la Voce del popolo i«VIRTUOSI FIUMANI» musica www.edit.hr/lavoce Anno 9 • n. 67 mercoledì, 27 febbraio 2013 FANNO DIECI MOSTRE RIFLESSIONI USCITE voci storiche ANNIVERSARI Ricordando il grande tenore Viktor Bušljeta Sanremo è sempre Sanremo Valter Milovani Maer un esordio... festivo Joan Sutherland, la dama del belcanto Nina Simone la «pasionaria» Il Teatro fiumano “Ivan de Zajc” omaggia una delle più grandi voci della lirica di casa nostra Chiuso il Festival, se ne parla ancora. Ecco come ci è apparsa la 63.esima edizione Un inno alla chanson con dieci tracce in cui voce e chitarra acustica sono essenziali Impossibile dimenticare gli splendori vocali della Stupenda Nel 2003 moriva l’icona del jazz. Per tutta la vita lottò per i diritti degli afro-americani 3 4 5 6 8 2 mercoledì, 27 febbraio 2013 INTERVISTA musica la Voce del popolo di Helena Labus Bačić IMPORTANTE TRAGUARDO PER L’ENSEMBLE DI PALAZZO MODELLO. DIECI ANNI DI INTENSA E FRUTTUOSA ATTIVITÀ CONTRASSEGNATa DA UN PROFONDO AMORE verso LA MUSICA VIRTUOSI FIUMANI SUCCESSO INARRESTABILE I “Virtuosi fiumani” sono un ensemble ben noto e apprezzato nell’ambito della Comunità Nazionale Italiana, che miete successi anche fuori dall’ambiente comunitario e i cui concerti sono sempre seguitissimi. Quest’anno, la valente compagine celebra i primi dieci anni di intensa e fruttuosa attività. Dieci anni in cui ha dato prova di un alto livello di professionalità, dedizione, ma soprattutto di illimitato e profondo amore per la musica che viene puntualmente riconosciuto dal pubblico. A farne parte, la prof.ssa Ariana Bossi (soprano), la prof.ssa Vjera Lukšić (pianoforte), Antonio Mozina (tenore) e Aldo Racanè (baritono), un gruppo affiatato di persone di età diversa accomunate da un solo desiderio e da un solo bisogno: quello di fare musica. Li abbiamo incontrati nei loro spazi al Palazzo Modello, dove si sono riuniti per la consueta prova settimanale. Come avete progettato di festeggiare il vostro primo decennio di attività? Ariana Bossi: Quest’anno ricorre l’anniversario di Giuseppe Verdi, ma anche quello di Richard Wagner (anche se non lo cantiamo), per cui abbiamo deciso di festeggiarlo con un concerto dedicato interamente al grande maestro d’opera italiano, che si terrà in maggio. Il concerto si intitolerà ‘Gala Verdi’ e in quell’ambito interpreteremo arie e canzoni i Verdi. La prima parte della serata sarà dedicata alle sue arie, mentre nella seconda parte ci concentreremo sulle sue romanze. È un fatto poco noto che nel corso della sua vita Verdi si dedicò con successo pure a questa forma musicale. Quindi, il pubblico avrà occasione di apprezzare una parte piuttosto sconosciuta dell’opus del grande maestro. Nessun progetto “palpabile”? Magari un cd? Ariana Bossi: Purtroppo, no. Un progetto del genere esige dei finanziamenti dei quali per ora non disponiamo. L’anno scorso avevamo fatto domanda per la realizzazione di un cd, ma non abbiamo ancora avuto risposta. Ad ogni modo, è nelle nostre intenzioni realizzarlo in un prossimo futuro. Quello che faremo certamente, è un ciclo di concerti durante l’estate. Infatti, di recente ne abbiamo tenuti cinque di grande successo, tutti organizzati dall’Unione Italiana, in seguito ai quali siamo stati nuovamente invitati ad esibirci. Quindi, provvederemo a preparare un programma completamente nuovo da proporre nell’ambito delle serate che ci attendono e che si terranno a Rovigno, Valle, Cittanova, e via dicendo. Come e quando inizia la storia dei “Virtuosi fiumani”? Ariana Bossi: Come complesso esistiamo dal 2003, mentre il nome ci è stato dato nel 2004. I signori Racané e Mozina sono solisti del coro della ‘Fratellanza’ e proprio all’epoca ci fu la necessità di trovare qualcuno che li preparasse per le loro esibizioni. Quindi, nel 2003 mi contattarono e io accettai di lavorare con loro. La prof.ssa Vjera Lukšić collaborava già da tempo con il coro in veste di accompagnatrice al pianoforte. Il tutto è iniziato quasi per caso, con qualche duetto, un’aria. Il signor Mozina, da tenore affermato professionalmente, aveva già un repertorio operistico molto vasto, mentre il signor Racanè proveniva dalla musica leggera, per cui decisi di lavorare con lui affinché imparasse anche arie operistiche. Tutto ciò ci portò, in seguito, ad esibirci assieme in concerto – noi tre cantanti