L` AMPLIFICAZIONE DI POTENZA

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Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Ing. Elettronica
corso di
ELETTRONICA APPLICATA
Prof. Franco GIANNINI
L’ AMPLIFICAZIONE DI
POTENZA
III / 1
CLASSIFICAZIONE DEGLI AMPLIFICATORI DI POTENZA (I)
La classificazione degli amplificatori di potenza è fatta in base all’angolo di circolazione
(ωt rispetto a ωt = 2 π) della corrente di collettore. Abbiamo così:
A
Classe A:
AB
B
C
La corrente di collettore circola per l’intero periodo T. Il segnale d’uscita ha la stessa
forma del segnale d’ingresso.
Classe AB: La corrente di collettore circola per meno di un periodo ma più di mezzo periodo.
Permette quindi un funzionamento lineare solo in una particolare connessione (push
pull)
Classe B:
La corrente di collettore circola per mezzo periodo. .Valgono le stesse
considerazioni per il classe AB
Classe C:
La corrente di collettore circola per meno di mezzo periodo. E’ usato in presenza di
carichi risonanti con i quali è ugualmente possibile ottenere una forma d’onda
sinusoidale in uscita, mantenendo il circuito risonante in oscillazione alla sua
frequenza naturale.
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 2
CLASSIFICAZIONE DEGLI AMPLIFICATORI DI POTENZA (II)
ID
ID
A
AB
VP
VP
0
0
VDS
ID
B
VDS
ID
C
VP
VP
0
0
VDS
VDS
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III / 3
AMPLIFICATORI DI GRANDI SEGNALI
Un sistema di amplificazione consta in genere di un amplificatore ad uno o più stadi, che funziona in zona di
piccoli segnali (classe A) o preamplificatore; di uno stadio intermedio o driver , e di uno stadio finale
progettato in modo da fornire un’apprezzabile potenza all’utilizzatore.
Il preamplificatore ed il driver (pilota) possono essere utilmente analizzati e valutati sulla base del circuito
equivalente per piccoli segnali (funzionamento in regione lineare). Lo stadio finale invece, per le notevoli
escursioni della tensione e della corrente, non può essere analizzato in modo analogo e richiede, ad
esempio, un’analisi grafica a partire dalle curve caratteristiche degli elementi attivi.
La presenza inoltre di inevitabili non-linearità, e quindi l’introduzione nella risposta di armoniche non
contenute nel segnale di ingresso (distorsione), rendono necessaria una valutazione quantitativa della
“fedeltà” della risposta stessa.
La potenza in gioco, infine, rende necessaria una valutazione, anche questa quantitativa, della potenzialità
dell’amplificatore in termini di potenza erogabile al carico e della efficienza con la quale l’operazione è
fatta. In conclusione, per lo stadio finale di potenza è opportuna fissare l’attenzione su tre parametri
fondamentali.
a) La potenza di uscita
P2
b) L’efficienza di conversione
η o meglio P.A.E.
c) La distorsione
D
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III / 4
1 dBGcp, PAE
24
60
1 dBGcp
20
50
Pout
η
16
40
12
30
8
20
4
10
0
0
-12
-8
-4
0
4
8
12
16
Pav [dBm]
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III / 5
η [%]
Pout [dBm]
Gain [dB]
Gain
IM3
Pout(f0) [dB]
Pout(3f0) [dB]
IP3
1dBGcp
Pin [dB]
IP3 a piccolo segnale
IP3 reale
guadagno a piccolo segnale
guadagno reale
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III / 6
VALORE NOTEVOLI DI UN PA (I)
Al variare dell’angolo di circolazione cambiano in generale:
•La potenza di uscita
•Il guadagno in potenza
•L’efficienza
•La Power Added Efficiency
1 )2
P2 (ϑ ) = I Ropt (ϑ )
2
G (ϑ ) = P2 (ϑ ) Pi per f = f 0
η (ϑ ) = P2 (ϑ ) PDC
P2 (ϑ ) − Pi
1⎞
⎛
PAE (ϑ ) =
= η ⎜1 − ⎟
PDC (ϑ )
⎝ G⎠
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III / 7
VALORE NOTEVOLI DI UN PA (II)
In particolare passando dalla classe A alla classe B il guadagno G diminuisce di 6 dB e l’efficienza
η aumenta in teoria dal 50% al 78,5%. Quanto alla potenza di uscita P2(f0) assume lo stesso
valore per θ=360° e θ=180°.
η(θ)
P2(θ)
78.5%
G(θ)
-6 dB
50%
PAE
B
θopt
π
A
2π
Se ne conclude che il massimo della PAE è in classe AB, fatto che giustifica l’estremo interesse
per gli amplificatori in questa classe, amplificatori di difficile progettazione poiché θopt dipende dalla
potenza di ingresso Pi e non solo dalla polarizzazione dello stadio.
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III / 8
LA MANIPOLAZIONE ARMONICA (I)
VGG
50 Ω
VDD
VDD
Input
Output
Network
Network
IO
DC
LRFC
iout(t)
50 Ω
iD(t)
Pin
ZS
Dissipated power
ZL
∞
iD ( t ) = I 0 + ∑ I n ⋅ cos ( n ⋅ ω t )
vDS(t)
Output Power
n =1
∞
(
vDS ( t ) = VDD − ∑ I n ⋅ Z DS ,nf ⋅ cos n ⋅ ωt + Z DS ,nf
n =1
)
≈ VDD − V1 ⋅ ⎡⎣cos (ω ⋅ t ) + k2 ⋅ cos ( 2ω ⋅ t ) + k3 ⋅ cos ( 3ω ⋅ t ) ⎤⎦
Il PA, forzato dalla potenza di ingresso Pin, converte la potenza di alimentazione (PDC) in
potenza d’uscita ad RF Pout,f pagando questa operazione in termini di Pdiss sul dispositivo
attivo e Pout,nf sulla rete di uscita
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III / 9
LA MANIPOLAZIONE ARMONICA (II)
Dall’equazione del bilancio della potenza:
∞
Pin + Pdc = Pout , f +
∑P
n =2
+ Pdiss
out ,nf
MASSIMIZZARE
η=
Pout , f
Pdc
=
Pout , f
∞
Pdiss + Pout , f + ∑ Pout ,nf
n =2
1.
Massimizzare la potenza di uscita a f0
2.
Minimizzare sia la potenza dissipata sul dispositivo sia la potenza di uscita ceduta alle armoniche
Imponendo un’opportuna forma al segnale di corrente e di tensione
Le terminazioni di ingresso sono determinate per fornire il massimo trasferimento della
potenza, cioè adattamento coniugato a grande segnale in ingresso
Le terminazioni di uscita sono determinate per fornire la massima escursione della
tensione assumendo simultaneamente Pdiss=0 e Pout,nf=0 per n>1
∞
∑P
n =2
out ,nf
1 ∞
= ∑ V n I n cos (ψ n ) = 0
2 n =2
VnIn = 0 altrimenti ψn = π/2
T
Pdiss
1
=
vds(t) i ds(t )dt = 0
∫
T 0
Nessuna sovrapposizione tra ids(t)
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e vds(t)
III / 10
CLASSE E
Il dispositivo attivo opera come un interruttore.
current
Il carico di uscita è progettato per sagomare le forme d’onda id(t) vds(t) e contemporaneamente
minimizzare la dissipazione di potenza
+VDD
LRFC
Active
device
S
C2
time
voltage
L2
id(t)
R
C1
vds(t)
time
NO sovrapposizione
ψn= π/2
ON state
Pdiss = 0
∞
∑P
n=2
out ,nf
=0
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OFF state
η = 100%
III / 11
CLASSE F
ƒ Il dispositivo attivo opera come un generatore di corrente pilotato dal segnale d’ingresso
ƒ La forma della corrente di uscita id(t) è fissata, mentre la rete di uscita è progettata per sagomare la
tensione di drain-source vds(t) e minimizzare la dissipazione di potenza
Class B bias condition
VDD
IN
Zmatch
iD(t)
@fo
+
@nfo
n odd
@fo
vDS(t)
@nfo
n
even
OUT
@nfo
n≥2
iD(t)
Z1
Zodd=∞
Zeven=0
vDS(t)
-VGG
NO sovrapposizione
Vn·In=0
Pdiss = 0
∞
∑P
n=2
out ,nf
T/2
ON
state
=0
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T/2
OFF
state
η = 100%
III / 12
DISTORSIONE (I)
L’analisi per piccoli segnali è fatta, come si sa, con l’implicita assunzione della linearità dei dispositivi attivi
(approssimazione del 1° ordine). Quando l’escursione della corrente e/o della tensione è notevole,
l’approssimazione non è più lecita in quanto la “forma” della risposta differisce dalla “forma” dell’ingresso.
Consideriamo dunque la curva dinamica i0
= i0(v) e assumiamo che si abbia:
i 0 = G1v + G 2v 2 + G 3v 3 + K
Supponiamo che sia v=Vcos(ωt) , limitiamoci ai primi due termini dello sviluppo, e ricordando che::
1 1
cos (ωt ) = + cos(2ωt )
2 2
2
i 0 = B 0 + B1 cos(ωt ) + B 2 cos(2ωt ) + K
avremo
ID
VP
0
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VGS
III / 13
DISTORSIONE (II)
La corrente d’uscita contiene perciò oltre all’armonica d’ingresso, un suo
multiplo ed un termine costante B0 che altera il valore I0 della corrente di
riposo. Osserviamo che dalla:
iφ = I0 + i0 = I0 + B0 + B1 cos(ωt ) + B2 cos(2ωt )
iφ (ωt = 0) = I0 + B0 + B1 + B2 = IM
π⎞
⎛
iφ ⎜ ωt = ⎟ = I0 + B0 − B2 = I0
2⎠
⎝
iφ (ωt = π ) = I0 + B0 − B1 + B2 = Im
B1 =
IM − Im
2
;
B2 = B0 =
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IM + Im − 2I0
4
III / 14
DISTORSIONE (III)
Definiamo ora distorsione di seconda armonica D2
il rapporto tra i coefficienti relativi alla seconda
armonica ed alla fondamentale
Potremmo allora porre:
(
B
D2 = 2
B1
(
Bn
=
Dn
B1
D = D + D +L+ D =
)
+ B 22 + B 32 + L + Bn2
RL
2
Quella utile è invece:
B12
P =
RL
2
dove:
2
2
La potenza totale ceduta al carico RL è in
generale
2
1
)
P = 1 + D 2 P1
Analogamente definiamo distorsione di n-esima
armonica Dn il rapporto:
(B
P =
)
P = 1 + D 22 + D 32 + L + Dn2 P1
2
3
2
n
n
2
D
∑ k
k =2
è il fattore di distorsione o distorsione totale
Poiché si ha che in generale il fattore D è
nell’ordine di 0.1n, D2 è nell’ordine di qualche
% (0.01n) nella pratica perciò si assume Ptotale
coincidente con P1 (con la potenza utile cioè
dissipata sul carico) e si calcola D2 come una
sua percentuale.
