SEZIONE 5
DIVULGAZIONE SCIENTIFICA SCRITTA
A volte è importante sapere esprimere le nostre conoscenze, cioè quelle in cui siamo veramente
preparati e competenti, in un linguaggio preciso, corretto ma anche accessibile ai “non addetti ai
lavori”: Bisogna cioè imparare a divulgare, diffondere senza annoiare e senza essere troppo
complicati.
Cominciamo come sempre dal termine: che cosa significa “divulgare”?
Contiene la parola latina “vulgus”, popolo e significa “spandere vero il popolo” (Zingarelli)
Grandi divulgatori:
Isaac Asimov
Piergiorgio Odifreddi
Piero Angela (ad un livello molto accessibile, si può parlare di giornalismo scientifico)
E nei tempi passati?
Galileo Galilei
E in quelli antichi?
Lo studioso Farrington parla di una grande attività di divulgazione scientifica al tempo dei Greci nel
libro “Lavoro intellettuale e lavoro manuale nell’antica Grecia”. Per la filosofia di Platone ci sono i
“Dialoghi” che riportano in forma di discussione tra diversi parlanti molte teorie fondamentali del
pensiero greco.
Come fanno i divulgatori?
Ricorrono a situazioni concrete, metafore, allegorie, dialoghi, racconti.
Esempio di situazioni concrete: Asimov “I buchi neri”
Esempio di allegorie: Galilei “La favola dei suoni”
Esempio di dialoghi: Platone “Dialoghi”
Galileo Galilei ”Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano”
Piero Angela “Alfa e beta”,
Esempio di racconti: Italo Calvino “Tutto in un punto”
Come è stato divulgato lo stesso tema in tre modi diversi
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Isaac Asimov illustra “I buchi neri” da “Il vagabondo delle scienze” Di tutte le strane creature che si trovano nello zoo astronomico, il «buco nero» è la più strana. Per capirlo, concentratevi sulla legge di gravità. Ogni porzione di materia produce un campo gravitazionale. Maggiore è la porzione, più grande è il campo. E soprattutto, questo campo diventa più intenso a mano a mano che si avvicina al centro. Se un grosso oggetto è compresso fino a diventare piccolo, la sua superficie esterna è più vicina al centro e l’attrazione gravitazionale in corrispondenza di quella superficie è più forte. Ogni oggetto sulla superficie di un grosso corpo resta imprigionato dalla forza di gravità, e per sfuggirne deve muoversi rapidamente. Se si muove abbastanza velocemente, allora anche se la forza di gravità tende a farlo rallentare, riesce ad allontanarsi abbastanza dal corpo perché la forza di gravità, indebolita per la distanza, non riesce mai a ridurre la sua velocità a zero. La velocità minima indispensabile a questo si chiama «velocità di fuga». Dalla superficie della Terra, la velocità di fuga è 11,2 km/s. Da Giove, che è più grande, la velocità di fuga è 543,1 km/s. Dal Sole, che è più grande ancora, la velocità di fuga è di 607,4 km/s. Immaginatevi tutta la materia del Sole (che è una palla di gas ad alta temperatura larga 1.390.176 chilometri) compressa serratamente insieme. Immaginatevela compressa così fortemente che i suoi atomi si rompano ed essa diventi una palla di nuclei atomici e di elettroni liberi, larga 48.270 chilometri. 11 Sole sarebbe allora una «nana bianca». La sua superficie sarebbe più vicina al centro, l’attrazione gravitazionale su quella superficie sarebbe maggiore, e la velocità di fuga diventerebbe di 3.378,9 km/s. Immaginiamolo ancora più compresso, fino al punto che gli elettroni si fondano nel nucleo. Non resterebbero altro che piccoli neutroni, che si muoverebbero insieme fino a toccarsi. Il Sole sarebbe allora largo solo 14,4 chilometri, e sarebbe una «stella di neutroni». La velocità di fuga sarebbe 199.080 km/s. Poche cose materiali potrebbero allontanarsi da una stella di neutroni, ma la luce sì, naturalmente, poiché la luce si muove a 299.728 km/s. Immaginiamo che la contrazione del Sole oltrepassi lo stadio di stella di neutroni, e che questi ultimi si rompano e cadano in collasso. A questo punto il Sole sarebbe largo 5,8 chilometri, la velocità di fuga sarebbe maggiore della velocità della luce, e questa non potrebbe più allontanarsene. Dal momento che niente può andare più veloce della luce, niente potrebbe sfuggire. In questo Sole rimpicciolito potrà precipitare ogni cosa, ma nulla potrà uscirne. Sarebbe come una buca senza fondo situata nello spazio. Visto che neanche la luce potrebbe allontanarsene, sarebbe completamente nero: un «buco nero». Nel 1939, L Robert Oppenheimer elaborò per primo la natura dei buchi neri alla luce della fisica moderna, e da allora gli astronomi si sono domandati se i buchi neri esistano nella realtà così come esistono in teoria. Come si formerebbero? Le stelle cederebbero sotto la loro stessa enorme forza gravitazionale se non fosse per l’enorme quantità di calore prodotto, che le tiene in uno stato di espansione. Comunque, questo calore si sviluppa dalla fusione del nucleo dell’idrogeno, e quando l’idrogeno viene consumato la stella cade in collasso. Una stella come il nostro Sole alla fine degraderà abbastanza tranquillamente in una nana bianca. Una stella di massa maggiore esploderà prima di entrare in collasso, perdendo una parte della sua massa durante il processo. Se la parte che rimane dopo l’esplosione