Sistemi Meccatronici Introduzione alla Dinamica e al Controllo dei Sistemi Meccanici rev. 0.9 prof. Paolo Righettini Università di Bergamo 20 novembre 2009 2 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Indice 1 Modelli di sistemi meccanici 1.1 Sistemi a corpi rigidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Sistemi a corpi deformabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 Equazione di moto per sistemi ad un gdl 2.1 Velocità geometrica . . . . . . . . . . . . . . . 2.1.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Accelerazione geometrica . . . . . . . . . . . 2.2.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3 Bilancio di potenze . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4 Integrazione Numerica dell’equazione di moto 2.4.1 Metodo di Eulero . . . . . . . . . . . . 2.4.2 Applicazione all’equazione di moto . . 2.5 Equazioni di Lagrange . . . . . . . . . . . . . 2.5.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 Comportamento dinamico in un intorno della equilibrio 3.1 Esempi sulla scrittura delle equazioni di moto . 3.1.1 Manovellismo . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.2 Pendolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Risoluzione dell’equazione di moto . . . . . . . 3.2.1 Vibrazioni libere . . . . . . . . . . . . . 3.2.2 Vibrazioni smorzate . . . . . . . . . . . 3.3 Rigidezza degli elementi elastici . . . . . . . . . 3.3.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 6 7 9 11 14 15 16 18 19 20 23 24 25 30 31 posizione di . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33 33 33 37 40 41 45 51 53 4 Sistemi ad un grado di libertà forzato 59 4.1 Forzanti armoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60 4.2 Forze d’inerzia rotanti ed alternate . . . . . . . . . . . . . . . 67 3 4 INDICE 4.3 4.4 4.5 4.6 Eccitazione per spostamento del vincolo impresso Forze trasmesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Isolamento dalle vibrazioni . . . . . . . . . . . . Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68 72 73 75 5 Funzioni di trasferimento 5.1 Determinazione e caratteristiche della funzione di trasferimento 5.2 Transitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.2.1 Risposta allo scalino di un sistema del secondo ordine 5.2.2 Risposta al gradino di sistemi del primo ordine . . . . 5.2.3 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Risposta di regime - analisi in frequenza . . . . . . . . . . . . 5.3.1 Diagrammi asintotici di Bode . . . . . . . . . . . . . . 6 Introduzione al controllo dei sistemi meccanici 6.1 Modello motore corrente continua . . . . . . . . . 6.1.1 Modello elettrico . . . . . . . . . . . . . . 6.1.2 Comportamento dinamico . . . . . . . . . 6.2 Accoppiamento statico con il carico . . . . . . . . 6.3 Controllo in anello aperto . . . . . . . . . . . . . 6.4 Controllo in anello chiuso . . . . . . . . . . . . . 6.4.1 Funzione di trasferimento ad anello chiuso 6.4.2 Regolatori PID . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . A Dal P.L.V. al teorema dell’energia cinetica B Trasformata di Laplace B.1 Derivazione nel dominio del tempo B.2 Integrazione nel dominio del tempo B.3 Linearità . . . . . . . . . . . . . . . B.4 Teorema del valore iniziale e finale B.5 Trasformate razionali . . . . . . . . B.6 Sviluppo di Heavside . . . . . . . . B.6.1 Poli reali distinti . . . . . . B.6.2 Poli complessi coniugati . . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 84 86 86 89 90 92 99 105 105 109 110 115 117 119 120 120 125 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127 128 129 129 129 130 130 130 131 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 1 Modelli di sistemi meccanici Il comportamento dinamico di sistemi meccanici può essere analizzato ricorrendo ad opportuni modelli in funzione del tipo di indagine richiesta. Una prima analisi dinamica possibile è lo studio del movimento degli elementi costituenti il sistema in funzione delle forze esterne applicate (motrici e resistenti). Per questo tipo di analisi risulta di sovente sufficiente una schematizzazione a “corpi rigidi” degli elementi costituenti il sistema. In questa schematizzazione si trascureranno perciò le deformabilità degli elementi meccanici, comunque presenti per il fatto che essi sono soggetti a coppie e forze. L’entità di tale deformazione viene ritenuta trascurabile rispetto al movimento complessivo e non viene introdotta nella stesura del modello. I sistemi descritti con questo tipo di modello sono detti “sistemi a corpi rigidi”. Questa schematizzazione può essere considerata valida fino a che la deformabilità degli elementi non influenza il moto complessivo o le reazioni vincolari non assumo valori eccessivamente diversi rispetto al caso rigido. In queste circostante risulta opportuno utilizzare un modello che tenga conto anche della deformabilità degli elementi, al fine di indagare quanto questa possa influenzare il moto o le forze che gli elementi si scambiano fra loro. Si tratterà quindi di introdurre “corpi deformabili” nel modello del sistema. Un secondo tipo di analisi dinamica è allora lo studio delle vibrazioni, dovute alla cedevolezza degli elementi. In questo caso risulta allora utile analizzare il comportamento in un intorno di una configurazione, in modo da valutare l’effetto introdotto dalla deformabilità degli elementi. I sistemi meccanici cosı̀ studiati vengono chiamati “sistemi a corpi deformabili”. 5 6 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI Figura 1.1: Schema a corpi rigidi di un mandrino 1.1 Sistemi a corpi rigidi Uno dei problemi ampiamente diffuso nel campo dell’ingegneria è l’analisi del moto di un sistema meccanico, costituito da più elementi meccanici fra di loro collegati da opportuni vincoli cinematici. Gli elementi meccanici interconnessi sono considerati rigidi, la loro deformata dovuta al carico applicato è considerata trascurabile rispetto al movimento che compiono. Nel modello i vincoli cinematici sono considerati lisci (non dissipano energia), ideali, con deformazioni nulle per qualsiasi carico applicato, ovvero i vincoli sono considerati olonomi. Questi possono essere ad esempio cerniere o carrelli, che dal punto applicativo corrispondono a cuscinetti o guide prismatiche. Le ipotesi enunciate sono molto forti, condizioni irrealizzabili costruttivamente, si dovrà allora valutare se effettivamente il loro comportamento è assimilabile a quello ideale per l’applicazione in studio. I parametri necessari alla descrizione di questo tipo di modello sono quelli di massa, le equazioni di vincolo introdotte dalle coppie cinematiche e le forze applicate al sistema. Il numero delle coordinate libere dipende dal numero di corpi rigidi che costituiscono il modello e dal numero delle equazioni di vincolo. Un esempio di un sistema a corpi rigidi è riportato in figura 1.1. Il sistema ha un solo gradi di libertà, ad esempio la rotazione del motore αm , a cui sono linearmente legate le rotazioni di tutti gli altri corpi. Il comportamento dinamico ci permette di legare le accelerazioni del motore alle coppie motrici/resistenti applicate in funzione dei parametri di massa, viene trascurata la cedevolezza degli alberi di trasmissione e ruote dentate. I risultati ottenuti possono permettere una valutazione delle caratteristiche meccaniche delle ruote dentate e alberi di trasmissione necessarie affinchè nelle condizioni operative il sistema sia in condizioni di sicurezza oppure di determinare l’andamento della coppia motrice richiesto per un assegnato movimento del appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 7 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI Figura 1.2: Schema a corpi rigidi di un manovellismo carico. L’equazione di moto può essere determinata ricorrendo agli equilibri dinamici. A tal riguardo si può citare il manovellismo di figura 1.2, composto da 4 elementi (manovella, biella, corsoio e telaio), fra di loro opportunamente collegati per mezzo di tre cerniere piane ed una guida prismatica. Il sistema ha un grado di lebertà, infatti essendo costituito dal tre corpi mobili, per complessivi 9 gdl, 4 coppie cinematiche ognuna delle quali pone 2 equazioni di vincolo per un totale di 8 gdv. Complessivamente ha quindi un solo grado di libertà, ad esempio la rotazione della manovella. In questo meccanismo è di interessa il legame fra la rotazione della manovella e lo spostamento del corsoio (o il legame fra la coppia applicata alla manovella e la forza applicata al corsoio). 1.2 Sistemi a corpi deformabili In questo tipo di sistemi si è generalmente interessati all’analisi dell’influenza della cedevolezza degli elementi sul moto o l’insorgenza di fenomeni vibratori. Tale indagine viene generalmente effettuata paragonando il comportamento del moto in piccolo rispetto al caso statico, ovvero rispetto al caso in cui il “moto in piccolo” è completamente assente. Le cedevolezze introdotte possono rappresentare anche la deformabilità dei vincoli, in modo che nel modello possano essere introdotte delle coppie cinematiche ideali. La scelta di quali elementi all’interno del modello considerare rigidi e quali flessibili deve tenere conto della rigidezza associata agli elementi e del carico inerziale che li attraversa. L’introduzione di elementi flessibili comporta un cospicuo aumento dei parametri che descrivono il modello, la cui valutazione può essere in talune circostanze onerosa o valutabile solamente dal punto di vista sperimentale. In alcune applicazioni si potranno considerare sistemi deformabili a parameappunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 8 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI Figura 1.3: Schema a corpi rigidi di un mandrino con albero deformabile tri concentrati, scelta che permette di ridurre la complessità computazionale ed il numero di parametri. Altrimenti si possono introdurre sistemi continui le cui equazioni costitutive permettono l’analisi di ogni singolo punto appartenente all’elemento. Oltre ai parametri indicati nel caso dei modelli a corpi rigidi si devono introdurre le cedevolezze (deformabilità) e le masse delle parti deformabili. Il numero dei gradi di libertà aumenta con il numero di cedevolezze introdotte ed il modello dinamico risulta più complesso. In questo tipo di modelli rientrano anche quelli delle strutture (costruzioni in acciaio o cemento armato) che sono statiche. Infatti esse non hanno moto in grande, ma viene studiato il moto in piccolo per valutare l’effetto degli elementi deformabili sulle reazioni di vincolo quando sono soggette ad un terremoto. A titolo d’esempio possiamo considerare il sistema di figura 1.3 che rappresenta il modello di un mandrino con un albero di trasmissione torsionalmente deformabile. La deformabilità dell’albero è rappresentata dalla rigidezza torsionale kt . Complessivamente il sistema ha perciò 2 gdl, ad esempio la rotazione dell’albero motore e del carico, che ci permettono analizzare di quanto il comportamento dinamico di questo modello si discosta da quello presentato in figura 1.1 per la cedevolezza dell’albero. L’integrazione di questo sistema a due gradi di libertà risulta più onerosa rispetto al caso rigido. Il sistema presentato in figura 1.4 rappresenta un manovellismo in cui la cerniera del corsoio è deformabile lungo la direzione del corsoio. La deformabilità del vincolo è rappresentata dalla rigidezza kv . In questo caso il sistema ha un grado di libertà in più rispetto al caso di figura 1.2, che ci permette di analizzare di quanto il moto della massa M si discosta dal caso rigido per la presenza della cedevolezza del vincolo. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 9 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI Figura 1.4: Schema a corpi rigidi di un manovellismo 1.3 Conclusioni Lo studio del problema dinamico prevede quindi la definizione di un modello che possa adeguatamente descrivere il comportamento del sistema in studio. La definizione del modello comprende anche la determinazione dei parametri che lo descrivono (geometrici, di massa, strutturali, forze motrici e resistenti, ecc.). Successivamente si dovrà scrivere l’equazione di moto (più equazioni per sistemi a più gradi di libertà) le cui caratteristiche potranno dare indicazioni sul comportamento dinamico del sistema. L’equazione differenziale risultante potrà essere integrata in forma chiusa o numericamente per analizzare i transitori. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 10 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 2 Equazione di moto per sistemi ad un gdl L’equazione di moto di un sistema ad un grado di libertà può essere scritta seguendo diversi approcci. Il primo proposto è il bilancio di potenze che permette di ottenere l’equazione di moto senza considerare le reazioni vincolari. Infatti nei modelli a cui facciamo riferimento i vincoli sono ideali e lisci, condizioni nelle quali le reazioni vincolari non lavorano e quindi non dissipano energia. Prenderemo in considerazione le forze generalizzate agenti sul sistema, forze o coppie a seconda dei casi, ovvero le forze esterne applicate in punti definiti dei corpi e, ricorrendo al principio di D’Alambert, le forze d’inerzia. Nel caso di sistemi piani la risultante dei forze d’inerzia di un corpo rigido dipende dalla massa e dell’accelerazione del baricentro F in = −mg aG . (2.1) La risultate delle coppie d’inerzia, nelle medesime ipotesi, dipende dal momento d’inerzia baricentrale e dell’accelerazione angolare del corpo M in,G = −JG ω̇ . (2.2) Il calcolo delle azioni d’inerzia risulta quindi il prodotto di un parametro di massa per l’accelerazione (lineare o angolare) del baricentro del corpo rigido. Per il calcolo delle potenze di tutte le forze facciamo allora riferimento a tutti gli N punti a cui sono applicate delle forze esterne e/o delle azioni d’inerzia. Considerando le forze generalizzate, e quindi non distinguendo fra accelerazioni lineari ed angolari e fra masse e momenti d’inerzia, la potenza delle forze generalizzate applicate al punto i-esimo sarà allora Wi = (F i − mi ai ) · v i , 11 (2.3) 12 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Figura 2.1: Schema a corpi rigidi di un motociclo in cui il pedice i fa riferimento ai corpi a cui è applicata una coppia esterna, o che hanno un momento d’inerzia, e a punti a cui sono applicate forze esterne o che sono caratterizzati da masse concentrate. Il bilancio di potenza dell’intero sistema potrà allora essere imposto per mezzo della relazione N X (F i − mi ai ) · v i = 0 . (2.4) i=1 Per applicare il bilancio di potenza si dovrà quindi: • definire la coordinata libera del sistema; • calcolare la velocità v i dei punti di applicazione delle forze esterne; • calcolare l’accelerazione ai dei punti di massa; • sviluppare il bilancio di potenze espresso dall’equazione 2.4. Nel modello semplificato di motociclo ad un solo grado di libertà, presentato in figura 2.1, i corpi sono considerati rigidi e i vincoli ideali, le ruote ruotano senza strisciare sul piano ed il vincolo di contatto sul piano sia bilatero. Si trascurano le masse e i momenti d’inerzia associati alle ruote, si considera come unico punto di massa il baricentro del motociclo. Alla ruota motrice è applicata la coppia Cm(t) in verso orario e si assume come coordinata libera la rotazione oraria α della ruota motrice. In questo caso i punti di interesse sono due, uno la traccia dell’asse di rotazione della ruota a cui viene applicata la coppia motrice, l’altro il baricentro del motociclo. Si tratta quindi di determinare per ambedue i punti la dipendenza della loro velocità dalla coordinata libera. Per il baricentro, essendo punto di massa, sarà necessario determinare la dipendenza della sua accelerazione dalla coordinata libera. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 13 1. Rotazione ruota. La rotazione della ruota coincide con la coordinata libera, per cui il vettore velocità di rotazione sarà un vettore perpendicolare ed entrante nel piano del foglio con modulo α̇; 2. Baricentro. La posizione del baricentro può essere espressa dalla coordinata x nel sistema di riferimento di figura, ovvero in notazione vettoriale x = x~i dove ~i è il versore dell’asse assunto come riferimento, parallelo al piano stradale. Il legame fra la posizione x del baricentro e la coordinata libera è x = Rα a partire da un’arbitraria origine. Il vettore velocità si ottiene derivando rispetto al tempo il vettore posizione. In questo caso la derivazione è semplice in quanto il verso del vettore non varia in funzione della coordinata libera, rimane, per ogni posizione raggiunta, parallelo al piano stradale. Il vettore velocità sarà allora diretto come ~i di modulo ẋ = Rα̇. Analogamente il modulo dell’accelerazione saraà ẍ = Rα̈. È ora possibile applicare il bilancio di potenze espresso dalla 2.4 per i due punti individuati nell’esempio: Cm · α̇ − mG Rα̈~i · Rα̇~i = 0 da cui α̈(t) = Cm (t) . mG R 2 (2.5) (2.6) L’equazione di moto trovata fissa il legame fra l’accelerazione del motociclo e la coppia applicata alla ruota. L’integrazione di questa equazione differenziale a coefficiente costanti del secondo ordine ci permette di risalire alla legge oraria che descrive il movimento del veicolo. R α̇(t) = α̇(0) + α̈(t)dt (2.7) R α(t) = α(0) + α̇(t)dt La complessità dell’integrazione in forma chiusa dipende solamente dalla complessità della funzione Cm (t). In ogni caso è sempre possibile determinare la soluzione numerica dell’integrale. Il legame cinematico fra i punti di interesse e la coordinata libera non è in generale cosı̀ semplice come presentato nell’esempio precedente, in cui la direzione del vettore x è costante ed il modulo dipende linearmente dalla coordinata libera. La sospensione rappresentata in figura 2.2 è un sistema con caratteristiche cinematiche più complesse rispetto al caso del motociclo. In questo modello viene trascurata la cedevolezza della gomma, tutti gli elementi sono appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 14 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Figura 2.2: Schema a corpi rigidi di una sospensione rigidi, i vincoli sono ideali e l’unico elemento dotato di massa è la ruota. È composta da 7 corpi rigidi, per un totale di 21 gdl, 8 cerniere che impongono 16 gdv e 2 manicotti che impongono 4 gdv. Il sistema ha quindi 1 solo gdl. La coordinata libera scelta è la rotazione α dell’asta A0 − A. Per applicare il bilancio di potenze espresso dalla 2.4 si deve determinare la velocità e l’accelerazione del baricentro G della ruota che, per generalità, indicheremo come il punto Pi . 2.1 Velocità geometrica La posizione di Pi è fissata dalla configurazione raggiunta dal sistema in funzione della coordinata libera α, e può essere descritta, in un opportuno sistema di riferimento, da un vettore P i , anch’esso funzione di α, risulta cioè P i = P i (α) . (2.8) Per una variazione ∆α della coordinata libera, come mostrato in figura 0 2.3, il punto raggiungerà una nuova posizione, descritta dal vettore P i (α + 0 ∆α), scostata rispetto alla precedente della quantità ∆S i (α) = P i − P i funzione della configurazione, e quindi di α. Se l’incremento ∆α viene imposto nell’intervallo di tempo ∆t, la velocità media di spostamento del punto è v̄ i = appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 ∆S i ∆t (2.9) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 15 Figura 2.3: Spostamento del punto Pi Per intervalli di tempo ∆t → 0, gli spostamenti ∆S i divengono infinitesimi e la velocità media di spostamento tende alla velocità istantanea v i , vi = dS i dS i dα = = τ i α̇ . dt dα dt (2.10) Il vettore τ i descrive il legame fra lo spostamento infinitesimo di un punto per una variazione infinitesima dα della coordinata libera, dipende da α, che fissa la configurazione geometrica raggiunta, non dipende dal tempo, e quindi descrive una caratteristica geometrica del punto Pi . Viene indicato come velocità geometrica o rapporto di trasmissione generalizzato; è descritto dai due parametri tipici dei vettori, modulo e anomalia, che sono funzione della sola coordinata libera α, per cui τ i = τ i (α). La velocità di un punto di un corpo del sistema è rappresentata dal prodotto della velocità geometrica del punto per la velocità della coordinata libera v i = τ i α̇ . (2.11) La velocità geometrica τ i è allora un vettore tangente alla traiettoria come lo è il vettore velocità v i τ i = |τ i |~t . (2.12) Può essere facilmente determinata dall’analisi cinematica, come la velocità del punto calcolata per velocità unitaria α̇ = 1 della coordinata libera. 2.1.1 Esempio In riferimento alla figura 2.4, rappresentante una parte della sospensione di figura 2.2 viene illustrato il calcolo di τ del baricentro della ruota. Per il appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 16 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Figura 2.4: Calcolo di τ calcolo si fa riferimento all’equazione 2.11 che lega la velocità di un punto al corrispondente rapporto di trasmissione τ . Il mozzo della ruota è rigidamente collegato alla biella del parallelogramma quadrilatero A0 − A − B − B0 , per cui trasla nel piano. Il Centro di Istantanea Rotazione (CIR) è all’infinito nella direzione fissata dai bilancieri A0 − A e B0 − B, tutti i punti solidali alla biella percorrono delle traiettorie ad arco di cerchio di raggio a. La velocità del baricentro coincide allora in modulo e verso con la velocità dei punti A a B pari a V a = V b = V G = aα̇~t e sarà tangente alla traiettoria. Da questa espressione, ricordando la 2.11, e che τ coincide con v per α̇ = 1, risulta τ = a~t . In questo caso τ ha modulo costante pari ad a ed anomalia che dipende dalla posizione; infatti il versore tangente alla traiettoria forma con l’esse orizzontale un’angolo α + π/2. ´ ³ (2.13) τ = a ~i cos(α + π/2) + ~j sin(α + π/2) . 2.2 Accelerazione geometrica L’accelerazione del punto Pi può essere determinata derivando rispetto al tempo la 2.11, risulta allora ai = dτ i dτ i dα dv i = α̇ + τ i α̈ = α̇ + τ i α̈ . dt dt dα dt appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (2.14) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 17 Figura 2.5: Approssimazione del II ordine della traiettoria L’accelerazione dipende da due contributi: il primo τ i α̈ è dovuto all’accele2 i razione α̈ della coordinata libera; il secondo dτ dα α̇ è dovuto alla variazione del rapporto di trasmissione rispetto alla coordinata libera. La derivata del rapporto di trasmissione rispetto alla coordinata libera è una caratteristica geometrica del punto, dipende dalla configurazione raggiunta e quindi dalla coordinata libera, viene indicata come accelerazione geometrica dτ i = γ i = γ i (α) . (2.15) dα γ i è un vettore che può essere facilmente determinato dall’analisi cinematica, corrisponde all’accelerazione del punto Pi calcolata per α̈ = 0 e per α̇ = 1; in tali condizioni dalla 2.14 risulta infatti ai = γ i . L’accelerazione geometrica ha due componenti significative, una tangente e l’altra normale alla traiettoria. Ricordando la 2.12 risulta γi = d~t dτ i d ¡ ~¢ d|τ i | ~ t + |τ i | = |τ i |t = . dα dα dα dα (2.16) La derivata del versore tangente alla traiettoria rispetto alla coordinata libera può essere determinata ricorrendo alla relazione di Frenet. Facendo riferimento alla figura 2.5, si considera un’approssimazione del secondo ordine della traiettoria nel punto Pi . Per una variazione infinitesima dα della 0 coordinata libera il punto Pi raggiunge la posizione Pi con uno spostamento dS. A tale spostamento corrisponde lo spostamento angolare dθ misurato appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 18 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL al centro del cerchio osculatore, tale che dS = ρdθ, con ρ raggio di curvatura della traiettoria. Ricordando la definizione di τ , è anche dS = τ dα. 0 Passando dal punto Pi al punto Pi la tangente alla traiettoria subisce una rotazione dθ, per cui essa subisce uno spostamento d~t di modulo |dS| |τ |dα = |d~t| = |~t|dθ = 1 ρ ρ (2.17) e con direzione coincidente con la normale alla traiettoria nel punto Pi . La derivata del versore tangente alla traiettoria rispetto alla coordinata libera risulta allora d~t |τ | = ~n , (2.18) dα ρ mentre l’accelerazione geometrica γ i in funzione delle componenti tangenziali e normali è: d|τ i | ~ |τ i |2 γi = t+ ~n . (2.19) dα ρ Le due componenti sono funzione della coordinata libera, quella tangenziale dipende dalla variazione del modulo del rapporto di trasmissione, mentre quella normale dipende dalla variazione della direzione del rapporto di trasmissione. Queste due componenti non corrispondono in generale all’accelerazione normale e tangenziale della traiettoria. Complessivamente l’accelerazione è espressa dalle relazioni ai = γ i α̇2 + τ i α̈ µ ¶ d|τ i | ~ |τ i |2 t+ ai = γ i α̇2 + τ i α̈ = ~n α̇2 + |τ i |~tα̈ , dα ρ (2.20) (2.21) per cui l’accelerazione è determinabile in funzione delle derivate di ordine 0, 1 e 2 della coordinata libera; infatti è necessario calcolare la velocità geometrica τ (α) e l’accelerazione geometrica γ(α), per poi applicare la relazione 2.20. 