Corte dei conti Sezione Giurisdizionale Regionale per la Campania Ambrogio Lorenzetti “Effetti del buon governo" (particolare) - Affresco -Siena Palazzo pubblico UDIENZA PUBBLICA DEL 10 FEBBRAIO 2007 RELAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA SEZIONE dott.Salvatore STARO SULL’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI APERTURA DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2007 SOMMARIO 2 A - INTRODUZIONE 1. Premessa …………………………………………………………..…..pag. 4 2. La giurisdizione contabile in Campania …………………….……. pag. 6 3. La legalità in Campania ……………………………………………….pag. 8 4. La centralità della gestione pubblica ……………………………….pag.11 B - PROBLEMI ALL’ATTENZIONE DELLA SEZIONE a) Realizzazione del pieno contraddittorio nel procedimento di proroga delle indagini …………………………..…………………. b) La decorrenza della prescrizione ……………………………….…… pag.15 pag.18 c) L’azione revocatoria ………………………………….………….…….. pag.20 d) Estensione dell’ambito della giurisdizione gestoria………………..… pag.22 e) Giurisdizione di responsabilità gestoria su Parlamentari, Consiglieri Regionali e Magistrati ……………………………………... pag.23 C - INNOVAZIONI LEGISLATIVE 1. D. L.vo n. 40 del 2 febbraio ………………………………………….pag.25 2. D. L.vo n. 62 del 7 febbraio 2006, n. 62 …………………………..pag.26 3. D. L.vo n. 152 del 3 aprile 2006 ……………………………………. pag.28 4. D. L.vo n. 163 del 12 aprile 2006 …………………………………...pag.29 5. Legge 4 agosto 2006, n. 248…………………………………………pag.31 6. Legge 27 dicembre 2006 n. 296 6.1 comma 473 ………………………………………………………..…..pag.32 6.2 comma 593 ……………………………………………………………pag.33 6.3 comma 774 , 775 e 776 ………………………………………………pag.34 6.4 comma 1346 …………………………………………………………. .pag.36 7. D.L. 27.12.2006 n.299 ………………………………………………….pag.37 8. Progetto nuovo codice di procedura contabile ……………….....pag.37 D - GIURISPRUDENZA DELLE SUPREME GIURISDIZIONI 1 Corte Costituzionale……………….…………………………………..pag.41 2 Corte Suprema di Cassazione………………………………………..pag.43 3 Sezioni Riunite della Corte dei conti …………………………….....pag.48 4 Giurisdizione amministrativa Il Consiglio di Stato ……………………………………………………. pag.49 II T.A.R. ………………………..………………………………………… pag.50 3 E - CONTENZIOSO NELLE MATERIE DI CONTABILITÀ PUBBLICA a) Giudizi di responsabilità………………………………………... pag.51 b) Procedimenti cautelari ……………………………………..……..pag.63 c) Procedimenti di proroga…………………………………..……. pag.71 d) Giudizi ad istanza di parte……………………………………… pag.72 e) Giudizi di conto ……………………………………………………. pag.74 f) Giudizi per resa di conto …………………………………………. pag.83 F - CONTENZIOSO PREVIDENZIALE 1) Considerazioni generali…………………………………………. pag.83 2) Pensioni di guerra………………………………………………… pag.87 3) Pensioni civili……………………………………………………… pag.93 4) Pensioni militari…………………………………………………… pag.96 CONCLUSIONI………………………………………………………… pag.98 QUADRI SINOTTICI……………………………………………………. pag.99 A - INTRODUZIONE 4 1. Premessa La cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2007 di questa Giurisdizione Regionale, così come per la prima volta nell’analoga occasione dello scorso anno, si caratterizza per la centralità dell’esposizione analitica, da parte del suo presidente, dello stato dell’amministrazione della giustizia nel settore della Corte dei conti, con particolare riferimento alla Campania. Tale impostazione -prevista dall’art. 2 comma 29° della recente legge 25 luglio 2005 n.150 di riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha novellato l’art.86 del R.D. 30 gennaio 1941 n. 12, al fine espresso di valorizzare il ruolo della giurisdizione e la sua posizione di terzietà e neutralità riaffermata dal novellato art.111 della Costituzione, anche nel momento inaugurale di ciascun anno giudiziario- è stata applicata anche alla Corte dei conti in analogia alla magistratura ordinaria per soddisfare un’esigenza di uniformità e rimarcare l’unità funzionale della giurisdizione, pur nella distinzione degli ordini magistratuali. Così come indicato dalla deliberazione del Consiglio di Presidenza n.425 in data 21 dicembre 2005, a differenza di quanto avveniva con le relazioni redatte ed esposte nelle analoghe cerimonie dal procuratore regionale, la posizione istituzionale del giudicante, caratterizzata dalla neutralità e terzietà nel rispetto del principio della collegialità nelle decisioni e della parità delle parti, non può non imporre un diverso approccio agli argomenti trattati, sicché si è preferito evitare anche quest’anno la formulazione di considerazioni critiche sulle vicende amministrative esaminate, limitandosi a segnalare gli aspetti problematici all’esame della 5 Sezione ed a procedere all’inquadramento ed alla valutazione dei fatti ricorrenti. Pertanto essa, ancora una volta, fornisce valutazioni di carattere generale rafforzate da dati obiettivi ed analisi statistiche, nonché il quadro della legislazione di settore e della giurisprudenza più significativa formatasi al riguardo, al fine di informare la Comunità, e per essa in primo luogo i suoi esponenti di vertice, sulla situazione della giurisdizione della Corte dei conti in Campania. Alla relazione seguiranno le considerazioni delle parti istituzionalizzate nei giudizi innanzi alla Corte dei conti, cioè del procuratore regionale presso questa sezione giurisdizionale, in rappresentanza dell’Ufficio Requirente, e del presidente dell’Ordine degli Avvocati presso il Tribunale di Napoli, in rappresentanza della libera Avvocatura, le quali potranno analiticamente esporre i rispettivi punti di vista al riguardo delle questioni sul tappeto, le attività compiute nello scorso anno e le prospettive di azione nel corrente anno giudiziario in apertura. Quindi prenderanno la parola i rappresentanti del Consiglio di Presidenza e dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti, che forniranno un prezioso contributo alla trattazione degli argomenti di rilievo per la nostra giurisdizione. Alla conclusione del suddetto dibattito si disporrà, su richiesta del titolare dell’Ufficio Requirente, la formale apertura dell’anno giudiziario 2007 della sezione giurisdizionale regionale per la Campania della Corte dei conti. 2. La giurisdizione contabile in Campania 6 Nella relazione per l’anno giudiziario 2006 si è fornita preliminarmente una sintetica ricostruzione dell’ordinamento della giustizia contabile e dell’organizzazione di questa Sezione, ricordando che essa è stata istituita, contestualmente a quelle per la Calabria e per la Puglia, con l’art.16 del D.L. 13 maggio 1991 n.152 convertito nella legge 12 luglio 1991 n.203 contenente “Provvedimenti urgenti contro la criminalità”, al fine del rafforzamento della presenza dello Stato, specie nelle realtà locali meridionali più esposte alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Va ricordato che la Sezione, con esclusive attribuzioni connesse al perseguimento di responsabilità gestorie ed alle altre materie della contabilità pubblica, ha iniziato a funzionare con il suo insediamento avvenuto nel 1991, arricchendosi in seguito di ulteriori competenze, quali il contenzioso pensionistico, in seguito con D.L. 15 aprile 1993 n.453 convertito nella legge 14 gennaio 1994 n.19 . In atto la giurisdizione decentrata della Corte dei conti in Campania è costituita dalla presente Sezione giurisdizionale regionale con annesso Ufficio Requirente retto da un consigliere con qualifica di procuratore regionale. Ancora quest’anno va rilevato che la pianta organica prevista per tali strutture, anche a seguito di “congelamento” stabilito dal Consiglio di Presidenza per la generalità degli uffici della Corte, appare sottodimensionata e coperta solo parzialmente . L’organo di autogoverno, ai fini dello smaltimento del peso dipendente dal pregresso rilevantissimo contenzioso pensionistico, ha previsto il rafforzamento temporaneo del numero dei magistrati, con lo strumento 7 della doppia assegnazione di alcune unità aggiuntive da adibirsi a tale compito specifico con il sostegno di altro personale di segreteria. Agli stessi fini è stata soppressa dal 1° luglio la speciale struttura dei conti giudiziali, che, dopo aver rilanciato l’efficienza del servizio, ha continuato a funzionare solo per le situazioni urgenti. La Magistratura contabile della Campania è coadiuvata da personale amministrativo, la cui consistenza organica è anch’essa insufficiente in via endemica per le esigenze di piena funzionalità della Sezione e della annessa Procura, specie per soddisfare l’esigenza di eliminazione del pregresso . Nonostante lo straordinario impegno della magistratura e del personale amministrativo, che si sono volontariamente addossati carichi di lavoro maggiorati, continua a persistere il pericolo di ritardi oggettivi nella resa di giustizia nel settore pensionistico, con esposizione dello Stato a possibili azioni di equa riparazione, ai sensi dell’art 2 della legge 24 marzo 2001 n.89, da parte di chi lamenti pregiudizi conseguenti alla violazione del termine ragionevole del processo di cui all’art.6 paragr.1 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848. 3. La legalità in Campania La Regione in cui la Sezione è chiamata ad operare, la nostra Campania Felix, è notoriamente in difficoltà, a causa di una criminalità organizzata diffusa sul territorio. 8 La Corte dei conti intende continuare con sempre maggiore intensità nel suo impegno per un efficace contrasto alle infiltrazioni camorristiche nelle amministrazioni pubbliche, specie in quelle territoriali, che sono piu’ esposte ad appetiti illeciti. E’ infatti indiscutibile che tali organizzazioni criminali tendono a svilupparsi nelle realtà locali, come voraci tumori, in relazione alla maggiore semplicità di penetrazione attraverso i meccanismi democratici ed alla possibilità di acquisire così enormi mezzi finanziari in forme solo apparentemente lecite poste alla tutela del mercato. L’azione di contrasto deve essere sinergica tra tutte le Istituzioni, che solo con un efficace coordinamento possono rafforzare la presenza dello Stato, inteso come casa comune di tutti i cittadini onesti. Ma, in aggiunta a tale situazione, è stata rilevata dall’esame delle vicende giudiziarie esaminate dalla Sezione, la preoccupante diffusione di una analoga non meno pericolosa mentalità -purtroppo spesso accompagnata da un atteggiamento di disprezzo degli interessi finanziari e patrimoniali degli enti pubblici sviluppato in un sistema affaristico-, con grave attenuazione del principio di legalità, specie nell’amministrazione pubblica. Tale principio non è un orpello dello Stato, ma rappresenta la stessa essenza del vivere insieme, il substrato comune di una comunità organizzata che vuole progredire, come risulta immortalato dal celebre affresco di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena, che si è ritenuto di riportare appositamente nel frontespizio della presente relazione. 9 La legalità ed il buon governo costituiscono valori che devono essere condivisi da tutti i cittadini e perseguiti particolarmente da coloro che assurgono ai vertici istituzionali; costoro non possono non accettare la necessaria connessione sinallagmatica tra potere da un lato e responsabilità politica e giuridica dall’altro, senza inammissibili tentativi di sfuggire con sotterfugi, ancorché ammantati da discutibili crismi legali, al momento del controllo giudiziario. Ogni forma di amnistia, indulto e condono per i vari tipi di illecito, da quello penale a quello amministrativo e tributario, non favorisce l’affermazione di una morale civica di servizio, intesa come etica della responsabilità . In un sistema efficiente che non tollera in assoluto arbitrio ed illegalità, chi viola la legge si pone in volontario contrasto con la società cui appartiene e con le regole che la tengono insieme, meritando le conseguenze a livello giuridico, politico e sociale. La legalità è espressione del pensiero forte, nel senso che si persegue o meno, senza possibilità della minima deviazione e senza alcuna tolleranza . Nessuna legge può efficacemente combattere la mala amministrazione senza una moralità realmente sentita e vissuta dalla Comunità. La sensibilità sociale alle problematiche della gestione pubblica è quindi l’unico serio baluardo alle tendenze particolaristiche, che purtroppo emergono nel tessuto amministrativo. In tale ambito, essenziale è il ruolo degli organi di informazione, che possono e devono riferire direttamente all’opinione pubblica, senza derive 10 scandalistiche, le anomalie riscontrate, nonché delle istituzioni di controllo -e tra esse in primo luogo delle sezioni del controllo di questa stessa Corte-, che analizzano le gestioni, rilevando vizi e illeciti a livello tecnico. Si dà così corpo alla teoria democratica della finanza pubblica, che presuppone la conoscenza e la coscienza dei cittadini, i quali, come elettori, sono in condizione di incidere concretamente sulla dirigenza politica, attuando il controllo politico sulla classe degli amministratori della cosa pubblica a tutti i livelli istituzionali. Legalità non significa però, nella dimensione contemporanea dell’amministrazione, solo rispetto dei procedimenti e delle forme imposte dal diritto, ma anche e soprattutto soddisfazione dei bisogni emergenti dei cittadini, che, come contribuenti, finanziano le gestioni pubbliche. Si tratta della nozione di legalità sostanziale, che ha portato ad impostare l’amministrazione per obiettivi, e non solo per compiti . Ma anche in tale dimensione operativa, la gestione pubblica funziona se si diffonde la cultura dell’efficacia, in modo tale che un amministratore è considerato valido se raggiunge, rispettando i procedimenti di legge, gli obiettivi sentiti dalla Comunità, e non semplicemente se ha una grande capacità di spesa del denaro proveniente dai cittadini. 4. La centralità della gestione pubblica Abbiamo assistito in questi ultimi due decenni ad una serie di riforme legislative, partecipando attivamente alla loro realizzazione per quanto di nostra competenza, che hanno portato ad una trasformazione radicale del 11 modo di intendere l’amministrazione pubblica, che da erogatrice di funzioni in una logica verticistica di potere va divenendo produttrice di servizi in un sistema orizzontale gestionale. Al centro quindi si pone il discorso del modo di intendere le gestioni pubbliche e del ruolo della Corte dei conti rispetto ad esse. Alle gestioni tradizionali della finanza e del patrimonio pubblico, finalizzate a compiti organizzatori necessari ad ogni ente, se ne sono aggiunte altre, rivolte a soddisfare esigenze funzionali immediatamente avvertite dalla Comunità, quali le opere pubbliche, i servizi pubblici e le imprese pubbliche. Le gestioni pubbliche in questa loro nuova conformazione sono governate ormai da uno proprio ordinamento di settore costruito sull’antico edificio della Contabilità Pubblica e munito della necessaria autonomia concettuale con principi specifici della materia, inquadrabile come diritto delle gestioni pubbliche. L’espansione di esse ha così comportato una ridefinizione del campo del diritto amministrativo, che va concentrando l’oggetto del suo maggiore interesse nel nucleo “storico” dell’organizzazione e del funzionamento dei pubblici poteri, basato sul momento dell’autorità e sull’esercizio delle funzioni pubbliche in posizione di supremazia, con le connesse forme di garanzia soggettiva a tutela dei cittadini . Al centro del discorso sulle gestioni pubbliche si pone la Corte dei conti, nelle sue varie competenze, come organo di garanzia oggettiva del loro corretto fluire; non deve al riguardo ingannare la denominazione della 12 nostra Istituzione, il cui riferimento ai conti rappresenta solo un richiamo ad uno degli strumenti tradizionali di verifica. La magistratura c.d. contabile si occupa delle gestioni pubbliche, al fine di assicurare che esse si svolgano secondo il diritto, nonché i canoni della eguaglianza e ragionevolezza, di cui all’art.3 della Costituzione, e di razionalità e buona amministrazione, di cui all’art.97 della Costituzione, sostanziati nelle tre “E” dell’economicità, efficienza ed efficacia. Ed in tal senso anche l’azione della Corte sul piano giurisdizionale si va modulando lentamente su di un esame sistemico dei vari segmenti di ciascuna gestione, oltre che a livello specificatamente contabile attraverso il giudizio di conto-, anche e soprattutto, a livello prettamente amministrativo attraverso una sempre piu’ sapiente e mirata azione d’indagine, che non si ferma a singoli e frammentati episodi di cattiva amministrazione, in sé di scarsa rilevanza, ma ne approfondisce le spesso diffuse anomalie gestorie e le connessioni intersoggettive ed interorganiche . A proposito di tali interconnessioni a livello di ordinamento interno e comunitario, va rilevato che in un sistema amministrativo frammentato, come l’attuale, e strutturato a livello orizzontale senza elementi di gerarchia, prevalgono le gestioni “trasversali”, che, contemperando interessi spesso contrapposti, sono deputate al perseguimento di compiti ripartiti tra figure soggettive appartenenti a diverse organizzazioni amministrative con la partecipazione crescente di operatori privati; tali plessi funzionali trovano un momento di effettiva unità nei flussi 13 finanziari che, nell’alimentarli, perdono la loro autonomia, allorquando “entrano” nei bilanci dei singoli enti funzionalmente connessi. Tradizionalmente si distinguono le gestioni private da quelle pubbliche, intendendo per le prime quelle di natura imprenditoriale rivolte alla realizzazione del profitto e per le seconde quelle di natura sociale e di rilievo generale rivolte alla soddisfazione di bisogni collettivi, anche se possono adeguarsi ad esigenze di economicità. Ciò però non risulta assolutamente esatto, in quanto l’evoluzione dell’ambito delle gestioni pubbliche ha modificato tale criterio, consentendo una gestione pubblica di attività imprenditoriali svolte finanche nelle forme privatistiche, sì da potersi ipotizzare una gestione mista, che si svolge su due livelli integrati pubblico-privato . Il fenomeno si riscontra nelle cc.dd. società partecipate, che per ciò stesso sono correttamente sottoposte alla giurisdizione di questa Corte. Le gestioni private, che pure rivestono una grande importanza per la collettività, non sono destinatarie di una disciplina organica da parte della legge, che pone solo alcuni limiti, divieti e doveri di carattere generale, ad evitare che esse possano fuoriuscire dal lecito o che possano subire condizionamenti; solo se sussistono esigenze di tutela di categorie di soggetti o di trasparenza del mercato e della concorrenza, l’ordinamento si preoccupa di dare prescrizioni ed indicazioni precise sui comportamenti dovuti. Tali gestioni, a fronte della libertà del soggetto imprenditore, sono oggetto invece dell’interesse di discipline economiche ed aziendalistiche, che possono fornire validi criteri comportamentali per la migliore organizzazione. 