1 Capacità giuridica. 2 Maggiore età. Capacità di agire.

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LIBRO PRIMO
DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
1
Capacità giuridica.
[i] La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita [22 Cost.].
[ii] I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati
all’evento della
nascita [254, 320, 462, 784].
GIURISPRUDENZA
1. Casistica 2. Capacità giuridica della società.
1. Casistica.
In astratto non può essere negata la titolarità di un diritto
(oltre che della legittimazione attiva) del figlio handicappato
alla tutela risarcitoria, non trovando essa un ostacolo insormontabile nell’anteriorità del fatto illecito rispetto alla nascita
— giacché si può essere destinatari di tutela anche senza essere
soggetti dotati di capacità giuridica ai sensi dell’art. 1 c.c. — né
nelle teorie della causalità giuridica, perché tra causa ed evento
lesivo può intercorrere uno spazio intertemporale, tale da
differire il relativo diritto al ristoro solo al compiuto verificarsi
dell’effetto pregiudizievole purché senza il concorso determinante di concause sopravvenute. In concreto, tuttavia, ove il
figlio handicappato lamenti di essere nato non sano perché la
propria madre, non essendo stata informata dal medico della
ricorrenza della malattia genetica fetale, non ha potuto ricorrere all’interruzione della gravidanza, fa difetto un danno
conseguenza, quale consacrato dall’art. 1223 c.c., stante che il
danno riuscirebbe legato alla stessa vita del bambino e l’assen-
2
za di danno alla sua morte. Cass. S.U., 22 dicembre 2015 n.
25767. In senso parzialmente conforme: Cass., 2 ottobre 2012,
n. 16754; Cass., 22 marzo 2013, n. 7269; Cass., 10 dicembre
2013 n. 27528; Cass., 30 maggio 2014, n. 12264
2. Capacità giuridica della società.
La capacità giuridica delle società, in mancanza di specifiche
limitazione stabilite dalla legge, è generale, sicché possono
porre in essere qualsiasi atto o rapporto giuridico, inclusa la
donazione, ancorché esuli od ecceda od, anche, tradisca lo
scopo lucrativo perseguito, dovendosi ritenere che l’oggetto
sociale costituisca solamente un limite al potere deliberativo e
rappresentativo degli organi societari, la cui violazione non
determina la nullità dell’atto, né la sua inefficacia, ma, eventualmente, la responsabilità degli amministratori che lo hanno
compiuto. Cass., sez. III, 21 settembre 2015, n. 18449. Vedi
anche: Cass. n. 2224 del 1968; Cass., sez. I, del 19 marzo 2015,
n. 5522
Maggiore età. Capacità di agire.
La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno [48 Cost.]. Con la maggiore
età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa [842,
90, 165, 2505, 2642, 291, 390, 774].
[ii] Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a
prestare il proprio lavoro [324, 375, 901 c. nav.]. In tal caso il minore è abilitato all’esercizio dei
diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.
[i]
GIURISPRUDENZA
1. Casistica 2. Profili processuali.
1. Casistica.
La responsabilità dei genitori per il fatto illecito del figlio
minore sussiste ex art. 2048, comma 1, c.c., e non è esclusa dal
fatto che il comportamento dannoso sia stato tenuto in un
luogo soggetto all’altrui vigilanza. Cass. sez. III 18 settembre
2015 n. 18327. In senso conforme Cass., 19 febbraio 2014, n.
3964; Cass., 6 dicembre 2011, n. 26200; Cass., 22 aprile 2009, n.
9556
2. Profili processuali.
Il principio per cui il difetto di legittimazione processuale è
sanato ex tunc dalla costituzione nel successivo grado di giu3
Art. 2
CODICE CIVILE
dizio del soggetto legittimato (nella specie, per raggiunta maggior età), il quale manifesti la volontà di ratificare la precedente
condotta difensiva, non si applica ove sia intervenuta una
pronuncia d’inammissibilità dell’impugnazione, atteso che la
semplice volontà di ratifica non è sufficiente a rimuovere gli
4
effetti di tale pronuncia, che, invece, deve essere impugnata per
vizi suoi propri. Cass., sez. II, 30 aprile 2015, n. 8821. In senso
conforme: Cass., sez. III, 11 agosto 1995, n. 8828
V. anche sub artt. 147-2047.
Commorienza.
[i] Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di una persona a un’altra e non
consta quale di esse sia morta prima, tutte si considerano morte nello stesso momento [2697].
GIURISPRUDENZA
1. Accettazione tacita di eredità.
1. Accettazione tacita di eredità.
In conformità alla logica ed all’indirizzo concorde ed ormai
consolidato del S.C., l’accettazione tacita di eredità, che si ha
quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone
la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di
compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta
anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in
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essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare, o che siano significativi e concludenti della volontà di
accettare: ciò premesso, la riscossione dei canoni di locazione
di un bene ereditario, quale atto dispositivo e non meramente
conservativo, integra accettazione tacita dell’eredità ai sensi
dell’art. 476 c.c. Cass. , sez. II, 8 giugno 2015, n. 11823.
V. anche sub artt. 459-460-470-474
Atti di disposizione del proprio corpo.
[i] Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione
permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume [1343, 1418; 579 c.p.].
