, così, per rivestire
carattere di esclusività “nel caso di danno (ambientale) provocato da
soggetti sottoposti alla giurisdizione delle Corte dei conti”; laddove, in ogni
altro caso, stante il combinato disposto degli artt. 313 e 315 del d.lgs. in
esame, al ministro sono attribuiti due rimedi, alternativi tra loro: a)
l’azione civile (da esercitarsi anche, e non solo, in sede penale) innanzi al
giudice ordinario; b) l’adozione dell’ordinanza di cui all’art. 313 del codice
stesso, che costituisce un provvedimento di tipo autoritativo.
28
L'art.
318
del
Nuovo
Codice
dell'Ambiente,
inoltre,
ha
statuito
l'abrogazione dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, ad
eccezione del comma 5. Non può, pertanto, non rilevarsi come il Testo
Unico sia intervenuto radicalmente sul quadro normativo precedentemente
in vigore, anche abrogando lo storico art. 18 della legge istitutiva del
Ministero dell’Ambiente n. 349/1986 dianzi citato, che aveva escluso
l’intervento diretto della Corte dei conti in materia ambientale, ed abbia
così sancito la legittimazione esclusiva dello Stato ad agire per il
risarcimento del danno ambientale.
Nel nuovo impianto normativo, le Regioni e gli enti territoriali minori non
hanno, infatti, legittimazione processuale attiva, ma possono solamente
presentare al Ministro dell’ambiente, ex art. 309, denunce ed osservazioni,
corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di
danno ambientale o di minaccia imminente dello stesso e sollecitarne
l’intervento a tutela dell’ambiente, a norma della parte sesta del decreto.
Il Ministro dell’Ambiente, dunque, può agire in via esclusiva per il
risarcimento del danno, salvo che quest'ultimo – come già sopra
evidenziato – sia stato provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione
contabile, nel qual caso l'attivazione delle misure di tutela risarcitoria del
danno stesso spetta in via esclusiva alla Corte dei conti (art. 313, comma
6).
4. Il decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, ovvero il “Codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
29
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, ha messo ordine a 150
anni di stratificazione normativa ed a oltre 50 testi disciplinanti la materia,
allineando il diritto interno a quello comunitario ed alla giurisprudenza più
recente della Corte di Giustizia e dei giudici amministrativi.
Di conseguenza, al cd. Nuovo Codice degli Appalti Pubblici deve
riconoscersi natura non meramente compilativa, poiché con esso sono
stati modificati tutti i comparti ed introdotti i nuovi strumenti negoziali
previsti dalle Direttive Comunitarie, cioè l’accordo quadro, il dialogo
competitivo, la centrale di committenza e le aste elettroniche.
In altri termini, l'adeguamento alla disciplina comunitaria così dettata sulla
materia de qua è suscettibile di dare luogo a rilevanti profili d'interesse
per quel che concerne gli effetti sulla giurisdizione contabile, con
particolare riferimento all'ampliamento dell'applicabilità di tale sindacato
giurisdizionale, anche nei confronti di soggetti aventi connotazione
eminentemente privatistica, ma accedenti ad aiuti, a contributi ed a
corrispettivi pubblici aventi destinazione predeterminata, nonché legati al
rispetto delle procedure di evidenza pubblica.
Invero, il testo legislativo in esame è inteso a privilegiare l'esigenza di
imporre che, tutte le volte in cui debba effettuarsi la scelta di un operatore
chiamato a svolgere attività di pubblico interesse, in applicazione dei
principi
di
buona
amministrazione,
di
trasparenza
dell'azione
amministrativa e di concorrenzialità, vengano puntualmente espletate
procedure di evidenza pubblica, rispondenti alla necessità di individuare,
mediante valutazione comparativa basata su parametri obiettivi, il
30
soggetto più idoneo, che offra la prestazione richiesta alle condizioni
migliori.
Vengono, quindi, fatti emergere e resi compiutamente visibili i motivi di
interesse pubblico che presiedono alla scelta contrattuale, nonché i modi
di gestione di quelle risorse finanziarie che normalmente vengono
impegnate da qualsiasi soggetto nell’esercizio della
propria azione
contrattuale. Nel contempo, vengono predisposte e rese altrettanto visibili
le condizioni idonee ad assicurare ai soggetti interessati a partecipare allo
scambio contrattuale con l’amministrazione il pareggiamento di situazioni
e di opportunità nella presentazione delle rispettive candidature.
Il risultato, almeno potenziale, dell'entrata in vigore del testo unico dianzi
individuato, consiste nell'agevolare l'attuazione concreta del sindacato
affidato
all'autorità
giudiziaria
contabile,
agevolazione
quanto
mai
opportuna in tale settore, atteso che la realizzazione dell'opera oggetto del
contratto, da qualificare come “pubblico”, va resa alla collettività con la
previsione di un corrispettivo, a carico degli utenti, teso ad assicurare
l’equilibrio economico-finanziario della realizzazione stessa.
Invero, la Corte dei conti, quale garante dell'integrità della finanza e del
patrimonio della collettività -concetto quest'ultimo suscettibile di sempre
maggiore estensione in un contesto sociale che si fonda sempre di più su
una valutazione economicistica degli interessi- diviene in quest'ottica il
giudice naturale della buona amministrazione sotto il profilo dei suoi
riflessi sull'economia pubblica.
31
5. La legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, recante
“Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché
interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”
contiene varie statuizioni d’interesse per la Corte dei conti, fra le quali
meritano particolare menzione le disposizioni contenute nell’art. 35,
commi 26-ter e 26-quater, con le quali è stata introdotta, a favore dei
concessionari del servizio nazionale della riscossione e dei commissari
governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, la “facoltà di sanare
le responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 30
giugno 2005” mediante il versamento di determinati importi, semprecché
si tratti di responsabilità amministrativa derivante dalle violazioni che
comportano l’irrogazione delle sanzioni, senza che tale sanatoria possa
riguardare il pagamento delle somme dovute e non riversate e dei relativi
interessi – come chiarito con circolare n. 12 del 4 aprile 2006 dell’Agenzia
delle Entrate.
La sanatoria di che trattasi -pur se per disposizione del summenzionato
comma 26/quater, non si applica ai provvedimenti sanzionatori e di
diniego del diritto al rimborso o al discarico per inesigibilità, per i quali non
era pendente ricorso amministrativo o giurisdizionale alla data del 30
giugno 2005- è evidentemente suscettibile di produrre considerevoli effetti
sui giudizi ad istanza di parte non ancora definiti a quella data.
32
6. La legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007), in un
contesto disorganico di disparate disposizioni, contiene alcune previsioni
che si riferiscono alla Corte dei conti, ed in particolare
6.1 Al riguardo del controllo, il comma 47314, modificando il precedente
regime,
dispone
che
sia
il
Parlamento,
attraverso
le
competenti
Commissioni, a fissare le priorità, cui dovrà attenersi la Corte dei conti in
sede di definizione dei programmi e dei criteri di riferimento del controllo
sulle gestioni pubbliche.
Indubbiamente la novella è passibile di diverse letture, a seconda del
modo di intendere il controllo esterno sulle gestioni.
Viene in tal modo istituito uno stabile cordone ombelicale tra questa forma
di audit ed il Parlamento, che è stato invero sin dall’inizio il referente
privilegiato di tale attività di analisi sistemica; né può temersi che per tale
mezzo si realizzi un’ingerenza politica, in quanto essa è limitata ad
indicazioni di priorità nell’ambito di un controllo di tipo collaborativo .
Costituirà un problema applicativo il coordinamento delle due Camere per
lo svolgimento di tale delicata competenza comune.
6.2 In ordine alla responsabilità gestoria di tipo amministrativo il comma
593 introduce un’ipotesi tipica, concernente gli amministratori di società a
partecipazione pubblica -allorquando abbiano disposto il pagamento di
compensi professionali in misura superiore al limite di legge costituito
dalla retribuzione del Primo Presidente della Corte di cassazione-, in solido
con il beneficiario.
La disposizione fa sorgere alcune perplessità di fondo.
14
473. Il terzo periodo del comma 4 dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994 n.20 è sostituito dal seguente: “La Corte definisce annualmente i
programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari a
norma dei rispettivi regolamenti”.
33
Presenta infatti la particolarità di prevedere per la prima volta il
coinvolgimento diretto in via solidale del beneficiario, nell’ambito del
rapporto di servizio, nonché un risarcimento, qualificato come “rimborso”,
a titolo di danno erariale di una somma pari a dieci volte l’ammontare
eccedente la cifra massima consentita per il compenso de quo. Inoltre il
c.d. rimborso riguarda in gran parte somme effettivamente non erogate,
ridondando in una vera e propria sanzione per illecito amministrativo, che
tra l’altro non ha alcun senso nei confronti del beneficiario del compenso,
salvo che questi non abbia partecipato all’erronea determinazione, tanto
più in misura maggiore di quanto illegittimamente percepito.
Infine il limite che fa scattare tale anomala forma di responsabilità
“formale” non risulta precisamente determinato dalla legge, che non
specifica se bisogna riferirsi alla “pura” ed astratta retribuzione tabellare
della qualifica e se vanno computate tutte le indennità .
6.3 Nel campo del contenzioso pensionistico i commi 774 e 77515
introducono un’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 41, della legge
8 agosto 1995 n. 335.
A tenore di tali disposizioni, invero, in primo luogo è stato espressamente
chiarito che l’indennità integrativa speciale deve intendersi come parte
integrante del complessivo trattamento pensionistico, ed in secondo luogo
15
774. L’estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente
nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista
dall’articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a
decorrere dall’entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta,
l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico
percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità.
775. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, già
definiti in sede di contenzioso, con riassorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici.
34
è stato stabilito che l’indennità integrativa afferente le pensioni di
reversibilità decorrenti dal 17 agosto 1995 (data di entrata in vigore della
legge 335/1995) deve essere attribuita per il trattamento di reversibilità
nella medesima misura percentuale di cui precedentemente beneficiava il
dante causa, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione
diretta, con salvezza dei soli trattamenti più favorevoli già attribuiti alla
data di entrata in vigore della Legge Finanziaria (1 gennaio 2007) a
seguito di definizione in sede contenziosa e comunque con riassorbimento
degli stessi sui futuri miglioramenti pensionistici; di conseguenza, viene
anche prevista l’abrogazione dell’art. 15, comma 5, della legge 23
dicembre 1994 n. 724 nel successivo comma 77616.
Sono, sul punto, evidenti le difficoltà interpretative destinate a sorgere in
ordine al significato da attribuire alle espressioni “definizione in sede di
contenzioso”
e
“riassorbimento
sui
trattamenti
pensionistici
futuri”,
difficoltà suscettibili di avere significative ripercussioni sui giudizi pendenti
e da risolvere presumibilmente ad opera dei supremi organi giurisdizionali.
Ma , ancor piu’, va segnalato che la Sezione giurisdizionale regionale per
la Sicilia, con ordinanza n. 13/2007 dell'11 gennaio 2007, ha già sollevato
con tempestività questione di costituzionalità della suddetta disposizione
di cui al comma 774, in quanto con essa è stato cancellato, con effetti ex
tunc, un diritto oramai acquisito e pacificamente riconosciuto per le
pensioni vedovili più datate (cioè riferite a pensioni del dante causa
anteriori al 1995), su di cui peraltro si era formato un orientamento
giurisprudenziale, condiviso da questa Sezione e peraltro fondato su di
16
776 “E’ abrogato l’art.15 della legge 23 dicembre 1994 n.724”
35
una autorevole e convincente interpretazione, in materia, da parte delle
Sezioni Riunite della Corte (sentenza n. 8/2002/QM delle Sezioni Riunite),
che avevano escluso la tacita abrogazione della medesima norma per
effetto
dell'art.
1,
comma
41,
della
legge
n.
335/95.
6.4 Nel campo del contenzioso di responsabilità gestoria di tipo
amministrativo, la legge finanziaria 2007 contiene, al comma 1346 del
maxiemendamento
approvato
il
15.12.2006,
la
disposizione
che
sostituisce, al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20,
le parole "si è verificato il fatto dannoso" con le seguenti: "è stata
realizzata la condotta produttiva di danno"; tale statuizione ha suscitato
grande sgomento all’interno della nostra Istituzione, poiché, incidendo
sulla prescrizione nei giudizi di responsabilità amministrativa, è stata
indicata come gravemente lesiva delle funzioni giurisdizionali esercitate
dalla Corte dei conti.
Invero, con essa si anticipa notevolmente il compimento del termine
prescrizionale per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa da
parte del procuratore regionale della Corte dei conti. In pratica, la
disposizione intenderebbe rendere prescritte, e quindi non perseguibili,
moltissime fattispecie di responsabilità, con conseguente grave danno per
l’Erario, che non vedrebbe più risarcite le lesioni patrimoniali subite, così
dando luogo ad un rilevante svilimento delle funzioni di tutela dell’integrità
patrimoniale
pubblica
che
la
Costituzione
affida
alla
magistratura
contabile.
Sul piano più strettamente tecnico, si potrebbe rilevare che non risponde
ai principi fondamentali che informano il nostro ordinamento giuridico sin
36
dal
diritto
romano
-actioni
nundum
natae
non
praescribitur-
una
disposizione intesa a far decorrere la prescrizione di un’azione non ancora
esercitabile
(per
non
essersi
ancora
verificato
il
danno
erariale),
impedendo in tal modo all’inquirente contabile di svolgere la sua funzione
nell’interesse della legge e dell’erario ed in definitiva nell’interesse
generale di tutti i cittadini.
Stante la negativa efficacia dirompente della disposizione in parola, il
Governo ha prontamente assunto l’impegno ad impedirne l’entrata in
vigore anche per un solo giorno mediante l’emanazione, prima della
pubblicazione della legge Finanziaria sulla Gazzetta Ufficiale, di un
apposito decreto legge abrogativo.
7. decreto legge 27.12.2006 n.299
Il provvedimento legislativo d’urgenza ha abrogato la disposizione
introdotta dal contestato comma 1343 della legge 296/2006 contenente la
prescrizione anticipata dei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei
conti.
Si resta in attesa della conversione in legge del suddetto decreto, su di cui
non sono mancate critiche dall’interno stesso della maggioranza di
Governo.
8. progetto di legge delega per il nuovo codice di procedura
contabile, presentato il 29 giugno 2006 (Atto Senato 702) ed assegnato
alla 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente.