e che cade in collasso è più di 1,4 volte la massa del nostro Sole, sicuramente quella stella degraderà in una stella di neutroni. Se la massa restante è 3,2 volte maggiore di quella del Sole, dovrebbe trasformarsi in un buco nero. Dal momento che esistono stelle di grande massa, alcune di esse devono essere ormai andate In collasso formando i buchi neri. Ma come possiamo individuarne uno? I buchi neri sono larghi solo pochi chilometri, dopo tutto, e non mandano radiazioni, e sono lontani trilioni di chilometri. Un modo c’è. Quando la materia cade in un buco nero, emette raggi X. Qualora una grossa quantità di materia cadesse in un buco nero, potranno essere emessi abbastanza raggi X per permetterci di individuarli. Supponiamo che due stelle di grande massa ruotino una intorno all’altra a distanza ravvicinata. Una di queste esplode e si trasforma in un buco nero. I due oggetti continuano a ruotare uno intorno all’altro, ma quando anche la seconda si avvicina all’esplosione si espande. Espandendosi, parte della sua materia cade a spirale nel buco nero, e come risultato vi è una intensa emissione di raggi X. Nel 1465, venne scoperta una fonte di raggi X nella costellazione Cigno e venne 39
chiamata «Cigno X-­‐1». Alta fine, questa fonte venne localizzata nelle immediate vicinanze di una fievole stella, HD 226868, fievole solo perché si trova a 10.000 anni luce di distanza. In realtà, è una stella enorme, con una massa trenta volte superiore a quella del Sole. Questa stella è in coppia con un’altra e ognuna ruota intorno alla compagna in 5,6 giorni. I raggi X provengono dall’altra stella, la compagna di HD —226868. Quella compagna e Cigno X-­‐1. Dal moto di HD-­‐226868 possibile calcolare che Cigno X-­‐1 possiede una massa da cinque a otto volte quella del nostro Sole. Una stella ordinaria di quelle dimensioni dovrebbe essere visibile, ma nessun telescopio riesce a vedere una qualche stella nel punto di origine dei raggi X. Cigno X-­‐1 deve essere una stella andata in collasso e troppo piccola per essere vista. Dal momento che Cigno X-­‐I ha una massa almeno cinque volte superiore a quella del Sole, ha una massa troppo grande per essere una nana bianca; troppo grande per essere anche una stella di neutroni. Non può essere niente altro che un buco nero; il primo a essere scoperto.” 40
Piero Angela narra in forma di dialogo: “L’esplosione atomica iniziale” Da “Alfa e Beta” ALFA: Ciao. BETA: Ciao. Senti, ieri sera stavo guardando il cielo pieno di stelle: è una cosa davvero straordinaria. ALFA: E ti sei posto una domanda... BETA: Già. Mi sono chiesto da dove vengono tutti questi astri, perché brillano, come nascono. Se tu dovessi fare la biografia dell’universo, come te la caveresti? ALFA: Non lo so. Potrei provarci. Ma sarebbe un discorso forse un po’ tecnico. Non ti spaventa, proprio all’inizio dei nostri dialoghi? SETA: No, ti prometto che cercherò di starti ad ascoltare. Ma anche tu devi cercare di farti capire... ALFA: Cercherò, e anch’io ti faccio una promessa: nei capitoli che seguiranno userò un linguaggio meno tecnico. Ma qui la storia è talmente affascinante che vale la pena di raccontarla nei dettagli. BETA: Va bene. Allora? Da dove cominciamo? ALFA: Direi di cominciare dall’inizio... Non è una battuta. Il fatto è che per capire come sono nate le stelle, i pianeti, le galassie o i buchi neri, bisogna risalire a quel famoso Big Bang che oggi è ritenuto all’origine dell’universo, e che con la sua esplosione iniziale di energia ha permesso la formazione degli atomi, e in seguito di tutta la materia. BETA: Ma come è stata possibile questa grande esplosione? ALFA: Se ne sa ancora molto poco. Anche perché la nostra fisica non vale più, in quelle condizioni di altissime concentrazioni e temperature; ed è quindi difficile fare dei calcoli a ritroso con degli strumenti che non sono adatti. Sarebbe come voler misurare la distanza da Roma a Milano con un termometro... BETA: Ma qualche ipotesi ci sarà pure, no? ALFA: Si, qualche ipotesi c’è. Però non riguarda l’origine stessa dello scoppio, ma i secondi e i minuti che seguirono. Sull’origine dello scoppio ci sono soltanto speculazioni matematiche, ma senza reale fondamento per il momento. BETA: E in questi minuti che seguirono, che cosa successe? ALFA: Negli istanti immediatamente seguenti si suppone che le grandi protagoniste siano state le particelle e le anti-­‐particelle, che scontrandosi diedero luogo a una liberazione di energia terribile. BETA: Che cosa sarebbero queste particelle e anti-­‐particelle? ALFA: Ebbene, si suppone che una frazione di secondo dopo il Big Bang siano apparsi, sia pure in forma instabile (a partire dai quark e dai leptoni), i mattoni che costituiscono i nostri atomi: protoni, neutroni, elettroni. Cioè le particelle di base che ancora oggi popolano l’universo, in quanto sono le componenti degli atomi (così come i mattoni sono i componenti delle case). Il fatto è che all’inizio, secondo certe ipotesi, esistevano anche altre particelle: apparentemente uguali, ma con carica rovesciata. Cioè esistevano altri protoni che invece di essere positivi erano negativi, e altri elettroni che invece di essere negativi erano positivi. BETA: Cioè esisteva, per così dire, un’immagine «in negativo» della materia? ALFA: Esattamente. Dell’anti-­‐materia, come viene chiamata. E sarebbe stata appunto la collisione tra queste particelle e anti-­‐particelle che avrebbe alimentato quella terrificante esplosione iniziale. 41