GIURISPRUDENZA
1. Consenso informato.
1. Consenso informato.
In tema di responsabilità professionale medica, per ravvisare
la violazione del diritto all’autodeterminazione per l’assenza di
un valido consenso informato del paziente è necessario che il
ricorrente alleghi e provi l’esistenza e l’entità di un danno
specificamente riferibile alla carenza di consenso informato,
collocandosi il diritto alla salute e il diritto all’autodeterminazione su due piani distinti con conseguente possibilità di
riconoscere la lesione dell’uno senza che vi sia necessariamente
anche la lesione dell’altro. Corte appello Milano sez. I 7 marzo
2016, n. 894
In tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno
cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato
del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, ex ante, necessitato sul piano
terapeutico e sia pure risultato, ex post, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto
preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative
all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti
pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento. Cass. sez. III 12 giugno 2015 n. 12205
Per ottenere la rettificazione degli atti di stato civile in
conformità alla vera identità sessuale dell’interessato, non oc4
corre più che sia attuato un prioritario intervento medicochirurgico e/o psicologico che modifichi i caratteri sessuali
primari: la mancata operazione preventiva non può, infatti,
essere, di per sé, ragione sufficiente ad escludere il cambio di
sesso nei documenti anagrafici, essendo sufficiente, a tal uopo,
dimostrare, attraverso i trattamenti medico-chirurgici e/o psicologici subiti, la necessità e la radicalità della scelta intrapresa
e proseguita dall’interessato. Cass. sez. I 20 luglio 2015 n.
15138
In tema di attività medico-chirurgica, è risarcibile il danno
cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato
del paziente in ordine all’esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, ex ante, necessitato sul piano
terapeutico e sia pure risultato, ex post, integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell’informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto
preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative
all’espletamento dell’atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti
pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall’esito favorevole dell’intervento. Cass., sez. III, 12 giugno 2015, n. 12205;
Vedi anche: Cass., sez. I, 16 ottobre 2007, n. 21748; Cass., sez.
III, 28 luglio 2011, n. 16543; Cass., sez. III, 19 settembre 2014,
n. 19731
V. anche sub artt. 1175-1218-1223-1337-1375
LIBRO PRIMO – DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
6
Art. 10
Diritto al nome.
[i] Ogni persona ha diritto al nome [22 Cost.] che le è per legge attribuito [143-bis, 262, 299,
2292, 2314, 2326, 2563].
[ii] Nel nome si comprendono il prenome e il cognome [XIV2 Cost.].
[iii] Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le
formalità dalla legge indicati.
GIURISPRUDENZA
1. In generale.
1. In generale.
L’associazione non riconosciuta, quale centro di imputazione di situazioni giuridiche e, come tale, soggetto di diritto
distinto dagli associati, beneficia della tutela della propria
denominazione, che si traduce nella possibilità di chiedere la
cessazione di fatti di usurpazione (cioè di indebita assunzione
di nomi e denominazioni altrui quali segni distintivi), la connessa reintegrazione patrimoniale, nonché il risarcimento del
danno ex art. 2059 c.c., comprensivo di qualsiasi conseguenza
pregiudizievole della lesione dei diritti immateriali della personalità, compatibile con l’assenza di fisicità e costituzionalmente
protetti, quali sono il diritto al nome, all’identità ed all’immagine dell’ente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha
confermato la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto il
risarcimento del danno all’Associazione italiana contro le leucemie ed alla sua affiliata locale di Pescara, ritenendo usurpativa la protrazione dell’utilizzo della denominazione “AIL”
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effettuato dalla sezione regionale abruzzese nonostante la pregressa esclusione). Cass., sez. I, 16 novembre 2015, n. 23401.
Vedi anche: Cass., sez. I, 11 agosto 2009, n. 18218; Cass., sez.
Lav, 1 ottobre 2013, n. 22396
In caso di cessazione degli effetti civili di un matrimonio
contratto all’estero da due cittadini stranieri, il diritto della
moglie di utilizzare l’esclusivo cognome del marito, acquisito,
con il consenso di quest’ultimo, al momento dell’assunzione
del vincolo, va delibato sulla base dei criteri di collegamento
indicati dalla Convenzione di Monaco del 5 settembre 1980,
resa esecutiva in Italia con la legge n. 950 del 1984, per la quale
i cognomi ed i nomi di una persona vengono determinati dalla
legge dello Stato di cui è titolare il cittadino (nella specie,
l’ordinamento svedese), non assumendo alcun rilievo che la
cessazione del rapporto coniugale sia stata dichiarata e regolata
dalla legge di un altro Stato (nella specie, quella italiana). Cass., sez. I, 13 novembre 2015, n. 23291
Tutela del diritto al nome.
[i] La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire
pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
[ii] L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali [120
c.p.c.].
V. sub artt. 6-36- 2043-2059
10
Abuso dell’immagine altrui.
[i] Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o
pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero
con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità
giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei
danni.
GIURISPRUDENZA
1. In generale.
1. In generale.
Il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il
diritto, personalissimo ed inalienabile, all’immagine ma soltanto l’esercizio di tale diritto, sicché, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto
ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre
revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato
per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattui-
zione convenuta, che non integra un elemento del negozio
autorizzativo. Cass., sez. I, 29 gennaio 2016, n. 1748. In senso
conforme: Cass., sez. I, 17 febbraio 2004, n. 3014, Cass. n.