14 Le gestioni pubbliche, invece, sono assoggettate ad un complesso organico di norme e di criteri che ne disciplinano ogni aspetto sia strutturale che funzionale, in modo da condurle verso la realizzazione di fini pubblici ed in particolare verso gli scopi specifici posti dalla legge e degli obiettivi prescelti periodicamente dalle stesse amministrazioni. Tuttavia va osservato che sussiste un nucleo di doveri e connesse responsabilità che si riscontrano sia nel campo privato che in quello pubblico, come in particolare quelli in capo agli amministratori verso la società 1 , che consente l’evidenziazione di parametri di legalità cui confrontare il comportamento di amministratori specie relativamente alle imprese pubbliche. La gestione può considerarsi pubblica allorché possieda due requisiti, cioè l’afferenza delle risorse utilizzate alla Comunità in uno dei suoi livelli istituzionali o territoriali e l’appartenenza del soggetto cui fa capo la gestione al settore pubblico latamente inteso. L’integrazione tra pubblico e privato nella gestione dei servizi pubblici sembra essere la nuova frontiera su di cui misurare l’amministrazione della cosa pubblica, in attuazione del criterio di sussidiariet orizzontale. Va perseguito l’obiettivo di uniformare il livello dei servizi in Campania agli standards nazionali e ancor piu’ europei in tutti i settori, e specialmente in quelli di maggiore interesse sociale, come la sanità ed la mobilità, nonché lo smaltimento dei rifiuti e il ciclo integrato delle acque. 1 V.Trib. Milano 10.2.2000 n.15995 e C.conti sez.I centr. 3.11.2005 n.356/A, in Riv.C.conti n.6/2005 pagg.94 e segg. sugli obblighi dell’amministratore nei confronti di una società ordinaria o partecipata e sull’insindacabilità del merito gestorio . 15 B - PROBLEMI ALL’ATTENZIONE DELLA SEZIONE Appare quindi opportuno esaminare, ancorché in estrema sintesi, alcuni problemi riguardanti l’esercizio della giurisdizione della Corte dei conti, che sono stati e sono all’attenzione della Sezione, in aggiunta a quelli di carattere generale derivanti dall’applicazione delle novelle al codice di procedura civile, di cui si è argomentato ampiamente nella relazione dell’anno scorso: a) Realizzazione del pieno contraddittorio nel procedimento di proroga delle indagini Il termine di centoventi giorni stabilito per il deposito della citazione, pur essendo perentorio2, può essere prorogato dal giudice ad istanza del procuratore regionale depositata prima della scadenza, pena la inammissibilità della stessa (art. 5 c.1 L. n.19/94 nel testo sostituito dal D.L. 543/96 conv. L. n° 639/96) 3. L’autorizzazione alla proroga suddetta è rimessa al prudente apprezzamento della sezione giurisdizionale competente, nella camera di consiglio appositamente convocata. Oggetto dell’esame giudiziale non è la fondatezza della notitia damni, delle prove raccolte o del merito delle indagini in corso di esperimento dal procuratore regionale né tanto meno una valutazione di convenienza della continuazione delle indagini, ma esclusivamente la fondatezza delle 2 3 C.conti sez.App.Sicilia 6/11/2000 n.146/A, in Riv.C.conti n.6/2000 pag.105. C. conti sez. app. Sicilia 15/5/2000 n.75/A, in Riv.C.conti n.3/2000 pag.127. 16 motivazioni addotte dal requirente per il completamento degli accertamenti, in ragione dei fatti evidenziati, e la mancanza di una situazione di mero slittamento dei tempi de quibus a detrimento degli intimati. Le autorizzazioni de quibus sono concesse o negate con provvedimento collegiale, nella prassi, comunicato al solo procuratore regionale istante e successivamente inserito comunque nel fascicolo processuale a giustificazione dei tempi. La mancata autorizzazione obbliga il procuratore regionale a depositare l’atto di citazione ovvero a disporre l’archiviazione entro quarantacinque giorni successivi alla scadenza originaria, pena la decadenza dal potere d’azione connesso allo specifico processo in corso. Pertanto è buona norma che il procuratore regionale formuli tempestivamente l’istanza di proroga per consentire alla sezione la fissazione dell’udienza camerale e l’adozione di una serena decisione al riguardo, evitando l’assorbimento del termine suddetto. Nella prassi applicativa delle sezioni giurisdizionali è stato ammesso a partecipare a tale udienza camerale solo il procuratore regionale istante, ritenendosi dalla prevalente giurisprudenza che i destinatari dell’invito non rivestono ancora il ruolo di parti di un processo non ancora instaurato4; allo stesso modo il decreto di fissazione della camera di consiglio e successivamente il provvedimento conclusivo della procedura 4 C.Costituz. n.513 in data 20.11/4.12.2002, in G.U. 1 serie spec.n.49 dell’11.12.2002 pag.69, secondo cui , in ragione della natura preprocessuale del contraddittorio preliminare, non va evocato l’intimato, che si potrà tutelare eventualmente in sede di giudizio ovvero immediatamente con reclamo . 17 non sono comunicati ai destinatari dell’invito a dedurre, così come l’istanza non va notificata ad essi 5. Tale opinabile orientamento restrittivo, peraltro avallato dalla Corte Costituzionale6, trova giustificazione teoretica, per i suoi sostenitori, nella circostanza che si tratterebbe di un mero controllo giudiziale in fase non processuale sull’attività del procuratore regionale teso ad evitare la dilatazione dei tempi dell’indagine intrapresa; sindacato che viene sollecitato dallo stesso requirente con un’istanza, alla quale tuttavia va riconosciuta natura di atto processuale per essere finalizzata all’instaurazione della litispendenza. Di recente si sta tentando7 di modificare tale indirizzo applicativo, evocando all’udienza camerale de qua anche il soggetto destinatario dell’invito, sul condivisibile presupposto che costui abbia un interesse giuridicamente protetto a contrastare la richiesta di proroga. Si ritiene, con ampie motivazioni, che, almeno dalla richiesta di proroga in poi, il procedimento abbia natura processuale, con la conseguente necessità del rispetto del principio del contraddittorio sin ab initio . Su questa linea si va ponendo la nostra Sezione, anche a seguito di rinvio da parte della III Sezione Centrale d’appello8. b) La decorrenza della prescrizione 5 C.conti sez.II centr. 25/6/2001 n.231/A, in Riv.C.conti n.3/2001 pag.129; sez.III centr.7/6/2001 n.131, in Riv.C.conti n.3/2001 pag.131; sez.II centr. 10/7/2001 n.243/A, in Riv.C.conti n.4/2001 pag.97. 6 C.Costituz. n.513 in data 20.11/4.12.2002, in G.U. 1 serie spec.n.49 dell’11.12.2002 pag.69, second cui , in ragione della natura preprocessuale del contraddittorio preliminare, non va evocato l’intimato, che si potrà tutelare eventualmente in sede di giudizio ovvero immediatamente con reclamo . 7 C.conti sez.III decreto 4 dicembre 2006 n.21/06, ancora inedito, che si discosta dai precedenti giurisprudenziali . 8 C.conti sez.III decreto 4 dicembre 2006 n.21/06, cit.. 18 Il termine di prescrizione, nel campo della responsabilità gestoria, di durata quinquennale, inizia a decorrere “dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta” (legge n.639/96 ). Il fatto dannoso non si perfeziona con il comportamento tenuto dal pubblico funzionario in difformità di quello previsto dalle norme, circostanza questa attinente alla condotta, ma con il momento in cui, verificandosi le conseguenze di quella condotta, si realizza l’eventus damni e si abilita il requirente contabile all’esercizio di una eventuale actio damni in precedenza concretamente inammissibile. La verificazione del fatto dannoso si ha con l’effettivo depauperamento del patrimonio e/o della finanza pubblica 9 , senza che abbia rilievo il riconoscimento di un diritto fino a che non venga soddisfatto con riflessi finanziari per l’ente . I successivi aggravamenti del danno non rilevano al riguardo dell’inizio della decorrenza del termine di prescrizione 10. Secondo un minoritario orientamento giurisprudenziale11 invece la fattispecie dannosa si completerebbe “nel momento in cui nasce nel patrimonio del soggetto leso il vincolo giuridico di pagare una determinata somma a favore di un terzo, non essendo rilevante il conseguente pagamento, semprecché esso abbia origine dallo stesso fatto e costituisca semplice conseguenza di esso, senza integrare una ipotesi di danno autonoma”, anche quando esso avesse uno sviluppo futuro, rimanendo sempre ontologicamente unitario; in tal modo se il 9 C. conti sez. Calabria 5 novembre 1996 n° 3, in Riv. C. conti n° 1/97 pag. 130 Cass.20.8.1973 n.2366 in Giust.Civ.,Mass.1974. C.conti sez.Sicilia 3.1.1995 n.8. 10 11 19 danno deriva da un provvedimento illegittimo, il fatto pregiudizievole si realizzerebbe con la sua adozione o con il primo pagamento12, ancorché il danno sia continuato e progressivo, nonché aggravato successivamente al suo primo manifestarsi. Ad evitare soluzioni divergenti dai principi regolanti l’istituto della prescrizione nel diritto civile, va tenuto però presente che il diritto di credito risarcitorio de quo può essere fatto valere dal procuratore regionale solamente con l’effettivo depauperamento finanziario- patrimoniale, talché una sua azione proposta prima di tale effettivo eventus damni sarebbe inammissibile; pertanto solo dal momento in cui il procuratore regionale ha la possibilità giuridica di agire in giudizio a tutela dell’erario, inizia il decorso della prescrizione (contra non valentem non currit praescriptio) . Il dato formale dell’adozione di un atto illegittimo non consente al requirente di agire fino alla realizzazione del danno coincidente con l’effettivo esborso, in quanto l’atto potrebbe anche non essere posto in attuazione. Se poi si tratta di più esborsi susseguenti, non sembra logico far decorrere dal primo pagamento il termine prescrizionale anche per quelli successivi derivanti dallo stesso atto . Di recente la materia è stata oggetto di un tentativo di modifica, al fine di portare il dies a quo della prescrizione al compimento della condotta (art.1 co.1343 L.27.12.2006 n.296, cioè la legge finanziaria per il 2007) . Ma, anche a seguito di veementi proteste provenienti dagli ambienti 12 C.conti SS.RR. 30.10.2002 n.3/QM, secondo cui dal primo rateo decorrerebbe la prescrizione per tutti i danni anche futuri derivati dall’atto lesivo. La soluzione anzidetta, spesso ricorrente nella giurisprudenza della Corte dei conti, ancorché ispirata a apprezzabili motivi di certezza nei tempi, non è assolutamente conforme ai principi ed alle disposizioni positive, in cui ogni esborso costituisce in sé un danno con un proprio termine prescrizionale. 20 della Corte dei conti, si è immediatamente proceduto all’abrogazione di tale disposizione innovativa (D.L.27.12.2006 n.299). Comunque è risultato confermato “a contrario” l’indirizzo piu’ rigoroso adottato dalla giurisprudenza della Corte dei conti, e segnatamente da questa Sezione, sulla decorrenza del termine dalla effettiva realizzazione del danno . c) L’azione revocatoria Come segnalato nella relazione dell’anno precedente, la legge 23 dicembre 2005 n.266 (legge finanziaria per il 2006) ha ammesso il procuratore regionale della Corte dei conti ad esercitare tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, di cui al libro sesto, titolo terzo, capo quinto del codice civile13. Costituisce un rilevante potere d’azione innanzi alla Corte dei conti, che consente di mantenere integra la garanzia generica dell’ente danneggiato costituita dal patrimonio del responsabile, che potrebbe essere oggetto di un occultamento giuridico e/o materiale in attesa della formazione del giudicato. Si tratta in particolare dell’azione revocatoria di cui agli artt.2901-2904 del codice civile tesa a rendere inefficaci nei confronti degli enti danneggiati gli atti di disposizione del patrimonio lesivi della garanzia suddetta nel 13 175. Al fine di realizzare una più efficace tutela dei crediti erariali, l'articolo 26 del regolamento di procedura approvato con regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 si interpreta nel senso che il procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro sesto, titolo terzo, capo quinto del codice civile. 21 concorso dei requisiti previsti, impedendo così diminuzioni patrimoniali elusive delle aspettative risarcitorie degli enti danneggiati in attesa della condanna da parte della Corte dei conti. Anche in relazione a giudizio del genere pendente innanzi a questa Sezione, sono sorte perplessità sull’intestazione alla Corte dei conti di tale competenza, ritenendosi da alcuni che questa, estranea alla materia gestoria, sia di natura prettamente civile, coinvolgendo diritti di soggetti estranei al rapporto di servizio. Ma tale assunto è contestato dai piu’, i quali invece, giudicando i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale strettamente connessi all’accertamento e soddisfazione del credito cui accedono, ricordano l’attribuzione tradizionale del potere di sequestro conservativo alla Corte dei conti. I dubbi saranno risolti dalle sezioni unite della Corte Suprema di Cassazione, quale giudice delle giurisdizioni, cui la questione è stata rimessa. d)Estensione dell’ambito della giurisdizione gestoria L’espansione della nozione di gestione pubblica, che fuoriesce dalla ormai superata impostazione tradizionale della Contabilità Pubblica, conduce a ridefinire l’ambito della giurisdizione gestoria della Corte dei conti, in particolare per quanto riguarda la responsabilità amministrativa. In tale rinnovata prospettazione diviene irrilevante il titolo in base al quale la gestione di risorse pubbliche è svolta, potendo consistere in un rapporto di impiego o di servizio, instaurato di diritto o di fatto, ma anche in un 22 contratto privato ovvero in una concessione amministrativa di servizi o di contributi (in ultimo : Cassaz. sezioni unite civili 1 marzo 2006 n.4511/Ord.) . Allo stesso modo le forme privatistiche, in cui viene esercitata una gestione pubblica, non determina spostamenti in ordine al giudice competente, che rimane la Corte dei conti, come avviene per gli enti pubblici economici e finanche per le società sottoposte a controllo azionario del settore pubblico. Il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è infatti spostato dalla qualità del soggetto alla natura del danno e degli scopi perseguiti. Dal che deriva che qualunque soggetto che entri in contatto con una gestione pubblica, ove incida negativamente -violando obblighi specifici o generici derivanti da norme giuridiche, prescrizioni amministrative o clausole contrattuali, comprensivi dei doveri di lealtà, correttezza e buona fede- su un qualche aspetto operativo di essa e soprattutto sulle finalità poste dalla legge e sugli obietti preventivamente fissati dall’amministrazione, risponde innanzi alla Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilità delle conseguenze pregiudizievoli economicamente valutabili. e) Giurisdizione di responsabilità Consiglieri Regionali e Magistrati gestoria su Parlamentari, 23 La deviazione dai principi generali sulla responsabilità individuale trova la sua giustificazione nelle necessarie guarentigie, che l’ordinamento giuridico doverosamente riconosce a particolari categorie di esponenti dell’apparato pubblico a tutela della estrema delicatezza e rilevanza sociale della funzione esercitata. La commissione nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, ovvero in nesso strumentale di occasionalità con esse, di un fatto costituente reato fa venire meno siffatta esigenza di una speciale e piu’ favorevole disciplina della responsabilità di alcune categorie di soggetti, come Parlamentari, Consiglieri Regionali e Magistrati. Se diversamente si opinasse si verrebbe a configurare un’inammissibile posizione di privilegio non giustificato da esigenze di tutela della funzione esercitata, in violazione dell’art.3 della Costituzione . Pertanto l’ambito della giurisdizione della Corte dei conti comprende anche i danni provocati da esponenti del Parlamento (Cassaz. Sezioni Unite Civili, ord. del 2 marzo 2006, n. 4582) o di Consigli Regionali ovvero di una delle Magistrature dello Stato (Cassaz. Sezioni Unite Civili, ord. del 24 marzo 2006, n. 6582), che abbiano mantenuto una condotta antigiuridica, configurabile altresì come reato. Una questione di tale ultimo genere risulta pendente presso questa Sezione, con applicazione già disposta di sequestro conservativo su beni . In materia di immunità regionale va poi rilevato che, conformemente ai consolidati orientamenti della Corte Costituzionale (sentenze n.81/1975 e 69/1985), l’esenzione dal sindacato giurisdizionale nei confronti dei Consiglieri Regionali non è assoluta, ma è viceversa correlata all’esercizio 24 delle funzioni loro attribuite nell’ordinamento vigente dalla Costituzione o dalle altre fonti cui la prima rinvia. L’immunità non può infatti trasmodare in una apodittica posizione di privilegio di tali soggetti, giustificandosi essa per essere posta a garanzia e tutela preventiva da indebite interferenze e condizionamenti esterni sulle determinazioni inerenti alla sfera di autonomia propria dell’assemblea elettiva. Quindi l’estraneità o comunque la non riconducibilità, secondo criteri di ragionevolezza, a tale sfera di autonomia costituzionale consente la sottoposizione a sindacato giurisdizionale delle concrete scelte gestionali compiute . C - INNOVAZIONI LEGISLATIVE Nel corso del passato anno sono stati approvati importanti provvedimenti legislativi, che vengono ad incidere in vario modo sulla giurisdizione della Corte dei conti e sul suo processo. 1. Decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006 in attuazione alla delega prevista dalla legge per la competività In particolare, con riferimento al procedimento innanzi alla Cassazione, il provvedimento attua il recupero e la valorizzazione della tradizionale funzione di assicurare l’esatta osservanza ed uniforme interpretazione 25 della legge e di garantire l’unità del diritto oggettivo nazionale (nomofilachia) che l’ordinamento giudiziario attribuisce alla Suprema Corte. L'obiettivo perseguito è quello di garantire e consentire al supremo Collegio lo svolgimento della funzione di orientamento della giurisprudenza di merito, in attuazione di uno dei principi della delega legislativa che prevede, tra l’altro, il “vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite” (con possibilità di discostarsene con ordinanza motivata), in coerenza con il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. L’orientamento legislativo può costituire un’indicazione anche per la nostra magistratura, in cui le sezioni riunite in sede giurisdizionale svolgono la medesima attività nomofilattica, ancorché in forme decisamente diverse. 2. Decreto Legislativo 7 febbraio 2006, n. 62 "Modifica della disciplina concernente l'elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, a norma dell'articolo 2, comma 17, della legge 25 luglio 2005, n. 150" (pubblicato nella G.U. n. 52 del 3 marzo 2006) In attuazione della delega di cui all'art. 2, commi 17 e 18, della legge 25 luglio 2005, n. 150, è stata modificata la disciplina concernente l'elezione del Consiglio di presidenza della Corte dei conti, prevedendo il ruolo vicario della nuova figura del presidente aggiunto della Corte dei conti o, in sua assenza, del presidente di sezione più anziano. 26 E’ stato riaffermato che i componenti elettivi del Consiglio di presidenza durano in carica 4 anni e non sono nuovamente eleggibili per i successivi otto anni dalla scadenza dell'incarico. Si è poi occupato dei meccanismi elettorali di tale organo, stabilendo che ogni magistrato possa esprimere la sua preferenza per un solo componente titolare e per un solo componente supplente. In caso di dimissioni o di cessazione di uno o più membri elettivi dall'incarico per qualsiasi causa nel corso del quadriennio, sono indette elezioni suppletive per designare, per il restante periodo, il sostituto del membro decaduto o dimessosi. 