Dedicato a Marina e Luca Fabbri

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Dedicato a Marina e Luca Fabbri
Johannes Brahms
(Amburgo 1833 - Vienna 1897)
Concerto per Violino e Orchestra in Re magg., Op. 77
1. Allegro ma non troppo
2. Adagio
3. Allegro giocoso
Antonín Dvořák
(Nelahozeves, 1841 - Praga, 1904)
Sinfonia Nr. 9 in Mi min., Op. 64
1. Adagio - Allegro molto
2. Largo
3. Scherzo - Molto vivace
4. Allegro con fuoco
Violino, Maristella Patuzzi
Orchestra Mitteleuropea “Lorenzo Da Ponte”
Direttore, Roberto Zarpellon
Concerto per violino e orchestra in Re magg. op. 77
Brahms compose il suo unico Concerto per violino op. 77 nell’estate del 1878, nel suo ritiro estivo di
Pörtschach, in Carinzia. Questo pittoresco villaggio sul lago di Wörth, dove l’estate precedente
aveva portato a termine la Seconda Sinfonia, fu per lui fonte di grande ispirazione. Descriveva così,
all’amico Billroth, le bellezze di quel paesaggio: “Montagne bianche di neve, il lago azzurro, gli
alberi ricoperti di un verde tenero […]”; e a Hanslick: “In questo villaggio vagano così tante melodie
che si deve stare attenti a non calpestarle”.
Nello scrivere la parte solistica Brahms lavorò a stretto contatto con Joseph Joachim, il grande
violinista che aveva conosciuto nel 1853 e al quale rimase legato da amicizia per tutta la vita. Questa
collaborazione è testimoniata da un fitto scambio di lettere e manoscritti durante tutto il periodo
della stesura del Concerto.
Durante la lavorazione Brahms inviò a Joachim la parte del violino solo insieme ad una lettera in cui
gli chiedeva di segnalargli le correzioni necessarie:
“[…] Sarei contento anche di poche parole; se mi scriverai qualche indicazione sulla partitura:
difficile, scomodo, impossibile”. Joachim prontamente spedì la copia con le proprie correzioni,
accompagnata da queste parole: “Ho esaminato immediatamente quanto mi hai inviato, e ho già
segnato qualche suggerimento. Nel complesso il materiale è eseguibile e, per buona parte,
assolutamente originale dal punto di vista violinistico. Ma non mi sentirei ancora di dire - senza
averlo provato prima tutto, senza fermarmi - se è agevolmente eseguibile in una sala da concerto”.
Alla fine dell’estate Brahms e Joachim si incontrarono a Pörtschach per risolvere gli ultimi dettagli
tecnici ancora irrisolti, e continuarono a scambiarsi pareri fino alla prima esecuzione, anche se
Brahms alla fine apportò pochi cambiamenti alla parte del solista.
Dedicato dunque a Joachim, il Concerto per violino fu da questi eseguito per la prima volta al
Gewandhaus di Lipsia il 1° gennaio 1879, sotto la direzione dello stesso compositore. La parte del
violino, scritta su misura per Joachim, presentava un virtuosismo esasperato, per i repentini cambi di
posizione, gli ampi intervalli, le lunghe sequenze di corde doppie, tanto che il Concerto fu ritenuto a
lungo “antiviolinistico” da molti grandi solisti. Ma il Concerto di Brahms è caratterizzato anche da
un grande respiro sinfonico e da un’estrema elaborazione formale, nella sua forma classica in tre
movimenti (inizialmente Brahms ne aveva progettati quattro, forma che adottò, qualche anno dopo,
per il suo Secondo Concerto per pianoforte op. 83), con molti rimandi sia al Concerto per violino di
Beethoven, sia alla propria Seconda Sinfonia.
Il Concerto si sviluppa in tre tempi, di cui il primo è il più imponente.