accompagnati dalla professoressa Likšić – e fu proprio così che l’ensemble prese vita. Il nostro primo concerto si tenne nel febbraio del 2004 e fu un successo. La nostra esibizione fu una sorpresa per tutti. In quell’occasione, il signor Mario Micheli scrisse un articolo che venne pubblicato sulla ‘Voce’, dove parlò di noi come dei ‘virtuosi fiumani’. Ne rimanemmo piacevolmente sorpresi dal momento che non ce l’aspettavamo, e anche un po’ intimiditi da questo complimento così grande, in quanto nessuno di noi si sente effettivamente un ‘virtuoso’ nel vero senso della parola. Però, il nome rimase e quindi possiamo dire che Mario Micheli ne è l’ideatore. Ma pensandoci su, c’è anche del vero in questo nome. Dovete sapere infatti, che Aldo Racané iniziò a lavorare al repertorio lirico appena a 69 anni, un fatto di per sé straordinario, mentre Antonio Mozina – nonostante sia un professionista – è un cantante fuori da comune. Sono pochi i tenori che cantano ancora alla sua età. Quindi, non è esagerato definirli dei virtuosi. Posso affermare inoltre, che il nostro ensemble è la dimostrazione che ‘l’età non conta’. Abbiamo tutti un’età diversa, ma a legarci è l’amore per la musica e il desiderio di imparare e di progredire in continuazione. Un esempio lampante è il signor Racanè, che ha imparato un repertorio completamente nuovo a un’età avanzata. Quale repertorio curate? Ariana Bossi: Ci dedichiamo ad arie operistiche di Verdi, Puccini, Mozart, Lehar, Donizetti, Bellini, come pure di Ivan de Zajc, nonché a canzoni e romanze di numerosi autori. Questo è l’anno di Giuseppe Verdi. Qual è il vostro rapporto con il grande compositore? Come vi sentite a interpretare le sue arie, suonare la sua musica? Antonio Mozina: Verdi è semplicemente il migliore perché fa cantare l’anima dell’interprete. Per cantare Verdi bisogna avere molto cuore e sentire la frase. Ariana Bossi: Verdi sa dipingere con la musica. È capace di dipingere l’atmosfera con le note. Egli non conosceva soltanto le capacità di una voce, ma entrava nel carattere di ogni singolo personaggio. La sua musica dice tutto. Aldo Racanè: Per me Verdi è stato sempre il sommo compositore. Ho amato le sue arie fin da bambino, frequentando il teatro insieme a mio padre. Vjera Lukšić: Nel corso della mia vita lavorativa, che ho trascorso come insegnante di pianoforte alla Scuola di musica ‘Ivan Matetić Ronjgov’, ho accompagnato spesso i cantanti e nel farlo ho suonato molti lied e canzoni di ogni genere. Collaborando con il coro della ‘Fratellanza’ ed entrando a far parte poi dei ‘Virtuosi fiumani’, ho avuto per la prima volta occasione di suonare estratti dalle opere di Verdi, cosa che non facevo alla Scuola di musica. Questo richiede una notevole concentrazione e forza. Il pianoforte deve, infatti, riuscire a riprodurre un’intera orchestra. C’è qualche anneddoto, qualche evento che vi è rimasto particolarmente impresso nei vostri primi dieci anni di vita? Ariana Bossi: In un’occasione dovevamo tenere un concerto a Pirano, ma ci perdemmo per strada e arrivammo a destinazione con un’ora di ritardo. Nonostante tutto, il pubblico attese pazientemente affinché ci preparassimo – infatti, per raggiungere la toilette bisognava attraversare l’intera sala –, ma alla fine il concerto riuscì a meraviglia. Qual è il vostro più grande successo? Ariana Bossi: Tra i più importanti è stato certamente il concerto per gli esuli fiumani tenuto a Trieste, ma anche il ‘Concerto per l’Italia’ a Gorizia, offerto in occasione delle celebrazioni per il 150.esimo dell’Unità d’Italia. Veniamo sempre accolti con calore dal nostro pubblico e possiamo dire che ogni nostro concerto è un successo. Antonio Mozina: Ci sono stati molti eventi memorabili in questi dieci anni, ma vorrei sottolineare che niente di tutto ciò sarebbe stato possibile senza il sostegno finanziario e morale dell’Unione Italiana e del presidente dell’Esecutivo, Maurizio Tremul. Siamo grati anche a Mario Micheli, il quale ci ha aiutati moltissimo nell’organizzazione di diversi eventi ai quali ci siamo esibiti. Ai Virtuosi fiumani facciamo, infine, i nostri più sentiti auguri per questo importante traguardo nella speranza che il loro primo disco non si faccia attendere troppo a lungo. Sarebbe una giusta ricompensa per ciò che hanno fatto finora e una dimostrazione della loro grande passione per la musica. || Da sinistra, Antonio Mozina, Ariana Bossi, Vjera Lukšić e Aldo Racanè musica la Voce del popolo gli INDIMENTICABILi mercoledì, 27 febbraio 2013 3 di Marin Rogić MOSTRA FOTOGRAFICA DEDICATA A VIKTOR BUŠLJETA, UNO DEI PIÙ GRANDI TENORI FIUMANI, NEL FOYER DEL TEATRO «IVAN DE ZAJC» A FIUME LA VOCE DITUTTELEVOCI «V ittorio, sei grande!”