la Voce
del popolo
i«VIRTUOSI
FIUMANI»
musica
www.edit.hr/lavoce
Anno 9 • n. 67
mercoledì, 27 febbraio 2013
FANNO DIECI
MOSTRE
RIFLESSIONI
USCITE
voci storiche
ANNIVERSARI
Ricordando il grande
tenore Viktor Bušljeta
Sanremo è sempre
Sanremo
Valter Milovani Maer
un esordio... festivo
Joan Sutherland,
la dama del belcanto
Nina Simone
la «pasionaria»
Il Teatro fiumano “Ivan de Zajc”
omaggia una delle più grandi
voci della lirica di casa nostra
Chiuso il Festival, se ne parla
ancora. Ecco come ci è apparsa
la 63.esima edizione
Un inno alla chanson con dieci
tracce in cui voce e chitarra
acustica sono essenziali
Impossibile dimenticare
gli splendori vocali della
Stupenda
Nel 2003 moriva l’icona del
jazz. Per tutta la vita lottò per
i diritti degli afro-americani
3
4
5
6
8
2
mercoledì, 27 febbraio 2013
INTERVISTA
musica
la Voce
del popolo
di Helena Labus Bačić
IMPORTANTE TRAGUARDO PER L’ENSEMBLE DI
PALAZZO MODELLO. DIECI ANNI DI INTENSA E
FRUTTUOSA ATTIVITÀ CONTRASSEGNATa DA UN
PROFONDO AMORE verso LA MUSICA
VIRTUOSI FIUMANI
SUCCESSO INARRESTABILE
I
“Virtuosi fiumani” sono un ensemble
ben noto e apprezzato nell’ambito
della Comunità Nazionale Italiana, che
miete successi anche fuori dall’ambiente
comunitario e i cui concerti sono sempre
seguitissimi. Quest’anno, la valente
compagine celebra i primi dieci anni di
intensa e fruttuosa attività. Dieci anni
in cui ha dato prova di un alto livello di
professionalità, dedizione, ma soprattutto
di illimitato e profondo amore per la musica
che viene puntualmente riconosciuto dal
pubblico. A farne parte, la prof.ssa Ariana
Bossi (soprano), la prof.ssa Vjera Lukšić
(pianoforte), Antonio Mozina (tenore) e
Aldo Racanè (baritono), un gruppo affiatato
di persone di età diversa accomunate da un
solo desiderio e da un solo bisogno: quello
di fare musica. Li abbiamo incontrati nei
loro spazi al Palazzo Modello, dove si sono
riuniti per la consueta prova settimanale.
Come avete progettato di festeggiare il
vostro primo decennio di attività?
Ariana Bossi: Quest’anno ricorre
l’anniversario di Giuseppe Verdi, ma anche
quello di Richard Wagner (anche se non
lo cantiamo), per cui abbiamo deciso di
festeggiarlo con un concerto dedicato
interamente al grande maestro d’opera
italiano, che si terrà in maggio. Il concerto
si intitolerà ‘Gala Verdi’ e in quell’ambito
interpreteremo arie e canzoni i Verdi. La
prima parte della serata sarà dedicata alle
sue arie, mentre nella seconda parte ci
concentreremo sulle sue romanze. È un
fatto poco noto che nel corso della sua vita
Verdi si dedicò con successo pure a questa
forma musicale. Quindi, il pubblico avrà
occasione di apprezzare una parte piuttosto
sconosciuta dell’opus del grande maestro.
Nessun progetto “palpabile”? Magari un cd?
Ariana Bossi: Purtroppo, no. Un progetto del
genere esige dei finanziamenti dei quali per
ora non disponiamo. L’anno scorso avevamo
fatto domanda per la realizzazione di un
cd, ma non abbiamo ancora avuto risposta.
Ad ogni modo, è nelle nostre intenzioni
realizzarlo in un prossimo futuro.
Quello che faremo certamente, è un ciclo di
concerti durante l’estate. Infatti, di recente
ne abbiamo tenuti cinque di grande successo,
tutti organizzati dall’Unione Italiana, in
seguito ai quali siamo stati nuovamente
invitati ad esibirci. Quindi, provvederemo
a preparare un programma completamente
nuovo da proporre nell’ambito delle serate
che ci attendono e che si terranno a Rovigno,
Valle, Cittanova, e via dicendo.
Come e quando inizia la storia dei
“Virtuosi fiumani”?
Ariana Bossi: Come complesso esistiamo
dal 2003, mentre il nome ci è stato dato nel
2004. I signori Racané e Mozina sono solisti
del coro della ‘Fratellanza’ e proprio all’epoca
ci fu la necessità di trovare qualcuno che
li preparasse per le loro esibizioni. Quindi,
nel 2003 mi contattarono e io accettai di
lavorare con loro. La prof.ssa Vjera Lukšić
collaborava già da tempo con il coro in veste
di accompagnatrice al pianoforte.