Inizia con l’esposizione di un tema lirico, quasi discorsivo; segue un momento appassionato e
fremente che apre ad un terzo tema molto incisivo e ricco di vigore; in chiusura si riprende il tema
iniziale. Dopo un Adagio che vede il solista impegnarsi in ampi virtuosismi, entriamo in un finale
allegro, giocoso il cui tema riflette gli influssi della musica popolare ungherese; ricco di sonorità e di
ritmo, si caratterizza per il vivace dialogo tra solista e orchestra.
Sinfonia n. 9 in Mi minore, op. 95
II 16 dicembre 1893 Anton Seidl dirigeva alla Carnegie Hall di New York la prima esecuzione della
Sinfonia n. 9 in Mi minore op. 95 di Antonìn Dvorak, alla presenza dell’autore.
Si trattò probabilmente dell’evento clou del soggiorno triennale di Dvorak negli Stati Uniti, fra
l’ottobre del 1892 e l’aprile del 1895. Dvorak era stato invitato nel giugno 1891 a trasferirsi a New
York, per assumere la direzione artistica del locale Conservatorio, da Jeannette Thurber, moglie di
un ricco commerciante di generi coloniali; invito accolto dopo qualche esitazione e l’assicurazione
di comprensibili garanzie (fra l’altro il ragguardevole stipendio di 15 mila dollari annui).
Gli enormi sviluppi della vita musicale newyorkese nell’ultimo scorcio del secolo trovavano così un
logico esito nel potenziamento delle strutture didattiche, con la presenza di un eminente compositore
europeo. Non è un caso che la scelta fosse caduta proprio su Dvorak.
Proveniente da una famiglia di piccola borghesia, precocemente avviato alla musica, Dvorak aveva
colto il suo primo vero successo nel 1873, a 31 anni, con un Inno patriottico che si inseriva
compiutamente nella corrente irredentista propria degli ambienti culturali boemi. L’anno seguente un
riconoscimento prestigioso, con la vittoria di una borsa di studio del governo austriaco, assegnata da
una giuria composta, fra gli altri, da Eduard Hanslick e Johannes Brahms. In seguito il lancio
internazionale: al 1884 risale il primo personale trionfo in Inghilterra - dove il compositore si recò
complessivamente nove volte - che comportò la nomina a membro onorario della London
Philharmonic Society; nel 1890 doveva giungere la laurea honoris causa dell’Università di
Cambridge.
L’invito in America aveva dunque il significato di una consacrazione; ma il contatto con una cultura
musicale composita, in evoluzione e così dissimile da quella europea non poteva non avere
ripercussioni proprio sui nuovi esiti creativi del maestro boemo. Alcuni studenti di colore misero in
contatto il maestro con la musica dei neri americani, con gli spirituals e i canti delle piantagioni. A
Spilville, nello Iowa, il compositore ebbe occasione di ascoltare canti della comunità indiana. La
Sinfonia in mi minore è la prima importante risposta a tali stimoli, e non a caso reca la celeberrima
intitolazione “Z Nového svéta” (Dal nuovo mondo); appunto la discussa influenza del nuovo mondo
costituisce il punto centrale delle diverse valutazioni che della partitura sono state fatte.
Dvorak illustrò il titolo dell’opera spiegando che si riferiva semplicemente a «impressioni e saluti
dal nuovo mondo»; ancora nel corso della stesura affermò che «l’influenza dell’America può essere
avvertita da chiunque abbia “fiuto”». E molti compositori si domandarono se, con la nuova Sinfonia,
Dvorak intendesse inaugurare una nuova maniera, segnata dalla presenza di melodie ispirate al
composito folklore americano. E in effetti la presenza di tali melodie è innegabile; nel primo tempo
appare lo spiritual «Swing low, sweet chariot», mentre una generica ispirazione “indiana” hanno
alcune melodie dei movimenti centrali. Tuttavia le melodie pentatoniche e l’armonia modale, la
vitalità ritmica, sono caratteristiche proprie di tutta la musica di Dvorak; inoltre non mancano nella
partitura chiari tratti del folklore boemo. Semmai tutta l’invenzione melodica della Sinfonia in mi
minore presenta un’estrazione “primitiva”, stagliata nitidamente più che non nella precedente
esperienza sinfonica dell’autore.