2.2.1 Esempio Il calcolo dell’accelerazione geometrica del baricentro della ruota di figura 2.6, rappresentante una parte della sospensione di figura 2.1, può essere condotto in due modi. Il primo prevede di derivare rispetto alla coordinata libera α l’espressione della velocità geometrica τ , espressa dalla relazione 2.13. Si ottiene h i ~i sin(α + π/2) + ~j cos(α + π/2) γ = dτ = a − dα h i = a −~i cos(α) − ~j sin(α) . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 19 Figura 2.6: Calcolo di γ L’accelerazione geometrica ha allora modulo a ed è diretta come la normale alla traiettoria. L’accelerazione geometrica può essere calcolata considerando la 2.20 e ricordando che γ coincide con l’accelerazione per α̇ = 1 e per α̈ = 0. In questo caso il punto si muove lungo in arco di circonferenza di raggio a, con un velocità angolare α̇; nelle condizioni specificate (α̈ = 0) l’accelerazione tangenziale è nulla, mentre l’accelerazione centripeta è aα̇. Allora l’accelerazione geometrica avrà modulo a e sarà diretta come la normale alla traiettoria. γ = a~n . Questo risultato poteva essere dedotta anche dalla 2.21, in cui sono esplicitate le componenti normali e tangenziali; nelle condizioni poste solo la componente normale dell’accelerazione geometrica è diversa da zero, in quanto il modulo del rapporto di trasmissione è costante, mentre la direzione dipende da α. 2.3 Bilancio di potenze Lo sviluppo dell’analisi cinematica condotta nei paragrafi precedenti permette di riscrivere il bilancio di potenze espresso dalla 2.4; introducendo le espressioni della velocità 2.11 e dell’accelerazione 2.14 si ottiene: N X £ ¤ F i − mi (γ i α̇2 + τ i α̈) · τ i α̇ = 0 (2.22) i=1 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 20 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL N X £ ¤ F i · τ i − mi γ i · τ i α̇2 − mi τi2 α̈ = 0 . (2.23) i=1 L’equazione di moto espressa dalla 2.23 permette di risolvere i due problemi dinamici fondamentali, dinamica diretta e dinamica inversa. In problema dinamico inverso consente di calcolare la coppia motrice necessaria ad ottenere una definita legge oraria della coordinata libera α(t), essendo note le forze resistenti applicate al sistema. In questo caso essendo assegnata la leggere oraria α(t), sono anche assegnate le derivate prime e seconde, per cui i termini differenziali nella 2.23 sono noti; essa si riduce allora ad una semplice equazione scalare che permette di determinare l’incognita. Si tratta di determinare le espressioni di τ i e di γ i in funzione della coordinata libera α, la risoluzione è del tutto analoga a quella del caso statico, per tale motivo questo problema è anche detto cinetostatico. Il problema dinamico diretto permette la determinazione dell’accelerazione α̈ della coordinata libera note α, α̇ e le forze attive e passive applicate al sistema N X £ ¤ F i · τ i − mi γ i · τ i α̇2 α̈ = i=1 N X . (2.24) mi τi2 i=1 La legge oraria α(t) si ottiene dall’integrazione dell’equazione differenziale espressa dalla 2.23, la difficoltà dell’integrazione dipende essenzialmente dalla complessità dei termini che compongono la 2.23. In alcune circostanze non è possibile determinare l’integrale in forma chiusa, in questi casi l’unica soluzione possibile è quella numerica. In ogni caso sarà necessario fissare le condizioni iniziali di velocità e posizione che corrispondono alle due costanti di integrazione. Dall’equazione differenziale 2.24 si possono facilmente ottenere dei casi notevoli. Ad esempio considerando rapporti di trasmissione e forze costanti in modulo ed anomalia, risulta γ = 0 e quindi otterremo α̈ = cost, moto uniformemente accelerato, facilmente integrabile in forma chiusa. 2.3.1 Esempi Equazione di moto per una sospensione La figura 2.7 rappresenta lo schema di una sospensione, in cui la forza esercitata dal gruppo molla-ammortizzatore, sempre diretta verso l’alto, è indicata con Fe , la forza di contatto fra ruota e terreno, sempre diretta verso l’alto, è indicata con Fc . L’unico elemento dotato di massa è la ruota. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 21 Figura 2.7: Schema a corpi rigidi di una sospensione L’equazione di moto che descrive il comportamento dinamico della sospensione può essere calcolata ricorrendo all’equazione 2.24. I punti di interesse sono in questo caso 3 come indicato in figura: 1. Punto di contatto ruota terreno. In questo punto è applicata la forza esterna F c . Il suo rapporto di trasmissione è stato determinato nel paragrafo 2.1.1 ed è ³ ´ τ 1 = a ~i cos(α + π/2) + ~j sin(α + π/2) . 2. Centro di massa della ruota. Per i punti che rappresentano il centro di massa si deve determinare sia τ che γ. Analogamente a quanto visto per il punto 1 risulta ´ ³ τ 2 = a ~i cos(α + π/2) + ~j sin(α + π/2) . Il calcolo di γ è riportato nel paragrafo 2.2.1 e risulta h i γ 2 = a −~i cos(α) − ~j sin(α) . 3. Punto di attacco del gruppo molla-ammortizzatore. Analogamente a quanto visto per il punto 1, il rapporto di trasmissione risulta ´ ³ τ 3 = b ~i cos(α − π/2) + ~j sin(α − π/2) . Le forze esterne hanno le espressioni vettoriali F c = Fc~j e F e = Fe~j. Applicando la 2.24 si ottiene α̈ = Fc · τ1 + Fe · τ3 mτ22 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 22 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Figura 2.8: Manovellismo Fc a sin(α − π/2) + Fe b sin(α + π/2) (2.25) ma2 Quest’ultima relazione esprime l’accelerazione della coordinata in funzione della coordinata libera α ed in funzione del modulo delle forze esterne. L’integrazione di questa equazione differenziale, fissando le condizioni iniziali di velocità e posizione, ci permette di ricavare l’andamento di α(t). α̈ = Equazione di moto per un manovellismo Il manovellismo rappresentato in figura 2.8 è modellizato a corpi rigidi, i vincoli siano ideali e fissi. Il moto è garantito dalla coppia motrice Cm applicata alla manovella, la forza resiste Fr applicata al corsoio è funzione della posizione e della velocità del corsoio Fr = Fr (x, ẋ). Il corsoio ha massa m2 mentre la manovella ha una massa m1 ed un momento d’inerzia baricentrale JG . Assumendo come coordinata libera la rotazione α della manovella, la posizione del corsoio misurata a partire dal punto morto esterno risulta p x = l + r − r cos α − l2 − r2 sin2 α (2.26) mentre la velocità " ẋ = r sin α + p r2 sin(2α) l2 − r2 sin2 α # α̇ . Per la scrittura dell’equazione di moto per mezzo del bilancio di potenze, si prendono in considerazione tre punti caratteristici: 1. Centro di massa della manovella. Questo punto ha una traiettoria circolare, il rapporto di trasmissione ha modulo costante e verso funzione della coordinata libera, risulta: τ 1 = a~t1 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 23 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL dove ~t1 è il versore tangente alla traiettoria seguita dal punto, quindi ruotato di α + π/2 rispetto alla direzione orizzontale assunta come riferimento. L’accelerazione geometrica γ 1 è normale alla traiettoria (il modulo di τ è costante) e ha modulo pari ad a. γ 1 = a~n1 . 2. Centro del corsoio. In questo punto si intende concentrata la massa del corsoio ed applicata la forza resistente. Dall’analisi della velocità del corsoio risulta # " r2 sin(2α) ~i τ 2 = r sin α + p l2 − r2 sin2 α Il rapporto di trasmissione ha allora direzione fissa ma il modulo è funzione della coordinata libera. Ricordando la 2.19, l’espressione dell’accelerazione geometrica si ottiene derivando rispetto ad α il modulo del rapporto di trasmissione; in questi casi ha una componente tangenziale diversa da zero. Si ottiene: " # r2 cos(2α) r4 sin(2 a) sin α cos α ~ γ 2 = r cos α + 2 p + ¡ ¢3/2 i l2 − r2 sin2 α l2 − r2 sin2 α 3. Traccia dell’asse di rotazione della manovella. La rotazione della manovella coincide con la coordinata libera, per cui τ 3 = −1~k mentre γ 3 è nullo in quanto il rapporto di trasmissione è costante. L’espressione dell’accelerazione risulta allora: α̈ = F r (x, ẋ) · τ 2 − m2 γ 2 · τ 2 α̇2 + C m · τ3 m1 τ12 + m2 τ22 + JG (2.27) I termini geometrici che compaiono in quest’equazione sono tutti funzione di α, la forza resistente è funzione di α e di α̇ mentre la coppia motrice può essere funzione del tempo. L’integrazione in forma chiusa per la determinazione della legge oraria α(t) può risultare complessa o addirittura impossibile. In questi casi il problema dinamico diretto può essere risolto efficacemente ricorrendo all’integrazione numerica. 2.4 Integrazione Numerica dell’equazione di moto In questo paragrafo sono riportati alcuni cenni sull’integrazione numerica di equazioni differenziali, non viene proposta una trattazione esaustiva, e si rimanda a testi specializzati per un approfondimento sulla tematica. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 24 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Prendendo in considerazione un problema ai valori iniziali per un’equazione differenziale ordinaria del primo ordine in forma esplicita ½ ẏ(t) = f (t, y(t)) (2.28) y(t0 ) = y0 l’integrazione alle differenze finite (numerica) consiste nella determinazione di un’approssimazione della funzione primitiva y(t). Tale approssimazione viene determinata per un numero finito di valori t1 , t2 , t3 , . . . , tn della variabile di integrazione. 2.4.1 Metodo di Eulero Il metodo di integrazione numerica più semplice è quello di Eulero che permette di determinare l’approssimazione della funzione primitiva all’istante tk+1 per mezzo della relazione y(tk+1 ) = y(tk ) + hf (tk , y(tk )) (2.29) dove h è un opportuno intervallo di tempo fisso, ed il legame fra gli istanti in cui si valuta la funzione primitiva è tk+1 = tk + h (2.30) La 2.29, come in generale tutti i metodi di integrazione, permette di determinare un insieme di valori {y1 , y2 , y3 , . . . , yn } della funzione primitiva, con yk = y(tk ), in corrispondenza di un insieme di valori {t1 , t2 , t3 , . . . , tn } della variabile di integrazione. Il metodo di Eulero deriva dallo sviluppo in serie di Taylor, arrestato al primo ordine, della primitiva y(t) nell’intorno destro dell’istante tk ¯ dy(t) ¯¯ y(tk + h) = y(tk ) + (tk + h − tk ) = y(tk ) + f (tk , y(tk ))h (2.31) dt ¯ t=tk che rappresenta un’approssimazione della primitiva nell’intervallo h. Questo metodo è detto esplicito in quanto permette di determinare direttamente il valore della funzione yk+1 a partire da yk . La valutazione della primitiva viene quindi fatta a passi, basandosi sul valore della funzione calcolata al passo precedente. Per il primo passo vengono utilizzate le condizioni iniziali y(t0 ) = y0 espresse dalla 2.28; nella tabella 2.1 vengono riportati alcuni passi dell’integrazione numerica con il metodo di Eulero, la figura 2.9 ne rappresenta l’aspetto geometrico. Esistono tecniche di integrazione più complesse, ma più precise, come il metodo dei trapezi (implicito), che permette di determinare l’integrale con la relazione y(tk+1 ) = y(tk ) + 0.5h [f (tk , y(tk )) + f (tk+1 , y(tk+1 ))] . (2.32) Fra gli altri metodi si possono ricordare quelli Runge Kutta che calcolano le derivate anche in punti intermedi dell’intervallo [tk − tk+1 ]. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 25 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL tk t0 t1 t2 t3 y(tk ) y0 y1 = y0 + hf (t0 , y0 ) y2 = y1 + hf (t1 , y1 ) y3 = y2 + hf (t2 , y2 ) condizioni iniziali Tabella 2.1: Passi dell’integrazione numerica con il metodo di Eulero Figura 2.9: Interpretazione geometrica dell’integrazione numerica con il metodo di Eulero 2.4.2 Applicazione all’equazione di moto L’equazione di moto di un sistema ad un grado di libertà è un’equazione differenziale del secondo ordine che può essere espressa, come visto nelle relazioni 2.27 e 2.25, nella forma α̈(t) = f (t, α, α̇) . (2.33) L’integrazione numerica di quest’equazione differenziale può essere ricondotta al caso dell’integrazione di equazioni differenziali del I ordine, e seguire il metodo proposto in questo paragrafo. Un’equazione differenziale del II ordine può essere ricondotta ad un sistema di equazioni differenziali del I primo ordine introducendo una variabile d’appoggio ξ tale per cui α̇ = ξ . (2.34) L’equazione differenziale 2.33 è riconducibile allora al sistema di due equazioni differenziali del I ordine ½ α̇ = ξ . (2.35) ξ˙ = f (t, α, ξ) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 26 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL tk t0 t1 t2 Y (tk ) Y0 · ¸ · α0 Y 1 = Y 0 + hẎ 0 = +h · ξ0 ¸ · α1 Y 2 = Y 1 + hẎ 1 = +h ξ1 ¸ ξ0 f (t0 , α0 , ξ0 ) ¸ ξ1 f (t1 , α1 , ξ1 ) Tabella 2.2: Passi dell’integrazione numerica dell’equazione di moto con il metodo di Eulero Per l’integrazione di questo sistema si dovranno introdurre due costanti di integrazione che corrispondono ai valori iniziali delle funzioni da integrare ½ α(t0 ) = α0 ξ(t0 ) = ξ0 = α̇0 (2.36) È possibile una rappresentazione matriciale di questo problema di integrazione. Introducendo il vettore · Y (t) = α(t) ξ(t) ¸ (2.37) che rappresenta le funzioni integrali ricercate, il sistema di equazioni differenziali e le condizioni iniziali sono rappresentate dalla · Ẏ = f (t, Y ) → α̇(t) ˙ ξ(t) ¸ · ξ(t) f (t, α, ξ) = ¸ (2.38) Y (t0 ) = Y 0 che rappresenta la forma matriciale della relazione 2.28. L’integrazione numerica del sistema di equazioni differenziali del primo ordine, può essere condotta con il metodo di Eulero, integrando contemporaneamente le equazioni. Indicando con · Yk = αk ξk ¸ (2.39) la formula di integrazione di Eulero è Y k+1 = Y k + Ẏ k h , (2.40) mentre i passi di integrazione sono espressi dalle relazioni riportate nella tabella 2.2. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Figura 2.10: motocicletta 27 Integrazione numerica dell’equazione di moto di una Esempio numerico in ambiente Matlab Viene riportato un semplice esempio dell’integrazione numerica dell’equazione di moto in ambiente Matlab, facendo riferimento al sistema presentato in figura 2.10. La determinazione dell’equazione di moto può essere eseguita con la procedura indicata in questo capitolo, si ottiene α̈ = Cm (α̇) − Fr R Cm (α̇) − Kr (Rα̇)2 R = . mR2 mR2 (2.41) La coppia motrice Cm applicata è funzione della velocità della coordinata libera, ha andamento parabolico come illustrato in figura. I parametri del modello sono: Cm0 = 70 Nm, ω0 = 100 rad/s, R = 0.2 m, m = 90 kg, 2 Kr = 0.7 N/(m/s) . Le condizioni iniziali sono: α(0) = 0 e α̇(0) = 0. Il programma di integrazione è costituito da una funzione principale dinmoto.m riportata in figura 2.11. Nella prima parte vengono fissate le condizioni iniziali ed il passo di integrazione, nella seconda viene eseguita l’integrazione vera e propria tramite un ciclo for, mentre nell’ultima parte vengono visualizzati i risultati. La parte di integrazione utilizza il metodo di Eulero per l’integrazione della velocità e dell’accelerazione, basandosi sull’accelerazione espressa dalla 2.41 valutata al passo di integrazione corrente, il cui valore numerico viene determinato con la funzione acc.m riportata in figura 2.12. Questa funzione determina il valore dell’accelerazione in funzione della derivata di ordine 0 e 1 della coordinata libera; il valore dell’accelerazione dipende inoltre dal raggio R della ruota motrice. La determinazione dell’accelerazione si basa su altre due funzioni, riportate in figura 2.13, che consentono il calcolo della forza resistente e della coppia motrice in funzione della velocità α̇. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 28 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL function dinmoto clear all close all %raggio della ruota R = 0.2; %% t=0; %tempo di integrazione tend = 10; %intervallo di integrazione h=0.01; %contatore cicli cc=1; %condizioni iniziali %velocita’ e posizione nulla alpha = 0; dalpha = 0; for t=0:h:tend ddalpha=accbar(R,alpha, dalpha); %integrazione velocita’ alpha = alpha + dalpha*h; %integrazione accelerazione dalpha = dalpha + ddalpha*h; % %salvo risultati nella matrice ris(cc,:) = [t,alpha,dalpha,CoppiaMotrice(dalpha)]; % t=t+h; %incremento la variabile di integrazione cc = cc+1; %incremento il contatore dei cicli end %diagramma forze esterne DiagrammiForzeEsterne(R); %diagrammi dei resiltati DiagrammiRisultati(ris); return Figura 2.11: Integrazione con il metodo di Eulero function ddalpha=acc(R,alpha, dalpha) %calcola l’accelerazione nota la posizione e la velocita’ della coordinata %libera %parametri : %R: raggio della ruota %alpha: coordinata libera %dalpha: velocita’ della coordinata libera %valore di ritorno: accelerazione della coordinata libera %dati identificativi del modello %massa m=90; %% dx = R*dalpha; %velocita’ del baricentro %calcolo della forza resistente e della coppia motrice Fr = ForzaResistente( dx ); Cm = CoppiaMotrice(dalpha); %calcolo dell’accelerazione ddalpha = (Cm - Fr*R)/(m*R^2); return; Figura 2.12: Calcolo dell’accelerazione appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 29 function Fr=ForzaResistente(dx) %calcola la forza resistente in funzione della velocita’ di avanzamento %parametri: velocita’ di avanzamento Kr = 0.7; Fr = Kr*dx.^2; return function Cm=CoppiaMotrice(dalpha) %calcola la coppia motrice in funzione della velocita’ di rotazione della %ruota Cm0 = 70; w0 = 100; Cm = Cm0*(1 - (dalpha/w0).^2); return Figura 2.13: Calcolo delle forze esterne appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 30 2.5 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL Equazioni di Lagrange Le equazioni di Lagrange permettono la scrittura delle equazioni di moto considerando il sistema nel suo complesso, esprimendo in un’opportuna forma il lavoro virtuale delle forze d’inerzia e delle forze esterne. L’effetto dei campi di forza descritti da un’energia potenziale V , come ad esempio quelli conservativi, è introdotto per mezzo dell’energia potenziale V . Considerando un sistema ad un grado di libertà in cui la coordinata libera è α, l’equazione di Lagrange è espressa dalla relazione µ ¶ d ∂L ∂L = Qα (2.42) − dt ∂ α̇ ∂α in cui si è introdotta la funzione L = T − V (detta Lagrangiana) che rappresenta la differenza fra l’energia cinetica totale del sistema e l’energia potenziale totale del sistema. La Lagrangiana è funzione della posizione α e della velocità α̇ ed assume l’espressione generale X X1 Vj (α) (2.43) L(α, α̇) = mi vi2 (α, α̇) − 2 j i in cui compare la somma delle energie cinetiche dei corpi che costituiscono il sistema e la somma di tutte le energie potenziali associate alle forze applicate al sistema. Nel calcolo dell’energia cinetica si è fatto riferimento alla massa generalizzata dei corpi, senza distinguere fra traslazioni di punti di massa e rotazioni di corpi con momento d’inerzia diverso da zero. Nella 2.43 si è inoltre esplicitata la dipendenza dell’energia cinetica e potenziale dalla derivata di ordine 0 e 1 della coordinata libera, senza introdurre delle variabili fisiche di comodo per la descrizione del movimento dei punti di massa o di applicazione delle forze esterne. Il primo membro della 2.42 fa allora riferimento al lavoro virtuale delle forze d’inerzia e dei campi di forza che ammettono potenziale, mentre il secondo membro Qα fa riferimento al lavoro delle forze applicate al sistema che non rientrano nel primo membro dell’equazione. Il termine Qα prende il nome di componente lagrangiana della sollecitazione attiva P F k · δpk Qα = k (2.44) δα ed è determinabile come la somma dei lavori virtuali delle forze esterne per una spostamento virtuale δα della coordinata libera diviso lo stesso spostamento virtuale della coordinata libera. Ricordando quanto esposto nel paragrafo 2.1, e ricordando che il lavoro virtuale è quello compatibile con i vincoli e che gli spostamenti virtuali possono essere presi piccoli a piacere, la 2.44 può essere espressa in termini di τ k = dsk /dα X Qα = Fk · τk (2.45) k appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 2.5.1 31 Esempio Facendo riferimento al manovellismo riportato in figura 2.8 ed allo sviluppo dell’esercizio proposto nel paragrafo 2.3.1 viene determinata l’equazione di moto con l’equazione di Lagrange. L’energia cinetica del manovellismo sarà 1 1 1 T = m1 (bα̇)2 + JG α̇2 + m2 ẋ2 , 2 2 2 la dipendenza della velocità ẋ del corsoio è già stata determinata nel paragrafo 2.3.1 " # r2 sin(2α) ẋ = r sin α + p α̇ = τ2 (α)α̇ l2 − r2 sin2 α per cui risulta 1 1 1 T = m1 (bα̇)2 + JG α̇2 + m2 τ22 α̇2 . 2 2 2 Il meccanismo giace nel piano orizzontale, nell’espressione della lagrangiana non compare quindi l’energia potenziale della forza peso, L = T . Le derivate della lagrangiana che compaiono al primo membro della 2.42 risultano allora ∂ T = m1 b2 α̇ + JG α̇ + m2 τ22 α̇ ∂ α̇ µ ¶ d ∂ dτ2 T = m1 b2 α̈ + JG α̈ + m2 (2τ2 α̇ + τ22 α̈) dt ∂ α̇ dt d dt d dt µ µ ∂ T ∂ α̇ ∂ T ∂ α̇ ¶ = m1 b2 α̈ + JG α̈ + m2 (2τ2 dτ2 dα 2 α̇ + τ22 α̈) dα dt ¶ = m1 b2 α̈ + JG α̈ + m2 (2τ2 γ2 α̇2 + τ22 α̈) ∂ dτ2 2 T = m2 τ2 α̇ = m2 τ2 γ2 α̇2 ∂α dα Il primo membro dell’equazione di Lagrange risulta allora m1 b2 α̈ + JG α̈ + m2 (τ2 γ2 α̇2 + τ22 α̈) La componente lagrangiana della sollecitazione attiva Qα è Qα = −Fr τ2 + Cm e quindi l’equazione di lagrange porta all’equazione differenziale α̈(m1 b2 + JG + m2 τ22 ) + m2 τ2 γ2 α̇2 = −Fr τ2 + Cm riconducibile con semplici passaggi alla 2.27 α̈ = −Fr τ2 + Cm − m2 τ2 γ2 α̇2 m1 b2 + JG + m2 τ22 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 32 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 3 Comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio 3.1 3.1.1 Esempi sulla scrittura delle equazioni di moto Manovellismo Per il manovellismo presentato in figura 3.1 vengono proposti due metodi per la scrittura dell’equazione di moto necessaria all’analisi dinamica in un intorno della posizione di equilibrio. Si suppone che la lunghezza l della biella sia molto più grande della lunghezza r della manovella. Con queste ipotesi l’equazione 2.26 si semplifica e la posizione del corsoio a partire dal punto morto esterno è descritta dalla relazione x = r(1 − cos α) in cui α è la rotazione della manovella, assunta come coordinata libera. La molla è applicata al corsoio lungo la sua direzione di scorrimento, ha lunghezza libera l0 , è fissata a terra in un punto che dista h dal punto morto esterno lungo la direzione di scorrimento del corsoio. Nelle condizioni di “molla scarica” il corsoio avrà allora la posizione xs = l0 − h a cui corrisponde una rotazione della manovella αs = arccos(1 − xs /r) . 