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 15
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Ing. Elettronica
corso di
ELETTRONICA APPLICATA
Prof. Franco GIANNINI
GLI AMPLIFICATORI DI
POTENZA
III / 16
SOMMARIO
‰ Amplificatori di Potenza in classe A
‰ Push-Pull in classe B
‰ Push Pull in classe AB
‰ Single-ended
‰ Simmetria complementare e quasi complementare
‰ Integrati di Potenza
‰ Esempio di un integrato di potenza
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III / 17
AMPLIFICATORI DI POTENZA IN CLASSE A (I)
L’analisi viene impostata sulla base della determinazione della potenza ceduta al carico e del rendimento
di conversione continua-alternata (rapporto tra la potenza d’uscita e quella fornita dagli alimentatori)
VCC
Supponendo sinusoidale
d’ingresso sarà:
v1
iC
E
CB
B
RE
vCB = VCB − V cb sin (ω ⋅ t )
vCB
La potenza utile fornita al carico è allora:
1)
1) )
P2 = I c2 R = I cVcb
2
2
VEE
ic
iC = I E + I c sin (ω ⋅ t )
v2
C
segnale
iE = I E + I e sin (ω ⋅ t )
R
iE
il
Mentre quella fornita dall’alimentatore è
PCC = VCC ⋅ IC
IC
Q
Avremo, dissipata in continua dal carico R, la potenza
PR = IC2 R = (VCC − VCB ) IC
^
IC
vCB
v^cb
vCC v
CB
Avremo infine, dissipata sul collettore la potenza media
T
1
1
PC = ∫ vCBiC dt = VCB IC − Vcb I c = VCB IC − P2
T0
2
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 18
Amplificatori di potenza in classe A (II)
L’analisi viene impostata sulla base della determinazione della potenza ceduta al carico e del rendimento di
conversione continua-alternata (rapporto della potenza d’uscita e di quella fornita dagli alimentatori)
VCC
Supponendo sinusoidale
d’ingresso sarà:
il
segnale
iE = I E + I e sin (ω ⋅ t )
iC = I E + I c sin (ω ⋅ t )
R
iE
v1
iC
E
CB
La potenza utile fornita al carico è allora:
1)
1) )
P2 = I c2 R = I cVcb
2
2
v2
C
B
RE
vCB = VCB − V cb sin (ω ⋅ t )
Mentre quella fornita dall’alimentatore è
vCB
PCC = VCC ⋅ IC
Avremo, dissipata in continua dal carico R, la potenza
PR = I C2 R = (VCC − VCB ) IC
VEE
ic
Avremo infine, dissipata sul collettore la potenza media
PC =
IC
Q
Trascurando la potenza all’ingresso, potremo porre :
^
IC
vCB
T
1
1
v i dt = VCB IC − Vcb I c = VCB IC − P2
T ∫0 CB C
2
v^
cb
vCC v
CB
PCC
= PCC + PR + P2
E definire quindi un rendimento di conversione η
η=
P2
P2
P2
=
=
PCC PR + VCB I C − P2 + P2 PR + VCB I C
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III / 19
AMPLIFICATORI DI POTENZA IN CLASSE A(III)
η=
P2
PR + VCB I C
Il termine PR riduce notevolmente il rendimento di conversione. E’ perciò opportuno rendere PR minimo
utilizzando in uscita un accoppiamento a trasformatore che annulla la dissipazione in continua (se si
Carico
ic
trascurano le perdite ohmiche). V
statico
CC
n
1
RL
CB
Q
IC
Carico
dinamico
RE
ICmin
VCCmin
-VEE
VCC=VCB
vCB
E’ facile vedere, in questo caso, che si ha:
1
Vcb I c
2
η=
VCC IC
che, essendo Vcb=VCC-VCmin e Ic=IC-ICmin vale:
1⎛
2⎝
η = ⎜⎜1 −
VC min ⎞⎛
1−
⎟⎜
⎟⎜
VCC ⎠⎝
IC min ⎞
⎟
IC ⎟⎠
ed è quindi circa prossimo al 50%!!!!!
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 20
Amplificatori di potenza in classe A (IV)
Q
IC
1)
1) )
P2 = I c2 R = I cVcb
2
2
PCC = VCC ⋅ IC
Carico
statico
ic
Carico
dinamico
PR = IC2 R = (VCC − VCB ) IC
PC = VCB IC − P2
η=
ICmin
VCCmin
VCC=VCB
vCB
P2
PR + VCB I C
1⎛
2⎝
η = ⎜⎜1 −
VC min ⎞⎛
VCC
1−
⎟⎜
⎟⎜
⎠⎝
IC min ⎞
⎟
IC ⎟⎠
In conclusione il dimensionamento dello stadio di potenza in classe A richiede la scelta opportuna di una
serie di parametri cioè:
1)
La resistenza vista dal primario del trasformatore (e quindi il rapporto di trasformazione n);
2)
L’ampiezza del segnale di ingresso;
3)
La tensione di polarizzazione VEE.
La scelta del punto di lavoro dovrà inoltre soddisfare gli altri requisiti già noti (PC≤ PCmax, ic≤ ICmax, vc≤ Vcmax).
In particolare la potenza di collettore dovrà soddisfare la condizione più gravosa P2=0. Dovrà essere perciò
VCBIC ≤ PCmax
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 21
AMPLIFICATORI DI POTENZA IN CLASSE A : EMETTITORE COMUNE (I)
+VDC
RS
-gL
IP
IB
gLV1
v(t)
ic
T
T
Vknee
v(t)
2
1
PL = I DCVDC − ∫ i(t )v(t )dt
VDC
τ
Vkmax
i(t)
VDC
V1
τ
V1
t(t)
2π(θ’)
gLV1
t 1θ ’
IP
−τ
2
v (t ) =VDC +V1sin(θ ')
i (t ) = I DC − g LV1sin(θ ')
t(t)
2π(θ’)
IB
Q
IDC
t1θ’
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 22
VBD
AMPLIFICATORI DI POTENZA IN CLASSE A : EMETTITORE COMUNE (II)
+VDC
RS
-gL
IP
IB
gLV1
v(t)
ic
T
T
Vknee
v(t)
V1
1
PL = VDC I DC −
2π
VDC
Vkmax
i(t)
t(t)
2π(θ’)
gLV1
t1 θ ’
IP
t(t)
2π(θ’)
1
+
2π
1
=
2π
π
π
∫
−π
⎡VDC I DC
⎣
∫
−π
(θ )⎤⎦ dθ =
'
VDC
'
π
∫−π ⎡⎣VDCV1 sin (θ )⎤⎦ dθ
'
g LV12
2
t1 θ ’
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
VBD
( )
( )
⎡ − g LV 2 sin 2
1
⎣
V1
− g LV12 sin 2 θ ' ⎤⎦ dθ ' +
⎡ I DCV sin θ ' ⎤ dθ ' − g L
∫−π ⎣ 1
⎦
2π
π
IB
Q
IDC
III / 23
'
=
PROGETTO DI UN AMPLIFICATORE IN CLASSE A (I)
PCMAX
IMAX
Q
IQ=IMAX/2
P’CMAX
vMIN
vDD
vMAX
1)
Individuare il valore IMAX della corrente e VMAX della tensione. IMAX determina anche VMIN;
2)
Scegliere VDD, tensione di alimentazione in base alla:
VDD =
3)
VMAX − VMIN
+ VMIN
2
Scegliere Ropt, ovvero la resistenza di carico che il transistore deve vedere come:
Ropt
VMAX
I MAX
e fissare il corrispondente rapporto di trasformazione n in modo da trasformare RL in Ropt.
4)
5)
Fissare la polarizzazione d’ingresso IB in modo che:
I MAX 1
IB
⋅
2 hFE
Fissare la potenza d’ingresso Pi, in modo che
ΔiB =
6)
1 I MAX
⋅
hFE 2
Scegliere il dissipatore che assicuri Pc’MAX
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 24
PROGETTO DI UN AMPLIFICATORE IN CLASSE A(II)
Dalla figura si ha che
VDC = V1 + VK max = V1 + RS I P
e quindi
La potenza ceduta al carico è perciò
PDC
Q
IQ=IMAX/2
VDC = V1 + 2 RS I1 = V1 (1 + 2 g L RS )
g LVDC 2
1
PL =
⋅
2
2
(1 + 2 g L RS )
Analogamente
PCMAX
IMAX
P’CMAX
vMIN
vDD
vMAX
g LVDC 2
= VDC IC = VDC ⋅ g LV1 =
(1 + 2 g L RS )
Il rendimento vale pertanto
η=
PL 1
1
= ⋅
PDC 2 (1 + 2 g L RS )
Se ora chiamiamo x=2RSgL e introduciamo
PS=(VDC)2/RS avremo
PL 1
x
= ⋅
PS 2 (1 + x )2
PL/PS, η
0.5
1
1
2 (1 + x )
η= ⋅
Il massimo della potenza in uscita
si ha allora se 2RSgL=1
0.25
ovvero se RL=2RS.
In tale caso si ha η=25%
x=2RSgL
1
2
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 25
AMPLIFICATORE PUSH-PULL (I)
PUSH PULL
Se si polarizza il transistore alla
in classe B
interdizione, si rimuove la dissipazione a
riposo,aumentando il rendimento.
Nello schema indicato, i due transistori
i1
i
funzionano ciascuno per un semiperiodo.
i
+Vcc
T1
Sono infatti polarizzati con la base a
i1
iL
iL
v1
T2
RL
massa e ciascuno dei due condurrà per il
semiperiodo in cui il segnale rende la
base positiva. Le correnti avranno verso
opposto (i1 e i2) ed il trasformatore
i2
ricostruirà in uscita il segnale di ingresso.
i2
Si noti in particolare come la particolare
connessione, sia in grado di eliminare,
nella corrente totale, le eventuali
distorsioni di ordine pari presenti nella
risposta (le armoniche dispari sono invece
rafforzate).
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 26
AMPLIFICATORE PUSH-PULL(II)
+Vcc
PUSH PULL in classe B
T1
Distorsione di cross-over
RL
T2
La polarizzazione in classe B introduce nel push-pull la distorsione di cross-over per la presenza di Vγ
nei transistori. Si ricorre pertanto alla polarizzazione in classe AB.
iB
Q
i
1
Vγ
Vγ
vB
ωt
Q2
vB
ωt
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 27
AMPLIFICATORE PUSH-PULL(III)
IM
IM
IM/π
VMIN
B
VMIN
VCC
IM/π
2(VCC-VMIN)
IM
IM
AB
Q
IQ
IQ’
VMIN
VCC
IQ
VMIN
Q’
IQ’
IM
IM
2(VCC-VMIN)
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
III / 28
AMPLIFICATORE PUSH-PULL(IV)
+Vcc
PUSH PULL
in classe AB
R1
i1
T1
Bilancio Energetico:
Riferendoci alla potenza
utile P2,a quella di
collettore PC e a quella
erogata dall’alimentatore
PCC, trascurando
sia le perdite ohmiche
nel trasformatore
sia l’eventuale potenza
ceduta
all’ingresso, sarà:
i1
iL
RL
T2
Re
i2
i2
PCC = PC + P2
R2
ic
Si avrà perciò
η=
RL’
VCCmin
VM
⎛
Vm ⎞
1
1
P2 = I M VM = I MVCC ⎜1 −
⎟
⎜ V ⎟
2
2
CC ⎠
⎝
2
(*)
PCC = I M VCC
π
P2 π ⎛ Vm ⎞
= ⎜1 −
⎟ ≅ 78.5%
PCC 4 ⎜⎝ VCC ⎟⎠
PC = P CC − P2
(*) Il
vCC
dove:
fattore “2” deriva dalla presenza di due transistori
= I media = 1
T
π
IM
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T 2
∫0 I M sin (ωt ) dt
III / 29
AMPLIFICATORE PUSH-PULL(V)
Assumendo
Ed essendo
RL'
IM =
VM
RL'
il carico visto dal primario, si avrà:
VCCVM 1 VM2
2
PC = PCC − P2 =
−
π RL'
2 RL'
da cui si nota in particolare che, se è nullo il segnale di ingresso (e di conseguenza VM=0), la potenza
dissipata sul collettore PC=0, a differenza dell’amplificatore in classe A in cui la situazione analoga è
invece la più gravosa, portando alla condizione PC = PC max
Nel classe B invece tale situazione si raggiunge, sulla base della
e si ha
dPC
=0
dVM
D’altra parte il valore massimo di P2 si ha per
VM = 2 VCC
π
2
VCC
2
PC max = 2 '
π RL
VM = VCC
e quindi
2
V
P2max = 1 CC
2 RL'
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III / 30
AMPLIFICATORE PUSH-PULL(V)
z
Se ne deduce che la condizione più gravosa per i transistori è legata alle condizioni di
miglior funzionamento dalla relazione:
PC max = 42 P2max ≅ 0.4P2max
π
z
Ciò significa che due transistori da 2 watt consentono di realizzare un “classe B” in grado
di fornire al carico fino a 10 watt, laddove una identica connessione push-pull
funzionante in classe A richiederebbe due transistori da 10 watt (h=50%) ed una
connessione di tipo normale, sempre in classe A, un transistore da 20 watt.
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III / 31
SINGLE ENDED (I)
+VCC
B1
L’uso di un trasformatore è in genere da evitare a causa del costo,
dell’ingombro e delle distorsioni che introduce. In particolare il
trasformatore d’uscita del push-pull risulta particolarmente
oneroso dovendo fornire una potenza non trascurabile.
Una alternativa è rappresentata dal circuito a lato.
T1
v1’
A
v1
B2
T2
In continua i due transistori sono interdetti (VBE=0). Essendo inoltre i due
RL
transistori uguali e le due batterie uguali ed opposte, il punto “A” è a
potenziale zero ed in RL non scorre corrente. In alternata i segnali di
v1’’
pilotaggio sono in controfase e sono applicati tra base ed emettitore
-VCC
anziché tra base e massa. In questo secondo caso infatti il transistore T1
funzionerebbe come collettore comune e T2 come emettitore comune
distorcendo il segnale in modo inaccettabile.
Con la scelta circuitale fatta invece, quando T2 conduce, l’uscita sul carico è in controfase con il segnale sulla
base B2, quando invece èT1 a condurre l’uscita sul carico è in fase con la base B1. Inoltre quando uno dei
due transistori conduce, ai capi dell’altro la tensione massima è pari a 2VCC. Infine, avendo polarizzato le basi
a 0 volt, il segnale di uscita presenterà la distorsione incrociata (di “cross-over”) già vista.