3. Il decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152, contenente “Norme in materia ambientale”, solitamente definito come “Nuovo Codice dell’Ambiente”, ha introdotto profili problematici di rilievo per quel che concerne la giurisdizione in tema di danno ambientale, che all'art. 300 del citato testo normativo viene qualificato come qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima. Il danno pubblico all’ambiente -quale bene immateriale unitario tutelato giuridicamente e fruibile dai singoli e dalla collettività globalmente intesaè, quindi, quello che si concretizza nella rilevanza economica che la distruzione o il deterioramento o l’alterazione, o, in generale, la compromissione del bene, riveste in sé e per sé e che si riflette sulla collettività la quale viene ad essere gravata da oneri economici. 27 La parte sesta del codice è interamente dedicata alla responsabilità ambientale, alla prevenzione e al risarcimento del danno; sulla base del recepimento della direttiva 2004/35/CE, viene in esso introdotto il principio sintetizzabile come “chi inquina paga”. Per quanto concerne la giurisdizione, il danno ambientale, pur assumendo una dimensione patrimoniale, in considerazione degli oneri economici che gravano sulla collettività, non si identifica propriamente in un detrimento all’erario, essendo configurabile indipendentemente dal costo della rimessione in pristino e della diminuzione finanziaria subita. Tuttavia deve evidenziarsi che l'art. 313 del d.lgs. 152/2006 stabilisce che “nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale, invia rapporto all'Ufficio di procura regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio”. Da ciò si evince che l’esercizio del potere ministeriale di ordinanza non può avvenire in alternativa all'esperimento dell'azione di responsabilità amministrativa riservata alla Corte dei conti, che finisce, così, per rivestire carattere di esclusività “nel caso di danno (ambientale) provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione delle Corte dei conti”; laddove, in ogni altro caso, stante il combinato disposto degli artt. 313 e 315 del d.lgs. in esame, al ministro sono attribuiti due rimedi, alternativi tra loro: a) l’azione civile (da esercitarsi anche, e non solo, in sede penale) innanzi al giudice ordinario; b) l’adozione dell’ordinanza di cui all’art. 313 del codice stesso, che costituisce un provvedimento di tipo autoritativo. 28 L'art. 318 del Nuovo Codice dell'Ambiente, inoltre, ha statuito l'abrogazione dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, ad eccezione del comma 5. Non può, pertanto, non rilevarsi come il Testo Unico sia intervenuto radicalmente sul quadro normativo precedentemente in vigore, anche abrogando lo storico art. 18 della legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente n. 349/1986 dianzi citato, che aveva escluso l’intervento diretto della Corte dei conti in materia ambientale, ed abbia così sancito la legittimazione esclusiva dello Stato ad agire per il risarcimento del danno ambientale. Nel nuovo impianto normativo, le Regioni e gli enti territoriali minori non hanno, infatti, legittimazione processuale attiva, ma possono solamente presentare al Ministro dell’ambiente, ex art. 309, denunce ed osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente dello stesso e sollecitarne l’intervento a tutela dell’ambiente, a norma della parte sesta del decreto. Il Ministro dell’Ambiente, dunque, può agire in via esclusiva per il risarcimento del danno, salvo che quest'ultimo – come già sopra evidenziato – sia stato provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione contabile, nel qual caso l'attivazione delle misure di tutela risarcitoria del danno stesso spetta in via esclusiva alla Corte dei conti (art. 313, comma 6). 4. Il decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, ovvero il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione 29 delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, ha messo ordine a 150 anni di stratificazione normativa ed a oltre 50 testi disciplinanti la materia, allineando il diritto interno a quello comunitario ed alla giurisprudenza più recente della Corte di Giustizia e dei giudici amministrativi. Di conseguenza, al cd. Nuovo Codice degli Appalti Pubblici deve riconoscersi natura non meramente compilativa, poiché con esso sono stati modificati tutti i comparti ed introdotti i nuovi strumenti negoziali previsti dalle Direttive Comunitarie, cioè l’accordo quadro, il dialogo competitivo, la centrale di committenza e le aste elettroniche. In altri termini, l'adeguamento alla disciplina comunitaria così dettata sulla materia de qua è suscettibile di dare luogo a rilevanti profili d'interesse per quel che concerne gli effetti sulla giurisdizione contabile, con particolare riferimento all'ampliamento dell'applicabilità di tale sindacato giurisdizionale, anche nei confronti di soggetti aventi connotazione eminentemente privatistica, ma accedenti ad aiuti, a contributi ed a corrispettivi pubblici aventi destinazione predeterminata, nonché legati al rispetto delle procedure di evidenza pubblica. Invero, il testo legislativo in esame è inteso a privilegiare l'esigenza di imporre che, tutte le volte in cui debba effettuarsi la scelta di un operatore chiamato a svolgere attività di pubblico interesse, in applicazione dei principi di buona amministrazione, di trasparenza dell'azione amministrativa e di concorrenzialità, vengano puntualmente espletate procedure di evidenza pubblica, rispondenti alla necessità di individuare, mediante valutazione comparativa basata su parametri obiettivi, il 30 soggetto più idoneo, che offra la prestazione richiesta alle condizioni migliori. Vengono, quindi, fatti emergere e resi compiutamente visibili i motivi di interesse pubblico che presiedono alla scelta contrattuale, nonché i modi di gestione di quelle risorse finanziarie che normalmente vengono impegnate da qualsiasi soggetto nell’esercizio della propria azione contrattuale. Nel contempo, vengono predisposte e rese altrettanto visibili le condizioni idonee ad assicurare ai soggetti interessati a partecipare allo scambio contrattuale con l’amministrazione il pareggiamento di situazioni e di opportunità nella presentazione delle rispettive candidature. Il risultato, almeno potenziale, dell'entrata in vigore del testo unico dianzi individuato, consiste nell'agevolare l'attuazione concreta del sindacato affidato all'autorità giudiziaria contabile, agevolazione quanto mai opportuna in tale settore, atteso che la realizzazione dell'opera oggetto del contratto, da qualificare come “pubblico”, va resa alla collettività con la previsione di un corrispettivo, a carico degli utenti, teso ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario della realizzazione stessa. Invero, la Corte dei conti, quale garante dell'integrità della finanza e del patrimonio della collettività -concetto quest'ultimo suscettibile di sempre maggiore estensione in un contesto sociale che si fonda sempre di più su una valutazione economicistica degli interessi- diviene in quest'ottica il giudice naturale della buona amministrazione sotto il profilo dei suoi riflessi sull'economia pubblica. 31 5. La legge 4 agosto 2006, n. 248, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” contiene varie statuizioni d’interesse per la Corte dei conti, fra le quali meritano particolare menzione le disposizioni contenute nell’art. 35, commi 26-ter e 26-quater, con le quali è stata introdotta, a favore dei concessionari del servizio nazionale della riscossione e dei commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, la “facoltà di sanare le responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 30 giugno 2005” mediante il versamento di determinati importi, semprecché si tratti di responsabilità amministrativa derivante dalle violazioni che comportano l’irrogazione delle sanzioni, senza che tale sanatoria possa riguardare il pagamento delle somme dovute e non riversate e dei relativi interessi – come chiarito con circolare n. 12 del 4 aprile 2006 dell’Agenzia delle Entrate. La sanatoria di che trattasi -pur se per disposizione del summenzionato comma 26/quater, non si applica ai provvedimenti sanzionatori e di diniego del diritto al rimborso o al discarico per inesigibilità, per i quali non era pendente ricorso amministrativo o giurisdizionale alla data del 30 giugno 2005- è evidentemente suscettibile di produrre considerevoli effetti sui giudizi ad istanza di parte non ancora definiti a quella data. 32 6. La legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007), in un contesto disorganico di disparate disposizioni, contiene alcune previsioni che si riferiscono alla Corte dei conti, ed in particolare 6.1 Al riguardo del controllo, il comma 47314, modificando il precedente regime, dispone che sia il Parlamento, attraverso le competenti Commissioni, a fissare le priorità, cui dovrà attenersi la Corte dei conti in sede di definizione dei programmi e dei criteri di riferimento del controllo sulle gestioni pubbliche. Indubbiamente la novella è passibile di diverse letture, a seconda del modo di intendere il controllo esterno sulle gestioni. Viene in tal modo istituito uno stabile cordone ombelicale tra questa forma di audit ed il Parlamento, che è stato invero sin dall’inizio il referente privilegiato di tale attività di analisi sistemica; né può temersi che per tale mezzo si realizzi un’ingerenza politica, in quanto essa è limitata ad indicazioni di priorità nell’ambito di un controllo di tipo collaborativo . Costituirà un problema applicativo il coordinamento delle due Camere per lo svolgimento di tale delicata competenza comune. 6.2 In ordine alla responsabilità gestoria di tipo amministrativo il comma 593 introduce un’ipotesi tipica, concernente gli amministratori di società a partecipazione pubblica -allorquando abbiano disposto il pagamento di compensi professionali in misura superiore al limite di legge costituito dalla retribuzione del Primo Presidente della Corte di cassazione-, in solido con il beneficiario. La disposizione fa sorgere alcune perplessità di fondo. 14 473. Il terzo periodo del comma 4 dell’articolo 3 della legge 14 gennaio 1994 n.20 è sostituito dal seguente: “La Corte definisce annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari a norma dei rispettivi regolamenti”. 33 Presenta infatti la particolarità di prevedere per la prima volta il coinvolgimento diretto in via solidale del beneficiario, nell’ambito del rapporto di servizio, nonché un risarcimento, qualificato come “rimborso”, a titolo di danno erariale di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra massima consentita per il compenso de quo. Inoltre il c.d. rimborso riguarda in gran parte somme effettivamente non erogate, ridondando in una vera e propria sanzione per illecito amministrativo, che tra l’altro non ha alcun senso nei confronti del beneficiario del compenso, salvo che questi non abbia partecipato all’erronea determinazione, tanto più in misura maggiore di quanto illegittimamente percepito. Infine il limite che fa scattare tale anomala forma di responsabilità “formale” non risulta precisamente determinato dalla legge, che non specifica se bisogna riferirsi alla “pura” ed astratta retribuzione tabellare della qualifica e se vanno computate tutte le indennità . 6.3 Nel campo del contenzioso pensionistico i commi 774 e 77515 introducono un’interpretazione autentica dell’art. 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995 n. 335. A tenore di tali disposizioni, invero, in primo luogo è stato espressamente chiarito che l’indennità integrativa speciale deve intendersi come parte integrante del complessivo trattamento pensionistico, ed in secondo luogo 15 774. L’estensione della disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti di assicurato e pensionato vigente nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria a tutte le forme esclusive e sostitutive di detto regime prevista dall’articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che per le pensioni di reversibilità sorte a decorrere dall’entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, l’indennità integrativa speciale già in godimento da parte del dante causa, parte integrante del complessivo trattamento pensionistico percepito, è attribuita nella misura percentuale prevista per il trattamento di reversibilità. 775. Sono fatti salvi i trattamenti pensionistici più favorevoli in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge, già definiti in sede di contenzioso, con riassorbimento sui futuri miglioramenti pensionistici. 34 è stato stabilito che l’indennità integrativa afferente le pensioni di reversibilità decorrenti dal 17 agosto 1995 (data di entrata in vigore della legge 335/1995) deve essere attribuita per il trattamento di reversibilità nella medesima misura percentuale di cui precedentemente beneficiava il dante causa, indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, con salvezza dei soli trattamenti più favorevoli già attribuiti alla data di entrata in vigore della Legge Finanziaria (1 gennaio 2007) a seguito di definizione in sede contenziosa e comunque con riassorbimento degli stessi sui futuri miglioramenti pensionistici; di conseguenza, viene anche prevista l’abrogazione dell’art. 15, comma 5, della legge 23 dicembre 1994 n. 724 nel successivo comma 77616. Sono, sul punto, evidenti le difficoltà interpretative destinate a sorgere in ordine al significato da attribuire alle espressioni “definizione in sede di contenzioso” e “riassorbimento sui trattamenti pensionistici futuri”, difficoltà suscettibili di avere significative ripercussioni sui giudizi pendenti e da risolvere presumibilmente ad opera dei supremi organi giurisdizionali. Ma , ancor piu’, va segnalato che la Sezione giurisdizionale regionale per la Sicilia, con ordinanza n. 13/2007 dell'11 gennaio 2007, ha già sollevato con tempestività questione di costituzionalità della suddetta disposizione di cui al comma 774, in quanto con essa è stato cancellato, con effetti ex tunc, un diritto oramai acquisito e pacificamente riconosciuto per le pensioni vedovili più datate (cioè riferite a pensioni del dante causa anteriori al 1995), su di cui peraltro si era formato un orientamento giurisprudenziale, condiviso da questa Sezione e peraltro fondato su di 16 776 “E’ abrogato l’art.15 della legge 23 dicembre 1994 n.724” 35 una autorevole e convincente interpretazione, in materia, da parte delle Sezioni Riunite della Corte (sentenza n. 8/2002/QM delle Sezioni Riunite), che avevano escluso la tacita abrogazione della medesima norma per effetto dell'art. 1, comma 41, della legge n. 335/95. 6.4 Nel campo del contenzioso di responsabilità gestoria di tipo amministrativo, la legge finanziaria 2007 contiene, al comma 1346 del maxiemendamento approvato il 15.12.2006, la disposizione che sostituisce, al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, le parole "si è verificato il fatto dannoso" con le seguenti: "è stata realizzata la condotta produttiva di danno"; tale statuizione ha suscitato grande sgomento all’interno della nostra Istituzione, poiché, incidendo sulla prescrizione nei giudizi di responsabilità amministrativa, è stata indicata come gravemente lesiva delle funzioni giurisdizionali esercitate dalla Corte dei conti. Invero, con essa si anticipa notevolmente il compimento del termine prescrizionale per l’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa da parte del procuratore regionale della Corte dei conti. In pratica, la disposizione intenderebbe rendere prescritte, e quindi non perseguibili, moltissime fattispecie di responsabilità, con conseguente grave danno per l’Erario, che non vedrebbe più risarcite le lesioni patrimoniali subite, così dando luogo ad un rilevante svilimento delle funzioni di tutela dell’integrità patrimoniale pubblica che la Costituzione affida alla magistratura contabile. Sul piano più strettamente tecnico, si potrebbe rilevare che non risponde ai principi fondamentali che informano il nostro ordinamento giuridico sin 36 dal diritto romano -actioni nundum natae non praescribitur- una disposizione intesa a far decorrere la prescrizione di un’azione non ancora esercitabile (per non essersi ancora verificato il danno erariale), impedendo in tal modo all’inquirente contabile di svolgere la sua funzione nell’interesse della legge e dell’erario ed in definitiva nell’interesse generale di tutti i cittadini. Stante la negativa efficacia dirompente della disposizione in parola, il Governo ha prontamente assunto l’impegno ad impedirne l’entrata in vigore anche per un solo giorno mediante l’emanazione, prima della pubblicazione della legge Finanziaria sulla Gazzetta Ufficiale, di un apposito decreto legge abrogativo. 7. decreto legge 27.12.2006 n.299 Il provvedimento legislativo d’urgenza ha abrogato la disposizione introdotta dal contestato comma 1343 della legge 296/2006 contenente la prescrizione anticipata dei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti. Si resta in attesa della conversione in legge del suddetto decreto, su di cui non sono mancate critiche dall’interno stesso della maggioranza di Governo. 