. Con questa esclamazione, uscita dalle potenti corde vocali del tenore Voljen Grbac, è stata aperta, venerdì scorso, la mostra dedicata al più grande tenore fiumano della storia: Viktor Bušljeta. L’esposizione titolata “Viktor Bušljeta – L’indimenticabile Radamès fiumano”, è stata inugurata nel foyer del Teatro Nazionale Croato “Ivan de Zajc”, proprio poche ore prima della première della “nuova” Aida targata Balázs Kovalik e Antonello Allemandi. Non poteva esserci occasione migliore della prima dell’Aida, per presentare e fare ricordare al pubblico fiumano il suo Radamès più famoso, quello che più di ogni altro tenore ha segnato l’opera verdiana dalle nostre parti. Chi ha avuto l’onore e il privilegio di potere partecipare a una sua esibizione, racconta ancor oggi con orgoglio chi era, cosa abbia significato e cosa significa tutt’oggi, per il canto lirico in Croazia, Viktor Bušljeta. “È sicuramente uno dei più grandi e importanti nella storia della musica fiumana – dice di lui Voljen Grbac –. Mi fa enormemente piacere che il mio teatro si sia ricordato di festeggiare e rendere omaggio a questo personaggio di fondamentale importanza per la storia musicale croata. Una voce come la sua sembra provenire dal cielo, da un altro pianeta. Era la voce di tutte le voci. Non azzardo se dico che pochi al mondo hanno avuto il suo talento”, conclude il tenore. L’esibizione a Milano La mostra è stata molto ben concepita. Si tratta di un’esposizione che presenta una trentina di ritagli, commenti, articoli di giornale dell’epoca, che raccontano Bušljeta nei panni di Radamès e di altri importanti personaggi della lirica. Troviamo così i racconti e le recensioni delle varie prime del tenore fiumano che sono andate in scena, oltre che nel capoluogo quarnerino, ad Abbazia e in molte altre città dell’ex Jugoslavia. Spicca una recensione del quotidiano spalatino “Slobodna Dalmacija”, datata 1982, che racconta della trasferta milanese di Bušljeta. Avrebbe dovuto cantare alla Scala, ma per problemi tecnici, lo spettacolo fu trasferito all’ultimo momento al Castello Sforzesco, situato nel cuore del capoluogo lombardo. Proprio questo articolo delinea egregiamente la qualità del tenore. Leggendo il titolo “Successo nella metropoli dell’opera” e, continuando nelle righe successive, si nota il grande impatto che Bušljeta ebbe sul pubblico milanese, un pubblico che era sicuaramente uno dei più esigenti al mondo. In questo pezzo notiamo quanto gli adetti ai lavori avrebbero voluto che il tenore intraprendesse una carriera internazionale. Leggiamo così “la bellezza e la pienezza della sua voce verrebbero sicuramente apprezzate anche a New York, Berlino, Parigi... Se si fosse impegnato un po’ di più, avrebbe sicuramente calcato i palcoscenici dei teatri più prestigiosi del mondo, con un successo uguale, se non più grande, di quello riscosso a Milano...”. «Lui andava oltre, ti entrava nella pelle» Continuando a visitare la mostra, si nota un articolo del Novi list del 3 agosto 1985, che testimonia la trepidante attesa che c’era tra gli adetti ai lavori pochi giorni prima della prima ufficiale dell’Aida di quell’anno. Nel pezzo viene posta la domanda ai protagonisti dell’allestimento “Cosa vi aspettate dall’Aida”? Oltre a Bušljeta, rispondono il regista Borislav Popović, il direttore d’orchestra Davorin Hauptfeld, lo scenografo Dorian Sokolić, la costumista Ružica Nenadović-Sokolić e la mezzosoprano Zlatomira Nikolova, la quale si apprestava a interpretare Amneris. Dalle loro risposte notiamo il grande interesse, la tensione e la grande attesa che caratterizzavano la vigilia della prima. D’altronde non poteva essere diversamente; attesa, suspense, dubbio, sono stati sempre protagonisti nelle opere verdiane a Fiume perché, come ci ha confidato Voljen Grbac, “il pubblico fiumano è molto esigente, perché noi siamo vicini all’Italia e il bel canto è nei nostri geni e nelle nostre orecchie. Sappiamo molto bene distuinguere una bella voce da una brutta voce. Bušljeta andava oltre, lui ti entrava nella pelle”. 