24221 del 2015
L’illecito utilizzo della immagine altrui, ai sensi dell’art. 10
c.c., si configura quando la sua divulgazione, in fotografia o in
filmati pubblici, non trovi ragione in finalità di informazione,
ma nello sfruttamento — in difetto di consenso dell’interessato
— commerciale o pubblicitario, a tal fine richiedendosi che il
5
Art. 10
CODICE CIVILE
personaggio appaia come involontario “testimonial” del prodotto reclamizzato o che, comunque, il pubblico lo associ ad
esso, reputando che costui ne condivida la propaganda o la
commercializzazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la
decisione del giudice di merito, che aveva escluso l’utilizzo
abusivo della immagine di una giornalista televisiva, della
quale, per corroborare l’interesse dedicato da stampa e televisione al prodotto pubblicizzato, era stato trasmesso uno spezzone del telegiornale nazionale dalla medesima condotto, in cui
ella riferiva la circostanza della avvenuta commercializzazione
di quel prodotto — un dispositivo in grado di rivelare agli
automobilisti la presenza di “autovelox” lungo la sede stradale
— e i dubbi circa la conformità a legge dello stesso). Cass., sez.
III 27 novembre 2015 n. 24221
L’esposizione o la pubblicazione dell’immagine altrui, a
norma dell’art. 10 c.c. e degli artt. 96 e 97 della l. n. 633 del
1941 sul diritto d’autore, è abusiva non soltanto quando
avvenga senza il consenso della persona o senza il concorso
delle altre circostanze espressamente previste dalla legge come
idonee a escludere la tutela del diritto alla riservatezza — quali
la notorietà del soggetto ripreso, l’ufficio pubblico dallo stesso
ricoperto, la necessità di perseguire finalità di giustizia o di
polizia, oppure scopi scientifici, didattici o culturali, o il collegamento della riproduzione a fatti, avvenimenti, cerimonie
d’interesse pubblico o svoltisi in pubblico — ma anche quando, pur ricorrendo quel consenso o quelle circostanze, l’esposizione o la pubblicazione sia tale da arrecare pregiudizio
all’onore, alla reputazione o al decoro della persona medesima. Cass. sez. III 27 agosto 2015 n. 17211
12
La presenza delle condizioni legittimanti l’esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della
pubblicazione o diffusione anche dell’immagine delle persone
coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle
prescrizioni contenute negli artt. 10 c.c., 96 e 97, della l. n. 633
del 1941, nonché dell’art. 137 del d.lgs. n. 196 del 2003 e
dell’art. 8 del codice deontologico dei giornalisti, anche alla
verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei
protagonisti della vicenda narrata, nell’ottica della essenzialità
di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della
informazione fornita. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nel caso di un servizio televisivo realizzato
mediante riprese occulte e concernente le pratiche ingannevoli
perpetrate nel settore delle offerte di lavoro, aveva completamente pretermesso ogni accertamento di uno specifico interesse alla conoscenza dell’immagine del soggetto coinvolto, erroneamente presunto una volta ritenuto quello inerente alla
divulgazione della notizia). Cass., sez. I, 22 luglio 2015, n.
15360. Vedi anche: Cass. Civ., III, 6 giugno 2014, n. 12834
La legittimità della diffusione, per finalità informative televisive, dell’immagine di una persona presuppone non solo un
interesse pubblico alla conoscenza dei fatti, ma anche alla
specifica riferibilità dell’informazione all’attività volta nel contesto della problematica generale trattata e, quindi, all’effettiva
necessità della rivelazione della sua identità ai fini della completezza della notizia. Cass., sez. I, 22 luglio 2015, n. 15360
[Persone giuridiche private].
(1) Articolo abrogato dall’art. 11 d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361.
GIURISPRUDENZA
1. Risarcimento del danno con riguardo all’ente collettivo.
1. Risarcimento del danno con riguardo all’ente collettivo.
In tema di danno non patrimoniale, il pregiudizio risarcibile
nei confronti di un ente collettivo si identifica con la lesione
dell’interesse, diffuso o collettivo, del quale esso è portatore e
garante e coincide, sul piano obiettivo, con la violazione delle
norme poste a tutela dell’interesse medesimo, senza che si
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[i]
[ii]
Atto costitutivo.
Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto pubblico [1350, 2699].
La fondazione può essere disposta anche con testamento [600; 3 att.].
GIURISPRUDENZA
1. Casistica.
1. Casistica.
In materia di Fondi pensionistici integrativi aventi natura di
persona giuridica privata, il provvedimento di approvazione
della COVIP non rientra tra gli elementi costitutivi degli atti di
adozione o modifica dello statuto da parte del Fondo, ma è
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possa distinguere, a tali fini, tra l’evento lesivo e la conseguenza
negativa, in quanto dall’attività di tutela degli interessi coincidenti con quelli lesi o posti in pericolo deriva, in capo all’ente
esponenziale, una posizione di diritto soggettivo che lo legittima all’azione risarcitoria. Cass., sez. III, 10 novembre 2015, n.
22885. Vedi anche: Cass., sez. III, 12 dicembre 2008, n. 29185
solo integrativo della loro efficacia con effetto ex tunc, in
quanto finalizzato al controllo circa la correttezza e la trasparenza delle condizioni contrattuali di tutte le forme pensionistiche complementari. Cass., sez. lav., 29 ottobre 2015, n.