33 CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 34 Figura 3.1: Manovellismo Bilancio di potenze La posizione di equilibrio è individuata dal valore α0 della coordinata libera, è determinabile dal principio dei lavori virtuali, che può essere espresso nella forma X Fi · τi = 0 , dove la sommatoria è estesa a tutte le forze generalizzate applicate al sistema. Viene indicato con ~i il versore dell’asse x assunto come misura della posizione del corsoio e con ~k il versore dell’asse perpendicolare ed uscente dal piano del foglio. Quindi la coppia applicata alla manovella sarà espressa dalla relazione C0 = C0~k, mentre la forza elastica applicata al corsoio sarà F e = Fe (−~i) in cui Fe = k(x − xs ) = kr(cos αs − cos α). I rapporti di trasmissione dei punti di applicazione delle forze esterne risultano rispettivamente τ 3 = 1 ~k per la coppia applicata alla manovella, e τ 2 (α) = dx/dα~i = r sin α~i per la forza elastica applicata al corsoio. La posizione α0 di equilibrio è allora determinabile della relazione C0 · τ 3 + F e · τ 2 = C0 − kr2 (cos αs − cos α0 ) sin α0 = 0 . L’equazione di moto che descrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio è m∗ ϕ̈ + k ∗ ϕ = 0 in cui m∗ = e ∗ k =− X à X τi20 mi ! ¯ dF i ¯¯ · τ i0 + F i0 · γ i0 . dα ¯α=α0 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 35 Il rapporto di trasmissione del punto 2 ha modulo funzione di α (τ2 = τ2 (α), mentre la sua direzione è fissa. Derivando allora il rapporto di trasmissione rispetto ad α si ottiene γ 2 (α) = r cos α~i. Applicando le relazioni viste ai punti di interesse indicati in figura 3.1 si ottiene per la massa equivalente l’espressione m∗ = m1 τ12 + m2 τ22 (α0 ) + JG , mentre la rigidezza equivalente è ! à ¯ dFe ¯¯ ∗ τ2 (α0 ) − Fe0 γ2 (α0 ) , k =− − dα ¯α=α0 da cui k ∗ = kr sin α0 r sin α0 + kr(cos αs − cos α0 )r cos α0 k ∗ = kr2 (sin2 α0 + cos αs cos α0 − cos2 α0 ) . In quest’ultima relazione i termini cos αs cos α0 − cos2 α0 rappresentano l’effetto dell’intensità della forza elastica nella posizione di equilibrio, quindi in questo caso la rigidezza equivalente dipende anche dal valore delle forze che determinano la posizione di equilibrio. Infatti si osserva che se la posizione di equilibrio coincidesse con la posizione di molla scarica (ovvero α0 = αs e quindi C0 = 0), rimarrebbe solamente l’effetto della variazione ¯ 2 2 2¯ del modulo della forza esterna dF dα α=α0 · τ 20 = kr sin α0 , essendo nullo il valore della forza elastica nella posizione di equilibrio. La coppia C0 applicata alla manovella non compare nell’espressione della rigidezza equivalente in quanto il rapporto di trasmissione che lega la rotazione della manovella alla coordinata libera è costante (unitario). Equazione di Lagrange Le espressioni di m∗ e k ∗ possono essere ottenute seguendo anche l’approccio di Lagrange. Si dovranno scrivere le espressioni dell’energia cinetica associata alle masse in movimento e quelle dell’energia potenziale associata alle forze elastiche. Nel caso in cui le espressioni ottenute non siano rispettivamente delle forme quadratiche in α per l’energia potenziale ed in α̇ per l’energia cinetica, l’applicazione dell’equazione di Lagrange 2.42 porterebbe ad un’equazione di moto in generale non lineare con coefficienti non costanti. L’analisi del comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio statico, può essere efficacemente condotta operando sull’equazione di moto linearizzata, in modo da ottenere un’equazione differenziale ordinaria a coefficienti costanti del secondo ordine. La forma linearizzata dell’equazione di moto può essere ottenuta sviluppando in serie di Taylor le espressioni dell’energia cinetica e potenziale in un intorno della posizione di appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 36 equilibrio α0 , in modo che l’energia cinetica sia una forma quadratica in α̇ e l’energia potenziale una forma quadratica in α. Per applicare la 2.42, che porta all’equazione di moto cercata, si farà riferimento all’analisi cinematica sviluppata nella parte precedente, da cui risulta ẋ = dx/dαα̇ = τ2 (α)α̇. L’energia potenziale associata alla molla è V = 1 1 k(x − xs )2 = kr2 (cos αs − cos α)2 , 2 2 l’energia cinetica è T = 1 1 1 1 (JG + md2 )α̇2 + m2 ẋ2 = (JG + md2 )α̇2 + m2 (r sin αα̇)2 , 2 2 2 2 mentre la componente lagrangiana della sollecitazione attiva è Qα = C0 . Per la determinazione della posizione di equilibrio statico possiamo far riferimento ancora alla 2.42, annullando l’energia cinetica, T = 0. La posizione di equilibrio statico α0 cercata è allora determinabile dalla relazione ∂V = Qα ∂α da cui risulta kr2 (cos αs − cos α0 ) sin α0 = C0 , come precedentemente già ottenuto. L’espressione dell’energia cinetica T e potenziale V trovate non sono rispettivamente una forma quadratica in α̇ e in α. Si procede allora al loro sviluppo in serie di Taylor in un intorno della posizione di equilibrio; per l’energia cinetica si considererà la funzione approssimante T̃ (α) = T (α0 ) + O0 = 1 (JG + md2 + m2 r2 sin2 α0 )α̇2 2 che risulta una forma quadratica in α̇. Per l’energia potenziale si considererà la funzione approssimante ¯ ¯ ∂V ¯¯ 1 ∂ 2 V ¯¯ Ṽ (α) = V (α0 ) + (α − α ) + (α − α0 )2 + O2 0 ∂α ¯α=α0 2 ∂α2 ¯α=α0 quadratica in α. Considerando L = T̃ − Ṽ ed applicando la 2.42 otteniamo d ∂ d ∂ L= T̃ = (JG + md2 + m2 r2 sin2 α0 )α̈ = m∗ α̈ dt ∂ α̇ dt ∂ α̇ appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 37 in cui si riconosce l’espressione di m∗ precedentemente determinata. " # ¯ ¯ ∂ ∂ ∂V ¯¯ ∂ 2 V ¯¯ L = − Ṽ = − + (α − α0 ) = ∂α ∂α ∂α ¯α=α0 ∂α2 ¯α=α0 = −kr2 (cos αs − cos α0 ) sin α0 + . . . £ ¤ −kr2 sin2 α0 + (cos αs − cos α0 ) cos α0 (α − α0 ) . Applicando ora la 2.42 si ottiene l’equazione differenziale ordinaria del secondo ordine 2 m∗ α̈ + kr αs − cos α0 ) sin α0 + . . . ¤ £ (cos 2 +kr sin2 α0 + (cos αs − cos α0 ) cos α0 (α − α0 ) = C0 in cui i termini kr2 (cos αs −cos α0 ) sin α0 e C0 si elidono a vicenda in quanto rappresentano la condizione di equilibrio precedentemente determinata. Rimane allora £ ¤ m∗ α̈ + kr2 sin2 α0 + (cos αs − cos α0 ) cos α0 (α − α0 ) = 0 , nella quale introducendo la variabile ϕ = α−α0 , che descrive lo spostamento dalla posizione di equilibrio statico, da cui risulta ϕ̈ = α̈, si ottiene m∗ ϕ̈ + k ∗ ϕ = 0 in cui £ ¤ k ∗ = kr2 sin2 α0 + (cos αs − cos α0 ) cos α0 come precedentemente determinato. 3.1.2 Pendolo Il pendolo presentato in figura 3.2 è posto nel piano verticale, e si assume come coordinata libera la rotazione α del pendolo misurata a partire dalla direzione verticale. La molla di costante elastica k sia “scarica” per una rotazione α = αs del pendolo. La posizione di equilibrio può essere determinata imponendo l’equilibrio alla rotazione attorno alla cerniera o. La forza elastica Fe dovuta all’allungamento della molla risulta Fe = k∆l = kR(α − αs ). Il momento dovuto al richiamo elastico della molla risulta M1 (α) = kR(α − αs )R in senso antiorario, mentre quello dovuto alla forza peso è M2 (α) = mgl sin α in senso orario. Nella condizione di equilibrio i momenti citati si devono bilanciare M1 (α) = M2 (α) da cui, risolvendo in α si ricava la posizione di equilibrio α0 . Risulta kR(α − αs )R = mgl sin α appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 38 Figura 3.2: Pendolo inverso la cui risoluzione è rappresentata dal punto di vista geometrico in figura 3.3. L’equazione di moto descrivente il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio viene determinato sia con l’equazione del bilancio di potenze linearizzata in un intorno della posizione di equilibrio, sia con il metodo energetico. Bilancio di potenze L’analisi cinematica per la determinazione di τ e γ deve essere condotta per i punti 1 e 2 di figura 3.2, in quanto ad essi sono applicate forze esterne o descrivono la posizione di punti di massa. Per il punto 1 il rapporto di trasmissione ha direzione costante (come mostrato in figura) e modulo R. Infatti la sua velocità risulta v1 = Rα̇ con direzione costante, per cui τ1 = R. Per il punto 2 il rapporto di trasmissione ha modulo costante. Infatti la sua velocità risulta v2 = lα̇ con direzione variabile, per cui τ2 = l. La derivata del rapporto di trasmissione rispetto ad α sarà allora diversa da zero (varia la direzione). Ricordando la 2.19 risulterà γ2 = l diretto verso il centro di rotazione del pendolo. Calcolati i parametri cinematici è ora possibile determinare la massa e la rigidezza equivalente. La massa equivalente risulta m∗ = X appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 τi20 mi = l2 m prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 39 Figura 3.3: Soluzione grafica per la posizione di equilibrio del pendolo di figura 3.2 mentre la rigidezza equivalente à ! ¯ P dF i ¯¯ ∗ k = − · τ i0 + F i0 · γ i0 = dα ¯α=α0 = − [−kRτ1 + mgl cos α0 ] = kR2 − mgl cos α0 . L’equazione cercata è allora ml2 ϕ̈ + (kR2 − mgl cos α0 )ϕ = 0 . Si osservi che il sistema è stabile se k ∗ > 0, ovvero se kR2 > mgl cos α; facendo riferimento alla figura 3.3, questa circostanza si verifica allora quando la curva M1 (α) interseca la curva M2 (α) con una pendenza maggiore. Infatti kR2 rappresenta la pendenza della curva M1 , mentre il termine mgl cos α rappresenta la pendenza della curva M2 . In particolare quando αs = 0, ovvero quando nella posizione di molla scarica il pendolo è allineato alla direzione verticale, le curve citate hanno due punti di intersezione, A e B. Nella posizione di equilibrio A risulterà k ∗ < 0 ed è perciò di equilibrio instabile; in B risulta invece k ∗ > 0 e la posizione di equilibrio è allora stabile. Metodo energetico Per applicare il metodo energetico si devono determinare le espressioni dell’energia cinetica e dell’energia potenziale associate al sistema. L’espressione dell’energia cinetica risulta T = appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 1 m(lα̇)2 . 2 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 40 Per il calcolo dell’energia potenziale si deve tenere conto della molla e del campo gravitazionale terrestre. Risulta allora V = 1 1 1 1 k(∆l)2 + mg(z0 + lcosα) = kR2 (α − αs )2 + mg(z0 + lcosα) 2 2 2 2 in cui z0 è la quota di riferimento per la misura delle altezze. L’espressione dell’energia cinetica è gia una forma quadratica in α̇, e non viene quindi approssimata in un intorno della posizione di equilibrio. L’energia potenziale deve essere sviluppata in serie di Taylor in un intorno della posizione di equilibrio α0 per ricondurla ad una forma quadratica in α. Si considererà la funzione approssimante ¯ ¯ ∂V ¯¯ 1 ∂ 2 V ¯¯ Ṽ = V (α0 ) + (α − α0 ) + (α − α0 )2 . ∂α ¯α0 2 ∂α2 ¯α0 Considerando L = T − Ṽ ed applicando l’equazione di Lagrange si ottiene: d ∂ L = ml2 α̈ , dt ∂ α̇ ¯ ¯ ∂V ¯¯ ∂ 2 V ¯¯ ∂ L = − − (α − α0 ) = ∂α ∂α ¯α0 ∂α2 ¯α0 = −kR2 (α0 − αs ) + mgl sin α0 + (−kR2 + mgl cos α0 )(α − α0 ) , in cui il termine −kR2 (α0 −αs )+mgl sin α0 si annulla in quanto rappresenta le condizioni di equilibrio. Introducendo la variabile ϕ = α − α0 l’equazione di moto risulta allora: ml2 ϕ̈ + (kR2 − mgl cos α0 )ϕ = 0 . 3.2 Risoluzione dell’equazione di moto L’analisi dinamica in un intorno della posizione di equilibrio viene allora eseguita studiando l’equazione differenziale ordinaria del II ordine m∗ ϕ̈ + k ∗ ϕ = 0 (3.1) in cui ϕ rappresenta lo spostamento del sistema misurato a partire dalla posizione di equilibrio. Nel seguito si studieranno sistemi stabili per i quali risulta k ∗ > 0. Nei prossimi paragrafi verranno studiate alcuni soluzioni del problema dinamico a partire della 3.1. Per facilitare l’interpretazione fisica dei risultati che si otterranno faremo riferimento al modello di un sistema semplice, per il quale è immediato il appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 41 Figura 3.4: Modello per lo studio delle vibrazioni contributo delle forze applicate, ma che porta sempre alla stessa equazione di moto 3.1. Facendo riferimento alla figura 3.4, l’equazione di moto che descrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio è m∗ ẍ + k ∗ x = 0 (3.2) coincidente con la 3.1, sostituendo x a ϕ. 3.2.1 Vibrazioni libere L’equazione differenziale 3.2 rappresenta il comportamento dinamico di un sistema ad un grado di libertà non dissipativo, al quale cioè non sono applicate forze che dissipano energia, la soluzione x(t) potrà essere determinata fissando le condizioni iniziali (condizioni al contorno) al tempo t = 0 x(0) = xt0 (3.3) ẋ(0) = ẋt0 La forma generale della soluzione è rappresentata dall’espressione x(t) = zeλt (3.4) in cui i valori di λ dipendono dai coefficienti dell’equazione differenziale, mentre la variabile complessa z dipende dalle condizioni iniziali. I valori di λ si determinano sostituendo la 3.4 e la sua derivata seconda nella 3.1, si ottiene m∗ λ2 zeλt + k ∗ zeλt = 0 , (3.5) da cui si ottiene un’equazione algebrica di secondo grado in λ m∗ λ2 + k ∗ = 0 , appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (3.6) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 42 Figura 3.5: Soluzione vettoriale le cui soluzioni complesse coniugate sono p λ1,2 = ±i k ∗ /m∗ (3.7) avendo considerato k ∗ > 0 ed essendo m∗ > 0. p Il termine k ∗ /m∗ è una caratteristica del sistema in studio, è funzione dei coefficienti dell’equazione di moto, viene indicata con ω0 e prende allora il nome di pulsazione propria del sistema. λ1,2 = ±iω0 (3.8) La soluzione generale assumerà allora la forma x(t) = z1 eλ1 t + z2 eλ2 t = z1 eiω0 t + z2 e−iω0 t . (3.9) Le due costanti di integrazione z1 e z2 sono determinate imponendo le condizioni iniziali ½ ½ z1 + z2 = xt0 x(0) = xt0 z1 + z2 = xt0 ẋt ⇒ ⇒ . ẋ(0) = ẋt0 z1 iω0 − z2 iω0 = ẋt0 z1 − z2 = −i 0 ω0 (3.10) Le variabili complesse z1 e z2 sono allora complesse coniugate (la somma porta ad un numero reale, mentre la differenza ad un numero puramente immaginario), per cui sono facilmente determinabili e risultano µ ¶ ẋt0 1 x − i z = t0 1 2 ω0 (3.11) µ ¶ 1 ẋ t 0 xt0 + i z2 = 2 ω0 La soluzione x(t) ha allora anche una rappresentazione geometrica, può essere vista come la somme di due vettori z1 eiω0 t e z2 e−iω0 t rotanti nel piano appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 43 Figura 3.6: Soluzione per xt0 6= 0, ẋt0 = 0 complesso, rispettivamente con velocità ω0 e −ω0 , come presentato in figura 3.5. La soluzione x(t) è allora reale, la somma dei vettori controrotanti giace sull’asse reale, ed è possibile esprimere la soluzione x(t) come la proiezione sull’asse reale di un vettore parallelo a z1 , di modulo C e rotante nel piano complesso con velocità ω0 . Risulta allora x(t) = C cos(ω0 t + φ) (3.12) in cui φ rappresenta l’anomalia del vettore proiettato all’istante t = 0. La direzione del vettore all’istante iniziale coincide con quella del vettore z1 , risulta allora µ ¶ ẋt /ω0 φ = arctan − 0 . (3.13) xt0 Il modulo C del vettore considerato avrà, per costruzione geometrica, un valore doppio rispetto al modulo dei vettori z1 e z2 , risulterà q C = 2|z1 | = 2|z2 | = x2t0 + (ẋt0 /ω0 )2 . (3.14) La soluzione ha andamento armonico la cui ampiezza C dipende dalle condizioni iniziali imposte, mentre il periodo T0 = 2π/ω0 dipende dai coefficienti dell’equazione di moto massa m∗ e rigidezza k ∗ equivalente, e quindi dalle caratteristiche fisiche del sistema analizzato. La soluzione trovata descrive allora un’oscillazione attorno alla posizione di equilibrio della massa di figura 3.4, con una frequenza fn = 1/T0 dipendente dalle caratteristiche del sistema, e con un’ampiezza funzione della perturbazione iniziale. Nel caso in cui sia nulla la velocità iniziale, ẋt0 = 0, e diverso da zero lo spostamento iniziale, risulta φ = 0, si ottiene la risposta riportata in figura 3.6. In questo caso, a partire dalla condizione di equilibrio, la massa viene portata nella posizione xt0 e qui lasciata libera. La massa allora oscilla attorno alla posizione di equilibrio con un’ampiezza pari a xt0 e con una frequenza fn . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 44 Figura 3.7: Soluzione per xt0 = 0, ẋt0 6= 0 Nel caso in cui sia diversa da zero la sola velocità iniziale ẋt0 , risulta φ = −π/2, e l’andamento di x(t) è riportato in figura 3.7. In questo caso nelle condizioni di equilibrio viene imposta alla massa una velocità iniziale ẋt0 , allora essa inizia ad oscillare attorno alla posizione di equilibrio con un’ampiezza pari a ẋt0 /ω0 e con una frequenza fn . cosa accade alla forza totale ??? La soluzione x(t) può essere espressa anche in un’altra forma, infatti, ricordando la formula di addizione degli angoli per il coseno, dalla 3.12 si ottiene x(t) = C cos φ cos(ω0 t) − C sin φ sin(ω0 t) (3.15) e quindi x(t) = A cos ω0 t + B sin ω0 t (3.16) B −C sin φ B = ⇒ tan φ = − , A C cos φ A (3.17) per cui dalla 3.13 risulta B ẋt /ω0 = 0 . A xt0 (3.18) In definitiva si ottiene allora x(t) = xt0 cos ω0 t + ẋt0 sin ω0 t . ω0 (3.19) Questa relazione poteva ovviamente essere ottenuta dalla 3.16 imponendo le condizioni iniziali espresse dalla 3.3. La soluzione x(t) può allora essere espressa in tre forme equivalenti: x(t) = x(t) = x(t) = z1 eiω0 t + z2 e−iω0 A cos ω0 t + B sin ω0 t C cos(ω0 t + φ) = <{Ceiφ eiω0 t } (3.20) (3.21) (3.22) (3.23) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 45 Per i casi rappresentati dal modello di figura 3.4, la pulsazione propria ω0 può essere determinata tramite la misura della deformata della molla nelle condizioni di equilibrio, dovuta all’azione della forza peso. Nella condizioni di equilibrio la molla ha subito, a partire della configurazione indeformata, un allungamento mg (3.24) δst = k e ricordando l’espressione di ω0 risulta r r p mg/δst g ω0 = k/m = = . (3.25) m δst L’analisi della soluzione x(t) ottenuta mette in evidenza che l’ampiezza di oscillazione è costante, fissata dalle condizioni iniziali permane per un tempo infinito una volta che l’oscillazione è stata innescata. L’ampiezza di oscillazione costante mette in evidenza che l’energia totale del sistema si conserva. Questo comportamento non corrisponde alla rilevazione sperimentale dei fenomeni vibratori, per i quali la vibrazione, una volta innescata, si esaurisce in un certo intervallo di tempo, dissipando tutta l’energia introdotta fissando le condizioni iniziali di moto. Si tratterà allora di inserire nel modello fino ad ora utilizzato degli effetti dissipativi, in modo che si possa rappresentare la riduzione dell’ampiezza di oscillazione libera della massa. 3.2.2 Vibrazioni smorzate L’energia dissipata ciclo per ciclo durante la vibrazione del sistema può dipendere da varie cause, può essere funzione dello spostamento, funzione della velocità, degli sforzi interni del materiale oppure può dipendere da fenomeni di isteresi. Si tratta di introdurre l’effetto della dissipazione di energia in modo conveniente nell’equazione di moto 3.2, il modello che porta alla più semplice soluzione analitica dell’equazione di moto è quello detto dello smorzatore viscoso equivalente, il quale prevede di considerare una forza proporzionale alla velocità di deformazione dello smorzatore in verso opposto alla velocità di deformazione. Facendo riferimento alla figura 3.8 la forza dissipativa risulta F d = −rẋ~i (3.26) e l’energia dissipata nell’unità di tempo è Wd = F d · ẋ~i = −rẋ2 (3.27) Il parametro r è detto coefficiente di smorzamento ed il suo valore sarà opportunamente calcolato in modo che lo smorzatore equivalente dissipi, per ogni ciclo di oscillazione, la stessa energia che dissipa il sistema reale rappresentato dal modello. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 46 Figura 3.8: Caratteristica e simbolo dello smorzatore viscoso equivalente Figura 3.9: Modello smorzato per lo studio delle vibrazioni Introducendo nel modello 3.4 uno smorzatore viscoso equivalente, in parallelo alla molla di rigidezza k come indicato nella figura 3.9, l’equazione di moto che descrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio risulta mẍ + rẋ + kx = 0 . (3.28) Nella scrittura dell’equazione di moto l’effetto della forza di smorzamento viscoso può essere introdotto considerando il lavoro virtuale compiuto dalle forze dissipative per un incremento virtuale della coordinata libera, diviso l’incremento virtuale della coordinata libera, ovvero X F dj · τ j . (3.29) Nell’applicazione dell’equazione di Lagrange questo contributo compare nella scrittura della componente Lagrangiana della sollecitazione attiva Qα . Si osservi che la forza dissipativa introdotta è nulla nella posizione di equilibrio e non dipende dalla coordinata libera, per cui essa non compare nella scrittura della rigidezza equivalente. La soluzione x(t) dell’equazione differenziale 3.28 è del tipo x(t) = zeλt ; sostituendola assieme alle sue derivate prima e seconda nella 3.28 si ottiene l’equazione algebrica del secondo ordine in λ λ2 m + rλ + k = 0 . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (3.30) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 47 x(t) xt0 = 1, ẋt0 = 0 xt0 = 1, ẋt0 = 20 xt0 = 1, ẋt0 = −80 t Figura 3.10: Risposte con indice di smorzamento h = 2 Dividendo ambo i membri dell’equazione per m si ottiene λ2 + 2hω0 λ + ω02 = 0 (3.31) in cui al rapporto r/m si è sostituito l’espressione r 2rω0 = = 2hω0 . m 2mω0 (3.32) Il parametro r r = (3.33) 2mω0 rc è detto indice di smorzamento ed è definito come il rapporto fra il coefficiente di smorzamento equivalente ed in coefficiente di smorzamento critico rc = 2mω0 . Le soluzioni dell’equazione algebrica 3.31 sono espresse dalla relazione q ³ ´ p λ1,2 = −hω0 ± h2 ω02 − ω02 = ω0 −h ± h2 − 1 (3.34) h= e possono essere, in funzione del valore di h, reali distinte, reali coincidenti o complesse coniugate. ³ ´ p h > 1 soluzioni reali distinte λ1,2 = ω0 −h ± |h2 − 1| : La soluzione x(t) = z1 eλ1 t + z2 eλ2 t dell’equazione di moto ha λ1 < 0 , λ2 < 0; è allora la somma di due funzioni esponenziali decrescenti. Qualsiasi sia il valore delle appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 48 x(t) xt0 = 1, ẋt0 = 0 xt0 = 1, ẋt0 = 20 xt0 = 1, ẋt0 = −80 t Figura 3.11: Risposte con smorzamento critico condizioni iniziali che fissano le costanti complesse z1 , z2 , il moto della massa non potrà mai essere oscillatorio, non potranno perciò mai nascere delle vibrazioni. Imponendo le condizioni iniziali 3.3, si ottiene −xt0 λ2 + ẋt0 λ1 t xt λ1 − ẋt0 λ2 t √ x(t) = e + 0√ e (3.35) 2 2ω0 h − 1 2ω0 h2 − 1 La figura 3.10 presenta l’andamento di x(t) per tre diverse condizioni iniziali. h = 1 soluzioni reali coincidenti λ1,2 = −ω0 h: In questo caso è h = 1, ovvero il coefficiente di smorzamento coincide con il coefficiente di smorzamento critico, r = rc . La soluzione x(t) è allora rappresentata dalla forma generale x(t) = (A + Bt) e−ω0 t (3.36) in cui le costanti A e B devono essere determinate imponendo le condizioni iniziali 3.3, si ottiene x(t) = [xt0 + (ẋt0 + ω0 xt0 )t] e−ω0 t . (3.37) La risposta in condizioni di smorzamento critico è quella che permette di raggiungere la posizione di equilibrio nel minor tempo senza oscillazioni, al massimo attraversando una volta la posizione di equilibrio. La figura 3.11 presenta la risposta per tre diverse condizioni iniziali. Si osserva che solo per condizioni iniziali che prevedono velocità verso la posizione di equilibrio lo spostamento x è tale per cui si oltrepassa la posizione x = 0 di equilibrio. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 49 √ ¡ ¢ h < 1 soluzioni complesse coniugate λ1,2 = ω0 −h ± i 1 − h2 : Indicando con p ω1 = ω0 1 − h2 (3.38) la soluzione dell’equazione di moto risulta £ ¤ x(t) = z1 e(−hω0 +iω1 )t + z2 e(−hω0 −iω1 )t = e−hω0 t z1 eiω1 t + z2 e−iω1 t (3.39) Ricordando lo sviluppo della 3.9 la soluzione dell’equazione di moto può essere espressa nelle forme x(t) = e−hω0 t (A cos ω1 t + B sin ω1 t) (3.40) x(t) = e−hω0 t C cos(ω1 t + φ) (3.41) in cui le costanti A e B o C e φ devono essere determinate imponendo le condizioni iniziali 3.3, ad esempio per la 3.40 si ottiene µ ¶ ẋt − ω0 hxt0 x(t) = e−hω0 t xt0 cos ω1 t + 0 sin ω1 t (3.42) ω1 La soluzione x(t) è espressa come il prodotto di due funzioni: La prima è un esponenziale descrescente e−hω0 t e−hω0 t t mentre la seconda rappresenta un moto armonico A cos ω1 t+B sin ω1 t, quindi di periodo T1 = 2π/ω1 A cos ω1 t + B sin ω1 t t Il prodotto fra le due porta allora ad una soluzione oscillante la cui ampiezza via via si riduce con il passare del tempo. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 50 e−hω0 t (A cos ω1 t + B sin ω1 t) t Il periodo di oscillazione T1 dipende essenzialmente da m∗ e k ∗ , la velocità con cui le oscillazioni si smorzano dipende dal coefficiente di smorzamento r∗ e dalla massa m∗ , infatti hω0 = r∗ /(2m∗ ). Considerazioni sull’indice di smorzamento - Decremento logaritmico L’effetto dell’indice di smorzamento h sulla riduzione dell’ampiezza di oscillazione può essere valutato considerando il rapporto fra l’ampiezza di oscillazione di due periodi consecutivi (figura 3.12). Indicando con xa0 l’ampiezza di oscillazione del primo periodo e con xa1 l’ampiezza di oscillazione del periodo successivo, in questo caso il secondo, si definisce decremento logaritmico δ l’espressione xa δ = ln 0 . (3.43) xa1 La misura delle ampiezze di oscillazione xa0 e xa1 viene eseguita in due istanti di tempo che distano fra di loro un intervallo di tempo T1 , pari al periodo di oscillazione. Indicando con t̄ il tempo in cui si misura l’ampiezza di oscillazione xa0 e ricordando la 3.40 risulta δ = ln x(t̄) h2π = ln ehω0 T1 = hω0 T1 = √ . x(t̄ + T1 ) 1 − h2 (3.44) Se si considera il rapporto fra ampiezze di oscillazione la cui distanza è pari ad un numero n di periodi di oscillazione xa xa xa xa ln 0 = ln 0 + ln 1 + . . . + ln n−1 (3.45) xan xa1 xa2 xan risulta allora x a0 h2π = nδ = n √ . (3.46) xan 1 − h2 Da quest’ultima espressione si ottiene una semplice relazione che lega il numero di periodi di oscillazioni n necessari affinchè l’ampiezza di oscillazione si dimezzi, e l’indice di smorzamento h. Infatti considerando nella 3.46 ln xa0 /xan = ln 2, ed ipotizzando h << 1, si ottiene ln ln 2 = nh2π appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 ⇒ nh ' 0.11 . (3.47) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 51 x(t) xa0 xa1 xa2 x a3 t Figura 3.12: Calcolo decremento logaritmico La figura 3.13 rappresenta il legame fra n e h nel caso in cui n periodi di oscillazione portino al dimezzamento dell’ampiezza di oscillazione. 3.3 Rigidezza degli elementi elastici Nei modelli introdotti, la rigidezza lineare degli elementi elastici meccanici è stata indicata con k, tale che Fe = k∆l , in cui ∆l è deformazione dell’elemento elastico. Pochi solo gli elementi meccanici che mettono in evidenza un comportamento elastico lineare, in generale l’andamento della reazione esercitata dell’elemento meccanico in funzione della sua deformazione ha un andamento non lineare come ad esempio rappresentato in figura 3.14. Nello studio delle vibrazioni si è interessati all’analisi del comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio, ad esempio quella indicata con A nella figura, per ricondurre il problema allo studio di un sistema lineare. In quest’intorno è allora possibile considerare una linearizzazione del comportamento elastico dell’elemento meccanico, ed utilizzare quindi la pendenza della tangente alla curva forza-deformazioni nel punto A, rappresentata dal parametro K di figura. La rigidezza lineare K introdotta tiene conto della cedevolezza del sistema in studio, ed il modello in cui viene inserita è tanto più rappresentativo del sistema effettivo tanto più la massa della parte elastica è piccola rispetto alla massa equivalente concentrata in un determinato punto. La tabella appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 52 n 25 20 15 10 5 0 0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1 h Figura 3.13: Numero n di periodi dopo i quali l’ampiezza di oscillazione si dimezza, in funzione dell’indice di smorzamento h 3.1 indica le rigidezze di alcuni elementi meccanici valutata per piccoli spostamenti lineari o torsionali in un intorno della posizione indicata. Tale valore di rigidezza può essere efficacemente utilizzato per tutti quei modelli nei quali la massa dell’elemento elastico è molto più piccola rispetto alla massa ad esso collegata. Se questa condizione non è verificata, nello studio delle vibrazioni si dovrà tenere conto anche della massa distribuita lungo l’elemento elastico. Nella tabella si è indicato con I il momento d’inerzia della sezione rispetto all’asse neutro, mentre con Jp il momento polare della sezione. La tabella 3.2 indica le espressioni di I e JP per alcune semplici sezioni. Figura 3.14: Caratteristica non lineare forza/deformazioni appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 53 Elementi elastici attraversati dalla stessa forza F sono detti in serie (figura 3.15), in tal caso la deformata di ciascun elementoPelastico è δi = F/ki , mentre la rigidezza equivalente è tale per cui F = keq δi ; la costante elastica equivalente risulta allora X 1 1 = . keq ki (3.48) Elementi elastici che subiscono la stessa deformazione δ sono detti in parallelo. (figura 3.15), In questa circostanza la forza dovuta a ciascun elemento elastico è Fi = ki δ, mentre la rigidezza equivalente è tale per cui P keq δ = Fi , e risulta X keq = ki . (3.49) Figura 3.15: Rigidezze in serie ed in parallelo 3.3.1 Esempi Pendolo torsionale Figura 3.16: Pendolo torsionale Il pendolo torsionale di figura 3.16 è costituito da due alberi, le cui caratteristiche geometriche sono riportate in figura, uno consecutivo all’altro, che collegano un volano simmetrico ed omogeneo di massa M , e diametro D a terra. Il volano è allora caratterizzato dal momento d’inerzia 2 J = M πd8 [ kgm2 ]. Gli alberi hanno massa trascurabile rispetto a quella appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 54 del volano, perciò costituiscono due rigidezza concentrate poste in serie, rispettivamente GJp1 GJp2 k1 = , k1 = l1 l2 in cui G è il modulo di elasticità tangenziale del materiale costituende gli alberi. Nell’insieme il pendolo torsionale è allora rappresentabile come una rigidezza torsionale equivalente kt = k1 k2 k1 + k2 che vincola il volano a terra. Considerando la coordinata θ che descrive la rotazione del volano, l’equazione di moto in un intorno della posizione di equilibrio è allora J θ̈ + kt θ = 0 . Verricello Figura 3.17: Verricello La figura 3.17 rappresenta un verricello posto all’estremità di una mensola incastrata. La mensola ha sezione rettangolare uniforme come indicato in figura, lunghezza l1 . La massa della mensola e quella del tamburo del verricello sono trascurabili rispetto a alla massa M del carico trattenuto dal verricello. La fune utilizzata per tenere sospeso il carico ha diametro d e, per la configurazione analizzata, è svolta per un tratto l2 dal tamburo. La rigidezza vista dal carico M è quella dovuta alla flessione della mensola incastrata e alla deformazione della fune che sorregge il carico. Considerando solo l’effetto di abbassamento dell’estremo libero della mensola, dovuto ad un carico concentrato applicato all’estremità della mensola, la rigidezza dovuta alla mensola è k1 = 3 EI E bh3 = 3 l13 l13 12 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 [ N/m] . prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 55 La rigidezza dovuta alla cedevolezza della fune è invece k2 = EA Eπd2 /4 = l2 l2 [ N/m] . Queste due rigidezze sono fra loro poste in serie, per cui sono equivalenti ad una rigidezza k1 k2 . kl = k1 + k2 L’equazione di moto in un intorno della posizione di equilibrio è allora M ẍ + kl x = 0 in cui x descrive l’abbassamento del carico. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 56 EA l Gd4 64nR3 3EI l3 3EIl a2 b2 GJp l 12EI l3 24EI l3 Tabella 3.1: Rigidezza in un intorno della posizione indeformata di alcuni elementi meccanici appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 57 Ix = πd4 64 Ix = bh3 12 , Jp = πd4 32 Tabella 3.2: Momenti d’inerzia per sezioni semplici appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE DI EQUILIBRIO 58 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 4 Sistemi ad un grado di libertà forzato Nel caso in cui siano applicate delle forze variabili nel tempo, come presentato in figura 4.1, il sistema è detto forzato. Questa è una situazione abituale in una grande classe di dispositivi meccanici. Si pensi ad esempio alle forze applicate al telaio di un veicolo dal motore, alle forze esercitate da masse eccentriche rotanti, ecc. L’effetto introdotto dalla forza F (t) sul moto del sistema, e quindi sulla deformazione delle parti elastiche, risulterà essere funzione sia dell’intesità della forza sia del sua variabilità in funzione del tempo. Si cercherà di introdurre una metodologia sistematica per l’approccio a questo tipo di problemi, ed in particolare faremo sempre riferimento a sistemi lineari o linearizzati in un intorno della posizione di equilibrio. Come visto nel capitolo 3, l’equazione di moto per questo tipo di sistemi è descritta da un’equazione differenziale ordinaria del II ordine. Per generalità si prenderà in considerazione una forzante di tipo sinusoidale, come mostrato in figura 4.1, con espressione generale F0 sin Ωt, in cui F0 è l’ampiezza della forza generalizzata applicata, con andamento sinusoidale di periodo T = 2π/Ω. I risultati che otterremo si potranno estendere a tutti i tipi di forzanti, in quanto esse possono essere espresse come somma di funzioni sinusoidali per mezzo della serie di Fourier. Facendo riferimento a sistemi lineari la risposta complessiva risulterà allora la somma delle risposte dovute ai singoli termini dello sviluppo in serie di Fourier. Si cercherà di mettere in evidenza il rapporto fra la variazione δst che subirebbe la coordinata libera se venisse applicata una forza costante di modulo F0 , e l’ampiezza di oscillazione in un intorno della posizione di equilibrio dovuta all’applicazione della forzante F (t) = F0 sin Ωt. 59 60 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO Figura 4.1: Modello per lo studio delle vibrazioni forzate 4.1 Forzanti armoniche Facendo allora riferimento al sistema rappresentato in figura 4.1, l’equazione di moto che ne descrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio è mẍ+rẋ + kx = F0 sin Ωt (4.1) Questa equazione di moto rappresenta anche il caso generale di un sistema ad 1gdl linearizzato in un intorno della posizione di equilibrio m∗ ϕ̈+r∗ ϕ̇ + k ∗ ϕ = F0∗ sin Ωt (4.2) in cui ϕ rappresenta lo scostamento in un intorno della posizione di equilibrio. L’equazione differenziale del II ordine non omogenea 4.1, ha soluzione generale xg (t) = xo (t) + xp (t) (4.3) in cui xo (t) è la soluzione dell’equazione omogenea associata, ovvero mẍ+rẋ + kx = 0 (4.4) già discussa nel paragrafo 3.2.2, mentre xp (t) è un integrale particolare dell’equazione differenziale 4.1, la cui espressione dipende dal termine noto. Per quanto riguarda l’integrale xo (t) dell’equazione differenziale omogenea associata, si osserva che per indici di smorzamento h diversi da zero, il moto descritto da xo (t) tende, per qualsiasi condizione iniziale imposta, ad annullarsi dopo un certo intervallo di tempo, dipendente essenzialmente dal coefficiente di smorzamento r∗ . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 61 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 3 xo (t) xp (t) xg (t) 2 1 0 -1 t 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 -2 -3 Figura 4.2: Componenti dell’integrale generale, per h = 0.1, condizioni iniziali nulle Al termine di tale intervallo la risposta xg (t) cercata dipenderà esclusivamente dall’integrale particolare xp (t) in quanto xo (t) si è ormai annullato. Questa condizione viene allora indicata come la risposta di regime, che è quindi unicamente descritta dall’integrale particolare xp (t). Per equazioni differenziali del tipo 4.1 l’integrale particolare assume la forma xp (t) = D sin(Ωt + φ) , (4.5) l’integrale generale risulta allora xg (t) = xo (t) + xp (t) = e−hω0 t (A cos ω1 t + B sin ω1 t) + D sin(Ωt + φ) (4.6) in cui le costanti A e B dipendono dalle condizioni iniziali. La figura 4.2 mostra, per condizioni iniziali nulle, l’andamento dell’integrale dell’omogenea associata xo (t), dell’integrale particolare xp (t) e dell’integrale generale. Si osserva che dopo un certo intervallo di tempo, necessario affinchè xo (t) abbia ampiezze trascurabili, l’integrale generale coincide con quello particolare. Per la determinazione dell’ampiezza e dello sfasamento dell’integrale particolare, si tenga conto che, essendo esso una soluzione dell’equazione differenziale, la deve soddisfare. Sostituendo allora nella 4.1 xp (t) e le sue due prime derivate ẋp (t) = DΩ cos(Ωt + φ) (4.7) ẍp (t) = −DΩ2 sin(Ωt + φ) si sostituite −mDΩ2 sin(Ωt + φ) + rDΩ cos(Ωt + φ) + kD sin(Ωt + φ) = F0 sin Ωt (4.8) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 62 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO mDΩ2 = mẍ rDΩ = r ẋ F0 φ kD = kx Ωt Figura 4.3: Equilibrio dinamico per un sistema forzato π −mDΩ2 sin(Ωt+φ)+rDΩ sin( +Ωt+φ)+kD sin(Ωt+φ) = F0 sin Ωt (4.9) 2 La relazione 4.9 esprime l’equilibrio dinamico del sistema 4.1 come chiusura vettoriale delle forze che partecipano all’equilibrio. Il poligono di forze risultante ruota con velcocità Ω (termine che compare in tutti gli addendi della 4.9), mentre la configurazione del poligono dipende da D (ampiezza di oscillazione dell’integrale particolare) e dallo sfasamento φ della risposta xp (t) rispetto alla forzante F (t). La figura 4.3 presenta l’equilibrio dinamico del sistema forzato. Si osserva che prese positive le rotazioni antiorarie, l’angolo φ risulta negativo, quindi l’oscillazione xp (t) è ritardata dell’angolo φ rispetto alla forzante. La forza elastica è parallela allo spostamento, quindi di modulo kD; la forza dissipativa di ampiezza rDΩ è sempre ortogonale alla forza elastica, mentre la forza d’inerzia di modulo mDΩ2 ha verso opposto rispetto alla risposta. La chiusura vettoriale indicata, essendo note le direzioni relative dei vettori, permette la determinazione dell’ampiezza D della risposta di regime e dello sfasamento φ. Dalla chiusura vettoriale si determina F02 = (kD − mDΩ2 )2 + (rDΩ)2 , (4.10) da cui, con semplici passaggi, si ottiene D= F0 1 p 2 k (1 − a )2 + (2ah)2 (4.11) dove a = Ω/ω0 . L’ampiezza di oscillazione della risposta è, a parità di ampiezza F0 della forzante, funzione dell’indice di smorzamento h e del coefficiente a, rapporto fra la pulsazione della forzante e la pulsazione propria ω0 del sistema. Analogamente è possibile determinare lo sfasamento φ φ = − arctan appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 2ah . (1 − a2 ) (4.12) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 63 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO |Cd | 100 10 h 1 0.1 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 Ω/ω0 Figura 4.4: Coefficiente di amplificazione dinamica Cd , per h 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5 = Dalla relazione 4.11 si osserva che l’ampiezza di oscillazione della risposta xp (t) cercata (ovvero la deformata massima della parte elastica), può essere messa in relazione con la deformata della parte elastica dovuta ad un carico costante di intensità F0 . In questa circostanza infatti risulta δst = F0 /k. Il rapporto fra l’ampiezza D della deformata dovuta alla forzante F0 sin Ωt e la deformata δst in condizioni statiche, prende il nome di coefficiente di amplificazione dinamica. Cd = D 1 =p 2 F0 /k (1 − a )2 + (2ah)2 (4.13) La figura 4.4 riporta l’andamento del coefficiente di amplificazione dinamica Cd al variare di a = Ω/ω0 e dell’indice di smorzamento h. Analizzando la 4.13 si possono trarre le seguenti considerazioni: • Per valori di a << 1, Cd tende all’unità indipendentemente dal valore di h, ad indicare il fatto che l’ampiezza di oscillazione D della risposta di regime è paragonabile alla deformata statica δst . Questa zona di funzionamento è allora detta di comportamento quasi statico ed il confronto fra queste due situazioni di carico è riportato in figura 4.5. • Per valori di a ≈ 1, Cd assume valori maggiori dell’unità, in funzione del valore di h. L’aumento del coefficiente Cd indica che l’ampiezza di oscillazione D della risposta di regime è maggiore della deformata statica δst , ed è tanto maggiore quanto più h è basso e tanto più a è prossimo all’unità. Si osservi che a = 1 indica che il periodo T = 2π/Ω appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 64 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO Figura 4.5: Confronto fra la condizione di carico statica e dinamica per a << 1 Figura 4.6: Confronto fra la condizione di carico statica e dinamica per a ≈ 1 e h = 0.1 della forzante coincide con il periodo T0 = 2π/ω0 , caratteristico del sistema non smorzato. Questa condizione di funzionamento è indicata come di risonanza, ed è una situazione operativa che porta a deformazioni, e quindi a forze scaricate a terra, che possono essere molto più grandi di quelle dovute a forze della stessa intensità ma applicate in condizioni statiche. Il confronto fra le condizioni di carico statico e dinamico di risonanza sono riportate in figura 4.6 per h = 0.1. In tali condizioni il valore massimo di Cd è circa 5, quindi nelle condizioni di regime si ottengono ampiezze di oscillazione 5 volte la deformata statica δst . Si ricorda che un indice di smorzamento h = 0.1 è stato indicato come elevato, infatti porta ad oscillazioni libere la cui ampiezza si dimezza (vedi equazione 3.47) per ogni periodo di oscillazione. In dettaglio, l’espressione 4.13 presenta un massimo per p aCd ,max = 1 − 2 h2 (4.14) a cui corrisponde un valore massimo Cd,max = appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 1 1 1 √ . ' 2 2h 1−h 2h (4.15) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 65 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO φ 0 Ω/ω0 -20 h -40 -60 -80 -100 -120 -140 -160 -180 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 Figura 4.7: Sfasamento φ, per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5 Il massimo si ha perciò in prossimità di a = 1, e si presenta in anticipo rispetto a questo valore all’aumentare di h. La posizione del massimo è rappresentata con linea tratteggiata nella figura 4.4. Si osservi che per h = 0.5 il valore massimo di Cd è circa 1, ad indicare che l’effetto dell’amplificazione delle oscillazioni in condizioni di risonanza è notevolmente ridotto per indici di smorzamento h > 0.5. • Per valori di a >> 1, Cd tende a zero indipendentemente dal valore di h, ad indicare il fatto che l’ampiezza di oscillazione D della risposta di regime tende ad annullarsi. Questa zona di funzionamento è detta di comportamento sismografico. Lo sfasamento φ della risposta è riportato in figura 4.7 in funzione di a e dell’indice di smorzamento h. Esso diminuisce all’aumentare a, risulta φ = −90◦ per a = 1 indipendentemente da h, e tende al valore di −180◦ per a >> 1. L’andamento dello sfasamento φ mette in rilievo che la forma del poligono di forze 4.3 cambia in funzione di a. La figura 4.8 mostra la condizione di equilibrio per le tre condizioni di funzionamento analizzate. Si può osservare che: • a << 1 La forzante F0 è equilibrata prevalentemente dalla forza elastica. Infatti φ ≈ 0 e la risposta xp (t) è poco sfasata rispetto alla forzante; • a≈1 La forzante F0 è equilibrata dalla forza dissipativa. In questo caso appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 66 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO mẍ r ẋ mẍ r ẋ F0 F0 kx kx r ẋ mẍ kx F0 Figura 4.8: Equilibrio dinamico per un sistema forzato. Da sinistra a destra a < 1, a = 1, a > 1, h = 0.4 φ ≈ −90◦ , la derivata prima ẋp (t) della risposta è allora poco sfasata rispetto alla forzante; • a >> 1 La forzante F0 è equilibrata dalla forza d’inerzia. In questo caso φ ≈ −180◦ , la derivata seconda ẍp (t) della risposta è poco sfasata rispetto alla forzante. Le tre condizioni di equilibrio presentate in 4.8 sono determinate per i valori di a riportati nelle figura 4.9. |Cd | 1.4 a c b 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5 Ω/ω0 Figura 4.9: Valori di a per i quali si sono valutati gli equilibri dinamici di figura 4.8, per h = 0.4 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 67 Figura 4.10: Dispositivi generatori di forzanti periodiche 4.2 Forze d’inerzia rotanti ed alternate In ambito industriale e civile esistono parecchi esempi di dispositivi in grado di generare forzanti periodicamente variabili come quelli fino ad ora analizzate. Fra questi, quelli più diffusi sono le macchine rotanti con rotori sbilanciati, ovvero con massa non uniformemente distribuita rispetto all’asse di rotazione, ed i motori a combustione interna (figura 4.10). Considerando ad esempio la macchina rotante sbilanciata di figura 4.11, appoggiata su di una trave uniforme cedevole, di massa trascurabile rispetto alla macchina rotante. Lo studio dinamico nella direzione verticale è riconducibile al modello ad un grado di libertà indicato in figura; Ω è la velocità di rotazione dell’asse della macchina, k = 48EI/l3 è la rigidezza dovuta alla cedevolezza della trave, M1 è la massa del telaio della macchina rotante, m è la massa non bilanciata del rotore, e è l’eccentricità della massa non bilanciata m rispetto all’asse di rotazione ed r il coefficiente di smorzamento. Indicando con x lo spostamento verticale del telaio, corrispondente al movimento verticale del centro della trave, e con y = x + e sin Ωt lo spostamento verticale della massa m, l’equazione di moto in un intorno della posizione di equilibrio risulta (m + M1 )ẍ+rẋ + kx = M ẍ+rẋ + kx = meΩ2 sin Ωt (4.16) in cui M = M1 + m è la massa totale della macchina rotante. L’equazione di moto 4.16 è analoga alla 4.1, e mette quindi in evidenza che lo sbilanciamento del rotore genera una forzante sinusoidale di ampiezza F0 = meΩ2 , ovvero l’effetto di una forza d’inerzia rotante come quella ora analizzata è riconducibile a quello dovuto ad una forzante esterna applicata alla macchina rotante. Lo spostamento verticale x della macchina rotante nelle condizioni di regime, è allora determinabile con le relazioni già viste, risulta x(t) = appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 68 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO Figura 4.11: Macchina rotante sbilanciata su trave di massa trascurabile D sin(Ωt + φ) con D= F0 1 meΩ2 1 p p = k k (1 − a2 )2 + (2ah)2 (1 − a2 )2 + (2ah)2 (4.17) da cui moltiplicando numeratore e denominatore per M si ottiene me 2 1 a p 2 M (1 − a )2 + (2ah)2 (4.18) a2 DM =p . me (1 − a2 )2 + (2ah)2 (4.19) D= e Lo sfasamento della risposta rispetto alla forzante conserva invece l’espressione già trovata 2ah φ = − arctan . (4.20) (1 − a2 ) L’ampiezza dell’oscillazione D della macchina rotante rapportata a me/M è indicata in figura 4.12; risulta nulla per a = 0, cresce, mantenendosi limitata grazie lo smorzamento, fino al raggiungimento della zona di risonanza,per poi decrescere avvicinandosi asintoticamente al valore unitario. Per a >> 1 il movimento verticale del telaio della macchina rotante è sfasato di −π rispetto al movimento verticale della massa sbilanciata, ed ha un’ampiezza D tale per cui il baricentro della macchina rotante, dovuto al contributo della massa M1 e m, ha una posizione costante. 