L’anti-­‐materia è scomparsa? BETA: Ma queste anti-­‐particelle, questa anti-­‐materia adesso dove è andata a finire? ALFA: Secondo alcuni fisici sarebbe scomparsa nella deflagrazione, annullandosi al contatto con la materia (così come + 1 -­‐1 fa zero). BETA: Ma allora anche la materia normale avrebbe dovuto annullarsi... ALFA: Giustissimo. E per spiegare questa contraddizione (dal momento che la materia invece esiste, e la vediamo intorno a noi), si ritiene che ci fosse una «asimmetria»: cioè ci fosse più materia che anti-­‐
materia. E che quindi, dopo il Big Bang, in definitiva sia «uscita» la materia rimasta. BETA: Ma di anti-­‐materia, non ne è rimasta proprio più niente? Neanche un cucchiaino? ALFA: Questo è un problema molto interessante. Infatti, sembra che qualcosa possa essere comunque uscito. Al punto che molti fisici si chiedono se nell’universo non esistano per caso delle anti-­‐galassie, con delle anti-­‐stelle e degli anti-­‐pianeti. BETA: Cioè delle anti-­‐particelle avrebbero potuto dar regolarmente luogo a corpi celesti analoghi ai nostri? ALFA: Esattamente. BETA: E cosa avrebbero di diverso? Si potrebbero riconoscere col cannocchiale? ALFA: No. Sarebbero esattamente uguali agli altri. Con la sola differenza che gli atomi avrebbero cariche elettriche invertite, rispetto alle nostre. BETA: E cosa succederebbe, se entrassimo in contatto con loro? ALFA: Una deflagrazione terribile. E un annullamento reciproco. BETA: Ma allora se su qualche anti-­‐pianeta esistesse una civiltà extraterrestre molto sviluppata, che mandasse nello spazio delle astronavi, cosa succederebbe se noi le incontrassimo? ALFA: Un aggancio in orbita tra un nostro veicolo spaziale e una loro anti-­‐astronave significherebbe la distruzione istantanea e completa di entrambi gli equipaggi, con tutti i loro macchinari. Un lampo di energia, poi il nero, il niente. BETA: Come mettere le dita in una presa da un miliardo di volt?... ALFA: Peggio. BETA: Quindi dovremo stare attenti in futuro e non atterrare su qualche anti-­‐pianeta... ALFA: C’è tempo, c’è tempo: di qui a là avremo imparato molte altre cose. Forse che gli anti-­‐pianeti non esistono o che sono troppo lontani. BETA: Quello che a noi importa, comunque, è che dal Big Bang è uscita tutta la materia di cui noi siamo fatti. Com’è andata? L’universo minuto per minuto ALFA: Per quello che si sa è andata cosi. Ecco, per così dire, l’universo minuto per minuto (naturalmente riassumendo molto le cose). Intanto cominciamo con la data: l’esplosione iniziale ebbe forse origine 15-­‐20 miliardi di anni fa. Ma è una data molto imprecisa, che spesso viene sottoposta a revisioni e ritocchi . BETA: Con tutti questi miliardi, io mi perdo sempre: per avere un’idea della distanza che ci separa dal Big Bang, si potrebbe fare un esempio? ALFA: E come dire che se gli antichi romani fossero distanti da noi un metro, il Big Bang si troverebbe in Australia... BETA: Sono quindi dimensioni di tempo difficilmente concepibili. Ma gli scienziati come fanno a stabilire questa distanza nel tempo? ALFA: Fanno un po’ come alla «Domenica sportiva»: vanno all’indietro con una immaginaria moviola del tempo. Infatti, osservando oggi l’universo, si è capito che esso è in espansione: cioè tutte le galassie si allontanano le une dalle altre, così come avviene con dei punti disegnati su un palloncino che si gonfia. Basta quindi calcolare la velocità dell’espansione e fare poi un’immaginaria marcia indietro: in tal caso si vedrebbero tutte le galassie convergere nuovamente verso un solo punto. Non è difficile, in tal modo, calcolare i miliardi di anni da percorrere in questa retromarcia; cioè il tempo che separa oggi le galassie dal Big Bang iniziale. L’incertezza del calcolo risiede nella reale velocità 42
delle galassie, che non è ancora ben conosciuta. Comunque, come dicevamo, i calcoli attuali situano il Big Bang a circa 15-­‐20 miliardi di anni fa:. BETA: E che temperatura c’era al momento del Big Bang? ALFA: Nessuno lo sa. Alcuni dicono che un centesimo di secondo dopo il Big Bang la temperatura era di 100 miliardi di gradi: ma andando ancora più indietro si arriverebbe a temperature di miliardi di miliardi di miliardi di gradi. Altri dicono che non è calcolabile, perché con certi conti si può arrivare anche a una temperatura infinita, racchiusa in una ipersfera di raggio nullo... Comunque quello che si sa è che queste altissime temperature iniziali cominciarono molto rapidamente a decrescere. Mentre all’inizio c’era solo una confusione caotica di particelle elementari instabili, dopo un secondo la temperatura era scesa abbastanza (si fa per dire...: 10 miliardi di gradi) da permettere alle particelle (come appunto elettroni, protoni, neutroni) una maggiore stabilità. Dopo i primi minuti, continuando il progressivo raffreddamento, cominciarono forse a formarsi i primi nuclei che via via