Il tutto è iniziato quasi per caso, con
qualche duetto, un’aria. Il signor Mozina,
da tenore affermato professionalmente,
aveva già un repertorio operistico molto
vasto, mentre il signor Racanè proveniva
dalla musica leggera, per cui decisi di
lavorare con lui affinché imparasse anche
arie operistiche. Tutto ciò ci portò, in
seguito, ad esibirci assieme in concerto
– noi tre cantanti accompagnati dalla
professoressa Likšić – e fu proprio così
che l’ensemble prese vita. Il nostro primo
concerto si tenne nel febbraio del 2004
e fu un successo. La nostra esibizione fu
una sorpresa per tutti. In quell’occasione,
il signor Mario Micheli scrisse un articolo
che venne pubblicato sulla ‘Voce’, dove
parlò di noi come dei ‘virtuosi fiumani’. Ne
rimanemmo piacevolmente sorpresi dal
momento che non ce l’aspettavamo, e anche
un po’ intimiditi da questo complimento
così grande, in quanto nessuno di noi si
sente effettivamente un ‘virtuoso’ nel vero
senso della parola. Però, il nome rimase e
quindi possiamo dire che Mario Micheli ne
è l’ideatore.
Ma pensandoci su, c’è anche del vero in
questo nome. Dovete sapere infatti, che
Aldo Racané iniziò a lavorare al repertorio
lirico appena a 69 anni, un fatto di per
sé straordinario, mentre Antonio Mozina
– nonostante sia un professionista – è un
cantante fuori da comune. Sono pochi i
tenori che cantano ancora alla sua età.
Quindi, non è esagerato definirli dei virtuosi.
Posso affermare inoltre, che il nostro
ensemble è la dimostrazione che ‘l’età non
conta’. Abbiamo tutti un’età diversa, ma a
legarci è l’amore per la musica e il desiderio
di imparare e di progredire in continuazione.
Un esempio lampante è il signor Racanè, che
ha imparato un repertorio completamente
nuovo a un’età avanzata.
Quale repertorio curate?
Ariana Bossi: Ci dedichiamo ad arie
operistiche di Verdi, Puccini, Mozart, Lehar,
Donizetti, Bellini, come pure di Ivan de Zajc,
nonché a canzoni e romanze di numerosi
autori.
Questo è l’anno di Giuseppe Verdi. Qual è il
vostro rapporto con il grande compositore?
Come vi sentite a interpretare le sue arie,
suonare la sua musica?
Antonio Mozina: Verdi è semplicemente
il migliore perché fa cantare l’anima
dell’interprete. Per cantare Verdi bisogna
avere molto cuore e sentire la frase.
Ariana Bossi: Verdi sa dipingere con la
musica. È capace di dipingere l’atmosfera
con le note. Egli non conosceva soltanto
le capacità di una voce, ma entrava nel
carattere di ogni singolo personaggio. La sua
musica dice tutto.
Aldo Racanè: Per me Verdi è stato sempre
il sommo compositore. Ho amato le sue
arie fin da bambino, frequentando il teatro
insieme a mio padre.
Vjera Lukšić: Nel corso della mia vita
lavorativa, che ho trascorso come insegnante
di pianoforte alla Scuola di musica ‘Ivan
Matetić Ronjgov’, ho accompagnato spesso
i cantanti e nel farlo ho suonato molti lied
e canzoni di ogni genere. Collaborando con
il coro della ‘Fratellanza’ ed entrando a far
parte poi dei ‘Virtuosi fiumani’, ho avuto
per la prima volta occasione di suonare
estratti dalle opere di Verdi, cosa che non
facevo alla Scuola di musica. Questo richiede
una notevole concentrazione e forza. Il
pianoforte deve, infatti, riuscire a riprodurre
un’intera orchestra.
C’è qualche anneddoto, qualche evento
che vi è rimasto particolarmente impresso
nei vostri primi dieci anni di vita?
Ariana Bossi: In un’occasione dovevamo
tenere un concerto a Pirano, ma ci
perdemmo per strada e arrivammo
a destinazione con un’ora di ritardo.
Nonostante tutto, il pubblico attese
pazientemente affinché ci preparassimo –
infatti, per raggiungere la toilette bisognava
attraversare l’intera sala –, ma alla fine il
concerto riuscì a meraviglia.
Qual è il vostro più grande successo?
Ariana Bossi: Tra i più importanti è stato
certamente il concerto per gli esuli fiumani
tenuto a Trieste, ma anche il ‘Concerto per
l’Italia’ a Gorizia, offerto in occasione delle
celebrazioni per il 150.esimo dell’Unità
d’Italia. Veniamo sempre accolti con calore
dal nostro pubblico e possiamo dire che ogni
nostro concerto è un successo.
Antonio Mozina: Ci sono stati molti eventi
memorabili in questi dieci anni, ma vorrei
sottolineare che niente di tutto ciò sarebbe
stato possibile senza il sostegno finanziario e
morale dell’Unione Italiana e del presidente
dell’Esecutivo, Maurizio Tremul. Siamo grati
anche a Mario Micheli, il quale ci ha aiutati
moltissimo nell’organizzazione di diversi
eventi ai quali ci siamo esibiti.
Ai Virtuosi fiumani facciamo, infine, i nostri
più sentiti auguri per questo importante
traguardo nella speranza che il loro primo
disco non si faccia attendere troppo a lungo.