8. progetto di legge delega per il nuovo codice di procedura contabile, presentato il 29 giugno 2006 (Atto Senato 702) ed assegnato alla 1^ Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente. 37 Si ritiene di dare notizia di un’iniziativa legislativa di rilevante interesse per la Corte dei conti. Il Consiglio Direttivo dell'Associazione Magistrati, nella seduta del 6 marzo 2006, ha definitivamente approvato il testo del suddetto progetto di legge. Esso contiene una prima esposizione di principi di carattere generale, intesi ad informare la regolamentazione del processo contabile in ciascuna delle sue possibili articolazioni, cioè sia in materia contabile -giudizi di responsabilità, di conto ed a istanza di parte- che pensionistica –civile, militare e di guerra. Di particolare rilievo si rivelano, in tale ambito, la semplificazione e lo snellimento dei giudizi di responsabilità, anche attraverso l’informatizzazione avanzata delle procedure, la “partecipazione al giudizio delle parti, su basi di effettiva parità in ogni stato e grado del processo, anche in attuazione del principio costituzionale del giusto processo”, il riordino e l’adeguamento della disciplina concernente l’istruzione probatoria e la consulenza tecnica d’ufficio, nonché della disciplina del giudizio d’appello. Di seguito, il progetto pone principi intesi a ricevere applicazione nella regolamentazione specifica di ciascuno dei predetti giudizi contabili. Per quel che concerne il giudizio di responsabilità, presentano spunti di notevole interesse i principi di tutela del contraddittorio, di ampliamento dei poteri d’indagine del procuratore contabile, di conservazione e – a un tempo - di regolamentazione secondo criteri predeterminati dell’esercizio del potere riduttivo, di disciplina dell’archiviazione della notizia di danno con previsione di un controllo (sia pur limitato) del giudice, di riordino del procedimento camerale per l’autorizzazione alla proroga del termine per 38 l’emissione dell’atto di citazione, di disciplina del regime d’invalidità dell’atto di citazione, di riordino della disciplina delle azioni previste a tutela delle ragioni del creditore, di garanzia dell’effettività del giudicato. Sotto l’esaminato profilo, merita specifica menzione l’auspicato riordino delle ipotesi in cui è previsto l’obbligo di denuncia del fatto dannoso, esplicitato dal d.d.l. in parola con specifico riferimento ai giudizi di responsabilità, in considerazione del fatto che anche la procura generale della Corte dei conti si è espressa, con nota n. 114521/SPG del 17 maggio 2006, nel senso di rimarcare l’”esigenza della massima sollecitudine dell’Amministrazione danneggiata quanto alla trasmissione delle denunzie di danno”, in considerazione del fatto che il termine prescrizionale quinquennale dell’azione di responsabilità gestoria (da farsi decorrere dal momento in cui l’amministrazione medesima ha -od avrebbe potuto avereconoscenza dell’evento pregiudizievole e non dalla data della ricezione della notitia damni da parte della procura contabile) decorre nuovamente ed a carico di chi vi è preposto, nel caso di prescrizione maturata “a causa di omissione o ritardo della denuncia del fatto” (art. 1, comma 3, legge n. 20/1994). Vale evidenziare, sul punto, che le ragionerie provinciali dello Stato sono state sollecitate dalla ragioneria generale, con nota n. 166715 del 13 dicembre 2006 (che fa espresso riferimento e richiamo alla predetta nota della procura generale di questa Corte), a provvedere immediatamente, “trascorso inutilmente il termine perentorio fissato nel primo rilievo per la regolarizzazione dell’atto (messa in mora dell’amministrazione)”, alla segnalazione del caso alla competente Procura contabile, “senza attendere gli esiti di eventuali iniziative in corso”. 39 Con riferimento al giudizio di conto, si auspica poi, specificamente, la semplificazione delle norme che lo regolano nel rispetto del principio del contraddittorio, la previsione di forme di condanna da parte del giudice monocratico in ipotesi di ammanco o di perdita accertata (con possibilità di reclamo al collegio), la previsione di forme di controllo amministrativo per tutti i conti da parte delle amministrazioni interessate con conseguente limitazione dell’esame giudiziale ai conti per i quali siano stati formulati rilievi o contestazioni in sede di controllo amministrativo o da parte di soggetti comunque portatori di interessi collettivi o diffusi. Per quanto, invece, concerne, in particolare, il giudizio pensionistico, rivestono notevole interesse i principi, contenuti nel d.d.l., intesi al “riordino della disciplina in materia di nullità e di inammissibilità del ricorso con previsione delle ipotesi di eventuale declaratoria con decreto presidenziale” (con reclamo avanti il Collegio), la “disciplina del regime e dei termini delle preclusioni e delle decadenze, anche con riguardo alle eccezioni processuali e di merito” e la “possibilità per il giudice monocratico di riservarsi la decisione da adottare entro trenta giorni dall’udienza di merito”. L’adozione del nuovo codice di procedura contabile è da tempo presentata come un’improrogabile necessità, considerate la vetustà e la lacunosità del T.U. 1038/1933, anche allo scopo di limitare il ricorso all’applicazione delle norme di procedura civile, sovente attuato in virtù del “rinvio dinamico” contenuto nell’art. 26 del precitato T.U., che provoca innumerevoli contrasti giurisprudenziali; ciò anche al fine di consentire –tra l’altro- il “rispetto della configurazione assunta dalla responsabilità amministrativa 40 a seguito della riforma di cui alle leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e n. 20” (art. 2, punto d), del testo di progetto di legge delega al Governo per l’adozione del nuovo codice di procedura contabile approvato dal Consiglio Direttivo dell’Associazione Magistrati Contabili). D - GIURISPRUDENZA DELLE SUPREME GIURISDIZIONI. a) CORTE COSTITUZIONALE. Ordinanza n. 261 dep. il 4 luglio 2006: nel giudicare inammissibile per irrilevanza la questione di legittimità prospettata, afferma che gli artt. 14 e 26 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 13 agosto 1933 n. 1038 –e, per il tramite di quest'ultima disposizione, l'art. 210 del codice di procedura civile– consentono alla Corte di ordinare alle parti di produrre gli atti e i documenti ritenuti necessari alla decisione della controversia, e quindi di richiedere l'esibizione dell'atto di archiviazione disposto nei confronti di altri soggetti, concorrenti nel medesimo fatto produttivo di responsabilità amministrativa; al fine, all'esito di quella esibizione, non solo di ordinare, se del caso, l'intervento in causa dei concorrenti nella causazione del danno pubblico (allargamento del contraddittorio, non impedito dal fatto che la loro posizione sia stata archiviata dal procuratore regionale, non formandosi il giudicato con l'archiviazione), ma anche, eventualmente, di procedere ad una più esatta personalizzazione ed individualizzazione della 41 responsabilità nei confronti di coloro che sono stati citati a giudizio dal pubblico ministero. Ordinanza n. 267 del 6 luglio 2006: dichiara infondata, in relazione agli artt. 114, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 della legge della Regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste 19 maggio 2005, n. 10 (Disposizioni in materia di controllo sulla gestione finanziaria e istituzione della relativa Autorità di vigilanza), in quanto le disposizioni denunciate, configurando un'Autorità di vigilanza che svolge una funzione di controllo interno alla Regione, a fini di collaborazione con il Consiglio regionale (presso il quale risulta istituita), e che non si sovrappone né pone limitazioni rispetto a quella di livello unitario da esercitarsi dalla Corte dei conti, si collocano nell'ambito delle previsioni di cui agli artt. 2, primo comma, lettere a) e b), e 3, comma primo, lettera f), dello statuto di autonomia, e cioè delle materie, rispettivamente, dell'ordinamento degli uffici regionali e degli enti locali e dell'attuazione ed integrazione delle leggi della Repubblica in tema di finanze regionali e comunali. Ordinanza 06 luglio 2006 n. 273: dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 172 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia. Testo B), trasfuso nell'articolo 172 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. Testo A), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 101, 42 102, 104 e 108 della Costituzione, dalla Corte dei conti –Sezione Giurisdizionale Centrale, precisando che detta disposizione , la quale stabilisce che i magistrati e i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall'erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa”, non ha alcun contenuto innovativo dell'ordinamento giuridico previdente, senza incidere in alcun modo, quindi, sulla questione della responsabilità dei magistrati per attività giudiziaria oggetto del giudizio a quo, la quale trova la sua soluzione nell'interpretazione dell'ambito oggettivo e soggettivo della disciplina dettata in tema di responsabilità amministrativa. b) CORTE DI CASSAZIONE. SS.UU. Civili, sent. del 5 gennaio 2006, n. 1378: il sindacato giurisdizionale della Corte di Cassazione sulle pronunce della Corte dei conti è ammesso per verificare che il giudice contabile non abbia emanato un provvedimento non riconducibile a quelli che, in astratto, ha il potere di emanare, ovvero non abbia travalicato i limiti della c.d. "riserva di amministrazione". Per non travalicare tali limiti, una volta accertata la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell'ente, la Corte dei conti non può estendere il suo sindacato all'articolazione concreta e minuta dell'iniziativa intrapresa, la quale rientra nell'ambito di quelle scelte discrezionali di cui la legge stabilisce l'insindacabilità, mentre 43 può dare rilievo alla non adeguatezza dei mezzi prescelti nell'ipotesi di assoluta ed incontrovertibile estraneità dei mezzi stessi rispetto ai fini. Anche dopo l'inserimento della garanzia del giusto processo nell'art. 111 Cost., quindi, il sindacato della Corte di Cassazione sulle decisioni del giudice contabile continua ad essere circoscritto al controllo dell'eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione di tale giudice e non si estende alle modalità del suo esercizio. SS.UU. Civili, sent. del 1° marzo 2006, n. 4511: a) è del tutto irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa od in un contratto privato; b) il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato od un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scelte, incida negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla Pubblica Amministrazione, alla cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e l’incidenza sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, egli realizza un danno per l'ente pubblico (anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come concretizzato ed approvato dall'ente pubblico con il concorso dello stesso imprenditore). 44 Sono evidenti, nella innovativa statuizione qui riportata in sintesi, le suggestioni comunitarie provenienti dall’interpretazione data dalla Corte di Giustizia europea alla nozione di organismo di diritto pubblico. SS.UU. Civili, ord. del 2 marzo 2006, n. 4582: il deputato, quando esercita il proprio compito istituzionale, agisce in funzione di un rapporto di servizio, speciale ed onorario e non è perseguibile in assoluto solo se c’è uno stretto legame funzionale tra opinioni espresse ed atti compiuti con l’esercizio indipendente delle proprie attribuzioni (Corte Costituzionale, sentenze 10/2000 e 11/2000); legame che, evidentemente, s’interrompe quando l’accettazione di denaro e di altri beni materiali intervenga a condizionare atti parlamentari e/o di governo. SS.UU. Civili, ord. del 24 marzo 2006, n. 6582: spetta alla Corte dei conti, in sede di giudizio di responsabilità amministrativa, conoscere del danno erariale conseguente a fatto costituente reato commesso da magistrato, nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali. Infatti “la commissione nell’esercizio delle funzioni di un fatto costituente reato fa venire meno l’esigenza di una speciale e piu’ favorevole disciplina della responsabilità dei magistrati”. SS.UU. Civili, sent. del 31 marzo 2006, n. 7578: la domanda di esecuzione di una sentenza di condanna della pubblica amministrazione, ancorché pronunciata da un giudice speciale (nella specie, la Corte dei conti in sede di giudizio pensionistico), al pari di quella proposta nei confronti di 45 qualsiasi altro debitore, introduce sempre una controversia di diritto soggettivo, la cui tutela, in fase esecutiva ed al fine della decisione sulle opposizioni ivi proposte, non può che competere al giudice ordinario. Tale decisione, concernente la tutela esecutiva del diritto pensionistico riconosciuto, non incide sui giudizi di ottemperanza delle decisioni in materia adottate dalla Corte dei conti, attribuiti dalla legge n.205/2000 alla stessa giurisdizione contabile . SS.UU. Civili, sent. del 13 giugno 2006, n° 13659: 1) la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano; 2) spetta al giudice amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere, forme di tutela fra le quali rientra il risarcimento del danno; 3) Il giudice amministrativo rifiuta di esercitare la giurisdizione e la sua decisione, a norma dell'art. 362, primo comma c.p.c, si presta a cassazione da parte delle sezioni unite quale giudice del riparto della giurisdizione, se l'esame del merito della domanda autonoma di risarcimento del danno è rifiutato per la ragione che nel termine per ciò stabilito non sono stati chiesti l'annullamento dell'atto e la conseguente rimozione dei suoi effetti, poiché deve considerarsi esclusa la pregiudiziale amministrativa tra autotutela e danno erariale. 46 Sez. I, sent. del 21 settembre 2006, n. 20440: sono giuridicamente inesistenti le notifiche delle multe fatte da società private di recapito alle quali il Comune abbia affidato il servizio di consegna di atti giudiziari; pertanto, l’effetto giuridico è l’estinzione dell’obbligazione di pagare la somma dovuta per violazione al Codice della Strada. La pronuncia qui riportata in sintesi è suscettibile di produrre rilevanti conseguenze in termini di responsabilità erariale di amministratori e funzionari comunali nel caso di mancato introito delle somme oggetto delle contravvenzioni irrogate, nel caso – appunto – di affidamento del servizio di consegna dei relativi atti a società private. Sez. I, sent. del 19 ottobre 2006, n. 22357: solleva la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5bis del D. L. 333/92, convertito in legge 359/92, per contrasto con gli articoli 111 e 117 della Costituzione, anche in rapporto all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e all’articolo 1 del primo protocollo addizionale a tale Convenzione, nella parte in cui i criteri legali di liquidazione della indennità di espropriazione ivi disciplinati non consentono un serio ristoro dei proprietari espropriati. c) SEZIONI RIUNITE DELLA CORTE DEI CONTI. Sent. n. 2/QM/2006 del 22 febbraio 2006: per il titolare di due pensioni resta fermo il divieto di cumulo delle indennità integrative speciali di cui dall’art. 99, comma secondo, del D.P.R. 1092/1973, con l’integrazione 47 operata con la sentenza manipolativa della Corte Costituzionale n. 494/1993, e cioè con salvezza comunque dell’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Tale pur autorevole pronuncia non è però generalmente condivisa dalla giurisprudenza di merito, e segnatamente di questa Sezione. Sent. n. 7/QM/2006 riconoscimento, ai del fini 14 luglio pensionistici, 2006: dei sussiste periodi il diritto al corrispondenti all’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità, verificatasi al di fuori del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 25, co. 2, del D.Lgs. 26.3.2001, n. 151, in relazione a quanto disposto dagli artt. 16 e 17 dello stesso testo normativo, i quali disciplinano diritti e doveri in occasione della maternità in ambito lavorativo, a domanda e con effetti a decorrere dalla stessa, ancorché la stessa sia avanzata non in costanza di attività lavorativa. d) GIURISDIZIONI AMMINISTRATIVE. I. CONSIGLIO DI STATO. Sez. V, sent. del 9 ottobre 2006, n. 5986: qualora un'amministrazione si sia costituita parte civile in un procedimento penale nei confronti di un dipendente e penda a carico del medesimo un procedimento davanti alla Corte dei conti per gli stessi fatti, legittimamente la medesima amministrazione nega il rimborso delle spese legali al dipendente (poi assolto dalla corte di appello), per la sussistenza del conflitto di interessi 48 di cui all'art. 67 indipendentemente del D.P.R. da ogni 13 maggio valutazione 1987 n. attinente 268 e all’esito ciò del procedimento penale ed all’accertamento della responsabilità contabile del dipendente. Adun Plen. decisione del 9 febbraio 2006, n° 2: il venir meno, per annullamento giurisdizionale, di atti che sono espressione di una posizione di autorità, non rende rilevanti soltanto come “comportamenti” gli effetti medio tempore prodottisi in loro esecuzione, ma ne fa concentrare la cognizione dinanzi allo stesso giudice amministrativo, che verifica il corretto esercizio del potere; la regola della concentrazione, davanti al giudice dell’impugnazione, anche della cognizione della pretesa riparatoria, “non conduce ad una diversa soluzione, quando la controversia sul risarcimento sia prospettata con autonomo, e successivo, ricorso, ossia dopo che il giudizio sul provvedimento si sia concluso e la relativa decisione sia passata in giudicato. Ed, invero, il nesso fra illegittimità dell’atto e responsabilità dell’autorità amministrativa che lo ha posto in essere, non ha diversa natura, né è meno stretto o di diversa intensità se le due questioni dibattute – quella di non conformità a legge della misura autoritativa e quella di responsabilità per i danni che ne sono derivati – sono esaminate e risolte in unico o in separati giudizi”. Il consesso di Palazzo Spada ha così espresso un orientamento contrastante con quello riportato nella sentenza n. 1207/2006 delle Sezioni Unite della Cassazione, la quale ha precisato che il privato resta libero di scegliere tra la contestualità delle azioni, (annullamento e 49 risarcimento) o la separazione, poiché l’azione risarcitoria nel processo amministrativo è un rimedio “in più”, un quid pluris: in quest’ultimo caso, ottenuto l’annullamento, ben potrà il privato adire il Giudice ordinario per la pretesa risarcitoria, in quanto il giudice ordinario è giudice in via generale per il ristoro, (già in passato, così, si è parlato di diritto di credito al risarcimento come pieno diritto soggettivo). La riportata diversità d’indirizzo in tema di azioni risarcitorie autonome è evidentemente potenzialmente produttiva di conseguenze sensibilmente negative in termini di “certezza” del diritto. II. TRIBUNALI AMMINISTATIVI REGIONALI T.A.R. Campania, Sez. VI Napoli, sent. del 22 maggio 2006, n. 7302: rientrano nella giurisdizione della Corte dei conti le controversie inerenti l’attribuzione dei benefici stipendiali di cui agli artt. 117 e 120 del r.d. 3458/1928, spettanti al personale militare costituito da pubblici dipendenti mutilati o invalidi per servizio, a condizione che le infermità o mutilazioni siano state riconosciute dipendenti da causa di servizio ed ascritte o anche semplicemente ascrivibili alle categorie di menomazione comprese tra la prima e l'ottava della tabella A, poiché tali benefici, pur costituendo differenze stipendiali riferite ad una fase del rapporto di lavoro, si sviluppano in modo tale da influire sulla determinazione della pensione, in special modo se questa è già in godimento. E - CONTENZIOSO IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA 50 a. GIUDIZI DI RESPONSABILITÀ a.1 premessa La Sezione si è pronunciata con immutato rigore sulle fattispecie di responsabilità gestoria sottoposte al suo esame, costituite talora da atteggiamenti dolosi dei responsabili, ma più di frequente caratterizzate da significativa negligenza degli agenti medesimi nei loro comportamenti tali da evidenziare colpa grave. La procura ha sovente ricollegato alle fattispecie di danno patrimoniale oggetto delle pretese risarcitorie avanzate nel corso dell'anno 2006 sempre nel caso di illeciti aventi natura dolosa, ma sovente anche in presenza di comportamenti connotati da colpa- anche ipotesi di danno all'immagine. La Sezione ha affermato la sussistenza di tale peculiare danno nella sentenza n. 1683/06, che ha rilevato la sua diretta derivabilità dallo strepitus fori e dallo strepitus iudicii (condanna definitiva in sede penale) causato da una vicenda di comportamenti delittuosi di alcuni militari della Guardia di Finanza, negandola, invece, con le pronunce nn. 2866/06, 1742/06, 1618/06, sostenendo, in tali ultimi casi, l’inderogabile necessità di far assistere la pretesa risarcitoria da congrui e precisi elementi di prova. La persistente mancanza di separazione tra politica ed