4.3 Eccitazione per spostamento del vincolo impresso Nel paragrafo 4.2 si è messo in evidenza come in ambiti applicativi esistano dispositivi in grado di generare forzanti con andamento periodico, che appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 69 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO M D/me 100 10 h 1 0.1 0.01 0 0.5 1 Figura 4.12: MD me , 1.5 2 2.5 3 Ω/ω0 per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5 Figura 4.13: Eccitazione per spostamento del vincolo imposto possono porre in vibrazione il sistema a cui sono applicate. La vibrazione generata può essere tale per cui si pone in oscillazione anche il vincolo di un altro sistema vibrante posto in prossimità, come illustrato nella figura 4.13. Questa situazione viene indicata come eccitazione per spostamento del vincolo imposto. Si tratta allora di determinare il movimento verticale della massa m in funzione delle caratteristiche dello spostamento impresso al vincolo. Lo spostamento y del vincolo considerato è di tipo sinusoidale, caratterizzato dall’ampiezza Y0 e della pulsazione Ω, quindi y(t) = Y0 sin Ωt. Dall’equilibrio dinamico alla traslazione verticale si ottiene mẍ + r(ẋ − ẏ) + k(x − y) = 0 (4.21) da cui si ottiene l’equazione di moto mẍ+rẋ + kx = rY0 Ω cos Ωt + kY0 sin Ωt = F (t) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (4.22) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 70 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO Figura 4.14: Forza applicata per lo spostamento del vincolo impresso Questa equazione rivela che lo spostamento del vincolo imposto è equivalente ad una forzante F (t) = rY0 Ω cos Ωt + kY0 sin Ωt funzione dello spostamento impresso al vincolo (y, ẏ) e di k, r. La forzante F (t) risulta la somma di due funzioni sinusoidali sfasate fra di loro di 90◦ (cos α = sin(α + pi/2)). Analizzando la figura 4.14, la forzante può essere rappresentata dalla relazione p F (t) = Y0 k 2 + (rΩ)2 sin(Ωt + ξ) = F0 sin(Ωt + ξ) (4.23) in cui rΩ → tan ξ = 2ah . k L’equazione di moto 4.22 diventa allora p mẍ+rẋ + kx = Y0 k 2 + (rΩ)2 sin(Ωt + ξ) tan ξ = (4.24) (4.25) del tutto analoga a quella vista per i sistemi forzati, in cui ora la forzante ha uno sfasamento ξ al tempo t = 0. Il moto imposto al vincolo si traduce allora in una forzante di modulo F0 dipendente dall’ampiezza dello spostamento impresso e da k, r e di pulsazione Ω coincidente con quella del movimento del vincolo. La risposta di regime è allora facilmente determinabile con le relazioni già viste, risulta x(t) = D sin(Ωt + φ + ξ) , (4.26) analoga alla 4.5 a cui si è aggiunto lo sfasamento iniziale ξ della forzante. L’ampiezza di oscillazione D risulta p Y0 k 2 + (rΩ)2 F0 1 1 p p D= = 2 2 2 2 k k (1 − a ) + (2ah) (1 − a )2 + (2ah)2 (4.27) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 71 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO TR 100 10 h 1 0.1 0.01 0 1 2 3 4 5 Ω/ω0 Figura 4.15: Trasmissibilità, per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5 e quindi p D = Y0 p 1 + (2ah)2 (1 − a2 )2 + (2ah)2 = Y0 TR . (4.28) Questa equazione mette in relazione l’ampiezza Y0 dello spostamento impresso al vincolo con l’ampiezza D dell’oscillazione della massa, il rapporto D/Y0 fra le due ampiezze, è detto trasmittibilità e viene indicata con TR . La figura 4.15 mostra l’andamento della trasmissibilità in funzione del rapporto a = Ω/ω0 e dell’indice di smorzamento h. La trasmissibilità risulta unitaria per a = 0, si amplifica nella zona di risonanza, per poi decrescere e tendere asintoticamente a 0 per a → ∞. La trasmissibilità risulta unitaria √ √ per a = 2, risulta sempre minore di 1 per a > 2, indipendentemente dall’indice di smorzamento h. Lo sfasamento della risposta x(t) rispetto allo spostamento del vincolo imposto risulta φ̃ = φ + ξ, ed è tale per cui tan(φ̃) = tan(φ + ξ) = tan φ − tan ξ , 1 + tan φ tan ξ (4.29) da cui ricordando che tan φ = −2ah/(1 − a2 ) si ottiene tan(φ̃) = tan(φ + ξ) = − 2a3 h 1 − a2 + (2ah)2 (4.30) un cui il segno − indica che la risposta è in ritardo rispetto allo spostamento imposto al vincolo. La figura 4.16 mostra l’andamento dello sfasamento della risposta in funzione della pulsazione dello spostamento del vincolo imposto e dell’indice di smorzamento. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 72 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO φ̃ 0 Ω/ω0 -20 h -40 -60 -80 -100 -120 -140 -160 -180 0 1 2 3 4 5 Figura 4.16: Fase della risposta per spostamento del vincolo imposto, per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5 4.4 Forze trasmesse Nell’analisi della risposta di regime di un sistema forzato (figure 4.1) risulta di interesse la determinazione della forza trasmessa verso il vincolo fisso (terra), forza dovuta alla deformazione della rigidezza k e dallo smorzatore r. Figura 4.17: Forza trasmessa a terra La forza Ft trasmessa a terra dipenderà allora dal moto di regime della massa m, descritta dall’equazione 4.5, risultarà quindi Ft (t) = kD sin(Ωt + φ) + rΩD cos(Ωt + φ) , appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (4.31) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 73 in cui l’ampiezza di oscillazione D è determinabile dalla relazione 4.11. La forza trasmessa a terra dipende dalla somma di due funzione trigonometriche fra di loro ortogonali, e può essere anche espressa nella forma Ft (t) = kD sin(Ωt + φ) + rΩD sin(Ωt + φ + π/2) , (4.32) per cui risulta la somma delle componenti lungo l’asse delle ordinate della forza elastica, di modulo kD e fase Ωt + φ, e della forza dissipativa, di modulo rΩD e fase Ωt + φ + π/2, come rappresentato in figura 4.17. La stessa figura mostra che la forza trasmessa è la proiezione lungo l’asse delle √ ordinate della forza Ft di modulo D k 2 + Ω2 r2 e fase Ωt + φ + ξ, in cui ξ è tale per cui tan ξ = rΩ/k = 2ah. Ricordando la 4.11 il modulo della forza trasmessa a terra è allora, Ft = D p k 2 + Ω2 r2 = p F0 1 p k 2 + Ω2 r 2 k (1 − a2 )2 + (2ah)2 (4.33) p 1 + (2ah)2 Ft = F0 p . (1 − a2 )2 + (2ah)2 (4.34) Quest’ultima relazione mostra che il modulo della forza trasmessa a terra dipende dal modulo F0 della forzante e dalla trasmissibilità già introdotta nel paragrafo 4.3. Il rapporto Ft /F0 fra il modulo della forza trasmessa ed il modulo della forzante è allora la trasmissibilità, per cui è possibile trasmettere a terra una forza minore della forzante solo se la trasmissibilità è < 1. L’andamento della trasmissibilità è riportato in figura 4.15, per cui si trasmette verso terra una forza minore della forzante di pulsazione Ω solo se la pulsazione propria ω0 del sistema è tale per cui a= √ Ω > 2. ω0 (4.35) La figura 4.18 mostra con linea tratteggiata la forza trasmessa a terra per le tre zone di funzionamento: statico, di risonanza e sismografico. Il modulo della forza trasmessa diminuisce in modo marcato per valori di a > 1, in accordo all’andamento della trasmissibilità rappresentato nella figura 4.15. Da quest’analisi risulta allora che il problema di limitare le forze scaricate a terra da un sistema forzato coincide con il problema di limitare le oscillazioni di un sistema forzato per spostamento del vincolo imposto. 4.5 Isolamento dalle vibrazioni Nei paragrafi 4.3 e 4.4 è stato messo in evidenza come i problemi della riduzione delle vibrazioni dovute al movimento del vincolo e della riduzione delle forze trasmesse verso terra da un sistema forzato, si riconducono dal appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 74 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO mẍ mẍ r ẋ r ẋ F0 F0 kx kx mẍ r ẋ kx F0 Figura 4.18: Forza trasmessa a terra (tratteggiata). Da sinistra a destra a < 1, a = 1, a > 1, h = 0.4 punto di vista analitico alla limitazione della trasmissibilità TR al di sotto dell’unità, √ imponendo quindi delle condizioni operative tali per cui a = Ω/ω0 > 2. Dal punto di vista applicativo questo comporta allora l’introduzione di opportuni dispositivi meccanici, detti isolatori, il cui compito, per una determinata pulsazione Ω della forzante o dello spostamento del vincolo, è quello di imporre le condizioni di funzionamento in modo che la trasmissibilità TR sia opportunamente limitata. Gli isolatori a cui si fa riferimento sono quelli passivi, fisicamente sono delle molle (figura 4.21) lineari di adeguata escursione, la cui costante elastica sarà opportunamente scelta in funzione della frequenza del disturbo (sia esso in forza che in posizione) e della massa del sistema da isolare. Tale approccio risulta valido per limitare sia gli effetti dovuti all’oscillazione del vincolo, sia l’entità della forza trasmessa a terra da un sistema forzato. Nei paragrafi precedentemente indicati è stato sottolineato che è possibi√ le ottenere un efficace isolamento qualora il rapporto a = Ω/ω0 >> 2. In tali condizioni operative è possibile considerare un’espressione semplificata della trasmissibilità, rappresentata dalla relazione TR = a2 1 1 = 2 2 −1 Ω /ω0 − 1 (4.36) che lega la frequenza f della forzante (Ω = 2πf ) ed il valore della trasmissibilità desiderato alla pulsazione propria del sistema (ω0 ). Ad esempio, per un sistema forzato, si potrebbe richiedere che la forza trasmessa a terra si al massimo il 2% del modulo della forzante; in tal caso TR = 0.02. La pulsazione propria del sistema dipende (vedi figura 4.19) dalla massa m e dalla rigidezza k che, in questo caso, è quella dell’isolatore da inserire. Nel settore degli isolatori la pulsazione propria viene espressa con una relazione diversa, in cui compare la deformata δst dell’isolatore (quindi della appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 75 Figura 4.19: Introduzione di un isolatore per limitare le forze trasmesse a terra rigidezza k) dovuta all’applicazione del peso proprio della massa m. Risulta kδst = mg per cui p ω0 = g/δst . (4.37) Il parametro δst viene quindi utilizzato per indicare un opportuno accoppiamento fra rigidezza dell’isolatore e la massa del dispositivo da isolare. Rielaborando la relazione 4.36 è possibile esprimere la frequenza f della forzante in funzione della deformata statica δst dell’isolatore e della trasmissibilità richiesta, risulta f2 = TR + 1 g 1 . TR (2π)2 δst (4.38) La figura 4.20 riporta il legame fra δst e f per alcuni valori della trasmissibilità. Tutti i punti al di sopra di una retta fissata da una determinato valore della trasmissibilà, individuano un valore di frequenza e di deformata statica che portano a trasmissibilità inferiori a quella che fissa la retta stessa. 4.6 Esempi Esercizio 1: appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 76 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO f [ Hz] 100 TR = 0.8 TR = 0.5 TR = 0.2 TR = 0.1 TR = 0.02 10 1 1 10 100 1000 δst [ mm] Figura 4.20: Frequenza della forzante in funzione della trasmissibilità richiesta e del δst Figura 4.21: Esempi di isolatori La macchina operatrice rappresentata in figura pesa complessivamente 90 kN, esegue della operazioni di tranciatura di lamiera alla cadenza di 400 battute al minuto. Sullo stesso piano dell’officina è posizionato un impianto automatico per l’assemblaggio delle lamiere prodotte, il cui funzionamento risente delle vibrazioni indotte dalla pressa precedentemente citata. Considerando solo il moto verticale della pressa, si richiede di determinare le caratteristiche di quattro isolatori per la pressa che riducano le forze trasmesse a terra, responsabili delle vibrazioni del appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 77 piano dell’officina, siano ridotte del 70%. Si tratta di scegliere degli isolatori in modo tale che la trasmissibilità TR sia pari a 0.3. Facendo riferimento alla relazione semplificata della trasmissibilità TR = e ricordando che ω0 = p 1 a2 − 1 g/δst si ottiene la relazione (vedi equazione 4.38) δst = TR + 1 g 1 TR (2π)2 f 2 che lega la frequenza della forzante alla deformata statica richiesta dagli isolatori. Nel caso in studio risulta f = 400/60 = 6.67 Hz, trasmissibilità richiesta TR = 0.3, per cui la deformata statica richiesta dagli isolatori per azione del peso proprio della pressa è δst = 24 mm . Gli n isolatori da introdurre, in numero minimo di 4, devono essere tali per cui ognuno di essi abbia un carico nominale di 90 kN/n. La rigidezza complessiva degli isolatori risulta k∗ = 90 kN/δst = 3715 kN/m. Utilizzando questi isolatori la pulsazione propria del sistema risulta p ω0 = g/δst = 20.12 rad/s = 3.2 Hz , mentre il rapporto fra l’ampiezza D di oscillazione della pressa nelle condizioni di regime, ed il modulo F0 della forza di lavorazione per la frequenza operativa indicata, risulta 1 1 D = ∗p = 8.27 · 10−8 m/N . F0 k (1 − a2 )2 + (2ah)2 Esercizio 2: Un delicato sistema di misura viene installato nei laboratori di una sede produttiva. Le macchine operatrici qui presenti generano delle vibrazioni del piano d’officina di ampiezza massima 1 mm e con frequenze nell’intervallo 20−25 Hz. Considerando il solo moto verticale dello strumento si richiede di determinare gli isolatori necessari allo strumento in modo che le sue oscillazioni non superino i 50 µm. Il peso dello strumento è 1200 N. La trasmissibilità richiesta è TR = 50/1000 = 0.05 che, se verificata per la frequenza più bassa dell’intervallo indicato, è verificata anche per le frequenze maggiori. Considerando allora la frequenza f = 20 Hz, la deformata statica richiesta agli isolatori è TR + 1 g 1 δst = = 13 mm . TR (2π)2 f 2 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 78 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO A tele deformata statica corrisponde una rigidezza complessiva p k∗ = 1200/0.013 = 92 kN/m, ed una frequenza propria dello strumento pari a ω0 = g/δst = 27.4 rad/s = 4.26 Hz. Esercizio 3: Un’autovettura viaggia con velocità v = 72 km/h su di una strada sconnessa il cui profilo è assimilabile a quello di una sinusoide di ampiezza y0 = 30 mm e lunghezza d’onda λ = 5 m. La massa del veicolo sia m = 1200 kg, la rigidezza equivalente delle sospensioni k = 90 kN/m mentre il coefficiente di smorzamento equivalente sia r = 2000 Ns/m. Considerando il veicolo e le sospensioni come un sistema vibrante ad un grado di libertà nella direzione verticale determinare: • l’equazione di moto; • l’ampiezza di oscillazione della cassa del veicolo nelle condizioni di regime; • la velocità di avanzamento del veicolo per la quale si raggiungono le condizioni di risonanza • per quale velocità l’ampiezza di oscillazione di regime è minore di 20 mm L’avanzamento del veicolo sul profilo stradale sinusoidale è riconducibile al problema dei sistemi forzati per spostamento del vincolo imposto. In questo caso lo spostamento del vincolo imposto è y(t) = Y0 sin Ωt in cui l’ampiezza è pari all’ampiezza y0 del profilo stradale, mentre la pulsazione dello spostamento del vincolo dipende dalla lunghezza d’onda del profilo stradale e dalla velocità di avanzamento, risulta Ω = 2πv/λ = 25.13 rad/s. L’equazione di moto risulta allora (equazione 4.25) q mẍ+rẋ + kx = Y0 k2 + (rΩ)2 sin(Ωt + ξ) ; risulta ω0 = 8.66 rad/s e h = 0.096. In tali in cui ξ è tale per cui tan ξ = rΩ k condizioni la risposta di regime della cassa del veicolo è x(t) = D sin(Ωt + φ + ξ) , in cui l’ampiezza di oscillazione D dipende (equazioni 4.27, 4.28) dall’ampiezza di oscillazione del vincolo e della trasmissibilità TR p p Y0 k2 + (rΩ)2 1 + (2ah)2 1 p D= = Y0 p . 2 2 2 k (1 − a ) + (2ah) (1 − a2 )2 + (2ah)2 Per la velocità di regime indicata risulta risulta TR v=72 km/h = 0.154 per cui l’ampiezza di oscillazione nelle condizioni di regime indicate è D = Y0 0.154 = 0.0046 m . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 79 Le condizioni di risonanza vengono raggiunte quando la pulsazione della forzante coincide con la pulsazione propria del sistema, per cui vris = λω0 /2π = 6.9 m/s = 24.8 km/h . Affinchè si abbiano delle oscillazioni della cassa minori di 20 mm è necessario che che la trasmissibilità assuma il valore TR rich = 20 = 0.6667 . 30 Il valore della velocità per cui si raggiunge questo valore della trasmissibilità, per l’indice di smorzamento h del sistema, può essere ricavato risolvendo in a l’espressione p 1 + (2ah)2 p = TR rich = 0.6667 , (1 − a2 )2 + (2ah)2 si ottiene a = 1.59, per cui Ωlim = 1.59ω0 . La velocità oltre la quale le ampiezze di oscillazione limitate rispetto al valore indicato è perciò vlim = Ωlim λ/2π = 11 m/s = 39.5 km/h . Un’approssimazione di tale risultato può essere ottenuta considerando per la trasmissibilità l’espressione semplificata TR = 1 , a2 − 1 valida per a > 1. Per il valore di trasmissibilità desiderato risulta p a = 1 + 1/TR rich = 1.58 che poco si discosta dal valore precedentemente calcolato. Esercizio 4: La rettifica rappresentata in figura appoggia su degli isolatori che complessivamente costituiscono una rigidezza e smorzamento equivalente k = 1000 kN/m e r = 10000 Ns/m, mentre il peso complessiva della macchina è M = 5000 N. Il pavimento su cui appoggia la macchina ha degli spostamenti sinusoidali. Considerando solo il movimento verticale della rettifica, supposta rigida, determinare il valore massimo dell’ampiezza di oscillazione del pavimento in funzione della frequenza dell’oscillazione, affinché lo spostamento massimo della testa della rettifica sia minore di 1 µm. L’esercizio presenta un sistema forzato per spostamento del vincolo imposto. In questa classe di problemi l’ampiezza di oscillazione D della testa dipende dall’ampiezza y0 di oscillazione del pavimento e dalla trasmissibilità p 1 + (2ah)2 D = y0 p . (1 − a2 )2 + (2ah)2 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 80 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO y0 [ m] 1e-005 1e-006 1e-007 1e-008 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 Ω/ω0 Figura 4.22: Massima ampiezza di oscillazione del vincolo ammessa in funzione della frequenza La pulsazione propria del risulta ω0 = 1414 rad/s e h = 0.0071. Affincheé risulti D < 1 µm dovrà risultare , p 1 + (2ah)2 p y0 < 1 · 10−6 (1 − a2 )2 + (2ah)2 che rappresenta il legame fra ampiezza oscillazione imposta al vincolo e la sua frequenza. La figura 4.22 rappresenta le condizioni limite per la disequazione indicata. Esercizio 5: Il sistema indicato in figura ruota attorno al punto o ed è forzato per spostamento del vincolo impresso. Lo spostamento impresso al vincolo ha un’ampiezza y0 = 0.02 m ed una pulsazione Ω = 100 rad/s. Si richiede di: • determinare l’equazione di moto; • determinare la risposta di regime; appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO 81 • verificare nelle condizioni di regime il tiro della fune che sostiene la massa m. Siano J = 0.1 kgm2 , m = 2 kg, k = 1000 N/m, R = 0.3 m, r = 0.1 m. Lo spostamento applicato al vincolo e la rotazione della puleggia, descritta dalla coordinata libera α, si traduco in una forza applicata all’estremo A della molla di modulo Fa = k(y0 sin Ωt − Rα) e con il verso indicato in figura. La forza Fa è la somma di sue forze, una proporzionale ad α ed una dipendente dal tempo. Quest’ultima risulta nulla all’istante t = 0 e non partecipa alla definizione della posizione di equilibrio. La posizione di equilibrio dipende allora dalla forza peso mg e della rigidezza k della molla; nelle condizioni di equilibrio statico la deformata statica δst della molla sarà tale per cui mgr . kδst R = mgr → δst = kR Per la determinazione dell’equazione di moto in un intorno della posizione di equilibrio si possono utilizzare uno dei metodi visti nel capitolo precedente. Si assume come coordinata libera la rotazione α della puleggia a partire dalla posizione di equilibrio statico. Utilizzando ad esempio il bilancio di potenze linearizzato in un intorno della posizione di equilibrio, si dovranno essere determinati i rapporti di trasmissione delle forze esterne applicate, rappresentate in figura. In questo caso i rapporti di trasmissione sono costanti, e per i punti A, B e C risultano τA = R, La massa equivalente τB = 1, τC = r . m∗ risulta X 2 = J + mr2 . m = mi τi20 = J + mτC ∗ L’unica forza esterna che concorre alla definizione della rigidezza equivalente è parte della forza applicata in A dipendente dalla coordinata libera α (−kαR). Infatti il precarico della molla nelle condizioni di equilibrio e la forza peso non compaiono in quanto sono applicate in punti che hanno rapporto di trasmissione costante rispetto alla coordinata libera, mentre la forza applicata in A che rappresenta l’effetto dovuto allo spostamento del vincolo (F a1 = ky0 sin Ωt) è nulla nelle condizioni di equilibrio statico e non dipende dalla coordinata libera. La rigidezza equivalente risulta allora ! à ¯ X dF i ¯ ¯ ·τ i + F i · γ − (−kR)R = kR2 . k∗ = − i0 0 d= ¯===00 L’effetto dello spostamento del vincolo imposto viene introdotto tenendo conto del lavoro virtuale prodotto per un incremento della coordinata libera rapportato all’incremento della coordinata libera stessa che, come visto, è rappresentato dal prodotto scalare fra la forza ed il rapporto di trasmissione del punto di applicazione F a1 · τA = ky0 sin(Ωt)R . L’equazione di moto risulta allora (J + mr2 )α̈ + (kR2 )α = kRy0 sin(Ωt) . A questo risultato si poteva giungere applicando l’equazione di Lagrange. In questo esercizio, come già osservato, le forze costanti non rientrano nella scrittura delle equazioni di moto, per cui utilizzando la coordinata libera α a partire dalla condizione di equilibrio statico, non verrà considerato il potenziale della forza peso, si considerarà solamente il potenziale associato alla molla a partire dalla posizione appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 82 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTÀ FORZATO di equilibrio statico. Ricordando i legami cinematici illustrati precedentemente, l’energia cinetica risulta 1 1 T = J α̇2 + m(rα̇)2 , 2 2 mentre l’energia potenziale è V = 1 k(Rα)2 . 2 L’effetto della forza generata dallo spostamento del vincolo (F a1 = ky0 sin Ωt) viene introdotto come componente lagrangiana lungo la coordinata libera, risulta Qα = F a1 · τA = ky0 sin(Ωt)R . Applicando l’equazione di Lagrange µ ¶ ∂L d ∂L − = Qα dt ∂ α̇ ∂α , L=T −V si ottiene l’equazione di moto precedentemente trovata. La risposta di regime sarà allora del tipo α(t) = D sin(Ωt + φ) in cui D risulta ky0 R 1 y0 1 p = . k∗ R 1 − a2 (1 − a2 )2 + (2ah)2 p In questo caso risulta ω0 = k∗ /m∗ = 27.4 rad/s, a = Ω/ω0 = 3.65, per cui l’ampiezza di oscillazione del disco nelle condizioni regime è D= D = 5.4 mm . Per la verifica del tiro T della fune che sorregge la massa m, si devono considerare tutte le forze applicate alla massa. Dalla figura, l’equilibrio alla traslazione verticale della massa otteniamo T + rα̈m = mg → T = m(g − rα̈) ≥ 0 . Il minimo valore del tiro della fune si verifica in corrispondenza del valore massimo dell’accelerazione α̈max , che per la risposta di regime è α̈max = DΩ2 = 54 rad/s2 . Il valore massimo dell’accelerazione della massa imposto dalla risposta di regime è amax = α̈max r = 5.4 m/s2 < g, per cui Tmin = m(g − amax ) = 8.8 N, la fune risulta sempre tesa. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 5 Funzioni di trasferimento L’analisi dei sistemi vibranti condotta, ha riguardato sistemi lineari, la cui dinamica è descritta da equazioni differenziali ordinarie a coefficienti costanti. La risposta libera e forzata di questi sistemi è stata determinata nel dominio del tempo, ed in particolare la risposta libera è stata determinata in funzione di condizioni iniziali, mentre quella forzata in funzione della pulsazione del segnale sinusoidale forzante. Questo legame fra forzante (ingresso) e risposta (uscita) del sistema può essere efficacemente rappresentata per mezzo dello schema a blocchi di figura 5.1, nel quale il blocco G rappresenta il sistema lineare, la cui dinamica è descritta da un’equazione differenziale ordinaria a coefficienti costanti. Figura 5.1: Rappresentazione a blocchi di una funzione di trasferimento Il sistema lineare trasforma il segnale in ingresso nel segnale in uscita, questa trasformazione può essere efficacemente rappresentata da una funzione complessa detta funzione di trasferimento. La funzione di trasferimento ha gli stessi parametri dell’equazione differenziale descrivente il comportamento dinamico del sistema, ha cioè lo stesso contenuto informativo. 