4 lalaVoce Voce del popolo del popolo mercoledì, 27 febbraio 2013 IL COMMENTO di Daria Deghenghi A DUE SETTIMANE DALLA SUA CHIUSURA, SE NE PARLA ANCORA. ECCO COME CI È APPARSO IL 63.ESIMO FESTIVAL DELLA CANZONE ITALIANA, RECORD DI ASCOLTI IN TUTTE E CINQUE LE SERATE GRAZIE ALLA COPPIA FAZIO-LITTIZZETTO MA ANCHE A UN RADICALE CAMBIAMENTO DI CONCETTO GRAZIE AL QUALE I BRANI IN GARA HANNO FINALMENTE AVUTO LA MEGLIO SUI PERSONAGGI PERCHÉ SANREMO ÈSANREMO! L’ orchestra pensile, il direttore distinto, la musica colta in prima serata, il comico di grido, il grido del contestatore, l’antivelina impegnata, le doppiette canore, l’amarcord, gli ospiti, la polemica, i calcoli sul voto e la conta dei voti, l’apoteosi del podio, i postumi. Calato il sipario sul Sanremo illuminato della coppia Fazio-Littizzetto, il festival dei gay che chiedono di sposarsi in Italia, delle donne che non vorremmo fossero picchiate dai “loro” uomini, delle orchestre che chiedono più soldi e dei presentatori che invece ne hanno in eccesso, il festival che tutto-devecambiare-affinché-nulla-cambi e che poi così tanto rivoluzionario come si sperava non lo è stato, ha avuto tuttavia dei bei momenti musicali che in questa sede vorremmo ricordare prescindendo dai dettagli di costume come la scelta degli ospiti e degli abiti che si sono visti sfilare sul palco. L’omaggio a Wagner e Verdi L’omaggio a Wagner e a Verdi a parte (e il picco dello share in corrispondenza de “La cavalcata delle Valchirie” starà ad indicare di tutto tranne che siamo un pubblico che non ci capisce una mazza di musica), la sequenza dei brani proposti alla 63.esima edizione del festival è stata sopra ogni cosa eclettica. Sì, perché, gusti musicali a parte, mai come finora la varietà dei generi ha scavalcato decenni e continenti come quest’anno. Dallo swing americano-anni-Trenta rivisitato in chiave elettronica, si è passati ad ascoltare del punk-rock rigenerato; s’è visto e udito di tutto tra jazz, cabaret, chanson, altro rock post alternativo; del reggae redivivo come in un brutto sogno, qualche ballata mediterranea sempreverde e diverse “chicche” del pop-rock italiano che s’allinea pragmaticamente con i gusti del || I Modà, terzi classificati con il brano scritto da Kekko Silvestre “Se si potesse non morire” momento; ritornelli scelti per scalare le classifiche e vendere dischi, brani che vivranno e altri che finiranno giocoforza nella spazzatura, come puntualmente avviene a ogni nuova edizione della kermesse sanremese. Un po’ una lezione di storia della musica leggera del Novecento, insomma, un melting pot assemblato da autori affermati e portato in scena da voci e volti soprattutto giovani, ex talent in primo piano. I brani Per ricordare Mengoni e i Modà non ci vorrà alcuno sforzo perché continueranno a tormentarci dalle classifiche almeno fino a quest’estate. Vincitore assoluto grazie al plebiscito del televoto e un discreto apprezzamento della giuria di qualità, “L’essenziale” è essenzialmente la canzone assembleata e collaudata per ragiungere il podio, le radio, le classifiche. Bella voce e aria stralunata, ottimo nella serata dell’amarcord, l’ex talent Mengoni si è preso la sua bella rivincita per i colpi parati in passato con un trionfo incontenstato sul palco dell’Ariston. Quanto ai Modà, avrebbero fatto meglio a non copiare la canzone vincitrice dello scorso anno, ma siccome caval che vince non si cambia, va bene lo stesso. Piuttosto, che bella “La canzone mononota” di Elio le storie tese! Un “do” in eterna evoluzione, una costruzione geniale, seconda in classifica grazie al plebiscito della giuria e un discreto apprezzamento del pubblico del televoto. Per niente “nazionale” la Maria napoletana con quell’“È colpa mia” tutto sangue e lacrime che avrebbe vinto negli anni Sessanta ma mai qui e ora. E poi un Gazzé sempre all’altezza del personaggio, la Voce musica del popolo Secondo posto e premio della critica per Elio e le storie tese e la loro “Canzone mononota” mercoledì, 27 febbraio 2013 Uscite 5 di Daria Deghenghi Valter Milovan Maer, debutto discografico alla Leonard Cohen Istruzioni per un giorno festivo V alter Milovan, in arte Maer, al suo debutto discografico tardivo propone un cofanetto contenente il suo cd “Neradni dan” (Un giorno