amministrazione e –per converso– all'inverosimile, la delle ripartizione competenze fra gli relative uffici, a frammentate ciascuna attività, sino che caratterizza gli apparati amministrativi, determinano il concorso di più soggetti nella produzione del danno, con conseguente notevole difficoltà, 51 per il requirente prima, e per la Sezione giudicante poi, nell'individuazione e nella graduazione dei vari apporti causativi del danno. Tuttavia, la Sezione ha mantenuto fermo l'orientamento, già chiaramente espresso in precedenza, di respingere le richieste di integrazione del contraddittorio a soggetti non convenuti in giudizio, che vengono ormai introdotte nella quasi totalità delle difese dei convenuti, sui presupposti della natura parziaria della responsabilità gestoria (fatta naturalmente eccezione per le residuali ipotesi di litisconsorzio necessario) e dell'attribuzione normativa al Requirente della competenza a valutare gli elementi ed i presupposti sottesi alla vocatio in ius di un soggetto piuttosto che di un altro, essendo invero rimesso soltanto alla procura l'esercizio dell'azione di responsabilità gestoria. Per converso, la disorganizzazione e la frammentarietà degli apparati amministrativi costituisce sovente motivo di esercizio del potere riduttivo degli addebiti, al quale peraltro viene fatto ricorso soltanto in presenza di circostanze obiettivamente rilevabili in concreto, in ordine alle quali viene sempre fornita dettagliata motivazione a corredo del provvedimento finale. I problemi di particolare rilievo che la Sezione ha affrontato nel corso dell'anno 2006 hanno riguardato talune particolari e nuove figure di danno -di cui oltre si riferirà, citando le pronunce che hanno statuito in merito- la sussistenza di giurisdizione contabile su soggetti asseritamente non legati da rapporti di servizio, nonché problematiche di carattere squisitamente processuale ad oggi non unanimemente risolte. Infatti, con l'ordinanza n. 397/2006 sono state rimesse alle Sezioni Riunite di questa Corte le 52 seguenti questioni di massima: 1. se la sospensione feriale prevista dall'art.1 della legge 7 ottobre 1969 n.742 si applica al termine, non inferiore a trenta giorni, assegnato, ai sensi dell'art. 5, comma 1, l. n. 19/1994 dal procuratore regionale al presunto responsabile per depositare le proprie deduzioni ed eventuali documenti; 2. se la violazione del termine di 120 giorni previsto dal medesimo art. 5, decorrente dalla scadenza del termine assegnato al presunto responsabile per depositare le deduzioni, con conseguente inammissibilità dell'atto di citazione, sia rilevabile d'ufficio dal giudice. Ciò, in quanto la Sezione ha rilevato la perdurante sussistenza, su tali questioni, di orientamenti contrastanti, sia fra le sezioni giurisdizionali regionali e sia fra quelle centrali, ed ha quindi ritenuto che sia necessaria una pronuncia di chiaro indirizzo sui predetti punti, tale da uniformare gli orientamenti giurisprudenziali tuttora contrastanti. Per quanto, poi, concerne, l'applicazione concreta della disciplina in materia di liquidazione delle spese legali, dettata dal decreto legge 30 settembre 2005 n° 203, convertito in legge 2 dicembre 2005 n° 248, art. 10-bis, comma 10, la Sezione, ferma restando l’autonomia valutativa di ciascun magistrato nella disamina del caso concreto sottoposto di volta in volta alla sua attenzione, ha adottato, in via non uniforme, ma soltanto prevalente, i seguenti orientamenti: 1.rapporto di reciproca non interferenza liquidazione giudiziale-rimborso stragiudiziale; 2.liquidabilità d’ufficio; 3.natura di condanna della pronuncia di liquidazione; 4.riferimento della disposizione alla liquidazione dei soli diritti ed onorari. In applicazione di tali principi, hanno positivamente statuito sul diritto dei 53 convenuti prosciolti nel merito al rimborso dei diritti e degli onorari del giudizio le sentenze nn. 2864/06, 2723/06, 1965/06, 1963/06, 1614/06 e 1106/06. Sul punto, è stato poi espressamente chiarito, con la sentenza n. 425/06, che la disciplina di che trattasi non trova applicazione all'ipotesi di assoluzione per prescrizione dell'azione risarcitoria. Le condanne irrogate dalla Sezione - alcune delle quali appellate - durante l’anno giudiziario 2006 ammontano nel complesso a € 1.915.769,32. a.2 esame analitico delle pronunce Una prima e consistente serie di fattispecie esaminate dalla Sezione (e definite con sentenza nell'anno 2006) riguarda le ipotesi di c.d. danno erariale indiretto, cagionato, cioè, dal presunto responsabile ad un terzo nei cui confronti l’amministrazione è tenuta al risarcimento oppure al rimborso di spese processuali. Piuttosto numerose, come in passato, sono state, in particolare, le pronunce relative a danni per occupazioni di urgenza di suoli privati, non seguite dalla espropriazione dei beni occupati nei termini legali, occupazioni che hanno comportato l'acquisizione del bene al patrimonio comunale per occupazione acquisitiva e la condanna in sede civile delle amministrazioni al pagamento del risarcimento del danno. Tali ipotesi di danno -come già evidenziato in apertura dell'anno 2006- non possono, invero, allo stato ritenersi in via di superamento, per il susseguirsi di sentenze civili che liquidano i risarcimenti per occupazioni illegittime a 54 distanza di lungo tempo dalle condotte illecite, rendendo il danno erariale concreto ed attuale (e quindi oggetto di pretesa risarcitoria azionabile dal requirente) soltanto (ed ancora) in epoche molto recenti. In tale ambito, spunti di rilevante novità rispetto a quanto espresso negli anni precedenti, emergono, in particolare, dalla sentenza n. 1106/2006, secondo la quale va esclusa, per difetto di nesso causale, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti di un ente locale contestata dal Requirente contabile con riguardo al mancato perfezionamento di una espropriazione, laddove in origine non si sia provveduto alla fissazione dei termini di inizio e compimento [dei lavori e delle espropriazioni], circostanza questa idonea a configurare una occupazione usurpativa dell'immobile, inficiante insanabilmente qualsiasi atto procedurale che fosse stato comunque adottato al riguardo. Ancora in ambito di danno indiretto, ulteriori elementi di particolare interesse emergono dalla sentenza n. 447/06, nella quale si è statuito, in applicazione degli artt. 1 (punto 28) e 4 del t.u. 30 giugno 1965 n° 1124 e dell'art. 61 della legge 11 luglio 1980 n° 312, che rispetto all'infortunio patito da uno studente in occasione dello svolgimento di attività ludica durante l'orario scolastico -oggetto poi di condanna al risarcimento del danno pronunciata in sede civile a carico dell'Amministrazione scolasticava affermata la responsabilità, a titolo di colpa grave, del docente che abbia prestato il proprio consenso senza preoccuparsi di insegnare le regole del gioco e di adottare cautele o misure organizzative volte a evitare incidenti, restando di fatto fisicamente assente [nella fattispecie, concernente un insegnante di educazione fisica, la Sezione ha altresì 55 sottolineato che la medesima attività ludica esula dal novero di quelle ammesse a copertura assicurativa, affermando pertanto l'irrilevanza della mancata evocazione, nel giudizio promosso dall'infortunato, della Società con la quale l'Istituzione scolastica aveva stipulato un contratto a copertura dei rischi connessi allo svolgimento dell'attività didattica]. Vi sono state, poi, anche nell'anno 2006 varie sentenze relative a danni da omessa manutenzione di beni pubblici, causativa di danni a terzi, nelle quali è stata ripetutamente ribadita la necessità di vedere assistita la pretesa accusatoria da concreti riscontri probatori dell'elemento della colpa grave, per potersi avvedutamente pervenire a pronuncia di condanna, ed è stata talora esclusa la sussistenza del nesso di causalità tra condotta di uno o più evocati in giudizio e danno derivato dall'omissione di che trattasi. Particolarmente rilevanti, peraltro, sono state nell'anno 2006 le pronunce adottate dalla Sezione in ipotesi di c.d. danno erariale diretto, che si concreta – com'è noto - non in una violazione della sfera giuridica di terzi con accollo del relativo onere da parte dell’amministrazione, ma in una lesione diretta della sfera patrimoniale dell’ente. Più specificamente, ha esaminato un'ipotesi di danno da omessa riscossione di sanzioni la sentenza n. 1682/06, secondo cui costituisce danno patrimoniale il mancato introito del pagamento delle contravvenzioni stradali determinato dalla violazione delle procedure (notifica dei verbali entro 150 giorni dall'infrazione, iscrizione a ruolo dei verbali non spontaneamente oblati – con l'aggiunta delle sanzioni 56 conseguenti, consegna dei ruoli esecutivi al concessionario per la riscossione – tenuto a sua volta alla notifica delle cartelle esattoriali) dettate dalla normativa di settore ed accertata con sentenze rese dal Giudice di Pace, imputabile a titolo di colpa grave al comandante dei vigili urbani ed al capo sezione Unità Operativa Verbali, con riferimento alle ipotesi di “danno per decadenza da omessa notificazione dei verbali ex art. 201 c.d.s.” e di “danno da intervenuta prescrizione di ruoli ex art. 28 legge 689/1981”, nonché, al medesimo titolo, alla società deputata alla riscossione nell'ipotesi di “danno da intervenuta prescrizione dei ruoli e delle cartelle esattoriali ex art. 28 legge 689/1981”. Secondo la medesima pronuncia, dagli stessi comportamenti illeciti discende, inoltre, la lesione dell'immagine dell'ente locale avente titolo all'introito di che trattasi. La sentenza fa proprio l'orientamento già espresso dalla Sezione con la precedente pronuncia n. 687/05, pervenendo alla condanna dei responsabili per complessivi € 132.000,00 (oltre interessi legali). Vi sono state, poi, rilevanti ipotesi di danni da erogazione indebita di spese. In tale ambito, va ricordata la sentenza n. 26/06, la quale ha esaminato una particolare figura di danno, costituito dalla maggiore spesa affrontata da una Azienda sanitaria locale per oneri pagati ad un centro privato a fronte di singole tipologie di terapie riabilitative prestate in eccedenza rispetto alla capacità operativa massima prefissata in sede di accreditamento della struttura, pur se non sia stato superato il limite di spesa complessivamente stabilito medesima in regime di convenzione. in ordine all’attività svolta dalla 57 Peraltro -a tenore della medesima pronuncia ed in accoglimento delle argomentazioni rese dallo stesso requirente in sede dibattimentale- in ipotesi di danno di tale tipologia, va esclusa la colpa grave del responsabile dell’unità operativa per attività riabilitative dell’Azienda che, alla luce della disciplina regolante la materia, non abbia avuto a disposizione, nel periodo considerato, strumenti gestionali finalizzati al controllo periodico del monte globale della prestazioni erogate. Di particolare rilevo sono –sempre nell'ambito di varie fattispecie relative ad indebita erogazione di spese– le pronunce che qui di seguito si ricordano in sintesi. Sentenze nn. 1710/06, 1711/06, 1734/06 e 1736/06, le quali hanno affermato la sussistenza di danno erariale in presenza del fenomeno cd. della “iperprescrittività” dei medici operanti in regime di convenzione con le A.S.L.; il danno di che trattasi è stato individuato in connessione con i profili di antigiuridicità della condotta prescrittiva scaturenti dalla mancata rispondenza delle prescrizioni effettuate dal medico alle direttive C.U.F. (Commissione Unica del Farmaco, istituita presso il Ministero della Salute dall'art. 7 d.lgs. 266/1993) in materia di condizioni di rimborsabilità, poiché da tale non rispondenza discende la disutilità della spesa farmaceutica che ne deriva, nel senso che non risulta in tal modo soddisfatto il requisito del beneficio terapeutico che la prescrizione medica è preordinata a determinare per la collettività. Il danno in questione è stato ritenuto imputabile ai medici che hanno assunto la condotta contra ius che lo hanno provocato a titolo di colpa grave, per aver disatteso l'obbligo di applicare le norme fondamentali che 58 disciplinano la prescrizione appropriata a finanziamento sostenibile a carico del S.S.N., norme che avrebbero dovuto ben conoscere ed attuare per quanto imposto loro dal contratto collettivo regolante la convenzione. Di conseguenza, la responsabilità dei medici convenuti in giudizio per analoghe fattispecie è stata affermata per l'intero importo azionato dal requirente. Sentenza n. 1915/06, per la quale l'illegittimo coevo svolgimento di incarichi (nella fattispecie, quello di direttore provinciale ARPAC e quello di medico convenzionato per la medicina generale con il S.S.N.) da parte di un soggetto non dà automaticamente luogo a nocumento patrimoniale per l'ente di appartenenza, dovendo tale depauperamento ritenersi sussistente soltanto in presenza di adeguati riscontri probatori della non rispondenza delle prestazioni agli standards quali-quantitativi attendibili. Sentenza n. 2627/06, con cui si è rilevato che l'erogazione di compensi a titolo di retribuzione di risultato ad alcuni dirigenti I.A.C.P. in contrasto con le disposizioni all'uopo stabilite, costituisce danno pubblico, in quanto determinante spesa non da effettuare secondo inesistenti automatismi e produttiva di “ingiustificata sottrazione al monte-risorse degli anni successivi di una corrispondente quota di finanziamento destinata per sua natura ad alimentare la valorizzazione economica del conseguimento di rinnovati obiettivi strategici per le future annualità”, imputabile a titolo di colpa grave, per negligente mancanza di previa ed espressa formulazione di obiettivi annuali da perseguire nel rispetto dei canoni normativi e contrattuali, ai componenti del consiglio di amministrazione dell'I.A.C.P. 59 Sentenza n. 2628/06, con la quale si è statuito che: 1.è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.lgs. 273/1989, che attribuisce l'indennità di udienza per l'esercizio delle funzioni di P.M. nei procedimenti penali innanzi al Pretore soltanto ai vice pretori onorari ed ai vice procuratori onorari e non ai funzionari di polizia giudiziaria, essendo questi ultimi già legali alla PA da rapporto d'impiego e quindi già retribuiti ed essendo comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore l'eventuale previsione di trattamenti economici differenziati; 2. costituisce danno pubblico certo ed attuale l'attribuzione dell'indennità di udienza di che trattasi ai funzionari di polizia giudiziaria in difformità dalla predetta disposizione, stante l'irripetibilità delle somme in questione ai sensi dell'art. 5 D.P.R. 115/2002, imputabile a titolo di colpa grave al dirigente amministrativo presso l'ufficio giudiziario ed al procuratore generale presso il medesimo ufficio, il primo per aver ordinato la spesa di che trattasi ed il secondo per averne disposto la liquidazione. Infine, merita menzione la sentenza n. 2866/06, contenente la condanna al risarcimento, nei confronti dell’amministrazione di appartenenza, di 700.000, 00 €, oltre oneri accessori, del presidente dell’ente danneggiato, per aver consentito, con condotta connotata da dolo, che l’ente medesimo intrattenesse rapporti contrattuali con imprese di vigilanza, progressivamente ampliati e prolungati mediante proroghe, prescindenti dalle reali necessità in tal senso. Per quanto, poi, concerne, le pronunce relative a danni da responsabilità più squisitamente contabile, va segnalata, fra le altre, la sentenza n. 60 1105/06, per la quale il diritto a compenso per lo svolgimento del servizio di tesoreria di un ente locale è subordinato all'esistenza di un contratto con forma scritta ad substantiam, mancando la quale il contratto medesimo deve ritenersi radicalmente nullo, con la conseguenza che dinanzi al Giudice non può essere azionata al riguardo alcuna pretesa [la Sezione ha dato altresì atto che nella fattispecie risultava impossibile ex art. 112 c.p.c. accertare eventuali responsabilità precontrattuali per l'omessa stipulazione di tale contratto, ovvero la possibilità di fondare la richiesta su diverso titolo (arricchimento, riconoscimento del debito o altro)]. Infine, devono essere ricordate alcune pronunce che hanno esaminato particolari problemi di rito, fra le quali richiedono menzione: 1) la sentenza n. 864/2006, per la quale va dichiarata inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, l'azione risarcitoria proposta dal Requirente a vantaggio di un soggetto istituzionale non titolare della posizione sostanziale lesa, a nulla rilevando in proposito il principio di unitarietà della finanza pubblica [la fattispecie concerneva il danno contestato agli addetti alla Segreteria di una Facoltà universitaria con riguardo a irregolarità compiute in materia di imposta di bollo]; 2) la sentenza n. 868/06, che ha evidenziato che nel giudizio di responsabilità contabile non può trovare ingresso il diritto del convenuto a essere risarcito da terzi garanti, neppure del resto azionabile finché non venga emessa una pronuncia di condanna; pertanto non può essere accolta la richiesta di integrazione del contraddittorio avanzata nei confronti di compagnie 61 assicurative con le quali siano state stipulato polizze a copertura di eventuali danni erariali. b. PROCEDIMENTI CAUTELARI Nell'anno 2006 corpose e rilevanti, per i profili di merito prospettati, sono state le richieste, finalizzate alla tutela di crediti erariali vantati a titolo di responsabilità gestoria, di emissione di provvedimenti di sequestro della procura regionale che la Sezione ha esaminato. Tra i provvedimenti cautelari più rilevanti del 2006 possono citarsi: Ordinanza n. 69/2006 - Nell’ipotesi in cui l’evento dannoso si sia verificato in ragione di una pluralità di condotte, tutte necessariamente causative del pregiudizio, poste in essere da soggetti incardinati presso enti pubblici ubicati in diverse regioni, la Sezione competente per territorio a conoscere della relativa richiesta risarcitoria va individuata, ex art. 20 c.p.c., con riguardo al luogo deputato all’esecuzione dell’obbligazione (nella fattispecie, concernente l’illecita gestione di finanziamenti di derivazione statale destinati all’esecuzione di opere rimboschimento, il giudice designato ex art. 5 legge n. 19 del 1994 ha escluso l’applicabilità del principio fissato dalle Sezioni Riunite nella sentenza 13 febbraio 2002 n. 4/QM, inteso ad assegnare decisivo rilievo alla condotta risultante ineliminabile per la produzione del nocumento). Tale pronuncia, come appare evidente, ha esaminato il rilevante profilo della competenza territoriale delle Sezioni in ipotesi di pluralità di condotte causative del danno rilevato dal requirente, assunte da soggetti legati da 62 rapporto di servizio con enti pubblici aventi sede in diverse regioni, pervenendo a conclusioni diverse da quelle prospettate dalla SS.RR. Ordinanza del n. 95/2006 - Alla luce del recente, ma del tutto accreditabile orientamento giurisprudenziale (come ultimamente autorevolmente avallato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 4511 del 2006), va affermata la sussistenza del rapporto di servizio con riferimento a fattispecie di irregolarità gestorie concernenti fondi pubblici assegnati a privati, in guisa da