83 84 5.1 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Determinazione e caratteristiche della funzione di trasferimento La funzione di trasferimento, per condizioni iniziali nulle, può essere efficacemente ottenuta dalla trasformata di Laplace (vedi appendice B) dell’equazione di moto. Considerando ad esempio l’equazione di moto di un sistema forzato mẍ+rẋ + kx = F (t) , (5.1) trasformando con Laplace si ottiene ms2 X(s) + rsX(s) + kX(s) = F (s) (5.2) da cui la funzione di trasferimento G(s) nel dominio delle trasformate, calcolata come rapporto fra la trasformata del segnale in uscita X(s) e la trasformata del segnale in ingresso F (s) risulta G(s) = X(s) 1 = . F (s) ms2 + rs + k (5.3) La funzione di trasferimento ottenuta è caratterizzata dagli stessi parametri (m, r e k) dell’equazione differenziale di partenza. I sistemi con un ingresso ed una uscita, detti SISO, hanno funzioni di trasferimento espresse nella forma razionale in s G(s) = N (s) D(s) (5.4) in cui N (s) e D(s) sono dei polinomi nella variabile complessa s primi fra loro. Le radici del polinomio al numeratore N (s) sono detti zeri della funzione di trasferimento, mentre le radici del polinomio al denominatore sono detti poli della funzione di trasferimento. Se i coefficienti dell’equazione differenziale di partenza sono reali, anche gli zeri ed i poli sono reali oppure, se complessi, compaiono in coppie complesse coniugate. Per la funzione di trasferimento 5.3, il calcolo dei poli porta alla soluzione del polinomio in s ms2 + rs + k = 0 → s2 + 2hω0 + ω02 = 0 (5.5) le cui radici coincidono con quelle dell’equazione 3.30 in λ di pagina 46. I poli risultano allora gli esponenti degli esponenziali che descrivono la risposta libera nel dominio del tempo, quindi la posizione dei poli nel piano complesso è indicativa della risposta libera del sistema descritto dalla funzione di trasferimento. Allora un sistema stabile ha tutti i poli con parte reale negativa. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 85 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Per 0 < h < 1 il polinomio 5.5 ha poli complessi coniugati p p1,2 = −hω0 ± iω0 1 − h2 , (5.6) la cui posizione è riportata nella figura 5.2. I poli hanno modulo ω0 , la loro Figura 5.2: Posizione dei poli complessi coniugati per un sistema oscillante posizione nel piano è tale per cui il coseno dell’angolo θ indicato è cos θ = hω0 /ω0 = h e quindi coincide con l’indice di smorzamento. All’aumentare di θ l’indice di smorzamento diminuisce, per θ = π/2 i poli sono immaginari coniugati e giacciono sull’asse immaginario (h = 0). In questo caso la risposta libera del sistema è oscillatoria non smorzata. Al diminuire di θ l’indice di smorzamento cresce, per cui il sistema sarà in condizioni di smorzamento critico per θ = 0. In tale condizione i poli sono coincidenti e giacciono sull’asse reale e la risposta libera del sistema è esponenziale decrescente senza oscillazioni. Per valori di indice di smorzamento maggiore, i poli saranno reali e distinti, appartenenti all’asse reale. Risulta conveniente in alcune circostanze assegnare alla funzione di trasferimento una forma che metta in evidenza gli zeri ed i poli, ovvero rappresentando i polinomi N (s) e D(s) raccolti in fattori Q Q 2 2 l (1 + 2hl s/α0l + s /α0l ) i (1 + τi s) Q (5.7) G(s) = µ g Q 2 2 s m (1 + Tm s) k (1 + 2hk s/ω0 k + s /ω0 k ) nella quale le produttorie con indice i e m evidenziano gli zeri ed i poli reali, mentre le produttorie con indice l e k evidenziano gli zeri ed i poli complessi coniugati. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 86 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 5.2 Transitori Figura 5.3: Risposta al gradino in forza di un sistema vibrante La determinazione della risposta U (s) nel dominio delle frequenze, dovuta ad un ingresso Y (s), è di facile determinazione per un sistema con funzione di trasferimento G(s). Infatti, per la definizione di funzione di trasferimento, risulta Y (s) = G(s)U (s) . (5.8) La risposta nel dominio del tempo viene determinata antitrasformando Y (s) secondo quanto riportato in appendice B. In generale la funzione Y (s) = G(s)U (s) da antitrasformare è una funzione razionale. In tal caso l’operazione di antitrasformazione può essere efficacemente eseguita scomponendo Y (s) nella somma di funzioni razionali di cui è nota l’antitrasformata, e quindi basandosi su trasformate notevoli già note. Per la proprietà di linearità, l’antitrasformata cercata sarà la somma delle singole trasformate. 5.2.1 Risposta allo scalino di un sistema del secondo ordine Fra i sistemi con funzione di trasferimento del secondo ordine rientrano quelli vibranti. Infatti il sistema forzato di figura 5.3 ha equazione di moto mẍ+rẋ + kx = F (t) , (5.9) e quindi funzione di trasferimento fra l’ingresso (forzante) F (t) e l’uscita x spostamento della massa, determinabile dalla trasformata di Laplace dell’equazione differenziale. Si ottiene da cui G(s) = ms2 X(s) + rsX(s) + kX(s) = F (s) (5.10) X(s) 1 1 1 = = 2 2 F (s) ms + rs + k m s + 2hω0 + ω02 (5.11) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 87 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO p nella quale ω0 = k/m e h = r/2mω0 . Le funzioni di trasferimento del secondo ordine hanno allora una forma generale del tipo 1 G(s) = µ 2 . (5.12) s + 2hω0 + ω02 x(t) F0 /k 1.8 h = 0.1 h = 0.2 h = 0.6 1.6 1.4 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 t 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 Figura 5.4: Influenza dell’indice di smorzamento al variare dell’indice di smorzamento h sulla risposta al gradino Come già visto sistemi del secondo ordine di questo tipo possono presentare delle oscillazioni nella risposta libera se il parametro h, detto indice di smorzamento, è minore dell’unità. Viene ora presentata la risposta al gradino di un sistema del secondo ordine, nell’ipotesi di 0 < h < 1. In tali condizioni la funzione di trasferimento ha poli complessi coniugati p p1,2 = −ω0 h ± iω0 1 − h2 (5.13) di modulo ω0 . Considerando un segnale di forza in ingresso a gradino di altezza F0 , con trasformata di Laplace (vedi appendice B) F (s) = Fo s (5.14) la risposta x ha trasformata di Laplace X(s) = G(s)F (s) = F0 1 1 F0 1 = . m s2 + 2hω0 + ω02 s m s(s2 + 2hω0 + ω02 ) (5.15) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 88 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO x(t) F0 /k 1.6 0.5ω0 ω0 4ω0 1.4 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 t 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 Figura 5.5: Influenza della pulsazione propria ω0 sulla risposta al gradino Il valore di regime a cui tende la risposta nel domino del tempo può essere facilmente determinata dalla X(s) applicando il teorema del valore finale (vedi appendice B), x(∞) = lim sX(s) . s→0 (5.16) In questo caso avendo posto in ingresso un segnale a gradino con trasformata F0 /s si ottiene x(∞) = lim sX(s) = lim s s→0 s→0 F0 F0 G(s) = F0 G(0) = . s k (5.17) La risposta x(t) nel dominio nel tempo, come presentato nell’esempio che segue, è ottenibile antitrasformando X(s), per cui · ¸ 1 −1 −1 F0 x(t) = L [X(s)] = L (5.18) k s(s2 + 2hω0 + ω02 ) e quindi ¶¸ · µ F0 h −ω0 ht sin(ω1 t) . (5.19) x(t) = sca(t) + e cos(ω1 t) + √ k 1 − h2 √ in cui ω1 = ω0 1 − h2 , mentre sca rappresenta la funzione gradino unitario. Questa espressione mette in evidenza che la risposta si assesta, eventualmente compiendo delle oscillazioni, attorno al valore pari a F0 /k = µ/ω02 . Le figure 5.4 e 5.5 riportano delle risposte x(t) al variare dei parametri della appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 89 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO funzione di trasferimento, la pulsazione propria ω0 e l’indice si smorzamento h. Si osserva come all’aumentare dell’indice di smorzamento si riducano le oscillazioni necessarie affinchè la risposta si stabilizzi al valore di regime. Inoltre all’aumentare di h si riducono le ampiezze di oscillazione attorno al valore di regime, la prima delle quali è detta sovraelongazione. All’aumentare della pulsazione propria ω0 aumenta la frequenza di oscillazione attorno al valore di regime e si riduce il tempo necessario affinchè la risposta raggiunga per la prima volta il valore di regime. Questo ad indicare che un aumento del modulo dei poli complessi coniugati porta ad una riduzione del tempo di risposta del sistema. In questo contesto si definisce come tempo di salita Ts il tempo necessario alla risposta per passare dal 10% al 90% del valore di regime. 5.2.2 Risposta al gradino di sistemi del primo ordine Il sistema del primo ordine considerato in questo paragrafo è caratterizzato dall’uscita y(t) e dall’ingresso u(t). La funzione di trasferimento che lega i due segnali sia del tipo G(s) = Y (s) 1 =µ . U (s) τs + 1 (5.20) Essa ha un polo p = −1/τ reale negativo per τ > 0. La risposta nel dominio delle frequenze ad un ingresso a gradino unitario, quindi con trasformata U (s) = 1/s, risulta Y (s) = G(s)U (s) = µ 1 1 . τs + 1 s (5.21) La risposta y(t) nel dominio del tempo si assesterà attorno ad un valore di regime determinabile con il teorema del valore finale y(∞) = lim sY (s) = lim sµ s→0 s→0 1 1 =µ. τs + 1 s (5.22) L’andamento della risposta y(t) può essere ottenuta antitrasformando Y (s). L’operazione è facilitata se si scompone la funzione razionale Y (s) nella somma di funzioni elementari di cui è nota l’antitrasformata (si veda l’appendice B). Risulta 1 1 A B Y (s) = µ = + (5.23) τs + 1 s s τs + 1 da cui, eliminando in ambo i membri il denominatore comune, si ottiene µ = A(τ s + 1) + Bs . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (5.24) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 90 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Uguagliando i coefficienti della stessa potenza in s dei polinomi al primo e al secondo membro, si ottengono due equazioni che permettono di determinare le costanti A e B. ½ ½ Aτ + B = 0 A=µ → . (5.25) A=µ B = −µτ La funzione complessa Y (s) è allora esprimibile come la somma di due funzioni razionali µ µτ Y (s) = − (5.26) s τs + 1 di cui è nota l’antitrasformata. Riferendosi alla tabella B.1 si ottiene y(t) = µ − µτ e−t/τ = µ(1 − e−t/τ ) . τ (5.27) La risposta nel dominio del tempo ha andamento esponenziale, tende asintoticamente al valore µ (come già sottolineato con il teorema del valore finale). y(t) µ 1 τ 0.5τ 0.25τ 0.8 0.6 0.4 0.2 t 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 Figura 5.6: Influenza del polo sulla risposta al gradino La figura 5.6 rappresenta alcune risposte al variare della costante di tempo τ del polo. Si osserva che all’aumentare del modulo del polo (al diminuire della costante di tempo), l’uscita tende ad avvicinarsi al valore di regime in tempi sempre più brevi. 5.2.3 Esempi Esercizio 1: appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 91 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Determinare la risposta al gradino di forza F0 u(t) applicata al sistema presentato in figura, a partire da condizioni iniziali nulle. Considerando la coordinata libera x indicata, l’equazione di moto del sistema, ottenuta ad esempio con il metodo degli equilibri dinamici, è mẍ+rẋ + kx = F0 u(t) . Per la determinazione della risposta in forza, trasformiamo con Laplace l’equazione di moto, ottenendo la risposta X(s) nel dominio delle trasformate. Ricordando che la trasformata del gradino unitario u(t) è 1/s, si ottiene ms2 X(s)+rsX(s)+kX(s) = F0 s → X(s) = F0 s(ms2 + rs + k) che, raccogliendo la massa m al denominatore, può essere rielaborata nella forma F0 1 X(s) = . 2 m s(s + 2ω0 hs + ω02 ) La risposta x(t) può essere ottenuta antitrasformando la relazione precedente. Tale operazione può essere facilitata scomponendo la funzione razionale fratta X(s) nella somma di funzioni di cui è nota l’antitrasformata. Si osserva che l’espressione X(s) ha un polo distinto nell’origine e due poli complessi coniugati (supponendo h¡1). Dall’appendice B la funzione X(s) può allora essere ricondotta nella somma di funzioni X(s) = F0 1 A Bs + C = + 2 2 2 m s(s + 2ω0 hs + ω0 ) s s + 2ω0 hs + ω02 in cui le costanti A, B e C vanno determinate in modo che la somma delle due funzioni introdotte ci riconduca allo stesso numeratore di X(s). Eliminando il denominatore comune nelle due espressioni risulta F0 = A(s2 + 2ω0 hs + ω02 ) + (Bs + C)s . m appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 92 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Uguagliando i coefficienti delle stesse potenze in s si ottiene un sistema di tre equazioni che permette la determinazione delle tre incognite. coefficiente di s2 A+B =0 A2ω0 h + C = 0 coefficiente di s . Aω 2 = F0 termine noto 0 m Si ottiene A= e quindi F0 , k B=− F0 , k C=− F0 2ω0 h k · ¸ s + 2ω0 h F0 1 − X(s) = . k s s2 + 2ω0 hs + ω02 La risposa nel domino nel tempo cercata è · ¸ · · ¸ ¸ s + 2ω0 h F0 −1 1 −1 −1 L −L . x(t) = L [X(s)] = k s s2 + 2ω0 hs + ω02 √ Dalle tabelle di appendice B, e ricordando che ω0 1 − h2 = ω1 , risulta · µ ¶¸ F0 h −ω0 ht 1−e cos(ω1 t) + √ x(t) = sin(ω1 t) . k 1 − h2 Questa risposta per h = 0.1, ω0 = 30 rad/s e F0 /k = 1, è mostrata nella figura seguente. 1.8 1.6 1.4 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 t 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 Si osserva che dopo un transitorio iniziale in cui compaiono delle oscillazioni, la posizione della massa si assesta attorno al valore F0 /k, caratteristico della posizione statica. 5.3 Risposta di regime - analisi in frequenza Nel capitolo 4 è stata presentata l’analisi di sistemi ad un grado di libertà soggetti a forze variabili nel tempo con andamento sinusoidale, secondo il appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 93 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Figura 5.7: Forzante sinusoidale applicata ad un sistema del secondo ordine modello presentato in figura 5.7, per il quale m = 1 kg, r = 18.87 Ns/m e k = 1000 N/m. L’andamento della posizione della massa è descritto dall’equazione di moto mẍ+rẋ + kx = F0 sin Ωt = F (t) . (5.28) La soluzione x(t) dell’equazione differenziale è risultata la somma di due contributi, il primo dovuto alla risposta libera funzione delle condizioni iniziali, il secondo dovuto alla forzante applicata. Il contributo della risposta libera tende ad annullarsi velocemente, per cui la riposta di regime è dovuta solamente alla forzante applicata. La risposta di regime ha lo stesso andamento sinusoidale della forzante, quindi pulsazione Ω, ampiezza D dipendente dall’ampiezza e dalla pulsazione della forzante, ed è sfasata rispetto alla forzante di un angolo φ funzione di Ω (vedi paragrafo 4.1 di pagina 60) x(t) = D(F0 , Ω) sin(Ωt + φ(Ω)) . (5.29) L’ampiezza D dipende linearmente dall’ampiezza della forzante, mentre ha dipendenza non lineare da Ω, come evidenziato dal coefficiente di amplificazione dinamica (vedi equazione 4.13 di pagina 63). La risposta di regime può allora essere espressa nella forma x(t) = F0 Ag (Ω) sin(Ωt + φ(Ω)) (5.30) in cui Ag (Ω) rappresenta il termine non lineare che lega l’ampiezza della forzante con quello della risposta. Questo risultato può essere esteso a tutti i sistemi lineari nei quali un ingresso sinusoidale (forzante) comporta un’uscita (spostamento della massa) sinusoidale con la stessa pulsazione della forzante ma sfasata rispetto ad essa. Il rapporto fra l’ampiezza del segnale in uscita e quello in ingresso è una funzione Ag (Ω) non lineare nella pulsazione Ω della forzante. La risposta di regime ad un segnale sinusoidale è allora completamente definita dalle funzioni in Ω Ag (Ω) e φ(Ω). L’andamento di queste funzioni è stato determinato per alcuni sistemi nel capitolo 4 analizzando la risposta in funzione del tempo. Queste due funzioni possono essere determinate direttamente dalla funzione di trasferimento fra ingresso ed uscita. Considerando la funzione di trasferimento razionale N (s) (5.31) G(s) = D(s) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 94 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO è possibile dimostrare che la funzione Ag (Ω) precedentemente citata è il modulo della funzione di trasferimento calcolata per s = iΩ, mentre la funzione φ(Ω) è l’argomento della funzione di trasferimento calcolata per s = iΩ Ag (Ω) ≡ |G(iΩ)| φ(Ω) ≡ arg G(iΩ) . (5.32) La risposta di regime dovuta ad una forzante sinusoidale è allora rappresentabile in termini di funzione di trasferimento dello schema a blocchi di figura 5.7. L’ampiezza della risposta è D = F0 |G(iΩ)|, mentre lo sfasamento φ = arg G(iΩ). Dall’equazione differenziale 5.28 si ottiene la funzione di trasferimento 1 X(s) = , (5.33) G(s) = F (s) ms2 + rs + k quindi D ¯ ¯ ¯ ¯ 1 ¯ ¯ = ... = F0 |G(iΩ)| = F0 ¯ 2 −mΩ + riΩ + k ¯ 1 1 1 = F0 p = F0 p 2 2 2 k (k − mΩ ) + (rΩ) (1 − a )2 + (2ah)2 (5.34) come già ottenuto nell’equazione 4.11 di pagina 62. Lo sfasamento risulta " # k − mΩ2 − riΩ = ... φ = arg G(iΩ) = arg p (k − mΩ2 ) + (rΩ)2 (5.35) rΩ 2ah = − arctan = − arctan k − mΩ2 (1 − a2 ) come già ottenuto nell’equazione 4.12 di pagina 62. La risposta dei sistemi lineari è quindi completamente definita dalla funzione complessa ottenuta dalla funzione di trasferimento calcolata per s = iΩ. Questa funzione viene quindi indicata come risposta in frequenza del sistema, in quanto permette di determinare l’ampiezza e lo sfasamento della risposta di regime in funzione della pulsazione (frequenza) del segnale in ingresso. L’andamento del modulo |G(iΩ)| e dell’argomento arg G(iΩ) della risposta in frequenza, viene rappresentato in diagrammi, detti di Bode del modulo e della fase, ottenibili dal rispettivo studio di funzione. Il diagramma del modulo della risposta in frequenza è solitamente riportato in db, ovvero 20 log(|G(iΩ)|). Per il sistema massa-molla forzato di figura 5.7, i diagrammi di Bode della risposta in frequenza G(ıΩ) sono riportati in figura 5.8. Dal diagramma del modulo si osserva che la sensibilità della risposta alla forzante dipende dalla pulsazione della forzante stessa. A parità di ampiezza del segnale in ingresso, l’ampiezza del segnale in uscita dipende solamente appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 95 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO |G(iΩ)|db -50 -60 -70 -80 -90 -100 -110 -120 0.1 arg |G(iΩ)| 0 1 10 100 1000 1 10 100 1000 log Ω -20 -40 -60 -80 -100 -120 -140 -160 -180 0.1 log Ω Figura 5.8: Diagrammi di Bode del modulo e della fase per il sistema del secondo ordine di figura 5.7 dal modulo della risposta in frequenza. Per il diagramma rappresentato in figura risulta che se il segnale in ingresso ha pulsazione Ω < 10 rad/s, l’ampiezza della forzante si ripercuote efficacemente sull’ampiezza della risposta. Se il segnale in ingresso ha una pulsazione Ω = 1000 rad/s, l’ampiezza della risposta è 1000 volte più piccola rispetto al caso precedente. La risposta in frequenza dei sistemi lineare è allora selettiva rispetto alla frequenza del segnale in ingresso. Ovvero l’effetto che il segnale in ingresso ha su quello in uscita dipende dalla risposta in frequenza G(iΩ) e quindi dalla funzione di trasferimento. Nel caso in cui il segnale di ingresso sia composto dalla somma di più segnali sinusoidali, con diversa frequenza, vale il principio di sovrapposizione degli effetti (il sistema è lineare), per cui la risposta corrisponde alla somma delle risposte dei singoli segnali in ingresso. La figura 5.9 mostra la risposta del sistema di figura 5.7 per un ingresso appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 96 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO composto dalla somma di tre segnali sinusoidali, di ampiezza unitaria ma con diversa pulsazione. Nella prima colonna, dall’alto verso il basso, sono indicate le singole componenti della forzante ed infine la loro somma. Nello colonna di destra, dall’alto verso il basso, le corrispondenti risposte alle singole componenti del segnale ed infine la loro somma. • prima componente: Ω1 = 10 rad/s, ampiezza unitaria Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(iΩ1 )| è leggermente più elevato di quello in continua pari a |G(i0)| = 1/k = 0.001. La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9, ha ampiezza di poco più elevata di 0.001 e sfasamento quasi nullo; • seconda componente: Ω2 = 20 rad/s, ampiezza unitaria Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(iΩ2 )| è anche in questo caso poco più elevato di quello in continua pari a |G(i0)| = 1/k = 0.001. La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9, ha ampiezza di 0.0014 e sfasamento di circa 40◦ ; • terza componente: Ω3 = 100 rad/s, ampiezza unitaria Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(iΩ3 )| è circa 1/10 rispetto ai casi precedenti. La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9, ha ampiezza di circa 0.0001 ed uno sfasamento di prossimo ai 170◦ ; La risposta complessiva, rappresentante lo spostamento della massa, non è influenzata dalla componente di pulsazione Ω3 , e risente dello sfasamento introdotto dalla componente di pulsazione Ω2 . Complessivamente ha pertanto lo stesso andamento della forzante, a meno delle componenti ad elevata frequenza che vengono filtrate dal sistema. Questa comportamento del sistema vine detto passa basso, ad indicare il fatto che solo le componenti al di sotto di una certa frequenza influenzano l’uscita (la risposta) del sistema. Per i sistemi di questo tipo si definisce come larghezza di banda quel range di frequenze che vanno da quella nulla fino a quella in cui il modulo della risposta in frequenza |G(iΩ)| è tale per cui è ancora verificata la relazione √ |G(0)| √ ≤ |G(iΩ)| ≤ 2|G(0)| . 2 (5.36) Questa espressione, se espressa in db, risulta |G(0)|db − 3db ≤ |G(iΩ)|db ≤ |G(0)|db + 3db , (5.37) per cui la larghezza di banda può essere definita come quel range di frequenza che vanno dalla frequenza nulla fino alla frequenza per la quale il modulo della risposta in frequenza si scosta non più di 3db dalla valore in continua (figura 5.10). appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 97 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO ingressi sin Ωi t 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -0.2 -0.4 -0.6 -0.8 -1 uscite |G(iΩi )| sin(Ωi t + arg G(iΩi )) 0.0015 0.001 0.0005 0 -0.0005 -0.001 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t -0.0015 0 + 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t + 0.0015 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -0.2 -0.4 -0.6 -0.8 -1 0.001 0.0005 0 -0.0005 -0.001 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t -0.0015 0 + 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t + 0.00015 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 -0.2 -0.4 -0.6 -0.8 -1 0.0001 5e-005 0 -5e-005 -0.0001 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 3 2 1 0 -1 -2 -3 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t-0.00015 0.0025 0.002 0.0015 0.001 0.0005 0 -0.0005 -0.001 -0.0015 -0.002 t -0.0025 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 t t Figura 5.9: Segnali in ingresso ed in uscita dal sistema di figura 5.7 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 98 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO Figura 5.10: Larghezza di banda per un sistema passa basso appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 99 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 5.3.1 Diagrammi asintotici di Bode I diagrammi di Bode del modulo e della fase della funzione di trasferimento sono ottenibili dallo studio di funzione delle corrispondenti funzioni. Esistono opportuni programmi software che determinano i diagrammi di Bode a partire dai coefficienti dei polinomi al numeratore e denominatore della funzione di trasferimento. Gli andamenti qualitativi dei diagrammi, indicati come diagrammi asintotici di Bode, possono essere ottenuti analizzando solamente il guadagno in continua della funzione di trasferimento, il tipo ed il modulo degli zeri e dei poli. Per la determinazione dei diagrammi asintotici conviene far riferimento alla forma fattorizzata della funzione dei trasferimento 5.7 Q Q 2 2 i (1 + τi s) l (1 + 2hl s/α0l + s /α0l ) Q G(s) = µ g Q (5.38) 2 . 