22149. Vedi anche: Cass., sez. lav., 2 febbraio 2012, n. 1468
Art. 24
LIBRO PRIMO – DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
23
Annullamento e sospensione delle deliberazioni.
[i] Le deliberazioni dell’assemblea contrarie alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto possono essere annullate su istanza degli organi dell’ente, di qualunque associato o del pubblico
ministero [1109, 1137, 23772; 69 ss. c.p.c.].
[ii] L’annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona
fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima [1445, 23777].
[iii] Il presidente del tribunale o il giudice istruttore, sentiti gli amministratori dell’associazione, può sospendere, su istanza di colui che ha proposto l’impugnazione, la esecuzione della
deliberazione impugnata, quando sussistono gravi motivi [11092, 11372]. Il decreto di sospensione deve essere motivato ed è notificato agli amministratori.
[iv] L’esecuzione delle deliberazioni contrarie all’ordine pubblico o al buon costume può
essere sospesa anche dall’autorità governativa [9 att.].
GIURISPRUDENZA
1. Annullamento delle delibere delle associazioni e fondazioni.
1. Annullamento delle delibere delle associazioni e fondazioni.
In tema di associazioni riconosciute, l’art. 23, comma 1, c.c.
attribuisce il potere di impugnativa agli organi dell’ente e non
a qualunque articolazione territoriale non ricompresa tra gli
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organi indicati nello statuto; pertanto, l’attribuzione di poteri
di amministrazione e/o di rappresentanza esterna, o di compiti
direttivi e di controllo, non conferisce il potere di impugnazione se non vi è l’espressa indicazione statutaria di organo
dell’ente. Trib. Roma, sez. III, 13 gennaio 2016, n. 625
Recesso ed esclusione degli associati.
[i] La qualità di associato non è trasmissibile, salvo che la trasmissione sia consentita dall’atto
costitutivo o dallo statuto.
[ii] L’associato può sempre recedere dall’associazione se non ha assunto l’obbligo di farne
parte per un tempo determinato. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata per iscritto
agli amministratori e ha effetto con lo scadere dell’anno in corso, purché sia fatta almeno tre
mesi prima [2285].
[iii] L’esclusione d’un associato non può essere deliberata dall’assemblea che per gravi
motivi; l’associato può ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata
notificata la deliberazione [2286].
[iv] Gli associati, che abbiano receduto o siano stati esclusi o che comunque abbiano cessato
di appartenere all’associazione, non possono ripetere i contributi versati, né hanno alcun diritto
sul patrimonio dell’associazione [37].
GIURISPRUDENZA
1. Ambito applicativo.
1. Ambito applicativo.
L’adesione ad un’associazione non riconosciuta, presupponendo l’accordo delle parti anche in ordine allo scopo dell’associazione stesso ed alle regole del suo ordinamento interno,
comporta l’assoggettamento dell’aderente a siffatte regole nel
loro complesso, senza necessità di specifica accettazione ed
anche se implichino oneri economici (quale, ad esempio, quello concernente il versamento di contributi associativi) o deroghe al disposto dell’art. 24 c.c., che è norma liberamente
derogabile dall’autonomia privata con il solo limite derivante
dal principio costituzionale della libertà di associazione, che
implica la nullità di clausole che escludano o rendano oltremodo oneroso il recesso. (Nella specie, la S.C. ha confermato
la decisione impugnata, ritenendo che la prestazione richiesta
all’associato per l’utile esercizio del recesso, consistente nell’alienazione dell’azione dal cui possesso scaturiva il diritto di
essere socio, si traduceva, in ragione della sua aleatorietà, in
una illegittima compromissione della facoltà di uscire dal
sodalizio). Cass., sez. VI, 11 novembre 2015, n. 23098. In senso
conforme: Cass., sez. I, 9 maggio 1991, n. 5191
7
Art. 36
36
CODICE CIVILE
Ordinamento e amministrazione delle associazioni non riconosciu-
te.
[i] L’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come
persone giuridiche [39 Cost.] sono regolati dagli accordi degli associati.
[ii] Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo
questi accordi, è conferita la presidenza o la direzione [754, 78 c.p.c.].
GIURISPRUDENZA
1. Associazioni e autonomia privata 2. Casistica.
1. Associazioni e autonomia privata.
L’art. 36 c.c. stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati
dagli accordi tra gli associati, i quali bene possono attribuire
alla associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad
acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti
e da essi personalmente curati. Deriva da quanto precede,
pertanto, che ove il giudice accerti tale circostanza, sussiste la
legittimazione attiva dello studio professionale associato — cui
la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro
di imputazione di rapporti giuridici — anche se privo di
personalità giuridica, in quanto però rientrante nel novero di
quei fenomeni di aggregazione di interessi di cui anche i liberi
professionisti possono essere membri — rispetto ai crediti per
le prestazioni svolte dai singoli prestatori d’opera a favore del
cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo
tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla
divisione delle spese e alla gestione congiunta dei proventi. Cass., sez. II, 29 febbraio 2016, n. 3926