festivo) accompagnato da “Neradni dan/Priručnik za upotrebu” (Giorno festivo/Manuale per l’uso), una raccolta di poesie illustrata da splendide fotografie di Damjan Bistričić. Da non confondere il libricino con un comune booklet. Le due edizioni sono infatti distinte, benché complementari e vendute in abbinamento. In effetti è difficile stabilire se sia il libro ad accompagnare il disco o se sia vero piuttosto l’esatto contrario, cioè che la musica sia soltanto un’estensione dei versi, tanto è elegante e raffinata questa raccolta di poesie edita in tiratura limitata dalla Matica Hrvatska di Pisino. Ma qua si deve parlare del disco ed è bene non affacciarsi a sentieri secondari. Serio, ma non per questo meno sereno, impegnato ma non pesante, leggero ma non superficiale, divertente ma non banale, il primo disco di questo cantautore esordiente (che, sia detto di passaggio, di mestiere fa il docente di filologia romanza all’Università di Pola), si snoda in dieci tracce e costituisce un inno alla chanson nel senso meno tecnico del termine, quello cioè di “poesia in musica” o, se preferite, di “musica in versi”. Bando all’innovazione e alla sperimentazione, voce e chitarra acustica restano essenziali all’udito, benché non manchi un apporto considerevole di percussioni, ottoni, archi e pianoforte, con tanto di partecipazioni anche importanti, tra cui segnaliamo Bruno Krajcar, Boro Rakamarić, Krešo Kunda. Una voce dolce e gentile, che solo a momenti incappa nell’insicurezza, e una chitarra suadente, a tratti incantevole. Senza andare in cerca di modelli remoti e improbabili, Maer, la sua chitarra e i suoi versi ricordano tanto la poesia musicata del primo Leonard Cohen, cantautore che indubbiamente è stato un maestro e una fonte a cui attingere a piene mani. Ma senza il fardello del pessimismo, della malinconia, della tensione e dell’ansia, insomma, senza gli effetti collaterali dell’arte nella morsa della depressione. Inno alla letizia e al lieto vivere “Giorno festivo” è invece un inno alla letizia, al lieto vivere senza privarsi del lusso di sognare e meditare. L’album alterna momenti spensierati a passi più incisivi, pullula di citazioni e allusioni, affronta argomenti come l’oblio, il non-senso, il socialismo, la stupidità e l’ignoranza, e nel farlo riesce a mantenere il buon umore, invitando per di più alla comprensione senza giudizio e all’amore disinteressato per il prossimo. || Marco Mengoni, vincitore con “L’essenziale” i “Marta sui tubi” come dei pesci fuor d’acqua, un Gualazzi che certamente ha sostenuto prove migliori, un Cristicchi molto divertente e un Daniele Silvestri tutto sommato gradevole. Scoppiettante ma poco originale il pezzo swing della Molinari in coppia con Cincotti e poca roba le nuove proposte canore di altre due ex da primo piano: una raffinata Annalisa e la sua antitesi Chiara Galiazzo. Piaccia o non piaccia, l’Ayane Malika con in mano un’altra bella canzone di Sangiorgi non poteva che incantare la giuria e lasciare indifferente le masse del televoto. Meritatamente ultimi invece gli Almamegretta con un pezzo reggae impegnato che pare non sia piaciuto proprio a nessuno, nella dimostrazione empirica più eloquente del fatto che, a volte, anche l’opinione del pubblico e quella della critica convergono e che non tutto è sempre questione di... gustibus. Apre la track list “Kosić”, un’improbabile cover della celebre “Blackbird” dei Beatles, resa in ciakavo con qualche modifica alla melodia nel ritornello: un esperimento d’azzardo tutto sommato riuscito, cui segue un’altra cover, “Dove credi di andare”, con testo originale in italiano, di Sergio Endrigo. Fin qui conosciamo l’interprete e l’arrangiatore Maer, che sarà pronto a sbottonarsi come autore solo a partire dalla terza traccia, una leggiadra “Proljeće u studenom” (Primavera a novembre) e nella title track “Neradni dan” (Un giorno festivo) in maniera più incisiva. Il lessico istriano ciakavo e i suoi echi di un italiano imbastardito, così melodioso e tipicamente istriano, torneranno ad intrecciandosi a un croato letterario in “Hereza z Galiole” e “Pjesma iz D”, mentre l’impegno sociale e una raffinatezza strumentale nuova affioreranno in “Treba više voljeti glupe ljude” (Bisogna amare di più gli stolti) e poi nella traccia che chiude l’album, “Pjesma o zaboravljanju” (Canzone dell’oblio), con l’intervallo intimistico del penultimo brano della track list, “Smiješne stvari” (Cose buffe): l’amarcord di un’adolescenza che conferisce al disco l’impronta personalissima di un autore da scoprire. 