Sarebbe una giusta ricompensa per ciò che
hanno fatto finora e una dimostrazione della
loro grande passione per la musica.
|| Da sinistra, Antonio Mozina, Ariana Bossi, Vjera Lukšić e Aldo Racanè
musica
la Voce
del popolo
gli INDIMENTICABILi
mercoledì, 27 febbraio 2013
3
di Marin Rogić
MOSTRA FOTOGRAFICA DEDICATA A VIKTOR BUŠLJETA, UNO DEI PIÙ GRANDI TENORI FIUMANI,
NEL FOYER DEL TEATRO «IVAN DE ZAJC» A FIUME
LA VOCE
DITUTTELEVOCI
«V
ittorio, sei grande!”. Con
questa esclamazione, uscita
dalle potenti corde vocali
del tenore Voljen Grbac, è stata aperta,
venerdì scorso, la mostra dedicata al più
grande tenore fiumano della storia: Viktor
Bušljeta. L’esposizione titolata “Viktor
Bušljeta – L’indimenticabile Radamès
fiumano”, è stata inugurata nel foyer del
Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”,
proprio poche ore prima della première
della “nuova” Aida targata Balázs Kovalik
e Antonello Allemandi. Non poteva esserci
occasione migliore della prima dell’Aida,
per presentare e fare ricordare al pubblico
fiumano il suo Radamès più famoso,
quello che più di ogni altro tenore ha
segnato l’opera verdiana dalle nostre
parti. Chi ha avuto l’onore e il privilegio
di potere partecipare a una sua esibizione,
racconta ancor oggi con orgoglio chi era,
cosa abbia significato e cosa significa
tutt’oggi, per il canto lirico in Croazia,
Viktor Bušljeta. “È sicuramente uno dei
più grandi e importanti nella storia della
musica fiumana – dice di lui Voljen Grbac
–. Mi fa enormemente piacere che il mio
teatro si sia ricordato di festeggiare e
rendere omaggio a questo personaggio
di fondamentale importanza per la storia
musicale croata. Una voce come la sua
sembra provenire dal cielo, da un altro
pianeta. Era la voce di tutte le voci. Non
azzardo se dico che pochi al mondo
hanno avuto il suo talento”, conclude il
tenore.
L’esibizione a Milano
La mostra è stata molto ben concepita.
Si tratta di un’esposizione che presenta
una trentina di ritagli, commenti, articoli
di giornale dell’epoca, che raccontano
Bušljeta nei panni di Radamès e di
altri importanti personaggi della lirica.
Troviamo così i racconti e le recensioni
delle varie prime del tenore fiumano
che sono andate in scena, oltre che nel
capoluogo quarnerino, ad Abbazia e in
molte altre città dell’ex Jugoslavia. Spicca
una recensione del quotidiano spalatino
“Slobodna Dalmacija”, datata 1982,
che racconta della trasferta milanese
di Bušljeta. Avrebbe dovuto cantare
alla Scala, ma per problemi tecnici,
lo spettacolo fu trasferito all’ultimo
momento al Castello Sforzesco, situato nel
cuore del capoluogo lombardo. Proprio
questo articolo delinea egregiamente
la qualità del tenore. Leggendo il titolo
“Successo nella metropoli dell’opera” e,
continuando nelle righe successive, si
nota il grande impatto che Bušljeta ebbe
sul pubblico milanese, un pubblico che
era sicuaramente uno dei più esigenti
al mondo. In questo pezzo notiamo
quanto gli adetti ai lavori avrebbero
voluto che il tenore intraprendesse una
carriera internazionale. Leggiamo così
“la bellezza e la pienezza della sua voce
verrebbero sicuramente apprezzate
anche a New York, Berlino, Parigi... Se si
fosse impegnato un po’ di più, avrebbe
sicuramente calcato i palcoscenici dei
teatri più prestigiosi del mondo, con un
successo uguale, se non più grande, di
quello riscosso a Milano...”.
«Lui andava oltre, ti entrava nella pelle»
Continuando a visitare la mostra, si nota
un articolo del Novi list del 3 agosto 1985,
che testimonia la trepidante attesa che
c’era tra gli adetti ai lavori pochi giorni
prima della prima ufficiale dell’Aida
di quell’anno. Nel pezzo viene posta la
domanda ai protagonisti dell’allestimento
“Cosa vi aspettate dall’Aida”? Oltre a
Bušljeta, rispondono il regista Borislav
Popović, il direttore d’orchestra Davorin
Hauptfeld, lo scenografo Dorian Sokolić,
la costumista Ružica Nenadović-Sokolić
e la mezzosoprano Zlatomira Nikolova,
la quale si apprestava a interpretare
Amneris. Dalle loro risposte notiamo il
grande interesse, la tensione e la grande
attesa che caratterizzavano la vigilia
della prima. D’altronde non poteva essere
diversamente; attesa, suspense, dubbio,
sono stati sempre protagonisti nelle
opere verdiane a Fiume perché, come ci
ha confidato Voljen Grbac, “il pubblico
fiumano è molto esigente, perché noi
siamo vicini all’Italia e il bel canto è
nei nostri geni e nelle nostre orecchie.