2. Casistica.
La domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l’esclusione della
personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel
credito è derivato, e, dunque, l’insussistenza dei presupposti
per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c.,
salvo che l’istante dimostri che il credito si riferisca ad una
prestazione svolta personalmente dal professionista, in via
esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione. Cass.,
sez. I, 31 marzo 2016, n. 6285
La legge attribuisce all’associazione la capacità di porsi
come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici
rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il
fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese e alla gestione
congiunta dei proventi. Ne consegue che è possibile ritenere
esistente la legittimazione attiva dello studio professionale
associato a riscuotere i crediti derivanti dalla prestazione d’opera del singolo associato. Cass., sez. I, 4 marzo 2016, n. 4268
38
La richiesta di insinuazione di un credito al passivo fallimentare, se proveniente da uno studio associato, lascia presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato, e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex
art. 2751-bis, n. 2, c.c., salva l’allegazione e la prova di un
accordo tra gli associati che, in deroga al modello normativo
previsto dall’art. 25, comma 1, del d.lgs. n. 96 del 2001,
preveda la cessione all’associazione del credito al compenso
per la prestazione professionale svolta dal singolo associato,
che ha, in tal caso, natura personale e, quindi, privilegiata. Cass., sez. VI, 14 gennaio 2016, n. 443
In tema di contenzioso tributario, l’impugnazione della
cartella di pagamento da parte di un’associazione non riconosciuta già estinta al momento della notifica del precedente
avviso di accertamento è improponibile, poiché l’inesistenza
del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio e nel giudizio legittimità, in cui la sentenza di merito impugnata (nella specie, di
rigetto del ricorso e dell’appello del contribuente) va cassata
senza rinvio ai sensi dell’art. 382, comma 3, secondo periodo,
c.p.c. Cass., sez. trib., 9 ottobre 2015, n. 20252. Vedi anche: Cass., sez. trib., 8 ottobre 2014, n. 21188
L’autorizzazione del consiglio d’amministrazione di un ente
(nella specie, un consorzio) affinché il presidente agisca o
resista in giudizio non può intervenire, con effetto retroattivo,
nel corso del giudizio di cassazione ove i giudici di merito
abbiano rilevato la mancanza del presupposto processuale,
traendone le debite conseguenze in ordine alla validità dell’atto
compiuto in sua assenza. Cass., sez. II, 30 aprile 2015, n. 8826.
In senso conforme: Cass., sez. Lav, 11 gennaio 1995, n. 267;
Cass., sez. I, 19 giugno 2007, n. 14260
Le somme erogate ai partiti politici a titolo di rimborso delle
spese elettorali, nella disciplina anteriore alla legge 6 luglio
2012, n. 96, non recano un vincolo di destinazione pubblicistica, sicché la condotta appropriativa del tesoriere del partito
non dà luogo a responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione del giudice contabile, ma a responsabilità civile soggetta alla
giurisdizione del giudice ordinario, che il partito stesso, associazione privata non riconosciuta, può adire per il ripristino
della propria consistenza patrimoniale. Cass., S.U., 18 maggio
2015, n. 10094. Vedi anche Sezioni Unite: Cass., S.U., 31
ottobre 2014, n. 23257
Obbligazioni.
[i] Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune [37]. Delle obbligazioni stesse rispondono anche
8
LIBRO PRIMO – DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
Art. 43
personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione
[41, 2268, 2317, 2509-bis].
GIURISPRUDENZA
Casistica.
1. Responsabilità del soggetto che agisce in nome e per conto dell’associazione.
1. Responsabilità del soggetto che agisce in
nome e per conto dell’associazione.
Affinché sussista la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, comma 2, c.c. di chi agisce in nome e per
conto dell’associazione non riconosciuta, non è sufficiente la
mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma occorre il concreto svolgimento di un’attività negoziale per conto
di essa, dalla quale sorgano rapporti obbligatori tra l’associazione ed i terzi. Pertanto, chi invoca in giudizio detta responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività
svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo
sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno
dell’ente. (Nella specie, veniva accolta l’opposizione a decreto
ingiuntivo da parte dell’amministratrice di una fondazione, alla
quale era stato ingiunto il pagamento di una somma in forza di
un contratto stipulato tra la suddetta fondazione ed un’associazione). Trib. Roma, sez. IX, 13 gennaio 2016, n. 629
L’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito
in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta,
rientra tra le garanzie ex lege assimilabili alla fideiussione, con
conseguente applicazione dei principi sulla scadenza dell’obbligazione (art. 1957 c.c.) e sulle obbligazioni del fideiussore
(art. 1944 c.c.). Cass., sez. I, 17 giugno 2015, n. 12508
In tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità
personale e solidale di chi abbia agito in nome e per conto
dell’associazione è inquadrabile tra le garanzie ex lege assimilabili alla fideiussione, sicché trova applicazione l’art. 1957 c.c.
e il termine di decadenza ivi stabilito, senza che tale assetto,
comportando una sorta di avvalimento di una garanzia personale, menomi alcun diritto, determini un trattamento deteriore
per eventuali terzi ovvero — attesa la durata semestrale (e,
dunque, non meramente apparente) del termine decadenziale
— leda il diritto di azione del creditore. Cass., sez. I, 17 giugno
2015, n. 12508. Vedi anche: Cass., sez. III, 29 dicembre 2011,
n. 29733; Tribunale Roma, sez. III, 5 luglio 2016, n. 7301
Non avendo concluso il contratto “in nome e per conto” del
movimento politico, ma nella qualità di “delegato dell’amministratore — legale rappresentante” di detto movimento, il
contraente aveva non un proprio autonomo potere, ma un
43
2.