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III / 32
SINGLE ENDED(II)
In conclusione, lo schema di single-ended già descritto, lascia aperti un certo numero di problemi.
Oltre alla distorsione di cross-over già ricordata, lo schema esaminato presenta ancora almeno tre
grossi inconvenienti:
1)
2)
3)
usa ancora un trasformatore di ingresso con gli
inconvenienti già ricordati per quello di uscita ed in
più con la necessità di due secondari.
+VCC
R’
richiede, per il funzionamento, due batterie di
valore +VCC e –VCC con il conseguente aumento di
costo e di ingombro.
non è stabilizzato termicamente, fatto non
trascurabile in un amplificatore destinato a trattare
potenze non indifferenti.
R1
C2
T1
B’
R
R2
C1
Re
B
C3
C
A
R3
T3
R1
C1
T2
R4
R
R2
Re
Lo schema seguente elimina questi inconvenienti
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III / 33
RL
POLARIZZAZIONE E STABILIZZAZIONE
+VCC
Se i due transistori T1 e T2 sono uguali, il punto A è a potenziale VCC/2.
Il punto di lavoro e la stabilizzazione termica si calcolano perciò dal circuito qui sotto
B’
T1
riportato
+VCC/2
Re
B
A
T2
Re
Dove Re è in genere molto più piccola del carico RL
R1
per
C
non
abbassare
eccessivamente
il
rendimento dello stadio. Il punto di lavoro è
RL
scelto in modo da evitare la distorsione
R2
Re
incrociata. Nelle versioni più sofisticate R2
viene
sostituita
da
un
elemento
di
compensazione non lineare
USO DI UN’UNICA BATTERIA
L’uso tra il punto A ed il carico RL di un condensatore C di qualche centinaia di
microF, consente di risparmiare una batteria.
VCC
T1
VCC/2
A
+
T2
C
Il punto A in assenza di segnale si trova a VCC/2 A questo valore si carica perciò
-
anche il condensatore. Quando T2 conduce e T1 è interdetto, il condensatore C
RL
sostituisce la batteria presente nello schema di principio: deve solo essere di
capacità sufficiente per non scaricarsi apprezzabilmente durante il semiperiodo di
conduzione di T2.
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III / 34
PROGETTO DEL CONDENSATORE C
VCC
I MAX =
T1
VCC/2
C
A
+
T2
IC = C
RL
ΔVC
ΔT
VCC
2RL
;
ΔQ = C ΔVC dove ΔQ = IC ΔT
IC =
I MAX
ΔVC =
π
=C
ΔVC
T
2
V
⋅ T = 0.01⋅ CC
π 2⋅C
2
I MAX
VCC/2
C=
100 ⋅ I MAX ⋅T
π ⋅VCC
ΔVC
Valore Imposto
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III / 35
DRIVER
I segnali in controfase ai due ingressi B1 e B2, possono essere ottenuti da un preamplificatore del tipo
parafase:
+VCC
R
v2
v1
v3
R
+VCC
Come si sa in questo caso si ha v2= - v3
ma:
⎛
⎞
rout ,2 ≅ ⎜⎜ 1 ⎟⎟ // R
⎝ hoe ⎠
⎛h ⎞
rout ,3 ≅ ⎜ ie ⎟ // R
⎜ β ⎟
⎝
⎠
R’
E1
C2
R
v2
con il risultato che i segnali su B1 e B2 sono uguali solo se le
impedenze viste dal driver sono sufficientemente elevate.
B1
C1
In ogni caso, per evitare inaccettabili distorsioni ed assicurare un
corretto pilotaggio del single-ended è necessario che il segnale v2
sia applicato, come v3, tra la base e l’emettitore del transistore T1.
Da qui la seguente soluzione circuitale:
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v1
R
B2
C1
v3
III / 36
EMETTITORE COMUNE NON INVERTENTE
Lo schema circuitale adottato per il transistor T1 è, in tutti i circuiti precedenti del single-ended, del tipo:
+VCC
v1
v2
v0
RL
Si è in particolare affermato che il segnale v0, quando il transistore
conduce, è in fase con la tensione di ingresso e che l’amplificazione
dello stadio è praticamente quella tipica dell’emettitore comune,
pur avendo lo stadio in esame il collettore a massa. Dal circuito
equivalente si ha infatti:
Per la tensione di uscita v0, si ha:
v0 = β ib RL = β
Da cui:
Av = + β
ib
B
C
v2
βib
hie
E
E
v0
RL
RL
v
hie 2
RL
hie
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III / 37
SCHEMA COMPLETO DEL SINGLE ENDED
Filtro passa basso
+VCC+ΔVCC
≈ VCC
R’
C2
A’
R0
C0
R1
T3
H
B1=E3
R4
R
R2
B
VBE1
R3
J
VB1
C1
C3
B2=E4
R5
R2
R
C
T4
K
C1
Re
A
R1
T5
ex T1
T1
R3
T2
Re
RL
ex T2
Quando lo stadio finale deve fornire una notevole potenza (n.10Watt), è opportuno separare il driver dal finale
mediante l’uso di una connessione Darlington. Lo schema è stato inoltre completato mediante l’inserimento del
“passa-basso” R0C0 che filtra l’ondulazione residua dell’alimentatore che, tramite il driver, tornerebbe in uscita
amplificata. L’aggiunta della resistenza R3, infine, aumenta la stabilità termica del Darlington (per sua natura
più bassa di un singolo stadio) anche se ne abbassa la resistenza dinamica di ingresso. La scelta di R3 è fatta
sulla base di un compromesso tra la resistenza statica e quella dinamica di ingresso della coppia Darlington.
N.B. :
⎛
b1 ⎜⎝
⎞
be1 ⎟⎠
iB1 = i v
+ iE1Re = i
⎛
B1⎜⎝
⎞
B1 ⎟⎠
v
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iB1
R3
Q
Rstat
Rdin
vB1
III / 38
SIMMETRIA COMPLEMENTARE
Anche in questo caso l’uso di una sola batteria e di
un condensatore di accoppiamento di elevata
capacità assicurano l’alimentazione dei due
transistori, uno pnp e l’altro npn che funzionano
alternativamente e per mezzo periodo ciascuno,
come inseguitori di emettitore. Il punto A in
particolare è staticamente a potenziale VCC/2. Il
principale vantaggio di questa soluzione circuitale,
simmetria complementare, è quello di non
richiedere un pilotaggio in controfase. Applicando
un segnale sinusoidale infatti, la semionda positiva
è amplificata dal transistore npn, quella negativa
dal pnp. E’ inoltre possibile anche in questo caso
applicare il segnale tra le basi e gli emettitori
ottenendo così il funzionamento ad emettitore
comune degli stadi.
+VCC
I-I’ EC
I-I” CC
T1
I’
VCC/2
+
-
I
A
C
RL
T2
I’’
VB=VA=VCC/2
+VCC
Per simmetria
RL
Per progetto
Il segnale del driver è applicato tra
le basi (punto B) e gli emettitori (punto A),
cui la resistenza R è dinamicamente
connessa attraverso il condensatore C.
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R
T1
B
A
T3
T2
R
III / 39
SIMMETRIA QUASI COMPLEMENTARE
+VCC
T3
T3
B
T1
K
v1
iE4
T1
C2
(1+hfe1 )iE3
R1
A
vL
iC2
T2
iC4
)
iL+ = 1 + h fe1 iE 3
iL− = iE 4 + h fe 2iC 4
C
A
RL
T4
(
R’
R
v3
v4
+VCC
A’
K
C3
-VCC
vk + = v1 + v3 + v4
vk − = v4 + vL
Re
T4
T2
T5
Re’
RL
R1
Re
Nella configurazione a simmetria quasi complementare il segnale in uscita all’emettitore di T3 ha la stessa
fase del segnale di comando, mentre quello al collettore T4 ha fase opposta. Il single ended costituito da T1
e T2 è così pilotato correttamente. Perché il circuito funzioni correttamente è poi necessario che il driver T5
veda sempre lo stesso carico indipendentemente da quale dei due transistori T3 o T4 conduca.
Osserviamo ora che la coppia T3, T1 fornisce al carico la corrente (1+hFE1)iE3, mentre la coppia T4, T2
fornisce al carico la corrente iE4+hFE2iC4, correnti che risultano uguali se hFE1=hFE2 e se iC4≈iE4 ≈ iE3,
condizioni che richiedono la scelta di transistori opportuni e, almeno per la coppia T3, T4, ad alto
guadagno (hFE). Inoltre, quando T3 e T1 conducono la tensione tra B3 e massa vale VB3=VBE3+VBE1+VL.
Quando invece conduce la coppia T4, T2 si ha VB4=VBE4+VL. Perciò se VBE3=VBE4 (ipotesi di transistori
uguali), le due tensioni differiscono solo di VBE1, normalmente trascurabile.
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III / 40
SCHEMA COMPLETO DI UN SIMMETRIA COMPLEMENTARE
B
Lo schema di principio indicato, va completato con le reti necessarie a
stabilizzare e polarizzare correttamente i transistori impiegati.
VCC/2
Le resistenze RE ed R’E assicurano una prima stabilizzazione
B’
termica dei tre transistori. Quella del driver è migliorata dal partitore
VCC
R3 ed R4. Quanto alla serie D1, D2, R5 ha lo scopo di polarizzare
RL
R4
correttamente, in classe AB, i due transistori a simmetria
complementare e al contempo compensano le variazioni termiche
T1
degli stessi, migliorando la linearità della funzione di trasferimento
D1
Re
ingresso uscita. La linearità è ulteriormente migliorata dal partitore R3 e R4
D2
che rappresenta una rete di retroazione tra l’uscita e l’ingresso.
Notiamo poi che, in questo caso, per aumentare l’impedenza di ingresso
C
ed il guadagno di corrente dei finali, è difficile costruire due
coppie Darligton complementari con caratteristiche praticamente uguali.
Le soluzioni circuitali adottate sono perciò altre.
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R5
R3
T2
B’
T3
C1
R2
Re
Re’
III / 41
INTEGRATI DI POTENZA
Il problema maggiore è quello della stabilità termica dato che l’accoppiamento tra gli stadi è in continua. Da
qui la notevole complessità circuitale degli integrati di potenza. E’ comunque possibile, in generale,
riconoscere un certo numero di funzioni espletate da “gruppi” di transistori dell’integrato. Oltre ad un certo
numero di componenti utilizzati per la polarizzazione e la compensazione termica delle varie parti
dell’integrato, si distinguono i seguenti blocchi funzionali:
(1)
Stadio preamplificatore, utilizzante normalmente una connessione Darlington, curato in modo da
avere alta impedenza d’ingresso ed alta amplificazione.
(2)
Stadio pilota, realizzato in modo da consentire una sufficiente stabilità dei livelli in continua, che
fornisce il segnale di potenza adeguata e con la polarità richiesta allo stadio finale.
(3)
Stadio finale, cioè lo stadio di potenza vero e proprio, normalmente funzionante in classe B o AB,
realizzato con un particolare tipo di connessione, detta “a simmetria quasi complementare”, in cui
uno stadio a “simmetria complementare” pilota direttamente un single ended.
PRE AMP.
DRIVER
Finale
di Potenza
Compensazione
Polarizzazione
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III / 42
AMPLIFICATORE INTEGRATO DI POTENZA TAAG 621
14
T8
T10
T14
T11
T15
8
R
10
1
T6
T12
T2
7
T1
T7
T13
T5
T3
TAAG621
T16
T9
T4
12
5
T17
3
Esaminiamo lo schema semplificato. Il blocco A è costituito da 5 transistori, polarizza i diversi stadi e assicura
l’indipendenza del punto (1) da VCC.
Il blocco B, costituito da 3 transistori, minimizza la distorsione di cross-over e gli effetti della variazione di VBE
dei finali con la temperatura.
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III / 43
AMPLIFICATORE INTEGRATO DI POTENZA TAAG 621
+VCC
14
T8
T10
T14
T11
T15
8
R
10
T6
T12
T2
7
T1
TAAG621
T7
T13
T5
T3
T10
1
T14
T16
T9
T4
12
5
T17
T15
B
A
3
R
1
C
T2
7
Circuito Semplificato
T1
T16
T17
T3
Preamplificatore
RL
T9
Driver
Stadio Finale:
Simmetria quasi complementare
Esaminiamo lo schema semplificato. Il blocco A è costituito da 5 transistori, polarizza i diversi stadi e assicura
l’indipendenza del punto (1) da VCC.
Il blocco B, costituito da 3 transistori, minimizza la distorsione di cross-over e gli effetti della variazione di VBE
dei finali con la temperatura.