37
Si ritiene di dare notizia di un’iniziativa legislativa di rilevante interesse
per la Corte dei conti. Il Consiglio Direttivo dell'Associazione Magistrati,
nella seduta del 6 marzo 2006, ha definitivamente approvato il testo del
suddetto progetto di legge.
Esso contiene una prima esposizione di principi di carattere generale,
intesi ad informare la regolamentazione del processo contabile in ciascuna
delle sue possibili articolazioni, cioè sia in materia contabile -giudizi di
responsabilità, di conto ed a istanza di parte- che pensionistica –civile,
militare e di guerra. Di particolare rilievo si rivelano, in tale ambito, la
semplificazione e lo snellimento dei giudizi di responsabilità, anche
attraverso l’informatizzazione avanzata delle procedure, la “partecipazione
al giudizio delle parti, su basi di effettiva parità in ogni stato e grado del
processo, anche in attuazione del principio costituzionale del giusto
processo”, il riordino e l’adeguamento della disciplina concernente
l’istruzione probatoria e la consulenza tecnica d’ufficio, nonché della
disciplina del giudizio d’appello.
Di seguito, il progetto pone principi intesi a ricevere applicazione nella
regolamentazione specifica di ciascuno dei predetti giudizi contabili. Per
quel che concerne il giudizio di responsabilità, presentano spunti di
notevole interesse i principi di tutela del contraddittorio, di ampliamento
dei poteri d’indagine del procuratore contabile, di conservazione e – a un
tempo - di regolamentazione secondo criteri predeterminati dell’esercizio
del potere riduttivo, di disciplina dell’archiviazione della notizia di danno
con previsione di un controllo (sia pur limitato) del giudice, di riordino del
procedimento camerale per l’autorizzazione alla proroga del termine per
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l’emissione dell’atto di citazione, di disciplina del regime d’invalidità
dell’atto di citazione, di riordino della disciplina delle azioni previste a
tutela delle ragioni del creditore, di garanzia dell’effettività del giudicato.
Sotto l’esaminato profilo, merita specifica menzione l’auspicato riordino
delle ipotesi in cui è previsto l’obbligo di denuncia del fatto dannoso,
esplicitato dal d.d.l. in parola con specifico riferimento ai giudizi di
responsabilità, in considerazione del fatto che anche la procura generale
della Corte dei conti si è espressa, con nota n. 114521/SPG del 17 maggio
2006, nel senso di rimarcare l’”esigenza della massima sollecitudine
dell’Amministrazione danneggiata quanto alla trasmissione delle denunzie
di danno”, in considerazione del fatto che il termine prescrizionale
quinquennale dell’azione di responsabilità gestoria (da farsi decorrere dal
momento in cui l’amministrazione medesima ha -od avrebbe potuto avereconoscenza dell’evento pregiudizievole e non dalla data della ricezione
della notitia damni da parte della procura contabile) decorre nuovamente
ed a carico di chi vi è preposto, nel caso di prescrizione maturata “a causa
di omissione o ritardo della denuncia del fatto” (art. 1, comma 3, legge n.
20/1994). Vale evidenziare, sul punto, che le ragionerie provinciali dello
Stato sono state sollecitate dalla ragioneria generale, con nota n. 166715
del 13 dicembre 2006 (che fa espresso riferimento e richiamo alla
predetta nota della procura generale di questa Corte), a provvedere
immediatamente, “trascorso inutilmente il termine perentorio fissato nel
primo
rilievo
per
la
regolarizzazione
dell’atto
(messa
in
mora
dell’amministrazione)”, alla segnalazione del caso alla competente Procura
contabile, “senza attendere gli esiti di eventuali iniziative in corso”.
39
Con riferimento al giudizio di conto, si auspica poi, specificamente, la
semplificazione delle norme che lo regolano nel rispetto del principio del
contraddittorio, la previsione di forme di condanna da parte del giudice
monocratico in ipotesi di ammanco o di perdita accertata (con possibilità
di reclamo al collegio), la previsione di forme di controllo amministrativo
per
tutti
i
conti
da
parte
delle
amministrazioni
interessate
con
conseguente limitazione dell’esame giudiziale ai conti per i quali siano stati
formulati rilievi o contestazioni in sede di controllo amministrativo o da
parte di soggetti comunque portatori di interessi collettivi o diffusi.
Per quanto, invece, concerne, in particolare, il giudizio pensionistico,
rivestono notevole interesse i principi, contenuti nel d.d.l., intesi al
“riordino della disciplina in materia di nullità e di inammissibilità del ricorso
con previsione delle ipotesi di eventuale declaratoria con decreto
presidenziale” (con reclamo avanti il Collegio), la “disciplina del regime e
dei termini delle preclusioni e delle decadenze, anche con riguardo alle
eccezioni processuali e di merito” e la “possibilità per il giudice
monocratico di riservarsi la decisione da adottare entro trenta giorni
dall’udienza di merito”.
L’adozione del nuovo codice di procedura contabile è da tempo presentata
come un’improrogabile necessità, considerate la vetustà e la lacunosità del
T.U. 1038/1933, anche allo scopo di limitare il ricorso all’applicazione delle
norme di procedura civile, sovente attuato in virtù del “rinvio dinamico”
contenuto nell’art. 26 del precitato T.U., che provoca innumerevoli
contrasti giurisprudenziali; ciò anche al fine di consentire –tra l’altro- il
“rispetto della configurazione assunta dalla responsabilità amministrativa
40
a seguito della riforma di cui alle leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e n. 20”
(art. 2, punto d), del testo di progetto di legge delega al Governo per
l’adozione del nuovo codice di procedura contabile approvato dal Consiglio
Direttivo dell’Associazione Magistrati Contabili).
D - GIURISPRUDENZA DELLE SUPREME GIURISDIZIONI.
a) CORTE COSTITUZIONALE.
Ordinanza n. 261 dep. il 4 luglio 2006: nel giudicare inammissibile
per irrilevanza la questione di legittimità prospettata, afferma che gli artt.
14 e 26 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933 n. 1038 –e, per il
tramite di quest'ultima disposizione, l'art. 210 del codice di procedura
civile– consentono alla Corte di ordinare alle parti di produrre gli atti e i
documenti ritenuti necessari alla decisione della controversia, e quindi di
richiedere l'esibizione dell'atto di archiviazione disposto nei confronti di
altri soggetti, concorrenti nel medesimo fatto produttivo di responsabilità
amministrativa; al fine, all'esito di quella esibizione, non solo di ordinare,
se del caso, l'intervento in causa dei concorrenti nella causazione del
danno pubblico (allargamento del contraddittorio, non impedito dal fatto
che la loro posizione sia stata archiviata dal procuratore regionale, non
formandosi il giudicato con l'archiviazione), ma anche, eventualmente, di
procedere ad una più esatta personalizzazione ed individualizzazione della
41
responsabilità nei confronti di coloro che sono stati citati a giudizio dal
pubblico ministero.
Ordinanza n. 267 del 6 luglio 2006: dichiara infondata, in relazione agli
artt. 114, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione,
la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 della legge
della Regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 19 maggio 2005, n. 10
(Disposizioni in materia di controllo sulla gestione finanziaria e istituzione
della relativa Autorità di vigilanza), in quanto le disposizioni denunciate,
configurando un'Autorità di vigilanza che svolge una funzione di controllo
interno alla Regione, a fini di collaborazione con il Consiglio regionale
(presso il quale risulta istituita), e che non si sovrappone né pone
limitazioni rispetto a quella di livello unitario da esercitarsi dalla Corte dei
conti, si collocano nell'ambito delle previsioni di cui agli artt. 2, primo
comma, lettere a) e b), e 3, comma primo, lettera f), dello statuto di
autonomia, e cioè delle materie, rispettivamente, dell'ordinamento degli
uffici regionali e degli enti locali e dell'attuazione ed integrazione delle
leggi della Repubblica in tema di finanze regionali e comunali.
Ordinanza 06 luglio 2006 n. 273: dichiara la manifesta inammissibilità
della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 172 del decreto
legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di spese di giustizia. Testo B), trasfuso nell'articolo
172 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia. Testo A), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 101,
42
102, 104 e 108 della Costituzione, dalla Corte dei conti –Sezione
Giurisdizionale Centrale, precisando che detta disposizione , la quale
stabilisce che i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili
delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al
risarcimento del danno subito dall'erario a causa degli errori e delle
irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema
di responsabilità amministrativa”, non ha alcun contenuto innovativo
dell'ordinamento giuridico previdente, senza incidere in alcun modo,
quindi, sulla questione della responsabilità dei magistrati per attività
giudiziaria oggetto del giudizio a quo, la quale trova la sua soluzione
nell'interpretazione dell'ambito oggettivo e soggettivo della disciplina
dettata in tema di responsabilità amministrativa.
b) CORTE DI CASSAZIONE.
SS.UU.
Civili,
sent.
del
5
gennaio
2006,
n.
1378:
il
sindacato
giurisdizionale della Corte di Cassazione sulle pronunce della Corte dei
conti è ammesso per verificare che il giudice contabile non abbia emanato
un provvedimento non riconducibile a quelli che, in astratto, ha il potere di
emanare, ovvero non abbia travalicato i limiti della c.d. "riserva di
amministrazione". Per non travalicare tali limiti, una volta accertata la
compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente, la
Corte dei conti non può estendere il suo sindacato all'articolazione
concreta e minuta dell'iniziativa intrapresa, la quale rientra nell'ambito di
quelle scelte discrezionali di cui la legge stabilisce l'insindacabilità, mentre
43
può dare rilievo alla non adeguatezza dei mezzi prescelti nell'ipotesi di
assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi stessi rispetto ai fini.
Anche dopo l'inserimento della garanzia del giusto processo nell'art. 111
Cost., quindi, il sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni del
giudice contabile continua ad essere circoscritto al controllo dell'eventuale
violazione dei limiti esterni della giurisdizione di tale giudice e non si
estende alle modalità del suo esercizio.
SS.UU. Civili, sent. del 1° marzo 2006, n. 4511: a) è del tutto irrilevante il
titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo
consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in
una concessione amministrativa od in un contratto privato; b) il baricentro
per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato
dalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato od un ente
pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti,
cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo
d'essere del programma imposto dalla Pubblica Amministrazione, alla cui
realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del
contributo, e l’incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle
finalità perseguite, egli realizza un danno per l'ente pubblico (anche sotto
il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe
potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed
approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore).
44
Sono evidenti, nella innovativa statuizione qui riportata in sintesi, le
suggestioni comunitarie provenienti dall’interpretazione data dalla Corte di
Giustizia europea alla nozione di organismo di diritto pubblico.
SS.UU. Civili, ord. del 2 marzo 2006, n. 4582: il deputato, quando
esercita il proprio compito istituzionale, agisce in funzione di un rapporto
di servizio, speciale ed onorario e non è perseguibile in assoluto solo se c’è
uno stretto legame funzionale tra opinioni espresse ed atti compiuti con
l’esercizio indipendente delle proprie attribuzioni (Corte Costituzionale,
sentenze 10/2000 e 11/2000); legame che, evidentemente, s’interrompe
quando l’accettazione di denaro e di altri beni materiali intervenga a
condizionare atti parlamentari e/o di governo.
SS.UU. Civili, ord. del 24 marzo 2006, n. 6582: spetta alla Corte dei conti,
in sede di giudizio di responsabilità amministrativa, conoscere del danno
erariale conseguente a fatto costituente reato commesso da magistrato,
nell’esercizio
delle
funzioni
giurisdizionali.
Infatti
“la
commissione
nell’esercizio delle funzioni di un fatto costituente reato fa venire meno
l’esigenza di una speciale e piu’ favorevole disciplina della responsabilità
dei magistrati”.
SS.UU. Civili, sent. del 31 marzo 2006, n. 7578: la domanda di esecuzione
di una sentenza di condanna della pubblica amministrazione, ancorché
pronunciata da un giudice speciale (nella specie, la Corte dei conti in sede
di giudizio pensionistico), al pari di quella proposta nei confronti di
45
qualsiasi altro debitore, introduce sempre una controversia di diritto
soggettivo, la cui tutela, in fase esecutiva ed al fine della decisione sulle
opposizioni ivi proposte, non può che competere al giudice ordinario.
Tale decisione, concernente la tutela esecutiva del diritto pensionistico
riconosciuto, non incide sui giudizi di ottemperanza delle decisioni in
materia adottate dalla Corte dei conti, attribuiti dalla legge n.205/2000
alla stessa giurisdizione contabile .
SS.UU. Civili, sent. del 13 giugno 2006, n° 13659: 1) la giurisdizione del
giudice amministrativo sussiste in presenza di un concreto esercizio del
potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme
adottate, in consonanza con le norme che lo regolano; 2) spetta al giudice
amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento
appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del
potere, forme di tutela fra le quali rientra il risarcimento del danno; 3) Il
giudice amministrativo rifiuta di esercitare la giurisdizione e la sua
decisione, a norma dell'art. 362, primo comma c.p.c, si presta a
cassazione da parte delle sezioni unite quale giudice del riparto della
giurisdizione,
se
l'esame
del
merito
della
domanda
autonoma
di
risarcimento del danno è rifiutato per la ragione che nel termine per ciò
stabilito non sono stati chiesti l'annullamento dell'atto e la conseguente
rimozione dei suoi effetti, poiché deve considerarsi esclusa la pregiudiziale
amministrativa tra autotutela e danno erariale.
46
Sez. I, sent. del 21 settembre 2006, n. 20440: sono giuridicamente
inesistenti le notifiche delle multe fatte da società private di recapito alle
quali il Comune abbia affidato il servizio di consegna di atti giudiziari;
pertanto, l’effetto giuridico è l’estinzione dell’obbligazione di pagare la
somma dovuta per violazione al Codice della Strada.
La pronuncia qui riportata in sintesi è suscettibile di produrre rilevanti
conseguenze in termini di responsabilità erariale di amministratori e
funzionari comunali nel caso di mancato introito delle somme oggetto
delle contravvenzioni irrogate, nel caso – appunto – di affidamento del
servizio di consegna dei relativi atti a società private.