6 mercoledì, 27 febbraio 2013 VOCI STORICHE musica la Voce del popolo A cura di Clio Rostand || Sul palco come Lucia || Nel 1978 in occasione del conferimento del titolo di dama dell’impero britannico LA STRAORDINARIA VOCAZIONE BELCANTISTICA DI JOAN SUTHERLAND GLI SPLENDORI VOCALI DELLA STUPENDA J oan Sutherland (Sydney, 7 novembre 1926 – Les Avants, 10 ottobre 2010), suprema virtuosa, è stata una delle più grandi protagoniste dell’opera nel Novecento. Pochi cantanti lirici hanno avuto una carriera prestigiosa e lunga (oltre quarant’anni) come la sua. Dotata di una voce di bellissimo timbro, di notevole volume e assai estesa (dal Sol naturale sotto il rigo al Fa diesis sovracuto), con sopracuti limpidi e penetranti, è stata capace di agilità perfette quanto spericolate. Attrice intelligente e misurata, nel genere tragico come nel comico, ha dato un contributo fondamentale al recupero della tecnica e della prassi esecutiva belcantistica (particolarmente nella sua accezione primo-ottocentesca), sviluppando in modo più specialistico e portando ai massimi esiti la “rivoluzione” stilisticointerpretativa avviata da Maria Callas. Molte delle sue interpretazioni, in buona parte consegnate ufficialmente al disco, sono considerate di riferimento. Straordinario virtuosismo Soprano lirico d’agilità, dopo aver studiato canto nella natia Australia, prima con la madre, poi privatamente con Aida Summers, ha debuttato a Sydney nel 1947 con un concerto di brani wagneriani. Ha poi cantato il ruolo del titolo nel “Dido and Aeneas” di Purcell, quindi il “Sansone” (Samson) di Händel e la “Judith” di Eugene Goossens. La sua carriera europea ha inizio a Londra nel 1952, con l’interpretazione di Giorgetta nel “Tabarro” di Puccini al Royal College of Music e, lo stesso anno, della Prima Dama nel “Flauto magico” di Mozart al Covent Garden Theatre. Dopo un periodo di rodaggio interpreta, quindi, Woglinde in “Das Rheingold”, The Woodbird in “Sigfrido” (opera), Woglinde ne “Il crepuscolo degli dei” e Agathe nel “Freischütz” di Weber e la Contessa nelle “Nozze di Figaro” mozartiane nel 1954, Aida nell’omonima opera verdiana. Debutta anche nei “Contes d’Hoffmann” di Offenbach, nel ruolo di Antonia nel 1957 e in quelli di Giulietta e Olympia nel 1955, Eva in “Meistersinger von Nürnberg”, Gilda in “Rigoletto” e Desdemona dell’”Otello” verdiano sono i ruoli affrontati a Londra nel 1957. Con Lucia il trionfo internazionale La sua carriera ha una svolta decisiva nel febbraio 1959, quando canta Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti a Londra, diretta da Tullio Serafin con la regia di Franco Zeffirelli. In una sola serata, grazie a un ruolo di coloratura drammatica che affronterà addirittura per un trentennio, la Stupenda diventa improvvisamente una star internazionale, guadagnandosi un contratto esclusivo con un’importante casa discografica londinese. La Sutherland s’impone quindi sulla scena internazionale riportando in auge molte parti sopranili create da Giulia Grisi e da altre grandi primedonne dell’Ottocento, allora affrontate sempre più raramente, quali Beatrice di Tenda, Anna Bolena, La sonnambula, Semiramide, I puritani, Maria Stuarda, Lucrezia Borgia, con i massimi cantanti dell’epoca (Bastianini, Corelli, Cossotto, Simionato, Ghiaurov, Moffo...) Una Norma da record Dopo aver collaborato con molti dei maggiori direttori d’orchestra del tempo, dal 1963 Joan Sutherland lavora quasi esclusivamente con suo marito, il direttore, musicologo e filologo Richard Bonynge, pieno corresponsabile delle scelte della sua carriera. È lui a sconsigliarle di usurare la voce con ruoli troppo drammatici e pesanti, che la Sutherland ha difatti saggiamente evitato, ed è lui che ne ha scoperta e sponsorizzata la prodigiosa vocazione belcantistica. Insieme debuttano Norma a Vancouver nel 1963: la sacerdotessa dei druidi è un ruolo che la Stupenda ha interpretato, stabilendo un record, per un quarto di un secolo. Alla Scala, al Metropooitan di New York, all’Opera di Vienna, a San Francisco, || Joan Sutherland, bellissima in uno dei suoi ruoli Sidney, Toronto e Vancopuver ha interpretato