doversi riconoscere la sottoponibilità di tali soggetti alla giurisdizione contabile nel caso in cui essi abbiano dato luogo, con la loro condotta (auto) certificativa, alla erogazione del finanziamento. Tale ultimo provvedimento ha ricevuto diffuso rilievo per i profili di notevole novità afferenti la sussistenza del rapporto di servizio – il soggetto il cui patrimonio è stato assoggettato a sequestro è un privato, infatti – e, cioè, la sottoponibilità di fattispecie quali quella esaminata alla giurisdizione contabile. Ordinanza n° 134/06 - L'esistenza di una polizza fideiussoria, stipulata da un soggetto destinatario di un sequestro conservativo, non vale ad escludere il periculum in mora, in quanto il rapporto tra assicurato e compagnia assicuratrice rimane assolutamente estraneo al giudizio contabile, in cui esso non può essere né dedotto dall'interessato né conosciuto dal Giudice [il Collegio ha osservato al riguardo che siffatto rilievo presupporrebbe la possibilità, esclusa dalla vigente ripartizione della 63 giurisdizione, di accertare la disponibilità della compagnia assicuratrice di mallevare il responsabile in caso di condanna del medesimo]. Il menzionato provvedimento ha aggiunto un tassello estremamente rilevante al mosaico dell'elaborazione giurisprudenziale contabile in materia cautelare, la quale assume speciale importanza in considerazione della lacunosità delle norme specificamente dettate a sua disciplina e dei conseguenti continui e numerosi dubbi circa la mutuabilità – di volta in volta – delle norme del codice di procedura civile. Ordinanza n° 104/06 - Il reclamo avverso un provvedimento cautelare monocratico costituisce gravame “a critica libera”, nel senso che il giudizio che si instaura innanzi al Collegio ha per oggetto l'intero thema decidendum con pieno effetto devolutivo, sicché tale fase consiste in un riesame e in una sorta di prosecuzione del procedimento che è nel suo complesso unitario, con la conseguenza che la relativa pronuncia ha efficacia sostitutiva dell'atto impugnato [nella fattispecie il Collegio ha peraltro precisato che il riesame non può estendersi alla posizione dei litisconsorti che non abbiano proposto gravame al riguardo] – In tema di normativa applicabile [decreto legge 14 marzo 2005 n° 35, convertito in legge 14 maggio 2005 n° 80; legge 28 dicembre 2005 n° 263; decreto legge 30 dicembre 2005 n° 271], si è osservato che dall'unicità del procedimento cautelare consegue che, laddove il giudizio sia stato introdotto anteriormente al 1 marzo 2006, trovano applicazione alla fase di reclamo le disposizioni del codice di rito previgenti alla riforma entrata in vigore alla predetta data [nella fattispecie il Collegio ha dato altresì atto 64 che la stessa impugnativa era stata depositata anteriormente a tale decorrenza] – In materia di limiti della cognizione, è stato poi rilevato che la concessione di un provvedimento cautelare non richiede un accertamento pieno del diritto azionato, ma una mera probabilità di esistenza del medesimo, per cui anche indizi, che nel giudizio a cognizione piena non assurgerebbero a prova presuntiva ex artt. 2727 segg. c.c., possono essere sufficienti a fondare la misura stessa [il Collegio ha sottolineato che, qualora si potesse configurare una vera e propria presunzione, essa costituirebbe prova a tutti gli effetti e vi sarebbe quindi accertamento pieno e non mera probabilità della pretesa; quindi, nello specifico, ha fatto riferimento ad elementi desunti da un correlato procedimento penale (richiesta di rinvio a giudizio e ordinanza cautelare del Gip), rimarcando al riguardo che non vi era contestazione di parte circa le specifiche circostanze di fatto prospettate in quella sede] – Ancora, con riguardo ai criteri di computo del danno e del lucro cessante, si è evidenziato che la responsabilità amministrativa determina un debito di valore e, quindi, nel momento di liquidazione del danno, l'integrale risarcimento presuppone un meccanismo che attualizzi il pregiudizio aggiungendo alla perdita del bene danneggiato [commisurata al suo valore], la perdita [lucro cessante] determinata dal suo mancato uso per un certo periodo [la fattispecie concerneva il danno derivato a enti territoriali dalla mancata fruizione di prestazioni di natura forestaleidrogeologica in conseguenza della sottrazione dei fondi pubblici destinati allo scopo e il lucro cessante è stato computato dal Requirente con riguardo al rendimento medio dei titoli di Stato] - Infine, per il caso di 65 mancata o negativa dichiarazione del terzo, è stato osservato che la conferma, la modifica o la revoca del provvedimento cautelare presidenziale non implicano una valutazione della esistenza o meno dell'oggetto del sequestro [in particolare, sotto il profilo della omessa o negativa dichiarazione di esistenza del credito da parte del terzo], ma solo dei presupposti della cautela, ovvero dell'apparenza di un credito e del fondato timore di perdere la garanzia patrimoniale; pertanto, attenendo la problematica alla fase dell'esecuzione della misura, è stata riformata l'ordinanza del Giudice designato che, a causa della mancata o negativa dichiarazione del terzo, aveva revocato il decreto presidenziale, concessivo della misura cautelare, nella parte in cui autorizzava il sequestro di indennità e emolumenti. Ordinanza n° 234/2006 – In tema di riduzione della misura cautelare, richiesta ai sensi dell'art. 671 c.p.c., e cioè in sede di convalida del sequestro, ove il valore dei beni sottoposti a cautela risulti esuberante rispetto all'ammontare del credito fatto valere, deve ritenersi consentita la riduzione della misura [nella fattispecie il Collegio, in sede di reclamo, ha limitato il sequestro ai soli crediti vantati dal presunto responsabile nei confronti dell'amministrazione danneggiata]. Ordinanza n. 235/2006 - In sede di convalida del sequestro, disposto in una fattispecie cd. di “iperprescrittività” di farmaci da parte di medici operanti in regime di convenzione con una A.s.l., deve ritenersi inaccoglibile l'istanza di riduzione al quinto della cautela disposta sui 66 compensi spettanti al medico in ragione dell'attività svolta in regime di convenzione, in primo luogo perché la sentenza della Corte Costituzionale n. 580/1989 ha escluso che il limite in tal senso disposto dall'art. 545 c.p.c. per i crediti da lavoro dipendente potesse essere esteso ai proventi del rapporto convenzionale stipulato tra medico di base e S.S.N., ed in secondo luogo perché l'art. 44 del D.P.R. 270/2000 (recante la disciplina del rapporto di lavoro dei medici di base) consente l'esercizio della libera professione contemporaneamente alla prestazione dell'opera convenzionata a favore del S.S.N. Ordinanze nn. 368/2006 e 369/2006 - E' inammissibile, ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c., l'istanza di correzione dell'ordinanza di revoca di un sequestro che non rechi in dispositivo l'ordine alla Conservatoria dei RR.II. di cancellazione del sequestro sull'immobile oggetto di cautela, non rappresentando tale integrazione una mera correzione –con conseguente adottabilità del procedimento all'uopo disciplinato dal codice di rito– di “vizi meramente formali derivanti da una divergenza evidente e facilmente rettificabile tra l'ideazione o l'intendimento del giudice e la sua materiale esteriorizzazione non incidente sul contenuto sostanziale della decisione” o di semplici omissioni di statuizioni espresse in motivazione ma non trasfuse nel dispositivo. Ordinanza n. 439/2006 - In sede di revoca di sequestro conservativo, deve ritenersi, stante il combinato disposto degli artt. 669-decies e 669septies c.p.c., che non integri “mutamento delle circostanze” o allegazione 67 di “nuove ragioni di fatto o di diritto” l'intervenuta pronuncia di sentenza penale irrevocabile di assoluzione, non potendosi in sede di giudizio di revoca della misura cautelare riesaminare circostanze (nella fattispecie, le nuove prove emerse nel corso dell'istruttoria penale) già esaminate in sede di convalida del sequestro, essendo le circostanze in questione deducibili soltanto nel giudizio di merito, con conseguente inammissibilità, sotto tale profilo, del ricorso per revoca della cautela. Ordinanza n. 450/2006 - E' immeritevole di accoglimento l'istanza di revoca del sequestro conservativo che si basi sull'avvenuta sospensione del giudizio di responsabilità contabile e sulla revoca parziale delle cautele disposte verso altri soggetti coinvolti nel medesimo giudizio a seguito di proposizione di reclamo da parte dei medesimi, non integrando siffatte circostanze alcun mutamento significativo ai sensi dell'art. 669-decies c.p.c., dalle cui statuizioni è dato evincere che lo scopo della revoca da esso disciplinata non consiste nel riesaminare complessivamente le “ragioni poste alla base della decisione cautelare (riservata al rimedio del reclamo)” ma nell'adeguare il provvedimento in questione ad una situazione di fatto sostanzialmente mutata sotto i profili del fumus boni iuris o del periculum in mora, mutamento sostanziale non integrato né dalla sospensione del giudizio di responsabilità – che non costituisce variazione della posizione sostanziale del convenuto – né dall'asserita gravosità della trattenuta stipendiale – già valutata in sede di convalida del sequestro e possibile motivo di reclamo. 68 Come si rileva agevolmente, la Sezione ha espresso nell'anno 2006 , in materia cautelare, principi portatori di interessanti spunti di novità e dotati di considerevole rilievo, sotto i diversi profili sia del rito e sia del merito, sia, inoltre, in sede di convalida del sequestro, che nella successiva fase del reclamo ed in quella ulteriore della revoca della cautela. Le cautele complessivamente concesse in via definitiva (considerate anche le riduzioni a seguito di conferma parziale del decreto presidenziale) ammontano ad € 8.099.238 circa. Alla concessione dei sequestri ha fatto seguito una considerevole esecuzione degli stessi, con pignoramenti sia immobiliari che di crediti (sia presso istituti di credito che presso gli enti datori di lavoro e/o previdenziali), che renderebbero eseguibili e fruttuose le eventuali condanne nel merito, se la fase esecutiva fosse seguita con la debita attenzione dalle amministrazioni danneggiate. c. PROCEDIMENTI DI PROROGA Nell’esercizio dell’attività ordinatoria riguardante istanze di proroga del termine di emissione della citazione, a seguito di invito a dedurre, presentate nell’anno 2006 dall’Ufficio Requirente, la Sezione ha proseguito nell’attento uso di tale potere, limitandolo ai casi in cui effettivamente le istanze del requirente sono risultate congruamente motivate e supportate da comprovate necessità istruttorie, nella rimarcata convinzione della perentorietà -e della conseguente sostanziale inderogabilità- del predetto termine, inteso a tutelare le posizioni giuridiche soggettive incise 69 dall’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativo-contabile, cui l’attività d’indagine del requirente contabile –così regolamentata– prelude. In particolare, si segnalano il decreto di proroga n. 4/06, nel quale, pur procedendosi all’accoglimento dell’istanza, perché assistita da congrua ed apprezzabile motivazione, si è espressamente rilevato che la fase preprocessuale del giudizio contabile è governata da principi di celerità della relativa conclusione; principio, quest’ultimo, che è stato tenuto in particolare considerazione ove si sia concessa una seconda proroga del temine in questione (cfr. decreto n. 1/06). In applicazione del medesimo principio, in due circostanze l’istanza è stata solo parzialmente accolta, con conseguente riduzione del periodo di proroga richiesto dalla procura (decreti nn. 12/06 e 12bis/06). Mantenendo fermo l’orientamento espresso nel porre particolare attenzione al contenimento della durata della fase istruttoria, la Sezione ha respinto l’istanza di proroga, perché assistita da insufficiente motivazione con i decreti nn. 7/06, 8/06 e 9/06. Infine, con il decreto n. 5/06 l’istanza dell’Ufficio Requirente è stata rigettata perché tadivamente depositata. Sul punto, peraltro, merita specifica menzione il decreto n. 6/06, concessivo della richiesta proroga solo con riferimento ai soggetti invitati a dedurre per i quali il termine perentorio di centoventi giorni per l’emissione dell’atto di citazione stabilito dall’art. 5, 1° comma, legge 14 gennaio 1994 n. 19 non era ancora scaduto al momento della presentazione dell’istanza e negativo per gli altri, con ciò confermando le differenze sull’indirizzo (riportato ed accolto nella decisione n. 1/2005/QM delle SS.RR.), secondo cui il predetto 70 termine deve farsi unitariamente decorrere dalla data desumibile da quella della notifica dell’ultimo invito a dedurre. d. GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE Anche nel 2006 i giudizi ad istanza di parte, non particolarmente numerosi, hanno avuto per lo più ad oggetto la materia di rimborso di quote inesigibili delle esattorie di una certa rilevanza giuridica e patrimoniale. In particolare, fra i provvedimenti di definizione dei giudizi, si segnala la sentenza n. 889/06, secondo cui, ai sensi dell'art. 17 legge 30 dicembre 1991 n° 413, non sono dovuti interessi corrispettivi nel periodo intercorso fino all'adozione del provvedimento di liquidazione della sorte capitale, che riveste natura costitutiva [il Collegio ha disatteso la tesi di parte secondo la quale il dies a quo per il calcolo dei benefici andrebbe individuato con riguardo alla data del 30 novembre 1992 prevista dal Legislatore per il compimento delle procedure amministrative di controllo, osservando che in materia trova comunque applicazione la disciplina recata dal dPR 28 gennaio1988 n° 43] - Sulle somme dovute a titolo di rimborso di quote di tributi inesigibili, ai sensi dell'art. 17 legge 30 dicembre 1991 n° 413, non sono dovuti interessi moratori nel periodo intercorso fino all'adozione del provvedimento di liquidazione della sorte capitale [il Collegio ha osservato che in materia trova applicazione in divieto recato dall'art. 74 dPR 28 gennaio1988 n° 43 e che, nel caso di specie, non risultava comunque provato un colpevole ritardo dell'amministrazione conseguente a una sua valida costituzione in mora] - Va disattesa l'istanza, promossa in via 71 giudiziale nei confronti dell'amministrazione finanziaria, intesa al riconoscimento di interessi corrispettivi e moratori, sulle somme dovute a titolo di rimborso di quote di tributi inesigibili ai sensi dell'art. 17 legge 30 dicembre 1991 n° 413, per il periodo intercorso dall'adozione del provvedimento di liquidazione fino al pagamento della sorte capitale, atteso che tale ultimo adempimento compete al concessionario della riscossione [il Collegio ha dato altresì atto che nella fattispecie non risultava provato che il ritardo fosse dovuto a un colpevole inadempimento dell'Autorità convenuta in giudizio] - Va disattesa l'istanza, promossa in via giudiziale nei confronti dell'amministrazione finanziaria, intesa al riconoscimento di interessi sulle somme maturate a titolo di aggio esattoriale, laddove la richiesta riguardi le quote trattenute direttamente dal ricevitore provinciale sugli importi versati dall'esattore in base all'obbligo del non riscosso per riscosso e poi dichiarati inesigibili. Inoltre, vi è stata una pronuncia d’inammissibilità dell’istanza introduttiva del giudizio (sentenza n. 1736/06), perché avente ad oggetto non una richiesta di carattere eminentemente ripristinatorio, bensì una domanda di risarcimento di danni, avanzata dal Comune nei confronti del concessionario del servizio di riscossione di un’imposta. Le sentenze nn. 2345/06 e 2347/06, invece, hanno statuito il rigetto dell’istanza di restituzione di importi anticipati dall’ente impositore, rimarcando il principio, che la Sezione ha già fatto decisamente proprio in passato, secondo cui, trattandosi appunto di giudizio “ad istanza di parte”, “al giudice contabile è interdetta una pronuncia di accoglimento senza che sia acquisita la prova dell’effettiva sussistenza degli elementi costitutivi 72 della pretesa azionata”, non potendo il giudice di merito, oltretutto, ordinare alcuna acquisizione di prove al di fuori delle ipotesi e dei limiti di cui agli artt. 118 e da 210 a 231 c.p.c.. e. GIUDIZI DI CONTO I giudizi di conto costituiscono la prima competenza della nostra Istituzione -da cui ha derivato la stessa denominazione- derivante da una sua caratteristica ed antica missione consistente nella verifica giurisdizionale delle risultanze contabili delle gestioni pubbliche attraverso quel particolare tipo di processo denominato giudizio di conto . Va ribadito che tale competenza soddisfa una delle esigenze fondamentali presenti in ogni organizzazione, tanto più pubblica, che è quella di avere certezza sulla realtà dei flussi finanziari di cassa e della consistenza patrimoniale. L’esame dei documenti rappresentativi delle gestioni e l’accertamento della loro regolarità rendono trasparente la delicata gestione di coloro che, avendo la disponibilità materiale di denaro e di altri valori pubblici, costituiscono la base del sistema contabile e finanziario . Il giudizio di conto concerne infatti tutti coloro che, avendo avuto maneggio di pubblico denaro e di altri valori pubblici, devono, a determinate cadenze temporali, rendere il conto della regolarità della relativa gestione. Sulla base di quanto già messo in rilievo nella relazione per l’anno giudiziario 2005, l’attività dell’Ufficio dei magistrati relatori è proseguita 73 nell’esame dei conti giudiziali degli agenti contabili principali e/o secondari che hanno gestito parte del flusso di denaro confluito nelle casse delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere a seguito del pagamento dei tickets da parte degli assistiti. Va, però, rilevato che a causa delle pressanti esigenze connesse allo smaltimento dell’arretrato pensionistico, a far tempo dal luglio del 2006, l’attività dell’Ufficio conti giudiziali è stata momentaneamente sospesa e sono state trattate le sole questioni di particolare urgenza e rilevanza. Era invalsa, per il passato, nelle predette Aziende sanitarie, l’abitudine, da parte dei citati contabili, di non far corrispondere un tempestivo versamento nella rispettiva tesorieria degli incassi realizzati, con perdita di interessi oggetto di convenzione, per il periodo di mancato deposito, ed il rischio aggiuntivo di sottrazione da parte di terzi o smarrimento delle relative somme. Fenomeno analogo –che ha evidenziato una nuova figura di contabile interno, quella del medico che opera in regime di intramoenia– ha riguardato, appunto, i citati sanitari, i quali, quasi sempre, provvedevano a versare nelle casse delle Aziende, con ritardi anche di mesi, parte degli importi incassati. Va al proposito tenuto presente che spesso il medico non era a conoscenza della vigenza di norme giuscontabili che, proprio in relazione alla funzione svolta in siffatto tipo di attività, qualificava loro come contabili interni Comunque detti anomali comportamenti hanno richiamato la particolare attenzione dei magistrati relatori, i quali, soprattutto in sede di attività 74 istruttoria, hanno formulato numerosi rilievi intesi non solo ad acquisire la completa documentazione della