potere delegato di impegnare l’associazione non riconosciuta
in rapporti obbligatori, spendendone il nome. Il significato
della dicitura esclude in radice che possa farsi applicazione del
principio di cui all’art. 38 c.c. Inoltre, l’art. 6-bis della l. n. 157
del 1999 prevede l’esonero degli amministratori dei partiti e
movimenti politici dalla responsabilità per le obbligazioni contratte in nome e per conto di tali organizzazioni, salvo il caso in
cui essi abbiano agito con dolo o colpa grave. Trib. Messina,
sez. I, 8 maggio 2015, n. 1074
2. Casistica.
In tema di recupero dei contributi comunitari indebitamente percepiti, alla disciplina della responsabilità solidale di cui
dell’art. 3 della l. n. 898 del 1986, in base alla quale l’associazione o l’unione dei produttori è tenuta, con i suoi associati, al
versamento dell’indebito percetto, si aggiunge anche la responsabilità di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente, ove si tratti di un’associazione non riconosciuta, in quanto
la detta solidarietà è stabilita, secondo le regole generali,
dall’art. 38 c.c., a garanzia dell’effettività della rimozione delle
conseguenze dell’illecito accertato in danno degli interessi della
UE. Cass., sez. I, 22 febbraio 2016, n. 3402. Vedi anche: Cass.,
sez. III, 24 ottobre 2008, n. 25748 Cass., sez. I, 23 luglio 2014,
n. 16724
In tema di bancarotta semplice, al fine di configurare la
responsabilità del presidente del consiglio direttivo di un’associazione non riconosciuta non è sufficiente il dato formale di
aver ricoperto la predetta carica sociale, ma è necessario verificare in capo al medesimo l’effettivo esercizio di poteri gestionali nei rapporti dell’associazione con i terzi. Cass., penale, sez.
V, 3 febbraio 2016, n. 12645 (V. anche Cass., sez. III, n. 18188
del 2014; Cass., sez. I, n. 9589 del 1993; Cass. Pen., sez. V, 13
ottobre 2009, n. 43036
In materia di obbligazioni tributarie trova applicazione l’art.
38 c.c. con il che del debito tributario risponde l’associazione
non riconosciuta con il proprio fondo e solidalmente colui che,
in nome e per conto dell’ente, ha posto in essere nel periodo di
imposta in questione l’attività negoziale concretamente produttiva del credito per tributo non corrisposto e per sanzioni
pecuniarie. Cass., sez. VI, 17 giugno 2015, n. 12473
Domicilio e residenza.
[i] Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi
affari e interessi [343, 354, 456; 14 Cost.; 18, 139 c.p.c.; 614, 615-bis c.p.].
[ii] La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale [94, 1441; 18, 139 c.p.c.].
GIURISPRUDENZA
1. Profili processuali.
1. Profili processuali.
Il giudice competente per l’apertura della tutela in caso di
interdizione legale va individuato, ai sensi degli artt. 662 c.p.p.
e 343 c.c., con riferimento al domicilio del condannato, da
presumersi, ex art. 44 c.c., coincidente con la sua residenza
anagrafica. Cass., sez. VI, 12 novembre 2015, n. 23107. Vedi
anche: Cass., sez. VI, 11 aprile 2013, n. 8875
La competenza per l’apertura della tutela dell’interdetto,
ove questi si trovi in stato di detenzione in esecuzione di
sentenza definitiva, va attribuita al giudice tutelare del luogo
9
Art. 43
CODICE CIVILE
della sua ultima dimora abituale prima dell’inizio dello stato
detentivo, non trovando applicazione il criterio legale della
sede principale degli affari e degli interessi dell’interdetto, che
47
presuppone l’elemento soggettivo del volontario stabilimento. Cass., sez. VI, 12 ottobre 2015, n. 20471
Elezione di domicilio.
Si può eleggere domicilio speciale per determinati atti o affari [103, 28392 n. 2, 2890; 30, 141,
366, 480, 5432 n. 3 c.p.c.].
[ii] Questa elezione deve farsi espressamente per iscritto [1350].
[i]
GIURISPRUDENZA
1. Profili processuali.
1. Profili processuali.
In tema di mutuo edilizio, in caso di subentro nella posizione del mututatario a seguito di accollo la notifica dell’atto di
precetto va eseguita ex art. 480 c.p.c. nei confronti dell’accollante personalmente ex artt. 137 ss. c.p.c., ossia nel suo indirizzo di residenza ovvero nel domicilio eletto nell’atto di
accollo, ma non nel domicilio suppletivo indicato dal mutuatario originario nel contratto di mutuo, giacché, diversamente
da quanto previsto in tema di mutuo fondiario, l’elezione di
domicilio compiuta da quest’ultimo non produce effetti nei
74
confronti dell’accollante, che subentra nelle sole obbligazioni
sostanziali del precedente mutuatario e non nell’intera posizione. Cass., sez. VI, 14 giugno 2016, n. 12173
L’elezione di domicilio fatta dalla parte in sede di stipula del
contratto (nella specie, contratto di somministrazione di energia elettrica) non ha, in difetto di un’espressa e chiara volontà
contraria, carattere esclusivo, sicché essa non osta a che gli atti
inerenti al rapporto contrattuale (nella specie, disdetta) vengano trasmessi al diverso indirizzo riferibile alla parte medesima. Cass., sez. III, 22 dicembre 2015, n. 25731
Parentela.