Sez. I, sent. del 19 ottobre 2006, n. 22357: solleva la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 5bis del D. L. 333/92, convertito in
legge 359/92, per contrasto con gli articoli 111 e 117 della Costituzione,
anche in rapporto all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo
e
all’articolo
1
del
primo
protocollo
addizionale
a
tale
Convenzione, nella parte in cui i criteri legali di liquidazione della indennità
di espropriazione ivi disciplinati non consentono un serio ristoro dei
proprietari espropriati.
c) SEZIONI RIUNITE DELLA CORTE DEI CONTI.
Sent. n. 2/QM/2006 del 22 febbraio 2006: per il titolare di due pensioni
resta fermo il divieto di cumulo delle indennità integrative speciali di cui
dall’art. 99, comma secondo, del D.P.R. 1092/1973, con l’integrazione
47
operata con la sentenza manipolativa della Corte Costituzionale n.
494/1993, e cioè con salvezza comunque dell’importo corrispondente al
trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori
dipendenti.
Tale pur autorevole pronuncia non è però generalmente condivisa dalla
giurisprudenza di merito, e segnatamente di questa Sezione.
Sent.
n.
7/QM/2006
riconoscimento,
ai
del
fini
14
luglio
pensionistici,
2006:
dei
sussiste
periodi
il
diritto
al
corrispondenti
all’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità, verificatasi al di fuori
del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 25, co. 2, del D.Lgs. 26.3.2001, n.
151, in relazione a quanto disposto dagli artt. 16 e 17 dello stesso testo
normativo, i quali disciplinano diritti e doveri in occasione della maternità
in ambito lavorativo, a domanda e con effetti a decorrere dalla stessa,
ancorché la stessa sia avanzata non in costanza di attività lavorativa.
d) GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE.
I. CONSIGLIO DI STATO.
Sez. V, sent. del 9 ottobre 2006, n. 5986: qualora un'amministrazione si
sia costituita parte civile in un procedimento penale nei confronti di un
dipendente e penda a carico del medesimo un procedimento davanti alla
Corte
dei
conti
per
gli
stessi
fatti,
legittimamente
la
medesima
amministrazione nega il rimborso delle spese legali al dipendente (poi
assolto dalla corte di appello), per la sussistenza del conflitto di interessi
48
di
cui
all'art.
67
indipendentemente
del
D.P.R.
da
ogni
13
maggio
valutazione
1987
n.
attinente
268
e
all’esito
ciò
del
procedimento penale ed all’accertamento della responsabilità contabile del
dipendente.
Adun Plen. decisione del 9 febbraio 2006, n° 2: il venir meno, per
annullamento giurisdizionale, di atti che sono espressione di una posizione
di autorità, non rende rilevanti soltanto come “comportamenti” gli effetti
medio tempore prodottisi in loro esecuzione, ma ne fa concentrare la
cognizione dinanzi allo stesso giudice amministrativo, che verifica il
corretto esercizio del potere; la regola della concentrazione, davanti al
giudice dell’impugnazione, anche della cognizione della pretesa riparatoria,
“non conduce ad una diversa soluzione, quando la controversia sul
risarcimento sia prospettata con autonomo, e successivo, ricorso, ossia
dopo che il giudizio sul provvedimento si sia concluso e la relativa
decisione sia passata in giudicato. Ed, invero, il nesso fra illegittimità
dell’atto e responsabilità dell’autorità amministrativa che lo ha posto in
essere, non ha diversa natura, né è meno stretto o di diversa intensità se
le due questioni dibattute – quella di non conformità a legge della misura
autoritativa e quella di responsabilità per i danni che ne sono derivati –
sono esaminate e risolte in unico o in separati giudizi”.
Il
consesso
di
Palazzo
Spada
ha
così
espresso
un
orientamento
contrastante con quello riportato nella sentenza n. 1207/2006
delle
Sezioni Unite della Cassazione, la quale ha precisato che il privato resta
libero di scegliere tra la contestualità delle azioni, (annullamento e
49
risarcimento) o la separazione, poiché l’azione risarcitoria nel processo
amministrativo è un rimedio “in più”, un quid pluris: in quest’ultimo caso,
ottenuto l’annullamento, ben potrà il privato adire il Giudice ordinario per
la pretesa risarcitoria, in quanto il giudice ordinario è giudice in via
generale per il ristoro, (già in passato, così, si è parlato di diritto di credito
al risarcimento come pieno diritto soggettivo).
La riportata diversità d’indirizzo in tema di azioni risarcitorie autonome è
evidentemente potenzialmente produttiva di conseguenze sensibilmente
negative in termini di “certezza” del diritto.
II. TRIBUNALI AMMINISTATIVI REGIONALI
T.A.R. Campania, Sez. VI Napoli, sent. del 22 maggio 2006, n. 7302:
rientrano nella giurisdizione della Corte dei conti le controversie inerenti
l’attribuzione dei benefici stipendiali di cui agli artt. 117 e 120 del r.d.
3458/1928, spettanti al personale militare costituito da pubblici dipendenti
mutilati o invalidi per servizio, a condizione che le infermità o mutilazioni
siano state riconosciute dipendenti da causa di servizio ed ascritte o anche
semplicemente ascrivibili alle categorie di menomazione comprese tra la
prima e l'ottava della tabella A, poiché tali benefici, pur costituendo
differenze stipendiali riferite ad una fase del rapporto di lavoro, si
sviluppano in modo tale da influire sulla determinazione della pensione, in
special modo se questa è già in godimento.
E - CONTENZIOSO IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA
50
a. GIUDIZI DI RESPONSABILITÀ
a.1 premessa
La Sezione si è pronunciata con immutato rigore sulle fattispecie di
responsabilità gestoria sottoposte al suo esame, costituite talora da
atteggiamenti dolosi dei responsabili, ma più di frequente caratterizzate
da significativa negligenza degli agenti medesimi nei loro comportamenti
tali da evidenziare colpa grave.
La procura ha sovente ricollegato alle fattispecie di danno patrimoniale
oggetto delle pretese risarcitorie avanzate nel corso dell'anno 2006 sempre nel caso di illeciti aventi natura dolosa, ma sovente anche in
presenza di comportamenti connotati da colpa- anche ipotesi di danno
all'immagine. La Sezione ha affermato la sussistenza di tale peculiare
danno nella sentenza n. 1683/06, che ha rilevato la sua diretta derivabilità
dallo strepitus fori e dallo strepitus iudicii (condanna definitiva in sede
penale) causato da una vicenda di comportamenti delittuosi di alcuni
militari della Guardia di Finanza, negandola, invece, con le pronunce nn.
2866/06, 1742/06, 1618/06, sostenendo, in tali ultimi casi, l’inderogabile
necessità di far assistere la pretesa risarcitoria da congrui e precisi
elementi di prova.
La persistente mancanza di separazione tra politica ed amministrazione e
–per
converso–
all'inverosimile,
la
delle
ripartizione
competenze
fra
gli
relative
uffici,
a
frammentate
ciascuna
attività,
sino
che
caratterizza gli apparati amministrativi, determinano il concorso di più
soggetti nella produzione del danno, con conseguente notevole difficoltà,
51
per il requirente prima, e per la Sezione giudicante poi, nell'individuazione
e nella graduazione dei vari apporti causativi del danno.
Tuttavia, la Sezione ha mantenuto fermo l'orientamento, già chiaramente
espresso in precedenza, di respingere le richieste di integrazione del
contraddittorio a soggetti non convenuti in giudizio, che vengono ormai
introdotte nella quasi totalità delle difese dei convenuti, sui presupposti
della natura parziaria della responsabilità gestoria (fatta naturalmente
eccezione
per
le
residuali
ipotesi
di
litisconsorzio
necessario)
e
dell'attribuzione normativa al Requirente della competenza a valutare gli
elementi ed i presupposti sottesi alla vocatio in ius di un soggetto
piuttosto che di un altro, essendo invero rimesso soltanto alla procura
l'esercizio dell'azione di responsabilità gestoria.
Per converso, la disorganizzazione e la frammentarietà degli apparati
amministrativi costituisce sovente motivo di esercizio del potere riduttivo
degli addebiti, al quale peraltro viene fatto ricorso soltanto in presenza di
circostanze obiettivamente rilevabili in concreto, in ordine alle quali viene
sempre fornita dettagliata motivazione a corredo del provvedimento
finale.
I problemi di particolare rilievo che la Sezione ha affrontato nel corso
dell'anno 2006 hanno riguardato talune particolari e nuove figure di danno
-di cui oltre si riferirà, citando le pronunce che hanno statuito in merito- la
sussistenza di giurisdizione contabile su soggetti asseritamente non legati
da rapporti di servizio, nonché problematiche di carattere squisitamente
processuale ad oggi non unanimemente risolte. Infatti, con l'ordinanza n.
397/2006 sono state rimesse alle Sezioni Riunite di questa Corte le
52
seguenti questioni di massima: 1. se la sospensione feriale prevista
dall'art.1 della legge 7 ottobre 1969 n.742 si applica al
termine, non
inferiore a trenta giorni, assegnato, ai sensi dell'art. 5, comma 1, l. n.
19/1994 dal procuratore regionale al presunto responsabile per depositare
le proprie deduzioni ed eventuali documenti; 2. se la violazione del
termine di 120 giorni
previsto dal medesimo art. 5, decorrente dalla
scadenza del termine assegnato al presunto responsabile per depositare le
deduzioni, con conseguente inammissibilità dell'atto di citazione, sia
rilevabile d'ufficio dal giudice. Ciò, in quanto la Sezione ha rilevato la
perdurante sussistenza, su tali questioni, di orientamenti contrastanti, sia
fra le sezioni giurisdizionali regionali e sia fra quelle centrali, ed ha quindi
ritenuto che sia necessaria una pronuncia di chiaro indirizzo sui predetti
punti,
tale
da uniformare gli
orientamenti giurisprudenziali tuttora
contrastanti.
Per quanto, poi, concerne, l'applicazione concreta della disciplina in
materia di liquidazione delle spese legali, dettata dal decreto legge 30
settembre 2005 n° 203, convertito in legge 2 dicembre 2005 n° 248, art.
10-bis, comma 10, la Sezione, ferma restando l’autonomia valutativa di
ciascun magistrato nella disamina del caso concreto sottoposto di volta in
volta alla sua attenzione, ha adottato, in via non uniforme, ma soltanto
prevalente,
i
seguenti
orientamenti:
1.rapporto
di
reciproca
non
interferenza liquidazione giudiziale-rimborso stragiudiziale; 2.liquidabilità
d’ufficio;
3.natura
di
condanna
della
pronuncia
di
liquidazione;
4.riferimento della disposizione alla liquidazione dei soli diritti ed onorari.
In applicazione di tali principi, hanno positivamente statuito sul diritto dei
53
convenuti prosciolti nel merito al rimborso dei diritti e degli onorari del
giudizio le sentenze nn. 2864/06, 2723/06, 1965/06, 1963/06, 1614/06 e
1106/06.
Sul punto, è stato poi espressamente chiarito, con la sentenza n. 425/06,
che la disciplina di che trattasi non trova applicazione all'ipotesi di
assoluzione per prescrizione dell'azione risarcitoria.
Le condanne irrogate dalla Sezione - alcune delle quali appellate - durante
l’anno giudiziario 2006 ammontano nel complesso a € 1.915.769,32.
a.2 esame analitico delle pronunce
Una prima e consistente serie di fattispecie esaminate dalla Sezione (e
definite con sentenza nell'anno 2006) riguarda le ipotesi di c.d. danno
erariale indiretto, cagionato, cioè, dal presunto responsabile ad un terzo
nei cui confronti l’amministrazione è tenuta al risarcimento oppure al
rimborso di spese processuali.
Piuttosto numerose, come in passato, sono state, in particolare, le
pronunce relative a danni per occupazioni di urgenza di suoli privati, non
seguite
dalla
espropriazione
dei
beni
occupati
nei
termini
legali,
occupazioni che hanno comportato l'acquisizione del bene al patrimonio
comunale per occupazione acquisitiva e la condanna in sede civile delle
amministrazioni al pagamento del risarcimento del danno. Tali ipotesi di
danno -come già evidenziato in apertura dell'anno 2006- non possono,
invero, allo stato ritenersi in via di superamento, per il susseguirsi di
sentenze civili che liquidano i risarcimenti per occupazioni illegittime a
54
distanza di lungo tempo dalle condotte illecite, rendendo il danno erariale
concreto ed attuale (e quindi oggetto di pretesa risarcitoria azionabile dal
requirente) soltanto (ed ancora) in epoche molto recenti.
In tale ambito, spunti di rilevante novità rispetto a quanto espresso negli
anni precedenti, emergono, in particolare, dalla sentenza n. 1106/2006,
secondo la quale va esclusa, per difetto di nesso causale, la responsabilità
degli amministratori e dei dipendenti di un ente locale contestata dal
Requirente contabile con riguardo al mancato perfezionamento di una
espropriazione, laddove in origine non si sia provveduto alla fissazione dei
termini di inizio e compimento [dei lavori e delle espropriazioni],
circostanza questa idonea a configurare una occupazione usurpativa
dell'immobile, inficiante insanabilmente qualsiasi atto procedurale che
fosse stato comunque adottato al riguardo.
Ancora in ambito di danno indiretto, ulteriori elementi di particolare
interesse emergono dalla sentenza n. 447/06, nella quale si è statuito, in
applicazione degli artt. 1 (punto 28) e 4 del t.u. 30 giugno 1965 n° 1124 e
dell'art. 61 della legge 11 luglio 1980 n° 312, che rispetto all'infortunio
patito da uno studente in occasione dello svolgimento di attività ludica
durante l'orario scolastico -oggetto poi di condanna al risarcimento del
danno pronunciata in sede civile a carico dell'Amministrazione scolasticava affermata la responsabilità, a titolo di colpa grave, del docente che
abbia prestato il proprio consenso senza preoccuparsi di insegnare le
regole del gioco e di adottare cautele o misure organizzative volte a
evitare incidenti, restando di fatto fisicamente assente [nella fattispecie,
concernente
un insegnante di educazione fisica, la Sezione ha altresì
55
sottolineato che la medesima attività ludica esula dal novero di quelle
ammesse a copertura assicurativa, affermando pertanto l'irrilevanza della
mancata evocazione, nel giudizio promosso dall'infortunato, della Società
con la quale l'Istituzione scolastica aveva stipulato un contratto a
copertura dei rischi connessi allo svolgimento dell'attività didattica].