Sappiamo molto bene distuinguere una
bella voce da una brutta voce. Bušljeta
andava oltre, lui ti entrava nella pelle”.
4
lalaVoce
Voce
del popolo
del popolo
mercoledì, 27 febbraio 2013
IL COMMENTO
di Daria Deghenghi
A DUE SETTIMANE DALLA SUA CHIUSURA, SE NE PARLA
ANCORA. ECCO COME CI È APPARSO IL 63.ESIMO FESTIVAL
DELLA CANZONE ITALIANA, RECORD DI ASCOLTI IN TUTTE E
CINQUE LE SERATE GRAZIE ALLA COPPIA FAZIO-LITTIZZETTO
MA ANCHE A UN RADICALE CAMBIAMENTO DI CONCETTO
GRAZIE AL QUALE I BRANI IN GARA HANNO FINALMENTE
AVUTO LA MEGLIO SUI PERSONAGGI
PERCHÉ SANREMO
ÈSANREMO!
L’
orchestra pensile, il direttore
distinto, la musica colta in prima
serata, il comico di grido, il grido
del contestatore, l’antivelina impegnata, le
doppiette canore, l’amarcord, gli ospiti, la
polemica, i calcoli sul voto e la conta dei
voti, l’apoteosi del podio, i postumi. Calato il
sipario sul Sanremo illuminato della coppia
Fazio-Littizzetto, il festival dei gay che
chiedono di sposarsi in Italia, delle donne
che non vorremmo fossero picchiate dai
“loro” uomini, delle orchestre che chiedono
più soldi e dei presentatori che invece ne
hanno in eccesso, il festival che tutto-devecambiare-affinché-nulla-cambi e che poi così
tanto rivoluzionario come si sperava non lo
è stato, ha avuto tuttavia dei bei momenti
musicali che in questa sede vorremmo
ricordare prescindendo dai dettagli di
costume come la scelta degli ospiti e degli
abiti che si sono visti sfilare sul palco.
L’omaggio a Wagner e Verdi
L’omaggio a Wagner e a Verdi a parte (e
il picco dello share in corrispondenza
de “La cavalcata delle Valchirie” starà
ad indicare di tutto tranne che siamo un
pubblico che non ci capisce una mazza di
musica), la sequenza dei brani proposti
alla 63.esima edizione del festival è stata
sopra ogni cosa eclettica. Sì, perché,
gusti musicali a parte, mai come finora la
varietà dei generi ha scavalcato decenni e
continenti come quest’anno. Dallo swing
americano-anni-Trenta rivisitato in chiave
elettronica, si è passati ad ascoltare del
punk-rock rigenerato; s’è visto e udito
di tutto tra jazz, cabaret, chanson, altro
rock post alternativo; del reggae redivivo
come in un brutto sogno, qualche ballata
mediterranea sempreverde e diverse
“chicche” del pop-rock italiano che
s’allinea pragmaticamente con i gusti del
|| I Modà, terzi classificati con il brano scritto da Kekko Silvestre “Se si potesse non morire”
momento; ritornelli scelti per scalare le
classifiche e vendere dischi, brani che
vivranno e altri che finiranno giocoforza
nella spazzatura, come puntualmente
avviene a ogni nuova edizione della
kermesse sanremese. Un po’ una lezione
di storia della musica leggera del
Novecento, insomma, un melting pot
assemblato da autori affermati e portato
in scena da voci e volti soprattutto
giovani, ex talent in primo piano.
I brani
Per ricordare Mengoni e i Modà non ci
vorrà alcuno sforzo perché continueranno
a tormentarci dalle classifiche almeno
fino a quest’estate. Vincitore assoluto
grazie al plebiscito del televoto e un
discreto apprezzamento della giuria di
qualità, “L’essenziale” è essenzialmente
la canzone assembleata e collaudata
per ragiungere il podio, le radio, le
classifiche. Bella voce e aria stralunata,
ottimo nella serata dell’amarcord, l’ex
talent Mengoni si è preso la sua bella
rivincita per i colpi parati in passato
con un trionfo incontenstato sul palco
dell’Ariston. Quanto ai Modà, avrebbero
fatto meglio a non copiare la canzone
vincitrice dello scorso anno, ma siccome
caval che vince non si cambia, va
bene lo stesso. Piuttosto, che bella “La
canzone mononota” di Elio le storie
tese! Un “do” in eterna evoluzione, una
costruzione geniale, seconda in classifica
grazie al plebiscito della giuria e un
discreto apprezzamento del pubblico del
televoto. Per niente “nazionale” la Maria
napoletana con quell’“È colpa mia” tutto
sangue e lacrime che avrebbe vinto negli
anni Sessanta ma mai qui e ora. E poi un
Gazzé sempre all’altezza del personaggio,
la Voce
musica
del popolo
Secondo posto e premio della critica per Elio
e le storie tese e la loro “Canzone mononota”
mercoledì, 27 febbraio 2013
Uscite
5
di Daria Deghenghi
Valter Milovan Maer, debutto discografico alla Leonard Cohen
Istruzioni per un giorno festivo
V
alter Milovan, in arte Maer, al suo debutto discografico
tardivo propone un cofanetto contenente il suo cd
“Neradni dan” (Un giorno festivo) accompagnato da
“Neradni dan/Priručnik za upotrebu” (Giorno festivo/Manuale
per l’uso), una raccolta di poesie illustrata da splendide
fotografie di Damjan Bistričić. Da non confondere il libricino
con un comune booklet. Le due edizioni sono infatti distinte,
benché complementari e vendute in abbinamento. In effetti è
difficile stabilire se sia il libro ad accompagnare il disco o se sia
vero piuttosto l’esatto contrario, cioè che la musica sia soltanto
un’estensione dei versi, tanto è elegante e raffinata questa
raccolta di poesie edita in tiratura limitata dalla Matica Hrvatska
di Pisino.