divennero più stabili (cioè nacquero i primi agganci tra protoni e neutroni, destinati a diventare in seguito i nuclei atomici). BETA: Quindi ci volle del tempo prima che apparissero gli atomi completi? ALFA: Sì, parecchio tempo. Alcuni calcolano che occorse un milione di anni. A quel punto la temperatura era scesa sotto i 300-­‐400.000 gradi, e si formò l’idrogeno atomico. Poi occorse ancora un miliardo di anni per giungere alle condensazioni delle galassie e .all’inizio della formazione delle stelle. Eravamo nel Big-­‐Bang? BETA: Senti, mi è venuta un’idea: noi siamo fatti di atomi, vero? ALFA: si. BETA: E gli atomi sono fatti di protoni, neutroni ed elettroni, giusto? ALFA: SI. BETA: Allora ciò vuol dire quindi che noi siamo in realtà fatti di protoni, neutroni ed elettroni. Giusto? ALFA: Sì. BETA: Allora ciò vuol dire anche che i nostri protoni, neutroni ed elettroni erano gli stessi che vagavano nel cosmo qualche secondo dopo il Big Bang. ALFA: Con ogni probabilità si. BETA: Perciò noi stessi eravamo là, negli attimi seguiti all’esplosione cosmica... ALFA: In un certo senso è vero. Ma con una profonda differenza, Che quelle particelle erano solo l’inizio di un’evoluzione molto lunga e complessa: non erano neppure ancora atomi. E tanto meno atomi complessi, come quelli del carbonio, dell’azoto ecc., di cui oggi siamo formati. BETA: Ma quali furono i primi atomi ad apparire? ALFA: Quelli più semplici, appunto. Come in un gioco di montaggio apparve per primo l’atomo di idrogeno, composto da un solo protone al centro (nucleo) e da un elettrone che gli gira intorno. Cioè 1 + 1. In quella prima nube composta di atomi di idrogeno (e di un po’ di elio) si formarono anche altri montaggi ancora molto semplici: per esempio un nucleo formato da un protone + un neutrone + un elettrone intorno. Cioè 1 + 1 + 1. Vale a dire un atomo di deuterio (una variante dell’idrogeno). cosi che prese avvio l’ABC dell’alfabeto atomico, che doveva poi portare via via ad atomi sempre più complessi e «pesanti». Ma perché ciò avvenisse occorreva un crogiuolo, una fornace, in cui gli atomi «leggeri» potessero essere compressi e cucinati. E ciò avvenne con l’apparizione delle stelle. Vuoi che ti racconti come ciò è successo? Il vuoto e il nulla BETA: SI. Prima però di seguirti in questo itinerario vorrei chiederti un’ultima cosa sul Big Bang. ALFA: Dimmi. BETA: Cosa c’era nell’universo prima che questi atomi e queste particelle vi penetrassero? Cioè cosa c’era in questo vasto universo che vediamo oggi intorno a noi? Il vuoto? ALFA: No. C’era il nulla. E un concetto molto difficile, perché noi non riusciamo a rappresentarci mentalmente il «nulla»: tendiamo a immaginarci uno spazio vuoto. Invece non c’era neanche il 43
vuoto... E stata l’espansione a creare lo spazio. Anzi a creare lo spazio-­‐tempo, poiché questi due concetti sono intimamente legati nella fisica moderna. BETA: Vorresti dire che prima non c’era neanche il tempo? ALPA : Proprio così. Anche se per noi è difficile concepire quest’idea. BETA: Quindi questa nuvola di materia, nata dall’esplosione, cominciò a creare lo spazio e il tempo. E che altro fece? ALFA: Cominciò naturalmente a reagire in base alle leggi della fisica (che il Big Bang stesso aveva creato). E in questa nuvola, gli atomi cominciarono ad attrarsi tra loro. BETA: Come mai? ALPA: Beh, credo che la cosa migliore sia di seguire una nuvoletta di questi atomi nati dal Big Bang e accompagnarla nelle sue peripezie attraverso il cosmo. D’accordo? BETA: D’accordo. Come nasce una stella BETA: Allora? Tu dicevi che in questa grande nuvola cosmica nata dal Big Bang gli atomi cominciano ad attrarsi tra loro: come mai? ALFA: E un concetto abbastanza semplice da intuire. Supponi di avere in mano una pallina di metallo e di lasciarla cadere: la pallina cade verso il basso, ovviamente. Perché cade? Perché è attratta dalla Terra, questo lo sappiamo. Ebbene, immagina ora di fare la stessa cosa sulla Luna (che ha una massa inferiore a quella della Terra, quindi ha meno attrazione): la pallina cadrebbe più lentamente, ma cadrebbe sempre. BETA: E allora? Cosa vuoi dire? ALFA: Immagina di andare su Lune sempre più piccole: la pallina cadrebbe sempre più lentamente, ma sarebbe sempre attratta. BETA: Tu vuoi dire che scendendo sempre più nelle dimensioni questa attrazione diminuisce fino a diventare impercettibile, ma esiste sempre? ALFA: Esattamente. Nello spazio, gli atomi che si trovano a essere casualmente vicini tra loro tendono ad attrarsi. Aggregandosi, essi creano di conseguenza un polo di attrazione maggiore per altri atomi che si trovano nelle vicinanze. Nasce così un «effetto valanga»: nel senso che più aumentano le dimensioni di questa concentrazione di atomi, più aumenta anche la sua forza di attrazione. In questo modo molti più atomi vengono attratti, con la conseguenza di aumentare ancor più la forza di attrazione dell’insieme, eccetera. BETA: A quel punto cosa succede? ALFA: A quel punto cominciano a crearsi nello spazio delle condensazioni di atomi: cioè la «nebbia» iniziale comincia a diradarsi creando delle zone più dense, delle «nuvolette» più concentrate. Possiamo immaginare che nascano in