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III / 44
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Ing. Elettronica
corso di
ELETTRONICA APPLICATA
Prof. Franco GIANNINI
RETROAZIONE
III / 45
SOMMARIO
‰ Classificazione degli amplificatori non retroazionati
‰ Concetti di base su amplificatori a retroazione
‰ Proprietà della controreazione negativa (sensibilità…)
‰ Classificazione e studio degli amplificatori retroazionati
‰ Esempi di amplificatori controreazionati
‰ Effetto della controreazione sulla risposta in frequenza
‰ Amplificatore di Transimpedenza
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III / 46
CLASSIFICAZIONE DI AMPLIFICATORI NON RETROAZIONATI (I)
L’introduzione di una controreazione in un amplificatore ne modifica le caratteristiche in modo che dipende
sia da come si preleva il segnale di uscita (campionamento) sia da come lo si riporta in ingresso (confronto).
Prima di esaminare i diversi tipi di retroazione è perciò opportuno individuare quelle che sono le proprietà dei
vari tipi di amplificatori non retroazionati, per capire come la retroazione le modifichi. A tal proposito
distinguiamo 4 tipi di amplificatori: di tensione, di corrente, di transconduttanza, di transresistenza.
Amplificatore di Tensione: e’ un amplificatore che dà in uscita una tensione proporzionale alla tensione di
ingresso:
RS
vs
vi
vO = Av
Ri
Ro
Avvi
RL vo
RL
Ri
vs = Av' vs
RL + R0 Ri + Rs
da cui se Ri>>RS e Ro<<RL (caso ideale Ri=∞ e Ro=0)
vo ≅ Avvs
la costante di proporzionalità tra le due tensioni è indipendente dalla resistenza di carico e di sorgente.
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III / 47
CLASSIFICAZIONE DI AMPLIFICATORI NON RETROAZIONATI (II)
Amplificatore di Corrente: e’ un amplificatore che dà in uscita una corrente proporzionale alla corrente di
ingresso:
io
ii
is
RS
Ri
io = Ai
Aiii
RL
Ro
Ro
Rs i = Ai'
is
Ro + RL Rs + Ri s
io ≅ Aii s
da cui se Rs>>Ri e Ro>>RL (caso ideale Ri=0 e Ro=∞)
la costante di proporzionalità è indipendente dalle resistenze di carico e di sorgente.
Amplificatore di Transconduttanza: e’ un amplificatore che dà in uscita una tensione proporzionale alla
corrente di ingresso:
RS
io
Ro
vs
vi
io = Gm
Ri
Gmvi
RL
Ri
Ro
vs = Gm' vs
Ri + Rs Ro + RL
da cui se Rs<<Ri e RL<<Ro (caso ideale Ri=∞ e Ro=∞)
io ≅ Gmvs
la costante di proporzionalità Gm è indipendente dalle resistenze di carico e di sorgente.
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III / 48
CLASSIFICAZIONE DI AMPLIFICATORI NON RETROAZIONATI (III)
Amplificatore di Transresistenza: e’ un amplificatore che dà in uscita una tensione proporzionale alla
corrente di ingresso:
ii
+
is
RS
Ri
-
vo = Rm
Ro
Rmii
RL
vo
RL
Rs
is = Rm' is
Rs + Ri Ro + RL
da cui se Rs>>Ri e RL>>Ro (caso ideale Ri=0 e Ro=0)
vo ≅ Rmis
la costante di proporzionalità Rm è indipendente dalle resistenze di carico e di sorgente.
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III / 49
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (I)
Gli amplificatori reali non sempre soddisfano le condizioni di un “buon” amplificatore di corrente, tensione,
transconduttanza, transresistenza.
Si può allora pensare di prelevare una parte del segnale di uscita e di riportarlo in ingresso in modo da
modificare l’amplificatore di partenza e di avvicinare le prestazioni al case ideale.
iS
vS
S
Confronto
io
i
ii
Amplificatore
(A)
vi
v
Campionamento
vo
if
vf
Rete di
Retroazione
Nello schema di un normale amplificatore sono inserite, oltre alla rete di retroazione che può contenere sia
elementi passivi che attivi, le reti che eseguono la comparazione (in serie o parallelo) ed il campionamento (in
serie o parallelo) dei segnali.
iS
RS
+
-
vS
RS
RL
RL
Sulla base dello schema di partenza, è possibile definire sia un legame tra le grandezze di ingresso e
di uscita dell’amplificatore non reazionato, sia tra la corrente o tensione d’uscita e la corrente o
tensione di sorgente. Generalizziamo i legami introducendo la quantità A che potrà di volta in volta
v , i i v e A per vo , io , io , vo .
rappresentare:
, ,
f
vi ii vi ii
vs is vs is
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III / 50
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (II)
Nel caso ideale, la relazione tra Af ed A si ricava a partire dallo schema seguente nell’ipotesi che i blocchi A e
β siano unidirezionali
xs +
xo
xd
A
xf
B
Avremo allora, essendo xd=xs-xf e ponendo x0=Afxs:
(
xo = A xs − x f
Da cui
xo =
A
x e quindi:
1+ β A s
Af =
)
x f = β xo
A
1+ β A
Dove la quantità –βA è chiamata guadagno d’anello del sistema e la quantità
D=1-(- βA ) è il fattore di desensibilizzazione del sistema, spesso espresso in forma logaritmica (dB):
N = −20log D = 20log
A f (* )
A
Il fattore D è fondamentale nello studio degli amplificatori reazionati perché entra praticamente in tutte le
relazioni che ne caratterizzano le prestazioni.
(* )
Se N<0 la controreazione è negativa (Af<A)
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III / 51
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (III)
Esaminiamo ora il caso reale di un amplificatore di transresistenza caricato da una rete di retroazione e
cerchiamo il legame tra l’ingresso e l’uscita
iS
ii
A’
RS
RL
vo
β’
Caratterizziamo le due reti con le matrici ammettenze di corto circuito ⎡⎣YA' ⎤⎦ ⎡⎣YB ' ⎤⎦ e facciamo l’ipotesi che le
due reti in parallelo si comportino ancora come reti due porte. Avremo:
⎡Gs
⎡Y ⎤ = ⎡Y ⎤ + ⎡Y ⎤ + ⎡G ⎤
⎡
⎤
=
G
⎣ ⎦ ⎢0
⎢⎣ f ⎥⎦ ⎣ A ' ⎦ ⎣⎢ β ' ⎦⎥ ⎣ ⎦ dove
⎣⎢
Quanto alla transresistenza dell’amplificatore controreazionato sarà:
Z 21 f =
essendo ΔYf il determinante di [Yf]. Sarà perciò:
Z 21 f = −
(G + Y
s
11 A '
Y
vo
= − 21 f
is c.e.
ΔY f
Y21A' + Y21β '
)(
0⎤
⎥
GL ⎦⎥
) (
)(
+ Y11β ' GL + Y22 A' + Y22 β ' − Y21A' + Y21β ' Y12 A' + Y12 β '
)
che introducendo le ipotesi di unidirezionalità:
Y21β ' << Y12β ' Y21A' >> Y12 A'
ed assumendo quindi:
Y12 A' << Y12 β ' Y21β ' << Y21A'
diventa
Z 21 f ≅ −
(G + Y
s
11 A '
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+ Y11β '
)(
Y21A'
GL + Y22 A' + Y22 β ' − Y21A'Y12 β '
)
III / 52
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (IV)
Scriviamo ora la transimpedenza Z21f nella forma
Z 21 f
−Y21A'
Gs + Y11A' + Y11β ' GL + Y22 A' + Y22 β '
=
−Y21A'
1 + Y12 β '
Gs + Y11A' + Y11β ' GL + Y22 A' + Y22 β '
)(
(
)
)(
(
)
E confrontiamola con il risultato ottenuto dallo schema di principio
Af =
A
1+ β A
È facile osservare che i risultati ottenibili con tale schema sono estensibili al caso esaminato se si pone:
A=−
(
−Y21A'
Gs + Y11A' + Y11β ' GL + Y22 A' + Y22 β '
)(
)
β = Y12β '
In altre parole il legame ingresso-uscita dell’amplificatore
“A” è quello dell’amplificatore di partenza ma caricato
dalle resistenze RS ed RL nonché dalle ammettenze v
i
di ingresso e di uscita della rete di retroazione. La rete
di retroazione “β” si riduce invece alla sola ammettenza
di trasferimento e non è più quindi una rete fisicamente
realizzabile, ma solo quello che ne rimane avendo tolto
“Y21β’” per l’ipotesi di unidirezionalità e “Y11β’” e “Y22β’” che
vengono inglobate nell’amplificatore “A”
ii
Y11β’ RS Y11A’
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
A
Y22A’
Y22β’
RL
vu
Y21A’vi
B
Y12β’ v2
v2=-vu
III / 53
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (V)
i
ii
iS
RS
A’
Y11β’ RS Y11A’
vo
RL
A
Y22A’
Y22β’
RL
vu
vi
Y21A’vi
β’
B
Y12β’v2
v2=-vu
⎡Y
+ Y11β ' + GS
⎡
⎤ ⎢ 11A'
⎢Y f ⎥ = ⎢
⎣
⎦ ⎢ Y
' + Y21β '
A
21
⎣⎢
⎡Y
+ Y11β ' + GS
⎢ 11A'
=⎢
Y21A'
⎢
⎢⎣
= ⎡⎢YA ⎤⎥ + ⎡⎢YB ⎤⎥
⎦
⎣
⎦ ⎣
Y12 A' + Y12β '
⎤
⎥
⎥=
Y22 A' + Y22β ' + GL ⎥
⎦⎥
⎤ ⎡
⎥ ⎢0
⎥+⎢
Y22 A' + Y22β ' + GL ⎥ ⎢0
⎥⎦ ⎣
0
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
Y12β ' ⎤⎥
0
⎥=
⎥⎦
III / 54
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (VI)
v1 = h111
i + h12v2
i2 = h211
i + h22v2
v2 = k11i2 + k12v1
i1 = k21i2 + k22v1
1
Parallelo-Parallelo
Rete β
2
3
Rmf
⎡
⎢
⎣
Y ⎤⎥
Y12β
−R
−1
R
⎦
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III / 55
CONCETTO DI CONTROREAZIONE (VII)
A
Y12β
A = Rm
Z12β
A = Gm
h12β
A = Av
k12β
A = Ai
β
A
β
A
β
A
β
Se A è >>1 allora:
1/Y12β
Af=
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1/Z12β
1/h12β
1/k12β
III / 56
PROPRIETA’ GENERALI DELLA CONTROREAZIONE NEGATIVA
Premesso che quanto visto per l’amplificatore di transresistenza vale per tutti i tipi di amplificatore
controreazionati che verifichino le seguenti condizioni:
A)
B)
C)
Il blocco A è unidirezionale (nel caso visto y12A>>y12A )
Il blocco β è unidirezionale (nel caso visto y12β>>y12 β )
Le due reti A e β interconnesse si comportano ancora come reti due porte ( [Kf](*)= [KA] + [Kβ] )
Esaminiamo i principali effetti della controreazione negativa. Questo tipo di controreazione infatti modifica
il comportamento dell’amplificatore producendo uno o più dei seguenti effetti:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Stabilizzazione del punto di lavoro
Stabilizzazione del guadagno
Variazione della resistenza d’ingresso e/o d’uscita
Riduzione degli effetti dei disturbi
Riduzione delle distorsioni di non linearità
Modifica della risposta in frequenza
Quanto detto è in gran parte legato alla seguente osservazione: se |A β |>>1 si ha che
Af =
A
1
1+ β A β
In altre parole le proprietà dell’amplificatore controreazionato dipendono, in questo caso, solo dalla rete di
retroazione che, essendo in genere passiva, può realizzarsi con caratteristiche di precisione e stabilità
molto migliori del blocco principale A.
Con [Kf] si è indicata la rappresentazione matriciale, relativa al tipo di connessione delle due reti, per
la quale vale la relazione di somma indicata
(*):
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III / 57
SENSIBILITA’ DEGLI AMPLIFICATORI CONTROREAZIONATI
(I)
Valutiamo la sensibilità di un amplificatore controreazionato alle variazioni di A e β. Si ha
dAf d
Af
A =
A=
1
=
dA dA 1 + β A 1 + β A 2 A A(1 + β A)
(
)
dAf
Af A
dAf
− A2 β
dA
1
β
=
=
−
=
2 β
β
β
1
β
+
d
A
Af 1 + β A A
(1 + β A)
da cui
e quindi
dA f
≅ − dβ
Af
β
In altre parole la controreazione “desensibilizza” l’amplificatore rispetto alle variazioni del guadagno a
catena aperta A ma non ha effetto sulle variazioni della rete di retroazione,che dovrà perciò essere molto
stabile.