Vi sono state, poi, anche nell'anno 2006 varie sentenze relative a danni da
omessa manutenzione di beni pubblici, causativa di
danni a terzi, nelle
quali è stata ripetutamente ribadita la necessità di vedere assistita la
pretesa accusatoria da concreti riscontri probatori dell'elemento della
colpa grave, per potersi avvedutamente pervenire a pronuncia di
condanna, ed è stata talora esclusa la sussistenza del nesso di causalità
tra condotta di uno o più evocati in giudizio e danno derivato
dall'omissione di che trattasi.
Particolarmente rilevanti, peraltro, sono state nell'anno 2006 le pronunce
adottate dalla Sezione in ipotesi di c.d. danno erariale diretto, che si
concreta – com'è noto - non in una violazione della sfera giuridica di terzi
con accollo del relativo onere da parte dell’amministrazione, ma in una
lesione diretta della sfera patrimoniale dell’ente.
Più
specificamente,
ha
esaminato
un'ipotesi
di
danno
da
omessa
riscossione di sanzioni la sentenza n. 1682/06, secondo cui costituisce
danno
patrimoniale
il
mancato
introito
del
pagamento
delle
contravvenzioni stradali determinato dalla violazione delle procedure
(notifica dei verbali entro 150 giorni dall'infrazione, iscrizione a ruolo dei
verbali non spontaneamente oblati – con l'aggiunta delle sanzioni
56
conseguenti, consegna dei ruoli esecutivi al concessionario per la
riscossione – tenuto a sua volta alla notifica delle cartelle esattoriali)
dettate dalla normativa di settore ed accertata con sentenze rese dal
Giudice di Pace, imputabile a titolo di colpa grave al comandante dei vigili
urbani ed al capo sezione Unità Operativa Verbali, con riferimento alle
ipotesi di “danno per decadenza da omessa notificazione dei verbali ex art.
201 c.d.s.” e di “danno da intervenuta prescrizione di ruoli ex art. 28
legge 689/1981”, nonché, al medesimo titolo, alla società deputata alla
riscossione nell'ipotesi di “danno da intervenuta prescrizione dei ruoli e
delle cartelle esattoriali ex art. 28 legge 689/1981”.
Secondo la medesima pronuncia, dagli stessi comportamenti illeciti
discende, inoltre, la lesione dell'immagine dell'ente locale avente titolo
all'introito di che trattasi. La sentenza fa proprio l'orientamento già
espresso
dalla
Sezione
con
la
precedente
pronuncia
n.
687/05,
pervenendo alla condanna dei responsabili per complessivi € 132.000,00
(oltre interessi legali).
Vi sono state, poi, rilevanti ipotesi di danni da erogazione indebita di
spese. In tale ambito, va ricordata la sentenza n. 26/06, la quale ha
esaminato una particolare figura di danno, costituito dalla maggiore spesa
affrontata da una Azienda sanitaria locale per oneri pagati ad un centro
privato a fronte di singole tipologie di terapie riabilitative prestate in
eccedenza rispetto alla capacità operativa massima prefissata in sede di
accreditamento della struttura, pur se non sia stato superato il limite di
spesa
complessivamente
stabilito
medesima in regime di convenzione.
in
ordine
all’attività
svolta
dalla
57
Peraltro -a tenore della medesima pronuncia ed in accoglimento delle
argomentazioni rese dallo stesso requirente in sede dibattimentale- in
ipotesi di danno di tale tipologia, va esclusa la colpa grave del
responsabile dell’unità operativa per attività riabilitative dell’Azienda che,
alla luce della disciplina regolante la materia, non abbia avuto a
disposizione, nel periodo considerato, strumenti gestionali finalizzati al
controllo periodico del monte globale della prestazioni erogate.
Di particolare rilevo sono –sempre nell'ambito di varie fattispecie relative
ad indebita erogazione di spese– le pronunce che qui di seguito si
ricordano in sintesi.
Sentenze nn. 1710/06, 1711/06, 1734/06 e 1736/06, le quali hanno
affermato la sussistenza di danno erariale in presenza del fenomeno cd.
della “iperprescrittività” dei medici operanti in regime di convenzione
con le A.S.L.; il danno di che trattasi è stato individuato in connessione
con i profili di antigiuridicità della condotta prescrittiva scaturenti dalla
mancata rispondenza delle prescrizioni effettuate dal medico alle direttive
C.U.F. (Commissione Unica del Farmaco, istituita presso il Ministero della
Salute
dall'art.
7
d.lgs.
266/1993)
in
materia
di
condizioni
di
rimborsabilità, poiché da tale non rispondenza discende la disutilità della
spesa farmaceutica che ne deriva, nel senso che non risulta in tal modo
soddisfatto il requisito del beneficio terapeutico che la prescrizione medica
è preordinata a determinare per la collettività.
Il danno in questione è stato ritenuto imputabile ai medici che hanno
assunto la condotta contra ius che lo hanno provocato a titolo di colpa
grave, per aver disatteso l'obbligo di applicare le norme fondamentali che
58
disciplinano la prescrizione appropriata a finanziamento sostenibile a
carico del S.S.N., norme che avrebbero dovuto ben conoscere ed attuare
per quanto imposto loro dal contratto collettivo regolante la convenzione.
Di conseguenza, la responsabilità dei medici convenuti in giudizio per
analoghe fattispecie è stata affermata per l'intero importo azionato dal
requirente.
Sentenza n. 1915/06, per la quale l'illegittimo coevo svolgimento di
incarichi (nella fattispecie, quello di direttore provinciale ARPAC e quello di
medico convenzionato per la medicina generale con il S.S.N.) da parte di
un soggetto non dà automaticamente luogo a nocumento patrimoniale per
l'ente di appartenenza, dovendo tale depauperamento ritenersi sussistente
soltanto in presenza di adeguati riscontri probatori della non rispondenza
delle prestazioni agli standards quali-quantitativi attendibili.
Sentenza n. 2627/06, con cui si è rilevato che l'erogazione di compensi a
titolo di retribuzione di risultato ad alcuni dirigenti I.A.C.P. in contrasto
con le disposizioni all'uopo stabilite, costituisce danno pubblico, in quanto
determinante spesa non da effettuare secondo inesistenti automatismi e
produttiva di “ingiustificata sottrazione al monte-risorse degli anni
successivi di una corrispondente quota di finanziamento destinata per sua
natura ad alimentare la valorizzazione economica del conseguimento di
rinnovati obiettivi strategici per le future annualità”, imputabile a titolo di
colpa grave, per negligente mancanza di previa ed espressa formulazione
di obiettivi annuali da perseguire nel rispetto dei canoni normativi e
contrattuali, ai componenti del consiglio di amministrazione dell'I.A.C.P.
59
Sentenza n. 2628/06, con la quale si è statuito che: 1.è manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.lgs.
273/1989, che attribuisce l'indennità di udienza per l'esercizio delle
funzioni di P.M. nei procedimenti penali innanzi al Pretore soltanto ai vice
pretori onorari ed ai vice procuratori onorari e non ai funzionari di polizia
giudiziaria, essendo questi ultimi già legali alla PA da rapporto d'impiego e
quindi già retribuiti ed essendo comunque rimessa alla discrezionalità del
legislatore l'eventuale previsione di trattamenti economici differenziati; 2.
costituisce danno pubblico certo ed attuale l'attribuzione dell'indennità di
udienza di che trattasi ai funzionari di polizia giudiziaria in difformità dalla
predetta disposizione, stante l'irripetibilità delle somme in questione ai
sensi dell'art. 5 D.P.R. 115/2002, imputabile a titolo di colpa grave al
dirigente amministrativo
presso l'ufficio giudiziario ed al procuratore
generale presso il medesimo ufficio, il primo per aver ordinato la spesa di
che trattasi ed il secondo per averne disposto la liquidazione.
Infine, merita menzione la sentenza n. 2866/06, contenente la condanna
al risarcimento, nei confronti dell’amministrazione di appartenenza, di
700.000, 00 €, oltre oneri accessori, del presidente dell’ente danneggiato,
per aver consentito, con condotta connotata da dolo, che l’ente medesimo
intrattenesse
rapporti
contrattuali
con
imprese
di
vigilanza,
progressivamente ampliati e prolungati mediante proroghe, prescindenti
dalle reali necessità in tal senso.
Per quanto, poi, concerne, le pronunce relative a danni da responsabilità
più squisitamente contabile, va segnalata, fra le altre, la sentenza n.
60
1105/06, per la quale il diritto a compenso per lo svolgimento del
servizio di tesoreria di un ente locale è subordinato all'esistenza di un
contratto con forma scritta ad substantiam, mancando la quale il contratto
medesimo deve ritenersi radicalmente nullo, con la conseguenza che
dinanzi al Giudice non può essere azionata al riguardo alcuna pretesa [la
Sezione ha dato altresì atto che nella fattispecie risultava impossibile ex
art. 112 c.p.c. accertare eventuali responsabilità precontrattuali per
l'omessa stipulazione di tale contratto, ovvero la possibilità di fondare la
richiesta su diverso titolo (arricchimento, riconoscimento del debito o
altro)].
Infine, devono essere ricordate alcune pronunce che hanno esaminato
particolari problemi di rito, fra le quali richiedono menzione: 1) la
sentenza n. 864/2006, per la quale va dichiarata inammissibile, per difetto
di legittimazione attiva, l'azione risarcitoria proposta dal Requirente a
vantaggio di un soggetto istituzionale non titolare della posizione
sostanziale lesa, a nulla rilevando in proposito il principio di unitarietà
della finanza pubblica [la fattispecie concerneva il danno contestato agli
addetti alla Segreteria di una Facoltà universitaria con riguardo a
irregolarità compiute in materia di imposta di bollo]; 2) la sentenza n.
868/06, che ha evidenziato che nel giudizio di responsabilità contabile non
può trovare ingresso il diritto del convenuto a essere risarcito da terzi
garanti, neppure del resto azionabile finché non venga emessa una
pronuncia di condanna; pertanto non può essere accolta la richiesta di
integrazione del contraddittorio avanzata nei confronti di compagnie
61
assicurative con le quali siano state stipulato polizze a copertura di
eventuali danni erariali.
b. PROCEDIMENTI CAUTELARI
Nell'anno 2006 corpose e rilevanti, per i profili di merito prospettati, sono
state le richieste, finalizzate alla tutela di crediti erariali vantati a titolo di
responsabilità gestoria, di emissione di provvedimenti di sequestro della
procura regionale che la Sezione ha esaminato.
Tra i provvedimenti cautelari più rilevanti del 2006 possono citarsi:
Ordinanza n. 69/2006 - Nell’ipotesi in cui l’evento dannoso si sia verificato
in ragione di una pluralità di condotte, tutte necessariamente causative del
pregiudizio, poste in essere da soggetti incardinati presso enti pubblici
ubicati in diverse regioni, la Sezione competente per territorio a conoscere
della relativa richiesta risarcitoria va individuata, ex art. 20 c.p.c., con
riguardo
al
luogo
deputato
all’esecuzione
dell’obbligazione
(nella
fattispecie, concernente l’illecita gestione di finanziamenti di derivazione
statale destinati all’esecuzione di opere rimboschimento, il giudice
designato ex art. 5 legge n. 19 del 1994 ha escluso l’applicabilità del
principio fissato dalle Sezioni Riunite nella sentenza 13 febbraio 2002 n.
4/QM, inteso ad assegnare decisivo rilievo alla condotta risultante
ineliminabile per la produzione del nocumento).
Tale pronuncia, come appare evidente, ha esaminato il rilevante profilo
della competenza territoriale delle Sezioni in ipotesi di pluralità di condotte
causative del danno rilevato dal requirente, assunte da soggetti legati da
62
rapporto di servizio con enti pubblici aventi sede in diverse regioni,
pervenendo a conclusioni diverse da quelle prospettate dalla SS.RR.
Ordinanza del n. 95/2006 - Alla luce del recente, ma del tutto
accreditabile
orientamento
giurisprudenziale
(come
ultimamente
autorevolmente avallato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la
sentenza n. 4511 del 2006), va affermata la sussistenza del rapporto di
servizio con riferimento a fattispecie di irregolarità gestorie concernenti
fondi pubblici assegnati a privati, in guisa da doversi riconoscere la
sottoponibilità di tali soggetti alla giurisdizione contabile nel caso in cui
essi abbiano dato luogo, con la loro condotta (auto) certificativa, alla
erogazione del finanziamento.
Tale ultimo provvedimento ha ricevuto diffuso rilievo per i profili di
notevole novità afferenti la sussistenza del rapporto di servizio – il
soggetto il cui patrimonio è stato assoggettato a sequestro è un privato,
infatti – e, cioè, la sottoponibilità di fattispecie quali quella esaminata alla
giurisdizione contabile.
Ordinanza n° 134/06 - L'esistenza di una polizza fideiussoria, stipulata da
un soggetto destinatario di un sequestro conservativo, non vale ad
escludere il periculum in mora, in quanto il rapporto tra assicurato e
compagnia
assicuratrice
rimane
assolutamente
estraneo
al
giudizio
contabile, in cui esso non può essere né dedotto dall'interessato né
conosciuto dal Giudice [il Collegio ha osservato al riguardo che siffatto
rilievo presupporrebbe la possibilità, esclusa dalla vigente ripartizione della
63
giurisdizione, di accertare la disponibilità della compagnia assicuratrice di
mallevare il responsabile in caso di condanna del medesimo].
Il menzionato provvedimento ha aggiunto un tassello estremamente
rilevante
al
mosaico
dell'elaborazione
giurisprudenziale
contabile
in
materia cautelare, la quale assume speciale importanza in considerazione
della lacunosità delle norme specificamente dettate a sua disciplina e dei
conseguenti continui e numerosi dubbi circa la mutuabilità – di volta in
volta – delle norme del codice di procedura civile.