opere e operette di tantissimi autori e in particolare un repertorio belcantistico. La Sutherland ha salvato dall’oblio non soltanto molte opere del primo Ottocento italiano, ma anche diversi titoli del repertorio francese. Il ritiro nel 1990 Nel 1975 è Lucia nella ripresa, nel Civic Opera House di Chicago, di “Lucia di Lammermoor” con Luciano Pavarotti. Durante la sua carriera la Sutherland ha interpretato questo ruolo per ben 233 volte. Al culmine del successo internazionale, si è ritirata dalle scene nel 1990 (a Sidney, nel ruolo di Margherita di Valois in “Les Huguenots”), a 64 anni, dopo quarantatré anni di carriera e circa sessanta ruoli interpretati. Ha lasciato documenti rilevantissimi anche per la musica sacra, tra l’altro eseguendo il Messiah e il Sansone di Händel, il Requiem di Verdi e alcune composizioni di Johann Sebastian Bach. Ha inoltre cantato e inciso il quarto movimento della Nona sinfonia di Ludwig van Beethoven. Nel 1978 la regina Elisabetta II le ha conferito il titolo di dama dell’impero britannico (Dame - Commander of the British Empire). Joan Sutherland è deceduta il 10 ottobre 2010 nella sua casa a Les Avants, nei pressi di Montreux. la Voce del popolo musica mercoledì, 27 febbraio 2013 7 quiz 1. Come si intitola uno dei maggiori successi del cantautore italiano Nek, riproposto in seguito anche da altri cantanti europei? a) Laura c’è b) Laura c) Laura non c’è 2. Nella metà del XIX secolo, tre opere di Giuseppe Verdi raggiunsero una popolarità straordinaria. Infatti, del numero complessivo di 87 spettacoli andati in scena all’Opera di Parigi nel 1856, furono addirittura 54 quelli nel cui ambito furono proposte le tre opere verdiane. Si tratta dei... a) “I vespri siciliani”, “Falstaff” e “Aida” b) “La Traviata”, “Il Trovatore” e “Rigoletto” c) “Nabucco”, “Otello” e “I due foscari” 5. Quante sinfonie ha composto il genio tedesco Ludwig van Beethoven? a) Nove b) Dieci c) Undici 6. Il compositore russo Aleksandar Borodin, uno dei membri del “Gruppo dei cinque”, si occupava di composizione nel tempo libero. Di professione, invece, era un... a) Ingegnere b) Giornalista c) Chimico || Con Luciano Pavarotti 3. “Così parlò Zarathustra” è un popolare poema sinfonico, reso celebre come colonna sonora del film di culto di Stanley Kubrick “2001: Odissea nello spazio”, composto nel 1896 da... a) Richard Strauss b) Richard Wagner c) Johann Strauss 4. Come si chiama il cantautore e frontman degli Azra, uno dei più importanti gruppi della “new wave” zagabrese? a) Darko Rundek b) Branimir Johnny Štulić c) Drago Mlinarec || Grande intesa col marito Richard Bonynge 7. Si intitola “I pini di Roma” il poema sinfonico di uno dei maggiori compositori italiani… a) Alessandro Scarlatti b) Luigi Boccherini c) Ottorino Respighi 8. Quale strumento a fiato esegue la stupenda melodia d’apertura del celebre balletto “La Sagra della primavera” di Igor Stravinski? a) Il flauto b) Il fagotto c) Il clarinetto 9. Quale strumento viene usato per dare il “La” agli altri strumenti dell’orchestra, in modo che possano intonarsi prima dell’esecuzione? a) L’oboe b) La tromba c) Il violino 10. La suite per pianoforte “I quadri di un’esposizione”, nota pure nella trascrizione per orchestra di Maurice Ravel, “descrive” una serie di veri dipinti di Victor Hartmann. L’autore della composizione è... a) Nikolaj Rimski-Korsakov b) Aleksandar Borodin c) Modest Musorgski Soluzioni: 1. c), 2. b), 3. a), 4. b), 5. a), 6. c), 7. c), 8. b), 9. a), 10. c). 8 mercoledì, 27 febbraio 2013 ANNIVERSARI musica la Voce del popolo di Helena Labus Bačić ERA CONSIDERATA LA VOCE DELL’ORGOGLIO NERO, LA RIVOLUZIONARIA, LA TIGRE, CHE LOTTÒ FINO ALL’ULTIMO CONTRO LA DISUGUAGLIANZA RAZZIALE. MORIVA NEL 2003 UNA DELLE MUSICISTE PIÙ PARTICOLARI DEL PANORAMA JAZZ, SOUL E BLUES NINA SIMONE LA «PASIONARIA» C i volle una pubblicità televisiva della Chanel, nonostante fosse già un’affermata musicista, per far diventare Nina Simone icona del jazz. Fu nel 1987 che il suo brano “My baby just cares for me” scalò le classifiche inglesi e molti iniziarono a riscoprire la sua musica. Si susseguirono ristampe dei suoi dischi e antologie, mentre “My baby just cares for me” divenne la canzone-simbolo di questa singolare cantante e pianista americana. In realtà, la canzone risaliva a quasi trent’anni prima e faceva parte del