2 s m (1 + Tm s) k (1 + 2hk s/ω0 k + s /ω0 k ) Diagramma asintotico del modulo Il diagramma asintotico di Bode del modulo rappresenta il modulo espresso in db della funzione di trasferimento calcolata per s = iΩ Q Q · ¸ 2 2 i (1 + τi iΩ) l (1 + 2hl iΩ/α0l − Ω /α0l ) Q Q |G(iΩ)|db = 20 log µ (iΩ)g m (1 + Tm iΩ) k (1 + 2hk iΩ/ω0 k − Ω2 /ω0 2k ) (5.39) da cui applicando le proprietà dei logaritmi si ottiene X |G(iΩ)|db = 20 log µ + 20 log |1 + τi iΩ| . . . i X + 20 log |1 + 2hl iΩ/α0l − Ω2 /α02l | . . . l X (5.40) −20 log |iΩ|g − 20 log |1 + Tm iΩ| . . . m X − 20 log |1 + 2hk iΩ/ω0 k − Ω2 /ω0 2k | . k L’espressione cercata è allora la somma algebrica di un certo numero di termini, una parte dei quali rappresenta il contributo degli zeri, mentre un’altra parte il contributo dei poli. Il contributo dei vari termini dipende essenzialmente dal valore della pulsazione Ω a cui si vuole determinare il diagramma. Ricordando che sull’asse delle ascisse viene riportato il log Ω, il contributo dei termini risulta: 1. Il termine 20 log µ rappresenta il contributo del guadagno in continua. Il diagramma della funzione di trasferimento, in assenza si poli o zeri nell’origine, parte allora dal valore di µ espresso in db in quanto tutti gli altri termini sono nulli per Ω = 0. Il diagramma manterrà questo valore fino a che il contributo degli altri termini rimane trascurabile. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 100 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO |Ga (iΩ)|db 60 g=0 g=1 g=2 g=-1 40 20 0 -20 -40 -60 -80 -100 -120 0.1 1 10 100 1000 log Ω Figura 5.11: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Ga (s) = 1/sg 2. Il termine −20 log |iΩ|g = −20g log Ω rappresenta il contributo dei poli (g > 0) o degli zeri (g < 0) nell’origine. Allora nel piano log Ω − |G(iΩ)|db questo termine rappresenta un retta la cui pendenza è −20g db/decade, dipendente quindi dalla molteplicità dei poli o degli zeri. Nel caso in cui la funzione di trasferimento non abbia né poli né zeri nell’origine (g = 0), questo termine non influenza l’andamento del diagramma. Il contributo di questo termine è riportato in figura 5.11. P 3. Il termine − m 20 log |1 + Tm iΩ| rappresenta il contributo dei poli reali pm = −1/Tm . Per ogni polo reale il contributo risulta p £ ¤ 2 Ω2 = −10 log T 2 (1/T 2 + Ω2 ) . −20 log 1 + Tm m m Nel caso in cui sia Ω << 1/Tm (Ω << pm ), ovvero quando Ω è molto più piccolo del modulo del polo, il contributo del termine è nullo (log 1 = 0). Nel caso in cui sia Ω >> 1/Tm (Ω >> pm ), ovvero quando Ω è molto più grande del modulo del polo, il contributo del termine è −20 log Ω che nel piano log Ω − |G(iΩ)|db rappresenta una retta con pendenza di −20 db/decade. Nel caso in cui siano presenti dei poli reali coincidenti, la pendenza sarà para a −20 volte la moltiplicità del polo reale. Riassumendo risulta −20 log 1 = 0 Ω << 1/Tm −20 log |1 + Tm iΩ| ' −20 log Ω Ω >> 1/Tm appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 101 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO |Gb (iΩ)|db 10 esatto asintotico 5 0 -5 -10 -15 -20 1 10 100 1000 log Ω Figura 5.12: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Gb (s) = 1/(1 + Tm s), per Tm = 0.01 I due andamenti asintotici hanno in comune il punto di ascissa Ω = 1/Tm , come mostrato in figura 5.12. P 4. Il termine − k 20 log |1 + 2hk iΩ/ω0 k − Ω2 /ω0 2k | rappresenta il contributo dei poli complessi coniugati, con modulo ω0k . Il contributo è q −20 log (1 − Ω2 /ω0 2k )2 + (2hk Ω/ω0 k )2 . Nel caso in cui sia Ω << ω0 k tale contributo è nullo (log 1 = 0). Nel caso in cui sia Ω >> ω0 k tale contributo è 20 log Ω2 che nel piano log Ω− |G(iΩ)|db rappresenta una retta con pendenza di −40 db/decade. Riassumendo risulta −20 log 1 = 0 Ω << ω0 k −20 log |1 + 2hk iΩ/ω0 k − Ω2 /ω0 2k | ' −40 log Ω Ω >> ω0 k I due andamenti asintotici hanno in comune il punto di ascissa Ω = ω0 k . L’andamento asintotico delineato non tiene ovviamente conto dell’eventuale picco di risonanza in prossimità di Ω = ω0k , come mostrato nel paragrafo 4.1. Si ricorda che i poli risultano complessi coniugati se 0 < h < 1, e che il picco di risonanza non si presenta per h > 0.75. Il contributo di questo termine è riportato in figura 5.13. P 5. Il termine i 20 log |1 + τi iΩ| rappresenta il contributo degli zeri reali. Il suo effetto è determinabile dall’analisi fatta sui poli reali. L’unica differenza è il segno del termine, per cui il contributo introdotto appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 102 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO |Gc (iΩ)|db 50 h = 0.1 h = 0.4 h = 0.75 asintotico 40 30 20 10 0 -10 -20 -30 -40 1 10 100 1000 log Ω Figura 5.13: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Gc (s) = 1/(1 + 2hk s/ω0 k + s2 /ω0 2k ), per ω0 k = 100 coincide con quello dei poli reali a meno del segno. 20 log 1 = 0 Ω << 1/τi 20 log |1 + τi iΩ| ' 20 log Ω Ω >> 1/τi P 6. Il termine l 20 log |1 + 2hl iΩ/α0l − Ω2 /α02l | rappresenta il contributo degli zeri complessi coniugati. Il suo effetto è determinabile dall’analisi fatta sui poli complessi coniugati. L’unica differenza è il segno del termine, per cui il contributo introdotto coincide con quello dei poli complessi coniugati a meno del segno. 20 log 1 = 0 Ω << α0l 20 log |1 + 2hl iΩ/α0l − Ω2 /α02l | ' 40 log Ω Ω >> α0l Diagramma asintotico della fase Per la determinazione del diagramma asintotico della fase si deve considerare il contributo dei termini analizzati discutendo del diagramma del modulo. Ad una determinata pulsazione Ω si devono considerare tutti i poli e gli zeri che hanno modulo minore di Ω. Ogni zero che soddisfa tale condizione introduce uno sfasamento di +90◦ , mente ogni polo che soddisfa la condizione introduce uno sfasamento di −90◦ . La fase in continua (quindi quella iniziale) è pari a 0 se µ > 0, altrimenti è −180◦ se µ < 0. La figura 5.14 riporta il diagramma di bode asintotico del sistema del secondo ordine di figura 5.7. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 103 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO |G(iΩ)|db -50 -60 -70 -80 -90 -100 -110 -120 0.1 arg |G(iΩ)| 0 1 10 100 1000 1 10 100 1000 log Ω -20 -40 -60 -80 -100 -120 -140 -160 -180 0.1 log Ω Figura 5.14: Diagrammi di Bode asintotici del modulo e della fase della figura 5.8 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 104 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Capitolo 6 Introduzione al controllo dei sistemi meccanici In questo capitolo vengono introdotti i concetti fondamentali del regolazione dei sistemi meccanici, facendo riferimento al controllo di sistemi meccanici movimentati da alcuni tipi di sistemi azionamento. Vengono inizialmente presentati i modelli di alcuni sistemi di azionamento e successivamente sviluppate le tecniche di regolazione più diffuse in ambito industriale. La parte di controllo farà riferimento a sistemi lineari o comunque linearizzati in un intorno della posizione di funzionamento. 6.1 Modello motore corrente continua In questa parte vengono messi in rilievo i principi di funzionamento dei motori in corrente continua, con particolare riferimento alle caratteristiche che li rendono adatti alle applicazioni richiedenti il controllo del movimento. Per questo tipo di applicazioni la tensione e la corrente di alimentazione del motore vengono opportunamente imposte per mezzo di azionamenti elettronici di potenza. Durante il funzionamento di un motore elettrico viene trasformata energia elettrica in energia meccanica o, in particolari condizioni, la trasformazione inversa. Il bilancio energetico di tale trasformazione, con riferimento alla figura 6.1, può essere dedotto dalle seguenti leggi: se un conduttore di lunghezza l si muove in un campo magnetico, descritto dal flusso magnetico B, con velocità v si genera una forza elettro motrice e e = lB · v 105 (6.1) 106 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI i F i F B B Figura 6.1: Leggi fondamentali per il funzionamento del motore c.c. Se un conduttore percorso da corrente i viene posto in un campo magnetico, descritto dal flusso magnetico B, è soggetto ad una forza F = lB · i. (6.2) Per generare coppia all’albero del motore si deve quindi creare un campo magnetico in cui disporre uno o più conduttori percorsi da corrente. Per raggiungere tale scopo si utilizzano due avvolgimenti, in uno dei quali viene imposta la corrente di alimentazione per generare il campo magnetico di intensità desiderata, mentre nell’altro viene imposta una tensione di alimentazione, da cui dipende il valore della corrente che ne percorre gli avvolgimenti. In alcuni casi viene imposta la corrente anche in questo secondo avvolgimento. L’avvolgimento in cui viene imposta la tensione di alimentazione è detto avvolgimento di armatura, solitamente è l’avvolgimento rotorico, ed in esso circola la corrente che interagisce con il flusso magnetico B, responsabile della generazione della coppia. L’avvolgimento in cui si impone la circolazione della corrente per la generazione del campo magnetico viene detto avvolgimento di campo, o avvolgimento statorico. In un motore corrente continua viene imposta una corrente all’avvolgimento di campo per creare il flusso di campo magnetico all’interno della macchina. Per ottenere coppia sul rotore della macchina è necessario rendere solidale con il rotore una o più spire percorse da corrente. Queste spire costituiscono l’avvolgimento rotorico e vengono connesse con l’alimentazione esterna per mezzo di un collettore a lamelle. Il collettore ha un certo numero di coppie di lamelle, disposte in senso assiale, fra di loro elettricamente isolate, su cui strisciano le spazzole e a cui sono collegate gli avvolgimenti del rotore. La continuità elettrica fra alimentazione e spire del rotore collegate al collettore è garantita da contatti striscianti detti spazzole (realizzate nella maggior parte dei casi in grafite). appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI avvolgimento di campo collettore spazzola F 107 spira θ F B Figura 6.2: Motore corrente continua elementare L’alimentazione applicata dall’esterno è una tensione continua, da cui deriva il nome dato a questo tipo di macchine. Se l’avvolgimento rotorico è costituito da una sola spira (vedi figura 6.2) la coppia applicata al rotore dipende dalla proiezione della forza F applicata all’avvolgimento sulla perpendicolare al piano passante per l’asse del rotore, che lo contiene, ha quindi andamento sinusoidale ed è massima per θ = 0, nulla per θ = 90. In quest’ultima posizione il motore non è in grado di funzionare, per generare coppia un sistema ad una sola spira come quello descritto deve spostarsi da questa posizione. Quando il rotore è ruotato per più di 90 gradi, il verso della tensione di alimentazione applicata alla spira viene invertito per la nuova posizione relativa fra collettore e spazzole, il verso delle forze applicate alla spira si inverte. Questo permette di generare una coppia motrice sempre nello stesso verso e quindi di far ruotare il rotore in continuazione. La tensione applicata sull’avvolgimento di armatura è quindi alternata, spazzole e collettore funzionano da inverter, convertono la tensione continua in alternata, quando il flusso di energia va dal motore verso il carico, da rettificatore, convertono la tensione da alternata in continua, in caso contrario. L’inversione della polarità di alimentazione della spira di armatura deve avvenire quando la corrente che fluisce in essa è nulla, in caso contrario l’energia residua presente nella spira viene dissipata bruscamente sotto forma di scintillio fra spazzole e collettore. L’istante in cui la corrente si annulla dipende dai parametri elettrici della spira (induttanza e resistenza) e dal valore della forza contro-elettro motrice (f.c.e.m). Nel rotore vengono poste più spire a costituire l’avvolgimento di armatura, esse possono essere avvolte sul rotore e collegate ai segmenti del collettore in vario modo, un esempio di questi (lap-winding) è riportato in figura 6.3 a). appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 108 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI espansioni polari spira collettore spazzola ia Va Figura 6.3: a) Schematizzazione rotore, b) Schematizzazione della connessione delle spire. In questo tipo di schematizzazione supponiamo che i due rami che costituiscono la spira, sezionati nella figura, siano sfasati fra di loro di 180 gradi, ovvero la spira appartenga ad un piano passante per l’asse del rotore come precedentemente illustrato. È possibile rilevare che in metà dei rami delle spire degli avvolgimenti la corrente fluisce in un senso, nell’altra metà nel verso opposto. In particolare i conduttori con la croce identificano quelli che sono percorsi da corrente che entra nel piano del disegno, mentre quelli con il pallino sono percorsi da corrente che esce dal piano del foglio. Per alimentare gli avvolgimenti del rotore in questo modo, si ricorre ad un collegamento fra le varie spire come quello rappresentato in figura 6.3 b). In questa figura si osserva che, in funzione della posizione spazzole/collettore, ci sono due circuiti costituiti dalle spire collegate in serie, percorse da corrente di verso opposto, a seconda che si parta dalla spira a fino al punto b in senso antiorario oppure in senso orario. In questa posizione la spira a è ortogonale al campo (f.c.e.m nulla), viene quindi chiusa in corto circuito in modo che la corrente che in essa fluisce possa annullarsi, per poi cambiare verso nella successiva commutazione. L’energia immagazzinata dall’induttanza della spira viene dissipata sulla resistenza complessiva della spira. Il tempo in cui la corrente all’interno della spira si annulla dipende dai valori di induttanza e di resistenza della spira stessa. Se la f.c.e.m non è nulla, le spire che stanno per commutare (sono cortocircuitate su sè stesse) sono soggette ad una corrente di corto circuito che produce calore, coppia frenante e scintillio fra spazzole e collettore. Per ridurre queste perdite di energia la commutazione delle spire avviene in una zona neutra, ovvero in una zona in cui il flusso di campo magnetico è nullo. Le zone in cui il flusso esiste vengono dette zone polari. Si osservi nella figura 6.3 che la zona neutra è quella in cui il rotore sporge dalle espansioni polari. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 6.1.1 109 Modello elettrico In questo paragrafo viene discusso il modello elettrico del motore, mettendo in evidenza come le caratteristiche fisiche del motore e le grandezze di comando del motore, tensioni e correnti, influenzano la velocità del rotore e la coppia prodotta. Si farà riferimento soprattutto al motore corrente continua a magneti permanenti. Figura 6.4: permanenti Modello elettrico motore in corrente continua a magneti Con riferimento alla figura 6.4 per l’avvolgimento di armatura è possibile scrivere l’equazione di Va = iR + L + Vcem (6.3) dt in cui Vcem è la forza contro elettromotrice. Il valore di quest’ultima e della coppia erogata viene determinata per mezzo della 6.1 e della 6.2. Vcem è proporzionale alle dimensioni degli avvolgimenti, alla velocità di rotazione del rotore e al campo magnetico, quindi all’intensità del campo magnetico. Vcem = Kv ω . (6.4) La coppia prodotta al rotore sarà proporzionale alle dimensioni degli avvolgimenti, alla corrente di armatura ia che li attraversa e al campo magnetico, quindi all’intensità campo magnetico Mm = Kt i . (6.5) In condizioni di regime (i = cost), le relazioni precedenti costituiscono un sistema lineare dal quale è possibile ricavare l’equazione della curva caratteristica del motore, che lega la coppia prodotta alla velocità di rotazione del motore Kt Kv Va K t − ω. (6.6) Mm = R R appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 110 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Figura 6.5: permanenti Curva caratteristica motore corrente continua a magneti Le costanti di velocità Kv e di coppia Kt del motore, se espresse nel sistema internazionale, hanno lo stesso valore numerico, quindi vengono in generale indicate con K. Per questo sistema di misura la K può essere espressa in V Nm Arad/s per determinare la Vcem e in A per determinare la coppia prodotta dal motore. La curva caratteristica ottenuta, rappresentata in figura 6.5, è allora una retta, con pendenza negativa −K 2 /R, dipendente dalle caratteristiche del motore (avvolgimenti e campo magnetico). I punti di intersezione della curva caratteristica con l’asse delle ascisse è ω0 = Va /K, mentre il punto di intersezione con l’asse delle ordinate è Va K/R. La curva caratteristica trasla al variare della tensione di alimentazione, si sposta verso destra all’aumentare della tensione di alimentazione. Mm = 6.1.2 Va K K2 − ω. R R (6.7) Comportamento dinamico L’analisi del comportamento dinamico di un motore in corrente continua, accoppiato ad un carico puramente inerziale Jr0 ridotto all’albero del motore, come rappresentato in figura 6.6, può essere facilmente condotta analizzando la funzione di trasferimento fra tensione applicata al motore Va e velocità di rotazione ω del motore. La coppia prodotta dal motore sarà allora equilibrata dalla coppia d’inerzia Mm = (Jm + Jr0 )ω̇ , (6.8) appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 111 Figura 6.6: Motore in c.c. con carico puramente dinamico Figura 6.7: Diagrammi di Bode della funzione di trasferimento del motore in c.c. per cui ricordando la 6.5 si ottiene i= (Jm + Jr0 )ω̇ . K (6.9) Sostituendo questa espressione nella 6.3 si ottiene Va = (Jm + Jr0 )ω̇ R + Li̇ + Kω . K (6.10) La funzione di trasferimento cercata può essere facilmente determinata trasformando con Laplace le relazioni 6.9 e 6.3. Si ottiene I(s) = (Jm + Jr0 ) sΩ(s) K Va (s) = RI(s) + LsI(s) + KΩ(s) (6.11) (6.12) da cui, eliminando I(s) si ottiene Va (s) = (R + Ls) (Jm + Jr0 ) sΩ(s) + KΩ(s) K (6.13) e quindi la funzione di trasferimento 1 1 Ω(s) = Va (s) K (1 + τe s)τm s + 1 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (6.14) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 112 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI |G(iω)| 100 τe = τm τe = 0.05τm τe = 0 10 1 0.1 0.01 0.1 1 10 100 1000 10000 log ω Figura 6.8: Influenza di τe sulla funzione di trasferimento del motore in c.c. Figura 6.9: Diagrammi di Bode della funzione di trasferimento del motore in c.c. considerando solo τm in cui τe è la costante di tempo del circuito elettrico di armatura τe = L , R (6.15) mentre τm è la costante di tempo meccanica τm = R Jm + Jr0 RJ = 2 . 2 K K (6.16) In generale la costante di tempo elettrica è molto più bassa di quella meccanica (τe << τm ), ed in prima approssimazione si potrebbe considerare solo la costante di tempo meccanica. Nel caso generale la funzione di trasferimento ha allora due poli s p 2 − 4τ τ −τm ± τm 1 τm − 4τe e m p1,2 = =− ± (6.17) 2τe τm 2τe 4τe2 τm appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 113 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI |G(iω)| 10 K 2K 4K 1 0.1 0.01 0.1 1 10 100 1000 10000 log ω Figura 6.10: Influenza di K sulla funzione di trasferimento del motore in c.c. Le soluzioni risultano complesse coniugate se τe > 14 τm , in questo caso la funzione di trasferimento 6.14 può essere scritta nella forma 1 1 ω(s) = 2 2 Va (s) K s /ω0 + s2h/ω0 + 1 (6.18) nella quale si riconoscono i termini caratteristici di un p sistema vibrante, √ ω0 = 1/ τe τm è la pulsazione propria, mentre h = 12 τm /τe è l’indice di smorzamento. Il comportamento di regime può essere analizzato studiano il diagramma di Bode della funzione di trasferimento, rappresentato per modulo e fase in figura 6.7, nelle quali è indicato il guadagno in continua 1/K ed il modulo dei poli complessi coniugati ω0 . Nel caso in cui sia τe << τm (figure 6.8), la costante di tempo elettrica può essere trascurata rispetto a quella meccanica in quanto la larghezza di banda è determinata principalmente dalle caratteristiche meccaniche (rappresentate dal polo 1/τm ). In questo caso la funzione di trasferimento può assumere la forma che mette in evidenza il solo polo meccanico pm = G(s) = K2 R(Jm + Jr0 ) (6.19) Ω(s) 1 1 = . Va (s) K τm s + 1 (6.20) Il diagramma asintotico di Bode è riportato nella figura 6.9. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 114 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI M 10 K 2K 4K 8 6 4 2 0 ω 0 100 200 300 400 500 600 Figura 6.11: Influenza di K sulla curva caratteristica del motore in c.c., a parità di tensione di alimentazione In ogni caso il modulo dei poli complessi coniugati e del semplice polo meccanico aumenta al diminuire dell’inerzia J = Jm + Jr0 complessiva e all’aumentare della costante di coppia K del motore. Un aumento del modulo dei poli indica un aumento della velocità di risposta del sistema. L’influenza della costante K sulla funzione di trasferimento e sulla curva caratteristica è rappresentata nelle figure 6.10 e 6.11. All’aumentare della costante caratteristica K del motore diminuisce però il guadagno in continua, ovvero a parità di tensione di alimentazione si ottengono velocità di regime minori. Questo comportamento è mostrato in figura 6.11 in cui, a parità di tensione di alimentazione, un aumento di K porta ad un aumento della pendenza e ad un arretramento della curva caratteristica. Va + - h 6− 1 R(1+sτe ) I - K Mr Mm + ?− - h - 1 sJ ω - Vcem K ¾ Figura 6.12: Schema a blocchi del motore CC ad anello aperto appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 115 Le relazioni precedenti possono essere rappresentate per mezzo dello schema a blocchi di figura 6.12. Da questo diagramma si può ottenere la variazione di velocità ω ad un gradino di coppia resistente Mr . G2 (s) = (1 + sτe )Ra (1 + sτa )Ra /K 2 ω(s) =− 2 = Mr (s) K + (Ra + sL)Jm s 1 + (1 + sτe )sτm (6.21) Il denominatore di queste relazioni presenta due soluzioni (due poli) alle pulsazioni s p 2 − 4τ τ −τm ± τm τm − 4τe 1 e m p1,2 = =− ± (6.22) 2τe τm 2τe 4τe2 τm La risposta in condizioni di stazionarietà (regime) ad un gradino U (s) = ∆Mr /s di coppia esterna, può essere determinata ricorrendo al teorema del valore finale ∆Mr G2 (s) (6.23) ∆ω = lim s s→0 s per cui la risposta a transitorio esaurito può essere determinata ponendo s = 0 nella 6.21 R ∆ω = − 2 ∆Mr . (6.24) K Si osserva che al crescere della costante K del motore diminuisce la sensibilià ai disturbi di coppia provenienti dal carico. Infatti un aumento di K implica un aumento della pendenza della curva caratteristica del motore (figura 6.11), il parametro K 2 /R rappresentà perciò la rigidezza del motore. 