[i] La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in
cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di
esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo. Il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione
di persone maggiori di età, di cui agli articoli 291 e seguenti.
GIURISPRUDENZA
1. Questione di legittimità costituzionale 2. Ambito di applicazione.
1. Questione di legittimità costituzionale.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 104, commi 2 e 3, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154,
censurato per violazione degli artt. 2, 3 e 76 cost. in quanto
prevede, con specifico riferimento all’azione di petizione di
eredità, che gli effetti successori della parentela naturale, che il
novellato art. 74 c.c. ha parificato a quella legittima, siano
riferibili anche a successioni apertesi anteriormente alla indicata data del 1 gennaio 2013 ed oggetto di giudizi pendenti al
momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo impugnato. Non sussiste la violazione dell’art. 76 cost., atteso che
l’applicabilità retroattiva, ai giudizi pendenti, del novellato art.
74 c.c. riflette una scelta del legislatore delegato compatibile
con la ratio della delega e in linea con i criteri direttivi della
stessa. Non sussiste altresì la violazione degli artt. 2 e 3 cost., in
quanto la retroattività della normativa censurata trova adeguata
giustificazione nella esigenza di tutela di un valore di rilievo
costituzionale — quello della completa parificazione dei figli
naturali ai figli nati all’interno del matrimonio − specificamente
riconducibile all’art. 30, comma 1, cost.: un valore coerente
10
anche al bene della «vita familiare», di cui all’art. 8 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali (CEDU), come interpretato dalla
Corte di Strasburgo, nel senso della sua tutelabilità anche con
riguardo alla famiglia costruita fuori dal matrimonio (sent. nn.
163 del 2000, 98 del 2008, 264 del 2012, 156, 229 del
2014). Corte Cost. , 9 luglio 2015, n. 146
2. Ambito di applicazione.
L’art. 148 c.c. (nel testo applicabile ratione temporis) si
riferisce, invero, testualmente agli ascendenti dei genitori del
figlio da mantenere, stabilendo che essi siano tenuti a fornire ai
genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i
loro doveri nei confronti dei figli. La disposizione non può che
intendersi, dunque, se non come riferita ai nonni del figlio da
mantenere, e non certo agli zii. Costoro non sono, infatti,
parenti in linea retta — a quali soltanto si attaglia il termine
ascendenti, giacché trattasi di persone di cui l’una discende
dall’altra — bensì in linea collaterale, in quanto, in relazione al
nipote, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’uno
dall’altro. Cass., sez. I, 24 novembre 2015, n. 23978
Art. 81
LIBRO PRIMO – DELLE PERSONE E DELLA FAMIGLIA
75
Linee della parentela.
[i] Sono parenti in linea retta le persone di cui l’una discende dall’altra; in linea collaterale
quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra.
V. sub art. 148
76
Computo dei gradi.
[i] Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo
stipite.
[ii] Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti
fino allo stipite comune e da questo discendendo all’altro parente, sempre restando escluso lo
stipite.
V. sub art. 74
79
Effetti.
[i] La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento [80, 81].
V. sub art. 74
81
Risarcimento dei danni.
[i] La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico [2699] o per scrittura
privata da una persona maggiore di età [2] o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a
norma dell’articolo 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione [96], obbliga il
promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all’altra
parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è
risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti.
[ii] Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto
motivo al rifiuto dell’altro.
[iii] La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio [2964 ss.].
GIURISPRUDENZA
1. Rifiuto di contrarre matrimonio: effetti.
1. Rifiuto di contrarre matrimonio: effetti.
In assenza di prova del giustificato motivo di rifiuto di
contrarre matrimonio, in capo al promittente sussiste la responsabilità di cui all’art. 81 c.c. Sono risarcibili tutte le spese
(giustificate e finalizzate) sostenute in vista del matrimonio. Cass., sez. III, 15 ottobre 2015, n. 20889
Non è atto contra jus la rottura di una relazione sentimentale, neppure se i partner hanno avuto rapporti sessuali ed
hanno procreato, e ancora meno il rifiuto delle “nozze riparatrici”. Il nostro ordinamento tutela e protegge al massimo
livello la libertà matrimoniale dell’individuo e non accorda
tutela alcuna alla donna “sedotta” neppure nel caso in cui vi sia
stata formale promessa di matrimonio. Corte appello Catania,
21 settembre 2015.
Il/la promesso/a sposo/a che senza un giustificato (e da lui
provato) motivo e dopo che siano intervenute le pubblicazioni
rifiuta di contrarre matrimonio è tenuto/a al rimborso delle
spese sostenute dal compagno/a in vista delle nozze. Possono
essere considerate risarcibili, ai sensi dell’art. 81 c.c., non
soltanto le spese strettamente connesse alla celebrazione del
matrimonio, ma anche tutte quelle che si sostengono in vista
dello stesso e che sono legate ad esso da un nesso eziologico. Cass., sez. III, 15 ottobre 2015, n. 20889
11
Art. 84
84
CODICE CIVILE
Età.