Nel primo movimento l’Adagio introduttivo lievita progressivamente, sfruttando uno spunto ritmico,
verso il caratteristico tema che apre l’Allegro molto; tutto questo primo tempo, animato da temi
secondari di icastica evidenza, risente di una ricchezza di episodi e di intrecci, di subitanei trapassi
espressivi, che attribuiscono alla pagina una freschezza continuamente rinnovata.
Nel Largo una successione di ampi accordi conduce alla melodia pentatonica che informa tutta
l’ambientazione lirica e soffusa del movimento, non contraddetta neanche nella più animata sezione
centrale (il momento culminante ripropone un frammento del tema principale del primo tempo).
Nello Scherzo ritroviamo il gusto di Dvorak per la vitalità ritmica e la varietà coloristica, sorretti
dalla mano infallibile dell’orchestratore, dalla sicura invenzione dei temi caratteristici. Più
complesso il finale, aperto dalla perentoria affermazione del tema che ha assicurato alla Sinfonia la
sua celebrità, e che viene poi ribadito al termine, in una estrema perorazione. Nel prosieguo del
movimento, peraltro, si accumulano le principali idee melodiche già ascoltate nei tempi precedenti;
procedimento già impiegato nei tempi centrali. Ma Dvorak non si accontenta di riesporre tali idee; le
elabora e le intreccia con il tema principale del finale, sì che il movimento conclusivo si prospetta
come una sintesi del contenuto dell’intera Sinfonia, e della stessa arte sinfonica del compositore.
Nato a Bassano del Grappa nel 1960 e residente ad Asolo (TV), Roberto Zarpellon é,
oltre che un musicista di talento, un inarrestabile protagonista della vita culturale Italiana.
Si diploma nel 1985 in Organo e Composizione Organistica al Conservatorio “S. Cecilia” di
Roma. Nel 1988, si laurea in Organo, ramo concertistico, all’Università per la Musica e le
Arti Figurative di Vienna sotto la guida del prof. Alfred Mitterhofer.
A Vienna frequenta i corsi di Direzione d’Orchestra, Musica da Chiesa (Kirchenmusik Direzione di Coro con E. Ortner), Pianoforte e Clavicembalo. Negli anni accademici
1985/86 e 1986/87, il Ministero per la Scienza e la Ricerca austriaco gli conferisce due
premi.
Terminati gli studi a Vienna diviene assistente di Sandor Végh presso la Camerata del
Mozarteum di Salisburgo.
Debutta come direttore al Wiener Festwochen nel 1987 e nel 1988 al Mozarteum di
Salisburgo. Da allora ha tenuto concerti a Vienna (Konzerthaus), Salisburgo (per gli Amici
del Festival), Berlino (Konzerthaus), Colonia (WDR-Philharmonie), Budapest, Belgrado,
Bonn (Festival Beethoven), Linz (Brucknerhaus - Festival A. Bruckner), Lucerna, per
l’Ente Arena di Verona, al Teatro la Fenice di Venezia, al Teatro dell’Opera di Roma, alla
Sala Nervi di Città del Vaticano, Cappella Sistina (Inaugurazione delle Celebrazioni per i
500 anni di Costituzione della Guardia Svizzera; Concerti per S. S. Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI), Festival Pianistico Internazionale Michelangeli di Brescia e Bergamo,
Festival Puccini di Torre del Lago, Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, Festival
Bellini, nonché negli Stati Uniti e in Giappone (la produzione del Falstaff di G. Verdi da lui
diretta e prodotta dal Teatro dell’Opera di Sakai-City-Opera/Osaka nel 2004 ha vinto il Premio della Fondazione Internazionale Mitsubishi, quale miglior produzione operistica
dell’anno in Giappone con giovani interpreti).