Esaminiamo ora il caso di un amplificatore multistadio e confrontiamo, nell’ipotesi Af1= Af2, le due situazioni
indicate
A
Af1
+
-
A
β
+
-
f2
+
A
-
β
⎛ A ⎞
Af 1 = ⎜⎜
⎟⎟
⎝1+ β A ⎠
A
+
-
A
A
βt
β
n
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A
Af 2 =
An
1 + βt An
III / 58
SENSIBILITA’ DEGLI AMPLIFICATORI CONTROREAZIONATI
Calcoliamo la sensibilità dei due amplificatori ad una variazione
dA f 1
n dA
=
Af 1 1 + β A A
ora, se Af1=Af2, si ha:
(1 + β A)
n
= 1 + βt A
n
(II)
dA . Avremo:
A
dA f 2
n
dA
=
n
A f 2 1 + βt A A
dA f 2
dA f 1
1
=
A f 2 (1 + β A)n−1 A f 1
per cui:
da cui si ricava che una unica controreazione in una cascata di amplificatori è più efficace della cascata di
amplificatori singolarmente controreazionati.
Analoga desensibilizzazione si ottiene, nei confronti dei disturbi, controreazionando opportunamente un
amplificatore. Fissiamo l’attenzione sulla distorsione che, come sappiamo, dipende dall’ampiezza del segnale
ed è perciò particolarmente importante nell’ultimo stadio e negli amplificatori di potenza:
N’i
Ni
S’i
A
S o = AS i
+
So ,N o
S’i +
-
No = Ni
A
+
S’o ,N’o
β
N o' =
N i'
1 + βA
S o' =
AS i'
1 + βA
Il confronto tra i due casi può farsi supponendo uguali le uscite (So=So’) oppure uguali agli ingressi (Si=Si’)
1)
So=So’: in questo caso anche Ni=Ni’ poiché dipendono dall’ampiezza del segnale in uscita. Si ha però
Si’=(1+βA)Si e quindi S’/N’=(1+βA)S/N
2)
Si=Si’: in questo caso Ni<Ni’ perché il segnale di uscita So’<So e, come si è detto, la distorsione dipende
dall’ampiezza del segnale d’uscita.
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III / 59
AMPLIFICATORI CONTROREAZIONATI
I=I
o L
+
Vs
Vi
- βv o +
+
(a)
Vf
-
RL +
Amplificatore
di tensione
is
Vo
-
β
Ii
I o=I L
+
Amplificatore
di corrente
I f=β I o
+
Vo
-
a)
amplificatore di tensione:
controreazione tensione (uscita)
serie (ingresso) ovvero: tensione –
tensione
b)
amplificatore di transconduttanza:
controreazione
corrente (uscita)
serie (ingresso) ovvero serie – serie
c)
RL
d)
amplificatore di corrente:
controreazione
corrente (uscita)
parallelo (ingresso) ovvero corrente
– corrente
Vs
Vi
Amplificatore
di transconduttanza
- β Io +
+
Vf
-
Vo
-
β
(b)
Ii
is
Amplificatore
di trans-resistenza
amplificatore di transresistenza:
controreazione
tensione (uscita)
parallelo (ingresso) ovvero parallelo
– parallelo.
β
+
RL
If = βvo
RL +
Vo
-
β
(c)
(d)
I diversi tipi di campionamento e confronto possono essere associati ad uno qualunque dei 4 tipi di
amplificatori, dando luogo a 16 possibili configurazioni, che si riducono alle 4 indicate se ci si limita ad
esaminare quelle situazioni che portano ad un miglioramento delle prestazioni dell’amplificatore di partenza.
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III / 60
RESISTENZA D’INGRESSO (I)
a) Tensione - serie (tensione - tensione)
+
Vs
Vi
- βv o +
+
Vf
-
RL +
Amplificatore
di tensione
ii
Vo
-
Ro
Ri
+
vs
vi
βvo
β
+
io
RL
Avv i
vo
+
Definendo Rif=vs/ii avremo, per la maglia d’ingresso
vs = ii Ri + β vo = ii Ri + β Av
da cui
⎛
⎞
RL
RL
vi = Ri ⎜⎜1 + β
Av ⎟⎟ ii
RL + Ro
RL + Ro ⎠
⎝
Rif = Ri (1 + β AV )
dove
AV = Av
RL
RL + Ro
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III / 61
RESISTENZA D’INGRESSO (II)
b) Corrente - serie (serie - serie)
I o=IL
+
Vs
Vi
- βv o +
Amplificatore
di transconduttanza
RL +
Vo
io
ii
-
Ri
+
+
vi
vs
vi
Gmvi
Ro
RL +
Vo
+
Vf
-
βio
β
-
+
Definendo Rif=vs/ii avremo, per la maglia d’ingresso
vs = ii Ri + β io = ii Ri + β Gm
da cui
⎛
⎞
Ro
Ro
vi = Ri ⎜⎜1 + β
Gm ⎟⎟ ii
Ro + RL
Ro + RL
⎝
⎠
Rif = Ri (1 + β GM )
dove
GM = Gm
Ro
Ro + RL
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III / 62
RESISTENZA D’INGRESSO (III)
c) Corrente - parallelo (corrente - corrente)
Ii
is
I o=I L
Amplificatore
di corrente
ii
RL
is
βio
io
Ri
Ai ii
Ro
Vo
I f=βI o
β
Definendo Rif=vi/is avremo, per la maglia d’ingresso
⎛
⎞
R
R
o
o
⎜
is = β io + ii =+ ii + β
Aii i = ii 1 + β
Ai ⎟
⎜
Ro + Ri
Ro + Ri ⎟⎠
⎝
da cui
Rif =
dove
Ri
1 + β AI
AI = Ai
Ro
Ro + RL
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III / 63
RESISTENZA D’INGRESSO (IV)
d) Tensione - parallelo (parallelo - parallelo)
Ii
is
Amplificatore
di trans-resistenza
RL +
ii
vo
-
is
βv o
Ro
RL
Ri
Rm i i
If =βV o
vo
β
Definendo Rif=vi/is avremo, per la maglia d’ingresso
is = β vo + ii = ii + β
da cui
Rif =
RL
R i
RL + Ro m i
Ri
1 + β RM
dove
RM = Rm
RL
RL + Ro
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III / 64
RESISTENZA D’USCITA (I)
a) Tensione - serie (tensione - tensione)
+
Vs
Vi
- βv o +
RL +
Amplificatore
di tensione
io
Ro
Vo
-
Ri
vi
+
i
vo
Av vi
Rof
+
Vf
-
βvo
β
Dal circuito equivalente si ha
da cui
+
vo = Roio + Avvi = Roi − Av β vo
vo (1 + Av β ) = Roi
e quindi
Rof =
che ad R’of poi
Ro
1 + Av β
R'of = Rof // RL
che dà
R'of
'
Ro // RL
R
o
=
=
1 + AVv β 1 + AVv β
dove
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AV =
Av RL
Ro + RL
III / 65
RL
R’of
RESISTENZA D’USCITA (II)
a) Corrente - serie (serie - serie)
+
Vs
Vi
- βv o +
Amplificatore
di transconduttanza
io
RL +
Vo
Ri
-
vi
βi o
+
Gmvi Ro
RL
Rof
vo
+
β
Vf
-
da cui essendo
I o=IL
i = vo − Gm vi = vo + β Gm io
Ro
Ro
io = −i
i (1 + β Gm ) = vo
Ro
da cui
(
Rof = Ro 1 + Gm β
quanto ad R’of poi
)
R'of = Rof // RL
che dà
R'of
R'o (1 + β Gm )
=
(1 + β GM )
dove
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
GM = Gm Ro
Ro + RL
III / 66
R’of
RESISTENZA D’USCITA (III)
d) Corrente - parallelo (corrente - corrente)
Ii
is
I o=I L
Amplificatore
di corrente
io
ii
RL
βi o
i s=0
Ri
Aii
i
Ro
RL
Rof
vo
R’of
I f=βI o
β
i = vo − Aii i = vo + β Aii o
Ro
Ro
da cui, essendo io
e quindi
quanto a R’of:
= −i
vo = i 1 + β A
i)
Ro (
Rof = Ro (1 + β Ai )
Rof' = Rof // RL
che diventa
Rof' = Ro'
1 + β Ai
1 + β AI
dove
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AI = Ai
Ro
Ro + RL
III / 67
RESISTENZA D’USCITA (IV)
Ii
is
Amplificatore
di trans-resistenza
If =βV o
ii
RL +
vo
βi o
-
Ro
i
Ri
i s=0
RL
Rm i i
Rof v o
R’of
β
vo = iRo + Rmii = iRo − β Rmvo
Rof =
da cui, essendo
e quindi
Ro
1 + β Rm
Rof' = Rof // RL
quanto a R’of:
'
R of
che diventa
Rof' = Ro'
1
1 + β RM
'
R
o
=
1 + β Rm
dove
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RM = Rm
RL
Ro + RL
III / 68
RISULTATI COMPLESSIVI
I risultati precedenti, al di là delle relazioni analitiche trovate, mostrano un’interessante caratteristica dei
diversi tipi di reazione.
Il comportamento ed il confronto di tipo parallelo abbassano la rispettiva resistenza d’uscita e d’ingresso
Il comportamento ed il confronto di tipo serie aumentano la rispettiva resistenza d’uscita e d’ingresso
Nella tabella seguente sono sintetizzate le relazioni che permettono di ricavare le quantità Af, Rif, ed Rof,
una volta che siano state determinate le quantità A, Ri e Ro dell’amplificatore di potenza non reazionato
ma caricato dal generatore, dall’utilizzatore e dalla rete di retroazione
Topologia
Caratteristiche
Feedback Xf
Tensione Corrente Serie
Serie
Tensione
Tensione
Corrente
Parallelo
Corrente
Tensione
Parallelo
Corrente
Campionamento Xo
Tensione
Corrente
Corrente
Tensione
Circuito d’ingresso (*)
Vo=0
Io=0
Io=0
Vo=0
Circuito d’uscita (*)
Ii=0
Ii=0
Vi=0
Vi=0
Sorgente
Thevenin
Thevenin
Norton
Norton
β=Xf/Xo
Vf/Vo
Vf/Io
If/Io
If/Vo
A=Xo/Xi
AV=Vo/Vi
GM=Io/Vi
Af=Io/Ii
RM=Vo/Ii
D=1+ βA
1+ βAV
1+ βGM
1+ βAI
1+ βRM
Af
AV/D
GM /D
AI /D
RM /D
Rif
RiD
RiD
Ri/D
Ri/D
Rof
Ro/(1+ βAV)
Ro(1+ βGM)
Ro(1+ βAI)
Ro/(1+ βRM)
R’of
R’o/D
R’o(1+ βGM)/D
R’o(1+ βAI)/D
R’o/D
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(* )
Questa procedura
fornisce il circuito
amplificatore base senza
feedback ma tenendo in
conto gli effetto di β RL,
RS.
III / 69
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (I)
VCC
VCC
RC
R’
a)
b)
C
C
B
+
Vs
Ic
B
If
RS
RC
Io
E
Vi
N
Ib
Vo
Is= Vs/Rs
R’of
Rs
R’if
Ri
R
R’
R’ Vo
E
If
hie
Il circuito a) presenta la resistenza R’ come elemento di reazione che agisce in parallelo all’uscita e
all’ingresso (caso tensione-parallelo), stabilizzando la transresistenza (parametro RM).
Il circuito b) è quello in base al quale si possono calcolare i parametri RM, Ri, Ro dell’amplificatore non
reazionato ma caricato dalla rete di reazione. E’ ottenuto dal circuito a) annullando la retroazione (poiché
l’inserimento è del tipo parallelo-parallelo ciò significa cortocircuitare il nodo B per valutare il carico dell’uscita
e cortocircuitare il nodo C per valutare il carico dell’ingresso). Il generatore di tensione d’ingresso è
trasformato in quello di corrente per semplificare i calcoli (RM=Vo/Is).
Incominciando a calcolare il parametro β della rete di retroazione. Dalla definizione:
β=
X f If
=
X i Vo
−
1
R'
espressione ottenuta trascurando la tensione vi tra il nodo B e la massa. Calcoliamo ora le altre quantità,
trascurando come al solito i parametri hre e hoe.