6.2 Accoppiamento statico con il carico Figura 6.13: Motore accoppiato ad un utilizzatore Il sistema motore-utilizzatore di figura 6.13, ha un punto di funzionamento statico raggiunto in condizioni di regime elettrico e meccanico, definito dall’intersezione delle curve caratteristiche del motore e del carico, appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 116 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI quest’ultima proiettata all’asse del motore, come rappresentato in figura 6.14. Figura 6.14: Punto di funzionamento di regime Il punto di funzionamento di regime è caratterizzato dalle coordinate ω̄, M̄ , e dipende dalle due curve caratteristiche. La velocità di regime ω̄ calcolata, sarà tanto più corrispondente a quella realmente ottenibile (accoppiando il motore all’utilizzatore) tanto più le curve caratteristiche tracciate, dipendenti dal modello matematico del motore e del carico, rappresentano le condizioni di funzionamento di regime di motore e carico. Dipende essenzialmente dalla bontà di tali modelli rispetto al comportamento reale degli effettivi dispositivi, funzione della stima dei parametri, numero dei parametri utilizzati, ecc.. Le incertezze, in generale non note, sui modelli che identificano le due curve caratteristiche possono essere rappresentate da un termine addizionale rispetto al modello nominale di motore e carico. Per il motore l’effettiva curva caratteristica può essere espressa dalla relazione Mm = Mmn (Va , ω) + Mmd (t, pm ) (6.25) in cui Mmn rappresenta il modello nominale del motore, mentre il termine Mmd rappresenta il contributo delle incertezze dei parametri o di disturbi esterni. Il vettore pm identifica un insieme di parametri responsabili dello scostamento del motore dal comportamento nominale. Fra questi parametri possono ad esempio rientrare la tolleranza dei parametri caratteristici del motore, come la resistenza R di armatura o la costante K di coppia del motore. Nel caso di motore ideale è Mmd = 0. Analogamente per la curva caratteristica del carico Mr = Mrn (ω) + Mrd (t, pr ) . appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (6.26) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 117 Nelle condizioni di equilibrio statico dovrà pertanto risultare Mm = Mr Mmn (Va , ω) + Mmd (t, pm ) = Mrn (ω) + Mrd (t, pr ) (6.27) dalla quale, per una prefissata tensione Va , è possibile determinare la velocità ω̄ di funzionamento di regime. Tale risultato dipende non solo dalle caratteristiche nominali di motore ed utilizzatore, ma anche da quanto essi si scostano dalle condizioni nominali di funzionamento. L’effettiva velocità di regime ω̄ dipende perciò da parametri a priori non noti, o difficilmente identificabili, e non è possibile in generale ottenere un modello analitico che permetta di determinare la tensione Va di alimentazione necessaria affinché il motore accoppiato al carico raggiunga una velocità di funzionamento richiesta ω̄r . Questo problema è ulteriormente rimarcato se si considera una serie di dispositivi, costituiti da motori accoppiati ad utilizzatore, nominalmente uguali fra loro. In realtà i dispositivi della serie citata non sono fra di loro uguali, basti solo pensare alla tolleranza con cui sono realizzati ed alle diverse condizioni operative (si pensi ad esempio all’influenza della temperatura sugli attriti e sul valore della resistenza elettrica del circuito di armatura). I modelli nominali di motore (Mmn ) e carico (Mrn ) non permettono quindi, nei casi in cui essi non tengano adeguatamente conto di tutti i parametri che partecipano alla descrizione del problema fisico, di determinare la reale dipendenza della velocità di regime dalla tensione di alimentazione del motore. Questo concetto è chiaramente estendibile a tutti gli altri casi in cui si debba determinare la dipendenza della variabile fisica di interesse, detta variabile controllata (in questo caso la velocità di regime), dalla variabile fisica di comando, detta variabile di controllo (in questo caso la tensione di alimentazione del motore). 6.3 Controllo in anello aperto I modelli nominali di motore (Mmn ) e carico (Mrn ) permettono allora solo una stima della tensione di alimentazione del motore necessaria all’ottenimento della velocità di regime richiesta ω̄r , in generale si otterà una velocità di regime ω̄ 6= ω̄r . Una possibile soluzione è l’introduzione di una sistema di regolazione ad anello aperto basato sulla conoscenza del comportamento statico del sistema. La dizione anello aperto sta ad indicare che il segnale imposto al sistema, in questo caso la tensione di alimentazione del motore, viene imposta senza considerare l’effettiva risposta del sistema. La determinazione del reale comportamento statico del sistema, ovvero la determinazione della dipendenza della velcità di regime dalla tensione di appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 118 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Figura 6.15: Curva di taratura e blocco rappresentativo alimentazione, è ottenibile efficacemente per via sperimentale. Si tratta allora di determinare la curva di taratura dell’intero sistema, motore accoppiato all’utilizzatore (figura 6.13). L’attività sperimentale prevede l’applicazione di un insieme di valori di tensioni di alimentazioni Va , di attendere per ognuna di esse l’instaurarsi delle condizioni di regime, e quindi misurare la reale velocità di regime ottenuta. La curva di taratura (figura 6.15) è l’insieme di questi punti determinati sperimentalmente, che hanno ascisse corrispondenti alla reale velocità di regime raggiunta, e ordinate corrispondenti alla tensione di alimentazione applicata al motore. Volendo ora determinare la tensione V̄a necessaria per ottenere una velcocità di regime ω̄r , si dovrà individuare sull’asse delle ascisse della curva di taratura il valore della velocità cercata e determinare in corrispondenza sull’asse delle ordinate il valore della tensione di alimentazione cercato. Questo utilizzo della curva di taratura piò essere efficacemente rappresentato come un blocco (figura 6.15) Fw che permette di “trasformare” la velocità richiesta ω̄r in ingresso, nell’uscita corrispondente alla tensione di alimentazione V̄a cercata. Nell’insieme, blocco di taratura e sistema (motore ed utilizzatore) possono allora essere rappresentati nello schema a blocchi di figura 6.16. Figura 6.16: Controllo in anello aperto con blocco di taratura Tale schema operativo non risolve completamente il problema dell’ottenimento di una prefissata velocità di funzionamento di regime. Basti pensare al fatto che la taratura introdotta non può soddisfare tutte le condizioni operative di funzionamento e tutte gli accoppiamenti motore ed utilizzatore appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 119 nominalmente uguali. Inoltre tale approccio non tiene conto del comportamento dinamico dell’intero sistema. L’approccio della regolazione ad anello chiuso permetterà di eliminare buona parte di queste limitazioni. 6.4 Controllo in anello chiuso Figura 6.17: Schema di controllo ad anello chiuso Lo schema di controllo ad anello chiuso si contrappone a quello ad anello aperto in quanto il segnale di comando imposto al sistema è determinato istante per istante in funzione della risposta del sistema. Si introduce quindi un segnale di retroazione che riporta verso l’ingresso le informazioni relative all’uscita del sistema. Si tratta quindi di introdurre nel sistema un opportuno sensore che permetta la misura della variabile controllata, in modo che in base al suo valore ed in funzione della logica di regolazione, rappresentata in figura 6.17 dal blocco R, si imponga un opportuno comando al sistema. Nello schema presentato in figura, al segnale generato dal blocco di taratura viene sommato un contributo dipendente dal blocco di regolazione R e dal suo ingresso ωr − ω, differenza fra la velocità richiesta e la velocità effettiva, rappresentate istante per istante l’errore di velocità. Per evidenziare a livello qualitativo, in condizioni di regime, l’effetto della regolazione ad anello chiuso, si ipotizza una legge di regolazione proporzionale all’errore di velocità R = Kp . Il segnale u(t) in ingresso al sistema sarà u(t) = ωr Fw + Kp (ωr − ω), per cui se la velocità attuale è minore di quella richiesta ω < ωr , al segnale in uscita dal blocco di taratura viene aggiunto un contributo tendente a ridurre l’effetto dell’errore di velcità, dovuto a scostamenti del sistema dalla situazione di taratura. L’introduzione dello schema di controllo ad anello chiuso modifica anche il comportamento dinamico del sistema. Si valuterà per sistemi lineari o linearizzati come cambia il comportamento statico e dinamico in funzione di comuni logiche di regolazione. L’analisi del contributo della retroazione tramite il blocco di regolazione, sarà condotto prescindendo dalla parte di taratura. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 120 6.4.1 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Funzione di trasferimento ad anello chiuso Per la determinazione del comportamento statico e dinamico dei sistemi ad anello chiuso si farà riferimento al solo contributo dell’anello di retroazione presentato in figura 6.18, dedotto da quello di figura 6.17 trascurando la parte di taratura. Figura 6.18: Controllo in anello chiuso Il comportamento dinamico del sistema retroazionato è descritto dalla funzione di trasferimento H(s) fra il segnale di uscita ω e quello in ingresso ωr . Il legame fra ingresso ed uscita di un sistema retroazionato può essere determinato risolvendo lo schema a blocchi nel dominio delle trasformate di Laplace. Dalla figura 6.18 risulta (ωr (s) − ω(s))R(s)G(s) = ω(s) (6.28) ω(s) R(s)G(s) = . ωr (s) 1 + R(s)G(s) (6.29) da cui si ottiene H(s) = Come indicato presentando le caratteristiche delle funzioni di trasferimento, la stabilità del sistema e la sua risposta dinamica sono direttamente collegate ai poli della H(s). Essi dipendono dal regolatore R(s) utilizzato. Un’accorta scelta del funzione di trasferimento del regolatore permette allora, entro i limiti di linearità del sistema, di ottenere un desiderato comportamento dinamico del sistema ad anello chiuso. 6.4.2 Regolatori PID I regolatori lineari più diffusi in ambito industriale sono i regolatori PID, cosı̀ detti in quanto la loro uscita dipende proporzionalmente (P), dall’integrale (I) e dalla derivata (D) dell’ingresso. Nel dominio delle trasformate di Laplace la funzione di trasferimento del regolatore PID è µ ¶ Ki 1 R(S) = Kp + Kd s + = Kp 1 + Ti s + (6.30) s Td s in cui le costanti Kp , Kd o Ki (o le equivalenti Kp , Td e Ti ) sono le costanti delle tre componenti del regolatore. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 121 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Per valutare il contributo delle componenti si farà riferimento alla regolazione in anello chiuso della velocità di un motore in corrente continua collegato ad un carico puramente inerziale. Regolatore proporzionale In questo caso il regolatore ha funzione di trasferimento R(s) = Kp , mentre la funzione di trasferimento del motore accoppiato al carico, trascurando il transitorio della parte elettrica, è espresso dalla 6.20. La funzione di trasferimento ad anello chiuso risulta allora dalla 6.29 H(s) = 1 1 Kp K τm s+1 (6.31) 1 1 1 + Kp K τm s+1 in cui τm = RJ/K 2 (vedi equazione 6.16). Si ottiene H(s) = Kp K Kp = RJs + K 2 + KKp K + Kp 1 RJ K 2 +KKp s +1 . (6.32) La funzione di trasferimento ha un polo reale negativo p=− K2 KKp − RJ RJ (6.33) più piccolo in senso algebrico del polo K 2 /RJ (vedi 6.19) della G(s), funzione di trasferimento del sistema motore e carico in anello aperto. Il polo diventa sempre più piccolo all’aumentare della costante Kp del regolatore, ad indicare il fatto che il sistema diventa sempre più veloce all’aumentare di Kp (si veda a tale proposito il paragrafo 5.2.2 di pagina 89). La figura Figura 6.19: Diagramma asintotico di Bode del modulo di H(s) 6.19 riporta i diagrammi asintotici di bode della funzione di trasferimento H(s). Da essi si possono avere indicazioni sulla risposta di regime a richieste di velocità con andamento sinusoidale di pulsazione Ω. Il modulo del polo aumenta con Kp , ad indicare che la larghezza di banda del sistema aumenta con la costante del regolatore. Inoltre il guadagno in continua appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 122 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI µ = Kp /(K + Kp ) tende al valore unitario all’aumentare del valore di Kp rispetto a K. Ciò indica che l’ampiezza della velocità in uscita, per frequenze minori di quella di taglio, è tanto più prossima a quella richiesta quanto più è elevato il valore di Kp rispetto a K. Figura 6.20: Risposta al gradino unitario della H(s) La figura 6.20 riporta la risposta al gradino unitario per il sistema ad anello chiuso. Il valore a cui si assesta la risposta può essere determinato con il teorema del valore finale (vedi paragrafo 5.2.2) ed è pari a µ = Kp /(K + Kp ). L’errore fra il valore di regime richiesto (unitario) e quello effettivamente ottenuto tende allora ad annullarsi all’aumentare della costante Kp , come già messo in evidenza dallo studio in frequenza della H(s). La velocità di risposta al gradino, dipende dal modulo del polo della H(s). All’aumentare della costante Kp si riduce il tempo di risposta del sistema, risulta quindi più pronto. L’aumento di prestazioni dinamiche imputato alla costante Kp del regolatore è valida fino a che l’intero sistema rimane nel campo di linearità in cui è stato sviluppato il modello. Infatti nella trattazione non si tengono conto delle inevitabili saturazioni che intervengono sull’effettivo funzionamento del sistema. Si pensi ad esempio alla limitazione dovuta alla massima tensione di alimentazione (Va ) applicabile al motore dal sistema di regolazione. L’introduzione della retroazione rende più insensibile il sistema ai disturbi di coppia applicati dall’esterno. L’analisi dell’influenza dei disturbi di coppia sul sistema ad anello aperto è stata condotta nel paragrafo 6.1.2 ottenendo la relazione 6.24. Per ripercorrere l’analisi fatta per il sistema retroazionato si prende in considerazione lo schema a blocchi di figura 6.21, ottenuto da quello di figura 6.18 a cui si è sostituito al blocco G(s) lo schema a blocchi di figura 6.12. Considerando solo l’effetto del momento resistente Mr sull’uscita ω, si ottiene · ¸ K 1 (−ωKp − Kω) − Mr =ω (6.34) R Js e quindi la funzione di trasferimento Hd (s) = R 1 ω =− 2 . 2 Mr K + KKp JRs/(K + KKp ) + 1 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (6.35) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 123 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Figura 6.21: Schema a blocchi per valutare l’influenza di disturbi esterni di coppia La risposta in ω ad un gradino di coppia resistente di altezza Mr è rappresentato in figura 6.22. Il valore di regime a cui tende la risposta è, per il Figura 6.22: Risposta in velocità ad un disturbi di coppia a gradino teorema del valore finale ω(∞) = lim s s→0 Mr R Hd (s) = −Mr 2 . s K + KKp (6.36) Dal confronto di questa relazione con la 6.24, determinata per il sistema in anello aperto, si osserva che il sistema è tanto più insensibile agli affetti dei disturbi esterni di coppia tanto più Kp è elevato. Il sistema retroazionato si comporta allora come se il motore avesse una curva caratteristica di pendenza −K 2 /R − KKp /R, maggiore rispetto a quella ad anello aperto pari a −K 2 /R. L’effetto è illustrato in figura 6.23. Si osserva che a parità di ampiezza del disturbo di coppia, la variazione di velocità a transitorio esaurito nel caso di sistema retroazionato è minore che nel caso ad anello aperto. L’effetto che si ottiene dal punto di vista statico con l’introduzione della retroazione è allora l’aumento di rigidezza del sistema, a parità di carico si ottengono minori variazioni di velocità. Al limite, per elevati valori di Kp , si può ottenere una rigidezza infinita, equivalente ad una curva caratteristica verticale del motore. appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 124 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI Figura 6.23: Effetto di un disturbo di coppia ∆Mr appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Appendice A Dal P.L.V. al teorema dell’energia cinetica Per un sistema in equilibrio statico con vincoli bilateri, a cui sono applicate le forze f i nei punti pi , la condizione di equilibrio è espressa secondo il PLV nella forma X f i · δpi = 0 (A.1) in cui δpi è lo spostamento virtuale invertibile (essendo i vincoli bilateri) del punto pi . L’equilibrio di sistemi meccanici in moto vario può essere studiato con la stessa relazione ricorrendo al principio di D’Alambert, considerando quindi accanto alle forze attive agenti sul sistema anche le forze d’inerzia. L’espressione risultate sarà allora X (f i − mi ai ) · δpi = 0 . (A.2) Gli spostamenti virtuali δpi sono per loro definizione quelli compatibili con i vincoli, prendendoli piccoli a piacere possono essere espressi in funzione della velocità del punto δpi = v i dt (A.3) per cui X f i · v i dt − X mi ai · v i dt = 0 . (A.4) La componente dell’accelerazione che contribuisce al prodotto scalare con la velocità è solamente quella tangente alla traiettoria (parallela al vettore velocità v i = vi~t) per cui il contributo delle forze d’inerzia può essere espresso nella forma mi ai · v i dt = mi 125 vi ~ ~ t · vi tdt . dt (A.5) 126 APPENDICE A. DAL P.L.V. AL TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA Nel caso in cui la massa mi sia costante l’espressione precedente è la variazione dell’energia cinetica ¶ µ vi 1 (A.6) mi ~t · vi~tdt = ∆ mi vi2 dt 2 che porta alla relazione che lega la somma dei lavori compiuti dalle forze motrici, forze resistenti e dissipative alla variazione dell’energia cinetica dell’intero sistema ¶ X µ1 Lm − Lr − Lp = ∆ mi vi2 . (A.7) 2 Analogamente, considerando le variazioni nell’intervallo di tempo infinitesimo dt, si ottiene la relazione che esprime il bilancio di potenza ¶ X X d µ1 mi vi2 . (A.8) Wi = dt 2 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo Appendice B Trasformata di Laplace La trasformata di Laplace F (s) di una funzione f della variabile reale t è definita dall’integrale Z +∞ F (s) = L [f (t)] = f (t)e−st dt (B.1) 0 dove s = σ + iω è una variabile complessa. La trasformata di Laplace F (s) della funzione f (t) è una funzione complessa della variabile complessa s, ed esiste se esiste l’integrale che ne definisce la trasformata. È possibile dimostrare che la trasformata esiste per un insieme di valori di s appartenenti al semipiano tali per cui <(s) > σ̄ in cui σ̄ > −∞ è detta ascissa di convergenza. Analogamente la trasformata inversa (detta antitrasformata) permette di trasformare la funzione complessa F (s) della variabile complessa s nella funzione f (t). L’antitrasformata è definita dall’integrale f (t) = L −1 1 [F (s)] = 2πi Z σ+iω F (s)est ds , σ > σ̄ . (B.2) σ−iω Le due trasformate definiscono una corrispondenza biunivoca fra la funzione f (t), t ≥ 0 e la funzione F (s), ad evidenziare il fatto che le due funzioni hanno lo stesso contenuto informativo, ovvero rappresentano due modi diversi di rappresentare lo stesso problema. Le formule di trasformazione e di antitrasformazione sono poco utilizzate, si utilizzano delle metodologie che possono ricondurre il problema alla traformazione (antitrasformazione) di funzioni notevoli, di cui è cioè già nota la trasformata. La tabella B.1 riporta alcune delle trasformate notevoli. 127 128 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE f (t) δ(t) (impulso) F (s) 1 u(t) (gradino unitario) 1 s kt (rampa di pendenza k) k s2 e−αt 1 s+α sin ωt ω s2 + ω 2 cos ωt s s2 + ω 2 p e−ω0 ht √ sin( 1 − h2 ω0 t) 2 1 − h ω0 1 s2 + 2ω0 hs + ω02 · ¸ p p h e−ω0 ht cos( 1 − h2 ω0 t) + √ sin( 1 − h2 ω0 t) 1 − h2 · ¸ p p h e−ω0 ht cos( 1 − h2 ω0 t) − √ sin( 1 − h2 ω0 t) 1 − h2 s + 2ω0 h s2 + 2ω0 hs + ω02 s s2 + 2ω0 hs + ω02 Tabella B.1: Trasformate di Laplace notevoli, con 0 ≤ h < 1 B.1 Derivazione nel dominio del tempo Sia f (t) una funzione derivabile, indicando con f˙(t) = df (t)/dt, la trasformata di Laplace della funzione derivata f˙(t) è h i L f˙(t) = sF (s) − f (0) (B.3) dove F (s) è la trasformata di Laplace della primitiva della f˙(t), F (s) = L [f (t)], mentre f (0) è il valore che assume la funzione f (t) all’istante t = 0 (condizione iniziale). Estendendo alla derivata seconda si ottiene h i L f¨(t) = s2 F (s) − sf (0) − f˙(0) . (B.4) Se la funzione f (t) e le sue n − 1 derivate sono nulle all’istante iniziale t = 0, risulta · n ¸ d f (t) L = sn F (s) , (B.5) dtn appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 129 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE per cui, nelle condizioni poste, è possibile introdurre nel dominio della trasformate l’operatore di derivazione s. Moltiplicando nel dominio delle trasformate la funzione complessa F (s) per s equivale a derivare nel dominio del tempo. B.2 Integrazione nel dominio del tempo In modo analogo a quanto visto per l’operatore derivazione nel dominio delle trasformate, è possibile introdurre l’operatore integrazione. Risulta ·Z L 0 t ¸ 1 f (τ )dτ = F (s) , s (B.6) per cui l’operatore integrazione è 1/s. B.3 Linearità La trasformata e l’antitrasformata di Laplace godono della proprietà di linearità: L [αf (t) + βg(t)] = αF (s) + βG(s) , (B.7) ovvero la trasformata di Laplace di una combinazione lineari di funzioni è pari alla medesima combinazione lineare delle corrispondenti trasformate. Analogamente per l’antitrasformata L−1 [αF (s) + βG(s)] = αf (t) + βg(t) . B.4 (B.8) Teorema del valore iniziale e finale È possibile dimostrare che il valore che assume all’istante t = 0 la funzione f (t) può essere determinato dalla trasformata F (s) dalla relazione f (0) = lim sF (s) s→∞ (B.9) Il valore che assume la funzione f (t) per t = ∞ è determinabile dalla trasformata F (s) dalla relazione f (∞) = lim sF (s) s→0 appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 (B.10) prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 130 B.5 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE Trasformate razionali Di particolare interesse per lo studio dei sistemi dinamici sono le funzioni razionali fratte N (s) (B.11) D(s) con N (s) e D(s) polinomi nella variabile complessa s e primi fra loro. Le radici di N (s) = 0 sono detti zeri, mentre le radici di D(s) = 0 sono detti poli. Se la funzione f è reale i coefficienti dei due polinomi sono reali. B.6 Sviluppo di Heavside Per applicare efficacemente le antitrasformate notevoli indicate nella tabella B.1 per un funzione razionale F (s) si rende necessario scomporre la funzione razionale nella somma di funzioni razionali di cui è nota l’antitrasformata. Per la proprietà di linearità, l’antitrasformata cercata sarà la somma delle singole trasformate. Viene analizzato il caso in cui la funzione complessa F (s) = N (s) D(s) (B.12) abbia il denominatore di grado maggiore rispetto al numeratore. Inoltre, considerando funzioni f (t) reali, i coefficienti dei polinomi saranno a loro volta reali. In tali ipotesi, se esistono degli zeri o dei poli non reali, essi compariranno sempre a coppie complesse coniugate. In generale il denominatore D(s) avrà poli reali distinti, poli reali coincidenti, poli complessi coniugati. In relazione ad essi si introdurranno delle metodologie per la determinazione delle funzioni elementari la cui somma deve riportare alla funzione F (s) di partenza. F (s) = Qn i=1 (s B.6.1 + pi ) N (s) 2 2 k=1 (s + 2ω0k hs + ω0 k ) Qm (B.13) Poli reali distinti Se la funzione F (s) ha n poli reali distinti, si dovranno considerare n funzioni razionali espresse dalla sommatoria n X Ai N (s) ≡ , s + pi i=1 (s + pi ) i=1 F (s) = Qn (B.14) in cui le n costanti Ai devono essere determinate imponendo che la somma delle funzioni introdotte possa ricondurre al polinomio N (s) della funzione F (s), ovvero sia soddisfatta l’indentità B.14. È possibile dimostrare che appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo 131 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE uguagliando i coefficienti della stessa potenza in s dei due numeratori si otterranno n equazioni indipendenti che permettono il calcolo dei coefficienti Ai . B.6.2 Poli complessi coniugati Nel caso in cui siano presenti dei poli complessi coniugati, si dovranno considerare m funzioni razionali espresse dalla sommatoria m X Ak s + Bk N (s) ≡ , 2 2 + 2ω hs + ω 2 ) 2 (s (s + 2ω hs + ω ) 0k 0k 0k 0 k=1 k F (s) = Qm (B.15) k=1 in cui le costanti Ak e Bk devono essere determinate imponendo che la somma delle funzioni introdotte possa ricondurre al polinomio N (s) della funzione F (s). appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Università di Bergamo