Ordinanza n° 104/06 - Il reclamo avverso un provvedimento cautelare
monocratico costituisce gravame “a critica libera”, nel senso che il giudizio
che si instaura innanzi al Collegio ha per oggetto l'intero thema
decidendum con pieno effetto devolutivo, sicché tale fase consiste in un
riesame e in una sorta di prosecuzione del procedimento che è nel suo
complesso unitario, con la conseguenza che la relativa pronuncia ha
efficacia sostitutiva dell'atto impugnato [nella fattispecie il Collegio ha
peraltro precisato che il riesame non può estendersi alla posizione dei
litisconsorti che non abbiano proposto gravame al riguardo] – In tema di
normativa applicabile [decreto legge 14 marzo 2005 n° 35, convertito in
legge 14 maggio 2005 n° 80; legge 28 dicembre 2005 n° 263; decreto
legge 30 dicembre 2005 n° 271], si è osservato che dall'unicità del
procedimento cautelare consegue che, laddove il giudizio sia stato
introdotto anteriormente al 1 marzo 2006, trovano applicazione alla fase
di reclamo le disposizioni del codice di rito previgenti alla riforma entrata
in vigore alla predetta data [nella fattispecie il Collegio ha dato altresì atto
64
che la stessa impugnativa era stata depositata anteriormente a tale
decorrenza] – In materia di limiti della cognizione, è stato poi rilevato che
la
concessione
di
un
provvedimento
cautelare
non
richiede
un
accertamento pieno del diritto azionato, ma una mera probabilità di
esistenza del medesimo, per cui anche indizi, che nel giudizio a cognizione
piena non assurgerebbero a prova presuntiva ex artt. 2727 segg. c.c.,
possono essere sufficienti a fondare la misura stessa [il Collegio ha
sottolineato che, qualora si potesse configurare una vera e propria
presunzione, essa costituirebbe prova a tutti gli effetti e vi sarebbe quindi
accertamento pieno e non mera probabilità della pretesa; quindi, nello
specifico, ha fatto riferimento ad elementi desunti
da un correlato
procedimento penale (richiesta di rinvio a giudizio e ordinanza cautelare
del Gip), rimarcando al riguardo che non vi era contestazione di parte
circa le specifiche circostanze di fatto
prospettate in quella sede] –
Ancora, con riguardo ai criteri di computo del danno e del lucro cessante,
si è evidenziato che la responsabilità amministrativa determina un debito
di valore e, quindi, nel momento di liquidazione del danno, l'integrale
risarcimento presuppone un meccanismo che attualizzi il pregiudizio
aggiungendo alla perdita del bene danneggiato [commisurata al suo
valore], la perdita [lucro cessante] determinata dal suo mancato uso per
un certo periodo [la fattispecie concerneva il danno derivato a enti
territoriali dalla mancata fruizione di prestazioni di natura forestaleidrogeologica in conseguenza della sottrazione dei fondi pubblici destinati
allo scopo e il lucro cessante è stato computato dal Requirente con
riguardo al rendimento medio dei titoli di Stato] -
Infine, per il caso di
65
mancata o negativa dichiarazione del terzo, è stato osservato che la
conferma,
la
modifica
o
la
revoca
del
provvedimento
cautelare
presidenziale non implicano una valutazione della esistenza o meno
dell'oggetto del sequestro [in particolare, sotto il profilo della omessa o
negativa dichiarazione di esistenza del credito da parte del terzo], ma solo
dei presupposti della cautela, ovvero dell'apparenza di un credito e del
fondato timore di perdere la garanzia patrimoniale; pertanto, attenendo la
problematica alla fase dell'esecuzione della misura, è stata riformata
l'ordinanza del Giudice designato che, a causa della mancata o negativa
dichiarazione del terzo, aveva revocato il decreto presidenziale, concessivo
della misura cautelare, nella parte in cui autorizzava il sequestro di
indennità e emolumenti.
Ordinanza n° 234/2006 – In tema di riduzione della misura cautelare,
richiesta ai sensi dell'art. 671 c.p.c., e cioè in sede di convalida del
sequestro, ove il valore dei beni sottoposti a cautela risulti esuberante
rispetto all'ammontare del credito fatto valere, deve ritenersi consentita la
riduzione della misura [nella fattispecie il Collegio, in sede di reclamo, ha
limitato il sequestro ai soli crediti vantati dal presunto responsabile nei
confronti dell'amministrazione danneggiata].
Ordinanza n. 235/2006 - In sede di convalida del sequestro, disposto in
una fattispecie cd. di “iperprescrittività” di farmaci da parte di medici
operanti in
regime di convenzione
con
una
A.s.l., deve
ritenersi
inaccoglibile l'istanza di riduzione al quinto della cautela disposta sui
66
compensi spettanti al medico in ragione dell'attività svolta in regime di
convenzione, in primo luogo perché la sentenza della Corte Costituzionale
n. 580/1989 ha escluso che il limite in tal senso disposto dall'art. 545
c.p.c. per i crediti da lavoro dipendente potesse essere esteso ai proventi
del rapporto convenzionale stipulato tra medico di base e S.S.N., ed in
secondo luogo perché l'art. 44 del D.P.R. 270/2000 (recante la disciplina
del rapporto di lavoro dei medici di base) consente l'esercizio della libera
professione
contemporaneamente
alla
prestazione
dell'opera
convenzionata a favore del S.S.N.
Ordinanze nn. 368/2006 e 369/2006 - E' inammissibile, ai sensi degli artt.
287 e 288 c.p.c., l'istanza di correzione dell'ordinanza di revoca di un
sequestro che non rechi in dispositivo l'ordine alla Conservatoria dei RR.II.
di cancellazione del sequestro sull'immobile oggetto di cautela, non
rappresentando tale integrazione una mera correzione –con conseguente
adottabilità del procedimento all'uopo disciplinato dal codice di rito– di
“vizi meramente formali derivanti da una divergenza evidente e facilmente
rettificabile tra l'ideazione o l'intendimento del giudice e la sua materiale
esteriorizzazione non incidente sul contenuto sostanziale della decisione” o
di semplici omissioni di statuizioni espresse in motivazione ma non
trasfuse nel dispositivo.
Ordinanza n. 439/2006 - In sede di revoca di sequestro conservativo,
deve ritenersi, stante il combinato disposto degli artt. 669-decies e 669septies c.p.c., che non integri “mutamento delle circostanze” o allegazione
67
di “nuove ragioni di fatto o di diritto” l'intervenuta pronuncia di sentenza
penale irrevocabile di assoluzione, non potendosi in sede di giudizio di
revoca della misura cautelare riesaminare circostanze (nella fattispecie, le
nuove prove emerse nel corso dell'istruttoria penale) già esaminate in
sede di convalida del sequestro, essendo le circostanze in questione
deducibili soltanto nel giudizio di merito, con conseguente inammissibilità,
sotto tale profilo, del ricorso per revoca della cautela.
Ordinanza n. 450/2006 - E' immeritevole di accoglimento l'istanza di
revoca del sequestro conservativo che si basi sull'avvenuta sospensione
del giudizio di responsabilità contabile e sulla revoca parziale delle cautele
disposte verso altri soggetti coinvolti nel medesimo giudizio a seguito di
proposizione di reclamo da parte dei medesimi, non integrando siffatte
circostanze alcun mutamento significativo ai sensi dell'art. 669-decies
c.p.c., dalle cui statuizioni è dato evincere che lo scopo della revoca da
esso disciplinata non consiste nel riesaminare complessivamente le
“ragioni poste alla base della decisione cautelare (riservata al rimedio del
reclamo)” ma nell'adeguare il provvedimento in questione ad una
situazione di fatto sostanzialmente mutata sotto i profili del fumus boni
iuris o del periculum in mora, mutamento sostanziale non integrato né
dalla sospensione del giudizio di responsabilità – che non costituisce
variazione della posizione sostanziale del convenuto – né dall'asserita
gravosità della trattenuta stipendiale – già valutata in sede di convalida
del sequestro e possibile motivo di reclamo.
68
Come si rileva agevolmente, la Sezione ha espresso nell'anno 2006 , in
materia cautelare, principi portatori di interessanti spunti di novità e dotati
di considerevole rilievo, sotto i diversi profili sia del rito e sia del merito,
sia, inoltre, in sede di convalida del sequestro, che nella successiva fase
del reclamo ed in quella ulteriore della revoca della cautela.
Le cautele complessivamente concesse in via definitiva (considerate anche
le riduzioni a seguito
di conferma parziale del decreto presidenziale)
ammontano ad € 8.099.238 circa. Alla concessione dei sequestri ha fatto
seguito una considerevole esecuzione degli stessi, con pignoramenti sia
immobiliari che di crediti (sia presso istituti di credito che presso gli enti
datori di lavoro e/o previdenziali), che renderebbero eseguibili e fruttuose
le eventuali condanne nel merito, se la fase esecutiva fosse seguita con la
debita attenzione dalle amministrazioni danneggiate.
c. PROCEDIMENTI DI PROROGA
Nell’esercizio dell’attività ordinatoria riguardante istanze di proroga del
termine di emissione della citazione, a seguito di invito a dedurre,
presentate nell’anno 2006 dall’Ufficio Requirente, la Sezione ha proseguito
nell’attento uso di tale potere, limitandolo ai casi in cui effettivamente le
istanze del requirente sono risultate congruamente motivate e supportate
da comprovate necessità istruttorie, nella rimarcata convinzione della
perentorietà -e della conseguente sostanziale inderogabilità- del predetto
termine, inteso a tutelare le posizioni giuridiche soggettive incise
69
dall’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile, cui
l’attività d’indagine del requirente contabile –così regolamentata– prelude.
In particolare, si segnalano il decreto di proroga n. 4/06, nel quale, pur
procedendosi all’accoglimento dell’istanza, perché assistita da congrua ed
apprezzabile motivazione, si è espressamente rilevato che la fase
preprocessuale del giudizio contabile è governata da principi di celerità
della relativa conclusione; principio, quest’ultimo, che è stato tenuto in
particolare considerazione ove si sia concessa una seconda proroga del
temine in questione (cfr. decreto n. 1/06).
In applicazione del medesimo principio, in due circostanze l’istanza è stata
solo parzialmente accolta, con conseguente riduzione del periodo di
proroga richiesto dalla procura (decreti nn. 12/06 e 12bis/06).
Mantenendo
fermo
l’orientamento
espresso
nel
porre
particolare
attenzione al contenimento della durata della fase istruttoria, la Sezione
ha
respinto
l’istanza
di
proroga,
perché
assistita
da
insufficiente
motivazione con i decreti nn. 7/06, 8/06 e 9/06.
Infine, con il decreto n. 5/06 l’istanza dell’Ufficio Requirente è stata
rigettata perché tadivamente depositata. Sul punto, peraltro, merita
specifica menzione il decreto n. 6/06, concessivo della richiesta proroga
solo con riferimento ai soggetti invitati a dedurre per i quali il termine
perentorio di centoventi giorni per l’emissione dell’atto di citazione
stabilito dall’art. 5, 1° comma, legge 14 gennaio 1994 n. 19 non era
ancora scaduto al momento della presentazione dell’istanza e negativo per
gli altri, con ciò confermando le differenze sull’indirizzo (riportato ed
accolto nella decisione n. 1/2005/QM delle SS.RR.), secondo cui il predetto
70
termine deve farsi unitariamente decorrere dalla data desumibile da quella
della notifica dell’ultimo invito a dedurre.
d. GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE
Anche nel 2006 i giudizi ad istanza di parte, non particolarmente
numerosi, hanno avuto per lo più ad oggetto la materia di rimborso di
quote inesigibili delle esattorie di una certa rilevanza giuridica e
patrimoniale.
In particolare, fra i provvedimenti di definizione dei giudizi, si segnala la
sentenza n. 889/06, secondo cui, ai sensi dell'art. 17 legge 30 dicembre
1991 n° 413, non sono dovuti interessi corrispettivi nel periodo intercorso
fino all'adozione del provvedimento di liquidazione della sorte capitale, che
riveste natura costitutiva [il Collegio ha disatteso la tesi di parte secondo
la quale il dies a quo per il calcolo dei benefici andrebbe individuato con
riguardo alla data del 30 novembre 1992 prevista dal Legislatore per il
compimento delle procedure amministrative di controllo, osservando che
in materia trova comunque applicazione la disciplina recata dal dPR 28
gennaio1988 n° 43] - Sulle somme dovute a titolo di rimborso di quote di
tributi inesigibili, ai sensi dell'art. 17 legge 30 dicembre 1991 n° 413, non
sono dovuti interessi moratori nel periodo intercorso fino all'adozione del
provvedimento di liquidazione della sorte capitale [il Collegio ha osservato
che in materia trova applicazione in divieto recato dall'art. 74 dPR 28
gennaio1988 n° 43 e che, nel caso di specie, non risultava comunque
provato un colpevole ritardo dell'amministrazione conseguente a una sua
valida costituzione in mora] - Va disattesa l'istanza, promossa in via
71
giudiziale
nei
confronti
dell'amministrazione
finanziaria,
intesa
al
riconoscimento di interessi corrispettivi e moratori, sulle somme dovute a
titolo di rimborso di quote di tributi inesigibili ai sensi dell'art. 17 legge 30
dicembre 1991 n° 413, per il periodo intercorso dall'adozione del
provvedimento di liquidazione fino al pagamento della sorte capitale,
atteso che tale ultimo adempimento compete al concessionario della
riscossione [il Collegio ha dato altresì atto che nella fattispecie non
risultava provato che il ritardo fosse dovuto a un colpevole inadempimento
dell'Autorità convenuta in giudizio] - Va disattesa l'istanza, promossa in
via giudiziale nei confronti dell'amministrazione finanziaria, intesa al
riconoscimento di interessi sulle somme maturate a titolo di aggio
esattoriale, laddove la richiesta riguardi le quote trattenute direttamente
dal ricevitore provinciale sugli importi versati dall'esattore in base
all'obbligo del non riscosso per riscosso e poi dichiarati inesigibili.
Inoltre, vi è stata una pronuncia d’inammissibilità dell’istanza introduttiva
del giudizio (sentenza n. 1736/06), perché avente ad oggetto non una
richiesta di carattere eminentemente ripristinatorio, bensì una domanda di
risarcimento
di
danni,
avanzata
dal
Comune
nei
confronti
del
concessionario del servizio di riscossione di un’imposta.
Le sentenze nn. 2345/06 e 2347/06, invece, hanno statuito il rigetto
dell’istanza di restituzione di importi anticipati dall’ente impositore,
rimarcando il principio, che la Sezione ha già fatto decisamente proprio in
passato, secondo cui, trattandosi appunto di giudizio “ad istanza di parte”,
“al giudice contabile è interdetta una pronuncia di accoglimento senza che
sia acquisita la prova dell’effettiva sussistenza degli elementi costitutivi
72
della pretesa azionata”, non potendo il giudice di merito, oltretutto,
ordinare alcuna acquisizione di prove al di fuori delle ipotesi e dei limiti di
cui agli artt. 118 e da 210 a 231 c.p.c..
e. GIUDIZI DI CONTO
I giudizi di conto costituiscono la prima competenza della nostra
Istituzione -da cui ha derivato la stessa denominazione- derivante da una
sua
caratteristica
ed
antica
missione
consistente
nella
verifica
giurisdizionale delle risultanze contabili delle gestioni pubbliche attraverso
quel particolare tipo di processo denominato giudizio di conto .