suo album esordiente, ma a fine anni Ottanta contribuì a risvegliare l’interesse del pubblico per la musica di una delle figure più importanti della scena jazz, ma anche blues, gospel e folk, americane. Nina Simone, della quale quest’anno ricorre il decimo anniversario di morte e l’ottantesimo della nascita (nacque a Tryon il 21 febbraio 1933 e morì a Carry-le-Rouet il 21 aprile 2003), si è conquistata un posto di spicco nella storia della musica grazie alla sua voce profonda e vibrante (era un contralto di ampia tessitura, con colori scuri), alla maestria con cui suonava il pianoforte (ne era una virtuosa) e al modo in cui arricchiva con squisite improvvisazioni le proprie incisioni discografiche, improvvisazioni in cui ben si delineava la sua formazione classica. Si distinse per il suo impegno sociale, per la sua lotta contro il razzismo e per i diritti civili degli afro-americani. Lo faceva innanzitutto con la sua musica, in brani come “Brown Baby”, “Mississippi Goddam”, ma anche nelle struggenti canzoni “Strange Fruit” (una rivisitazione del brano di Billie Holiday) e “Four Women”. Parlò per la prima volta di discriminazione razziale in un concerto del 1964, che divenne poi un album live, durante il quale interpretò appunto il brano “Mississippi Goddam”. La canzone faceva riferimento all’assassinio di Medgar Evers (un attivista nel movimento per i diritti umani) e al bombardamento di una chiesa a Birmingham in Alabama, durante il quale vennero uccisi quattro bambini afro-americani. La canzone, pubblicata come un singolo, fu boicottata in alcuni Stati del Sud America. Da allora in poi, Nina Simone non mancò mai di professare i diritti civili della comunità afro-americana, partecipando pure a numerosi convegni. Fu amica e alleata di personaggi come Malcolm X e Martin Luther King, anche se non condivideva l’approccio nonviolento nella lotta contro la discriminazione razziale di quest’ultimo. Era convinta, invece, che il popolo afro-americano avesse bisogno di una rivoluzione violenta e che, per mezzo della lotta armata, potesse formare uno Stato separato. Nonostante la sua posizione aggressiva, nella sua autobiografia Nina Simone scrisse che né lei né la sua famiglia fecero mai distinzione fra le razze. Grazie alla sua presenza scenica, si guadagnò l’appellativo di “suprema sacerdotessa del soul”, che però non le piaceva. Non le piacque nemmeno l’etichetta di “cantante jazz” e in questo contesto scrisse: “se devo essere definita in qualche modo, preferirei che ciò fosse ‘cantante folk’, dal momento che nella mia musica ci sono più folk e blues che jazz”. Nelle sue performance, Nina Simone incorporò frequentemente monologhi e dialoghi con il pubblico, ma utilizzò pure il silenzio come mezzo espressivo. Lei stessa lo definì un mezzo di “ipnosi di massa”, dicendo di usarlo spesso. I suoi interessi musicali furono vastissimi, il che la portò a reinterpretare brani di diverso genere musicale che spaziavano dal jazz, al blues, al folk, ma anche al rock e al pop. Una delle cover più popolari dei suoi brani è senza dubbio “Ain’t Got No, I Got Life”, tratta dal musical “Hair”, come pure la canzone “Don’t Let Me Be Misunderstood”. Nonostante le etichette che nel corso degli anni si guadagnò, la musica di Nina Simone elude ogni classificazione e così è con tutti i grandi artisti. I suoi interessi erano troppo vasti e il suo bisogno di esprimersi attraverso la musica era troppo grande per poter essere rinchiusa in un solo genere. Nella storia della musica, Nina Simone ha un posto accanto ad artiste come Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Sarah Vaughan, e tante altre leggende. Per il suo grande impegno sociale rimarrà per sempre la “pasionaria”, la voce che parlò delle atrocità commesse in nome di una convinzione errata e, come disse lei stessa una volta, come persona di colore che pagò un prezzo salato per combattere l’establishment. la Voce del popolo Anno 9 /n. 67 / mercoledì, 27 febbraio 2013 IN PIÙ Supplementi è a cura di Errol Superina [email protected] Edizione Progetto editoriale Caporedattore responsabile Errol Superina MUSICA Silvio Forza Redattore esecutivo Ivana Precetti Božičević Impaginazione Saša Dubravčić Collaboratori Daria Deghenghi, Helena Labus Bačić, Marin Rogić e Clio Rostand Foto Ivor Hreljanović e archivio TNC “Ivan de Zajc”