questo modo delle «isole» cosmiche, che non sarebbero altro che le antenate delle galassie. BETA: E all’interno delle galassie si verifica un processo analogo? ALFA: Esattamente. Si formano dci punti di maggiore concentrazione che piano piano diventano sempre più densi e compatti. E probabilmente così che nascono le stelle sera: Cioè, cosa succede, in pratica? ALFA: Succede che man mano che questi atomi di idrogeno si addensano, si forma una grande «palla. di gas: gli atomi che continuano a piovere sulla superficie dello spazio, per attrazione, creano un «peso» crescente per quelli che stanno sotto. Gli atomi che si trovano nella zona interna vengono quindi sottoposti a una pressione sempre più grande. BETA: È come se noi avessimo sulla testa una colonna di uomini che ci schiacciano? ALFA: Sì, possiamo anche usare questa immagine. Soltanto che qui si tratta di gas: e questa pressione crescente sugli atomi provoca un aumento della temperatura. BETA: Come mai? Perché aumenta la temperatura? ALFA: Per capire questo concetto si può fare un esempio: quello della pompa da bicicletta. 44
BETA: Cioè? ALFA: Se tu prendi una pompa da bicicletta, poi turi con un dito l’orifizio d’uscita e provi a pompare, ti accorgi che la pressione dell’aria (che non riesce più a uscire) fa aumentare la temperatura. Te ne accorgi anche sul dito: senti il calore. Per la nascita delle stelle avviene la stessa cosa. BETA: Vale a dire che nella stella in formazione la pressione esterna degli atomi crea nella zona interna un aumento crescente della temperatura? ALPA: Certo. Man mano che questa sfera di gas aumenta di dimensione, automaticamente dentro diventa sempre più calda: mille gradi, centomila gradi, un milione di gradi ecc. Quando questa temperatura supera i 10 milioni di gradi, gli atomi interni di idrogeno non ce la fanno più: diventando super-­‐caldi e super-­‐compressi essi «fondono» i loro nuclei. Si verifica cioè una «fusione nucleare». Questa reazione nucleare fa si che gli atomi di idrogeno, compenetrando le loro particelle sub-­‐
atomiche, si trasformino in atomi di elio. Liberando, nel momento della fusione, una grande quantità di energia. BETA: È il principio su cui si basa la bomba atomica all’Idrogeno? ALFA: Esattamente. Ciò può dare un’idea della potenza di queste reazioni. BETA: Ma allora, a questo punto la sfera di gas esplode? ALFA: Solitamente no. Perché la massa soprastante è talmente grande che neppure queste potenti esplosioni interne riescono a scardinarla. Quello che succede, invece, è che la sfera di gas diventa incandescente. Cioè nasce una stella. BETA: Ma come mai una stella rimane poi sempre «accesa»? Le esplosioni continuano sempre? ALFA: Si. Una volta innescato, il processo di fusione continua fintanto che ci sono abbastanza atomi da «fondere»: essi rappresentano, per cosi dire, il carburante della stella. Quindi ciò che vediamo nelle stelle è la luce generata da queste continue esplosioni nucleari che avvengono nel loro interno. BETA: Perciò anche la luce del Sole è, in pratica, il bagliore accecante di una serie ininterrotta di esplosioni nucleari? ALFA: Esatto. Il Sole è una stella come tante altre: una stella che vediamo ovviamente più grande e più luminosa perché è molto vicina a noi. Ma anche il Sole è il risultato di questi processi nucleari. Continuamente, infatti, avvengono esplosioni al suo internò, più potenti di migliaia di bombe H. BETA: Ed è per questo che il Sole invia radiazioni tutt’intorno? ALFA: Certo: luce, calore, e radiazioni di vario tipo. Molte di queste radiazioni sono filtrate dalla nostra atmosfera e rese innocue. Ma altre possono essere nocive. Esporsi troppo a lungo al sole, specialmente nei paesi soleggiati, è nettamente sconsigliato. Si sa, per esempio, che queste radiazioni sono un fattore attivo nel provocare, in certi casi, il cancro della pelle. Malattia che ha colpito spesso coloro che si esponevano molto al sole, come contadini e pescatori. BETA: in ogni caso, non c’è rischio che il Sole esploda come una caldaia? ALFA: No. Perché, come ogni stella, è in equilibrio tra le reazioni nucleari interne e la pressione esterna: esse si controbilanciano e si equivalgono. Il Sole, insomma, è una bomba tranquilla. Alcune stelle, però, effettivamente esplodono, in certe particolari condizioni. Sono le supernove. 45
Italo Calvino racconta: “Tutto in un punto” da “Le cosmicomiche” Attraverso i calcoli iniziati da Edwin P. Hubble sulla velocità d’allontanamento delle galassie, si può stabilire il momento in cui tutta la materia dell’universo era concentrata in un punto solo, prima di cominciare a espandersi nello spazio. Si capisce che si stava tutti lì, -­‐fece il vecchio Qfwfq,-­‐ e dove, altrimenti? Che ci potesse essere lo spazio, nessuno ancora lo sapeva. E il tempo, idem: cosa volete che ce ne facessimo, del tempo, stando lì pigiati come acciughe? Ho detto “pigiati come acciughe” tanto per usare una immagine letteraria: in realtà non c’era spazio nemmeno per pigiarci. Ogni punto d’ognuno di noi coincideva con ogni punto di ognuno degli altri in un punto unico che era quello in cui stavamo tutti. Insomma, non ci davamo nemmeno fastidio, se non sotto