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III / 70
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (II)
La rete da esaminare è la connessione in parallelo delle due reti due porte indicate:
RS
+
Vs
R’
R’
RL
RS
RL
+
Vs
ed è quindi descritta da:
⎡YF ⎤ = ⎡Y ' ⎤ + ⎡Y ' ⎤
⎣ ⎦ ⎣ A ⎦ ⎢⎣ β ⎥⎦
dove, ponendo Y12A’=0 e Y12β’=0 abbiamo:
1⎤
⎡1
−
⎡
⎢R'
0 ⎤
R '⎥
⎡Y ⎤ = ⎢Y11A '
⎡
⎤
Y
=
⎢
⎥
⎥
'
⎣ β⎦
⎣ A' ⎦ ⎢Y21A ' Y22 A ' ⎥
1
⎢
⎥
⎣
⎦
0
⎣⎢
R ' ⎦⎥
⎡YF ⎤ può anche porsi uguale però a:
⎣ ⎦
⎡YF ⎤ = ⎡YA ⎤ + ⎡Yβ ⎤ dove
⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦
⎡
1
⎡
1⎤
Y11A' +
0
⎢
'
R
⎡Y ⎤ = ⎢0 − R ' ⎥
⎡YA ⎤ = ⎢
⎣ ⎦ ⎢
⎥
⎣ β⎦ ⎢
0
0
Y22 A' +
⎣⎢
⎦⎥
⎢⎣ Y21A'
RS
R’
+
Vs
⎤
⎥
⎥
1⎥
R ' ⎥⎦
Ovvero ad una rete (β) non fisicamente realizzabile e alla rete (A) seguente:
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RL
R’
A
β=-1/R’
III / 71
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (III)
Si ha:
Ri = R // hie ,
Ro = ∞,
h fe RC // R'
V0
⋅R
RM = = −
IS
R + hie
Ro' = RC // R'
Per calcolare ora Rif, R’of, ed RMf, ricordiamo ora che:
RMf = RM D ,
dove
'
Rif = Ri D ,
R'of = R o D
h fe RC // R' R
D = 1 + β RM = 1 +
⋅
R + hie R'
Si noti in particolare che essendo βRM>>1, si ha:
− R'
RMf
E’ inoltre opportuno ricordare che l’uso delle formule viste è legato, tra l’altro, all’ipotesi che l’amplificatore
e la rete di retroazione siano unidirezionali. Ciò comporta che la corrente If sia trascurabile rispetto alla
corrente Io.
Ponendo hfe=0 si ha
If =
D’altra parte si ha
AVf VS
Io =
RC
dove
In conclusione quanto visto vale per:
VS
RS + R' + RC
AVf =
R
Vo
V
= o = Mf
VS I S RS RS
AVf >>
RC
(R
S
+ R' + RC
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
)
III / 72
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (IV)
VCC
(a)
RC1
B
RS I’S
RC2
Ii
Io
Q1
Q2
+
VS
Vt1
R’
If
Il circuito (a) presenta una reazione di tipo correnteparallelo (corrente-corrente), che stabilizza il guadagno in
corrente dell’amplificatore.
Il circuito (b) è ottenuto dal circuito (a) annullando la
retroazione (aprendo l’uscita per avere il carico
dell’ingresso, cortocircuitando il nodo B per avere il
carico dell’uscita).
L’analisi del circuito può essere fatta trascurando sia hre1
e hoe1, sia hre2 che hoe2.
Vo
Re
Vt2
Ve2
Si avrà
(b)
Ri = RS // ( R '+ Re ) // hie
RC1
Is=Vs/Rs
Ib1
Io
AI =
R’
RS
Re
IS
Re
Ri
R
Vo
R’
I
I I I I
Io
= − c 2 = − c 2 ⋅ b 2 ⋅ c1 ⋅ b1
IS
IS
Ib 2 I c1 Ib1 I S
Dove:
If
hie
R 'o = RC 2
Poiché la configurazione in esame stabilizza il
guadagno in corrente, osservando che Ai=AI
(hoe=0) e che Io=-Ic2, avremo che:
Ic2
Ib2
Ic1
RC2
Ro = ∞
Ri2
A cura del Prof. F. Giannini, R. Giofrè, M. Imbimbo, P. Longhi, A. Nanni, A. Ticconi
−
Ic2
= −h fe2
Ib2
Ic1
=h
Ib1 fe1
III / 73
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (V)
Ib2
Rc1
Rc1
=−
=−
Ic1
Ri2 + Rc1
Rc1 + hie2 + 1 + h fe2 ( Re // RL )
Si avrà
Ri = RS // ( R '+ Re ) // hie
Ro = ∞
(
R 'o = RC 2
RS // ( Re + R ')
Ib1
=
I S RS // ( Re + R ') + hie
Poiché la configurazione in esame stabilizza il
guadagno in corrente, osservando che Ai=AI
(hoe=0) e che Io=-Ic2, avremo che:
AI =
I
I I I I
Io
= − c 2 = − c 2 ⋅ b 2 ⋅ c1 ⋅ b1
IS
IS
I b 2 I c1 I b1 I S
Quanto al parametro β, nel nostro caso sarà:
Dove:
−
(b)
Ic2
= −h fe2
Ib2
)
Ic1
=h
Ib1 fe1
β=
Xf If
= = Re
X o Io Re + R '
Si potranno così determinare i valori di Rif, R’of
e AIf:
RC1
Is=Vs/Rs
Ib1
Io
Rif =
R’
Vo
RS
Re
IS
Re
Ri
R
R’
If
hie
Ri
1 + β AI
1 + β Ai
= R 'o
R 'of = R 'o ⋅
1 + β AI
AI
Aif =
1+ R'
1 + β AI
Re
Ic2
Ib2
Ic1
RC2
tutto ciò sempre nell’ipotesi che sia:
Ri2
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I f << Io
III / 74
ESEMPI DI AMPLIFICATORI A CONTROREAZIONE (VI)
RC2
RC1
Sotto le seguente ipotesi:
Ic2
β1
β2
Vo
R
R3
IS
RC1 >> Ri2
R >> hie1
Ri2
E’ possibile esprimere:
⎛
⎞⎛
RC1 ⎞⎟
R
⎜
⎟
⎜
Ai = β1β2 ⎜
⎟⎜
⎟
⎜ R + hie1 ⎟ ⎜ RC1 + Ri2 ⎟
⎠
⎝
⎠⎝
hie2 + R3 ⎛⎜1+ β2 ⎞⎟
⎝
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⎠
III / 75
EFFETTO DELLA CONTROREAZIONE SULLA RISPOSTA IN FREQUENZA (I)
L’effetto della controreazione negativa sulla
risposta in frequenza di un amplificatore è fatta
nell’ipotesi più semplice che la risposta dello
stadio non reazionato sia del tipo:
|Av|
0.707 |Av|
ABF =
|Aof|
Ao
1+
0.707 |Aof|
fLf
fL
fH
|A| dB, |Af| dB
fHf
LOG (f)
1+
20log|Aof|
-20 dB/decade
fL
ω Lf =
ω
ωH
ωL
Ao
jω
Af =
=
β Ao 1 + β A + ωL
1+
o
ωL
jω
1+
jω
20log|Ao|
20log|Ao/(1+βAo)| ≈20log|1/β|
Dove:
1+ j
Ao
≈20log(βAo)
fLf
Ao
In questo caso in presenza di una
controreazione β, si ha per la risposta
in bassa frequenza:
dB del feedback= 20log|1+βAo|
20 dB/decade
ωL
jω
AHF =
fH
ωL
1 + Ao β
=
ωL
D
=
fHf
LOG (f)
Ao
1 + β Ao
1+
ωL
jω ⋅ (1 + β Ao )
=
Afo
1+
ωLf
jω
ω Hf = ω H ⋅ (1 + Ao β ) = ω H ⋅ D
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III / 76
EFFETTO DELLA CONTROREAZIONE SULLA RISPOSTA IN FREQUENZA (II)
L’effetto della controreazione negativa sulla
risposta in frequenza di un amplificatore è fatta
nell’ipotesi più semplice che la risposta dello
stadio non reazionato sia del tipo:
|Av|
0.707 |Av|
ABF =
|Aof|
0.707 |Aof|
fLf
fL
fH
|A| dB, |Af| dB
fHf
LOG (f)
20log|Ao|
Af =
≈20log(βAo)
20log|Aof|
-20 dB/decade
20log|Ao/(1+βAo)| ≈20log|1/β|
fLf
Dove:
fL
ωLf =
fH
ωL
1 + Ao β
=
ωL
D
fHf
1+
ωL
jω
AHF =
Ao
1+ j
ω
ωH
E analogamente per la risposta in alta
frequenza:
dB del feedback= 20log|1+βAo|
20 dB/decade
Ao
LOG (f)
Ao
jω
1+
ωH
Ao
=
ω
β Ao
1 + β Ao + j
1+
jω
ωH
1+
ωH
Ao
Afo
1 + β Ao
=
=
ω
jω
1+
1+ j
ωHf
ωH ⋅ (1 + β Ao )
ωHf = ωH ⋅ (1 + Ao β ) = ωH ⋅ D
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III / 77
AMPLIFICATORE DI TRANSIMPEDENZA
M3
M2
input
M1
M7
M4
M8
M9
M6
output
M10
M11
RF
M5
Rf=∞
dB(S21)
TI
Banda a –3dB (Transimpedenza)
AV
Banda a –3dB (Tensione)
1 GHz
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LOG (f)
III / 78
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Dipartimento di Ing. Elettronica
corso di
ELETTRONICA APPLICATA
Prof. Franco GIANNINI
OSCILLATORI
III / 79
SOMMARIO
‰ Stabilità di un sistema a retroazione
‰ Criterio di Barkhausen
‰ Oscillatore a ponte di Wien
‰ Oscillatore a sfasamento
‰ Oscillatore a tre punti
‰ Oscillatori Colpitts e Hartley
‰ Oscillatori al quarzo
‰ Controllo automatico di A e β
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III / 80
STABILITA’ DI UN SISTEMA A RETROAZIONE (I)
Definiamo instabile un sistema che, eccitato da un segnale a gradino, da una risposta che cresce
indefinitamente. Ciò comporta, per la funzione di trasferimento, l’esistenza di poli con parte reale positiva.
Senza addentrarci nel problema dell’analisi di un sistema a retroazione allo scopo di tradurre in termini
quantitativi la stabilità, ricordiamo che due sono i metodi principali per valutarla: il metodo del luogo delle
radici ed il criterio di Nyquist. Con riferimento a quest’ultimo metodo, ricordiamo che il criterio di Nyquist è
essenzialmente grafico e richiede la conoscenza dell’andamento della funzione Aβ al variare di ω.
Nell’ipotesi che il guadagno d’anello a catena aperta Aβ non abbia poli nel semipiano destro, il criterio
afferma che il corrispondente sistema a catena chiusa è stabile se il diagramma di Aβ non racchiude il punto
critico -1+j0. Possono così distinguersi tre diversi casi:
-1
α
a
Im[A β]
Im[A β]
Im[A β]
ω=+∞
ω=−∞
ω=0
α
-1
ω=−∞
Re[A β]
ω=0
α
α’
-1
α’’
Re[A β]
b
ω=−∞
ω=0
Re[A β]
c
(a): sistema stabile, (b): sistema instabile, (c): sistema condizionatamente stabile
Il sistema (c) in particolare deve la sua definizione al fatto che può avere una instabilità temporanea durante
l’accensione (A passa da zero al valore finale) oppure se il guadagno ad alta frequenza diminuisce
uniformemente.
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III / 81
STABILITA’ DI UN SISTEMA A RETROAZIONE (II)
Poiché l’instabilità consiste nel valutare la posizione dei punti α,
α’, α’’, rispetto al punto -1+j0 l’analisi del circuito a retroazione può |Aβ|
dB
farsi anche con l’uso dei diagrammi di Bode, calcolando il prodotto
Aβ in corrispondenza al punto o ai punti (e quindi alla frequenza)
a cui lo sfasamento vale 180°.
Su questa base vengono formulate le definizioni di margine di
ampiezza( o guadagno) e margine di fase del sistema a
controreazione.
Definiamo margine di guadagno il valore in dB di |Aβ|
∠(A β)
calcolato alla frequenza a cui la fase è 180°.
0°
Definiamo margine di fase il complemento a 180° dello
-90°
sfasamento di Aβ calcolato alla frequenza a cui |Aβ|=0 dB.
-180°
Si noti in particolare che, se il margine di guadagno è negativo, il
sistema è stabile. Se è positivo è potenzialmente instabile.
Concludiamo osservando che un sistema potenzialmente
instabile, può essere reso stabile se è possibile modificare il suo
comportamento nell’intorno del punto di attraversamento dell’
asse delle ascisse (-180°), mediante l’introduzione di opportune
reti di sfasamento (reti di compensazione).
Significato dei margini nel piano di Nyquist
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log(f)
margine
guadagno
log(f)
margine
fase
Im[A]β
-1
Gm.
ϕm
Re[A]β
III / 82
CLASSIFICAZIONE DEGLI OSCILLATORI E CRITERIO DI BARKHAUSEN (I)
La retroazione può determinare negli amplificatori la comparsa di fenomeni di instabilità che si traducono
nell’insorgere di oscillazioni. Le forme d’onda che si ottengono sono essenzialmente due: sinusoidale ed
impulsiva. Chiamiamo sinusoidali gli oscillatori del primo tipo e di rilassamento quelli di secondo tipo.