Va ribadito che tale competenza soddisfa una delle esigenze fondamentali
presenti in ogni organizzazione, tanto più pubblica, che è quella di avere
certezza sulla realtà dei flussi finanziari di cassa e della consistenza
patrimoniale.
L’esame dei documenti rappresentativi delle gestioni e l’accertamento
della loro regolarità rendono trasparente la delicata gestione di coloro che,
avendo la disponibilità materiale di denaro e di altri valori pubblici,
costituiscono la base del sistema contabile e finanziario .
Il giudizio di conto concerne infatti tutti coloro che, avendo avuto
maneggio di pubblico denaro e di altri valori pubblici, devono, a
determinate cadenze temporali, rendere il conto della regolarità della
relativa gestione.
Sulla base di quanto già messo in rilievo nella relazione per l’anno
giudiziario 2005, l’attività dell’Ufficio dei magistrati relatori è proseguita
73
nell’esame dei conti giudiziali degli agenti contabili principali e/o secondari
che hanno gestito parte del flusso di denaro confluito nelle casse delle
Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere a seguito del
pagamento dei tickets da parte degli assistiti.
Va, però, rilevato che a causa delle pressanti esigenze connesse allo
smaltimento dell’arretrato pensionistico, a far tempo dal luglio del 2006,
l’attività dell’Ufficio conti giudiziali è stata momentaneamente sospesa e
sono state trattate le sole questioni di particolare urgenza e rilevanza.
Era invalsa, per il passato, nelle predette Aziende sanitarie, l’abitudine,
da parte dei citati contabili, di non far corrispondere un tempestivo
versamento nella rispettiva tesorieria degli incassi realizzati, con perdita
di interessi oggetto di convenzione, per il periodo di mancato deposito, ed
il rischio aggiuntivo di sottrazione da parte di terzi o smarrimento delle
relative somme.
Fenomeno analogo –che ha evidenziato una nuova figura di contabile
interno, quella del medico che opera in regime di intramoenia– ha
riguardato, appunto, i citati sanitari, i quali, quasi sempre, provvedevano
a versare nelle casse delle Aziende, con ritardi anche di mesi, parte degli
importi incassati.
Va al proposito tenuto presente che spesso il medico non era a
conoscenza della vigenza di norme giuscontabili che, proprio in relazione
alla funzione svolta in siffatto tipo di attività, qualificava loro come
contabili interni
Comunque detti anomali comportamenti hanno richiamato la particolare
attenzione dei magistrati relatori, i quali, soprattutto in sede di attività
74
istruttoria, hanno formulato numerosi rilievi intesi non solo ad acquisire la
completa documentazione della gestione contabile de qua, ma finanche un
tempestivo
deposito
dei
conti,
con
relativa
prova
degli
effettuati
versamenti entro i termini di convenzione o di regolamento, obbligo
purtroppo spesso disatteso in passato, anche a causa della scarsa
attenzione dei dirigenti responsabili delle Aziende stesse.
Non può sfuggire al riguardo la circostanza –di essenziale rilevanza– che
l’intervento dell’Ufficio dei conti giudiziali, in un campo, come quello delle
AA.SS.LL., ha sostanzialmente rettificato uno squilibrio perverso relativo
alla gestione del pubblico denaro, che si era andato formando e
strutturando negli anni anteriori al 2005; infatti le dette Aziende (e prima
ancora
le
UU.SS.LL.)
avevano
operato
in
un
contesto
di
scarsa
considerazione della normativa di riferimento, tanto che in alcuni casi si
era ritenuto che la stessa –con l’obbligo di resa del conto del connesso
giudizio di questa Corte– non riguardasse addirittura le Aziende sanitarie,
pur gestendo esse pubblico denaro.
Le
numerose
istruttorie
ed
il
pur
cospicuo
numero
di sentenze
dichiarative di irregolarità hanno tuttavia dato luogo, ad iniziare dall’anno
2005, ad una decisiva “svolta” in termini di ritorno al rispetto delle regole
del diritto; i risultati sono stati soddisfacenti, non tanto sotto il profilo
formale, ma soprattutto sostanziale nella tutela della integrità degli
istituti, e in buona sostanza, della più oculata gestione del bilancio degli
enti stessi che hanno impostato una politica di maggiore fermezza nel
perseguimento del fine della “regolarità gestoria”.
L’esame dei conti presentati dagli agenti contabili de quibus ha
75
indirettamente evidenziato, inoltre, -e di ciò è stata fatta formale
segnalazione all’ufficio del procuratore regionale- una massa di introiti
troppo limitata per pagamento di tickets, da parte degli assistiti, ove si
consideri che la vigente normativa è da ritenersi sostanzialmente
restrittiva a fini di esenzione.
Stessa osservazione va formulata a seguito di un primo esame dei
bollettari consegnati dalle varie AA.SS.LL. ai medici in regime di
intramoenia; esame che non raramente ha messo in rilievo una
improbabile “stasi operativa” degli stessi, che meriterebbe una indagine
approfondita, perlomeno nelle sedi preposte a garantire il rispetto delle
norme regolamentari concernenti la materia in questione, non potendosi
avallare un sistematico ricorso all’istituto della “supplenza indiretta, o
incidentale”, come avvenuto nei casi in esame.
Si ritiene di segnalare, fra le varie sentenze adottate da questa Sezione
nella materia in esame, quella contrassegnata dal n. 1066/06 che ha
affrontato una questione di legittimità costituzionale strettamente legata
alla funzione del magistrato relatore.
Partendo dal contenuto del novellato art. 111 della Costituzione, era
stata eccepita il difetto di terzietà del predetto magistrato nella duplice
veste, da un lato, di istruttore e sottoscrittore della prescritta relazione
con la quale –in caso di ipotesi di irregolarità del conto– si rimettono gli
atti al Collegio giudicante per i provvedimenti di competenza, e dall’altro
di componente lo stesso Collegio con funzione di relatore sullo stesso
conto e connessi rilievi.
76
Si è però ritenuto –al di là dell’analogia con il giudizio civile, in cui il
giudice istruttore svolge in sede collegiale il ruolo di relatore- che la
peculiarità del giudizio di conto –nel quale il contabile è ritenuto costituito
in
giudizio
nel
momento
in
cui
deposita
il
documento
contabile
rappresentativo della avvenuta gestione– non consente un’integrale
sovrapposizione con gli altri tipi di giudizio, ciò in quanto il fine di una
giusta e corretta pronunzia del Giudice, sulla base spesso di una
approfondita indagine istruttoria di tutto il complesso carteggio prodotto o
acquisito, può essere integralmente realizzato solamente tramite la
strutturazione di un sistema, di indubbia garanzia per il contabile, che
prevede la presenza di un componente stesso –responsabile di un ufficio
supportato da funzionari specializzati– anche nella fase preliminare
dell’esame del conto da parte del Collegio, il quale opera e decide in un
contesto di totale autonomia, svincolata del tutto rispetto all’avviso del
magistrato che, nel depositare la predetta relazione, pone in essere una
esclusiva attività di impulso processuale.
In linea di massima è stata confermata, nella gran parte dei casi
esaminati,
l’accentuata
disomogeneità
documentale,
la
mancata
individuazione precisa dei soggetti rivestenti la qualifica di agente
contabile nei vari settori operativi e la tendenza a non presentare i conti
giudiziali quasi avessero solo valenza interna.
Quanto ai rilevati ritardi nei versamenti in tesoreria sono già stati
instaurati e definiti anche nel 2006 numerosi giudizi, che hanno
riscontrato l’irregolarità di gestioni contabili, rinviandosi in gran parte al
77
procuratore regionale l’eventuale instaurazione dei conseguenti giudizi di
responsabilità per i pregiudizi finanziari emersi dall’esame suddetto.
A prescindere dall’esito di tutti questi procedimenti, è certo che le aziende
sanitarie hanno ricevuto uno stimolo ad una maggiore attenzione nei
confronti degli evidenziati aspetti gestionali con un evidente beneficio della
Comunità.
Sintomo di tale nuova attenzione indotta da tale azione di verifica nelle
aziende sanitarie della regione Campania è l’adozione in atto, a distanza di
quattordici anni dalla loro istituzione, di puntuali regolamenti nella materia
de qua.
Tutta questa azione è in ultima analisi mirata a provocare una maggiore
coscienza della necessità di rispettare le risorse provenienti dai cittadini
sin dalla loro origine.
Va segnalato che la maggioranza delle sentenze rese, nel dichiarare
l’irregolarità delle gestioni contabili, tuttavia non hanno dato luogo a
condanne risarcitorie, ma a rimessione degli atti al procuratore regionale
per l’accertamento in concreto di danni astrattamente configurati, che
avevano
l’idoneità
a
coinvolgere
anche
altri
soggetti
a
titolo
di
responsabilità contabile ed amministrativa.
Infatti la nuova conformazione delle pubbliche amministrazioni, che hanno
assunto una maggiore complessità dei loro apparati organizzatori, ha
richiesto un adeguamento concettuale della stessa nozione di agente
contabile, cioè del soggetto che ha la disponibilità materiale di denaro e di
altri valori di proprietà dell’amministrazione.
78
Ormai anche le strutture anche locali presentano stratificazioni di organi
gerarchicamente
ordinati
per
la
gestione
contabile,
analogamente
all’amministrazione statale .
Pertanto la difficoltà che si è dovuta affrontare, specie nell’esame delle
gestioni delle aziende sanitarie locali, è consistita nell’individuazione dei
soggetti con la qualifica di agenti contabili e di coloro tra di essi cui
imputare l’obbligo di presentazione del conto giudiziale.
Relativamente a quest’ultimo problema è stato affermato che destinatario
di siffatto obbligo sia il responsabile, anche di solo fatto, dell’intera
gestione contabile del segmento amministrativo de quo. Tale criterio
consente una rappresentazione complessiva in un unico documento della
vicenda.
Le difficoltà sono risultate maggiori a causa della mancanza di puntuale
disciplina della materia attraverso la regolamentazione amministrativa.
Si è riscontrata una struttura gerarchica abbastanza articolata nelle
Aziende Sanitarie campane, specie relativamente alla riscossione dei
tickets e simili prebende ed al versamento delle somme incassate.
In linea di massima si è ritenuto che trovasse applicazione il modulo
previsto dall’art.188 R.D. n.2440/1923, costituito dalla individuazione,
anche solo di fatto, di un soggetto, da qualificarsi agente contabile, che si
serve di una pluralità di altri soggetti in posizione subordinata (siano essi
cassieri, impiegati o commessi), da qualificarsi “fiduciari” in ragione del
particolare rapporto che li lega all’agente, senza che abbia rilevanza
alcuna la circostanza che questi ultimi siano o meno individuati dalla
stessa amministrazione; in tale modo si realizza una dissociazione tra
79
soggetti che materialmente compiono operazioni contabili (es.riscossione,
versamento, pagamento, conservazione, ecc.) e soggetto responsabile
dell’intera
gestione,
che
risponde
sempre
dell’operato
dei
propri
dipendenti e collaboratori.
Solo
in
rari
casi,
in
cui
l’amministrazione
aveva
provveduto
alla
regolamentazione, si è riscontrato il più elaborato modulo organizzatorio,
previsto
dall’art.192
R.D.
n.2440/1923,
ricorrente
laddove
l’amministrazione abbia preventivamente diviso, in diritto o solo in fatto, i
compiti relativi alla gestione de qua tra un soggetto qualificato come
contabile principale e una pluralità di altri soggetti qualificati come
contabili secondari, talché si determina una confluenza delle gestioni di
questi ultimi in quella complessiva del primo, con una conseguente
concentrazione delle contabilità secondarie in una principale; la legge si
preoccupa di tenere comunque distinte nei rapporti interni le suddette
gestioni, stabilendo al 2° comma che i contabili principali non rispondono
dei fatti dei contabili secondari, salvo che siano essi stessi imputabili di
colpa o di trascuratezza.
Su tale punto ha avuto modo di pronunciarsi con numerose sentenze
questa Sezione.
In particolare, si ricordano le decisioni dal n.449/06 al n.464/06 del 27
marzo 2006 (ASL NA/2), nonché dal n.782/06 al 795/06 del 9 maggio
2006 (ASL NA/2) e dal n.1286/06 al n.1338/06 (ASL CE/1 e ASL Avellino)
del 18-19 luglio 2006 -che hanno affermato l’irregolarità dei conti
esaminati e la astratta configurabilità della responsabilità contabile degli
80
agenti interni della riscossione per il ritardato versamento in tesoreria
degli introiti dipendenti da prestazioni sanitarie richieste.
Le aziende sanitarie locali, anche a seguito delle pronunce de quibus,
hanno provveduto a colmare il vuoti di normazione interna sugli aspetti
suevidenziati. Va dato atto al proposito che di recente la A.S.L. Salerno/2,
con deliberazione n.889 del 6.11.2006, ha approvato il regolamento di
riscossione entrate, disciplinando l’individuazione della figura dell’agente
contabile nei termini indicati da questa Corte.
f) GIUDIZI PER RESA DI CONTO
Va, nella materia dei giudizi cosiddetti di “resa di conto”,
evidenziata la circostanza che, dopo i numerosi interventi del Collegio
negli anni decorsi, si è ridotto sensibilmente il numero delle inadempienze
contestate dalla procura regionale nella materia concernente la gestione
dei fondi di cui al D.L. 219/1981 (ricostruzione e sviluppo dei territori
colpiti dal sisma del Novembre 1980 e Febbraio 1981).
L’acquisizione dei documenti contabili di riferimento, a seguito di
ordinanze di questa Sezione, ha complessivamente posto in rilievo –con
specifico esclusivo riferimento agli obblighi di rendicontazione– una
gestione contabile delle risorse sostanzialmente in linea con le prescrizioni
delle stipulate convenzioni fra enti locali e tesorieri.