l’aspetto del carattere, perché quando non c’è spazio, aver sempre tra i piedi un antipatico come il signor Pbert Pberd è la cosa più seccante. Quanti eravamo? Eh, non ho mai potuto rendermene conto nemmeno approssimativamente. Per contarsi, ci si deve staccare almeno un pochino uno dall’altro, invece occupavamo tutti quello stesso punto. Al contrario di quel che può sembrare, non era una situazione che favorisse la socievolezza; so che per esempio in altre epoche tra vicini ci si frequenta; lí invece, per il fatto che vicini si era tutti, non ci si diceva neppure buongiorno o buonasera. Ognuno finiva per aver rapporti solo con un ristretto numero di conoscenti. Quelli che ricordo io sono soprattutto la signora Ph(i)Nko, il suo amico De XuaeauX, una famiglia di immigrati, certi Z’zu, e il signor Pbert Pberd che ho già nominato. C’era anche una donna delle pulizie -­‐“addetta alla manutenzione”, veniva chiamata-­‐, una sola per tutto l’universo, dato l’ambiente cosí piccolo. A dire il vero, non aveva niente da fare tutto il giorno, nemmeno spolverare -­‐dentro un punto non può entrarci neanche un granello di polvere-­‐, e si sfogava in continui pettegolezzi e piagnistei. Già con questi che vi ho detto si sarebbe stati in soprannumero; aggiungi poi la roba che dovevamo tenere lí ammucchiata: tutto il materiale che sarebbe poi servito a formare l’universo, smontato e concentrato in maniera che non riuscivi a riconoscere quel che in seguito sarebbe andato a far parte dell’astronomia (come la nebulosa d’Andromeda) da quel che era destinato alla geografia (per esempio i Vosgi) o alla chimica (come certi isotopi del berillio). In più si urtava sempre nelle masserizie della famiglia Z’zu, brande, materassi, ceste; questi Z’zu, se non si stava attenti, con la scusa che erano una famiglia numerosa, facevano come se al mondo ci fossero solo loro: pretendevano perfino di appendere delle corde attraverso il punto per stendere la biancheria. Anche gli altri però avevano i loro torti verso gli Z’zu, a cominciare da quella definizione di “immigrati”, basata sulla pretesa che, mentre gli altri erano lí da prima, loro fossero venuti dopo. Che questo fosse un pregiudizio senza fondamento, mi par chiaro, dato che non esisteva né un prima né un dopo né un altrove da cui immigrare, ma c’era chi sosteneva che il concetto di “immigrato” poteva essere inteso allo stato puro, cioè indipendentemente dallo spazio e dal tempo. 46
Era una mentalità, diciamolo, ristretta, quella che avevamo allora, meschina. Colpa dell’ambiente in cui ci eravamo formati. Una mentalità che è rimasta in fondo a tutti noi, badate: continua a saltar fuori ancor oggi, se per caso due di noi s’incontrano -­‐alla fermata d’un autobus, in un cinema, in un congresso internazionale di dentisti-­‐, e si mettono a ricordare di allora. Ci salutiamo -­‐alle volte è qualcuno che riconosce me, alle volte sono io a riconoscere qualcuno-­‐, e subito prendiamo a domandarci dell’uno e dell’altro (anche se ognuno ricorda solo qualcuno di quelli ricordati dagli altri), e cosí si riattacca con le beghe di un tempo, le malignità, le denigrazioni. Finché non si nomina la signora Ph(i)Nko -­‐tutti i discorsi vanno sempre a finir lí-­‐, e allora di colpo le meschinità vengono lasciate da parte, e ci si sente sollevati come in una commozione beata e generosa. La signora Ph(i)Nko, la sola che nessuno di noi ha dimenticato e che tutti rimpiangiamo. Dove è finita? Da tempo ho smesso di cercarla: la signora Ph(i)Nko, il suo seno, i suoi fianchi, la sua vestaglia arancione, non la incontreremo piú, né in questo sistema di galassie né in un altro. Sia ben chiaro, a me la teoria che l’universo, dopo aver raggiunto un estremo di rarefazione, tornerà a condensarsi, e che quindi ci toccherà di ritrovarci in quel punto per poi ricominciare, non mi ha mai persuaso. Eppure tanti di noi non fan conto che su quello, continuano a far progetti per quando si sarà di nuovo tutti lí. Il mese scorso, entro al caffè qui all’angolo e chi vedo? Il signor Pbert Pberd . -­‐
Che fa di bello? Come mai da queste parti?-­‐ Apprendo che ha una rappresentanza di materie plastiche, a Pavia. È rimasto tal quale, col suo dente d’argento, e le bretelle a fiori. -­‐Quando si tornerà là, -­‐mi dice, sottovoce,-­‐ la cosa cui bisogna stare attenti è che stavolta certa gente rimanga fuori... Ci siamo capiti: quegli Z’zu... Avrei voluto rispondergli che questo discorso l’ho sentito già fare a piú d’uno di noi, che aggiungeva: “ci siamo capiti... il signor Pbert Pberd...” Per non lasciarmi portare su questa china, m’affrettai a dire: -­‐E la signora Ph(i)Nko, crede che la ritroveremo? -­‐Ah, sì... Lei sì...