CRITERIO DI BARKHAUSEN
L’analisi degli oscillatori sinusoidali viene fatta utilizzando il criterio di Barkhausen
X
Dallo schema a blocchi avremo
A
β
Y
Y = Aβ X
supponiamo ora che, ad una particolare frequenza, si abbia:
Aβ = 1
X =Y
sarà allora
e possiamo pensare di utilizzare la risposta al posto dell’eccitazione esterna, chiudendo il circuito ad
anello. In tal caso l’anello ottenuto sarà percorso dal segnale sinusoidale per cui è verificata la
condizione
Im ⎡⎣ Aβ (ωo )⎤⎦ = 0
Re ⎡⎣ Aβ (ωo )⎤⎦ = 1
L’insieme di queste due condizioni o delle loro equivalenti
rappresenta la condizione di Barkhausen per valutare le
condizioni di oscillazione
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∠Aβ (ωo ) = 0
Aβ (ωo ) = 1
III / 83
CLASSIFICAZIONE DEGLI OSCILLATORI E CRITERIO DI BARKHAUSEN (II)
L’analisi delle condizioni di Barkhausen porta ad alcune importanti conclusioni. Per realizzare un oscillatore
sinusoidale è necessario infatti realizzare una controreazione positiva che, alla sola frequenza di
oscillazione ω0, realizzi le due condizioni:
1) sfasamento complessivo lungo l’anello uguale a zero
2) guadagno d’anello (almeno teoricamente (*)) uguale ad uno
Naturalmente sarà possibile ripartire lo sfasamento tra amplificatore e rete di retroazione in diversi modi,
realizzando così diversi tipi di oscillatori sinusoidali.
Analogamente, dovendo essere
Im ⎡⎢ Aβ (ωo )⎤⎥ = 0
⎣
⎦
è immediato vedere che ciò non può verificarsi se nell’anello è presente un solo elemento reattivo. Ciò
significa che gli oscillatori sinusoidali devono contenere nel loro schema almeno due elementi
reattivi uguali (in genere due condensatori) o diversi (un condensatore ed un induttore). Va da se
che tali elementi non devono essere necessariamente aggiunti esternamente, potendosi sfruttare, in alcuni
casi, gli stessi elementi parassiti dell’amplificatore.
(* ):
Negli oscillatori reali la condizione che si realizza è
|Aβ|>1
in modo da evitare che eventuali variazioni parametriche “spengano” le oscillazioni. Se non si interviene in
fase di progetto,saranno le non linearità presenti nell’elemento attivo a fissare l’ampiezza
delle oscillazioni in modo che siano verificate le condizioni di Barkhausen
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III / 84
OSCILLATORE A MEZZO PONTE DI WIEN (I)
C
C
R’
Ro
R’
vi
+ Av
vi
Av v i
R”
C
C
R”
Ri
Supponiamo l’amplificatore di tipo non invertente e con bassa resistenza d’uscita (Ro) e con alta resistenza
di ingresso (Ri). Scegliamo poi le resistenze R’ ed R” in modo che si abbia:
R = R' + Ro
L’analisi del circuito porta alla
R = R'' // Ri
R
1 + sRC
vi = Avvi
R+ 1 + R
sC 1 + sRC
Poichè il sistema è omogeneo, si avranno soluzioni diverse da zero se, ponendo
1 = Av
1
1 + 1 + sτ + 1 +
1
sτ
=
Av
3 + sτ +
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RC = τ
si ha
1
sτ
III / 85
OSCILLATORE A MEZZO PONTE DI WIEN (II)
C
C
R’
R’
vi
vi
+ Av
Av v i
R”
R”
C
1 = Av
1
1 + 1 + sτ + 1 +
da cui, dovendo essere
1
sτ
=
C
Av
3 + sτ +
1
sτ
Im ⎡⎣ Av β ⎤⎦ = 0
sarà
ωo = ± 1 = ± 1
τ
RC
e quindi
Ovviamente risulterà, a ω=ω0:
Re ⎡⎣ Av ⎤⎦ = 3
vi =
vo
3
E quindi
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β =1
3
III / 86
OSCILLATORE A PONTE DI WIEN(I)
C
R1
R
+
R
+
-
B
A
R
C
R1
C
vd
A
R2
C
R
B
Advd
R2
K
Si ottiene dall’oscillatore a mezzo ponte di Wien utilizzando un amplificatore differenziale e completando il
circuito nel modo indicato. Nell’ipotesi che i due rami RC abbiano la stessa costante di tempo RC=τ, la
tensione tra il punto A e massa vale:
1
vA = Ad ( vA − vB ) ⋅
3 + sτ + 1
sτ
La tensione tra il punto B e massa vale invece:
R2
vB = Ad ( vA − vB )
RL + R1
Alla frequenza ω0=1/τ sarà allora:
Da cui:
⎡
R2 ⎤
⎥
vA − vB = Ad ( vA − vB ) ⎢ 1 −
3
R
R
+
⎢⎣
1
2 ⎥⎦
R2
=1− 1
R1 + R2 3 Ad
3 ≤ Ad ≤ ∞
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III / 87
OSCILLATORE A PONTE DI WIEN(II)
C
C
R1
R
R
+
-
B
A
C
R1
R
vd
A
C
R2
R
+
Advd
B
R2
K
R2
=1− 1
R1 + R2 3 Ad
3 ≤ Ad ≤ ∞
Tale relazione permette di scegliere la resistenza o l’amplificazione dello stadio per verificare la condizione
di oscillazione. Si noti in particolare che nel caso R2=0 si ricade nel caso già visto. Inoltre se Ad ∞, i punti A
e B si portano allo stesso potenziale equilibrando il ponte. In ogni caso è sempre possibile far oscillare il
circuito se:
3 ≤ Ad < ∞
Regolando indipendentemente la frequenza di oscillazione agendo sui due C o sulle due R
contemporaneamente.
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III / 88
OSCILLATORE A PONTE DI WIEN(III)
C
Ri // R '' = R
ro + R ' = R
R’
ro
⎛
R
Av ⋅
⎜
1 + sRC
vi ⋅ ⎜1 −
1
R
⎜
+
R+
⎜
sC 1 + sRC
⎝
+
vi
C
R’’
C
=0
Ri
Soluzione per vi diverso da zero se
il coefficiente è nullo
R
+
C
Avvi
⎞
⎟
⎟=0
⎟
⎟
⎠
R
+
-
+
R1
AV
R2
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III / 89
OSCILLATORE A SFASAMENTO (I)
Z1
-
+
v1
+
Av v1
-
Z1
Z1
+
Z2
-
Z2
Z2
v0 ≡v1
-
Nel caso in esame , poiché l’amplificatore sfasa di 180°, è necessario che la rete di retroazione aggiunga o
tolga altri 180°. Inoltre poiché in genere Av>1 la rete deve convenientemente attenuare. Scegliendo delle reti
RC, migliori delle RL in quanto meno costose ed a Q più elevato, è facile vedere che sono necessarie
almeno tre celle per ottenere lo sfasamento voluto in quanto ogni cella sfasa meno di 90°. Schematizzando
poi l’amplificatore invertente con un generatore controllato di valore –Avv1, è facile vedere che si ha:
− Avv1
da cui
Z2
Z2
Z2
=v
Z1 + Z 2 ( Z1 + Z 2 + Z1 // Z 2 ) Z1 + ( Z1 // Z 2 + Z1 ) // Z 2 + Z 2 1
− Av
1
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
3
⎛
2
⎛Z ⎞
Z1 ⎞
⎟ + 6⎜ 1 ⎟ +1
⎟
⎜Z ⎟
⎝ Z2 ⎠
⎝ 2⎠
=1
+ 5 ⎜⎜
ora poiché Z1 e Z2 sono reattivi (non lo sono però entrambi) solo i termini “dispari” contribuiscono alla parte
immaginaria. Dovrà perciò essere
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
3
Z
+ 6 1 = 0 da cui
Z2
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
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2
= −6
III / 90
OSCILLATORE A SFASAMENTO (II)
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
3
Z
+ 6 1 = 0 da cui
Z2
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
2
= −6
+
v1
Z1
-
+
Av v1
-
-
Z1
Z2
Z1
Z2
perciò se
Z1 =
1
jωC
ωo =
Z2 = R
se invece
1
6RC
Z1 = R
Z2 =
1
jωC
ωo = 6
RC
In entrambi i casi però dalla:
− Av
1
=1
1 + 5( −6)
risulta:
Av = −29
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III / 91
Z2
+
v0 ≡v1
-
OSCILLATORE A SFASAMENTO(III)
L’analisi del circuito può essere effettuata applicando ripetutamente il teorema di Thevenin, nel modo
seguente:
-
+
vi
-
Z1
Z1
Z1
+
+
vo
v1
-
Z2
Z2
+
Z2
-
+
vi
-
+
-
-
-
-
Z1
+
Z2
Z1
v**=v=o Z 2
vi
Z1
+
Z2
v* = vo
Z1 + Z 2
( Z1 //Z2+Z1 )//Z2
-
Z1 //Z 2
Z2
Z
Z1 + Z 2 Z1 + Z1 // Z 2 + Z 2 2
+
v1
-
ne segue
vi = vo
che diventa
Z2
Z2
Z2
Z1 + Z 2 Z1 + Z1 // Z 2 + Z 2 Z1 + Z 2 + ( Z1 // Z 2 + Z1 ) // Z 2
v i = Av e jϕ v
1)
ϕv = 180°
2)
ϕv ≠ 180°
1
⎛
⎜
⎜
⎝
⎞
⎟
⎟
⎠
3
⎛Z ⎞
⎜ 1⎟
⎜Z ⎟
⎝ 2⎠
2
Z1
Z2
+
⎛
5 ⎜⎜
⎝
Z1
Z2
⎞
⎟
⎟
⎠
2
+6
= −6
ϕv − ϕ Den = 0
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Z1
+1
Z2
ovvero
Im ⎡⎣ Den ⎤⎦ = 0
ovvero
∠Aβ = 0
III / 92
Z2
v1
-
OSCILLATORE A TRE PUNTI (I)
Z3
Z3
- gm
+
Z2
Z1
Z1
gmv Z2
v
-
(a)
(b)
Gli oscillatori che contengono sia condensatori che
induttori possono in genere ricondursi allo schema (a),
detto oscillatore a tre punti. Nell’ipotesi che
l’amplificatore sia unidirezionale ed invertente, che siano
nulli i suoi effetti reattivi ed inoltre che il generatore
d’uscita sia funzione solo della tensione ai capi di Z1, che
include ovviamente l’eventuale impedenza di ingresso
dell’amplificatore stesso, il circuito equivalente è quello
indicato in (b), dal quale si ottiene:
v = − g mv
;
da cui deriva la condizione
Z1Z 2
Z1 + Z 2 + Z3
−gmZ1Z2 = Z1 + Z2 + Z3
Come si può osservare, se tutte e tre le impedenze sono puramente reattive, si può ottenere che si
verifichi solo una delle condizioni di Barkhausen (l’annullarsi della parte immaginaria del guadagno di
anello) ma si avrà sempre
Re ⎡⎣ Aβ ⎤⎦ ≠ 1
Dovrà perciò essere necessariamente che almeno una delle tre impedenze sia del tipo
Zi = Ri + jX i
Semplifichiamo l’analisi esaminando i seguenti due casi
Z1 = R1 // jX1
Z2 = Z3 = jX
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Z1 = Z3 = jX
Z 2 = R2 // jX 2
III / 93
OSCILLATORE A TRE PUNTI (II)
I) Vale lo schema in figura, da cui :
− gm
jX1R1
X1R1
⋅ jX 2 = j
+ jX 2 + jX 3
R1 + jX1
R1 + jX1
+
j X3
V
R1
gm X1 X 2 R1 = j ( X1 + X 2 + X 3 ) R1 − X1 ( X 2 + X 3 )
Che porta alle
due relazioni:
j X1
gmV
-
⎧⎪ X1 + X 2 + X 3 = 0
⎨
⎪⎩ gm X1 X 2 R1 = − X1 ( X 2 + X 3 )
X1
gm R1 =
X2
In particolare, dovendo essere nulla la somma delle reattanze, avremo che il tipico oscillatore a tre
punti conterrà due condensatori ed una induttanza (Colpitts), oppure due induttanze ed un
condensatore (Hartley).
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III / 94
j X2
OSCILLATORE A TRE PUNTI(III)
II) Lo schema è riportato in figura, da
cui in modo del tutto analogo al caso
precedente si ottiene :
⎧ X1 + X 2 + X 3 = 0
⎪
X2
⎨
⎪ gm R2 = X
1
⎩
+
j X3
V
j X1
R2
gmV
-
Sempre come nel caso precedente, si può notare che, agendo su X3, si può variare la
frequenza di oscillazione, senza modificare la condizione sulla parte reale, se X2 e X1
sono dello stesso tipo (C1, C2 oppure L1, L2).
Si noti infine che il caso I) corrisponde alla schematizzazione del BJT (Ri≠0, Ro=∞).