gestione contabile de qua, ma finanche un tempestivo deposito dei conti, con relativa prova degli effettuati versamenti entro i termini di convenzione o di regolamento, obbligo purtroppo spesso disatteso in passato, anche a causa della scarsa attenzione dei dirigenti responsabili delle Aziende stesse. Non può sfuggire al riguardo la circostanza –di essenziale rilevanza– che l’intervento dell’Ufficio dei conti giudiziali, in un campo, come quello delle AA.SS.LL., ha sostanzialmente rettificato uno squilibrio perverso relativo alla gestione del pubblico denaro, che si era andato formando e strutturando negli anni anteriori al 2005; infatti le dette Aziende (e prima ancora le UU.SS.LL.) avevano operato in un contesto di scarsa considerazione della normativa di riferimento, tanto che in alcuni casi si era ritenuto che la stessa –con l’obbligo di resa del conto del connesso giudizio di questa Corte– non riguardasse addirittura le Aziende sanitarie, pur gestendo esse pubblico denaro. Le numerose istruttorie ed il pur cospicuo numero di sentenze dichiarative di irregolarità hanno tuttavia dato luogo, ad iniziare dall’anno 2005, ad una decisiva “svolta” in termini di ritorno al rispetto delle regole del diritto; i risultati sono stati soddisfacenti, non tanto sotto il profilo formale, ma soprattutto sostanziale nella tutela della integrità degli istituti, e in buona sostanza, della più oculata gestione del bilancio degli enti stessi che hanno impostato una politica di maggiore fermezza nel perseguimento del fine della “regolarità gestoria”. L’esame dei conti presentati dagli agenti contabili de quibus ha 75 indirettamente evidenziato, inoltre, -e di ciò è stata fatta formale segnalazione all’ufficio del procuratore regionale- una massa di introiti troppo limitata per pagamento di tickets, da parte degli assistiti, ove si consideri che la vigente normativa è da ritenersi sostanzialmente restrittiva a fini di esenzione. Stessa osservazione va formulata a seguito di un primo esame dei bollettari consegnati dalle varie AA.SS.LL. ai medici in regime di intramoenia; esame che non raramente ha messo in rilievo una improbabile “stasi operativa” degli stessi, che meriterebbe una indagine approfondita, perlomeno nelle sedi preposte a garantire il rispetto delle norme regolamentari concernenti la materia in questione, non potendosi avallare un sistematico ricorso all’istituto della “supplenza indiretta, o incidentale”, come avvenuto nei casi in esame. Si ritiene di segnalare, fra le varie sentenze adottate da questa Sezione nella materia in esame, quella contrassegnata dal n. 1066/06 che ha affrontato una questione di legittimità costituzionale strettamente legata alla funzione del magistrato relatore. Partendo dal contenuto del novellato art. 111 della Costituzione, era stata eccepita il difetto di terzietà del predetto magistrato nella duplice veste, da un lato, di istruttore e sottoscrittore della prescritta relazione con la quale –in caso di ipotesi di irregolarità del conto– si rimettono gli atti al Collegio giudicante per i provvedimenti di competenza, e dall’altro di componente lo stesso Collegio con funzione di relatore sullo stesso conto e connessi rilievi. 76 Si è però ritenuto –al di là dell’analogia con il giudizio civile, in cui il giudice istruttore svolge in sede collegiale il ruolo di relatore- che la peculiarità del giudizio di conto –nel quale il contabile è ritenuto costituito in giudizio nel momento in cui deposita il documento contabile rappresentativo della avvenuta gestione– non consente un’integrale sovrapposizione con gli altri tipi di giudizio, ciò in quanto il fine di una giusta e corretta pronunzia del Giudice, sulla base spesso di una approfondita indagine istruttoria di tutto il complesso carteggio prodotto o acquisito, può essere integralmente realizzato solamente tramite la strutturazione di un sistema, di indubbia garanzia per il contabile, che prevede la presenza di un componente stesso –responsabile di un ufficio supportato da funzionari specializzati– anche nella fase preliminare dell’esame del conto da parte del Collegio, il quale opera e decide in un contesto di totale autonomia, svincolata del tutto rispetto all’avviso del magistrato che, nel depositare la predetta relazione, pone in essere una esclusiva attività di impulso processuale. In linea di massima è stata confermata, nella gran parte dei casi esaminati, l’accentuata disomogeneità documentale, la mancata individuazione precisa dei soggetti rivestenti la qualifica di agente contabile nei vari settori operativi e la tendenza a non presentare i conti giudiziali quasi avessero solo valenza interna. Quanto ai rilevati ritardi nei versamenti in tesoreria sono già stati instaurati e definiti anche nel 2006 numerosi giudizi, che hanno riscontrato l’irregolarità di gestioni contabili, rinviandosi in gran parte al 77 procuratore regionale l’eventuale instaurazione dei conseguenti giudizi di responsabilità per i pregiudizi finanziari emersi dall’esame suddetto. A prescindere dall’esito di tutti questi procedimenti, è certo che le aziende sanitarie hanno ricevuto uno stimolo ad una maggiore attenzione nei confronti degli evidenziati aspetti gestionali con un evidente beneficio della Comunità. Sintomo di tale nuova attenzione indotta da tale azione di verifica nelle aziende sanitarie della regione Campania è l’adozione in atto, a distanza di quattordici anni dalla loro istituzione, di puntuali regolamenti nella materia de qua. Tutta questa azione è in ultima analisi mirata a provocare una maggiore coscienza della necessità di rispettare le risorse provenienti dai cittadini sin dalla loro origine. Va segnalato che la maggioranza delle sentenze rese, nel dichiarare l’irregolarità delle gestioni contabili, tuttavia non hanno dato luogo a condanne risarcitorie, ma a rimessione degli atti al procuratore regionale per l’accertamento in concreto di danni astrattamente configurati, che avevano l’idoneità a coinvolgere anche altri soggetti a titolo di responsabilità contabile ed amministrativa. Infatti la nuova conformazione delle pubbliche amministrazioni, che hanno assunto una maggiore complessità dei loro apparati organizzatori, ha richiesto un adeguamento concettuale della stessa nozione di agente contabile, cioè del soggetto che ha la disponibilità materiale di denaro e di altri valori di proprietà dell’amministrazione. 78 Ormai anche le strutture anche locali presentano stratificazioni di organi gerarchicamente ordinati per la gestione contabile, analogamente all’amministrazione statale . Pertanto la difficoltà che si è dovuta affrontare, specie nell’esame delle gestioni delle aziende sanitarie locali, è consistita nell’individuazione dei soggetti con la qualifica di agenti contabili e di coloro tra di essi cui imputare l’obbligo di presentazione del conto giudiziale. Relativamente a quest’ultimo problema è stato affermato che destinatario di siffatto obbligo sia il responsabile, anche di solo fatto, dell’intera gestione contabile del segmento amministrativo de quo. Tale criterio consente una rappresentazione complessiva in un unico documento della vicenda. Le difficoltà sono risultate maggiori a causa della mancanza di puntuale disciplina della materia attraverso la regolamentazione amministrativa. Si è riscontrata una struttura gerarchica abbastanza articolata nelle Aziende Sanitarie campane, specie relativamente alla riscossione dei tickets e simili prebende ed al versamento delle somme incassate. In linea di massima si è ritenuto che trovasse applicazione il modulo previsto dall’art.188 R.D. n.2440/1923, costituito dalla individuazione, anche solo di fatto, di un soggetto, da qualificarsi agente contabile, che si serve di una pluralità di altri soggetti in posizione subordinata (siano essi cassieri, impiegati o commessi), da qualificarsi “fiduciari” in ragione del particolare rapporto che li lega all’agente, senza che abbia rilevanza alcuna la circostanza che questi ultimi siano o meno individuati dalla stessa amministrazione; in tale modo si realizza una dissociazione tra 79 soggetti che materialmente compiono operazioni contabili (es.riscossione, versamento, pagamento, conservazione, ecc.) e soggetto responsabile dell’intera gestione, che risponde sempre dell’operato dei propri dipendenti e collaboratori. Solo in rari casi, in cui l’amministrazione aveva provveduto alla regolamentazione, si è riscontrato il più elaborato modulo organizzatorio, previsto dall’art.192 R.D. n.2440/1923, ricorrente laddove l’amministrazione abbia preventivamente diviso, in diritto o solo in fatto, i compiti relativi alla gestione de qua tra un soggetto qualificato come contabile principale e una pluralità di altri soggetti qualificati come contabili secondari, talché si determina una confluenza delle gestioni di questi ultimi in quella complessiva del primo, con una conseguente concentrazione delle contabilità secondarie in una principale; la legge si preoccupa di tenere comunque distinte nei rapporti interni le suddette gestioni, stabilendo al 2° comma che i contabili principali non rispondono dei fatti dei contabili secondari, salvo che siano essi stessi imputabili di colpa o di trascuratezza. Su tale punto ha avuto modo di pronunciarsi con numerose sentenze questa Sezione. In particolare, si ricordano le decisioni dal n.449/06 al n.464/06 del 27 marzo 2006 (ASL NA/2), nonché dal n.782/06 al 795/06 del 9 maggio 2006 (ASL NA/2) e dal n.1286/06 al n.1338/06 (ASL CE/1 e ASL Avellino) del 18-19 luglio 2006 -che hanno affermato l’irregolarità dei conti esaminati e la astratta configurabilità della responsabilità contabile degli 80 agenti interni della riscossione per il ritardato versamento in tesoreria degli introiti dipendenti da prestazioni sanitarie richieste. Le aziende sanitarie locali, anche a seguito delle pronunce de quibus, hanno provveduto a colmare il vuoti di normazione interna sugli aspetti suevidenziati. Va dato atto al proposito che di recente la A.S.L. Salerno/2, con deliberazione n.889 del 6.11.2006, ha approvato il regolamento di riscossione entrate, disciplinando l’individuazione della figura dell’agente contabile nei termini indicati da questa Corte. f) GIUDIZI PER RESA DI CONTO Va, nella materia dei giudizi cosiddetti di “resa di conto”, evidenziata la circostanza che, dopo i numerosi interventi del Collegio negli anni decorsi, si è ridotto sensibilmente il numero delle inadempienze contestate dalla procura regionale nella materia concernente la gestione dei fondi di cui al D.L. 219/1981 (ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dal sisma del Novembre 1980 e Febbraio 1981). L’acquisizione dei documenti contabili di riferimento, a seguito di ordinanze di questa Sezione, ha complessivamente posto in rilievo –con specifico esclusivo riferimento agli obblighi di rendicontazione– una gestione contabile delle risorse sostanzialmente in linea con le prescrizioni delle stipulate convenzioni fra enti locali e tesorieri. F - CONTENZIOSO IN MATERIA PREVIDENZIALE 1) Considerazioni generali 81 Nel corso dell’anno 2006 la Sezione, ancor più che negli anni precedenti, è stata particolarmente impegnata sul fronte del contenzioso previdenziale, in considerazione dell’elevato numero di ricorsi giacenti, pervenuti dalla sede centrale, dopo la riforma del 1993. A detti gravami vanno aggiunti tutti quelli prodotti direttamente a questa Sezione decentrata in circa tredici anni (con una media che, negli ultimi anni, è stata di circa 200 ricorsi al mese, e ciò con particolare riferimento al contenzioso per pensioni civili e militari). Un dato eloquente in termini statistici è rappresentato dal numero dei giudizi definiti con sentenza nel 2006, pari a 2813, a fronte di n. 2148 giudizi nuovi promossi con ricorsi depositati in segreteria . E’, indubbiamente, la conseguenza di un’esasperata propensione al contenzioso -presente soprattutto nelle regioni meridionali, che invoglia alla contestazione, in sede giudiziaria, in un contesto agevolato dalla gratuità del gravame- afferente qualsiasi provvedimento, anche il più ordinario adottato dalla pubblica amministrazione. Ciò comporta ex adverso un ritardato riconoscimento della fondatezza della pretesa di quei cittadini che invece sono portatori di “istanze” fondate, percentuale che, comunque, è inferiore al 10% del totale dei ricorsi. Va evidenziato che il citato grave ed endemico problema della eliminazione dell’arretrato è stato oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di particolare attenzione sia a livello centrale che presso questa Sezione. E’ stato ampiamente documentato, con dati chiari ed inequivocabili e con “proiezioni” attendibili per il futuro, che solamente una parte dei gravami 82 giacenti, nei prossimi cinque anni potrà essere definita; e ciò non consentirà l’azzeramento della mole di arretrato, in considerazione del fatto –come già precedentemente osservato– che parte dei ricorsi definiti è sostituita da ricorsi nuovi, motivo per cui –in assenza di interventi organizzativi di carattere straordinario- il problema difficilmente troverà una definitiva soluzione. La questione è da diverso tempo all’esame del Consiglio di Presidenza e del Segretariato Generale della Corte dei conti, in considerazione –per la competenza di quest’ultimo– del fatto che è stata più volte prospettata la necessità perlomeno di colmare i vuoti verificatisi in quest’ultimo periodo nell’organico del personale amministrativo –supporto indispensabile dei Giudici monocratici ed in atto gravato ai limiti dello stress-; vuoti che –può a giusta ragione affermarsi–, ove rimanessero tali, renderebbero persino inutile un provvisorio aumento della dotazione organica dei magistrati assegnati alla Sezione. Ciò, anche in considerazione della peculiarità del nuovo sistema informatico che, indubbiamente più perfezionato, richiede ora un tempo di trattazione medio per ogni giudizio (anche per la semplice procedura di estinzione di cui all’art. 5 (3) della L. 205/2000) nettamente superiore rispetto al recente passato. Quanto alla valutazione dei risultati della riforma di cui alla legge n. 205 del 21 luglio 2000, istitutiva del Giudice unico delle pensioni -anche al fine di incrementare la produttività nel settore in termini di “resa” annuale-, va osservato che, dopo sei anni, l’intento di accelerare la definizione dei giudizi di primo grado non può dirsi affatto raggiunto, in quanto i 83 magistrati componenti dei collegi, divenuti Giudici monocratici, hanno continuato ad esaminare lo stesso numero di ricorsi e, quindi, hanno sostanzialmente garantito la stessa produttività degli anni precedenti. D’altronde, al di là della indiscutibile buona volontà e di un impegno superiore alla media, sussistono limiti oggettivi alle possibilità per i singoli magistrati di esaminare vicende spesso intricate e poco documentate, adottando decisioni misurate con redazione di sentenze munite di una motivazione minimamente accettabile . Una tale annotazione potrebbe anche indurre a ritenere preferibile un ritorno alla collegialità in primo grado che garantirebbe, sia per le questioni di fatto che per quelle di diritto, una più ponderata decisione. La prospettata soluzione de iure condendo consentirebbe invero di riportare l’unità del sistema processuale, eliminando la discrasia dell’attribuzione del giudizio di merito al Giudice unico e del giudizio cautelare della competenza del Collegio : discrasia che, peraltro, è stata ritenuta coerente con la Costituzione, non ponendosi in irragionevole violazione del principio del giudice naturale (Corte Costituzionale – ordinanza n. 343 del 24 ottobre 2001) . E che dalla riforma non sia conseguito un aumento della produttività è avvalorato da una statistica a carattere nazionale, come emerso nel Convegno di studio organizzato a Firenze dalla Sezione Toscana il 14 ottobre 2006, su realtà e prospettive della giurisdizione pensionistica, dalla quale emerge, addirittura, una flessione cospicua e continua del numero dei giudizi definiti, passato da 52.943 nell’anno 2000 a 31.618 nel 2005. 84 Il dato, tuttavia, se conferma quanto innanzi osservato sulla improduttività della riforma relativa alla introduzione del Giudice unico, appare fuorviante in quanto evidenzierebbe una ridotta produttività del Giudice monocratico (- 40%) rispetto a quello collegiale, circostanza che non troverebbe spiegazione alcuna nella fredda ed asettica (ma apparente) eloquenza dei numeri. Deve, quindi, attendibilmente ipotizzarsi che alcune Sezioni regionali – oberate da una massa minore di ricorsi arretrati rispetto ad altre– abbiano avuto la possibilità di eliminare, nel periodo 1994-2000, buona parte del carico complessivo, così che dal 2001 il contributo dei singoli Giudici monocratici assegnati alle Sezioni stesse è stato “a fortiori” più ridotto. 2) Pensioni di guerra Entrando, brevemente, nel merito del contenzioso “previdenziale”, nel senso lato del termine, non può quest’anno non privilegiarsi qualche osservazione relativa ai gravami per negata o limitata concessione di pensione di guerra. Sembra veramente paradossale, nell’anno 2007, riferirsi a ricorsi pendenti con riferimento ad eventi bellici verificatisi più di sessanta anni addietro; ma questa traumatica realtà è ancora presente in questo ambito regionale, anche se relativa a poche centinaia di ricorsi. Il dato statistico che emerge dalla lettura della apposita tabella riportata in calce alla precedente relazione relativa al 2005 riportava un numero in sé preoccupante di ricorsi pendenti al 31 Dicembre, pari a n. 11875. A ben guardare, però, oltre il 90% degli stessi riguarda giudizi in corso, ma in attesa di estinzione (per decesso degli interessati e mancata 85 riassunzione da parte degli eredi, ovvero per mancata o intempestiva richiesta di prosecuzione), per il tramite di decreti presidenziali, come già avvenuto in numerosissimi casi (nell’anno 2006 sono stati adottati 4425 decreti di estinzione e 2455 decreti di interruzione per morte dei ricorrenti). Il dato, quindi, esattamente riportato nella apposita tabella della presente relazione, di n. 8221 ricorsi in attesa di trattazione, è fuorviante in quanto può ragionevolmente ritenersi che i ricorsi ancora esaminabili dai giudici unici non superino le 500-600 unità. Una tale situazione –bisogna riconoscerlo per onestà intellettuale– non può essere tuttavia motivo di particolare soddisfazione. Tanti decenni trascorsi dalla prima legge organica nella materia de qua, risalente al 1950, con ricorrenti nella vana attesa di una pronunzia sulla fondatezza o meno degli interposti gravami, ha generato giusto sconforto e disappunto. Ma la questione, almeno per coloro che ben conoscono la materia, è particolarmente complessa e trova le sue lontane e “perverse” radici in un insieme interconnesso di cause. In primo luogo: la grossa mole di ricorsi, soprattutto nel meridione, a suo tempo prodotta in considerazione del fatto che moltissimi reduci dai vari fronti bellici hanno ritenuto di accampare pretese di indennizzo per infermità o lesioni di ogni tipo, ritenendo –a giusta ragione, sotto un determinato profilo– che il solo titolo di partecipazione al conflitto potesse essere invocato, quale causa diretta o indiretta delle allegate patologie a causa dei patimenti subiti. 