-­‐ fece lui, imporporandosi. Per tutti noi la speranza di ritornare nel punto è soprattutto quella di trovarci ancora insieme alla signora Ph(i)Nko. (È cosí anche per me che non ci credo.) E in quel caffè, come succede sempre, ci mettemmo a rievocare lei, commossi, e anche l’antipatia del signor Pbert Pberd sbiadiva, davanti a quel ricordo. Il gran segreto della signora Ph(i)Nko è che non ha mai provocato gelosie tra noi. E neppure pettegolezzi. Che andasse a letto col suo amico, il signor De XuaeauX, era noto. Ma in un punto, se c’è un letto, occupa tutto il punto, quindi non si tratta di andare a letto ma di esserci, perché chiunque è nel punto è anche nel letto. Di conseguenza, era inevitabile che lei fosse a letto anche con ognuno di noi. Fosse stata un’altra persona, chissà quante cose le si sarebbero dette dietro. La donna delle pulizie era sempre lei a dare la stura alle maledicenze, e gli altri non si facevano pregare a imitarla. Degli Z’zu, tanto per cambiare, le cose orribili che ci toccava sentire: padre figlie fratelli sorelle madre zie, non ci si fermava davanti a nessuna losca insinuazione. Con lei invece era diverso: la felicità che mi veniva da lei era insieme quella di celarmi io puntiforme in lei, e quella di proteggere lei puntiforme in me, era contemplazione viziosa (data la promiscuità del convergere puntiforme di tutti in lei) e insieme casta (data l’impenetrabilità puntiforme di lei). Insomma, cosa potevo chiedere di piú? E tutto questo, cosí come era vero per me, valeva pure per ciascuno degli altri. E per lei: conteneva ed era contenuta con pari gioia, e ci accoglieva e amava e abitava tutti ugualmente. Si stava così bene tutti insieme, così bene, che qualcosa di straordinario doveva pur accadere. Bastò che a un certo momento lei dicesse: -­‐Ragazzi, avessi un po’ di spazio, come mi piacerebbe farvi le tagliatelle!-­‐ E in quel momento tutti pensammo allo spazio che avrebbero occupato le tonde braccia di lei muovendosi avanti e indietro con il mattarello sulla sfoglia di pasta, il petto di lei calando sul gran mucchio di farina e uova che ingombrava il largo tagliere mentre le sue braccia impastavano impastavano, bianche e unte d’olio fin sopra al gomito; pensammo allo spazio che avrebbero occupato la farina, e il grano per fare la farina, e i campi per coltivare il grano, e le montagne da cui scendeva l’acqua per irrigare i campi, e i pascoli per le mandrie di vitelli che avrebbero dato la carne per il sugo; allo spazio che ci sarebbe voluto perché il Sole arrivasse con i suoi raggi a maturare il 47
grano; allo spazio perché dalle nubi di gas stellari il Sole si condensasse e bruciasse; alle quantità di stelle e galassie e ammassi galattici in fuga nello spazio che ci sarebbero volute per tener sospesa ogni galassia ogni nebula ogni sole ogni pianeta, e nello stesso tempo del pensarlo questo spazio inarrestabilmente si formava, nello stesso tempo in cui la signora Ph(i)Nko pronunciava quelle parole: -­‐...le tagliatelle, ve’, ragazzi!-­‐ il punto che conteneva lei e noi tutti s’espandeva in una raggera di distanze d’anni-­‐luce e secoli-­‐luce e miliardi di millenni-­‐luce, e noi sbattuti ai quattro angoli dell’universo (il signor Pbert Pberd fino a Pavia), e lei dissolta in non so quale specie d’energia luce calore, lei signora Ph(i)Nko, quella che in mezzo al chiuso nostro mondo meschino era stata capace d’uno slancio generoso, il primo, “Ragazzi, che tagliatelle vi farei mangiare!”, un vero slancio d’amore generale, dando inizio nello stesso momento al concetto di spazio, e allo spazio propriamente detto, e al tempo, e alla gravitazione universale, e all’universo gravitante, rendendo possibili miliardi di miliardi di soli, e di pianeti, e di campi di grano, e di signore Ph(i)Nko sparse per i continenti dei pianeti che impastano con le braccia unte e generose infarinate, e lei da quel momento perduta, e noi a rimpiangerla. 48
Discussione in classe per il confronto sull’efficacia dei testi.
Suggerimenti, integrazioni (immagini, video…)
. Come organizzare una esposizione scritta sull’argomento utilizzando i suggerimenti presenti nel
testo, ad esempio redigendo un saggio breve o un articolo di giornale ?
Il titolo provvisorio del saggio potrebbe essere:
“Il problema del Big bang e dei buchi neri in tre differenti trattazioni”
Il saggio breve di argomento tecnico-scientifico
I tre brani proposti possono essere utilizzati per la preparazione al saggio tecnico-scientifico?
È chiaro che sono troppo lunghi per costituire una prova (che all’esame di stato misura al massimo
un paio di pagine) ma sono d’altra parte ben differenziati e consentono quindi osservazioni più
immediate.
A proposto della prova d’esame: il saggio breve è la tipologia più gettonata perché i materiali sono
già forniti, sembra che basti assemblarli. Di solito nelle scuole come la nostra la scelta ricade poi
frequentemente sull’argomento tecnico scientifico.
In realtà il saggio non è facile per la difficoltà dei documenti presentati, perché i documenti stessi
non sono contestualizzati, perché gli allievi non collegano bene le varie parti, perché per scrivere un
saggio ci vogliono competenze linguistiche: usare il lessico adeguato, usare espressioni di
collegamento, saper rendere coeso il testo stesso.
Il risultato - anche quando si valutano temi di allievi di altre scuole come esterni - è un
appiattimento notevole: anche giovani ormai adulti si limitano a giustapporre parti di testo, porzioni
di documenti.
Il saggio breve di solito risulta sufficiente (dieci/quindici) ma non attesta quasi mai una sicurezza
espressiva e (talvolta) una comprensione analitica dei testi.
Cosa si può proporre?