Ma qua si deve parlare del disco ed è bene non affacciarsi a
sentieri secondari. Serio, ma non per questo meno sereno,
impegnato ma non pesante, leggero ma non superficiale,
divertente ma non banale, il primo disco di questo cantautore
esordiente (che, sia detto di passaggio, di mestiere fa il
docente di filologia romanza all’Università di Pola), si snoda
in dieci tracce e costituisce un inno alla chanson nel senso
meno tecnico del termine, quello cioè di “poesia in musica” o,
se preferite, di “musica in versi”. Bando all’innovazione e alla
sperimentazione, voce e chitarra acustica restano essenziali
all’udito, benché non manchi un apporto considerevole
di percussioni, ottoni, archi e pianoforte, con tanto di
partecipazioni anche importanti, tra cui segnaliamo Bruno
Krajcar, Boro Rakamarić, Krešo Kunda. Una voce dolce e
gentile, che solo a momenti incappa nell’insicurezza, e una
chitarra suadente, a tratti incantevole. Senza andare in cerca
di modelli remoti e improbabili, Maer, la sua chitarra e i suoi
versi ricordano tanto la poesia musicata del primo Leonard
Cohen, cantautore che indubbiamente è stato un maestro e
una fonte a cui attingere a piene mani. Ma senza il fardello
del pessimismo, della malinconia, della tensione e dell’ansia,
insomma, senza gli effetti collaterali dell’arte nella morsa della
depressione.
Inno alla letizia e al lieto vivere
“Giorno festivo” è invece un inno alla letizia, al lieto vivere senza
privarsi del lusso di sognare e meditare. L’album alterna momenti
spensierati a passi più incisivi, pullula di citazioni e allusioni,
affronta argomenti come l’oblio, il non-senso, il socialismo, la
stupidità e l’ignoranza, e nel farlo riesce a mantenere il buon
umore, invitando per di più alla comprensione senza giudizio e
all’amore disinteressato per il prossimo.
|| Marco Mengoni, vincitore con “L’essenziale”
i “Marta sui tubi” come dei pesci fuor
d’acqua, un Gualazzi che certamente ha
sostenuto prove migliori, un Cristicchi
molto divertente e un Daniele Silvestri
tutto sommato gradevole. Scoppiettante
ma poco originale il pezzo swing della
Molinari in coppia con Cincotti e poca roba
le nuove proposte canore di altre due ex
da primo piano: una raffinata Annalisa e la
sua antitesi Chiara Galiazzo. Piaccia o non
piaccia, l’Ayane Malika con in mano un’altra
bella canzone di Sangiorgi non poteva che
incantare la giuria e lasciare indifferente le
masse del televoto. Meritatamente ultimi
invece gli Almamegretta con un pezzo
reggae impegnato che pare non sia piaciuto
proprio a nessuno, nella dimostrazione
empirica più eloquente del fatto che, a volte,
anche l’opinione del pubblico e quella della
critica convergono e che non tutto è sempre
questione di... gustibus.
Apre la track list “Kosić”, un’improbabile cover della celebre
“Blackbird” dei Beatles, resa in ciakavo con qualche modifica
alla melodia nel ritornello: un esperimento d’azzardo tutto
sommato riuscito, cui segue un’altra cover, “Dove credi di
andare”, con testo originale in italiano, di Sergio Endrigo. Fin
qui conosciamo l’interprete e l’arrangiatore Maer, che sarà
pronto a sbottonarsi come autore solo a partire dalla terza
traccia, una leggiadra “Proljeće u studenom” (Primavera a
novembre) e nella title track “Neradni dan” (Un giorno festivo)
in maniera più incisiva. Il lessico istriano ciakavo e i suoi echi
di un italiano imbastardito, così melodioso e tipicamente
istriano, torneranno ad intrecciandosi a un croato letterario in
“Hereza z Galiole” e “Pjesma iz D”, mentre l’impegno sociale e
una raffinatezza strumentale nuova affioreranno in “Treba više
voljeti glupe ljude” (Bisogna amare di più gli stolti) e poi nella
traccia che chiude l’album, “Pjesma o zaboravljanju” (Canzone
dell’oblio), con l’intervallo intimistico del penultimo brano
della track list, “Smiješne stvari” (Cose buffe): l’amarcord di
un’adolescenza che conferisce al disco l’impronta personalissima
di un autore da scoprire.