F - CONTENZIOSO IN MATERIA PREVIDENZIALE
1) Considerazioni generali
81
Nel corso dell’anno 2006 la Sezione, ancor più che negli anni precedenti, è
stata particolarmente impegnata sul fronte del contenzioso previdenziale,
in considerazione dell’elevato numero di ricorsi giacenti, pervenuti dalla
sede centrale, dopo la riforma del 1993. A detti gravami vanno aggiunti
tutti quelli prodotti direttamente a questa Sezione decentrata in circa
tredici anni (con una media che, negli ultimi anni, è stata di circa 200
ricorsi al mese, e ciò con particolare riferimento al contenzioso per
pensioni civili e militari).
Un dato eloquente in termini statistici è rappresentato dal numero dei
giudizi definiti con sentenza nel 2006, pari a 2813, a fronte di n. 2148
giudizi nuovi promossi con ricorsi depositati in segreteria .
E’, indubbiamente, la conseguenza di un’esasperata propensione al
contenzioso -presente soprattutto nelle regioni meridionali, che invoglia
alla contestazione, in sede giudiziaria, in un contesto agevolato dalla
gratuità del gravame- afferente qualsiasi provvedimento, anche il più
ordinario adottato dalla pubblica amministrazione.
Ciò comporta ex adverso un ritardato riconoscimento della fondatezza
della pretesa di quei cittadini che invece sono portatori di “istanze”
fondate, percentuale che, comunque, è inferiore al 10% del totale dei
ricorsi.
Va
evidenziato
che
il
citato
grave
ed
endemico
problema
della
eliminazione dell’arretrato è stato oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di
particolare attenzione sia a livello centrale che presso questa Sezione.
E’ stato ampiamente documentato, con dati chiari ed inequivocabili e con
“proiezioni” attendibili per il futuro, che solamente una parte dei gravami
82
giacenti, nei prossimi cinque anni potrà essere definita; e ciò non
consentirà l’azzeramento della mole di arretrato, in considerazione del
fatto –come già precedentemente osservato– che parte dei ricorsi definiti
è sostituita da ricorsi nuovi, motivo per cui –in assenza di interventi
organizzativi di carattere straordinario- il problema difficilmente troverà
una definitiva soluzione.
La questione è da diverso tempo all’esame del Consiglio di Presidenza e
del Segretariato Generale della Corte dei conti, in considerazione –per la
competenza di quest’ultimo– del fatto che è stata più volte prospettata la
necessità perlomeno di colmare i vuoti verificatisi in quest’ultimo periodo
nell’organico del personale amministrativo –supporto indispensabile dei
Giudici monocratici ed in atto gravato ai limiti dello stress-; vuoti che –può
a giusta ragione affermarsi–, ove rimanessero tali, renderebbero persino
inutile un provvisorio aumento della dotazione organica dei magistrati
assegnati alla Sezione.
Ciò,
anche
in
considerazione
della
peculiarità
del
nuovo
sistema
informatico che, indubbiamente più perfezionato, richiede ora un tempo di
trattazione medio per ogni giudizio (anche per la semplice procedura di
estinzione di cui all’art. 5 (3) della L. 205/2000) nettamente superiore
rispetto al recente passato.
Quanto alla valutazione dei risultati della riforma di cui alla legge n. 205
del 21 luglio 2000, istitutiva del Giudice unico delle pensioni -anche al fine
di incrementare la produttività nel settore in termini di “resa” annuale-, va
osservato che, dopo sei anni, l’intento di accelerare la definizione dei
giudizi di primo grado non può dirsi affatto raggiunto, in quanto i
83
magistrati componenti dei collegi, divenuti Giudici monocratici, hanno
continuato ad esaminare lo stesso numero di ricorsi e, quindi, hanno
sostanzialmente garantito la stessa produttività degli anni precedenti.
D’altronde, al di là della indiscutibile buona volontà e di un impegno
superiore alla media, sussistono limiti oggettivi alle possibilità per i singoli
magistrati di esaminare vicende spesso intricate e poco documentate,
adottando decisioni misurate con redazione di sentenze munite di una
motivazione minimamente accettabile .
Una tale annotazione potrebbe anche indurre a ritenere preferibile un
ritorno alla collegialità in primo grado che garantirebbe, sia per le
questioni di fatto che per quelle di diritto, una più ponderata decisione. La
prospettata soluzione de iure condendo consentirebbe invero di riportare
l’unità del sistema processuale, eliminando la discrasia dell’attribuzione del
giudizio di merito al Giudice unico e del giudizio cautelare della
competenza del Collegio : discrasia che, peraltro, è stata ritenuta coerente
con la Costituzione, non ponendosi in irragionevole violazione del principio
del giudice naturale (Corte Costituzionale – ordinanza n. 343 del 24
ottobre 2001) .
E che dalla riforma non sia conseguito un aumento della produttività è
avvalorato da una statistica a carattere nazionale, come emerso nel
Convegno di studio organizzato a Firenze dalla Sezione Toscana il 14
ottobre 2006, su realtà e prospettive della giurisdizione pensionistica,
dalla quale emerge, addirittura, una flessione cospicua e continua del
numero dei giudizi definiti, passato da 52.943 nell’anno 2000 a 31.618 nel
2005.
84
Il
dato,
tuttavia,
se
conferma
quanto
innanzi
osservato
sulla
improduttività della riforma relativa alla introduzione del Giudice unico,
appare fuorviante in quanto evidenzierebbe una ridotta produttività del
Giudice monocratico (- 40%) rispetto a quello collegiale, circostanza che
non
troverebbe
spiegazione
alcuna
nella
fredda
ed
asettica
(ma
apparente) eloquenza dei numeri.
Deve, quindi, attendibilmente ipotizzarsi che alcune Sezioni regionali –
oberate da una massa minore di ricorsi arretrati rispetto ad altre– abbiano
avuto la possibilità di eliminare, nel periodo 1994-2000, buona parte del
carico complessivo, così che dal 2001 il contributo dei singoli Giudici
monocratici assegnati alle Sezioni stesse è stato “a fortiori” più ridotto.
2) Pensioni di guerra
Entrando, brevemente, nel merito del contenzioso “previdenziale”, nel
senso lato del termine, non può quest’anno non privilegiarsi qualche
osservazione relativa ai gravami per negata o limitata concessione di
pensione di guerra.
Sembra veramente paradossale, nell’anno 2007, riferirsi a ricorsi pendenti
con riferimento ad eventi bellici verificatisi più di sessanta anni addietro;
ma questa traumatica realtà è ancora presente in questo ambito
regionale, anche se relativa a poche centinaia di ricorsi.
Il dato statistico che emerge dalla lettura della apposita tabella riportata in
calce alla precedente relazione relativa al 2005 riportava un numero in sé
preoccupante di ricorsi pendenti al 31 Dicembre, pari a n. 11875.
A ben guardare, però, oltre il 90% degli stessi riguarda giudizi in corso,
ma in attesa di estinzione (per decesso degli interessati e mancata
85
riassunzione da parte degli eredi, ovvero per mancata o intempestiva
richiesta di prosecuzione), per il tramite di decreti presidenziali, come già
avvenuto in numerosissimi casi (nell’anno 2006 sono stati adottati 4425
decreti di estinzione e 2455 decreti di interruzione per morte dei
ricorrenti).
Il dato, quindi, esattamente riportato nella apposita tabella della presente
relazione, di n. 8221 ricorsi in attesa di trattazione, è fuorviante in quanto
può ragionevolmente ritenersi che i ricorsi ancora esaminabili dai giudici
unici non superino le 500-600 unità.
Una tale situazione –bisogna riconoscerlo per onestà intellettuale– non
può essere tuttavia motivo di particolare soddisfazione.
Tanti decenni trascorsi dalla prima legge organica nella materia de qua,
risalente al 1950, con ricorrenti nella vana attesa di una pronunzia sulla
fondatezza o meno degli interposti gravami, ha generato giusto sconforto
e disappunto.
Ma la questione, almeno per coloro che ben conoscono la materia, è
particolarmente complessa e trova le sue lontane e “perverse” radici in un
insieme interconnesso di cause.
In primo luogo: la grossa mole di ricorsi, soprattutto nel meridione, a suo
tempo prodotta in considerazione del fatto che moltissimi reduci dai vari
fronti bellici hanno ritenuto di accampare pretese di indennizzo per
infermità o lesioni di ogni tipo, ritenendo –a giusta ragione, sotto un
determinato profilo– che il solo titolo di partecipazione al conflitto potesse
essere invocato, quale causa diretta o indiretta delle allegate patologie a
causa dei patimenti subiti.
86
A ciò si aggiungono altre non irrilevanti considerazioni relative soprattutto
all’inadeguatezza della normativa di riferimento, a partire dalla L.
648/1950, che ha reso particolarmente difficile ed onerosa la prova della
dipendenza delle lamentate infermità, in un contesto spesso di gravi o
insormontabili difficoltà di acquisizione di documentazione probatoria dei
subiti ricoveri, ciò soprattutto per le strutture sanitarie (Ospedali, ospedali
da campo, infermerie) a suo tempo allocate in terra d’Africa, in Russia, in
Albania, in Grecia, etc. ed ancor di più nei lontani campi di prigionia in
Germania, India, Sud-Africa.
Sarebbe stato, quindi, indispensabile –allo scopo di evitare improduttive
ordinanze istruttorie, soprattutto da parte delle soppresse Sezioni speciali
in Roma- varare una normativa di favore che, magari, affermasse la
presunzione di dipendenza –salva documentata prova contraria da parte
dell’amministrazione– per le affezioni diagnosticate entro il quinquennio
dal rientro in patria del militare; invece il Legislatore ha operato in una
ottica di particolare intransigenza, affidando le strategie di riduzione
dell’arretrato a due revisioni amministrative (nel 1961 e 1971) –che non
hanno sortito alcun effetto benefico–, mentre avrebbe potuto operare in
via transattiva perlomeno per coloro che allegavano non documentate o
documentabili infermità contratte fuori dal territorio nazionale.
A rendere più onerosa l’eliminazione del cospicuo carico dei ricorsi
pendenti per molti decenni in sede centrale, ove operavano cinque
Sezioni, e, poi, dal 1994 in sede periferica, è la complessità dei giudizi
stessi –ai quali, fino al 1993, ha partecipato la Procura generale in veste di
“concludente”, prima con atto scritto (e previe relative indagini istruttorie)
87
e, poi, oralmente, in udienza–, i quali, per il relativo “tecnicismo” (i
gravami sono quasi tutti impostati su questioni di carattere medico-legale)
hanno richiesto e richiedono la formulazione di pareri, con o senza
effettuazione di visite mediche, da parte di Organi di consulenza medica,
particolarmente qualificati (Collegio medico legale presso il Ministero della
difesa o Ufficio medico legale presso il Ministero della salute) e presenti
esclusivamente in sede romana.
Si ritiene di osservare che una astratta statistica relativa a tutta la
tipologia di infermità allegate dagli ex combattenti evidenzierebbe che
quasi tutte quelle note alla Scienza medica, comprese quelle ad etiologia
sconosciuta, sono state oggetto di accurato esame in sede giurisdizionale,
con un dispendio di energie non indifferente soprattutto prima della
riforma del 1994.
Altro ostacolo alla celerità di tale processo pensionistico sono state:
a)la eccessiva richiesta di rinvii presentate dalla parte privata, almeno
fino al 2000;
b)la
produzione
di
perizie
medico
legali
da
parte
dei
ricorrenti,
successivamente alla formulazione del parere da parte dei consulenti
tecnici d’ufficio,con conseguente esigenza di riformulazione di quesiti a
detti esperti;
c)la difficoltà, in non pochi casi, di individuare l’attuale residenza dei
ricorrenti che non si sono premurati di comunicare in segreteria il relativo
cambio di indirizzo.
Quanto innanzi descritto ha la sola pretesa di formulare una mera analisi
delle cause dei ritardi accumulati nel corso di diversi decenni, ma
88
certamente non giustifica quello che è sostanzialmente un fenomeno di
inefficienza delle istituzioni, le cui conseguenze in ultima analisi vengono
ingiustamente a ricadere sulle spalle del Giudice della pensionistica,
onerato di un compito al di sopra della sue pur indubbie dimostrazioni di
impegno ed oculatezza, prima nella ricerca delle improbabili prove e poi
nella interpretazione delle stesse.
V’è, peraltro, da sottolineare che la tipologia di gravami prodotti alla Corte
dei conti, soprattutto quelli relativi a questioni di medicina legale, non
consente di poter far ricorso all’uso di modelli di sentenza a schema fisso
–come spesso avviene in altra sede giurisdizionale per i gravami prodotti
da invalidi civili– a ciò ostando non solo la complessità della materia che
concerne, quasi sempre, l’esame di pretese relative alla dipendenza (e
solo in via subordinata, alla classifica che è, invece, l’unico “petitum” nei
citati giudizi di invalidi civili), ma anche l’esigenza di valutare la
fondatezza o meno dei pareri formulati dai CC.TT.UU. ai quali non può
farsi asetticamente riferimento, quasi avallandone un inesistente carattere
vincolante .
In conclusione, quindi, per le pensioni di guerra può ormai affermarsi che
il copioso numero dei gravami a suo tempo prodotti dovrebbe essere
azzerato nel corrente anno tramite soprattutto l’adozione di decreti
presidenziali di estinzione del giudizio, potendosi ritenere che non più di
400-500 ricorsi accederanno alla fase dibattimentale, e cioè quelli relativi
a ricorrenti ancora in vita o deceduti con successiva riassunzione del
giudizio da parte degli eredi.
Fra le problematiche più significative si segnalano:
89
a)è stata riconosciuta la sussistenza di un rapporto di interdipendenza fra
gli indennizzati “esiti di amputazione di una coscia con generalizzato
quadro artrosico” e una successiva infermità cardiaca e nefropatica; ciò
tenendo presenti le fasi di prolungato immobilismo e decubito posturale
conseguenti alla amputazione stessa (sentenza n. 152 del 21 febbraio
2006);
b)è stato affermato -contrariamente ad alcune pronunzie favorevoli di
altre
Sezioni
regionali-
che
la
normativa
di
favore
relativa
al
riconoscimento automatico a favore dei collaterali sessantacinquenni –
ritenuti presuntivamente inabili in modo assoluto al compimento di detta
età– non può essere applicata, per jus superveniens, dal Giudice unico –
nonostante il correttivo di cui all’articolo 5 n. 3 della legge 656/1986, alla
normativa eliminatoria di detta presunzione recata dagli articoli 5 e 6 della
cennata legge– ai collaterali che hanno proposto istanza di pensione
anteriormente alla data del 16/10/1986 ma non ancora a detta data,
anche sessantacinquenni (sentenza n. 1270 del 18/7/2006);
c)si è ritenuto che il dispositivo, nel testo letto in udienza ex art. 429
c.p.c., ha “prevalenza assoluta rispetto al testo (meno completo ma del
tutto coerente) del dispositivo contenuto nella sentenza depositata ed
anche rispetto al testo della motivazione della sentenza stessa …”
(sentenza n. 1559 dell’8/8/2006).