I minori di età non possono contrarre matrimonio [2] (2).
Il tribunale, su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con decreto
emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i
sedici anni [90, 165, 183; 38 att.; 737 ss. c.p.c.].
[iii] Il decreto è comunicato al pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.
[iv] Contro il decreto può essere proposto reclamo, con ricorso alla corte d’appello, nel
termine perentorio di dieci giorni dalla comunicazione [384 att.; 739, 740 c.p.c.].
[v] La corte d’appello decide con ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
[vi] Il decreto acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma,
senza che sia stato proposto reclamo [741 c.p.c.].
[i]
[ii]
GIURISPRUDENZA
1. Ambito applicativo.
1. Ambito applicativo.
Ritenuta la costante, serena, prolungata relazione affettiva
tra due donne omosessuali; ritenuto che, nella specie, è sussistita e sussiste una famiglia di fatto; ritenuto che entrambe le
donne hanno cittadinanza italiana; ritenuto che le due donne
conviventi hanno, per diverso tempo risieduto all’estero (in
Spagna); ritenuto che tra le due donne si è determinato un
accordo, in sé non illegittimo, di genitorialità; ritenuto che una
delle donne abbia, con il pieno consenso dell’altra, fatto ricorso
a pratiche di fecondazione eterologa assistita; ritenuto che, a
seguito di tali pratiche, è nata una bambina, peraltro riconosciuta dalla madre; ritenuto che le donne hanno stipulato tra
loro un matrimonio civile, valido secondo la lex loci (Spagna)
pur trattandosi di un matrimonio tra persone dello stesso sesso;
ritenuto che ambedue le donne hanno sempre concordemente
prodigato e prodigano tuttora alla bambina costanti, felici
cure; ritenuto che, con rituale provvedimento giudiziario spagnolo, la donna coniuge della madre biologica ha ottenuto
l’adozione della bambina con il consenso pieno ed incondizionato della compagna e con il conseguimento della piena responsabilità genitoriale anche nei confronti dell’infante; ritenuto che, sempre ai sensi della legge spagnola, le donne hanno,
con domanda congiunta, ottenuto il divorzio, stipulando, altresì, un accordo regolatore dei loro rapporti reciproci e dei
rapporti di cura, assistenza e mantenimento con la bambina;
ritenuta l’impossibilità di trascrivere nei registri italiani di stato
civile l’atto estero di matrimonio tra le due donne, trattandosi
di matrimonio fra persone dello stesso sesso; ritenuta l’apertura
internazionalistica del concetto e delle finalità dell’ordine pubblico italiano; ritenuta l’assenza di un divieto assoluto dell’adozione da parte di persona non coniugata; ritenuto che le
stabili relazioni omosessuali fanno ormai parte della nozione,
dei contenuti e delle finalità della vita familiare; ritenuto che le
tendenze omosessuali degli adulti che con un minore convivono, non possono essere, di regola, in sé, dannose alla crescita
armoniosa del minore; ritenuto anche l’interesse dell’adulto;
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ritenuto che i rapporti genitoriali sorti a seguito di maternità
“surrogata” non possono, in se stessi, avere una rilevanza
negativa; ritenuto che le due donne hanno, nella specie, finora
invano richiesto entrambe la trascrizione in Italia dell’atto
spagnolo di adozione; ritenuto che entrambe le donne hanno
sempre dimostrato e dimostrano un profondo, ininterrotto
attaccamento affettivo ed assistenziale nei confronti della bambina; ritenuto che la bambina è profondamente legata, ancora
oggi, ad entrambe le donne; ritenuta la pienezza ontologica ed
effettuale dello stato adottivo in favore della minore; rilevata
l’irrilevanza del fatto che una sola delle due donne ha, in
Spagna, ottenuto l’adozione della bambina; ritenuto che la
consacrazione anche formale, in Italia, del rapporto di adozione tra le donne e la minore gioverebbe non poco e sotto ogni
riguardo alla bambina; ritenuto che quest’ultima avrebbe, invece, un danno assai rilevante sul piano personale e sociale se
l’adozione non venisse trascritta in Italia; ritenuto che entrambe le donne hanno manifestato e dimostrato il loro consenso
incondizionato alla conservazione integrale dei loro felici e
benefici rapporti con la minore; ritenuto, infine, che la trascrizione sarebbe conforme alla normativa nazionale, comunitaria
ed internazionale che impegna l’Italia a privilegiare sempre ed
in ogni modo l’interesse minorile in ogni suo contenuto, attuale
e futuro, ed in ogni sua implicazione effettuale: ritenuto tutto
quanto precede, va ordinato all’ufficiale di stato civile del
Comune di (..) di procedere senza indugio alla trascrizione de
qua. Corte appello Milano, sez. famiglia, 1 dicembre 2015, n.
2543
Non sussiste, nel caso di due persone dello stesso sesso le
quali abbiano contratto matrimonio all’estero (nella specie, in
Portogallo), il diritto alla trascrizione del relativo atto nel
corrispondente registro dello stato civile italiano, atteso che un
tale matrimonio non può produrre effetti nell’ordinamento
giuridico italiano. Corte appello Milano, sez. famiglia, 6 novembre 2015, n. 2286
Pubblicazione.
[i] La celebrazione del matrimonio dev’essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura
dell’ufficiale dello stato civile [100, 101, 134, 135].
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