Nella sua intensa attività per i più svariati festival e istituzioni musicali ha collaborato fra
gli altri con Salvatore Accardo, Michele Campanella, Bruno Canino, Katya Ricciarelli,
Olivera Miljakovic, Thomas Quastoff, Thomas Christian, Viktoria Mullova, Alexander
Lonquich, Sara Mingardo, Massimo Somenzi, Geza Hosszu Legocky, Alois Brandhofer,
Alexander Janiczek, Alexander Romanowski, Hiro Kurosaki, Fabio Biondi, e tanti altri fra i
quali alcune prime parti dell’Orchestra Filarmonica di Berlino, dell’Orchestra Filarmonica
di Monaco e dell’Orchestra Filarmonica di Vienna, come pure del Concentus Musicus
Wien, della Mahler Chamber Orchestra, della Filarmonica della Scala.
In ambito lirico ha diretto Opere di Monteverdi, Vivaldi, Händel, Galuppi, Mozart, Glück,
Donizetti, Bellini, Rossini, Verdi, Puccini in diversi teatri di tradizione in Italia e all’estero.
Ha dato vita anche a progetti di “Teatro musicale” con David Riondino, Senta Berger, Lino
Toffolo, etc.
Fondatore dell’Orchestra da Camera “Lorenzo Da Ponte”, per l’esecuzione della musica
barocca si avvale dell’ormai ventennale collaborazione di musicisti provenienti dal
Concentus Musicus di N. Harnoncourt e da altre delle migliori formazioni europee.
Ha inciso per la Fondazione Mozarteum di Salisburgo, la DG (Dabringhaus und Grimm),
“Nuova Era” e registrato per le più importanti Radio e TV italiane (RAITV I, II, III, Radio
RAI III, RAI INTERNATIONAL) ed europee (WDR, ORF, TV Serbia, TV Slovena).
Autore di saggi, pubblicazioni (tra cui “La musica degli Affetti” in A. Kircher – Il Gran
Teatro del Mondo con la prefazione di Umberto Eco; Linguaggio e Simbolismo nella
Grande Messa in Si min. di J. S. Bach) e trascrizioni; è stato consulente per il Ministero dei
Beni Culturali Italiano. È docente di Direzione d’Orchestra presso il Conservatorio “A.
Steffani” di Castelfranco Veneto.
In qualità di Direttore Artistico ha, fra l’altro, ideato progetti e festival quali il “Symposium
Mozart-Da Ponte”, “INTERFLUMINA, Cultura e Identità fra il Brenta ed il Piave”, “In
Festo Paschatos”, “Festival dell’Aurora - Maggio Pitagorico” – Crotone, Festival “Agostino
Steffani”, “Concerti della Memoria”, e diversi altri.
info: www.robertozarpellon.it
Maristella Patuzzi, cresciuta in una famiglia di musicisti, ha mostrato precoci doti
musicali, registrando ad appena undici anni Tzigane di Ravel, per la Televisione svizzera
nel programma “Paganini” e incidendo, a tredici anni, un disco dal vivo per la Sony.
Dal 2002 ha tenuto concerti come solista, fra le altre, con l’Orchestra della Svizzera
Italiana, di Padova e del Veneto, con l’Adelphi Symphony Orchestra di Long Island a New
York, con l’Orchestra da camera di Lucerna, la Philharmonia Orchestra di Londra e
l’Orchestra Mitteleuropea “Lorenzo da Ponte”.
A diciassette anni ha ottenuto la Maturità Federale Svizzera al Liceo di Lugano e ha
conseguito il Diploma di violino con il massimo dei voti, lode e menzione speciale al
Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano.