Il caso II) corrisponde a quella del FET (Ri =∞, Ro≠0)
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III / 95
j X2
OSCILLATORE A TRE PUNTI(III)
In modo del tutto analogo può essere trattato il caso seguente, dove la
schematizzazione più utile è quella dell’amplificatore di transresistenza
RO
I
Ri
- Rm
RmI
Y1
Y3
Y2
Y3
Y1
Y2
Inglobando Ri ed Ro
nei carichi esterni:
I = − Rm
Y1Y2
I
Y1 + Y2 + Y3
da cui
I
RmI
Y1 = G1 + jB1
⎧B1 + B1 + B3 = 0
⎪
B1
⎨
R
G
=
⎪ m 1 B
⎩
2
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Y2 = G2 + jB2
⎧B1 + B1 + B3 = 0
⎪
B2
⎨
⎪RmG2 = B
⎩
1
III / 96
OSCILLATORE COLPITTS: CIRCUITO DINAMICO
L
L
+
C2
gm Vgs
Vg
C1
rd
s
C1
C2
-
Il circuito equivalente è stato tracciato nell’ipotesi di trascurare le reattanze interne all’elemento
attivo. Per quanto già visto, la frequenza di oscillazione è data da:
jω 0 L +
1
jω 0 C 1
+
1
jω 0 C 2
=0
Da cui
ω0 =
1
LC
dove
C =
C1 ⋅ C 2
C1 + C 2
Come si vede, è possibile variare la frequenza di oscillazione, lasciando inalterata la condizione
sulle ampiezze, agendo sull’induttore L. Ciò non è molto agevole perché non è facile realizzare
induttori variabili di adeguata precisione e qualità.
C1
μ=
C2
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III / 97
OSCILLATORE HARTLEY: CIRCUITO DINAMICO
C
C
vb’e
rbb’
rb’c
L2
rb’e
L1
L1
gmvb’e
L2
rce
Semplifichiamo il circuito equivalente trascurando rce, rb’c ed rbb’
jω 0 L1 + jω 0 L 2 +
Dovrà inoltre essere:
1
jω 0 C
=0
g m rb ' e =
Da cui
L1
L2
ω0 =
1
LC
dove
E ricordando che:
L1
β =
L2
L = L1 + L 2
g m rb ' e
β
Anche in questo caso è possibile variare la frequenza di oscillazione senza alterare la
condizione sull’ampiezza agendo sul condensatore C. questo rappresenta il maggiore vantaggio
dell’oscillatore Hartley.
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III / 98
OSCILLATORE HARTLEY: CIRCUITO DINAMICO
C
vb’e
C
L2
L1
L1
rb’e
L2
gmvb’e
Semplifichiamo il circuito equivalente trascurando rce, rb’c ed rbb’
jω0 L1 + jω0 L2 +
1
jω0C
Dovrà inoltre essere:
=0
g m rb ' e =
ω0 =
Da cui
L1
L2
1
LC
dove
E ricordando che:
β=
L = L1 + L2
g m rb ' e
β
L1
L2
Anche in questo caso è possibile variare la frequenza di oscillazione senza alterare la
condizione sull’ampiezza agendo sul condensatore C. questo rappresenta il maggiore vantaggio
dell’oscillatore Hartley.
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III / 99
STUDIO COMPLETO DI UN OSCILLATORE A 3 PUNTI (I)
+ VCC
Consideriamo l’oscillatore Hartley in figura, dove la realizzazione
non segue lo schema classico già visto. Si noti infatti che le
condizioni di funzionamento dell’oscillatore a tre punti richiedono, ad
esempio, che si verifichi alla frequenza di oscillazione :
R1
n2
n1
C
X1 + X 2 + X 3 = 0
C2
R2
Re
C1
senza che ciò comporti necessariamente l’uso di 2 condensatori ed
un induttore o viceversa di 1 condensatore e 2 induttori. La
condizione analizzata comporta che due delle tre reattanze abbiano
un segno, l’altra segno opposto, condizioni che possono essere
soddisfatte utilizzando reti reattive di vario tipo. Consideriamo
dunque il circuito equivalente completo, considerando nulle le
reattanze presentate da C1 e C2 alle frequenze di interesse.
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III / 100
STUDIO COMPLETO DI UN OSCILLATORE A 3 PUNTI (II)
Cb’c
Poiché alla frequenza di
oscillazione il carico visto dal
transistore sul collettore è
puramente resistivo e pari ad
Req, trascurando rbb’ ed rb’c e
ponendo RT=RL//Rloss//Rce il
circuito diventa il seguente,
dove:
⎧
⎡⎛ n ⎞2
⎤
1
⎪⎪Req = RT // ⎢⎜ ⎟ ⋅ ( Rb // rb'e ) ⎥
⎢⎣⎝ n2 ⎠
⎥⎦
⎨
⎪
⎪⎩Cin = Cb'e + Cb'c ⋅ (1+ gmReq )
Rbb’
n2
Rb’c
Rb’e
Rb
Cb’e
gmVb’e
Rce
n1
C
R’L
R’L=RL//Rloss
Rb= R1//R2
Vb’e
n2
Che possiamo ancora ridurre
nelle forma a fianco, dove:
⎛n ⎞
CT = C + Cin ⋅ ⎜ 2 ⎟
⎝ n1 ⎠
Vb’e
gmVb’e
Cin
Rb //Rb’e
n1
C
RT
Vi
2
n2
gmVi
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CT
LT
Req
III / 101
n1
STUDIO COMPLETO DI UN OSCILLATORE A 3 PUNTI (III)
Vi
2
n2
CT
gmVi
Req
LT
n1
⎛ n2 ⎞
CT = C + ⎜ ⎟ Cin
⎝ n1 ⎠
La condizione di Barkhausen, tenendo presente il verso degli avvolgimenti del trasformatore, diventa perciò:
⎡
⎢
n1
1
Vi = ⋅ g m ⋅ Vi ⋅ ⎢
n2
⎢ sC + 1 + 1
⎢ T sL R
eq
⎣
⎤
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦
1
1
⎧
=
=
ω
0
⎪
2
LCT
⎛
⎞
⎛ n2 ⎞
⎪
⎜
L C + ⎜ ⎟ ⋅ Cin ⎟
⎪
⎜
⎟
⎝ n1 ⎠
⎪
⎝
⎠
⎨
1
⎪ g = n1 ⋅ 1 = n1 ⋅
m
⎪
n2 Req n2
⎡⎛ n ⎞ 2
⎤
1
⎪
RT // ⎢⎜ ⎟ ( Rb // rb ' e ) ⎥
⎪
⎢⎣⎝ n2 ⎠
⎥⎦
⎩
da cui
E, trascurando tutte le resistenze in parallelo a rb’e:
gm =
n1
⋅
n2
1
⎛ n ⎞
rb ' e ⎜ 2 ⎟
⎝ n1 ⎠
2
da cui
β =
n2
n1
Si noti in particolare l’effetto degli elementi parassiti sulla frequenza di oscillazione nonché l’effetto che su tale
frequenza hanno gli elementi resistivi presenti nel circuito tramite la Req e quindi Cin , ed in particolare il carico RL.
Per questo motivo si usa normalmente collegare l’oscillatore al carico utilizzando uno stadio separatore (Buffer).
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III / 102
OSCILLATORI AL QUARZO (I)
X Reactance
Poiché la frequenza di oscillazione è quella
per cui si annulla lo sfasamento complessivo
nella maglia di retroazione, una qualunque
variazione degli elementi della maglia può
produrre una variazione della frequenza.
Detta Δω la variazione di frequenza
necessaria per compensare lo variazione Δφ
dello sfasamento d’anello, si definisce
fattore di sensibilità dell’oscillatore:
S f = Δϕ
Δω
ω0
dϕ
ω0
dω
(induttiva)
L
R
banda utile
C’
ωs
0
ωp
ω
C
(a)
(b)
(capacitiva)
(c)
dove ω0 è la frequenza di oscillazione.
In particolare,per un oscillatore a tre punti si ha Sf=2Q0 , dove Q0 è il fattore di qualità del circuito
risonante. Se ne deduce in particolare che circuiti oscillanti ad alto “Q” garantiscono una elevata stabilità
dell’oscillatore.
I normali circuiti LC hanno Q dell’ordine di poche centinaia. Per avere alte stabilità si utilizza allora un
cristallo piezoelettrico che ha un Q dell’ordine di 103-104. Cristalli di tale tipo, il più comune dei quali è il
quarzo, generano un campo elettrico se sottoposti a sollecitazioni meccaniche e, viceversa, si
deformano se sottoposti all’azione di un campo elettrico, potendo così divenire sede di oscillazioni
meccaniche se il campo applicato è oscillante. La frequenza di tali oscillazioni è ovviamente legata alle
dimensioni del cristallo, cui corrisponde lo schema elettrico b), dove L è legata alla massa, C alla
costante elastica, R agli attriti interni al cristallo. C’ è infine la capacità elettrostatica associata ai due
elettrodi applicati al cristallo (fig. a) ed è in genere molto maggiore di C.
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III / 103
OSCILLATORI AL QUARZO (II)
X Reattanza
In figura (c) è indicato l’andamento della
reattanza X nell’ipotesi di poter trascurare la
resistenza R. Come si nota, si evidenzia
l’esistenza di due frequenze di risonanza:
una serie ed una parallelo. Rispettivamente
ωs =
1
LC
ωp =
R
1
⎛ 1 1⎞
+ ⎟
L⎜
⎝ C0 C ⎠
(induttiva)
L
banda utile
C0
0
ωs
ωp
ω
C
−1
(a)
(b)
(capacitiva)
Si nota l’esistenza di un range di frequenze, ωs÷ ωp, in cui il cristallo
presenta una reattanza induttiva. Ciò suggerisce la possibilità di
inserirlo in un oscillatore Colpitts al posto dell’induttore di retroazione,
aumentando grandemente la stabilità dell’oscillatore stesso.
L’oscillatore così realizzato, il cui schema di principio è mostrato al
fianco, è noto come oscillatore Pierce.
n.b. il cristallo di quarzo è in genere tagliato in modo da assumere la
forma di una moneta con spessore molto sottile. In tal modo C0>>C e
nella “serie” Ctot≈C.
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III / 104
(c)
CONTROLLO AUTOMATICO DI β
R1
+
-
Perché si inneschi l’oscillazione è necessario
R
che Aβ sia maggiore di 1, in quanto la
condizione di Barkhausen assicura solo che,
se siamo in presenza di un’oscillazione,
questa continua indefinitamente. D’altra parte
C
se Aβ>1, l’ampiezza cresce fino a che le non
linearità dell’elemento attivo non variano il
prodotto Aβ riportandolo all’unità. Se si vuole
un oscillatore effettivamente sinusoidale
bisogna allora far sì che Aβ, inizialmente
C
maggiore di 1, diminuisca durante il
funzionamento raggiungendo la condizione
Aβ=1, senza interessare le zone di non
linearità.
Nello schema precedente, ciò è fatto agendo sulla
catena di reazione (β) utilizzando un FET come VVR
polarizzato dalla tensione ottenuta raddrizzando il
segnale dell’oscillatore a ponte di Wien. Si ha infatti che
la condizione di oscillazione è:
R2
T1
R
R3
C1
⎛1
rds ( v ) ⎞
Ad ⎜⎜ −
⎟⎟ = 1
⎝ 3 R1 + rds ( v ) ⎠
e può essere verificata a partire dalla condizione
d’innesco Ad β>1 nel modo predetto
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III / 105
D
CONTROLLO AUTOMATICO DI A
choke
Colpitts
Alla frequenza di funzionamento ω0 ,
l’induttanza L0 di choke si comporta come
un circuito aperto, mentre C3 e Ce sono dei
cortocircuiti. La prima parte del circuito è
perciò un classico oscillatore Colpitts. Il
segnale sul collettore del primo transistore
va ad un inseguitore d’emettitore che funge
da buffer tra l’oscillatore vero e proprio ed il
gruppo raddrizzatore che raddrizza la
semionda negativa diminuendo la tensione
ai capi del condensatore C5 che, all’innesco
delle oscillazioni, è invece carico alla
tensione del diodo zener D1.
C3
C1
L
+Vcc
L0
R1
C2
buffer
R5
T2
Ca
C4
T1
D2
R4
R2
Re
Ce
R3
C5
D1
R
La tensione ai capi di C5 è applicata, tramite la resistenza R, alla base del primo transistore realizzando
la controreazione in continua necessaria per variare la polarizzazione dello stadio oscillatore e quindi
l’amplificazione A del transistore T1.
β
Q’
Q
Q≡punto di lavoro all’innesco delle oscillazioni
Q’≡punto di lavoro corrispondente a oscillazioni di ampiezza fissa
Ic
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III / 106
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