86 A ciò si aggiungono altre non irrilevanti considerazioni relative soprattutto all’inadeguatezza della normativa di riferimento, a partire dalla L. 648/1950, che ha reso particolarmente difficile ed onerosa la prova della dipendenza delle lamentate infermità, in un contesto spesso di gravi o insormontabili difficoltà di acquisizione di documentazione probatoria dei subiti ricoveri, ciò soprattutto per le strutture sanitarie (Ospedali, ospedali da campo, infermerie) a suo tempo allocate in terra d’Africa, in Russia, in Albania, in Grecia, etc. ed ancor di più nei lontani campi di prigionia in Germania, India, Sud-Africa. Sarebbe stato, quindi, indispensabile –allo scopo di evitare improduttive ordinanze istruttorie, soprattutto da parte delle soppresse Sezioni speciali in Roma- varare una normativa di favore che, magari, affermasse la presunzione di dipendenza –salva documentata prova contraria da parte dell’amministrazione– per le affezioni diagnosticate entro il quinquennio dal rientro in patria del militare; invece il Legislatore ha operato in una ottica di particolare intransigenza, affidando le strategie di riduzione dell’arretrato a due revisioni amministrative (nel 1961 e 1971) –che non hanno sortito alcun effetto benefico–, mentre avrebbe potuto operare in via transattiva perlomeno per coloro che allegavano non documentate o documentabili infermità contratte fuori dal territorio nazionale. A rendere più onerosa l’eliminazione del cospicuo carico dei ricorsi pendenti per molti decenni in sede centrale, ove operavano cinque Sezioni, e, poi, dal 1994 in sede periferica, è la complessità dei giudizi stessi –ai quali, fino al 1993, ha partecipato la Procura generale in veste di “concludente”, prima con atto scritto (e previe relative indagini istruttorie) 87 e, poi, oralmente, in udienza–, i quali, per il relativo “tecnicismo” (i gravami sono quasi tutti impostati su questioni di carattere medico-legale) hanno richiesto e richiedono la formulazione di pareri, con o senza effettuazione di visite mediche, da parte di Organi di consulenza medica, particolarmente qualificati (Collegio medico legale presso il Ministero della difesa o Ufficio medico legale presso il Ministero della salute) e presenti esclusivamente in sede romana. Si ritiene di osservare che una astratta statistica relativa a tutta la tipologia di infermità allegate dagli ex combattenti evidenzierebbe che quasi tutte quelle note alla Scienza medica, comprese quelle ad etiologia sconosciuta, sono state oggetto di accurato esame in sede giurisdizionale, con un dispendio di energie non indifferente soprattutto prima della riforma del 1994. Altro ostacolo alla celerità di tale processo pensionistico sono state: a)la eccessiva richiesta di rinvii presentate dalla parte privata, almeno fino al 2000; b)la produzione di perizie medico legali da parte dei ricorrenti, successivamente alla formulazione del parere da parte dei consulenti tecnici d’ufficio,con conseguente esigenza di riformulazione di quesiti a detti esperti; c)la difficoltà, in non pochi casi, di individuare l’attuale residenza dei ricorrenti che non si sono premurati di comunicare in segreteria il relativo cambio di indirizzo. Quanto innanzi descritto ha la sola pretesa di formulare una mera analisi delle cause dei ritardi accumulati nel corso di diversi decenni, ma 88 certamente non giustifica quello che è sostanzialmente un fenomeno di inefficienza delle istituzioni, le cui conseguenze in ultima analisi vengono ingiustamente a ricadere sulle spalle del Giudice della pensionistica, onerato di un compito al di sopra della sue pur indubbie dimostrazioni di impegno ed oculatezza, prima nella ricerca delle improbabili prove e poi nella interpretazione delle stesse. V’è, peraltro, da sottolineare che la tipologia di gravami prodotti alla Corte dei conti, soprattutto quelli relativi a questioni di medicina legale, non consente di poter far ricorso all’uso di modelli di sentenza a schema fisso –come spesso avviene in altra sede giurisdizionale per i gravami prodotti da invalidi civili– a ciò ostando non solo la complessità della materia che concerne, quasi sempre, l’esame di pretese relative alla dipendenza (e solo in via subordinata, alla classifica che è, invece, l’unico “petitum” nei citati giudizi di invalidi civili), ma anche l’esigenza di valutare la fondatezza o meno dei pareri formulati dai CC.TT.UU. ai quali non può farsi asetticamente riferimento, quasi avallandone un inesistente carattere vincolante . In conclusione, quindi, per le pensioni di guerra può ormai affermarsi che il copioso numero dei gravami a suo tempo prodotti dovrebbe essere azzerato nel corrente anno tramite soprattutto l’adozione di decreti presidenziali di estinzione del giudizio, potendosi ritenere che non più di 400-500 ricorsi accederanno alla fase dibattimentale, e cioè quelli relativi a ricorrenti ancora in vita o deceduti con successiva riassunzione del giudizio da parte degli eredi. Fra le problematiche più significative si segnalano: 89 a)è stata riconosciuta la sussistenza di un rapporto di interdipendenza fra gli indennizzati “esiti di amputazione di una coscia con generalizzato quadro artrosico” e una successiva infermità cardiaca e nefropatica; ciò tenendo presenti le fasi di prolungato immobilismo e decubito posturale conseguenti alla amputazione stessa (sentenza n. 152 del 21 febbraio 2006); b)è stato affermato -contrariamente ad alcune pronunzie favorevoli di altre Sezioni regionali- che la normativa di favore relativa al riconoscimento automatico a favore dei collaterali sessantacinquenni – ritenuti presuntivamente inabili in modo assoluto al compimento di detta età– non può essere applicata, per jus superveniens, dal Giudice unico – nonostante il correttivo di cui all’articolo 5 n. 3 della legge 656/1986, alla normativa eliminatoria di detta presunzione recata dagli articoli 5 e 6 della cennata legge– ai collaterali che hanno proposto istanza di pensione anteriormente alla data del 16/10/1986 ma non ancora a detta data, anche sessantacinquenni (sentenza n. 1270 del 18/7/2006); c)si è ritenuto che il dispositivo, nel testo letto in udienza ex art. 429 c.p.c., ha “prevalenza assoluta rispetto al testo (meno completo ma del tutto coerente) del dispositivo contenuto nella sentenza depositata ed anche rispetto al testo della motivazione della sentenza stessa …” (sentenza n. 1559 dell’8/8/2006). 90 3) Pensioni civili La pensionistica civile ha riscosso, nel decorso anno, una particolare attenzione per numero di udienze, e ciò a causa della cospicua mole di ricorsi relativi al cumulo –contestato dall’amministrazione– delle indennità integrative speciali, con riferimento a trattamenti retributivi e pensionistici o duplici trattamenti pensionistici, nonché della 13^ mensilità. Rispetto alla relazione del febbraio 2006, può ritenersi pressocchè ormai consolidata la giurisprudenza, sia a livello di Sezioni centrali che regionali, favorevole al riconoscimento di detto cumulo, perlomeno fra retribuzioni e pensioni. Ciò, nonostante la posizione contraria assunta dalle SS.RR. al riguardo, avendo ormai l’amministrazione, con riferimento a pensioni erogate dall’INPDAP, assunto una posizione di sostanziale riconoscimento della pretesa dei ricorrenti: e ciò con circolare 5145 in data 10/12/2004, varata in “attesa di una definitiva soluzione di carattere legislativo”, circolare che, tuttavia, ha ottenuto solamente un parziale consenso fra i ricorrenti, parte dei quali ha preferito percorrere integralmente la strada dell’intrapreso gravame. Stessa soluzione sembrava potersi adottare –ed, in effetti, è stata adottata dai Giudici unici di questa Sezione in numerose sentenze, fino al Maggio 2006– sulla questione del cumulo di I.I.S. fra due trattamenti pensionistici e ciò, nonostante l’avviso negativo delle SS.RR. espresso fra l’altro nella sentenza n. 14/QM/2003. Va rilevato, tuttavia, che la Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, con ordinanza 29/30 Marzo 2006 n. 58, ha ritenuto di rimettere – ancora una volta e sotto diverso profilo – la questione di legittimità 91 costituzionale dell’articolo 99 (2) del D.P.R. 1092/1973, al Giudice delle leggi. Di seguito, anche la Terza Sezione giurisdizionale centrale di appello della Corte dei conti –il cui indirizzo interpretativo favorevole era stato il condiviso punto di riferimento dei Giudici unici di questa Sezione– ha ritenuto, con ordinanza 0153/06 del 16/5/2006, di dover seguire la stessa strada della Sezione Toscana. Ciò ha comportato, in considerazione, soprattutto, del fatto che, come già osservato, in numerose sentenze di accoglimento era stata sostanzialmente condivisa la stessa motivazione delle sentenze adottate dal citato Giudice di appello nella materia de qua, la sospensione dell’esame dei ricorsi relativi a siffatta tipologia di cumulo in attesa di una pronuncia -che si spera non presti il fianco a residui dubbi o forzature interpretative– della Corte Costituzionale. Numerose sono le sentenze degne di nota, fra le quali la n. 1935/2006 del 27 ottobre 2006 (ed altre, tutte adottate nella udienza del 14 luglio 2006) di rigetto -in contrasto con il costante indirizzo favorevole della sola Seconda Sezione di appello– di ricorsi intesi ad ottenere l’equiparazione retributiva alle corrispondenti qualifiche del personale della Polizia di Stato, prodotti da ex ufficiali dell’Arma dei carabinieri, in servizio alla data di entrata in vigore della L. 121/1981, ma non a quella successiva della L. 216/1992, applicativa della sentenza n. 277/1991 della Corte Costituzionale. Va osservato che, con sentenza depositata il 27 luglio 2006 n. 168/2006, la Prima Sezione centrale di appello ha avallato l’indirizzo negativo seguito dalla Sezione Lombardia, respingendo il gravame prodotto da un sottufficiale della Guardia di Finanza, cessato dal servizio il 16/03/1986. 92 Con sentenza 2778/2006 in data 21 dicembre 2006 è stato poi definito, con sentenza dichiarativa di difetto di giurisdizione, il giudizio relativo alla concessione di benefici economici previsti dall’articolo 1 della legge 539/1950 (scatti di anzianità), con riferimento al disposto degli articoli 43 e 44 del R.D. 1290/1922 ad ex dipendenti della pubblica amministrazione in quiescenza, per il periodo anteriore e successivo alla data di pensionamento: nel caso di specie essi avevano ottenuto, nell’ultimo periodo di attività di servizio, e quindi non in tempo utile il riconoscimento della prevista infermità invalidante. Con sentenza 2612/2006 –ed altre adottate tutte nella udienza del 28 novembre 2006– è stato affermato che “non sussiste alcun referente normativo, e/o contrattuale che possa allo stato giustificare le richiesta di inserimento nella base pensionabile dei benefici di cui all’art. 161 della legge 11 Luglio 1980 n. 312”. Detti benefici riguardano la valorizzazione a fini pensionistici dell’eventuale periodo di servizio, successivo all’ultima attribuzione di stipendio, che non abbia potuto dar luogo –per durata inferiore a quella ordinariamente prevista– alla materiale attribuzione del generalmente previsto aumento periodico o della classe di stipendio immediatamente superiore. 4) Pensioni militari 93 Anche per questo settore della pensionistica è stata data soluzione positiva a numerosissimi ricorsi, relativi al cumulo di I.I.S. e 13^ mensilità, negli stessi termini illustrati per le pensioni civili. La rimessione al Giudice delle leggi, da parte della Sezione Terza centrale, di questione di legittimità costituzionale dell’articolo 99 (2) del D.P.R. 1092/1973 ha prodotto in questa Sezione gli stessi sospensivi effetti innanzi descritti con riferimento alla fattispecie del cumulo di duplice trattamento pensionistico. Sono degne di menzione alcune problematiche affrontate e risolte nel corso dell’anno 2006 e cioè: a) inclusione o meno, nella base pensionabile, con la maggiorazione del 18% (articolo 53 D.P.R. 1092/1973), dell’assegno funzionale previsto dall’articolo 6 del D.L. 387/1987 convertito con legge 472/1987; b) rideterminazione, sulla base del computo del citato assegno funzionale, dei sei scatti attribuiti dall’articolo 6-bis del D.L. 387/1997. Con numerose sentenze (v. es. n. 1684/2006) è stata data risposta negativa alle due pretese de quibus in ragione del fatto che la normativa vigente, fra cui l’art. 53 del T.U. 1092/1973 precitato, ha categoricamente disposto, salva specifica espressa deroga, l’esclusione di qualsiasi tipo di assegno ed indennità dal beneficio di detta maggiorazione. Soluzione negativa è stata data nella stessa sentenza –così come in altre adottate nella stessa udienza– alla precitata questione dei sei scatti, e ciò con riferimento al disposto interpretativo recato dall’art. 20 della L. 232/1990. 94 Come per i decorsi anni, numerose sentenze hanno avuto per oggetto complesse questioni di carattere medico-legale, con gravami intesi a conseguire pensioni privilegiate per lesioni o infermità generalmente contratte durante il servizio di leva. Si menzionano fra le tante: a) la n. 278 in data 10/3/2006, con la quale è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio di una “ipertensione arteriosa con rottura di aneurisma aortico toraco-addominale” – causa di decesso –, in ragione del lungo ed oneroso servizio militare prestato; b) la decisione n. 429 in data 27/3/2006 con la quale – su conforme parere dell’U.M.L. del Ministero della salute – è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio del “diabete insulino dipendente” (in individuo predisposto) a seguito di un infortunio avvenuto durante il servizio militare –frattura dello scafoide carpale sx.–, ciò in quanto il trauma poteva avere attendibilmente alterato la funzionalità pancreatica, alla base del diabete stesso, determinando un “sovraccarico metabolico con conseguente esaurimento funzionale delle cellule beta” del pancreas, momento iniziale della patologia; c) la sentenza n. 1044/2006 in data 22/6/2006, con la quale è stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “schizofrenia disorganizzata” in individuo pur predisposto e probabile portatore di una funzionalità schizoidea che, al di fuori del coatto servizio militare, non sarebbe probabilmente degenerata nella affezione psichica irreversibile in questione; d) la decisione n. 2341 del 22/11/2006, con la quale è stata 95 negativamente risolta la complessa questione della dipendenza, o meno, da causa di servizio della “leucemia acuta emocitoblastica”, essendo prevalente la natura genetico-ereditaria della stessa. 6. CONCLUSIONE L’esposizione analitica del lavoro svolto da questa Sezione -per soddisfare le esigenze di giustizia nel settore delle gestioni pubbliche, che si levano dall’opinione pubblica, sempre piu’ sensibile alle problematiche di efficienza delle Istituzioni- ritengo abbia dimostrato senza alcuna ombra di dubbio la dedizione della magistratura contabile campana al servizio nei confronti della Comunità, in nome della quale pronuncia le sue sentenze. Insufficienze ed inadeguatezze, che possono comunque rilevarsi rispetto alle legittime aspettative, sono giustificate dalla scarsità di mezzi e risorse a disposizione . Con l’occasione ritengo doveroso ringraziare i colleghi della Sezione per l’impegno e la particolare qualificazione professionale con cui hanno voluto affrontare le difficoltà prospettate, sobbarcandosi un carico notevole di lavoro, nonché, con loro, l’intero personale amministrativo, cui va riconosciuto un encomiabile spirito di collaborazione. In tale consapevolezza la presente relazione non può non concludersi se non con un auspicio nella soluzione degli immensi problemi sul tappeto, almeno per la parte che rientra nei nostri compiti istituzionali. 96 QUADRI SINOTTICI 97 GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ 98 GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006 134 GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006 119 UDIENZE NEL 2006 45 GIUDIZI DISCUSSI 116 PROROGHE DISCUSSE 13 GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI 92 GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2005 SENTENZE PUBBLICATE 161 73 ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA GIUDIZI DI CONTO 24 99 GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006 GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006 163 27 UDIENZE NEL 2006 3 GIUDIZI DISCUSSI 159 GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI 148 GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006 SENTENZE PUBBLICATE ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA GIUDIZI SU ISTANZA DI PARTE 42 150 21 100 GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006 35 GIUDIZI INTRODOTTI NELL’ANNO 2006 9 UDIENZE NEL 2006 0 GIUDIZI DISCUSSI 9 GIUDIZI DECISI O COMUNQUE DEFINITI 5 GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006 SENTENZE PUBBLICATE ORDINANZE E DECRETI PUBBLICATI GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTABILITA’ PUBBLICA GIUDIZI CAUTELARI PER SEQUESTRI CONSERVATIVI 39 5 1 101 SEQUESTRI AUTORIZZATI 3 GIUDIZI DI CONFERMA 3 RECLAMI DEFINITI 19 GIURISDIZIONE IN MATERIA PREVIDENZIALE Pensioni Pensioni Civili Militari Pensioni di Guerra Totali 102 GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/2006 9.940 8.280 11.875 30.095 GIUDIZI INTROITATI NELL’ANNO 1.614 518 12 2.144 0 1 309 310 11.554 87.99 12.196 32.549 1.850 597 366 2.813 254 562 3609 4.425 9.450 7.640 8.221 25.311 Pensioni Pensioni Militari Civili Pensioni di Guerra GIUDIZI INTROITATI (provenienti da altre sezioni) TOTALE CARICO GIUDIZI DEFINITI NELL’ANNO GIUDIZI DEFINITI (con decreto d’estinzione) GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2006 SENTENZE ORDINANZE ISTRUTTORIE SENTENZE - ORDINANZE DECRETI D’INTERRUZIONE UDIENZE TENUTE Totali 1.834 554 323 2.711 140 117 137 394 1 0 1 2 252 271 1.932 2.455 37 27 21 85 CONTENZIOSO PENSIONISTICO PROCEDIMENTI CAUTELARI 103 ISTANZE IN CARICO NELL’ANNO 27 27 ISTANZE DEFINITE GIUDIZI DISCUSSI 27 ORDINANZE PUBBLICATE 27 CONTI GIUDIZIALI degli agenti dell’amministrazione statale 104 PENDENTI AL 01/01/2006 3.271 PERVENUTI NELL’ANNO 2006 IN CARICO NEL 2006 209 3.480 DEFERITI A GIUDIZIO 0 DISCARICATI CON SENTENZA 0 DISCARICATI CON DECRETO 5 GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE PENDENTI AL 31/12/2006 305 0 3.170 RELAZIONI DI DISCARICO 21 RELAZIONI DI ESTINZIONE 598 RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI CONTI GIUDIZIALI degli agenti degli enti territoriali locali 0 105 PENDENTI AL 01/01/2006 2.746 PERVENUTI NELL’ANNO 2006 IN CARICO NEL 2006 38 2.748 DEFERITI A GIUDIZIO 0 DISCARICATI CON SENTENZA 5 DISCARICATI CON DECRETO 0 GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE PENDENTI AL 31/12/2006 110 6 2.663 RELAZIONI DI DISCARICO 0 RELAZIONI DI ESTINZIONE 656 RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI CONTI GIUDIZIALI degli agenti degli enti istituzionali A.S.L. 2 106 PENDENTI AL 01/01/2006 PERVENUTI NELL’ANNO 2006 IN CARICO NEL 2006 1.344 57 1.401 DEFERITI A GIUDIZIO 23 DISCARICATI CON SENTENZA 42 DISCARICATI CON DECRETO 0 GIUDIZI ESTINTI CON DECRETO 0 ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE (sentenze di irregolarita’) PENDENTI AL 31/12/2005 RELAZIONI DI DISCARICO RELAZIONI DI ESTINZIONE RICHIESTE DI CHIARIMENTI CON RILIEVI UFFICIOSI 84 1.275 13 0 207