6
mercoledì, 27 febbraio 2013
VOCI STORICHE
musica
la Voce
del popolo
A cura di Clio Rostand
|| Sul palco come Lucia
|| Nel 1978 in occasione del conferimento del titolo di dama dell’impero britannico
LA STRAORDINARIA VOCAZIONE BELCANTISTICA
DI JOAN SUTHERLAND
GLI SPLENDORI VOCALI DELLA
STUPENDA
J
oan Sutherland (Sydney, 7 novembre
1926 – Les Avants, 10 ottobre 2010),
suprema virtuosa, è stata una delle
più grandi protagoniste dell’opera nel
Novecento. Pochi cantanti lirici hanno
avuto una carriera prestigiosa e lunga
(oltre quarant’anni) come la sua. Dotata
di una voce di bellissimo timbro, di
notevole volume e assai estesa (dal
Sol naturale sotto il rigo al Fa diesis
sovracuto), con sopracuti limpidi e
penetranti, è stata capace di agilità
perfette quanto spericolate. Attrice
intelligente e misurata, nel genere tragico
come nel comico, ha dato un contributo
fondamentale al recupero della tecnica
e della prassi esecutiva belcantistica
(particolarmente nella sua accezione
primo-ottocentesca), sviluppando in
modo più specialistico e portando ai
massimi esiti la “rivoluzione” stilisticointerpretativa avviata da Maria Callas.
Molte delle sue interpretazioni, in buona
parte consegnate ufficialmente al disco,
sono considerate di riferimento.
Straordinario virtuosismo
Soprano lirico d’agilità, dopo aver studiato
canto nella natia Australia, prima con
la madre, poi privatamente con Aida
Summers, ha debuttato a Sydney nel 1947
con un concerto di brani wagneriani. Ha
poi cantato il ruolo del titolo nel “Dido
and Aeneas” di Purcell, quindi il “Sansone”
(Samson) di Händel e la “Judith” di Eugene
Goossens.
La sua carriera europea ha inizio a
Londra nel 1952, con l’interpretazione
di Giorgetta nel “Tabarro” di Puccini al
Royal College of Music e, lo stesso anno,
della Prima Dama nel “Flauto magico”
di Mozart al Covent Garden Theatre.
Dopo un periodo di rodaggio interpreta,
quindi, Woglinde in “Das Rheingold”, The
Woodbird in “Sigfrido” (opera), Woglinde
ne “Il crepuscolo degli dei” e Agathe
nel “Freischütz” di Weber e la Contessa
nelle “Nozze di Figaro” mozartiane nel
1954, Aida nell’omonima opera verdiana.
Debutta anche nei “Contes d’Hoffmann” di
Offenbach, nel ruolo di Antonia nel 1957
e in quelli di Giulietta e Olympia nel 1955,
Eva in “Meistersinger von Nürnberg”, Gilda
in “Rigoletto” e Desdemona dell’”Otello”
verdiano sono i ruoli affrontati a Londra
nel 1957.
Con Lucia il trionfo internazionale
La sua carriera ha una svolta decisiva
nel febbraio 1959, quando canta Lucia
di Lammermoor di Gaetano Donizetti
a Londra, diretta da Tullio Serafin con
la regia di Franco Zeffirelli. In una sola
serata, grazie a un ruolo di coloratura
drammatica che affronterà addirittura
per un trentennio, la Stupenda diventa
improvvisamente una star internazionale,
guadagnandosi un contratto esclusivo con
un’importante casa discografica londinese.
La Sutherland s’impone quindi sulla scena
internazionale riportando in auge molte
parti sopranili create da Giulia Grisi e da
altre grandi primedonne dell’Ottocento,
allora affrontate sempre più raramente,
quali Beatrice di Tenda, Anna Bolena, La
sonnambula, Semiramide, I puritani, Maria
Stuarda, Lucrezia Borgia, con i massimi
cantanti dell’epoca (Bastianini, Corelli,
Cossotto, Simionato, Ghiaurov, Moffo...)
Una Norma da record
Dopo aver collaborato con molti dei
maggiori direttori d’orchestra del tempo,
dal 1963 Joan Sutherland lavora quasi
esclusivamente con suo marito, il direttore,
musicologo e filologo Richard Bonynge,
pieno corresponsabile delle scelte
della sua carriera. È lui a sconsigliarle
di usurare la voce con ruoli troppo
drammatici e pesanti, che la Sutherland
ha difatti saggiamente evitato, ed è lui
che ne ha scoperta e sponsorizzata la
prodigiosa vocazione belcantistica. Insieme
debuttano Norma a Vancouver nel 1963:
la sacerdotessa dei druidi è un ruolo che
la Stupenda ha interpretato, stabilendo un
record, per un quarto di un secolo.
Alla Scala, al Metropooitan di New York,
all’Opera di Vienna, a San Francisco,
|| Joan Sutherland, bellissima in uno dei suoi ruoli
Sidney, Toronto e Vancopuver ha
interpretato opere e operette di tantissimi
autori e in particolare un repertorio
belcantistico. La Sutherland ha salvato
dall’oblio non soltanto molte opere del
primo Ottocento italiano, ma anche diversi
titoli del repertorio francese.