In séguito ha studiato all’Indiana University di Bloomington, dove, sotto la guida di Mark
Kaplan, ha ottenuto il Performer Diploma in violino con il massimo dei voti e, a ventun
anni, il Master in violino, sempre con il massimo dei voti.
Nel 2009 s’è perfezionata con Sergej Krylov e, nel 2011, ha conseguito il Master of Arts in
Specialized Music Performance in violino con il massimo dei voti e lode, sotto la guida di
Carlo Chiarappa, al Conservatorio della Svizzera italiana. Importanti per la sua vita
musicale, sono stati anche gli insegnamenti di Susanne Holm, Massimo Quarta, Roberto
Valtancoli e Miriam Fried.
Nel 2013 ha eseguito e registrato in prima assoluta il Concerto per violino e archi di Manuel
De Sica, all’Auditorium Niccolò Paganini di Parma, con l’Orchestra Arturo Toscanini
diretta da Flavio Emilio Scogna; il Concerto è pubblicato in CD nel 2014 dalla Brilliant
Classics.
Nel gennaio 2015 sono stati pubblicati due CD monografici: il primo per Brilliant Classics
un CD dedicato alla musica di Bloch eseguito in duo con il padre, Mario Patuzzi, registrato
all’Auditorium della RSI. Il secondo un CD dedicato a Piazzolla intitolato “Intimamente
Tango” edito da Decca realizzato con l’arpista Floraleda Sacchi.
Ha vinto il primo premio a numerosi concorsi nazionali e internazionali di violino e ha
suonato, fra gli altri, al Progetto Martha Argerich, al Festival Rostropovich a Baku, a Les
Classiques de Villars sur Ollon, al Settembre Musica MITO a Milano e a Torino, per la
Società del Quartetto di Bergamo e all’Octobre Musical de Carthage 2014.
Attualmente suona lo Stradivari Ex Bello Mary Law del 1687, prestatole da un collezionista
privato.
L’Orchestra Mitteleuropea “Lorenzo Da Ponte” raggruppa alcuni dei migliori
musicisti dell’area mitteleuropea, in organico nelle migliori formazioni europee.
Il gruppo prende il nome da Lorenzo Da Ponte (fino a quattordici anni Emanuele
Conegliano), geniale librettista la cui fama è indissolubilmente legata a quella di Wolfgang
Amadeus Mozart.
Eredi dello spirito di questa importante figura del teatro musicale europeo, che tanto ha
contribuito allo sviluppo della cultura e dell’opera italiana nel mondo, i componenti
dell’orchestra si prefiggono di coltivare e proseguire il rapporto privilegiato tra la cultura e
la musica italiana e l’Europa, attraverso esecuzioni al tempo stesso fedeli al modello
originale e all’avanguardia nel panorama internazionale.
L’Orchestra è specializzata nel repertorio barocco e classico, e si trova perfettamente a suo
agio sia con strumenti originali che con strumenti moderni.
Per il repertorio sinfonico-corale, l’orchestra si avvale della collaborazione del Coro Reale
Corte Armonica Caterina Cornaro di Asolo, con il quale ha eseguito le principali opere
sinfonico-corali.
Al progetto dell’Orchestra Lorenzo da Ponte hanno aderito solisti di fama internazionale
come Thomas Christian, Bruno Canino, Viktoria Mullova, Alfred Mitterhofer, Bernard
Naoki Hedenborg, Fabio Biondi, Salvatore Accardo, Alexander Janiczeck, Massimo
Quarta, René Clemencic, Alois Brandhofer, Rudolf Leopold, Geza Hosszu Legocky,
Massimo Sonmenzi, Alexander Lonquich, Kristian Bezuidenhout, etc.
Molto successo ha riscosso una serie di concerti con la partecipazione straordinaria di Lino
Toffolo (Pierino e il Lupo di S. Prokofiev; Le Ultime Lettere di W. A. Mozart). Conta
altresì al suo attivo, diverse registrazione per radio e TV come pure di CD.
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