90
3) Pensioni civili
La pensionistica civile ha riscosso, nel decorso anno, una particolare
attenzione per numero di udienze, e ciò a causa della cospicua mole di
ricorsi relativi al cumulo –contestato dall’amministrazione– delle indennità
integrative speciali, con riferimento a trattamenti retributivi e pensionistici
o duplici trattamenti pensionistici, nonché della 13^ mensilità.
Rispetto alla relazione del febbraio 2006, può ritenersi pressocchè ormai
consolidata la giurisprudenza, sia a livello di Sezioni centrali che regionali,
favorevole al riconoscimento di detto cumulo, perlomeno fra retribuzioni e
pensioni. Ciò, nonostante la posizione contraria assunta dalle SS.RR. al
riguardo, avendo ormai l’amministrazione, con riferimento a pensioni
erogate dall’INPDAP, assunto una posizione di sostanziale riconoscimento
della pretesa dei ricorrenti: e ciò con circolare 5145 in data 10/12/2004,
varata in “attesa di una definitiva soluzione di carattere legislativo”,
circolare che, tuttavia, ha ottenuto solamente un parziale consenso fra i
ricorrenti, parte dei quali ha preferito percorrere integralmente la strada
dell’intrapreso gravame.
Stessa soluzione sembrava potersi adottare –ed, in effetti, è stata
adottata dai Giudici unici di questa Sezione in numerose sentenze, fino al
Maggio 2006– sulla questione del cumulo di I.I.S. fra due trattamenti
pensionistici e ciò, nonostante l’avviso negativo delle SS.RR. espresso fra
l’altro nella sentenza n. 14/QM/2003.
Va rilevato, tuttavia, che la Sezione giurisdizionale per la Regione
Toscana, con ordinanza 29/30 Marzo 2006 n. 58, ha ritenuto di rimettere
– ancora una volta e sotto diverso profilo – la questione di legittimità
91
costituzionale dell’articolo 99 (2) del D.P.R. 1092/1973, al Giudice delle
leggi. Di seguito, anche la Terza Sezione giurisdizionale centrale di appello
della Corte dei conti –il cui indirizzo interpretativo favorevole era stato il
condiviso punto di riferimento dei Giudici unici di questa Sezione– ha
ritenuto, con ordinanza 0153/06 del 16/5/2006, di dover seguire la stessa
strada della Sezione Toscana. Ciò ha comportato, in considerazione,
soprattutto, del fatto che, come già osservato, in numerose sentenze di
accoglimento era stata sostanzialmente condivisa la stessa motivazione
delle sentenze adottate dal citato Giudice di appello nella materia de qua,
la sospensione dell’esame dei ricorsi relativi a siffatta tipologia di cumulo
in attesa di una pronuncia -che si spera non presti il fianco a residui dubbi
o forzature interpretative– della Corte Costituzionale.
Numerose sono le sentenze degne di nota, fra le quali la n. 1935/2006 del
27 ottobre 2006 (ed altre, tutte adottate nella udienza del 14 luglio 2006)
di rigetto -in contrasto con il costante indirizzo favorevole della sola
Seconda Sezione di appello– di ricorsi intesi ad ottenere l’equiparazione
retributiva alle corrispondenti qualifiche del personale della Polizia di
Stato, prodotti da ex ufficiali dell’Arma dei carabinieri, in servizio alla data
di entrata in vigore della L. 121/1981, ma non a quella successiva della L.
216/1992,
applicativa
della
sentenza
n.
277/1991
della
Corte
Costituzionale.
Va osservato che, con sentenza depositata il 27 luglio 2006 n. 168/2006,
la Prima Sezione centrale di appello ha avallato l’indirizzo negativo seguito
dalla Sezione Lombardia, respingendo il gravame prodotto da un
sottufficiale della Guardia di Finanza, cessato dal servizio il 16/03/1986.
92
Con sentenza 2778/2006 in data 21 dicembre 2006 è stato poi definito,
con sentenza dichiarativa di difetto di giurisdizione, il giudizio relativo alla
concessione di benefici economici previsti dall’articolo 1 della legge
539/1950 (scatti di anzianità), con riferimento al disposto degli articoli 43
e 44 del R.D. 1290/1922 ad ex dipendenti della pubblica amministrazione
in quiescenza, per il periodo anteriore e successivo alla data di
pensionamento: nel caso di specie essi avevano ottenuto, nell’ultimo
periodo di attività di servizio, e quindi non in tempo utile il riconoscimento
della prevista infermità invalidante.
Con sentenza 2612/2006 –ed altre adottate tutte nella udienza del 28
novembre 2006– è stato affermato che “non sussiste alcun referente
normativo, e/o contrattuale che possa allo stato giustificare le richiesta di
inserimento nella base pensionabile dei benefici di cui all’art. 161 della
legge 11 Luglio 1980 n. 312”. Detti benefici riguardano la valorizzazione a
fini pensionistici dell’eventuale periodo di servizio, successivo all’ultima
attribuzione di stipendio, che non abbia potuto dar luogo –per durata
inferiore a quella ordinariamente prevista– alla materiale attribuzione del
generalmente previsto aumento periodico o della classe di stipendio
immediatamente superiore.
4) Pensioni militari
93
Anche per questo settore della pensionistica è stata data soluzione
positiva a numerosissimi ricorsi, relativi al cumulo di I.I.S. e 13^
mensilità, negli stessi termini illustrati per le pensioni civili.
La rimessione al Giudice delle leggi, da parte della Sezione Terza centrale,
di questione di legittimità costituzionale dell’articolo 99 (2) del D.P.R.
1092/1973 ha prodotto in questa Sezione gli stessi sospensivi effetti
innanzi descritti con riferimento alla fattispecie del cumulo di duplice
trattamento pensionistico.
Sono degne di menzione alcune problematiche affrontate e risolte nel
corso dell’anno 2006 e cioè:
a)
inclusione o meno, nella base pensionabile, con la maggiorazione
del 18% (articolo 53 D.P.R. 1092/1973), dell’assegno funzionale previsto
dall’articolo 6 del D.L. 387/1987 convertito con legge 472/1987;
b)
rideterminazione, sulla base del computo del citato assegno
funzionale, dei sei scatti attribuiti dall’articolo 6-bis del D.L. 387/1997.
Con numerose sentenze (v. es. n. 1684/2006) è stata data risposta
negativa alle due pretese de quibus in ragione del fatto che la normativa
vigente, fra cui l’art. 53 del T.U. 1092/1973 precitato, ha categoricamente
disposto, salva specifica espressa deroga, l’esclusione di qualsiasi tipo di
assegno ed indennità dal beneficio di detta maggiorazione.
Soluzione negativa è stata data nella stessa sentenza –così come in altre
adottate nella stessa udienza– alla precitata questione dei sei scatti, e ciò
con riferimento al disposto interpretativo recato dall’art. 20 della L.
232/1990.
94
Come per i decorsi anni, numerose sentenze hanno avuto per oggetto
complesse questioni di carattere medico-legale, con gravami intesi a
conseguire pensioni privilegiate per lesioni o infermità generalmente
contratte durante il servizio di leva.
Si menzionano fra le tante:
a)
la n. 278 in data 10/3/2006, con la quale è stata riconosciuta la
dipendenza da causa di servizio di una “ipertensione arteriosa con rottura
di aneurisma aortico toraco-addominale” – causa di decesso –, in ragione
del lungo ed oneroso servizio militare prestato;
b)
la decisione n. 429 in data 27/3/2006 con la quale – su conforme
parere dell’U.M.L. del Ministero della salute – è stata riconosciuta la
dipendenza da causa di servizio del “diabete insulino dipendente” (in
individuo predisposto) a seguito di un infortunio avvenuto durante il
servizio militare –frattura dello scafoide carpale sx.–, ciò in quanto il
trauma poteva avere attendibilmente alterato la funzionalità pancreatica,
alla base del diabete stesso, determinando un “sovraccarico metabolico
con conseguente esaurimento funzionale delle cellule beta” del pancreas,
momento iniziale della patologia;
c)
la sentenza n. 1044/2006 in data 22/6/2006, con la quale è stata
riconosciuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “schizofrenia
disorganizzata” in individuo pur predisposto e probabile portatore di una
funzionalità schizoidea che, al di fuori del coatto servizio militare, non
sarebbe probabilmente degenerata nella affezione psichica irreversibile in
questione;
d)
la decisione n. 2341 del 22/11/2006, con la quale è stata
95
negativamente risolta la complessa questione della dipendenza, o meno,
da causa di servizio della “leucemia acuta emocitoblastica”, essendo
prevalente la natura genetico-ereditaria della stessa.
6. CONCLUSIONE
L’esposizione analitica del lavoro svolto da questa Sezione -per soddisfare
le esigenze di giustizia nel settore delle gestioni pubbliche, che si levano
dall’opinione
pubblica,
sempre
piu’
sensibile
alle
problematiche
di
efficienza delle Istituzioni- ritengo abbia dimostrato senza alcuna ombra di
dubbio la dedizione della magistratura contabile campana al servizio nei
confronti della Comunità, in nome della quale pronuncia le sue sentenze.
Insufficienze ed inadeguatezze, che possono comunque rilevarsi rispetto
alle legittime aspettative, sono giustificate dalla scarsità di mezzi e risorse
a disposizione .
Con l’occasione ritengo doveroso ringraziare i colleghi della Sezione per
l’impegno e la particolare qualificazione professionale con cui hanno voluto
affrontare le difficoltà prospettate, sobbarcandosi un carico notevole di
lavoro, nonché, con loro, l’intero personale amministrativo, cui va
riconosciuto un encomiabile spirito di collaborazione.
In tale consapevolezza la presente relazione non può non concludersi se
non con un auspicio nella soluzione degli immensi problemi sul tappeto,
almeno per la parte che rientra nei nostri compiti istituzionali.
96
QUADRI
SINOTTICI
97
GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA
GIUDIZI DI RESPONSABILITA’
98
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006
134
GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006
119
UDIENZE NEL 2006
45
GIUDIZI DISCUSSI
116
PROROGHE DISCUSSE
13
GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI
92
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2005
SENTENZE PUBBLICATE
161
73
ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI
GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA
GIUDIZI DI CONTO
24
99
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006
GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006
163
27
UDIENZE NEL 2006
3
GIUDIZI DISCUSSI
159
GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI
148
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006
SENTENZE PUBBLICATE
ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI
GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA
GIUDIZI SU ISTANZA DI PARTE
42
150
21
100
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006
35
GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006
9
UDIENZE NEL 2006
0
GIUDIZI DISCUSSI
9
GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI
5
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006
SENTENZE PUBBLICATE
ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI
GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA
GIUDIZI CAUTELARI PER SEQUESTRI CONSERVATIVI
39
5
1
101
SEQUESTRI AUTORIZZATI
3
GIUDIZI DI CONFERMA
3
RECLAMI DEFINITI
19
GIURISDIZIONE IN MATERIA
PREVIDENZIALE
Pensioni Pensioni
Civili
Militari
Pensioni
di
Guerra
Totali
102
GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006
9.940
8.280
11.875
30.095
GIUDIZI INTROITATI NELL’ANNO
1.614
518
12
2.144
0
1
309
310
11.554
87.99
12.196
32.549
1.850
597
366
2.813
254
562
3609
4.425
9.450
7.640
8.221
25.311
Pensioni Pensioni
Militari
Civili
Pensioni
di
Guerra
GIUDIZI INTROITATI
(provenienti da altre sezioni)
TOTALE CARICO
GIUDIZI DEFINITI NELL’ANNO
GIUDIZI DEFINITI
(con decreto d’estinzione)
GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006
SENTENZE
ORDINANZE ISTRUTTORIE
SENTENZE - ORDINANZE
DECRETI D’INTERRUZIONE
UDIENZE TENUTE
Totali
1.834
554
323
2.711
140
117
137
394
1
0
1
2
252
271
1.932
2.455
37
27
21
85
CONTENZIOSO PENSIONISTICO
PROCEDIMENTI CAUTELARI
103
ISTANZE IN CARICO NELL’ANNO
27
27
ISTANZE DEFINITE
GIUDIZI DISCUSSI
27
ORDINANZE PUBBLICATE
27
CONTI GIUDIZIALI
degli agenti dell’amministrazione statale
104
PENDENTI AL 01/01/2006
3.271
PERVENUTI NELL’ANNO 2006
IN CARICO NEL 2006
209
3.480
DEFERITI A GIUDIZIO
0
DISCARICATI CON SENTENZA
0
DISCARICATI CON DECRETO
5
GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO
ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE
PENDENTI AL 31/12/2006
305
0
3.170
RELAZIONI DI DISCARICO
21
RELAZIONI DI ESTINZIONE
598
RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI
CONTI GIUDIZIALI
degli agenti degli enti territoriali locali
0
105
PENDENTI AL 01/01/2006
2.746
PERVENUTI NELL’ANNO 2006
IN CARICO NEL 2006
38
2.748
DEFERITI A GIUDIZIO
0
DISCARICATI CON SENTENZA
5
DISCARICATI CON DECRETO
0
GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO
ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE
PENDENTI AL 31/12/2006
110
6
2.663
RELAZIONI DI DISCARICO
0
RELAZIONI DI ESTINZIONE
656
RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI
CONTI GIUDIZIALI
degli agenti degli enti istituzionali
A.S.L.
2
106
PENDENTI AL 01/01/2006
PERVENUTI NELL’ANNO 2006
IN CARICO NEL 2006
1.344
57
1.401
DEFERITI A GIUDIZIO
23
DISCARICATI CON SENTENZA
42
DISCARICATI CON DECRETO
0
GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO
0
ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE
(sentenze di irregolarita’)
PENDENTI AL 31/12/2005
RELAZIONI DI DISCARICO
RELAZIONI DI ESTINZIONE
RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI
84
1.275
13
0
207