Il ritiro nel 1990
Nel 1975 è Lucia nella ripresa, nel Civic
Opera House di Chicago, di “Lucia di
Lammermoor” con Luciano Pavarotti.
Durante la sua carriera la Sutherland
ha interpretato questo ruolo per ben
233 volte. Al culmine del successo
internazionale, si è ritirata dalle scene nel
1990 (a Sidney, nel ruolo di Margherita
di Valois in “Les Huguenots”), a 64 anni,
dopo quarantatré anni di carriera e circa
sessanta ruoli interpretati.
Ha lasciato documenti rilevantissimi anche
per la musica sacra, tra l’altro eseguendo il
Messiah e il Sansone di Händel, il Requiem
di Verdi e alcune composizioni di Johann
Sebastian Bach. Ha inoltre cantato e inciso
il quarto movimento della Nona sinfonia di
Ludwig van Beethoven.
Nel 1978 la regina Elisabetta II le ha
conferito il titolo di dama dell’impero
britannico (Dame - Commander of the
British Empire). Joan Sutherland è
deceduta il 10 ottobre 2010 nella sua casa
a Les Avants, nei pressi di Montreux.
la Voce
del popolo
musica
mercoledì, 27 febbraio 2013
7
quiz
1. Come si intitola uno dei maggiori
successi del cantautore italiano Nek,
riproposto in seguito anche da altri
cantanti europei?
a) Laura c’è
b) Laura
c) Laura non c’è
2. Nella metà del XIX secolo, tre
opere di Giuseppe Verdi raggiunsero
una popolarità straordinaria. Infatti,
del numero complessivo di 87
spettacoli andati in scena all’Opera
di Parigi nel 1856, furono addirittura
54 quelli nel cui ambito furono
proposte le tre opere verdiane. Si
tratta dei...
a) “I vespri siciliani”, “Falstaff” e “Aida”
b) “La Traviata”, “Il Trovatore” e
“Rigoletto”
c) “Nabucco”, “Otello” e “I due foscari”
5. Quante sinfonie ha composto
il genio tedesco Ludwig van
Beethoven?
a) Nove
b) Dieci
c) Undici
6. Il compositore russo Aleksandar
Borodin, uno dei membri del
“Gruppo dei cinque”, si occupava di
composizione nel tempo libero. Di
professione, invece, era un...
a) Ingegnere
b) Giornalista
c) Chimico
|| Con Luciano Pavarotti
3. “Così parlò Zarathustra” è un
popolare poema sinfonico, reso
celebre come colonna sonora del film
di culto di Stanley Kubrick “2001:
Odissea nello spazio”, composto nel
1896 da...
a) Richard Strauss
b) Richard Wagner
c) Johann Strauss
4. Come si chiama il cantautore e
frontman degli Azra, uno dei più
importanti gruppi della “new wave”
zagabrese?
a) Darko Rundek
b) Branimir Johnny Štulić
c) Drago Mlinarec
|| Grande intesa col marito Richard Bonynge
7. Si intitola “I pini di Roma” il
poema sinfonico di uno dei maggiori
compositori italiani…
a) Alessandro Scarlatti
b) Luigi Boccherini
c) Ottorino Respighi
8. Quale strumento a fiato esegue
la stupenda melodia d’apertura
del celebre balletto “La Sagra della
primavera” di Igor Stravinski?
a) Il flauto
b) Il fagotto
c) Il clarinetto
9. Quale strumento viene usato
per dare il “La” agli altri strumenti
dell’orchestra, in modo che possano
intonarsi prima dell’esecuzione?
a) L’oboe
b) La tromba
c) Il violino
10. La suite per pianoforte “I quadri
di un’esposizione”, nota pure nella
trascrizione per orchestra di Maurice
Ravel, “descrive” una serie di veri
dipinti di Victor Hartmann. L’autore
della composizione è...
a) Nikolaj Rimski-Korsakov
b) Aleksandar Borodin
c) Modest Musorgski
Soluzioni: 1. c), 2. b), 3. a), 4. b), 5.
a), 6. c), 7. c), 8. b), 9. a), 10. c).
8
mercoledì, 27 febbraio 2013
ANNIVERSARI
musica
la Voce
del popolo
di Helena Labus Bačić
ERA CONSIDERATA LA VOCE DELL’ORGOGLIO NERO, LA
RIVOLUZIONARIA, LA TIGRE, CHE LOTTÒ FINO ALL’ULTIMO CONTRO
LA DISUGUAGLIANZA RAZZIALE. MORIVA NEL 2003 UNA DELLE
MUSICISTE PIÙ PARTICOLARI DEL PANORAMA JAZZ, SOUL E BLUES
NINA
SIMONE
LA «PASIONARIA»
C
i volle una pubblicità televisiva
della Chanel, nonostante fosse
già un’affermata musicista,
per far diventare Nina Simone icona
del jazz. Fu nel 1987 che il suo
brano “My baby just cares for me”
scalò le classifiche inglesi e molti
iniziarono a riscoprire la sua musica. Si
susseguirono ristampe dei suoi dischi e
antologie, mentre “My baby just cares
for me” divenne la canzone-simbolo
di questa singolare cantante e pianista
americana. In realtà, la canzone
risaliva a quasi trent’anni prima e
faceva parte del suo album esordiente,
ma a fine anni Ottanta contribuì a
risvegliare l’interesse del pubblico
per la musica di una delle figure più
importanti della scena jazz, ma anche
blues, gospel e folk, americane.