Di pensare alle difficoltà incontrate da un giovane di sedici-diciotto anni di un istituto tecnico. La
comprensione rappresenta un ostacolo così forte? Talvolta sì,ma nella maggior parte dei casi i testi
proposti riscuotono interesse e vengono letti con attenzione.
Gli allievi trovano difficoltà a “parlare” di questi testi che pure li hanno molto colpiti,ma non nel
senso che non ne sanno riferire il contenuto basandosi sui nuclei essenziali rintracciati nel testo
stesso.
Gli allievi non trovano le espressioni, i termini specifici, le frasi adatte a spiegare le caratteristiche
dei testi, il modo in cui gli autori hanno scelto di esporre, le emozioni provate leggendo e
riflettendo.
Ancora una volta la difficoltà sembra essere legata alle abilità produttive, in questo caso lo scrivere.
Proviamo a guidare un approccio integrato al testo (capire il testo e saper spiegare le proprie
intuizioni e riflessioni elaborate durante e dopo la lettura ).
Dopo avere messo a punto le varie letture del testo, l’individuazione dei punti centrali, le parole
chiave, i punti di passaggio… che attività possono essere svolte per abituare i ragazzi a esprimere, a
mettere in evidenza le intuizioni e le riflessioni svolte?
Bisognerebbe fare in modo che si possano impadronire della lingua, della capacità di articolare
autonomamente un discorso (anche fatto da altri come nel caso del saggio breve).
Esercizi
Esercizio 5.1Confrontare i testi e imparare a classificarli
Un primo esercizio può essere appunto la classificazione dei testi, imparando i termini che la
consentono, usando parole.
Ex.
Che cos’è il testo di Asimov?
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Un articolo scientifico
Una ricerca originale
Una serie di ipotesi
Che cos’è il testo di Angela?
Un dialogo
Una raccolta di spiegazioni su vari argomenti
Una spiegazione tecnica
Che cos’è il testo di Calvino?
Un racconto
Una storia fantastica
Un testo con significati riferiti al mondo attuale
Quindi si possono produrre frasi come:
“I testi proposti sono ben diversi tra di loro: Asimov ha scritto un articolo scientifico, Angela un
dialogo, Calvino un racconto con significati riferiti al modo attuale.”
Esercizio 5.2 Imparare a definire i testi
Per questo esercizio vanno ricordati i suggerimenti sulle definizioni della sezione 2.
Articolo scientifico: é un testo scritto con l’intento di, allo scopo di… informare su aspetti anche
molto particolari, non conosciuti al largo pubblico…
In questo articolo l’autore… ha descritto, spiegato, illustrato, messo in evidenza, sintetizzato
Dialogo: è una forma di testo molto usata nella divulgazione scientifica, che permette di spiegare
bene due o più posizioni su un problema… con la sua forma comunicativa è molto efficace…
Angela. L’autore del dialogo… ha espresso, raccontato, ricostruito
Racconto: è un genere letterario che di solito contiene, come in questo caso, riferimenti al mondo
contemporaneo e ai problemi fondamentali…
L’autore è notissimo, in tutte le sue opere ha sempre messo in luce, fatto risaltare, evidenziato…
Come può apprendere il ragazzo queste espressioni? Con la pratica, con l’esercizio ed anche
memorizzandole e continuando ad usarle in una forma di apprendimento non tanto dissimile in
questi casi da quella delle lingue straniere.
Continuando:
“I testi proposti sono ben diversi tra di loro: Asimov ha scritto un articolo scientifico, Angela un
dialogo, Calvino un racconto con significati riferiti al modo attuale.
L’articolo scientifico é un testo scritto con l’intento di informare su aspetti anche molto particolari,
non conosciuti al largo pubblico.
In questo articolo l’autore ha spiegato come si sono formati i buchi neri.”
Esercizio 3. 1. Esplicitare le domande nascoste
In ogni testo esistono domande “occulte” che nella comprensione vanno colte, scovate, mentre nella
rielaborazione scritta vanno spiegate: spesso si collegano a parole, in questo caso “come”.
Infatti secondo Asimov i buchi neri si sarebbero formati a causa di, per la presenza, a partire da,
attraverso un, in seguito a, in conseguenza di…
Ricapitolando: si sono catalogati i testi formando l’introduzione, una loro definizione più
precisa consente di entrare in argomento attraverso espressioni come “Infatti”, entrati in
argomento si passa a descrivere il nucleo essenziale con poche frasi e sfruttando espressioni di
collegamento, cioè rispondendo alla domanda occulta”come”.
Sempre parlando di Asimov: “Le spiegazioni di Asimov sono chiare, convincenti, concrete quando
dice che, prende come esempio…” si devono chiarire le affermazioni sulla base del testo
Quindi l’ossatura della prima parte, riguardante il testo di Asimov, potrebbe essere così costituita:
“I testi proposti sono ben diversi tra di loro: Asimov ha scritto un articolo scientifico, Angela un
dialogo, Calvino un racconto con significati riferiti al modo attuale.” (classificazione)
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L’articolo scientifico é un testo scritto con l’intento di informare su aspetti anche molto particolari,
non conosciuti al largo pubblico. (definizione)
In questo articolo l’autore ha spiegato come si sono formati i buchi neri.” (domanda occulta)
Infatti secondo Asimov i buchi neri si sarebbero formati a causa di, per la presenza, a partire da,
attraverso un , in seguito a, in conseguenza di… (spiegazione della domanda)
Le spiegazioni di Asimov sono chiare, convincenti, concrete quando dice che, prende come esempio
(citazione o citazioni…)” (chiarire le spiegazioni)”
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