Nina Simone, della quale quest’anno
ricorre il decimo anniversario di morte
e l’ottantesimo della nascita (nacque
a Tryon il 21 febbraio 1933 e morì
a Carry-le-Rouet il 21 aprile 2003),
si è conquistata un posto di spicco
nella storia della musica grazie alla
sua voce profonda e vibrante (era un
contralto di ampia tessitura, con colori
scuri), alla maestria con cui suonava
il pianoforte (ne era una virtuosa) e
al modo in cui arricchiva con squisite
improvvisazioni le proprie incisioni
discografiche, improvvisazioni in cui
ben si delineava la sua formazione
classica. Si distinse per il suo impegno
sociale, per la sua lotta contro il
razzismo e per i diritti civili degli
afro-americani. Lo faceva innanzitutto
con la sua musica, in brani come
“Brown Baby”, “Mississippi Goddam”,
ma anche nelle struggenti canzoni
“Strange Fruit” (una rivisitazione
del brano di Billie Holiday) e “Four
Women”.
Parlò per la prima volta di
discriminazione razziale in un
concerto del 1964, che divenne poi un
album live, durante il quale interpretò
appunto il brano “Mississippi
Goddam”. La canzone faceva
riferimento all’assassinio di Medgar
Evers (un attivista nel movimento per
i diritti umani) e al bombardamento di
una chiesa a Birmingham in Alabama,
durante il quale vennero uccisi
quattro bambini afro-americani. La
canzone, pubblicata come un singolo,
fu boicottata in alcuni Stati del Sud
America. Da allora in poi, Nina Simone
non mancò mai di professare i diritti
civili della comunità afro-americana,
partecipando pure a numerosi
convegni.
Fu amica e alleata di personaggi
come Malcolm X e Martin Luther
King, anche se non condivideva
l’approccio nonviolento nella lotta
contro la discriminazione razziale
di quest’ultimo. Era convinta,
invece, che il popolo afro-americano
avesse bisogno di una rivoluzione
violenta e che, per mezzo della lotta
armata, potesse formare uno Stato
separato. Nonostante la sua posizione
aggressiva, nella sua autobiografia
Nina Simone scrisse che né lei né la
sua famiglia fecero mai distinzione fra
le razze.
Grazie alla sua presenza scenica, si
guadagnò l’appellativo di “suprema
sacerdotessa del soul”, che però non
le piaceva. Non le piacque nemmeno
l’etichetta di “cantante jazz” e in
questo contesto scrisse: “se devo
essere definita in qualche modo,
preferirei che ciò fosse ‘cantante folk’,
dal momento che nella mia musica
ci sono più folk e blues che jazz”.
Nelle sue performance, Nina Simone
incorporò frequentemente monologhi
e dialoghi con il pubblico, ma utilizzò
pure il silenzio come mezzo espressivo.
Lei stessa lo definì un mezzo di “ipnosi
di massa”, dicendo di usarlo spesso.
I suoi interessi musicali furono
vastissimi, il che la portò a
reinterpretare brani di diverso genere
musicale che spaziavano dal jazz,
al blues, al folk, ma anche al rock e
al pop. Una delle cover più popolari
dei suoi brani è senza dubbio “Ain’t
Got No, I Got Life”, tratta dal musical
“Hair”, come pure la canzone “Don’t
Let Me Be Misunderstood”.
Nonostante le etichette che nel corso
degli anni si guadagnò, la musica di
Nina Simone elude ogni classificazione
e così è con tutti i grandi artisti. I suoi
interessi erano troppo vasti e il suo
bisogno di esprimersi attraverso la
musica era troppo grande per poter
essere rinchiusa in un solo genere.
Nella storia della musica, Nina Simone
ha un posto accanto ad artiste come
Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Sarah
Vaughan, e tante altre leggende. Per il
suo grande impegno sociale rimarrà
per sempre la “pasionaria”, la voce
che parlò delle atrocità commesse in
nome di una convinzione errata e,
come disse lei stessa una volta, come
persona di colore che pagò un prezzo
salato per combattere l’establishment.
la Voce
del popolo
Anno 9 /n. 67 / mercoledì, 27 febbraio 2013
IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina
[email protected]
Edizione
Progetto editoriale
Caporedattore responsabile
Errol Superina
MUSICA
Silvio Forza
Redattore esecutivo
Ivana Precetti Božičević
Impaginazione
Saša Dubravčić
Collaboratori
Daria Deghenghi, Helena Labus Bačić, Marin Rogić e Clio Rostand
Foto
Ivor Hreljanović e archivio TNC “Ivan de Zajc”