Omaggio a Giorgio Albertazzi – Intervista estratta da “Elementi”

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Il
Un caffé con...
Giorg io Albertazzi*
*attore e re gista
Il teatro è come l'amore, si fa
Il teatro, metafora della vita è partecipazione: corporea, è ra pporto vivo tra intelligenz(/ e fisicità, tra
espressione e contenuti. La sintesi del teatro è l'armonioso COlHllIbio 1m scienza e poesia,jm istinto e
ragione. Per questo è importante per le imp,.-ese. M(/ accorre che si m pprescllti Ima situazione tipica ad
un'azienda. E chi sia in grado di muovere gli il1dil!idui lu ngo i percorsi della com media. E una rt!gia
interna, che conosca la comunità in cui opera, le din amiche dei 5uoi compOliL1men ti, delle SU I" emozioni.
Il leader è colui che dice: "cerchiamo insieme ' ~ anche se sa cosa ca care e dove al/da re. Nelle aziende
non si cura la creatività. Allancano le guide. I comunicatori sono lontani dal tempo, dal pel1siero e dai
luoghi in cui nasce la comunicaziol1e. n sogno è oggi uscir fuori dalla burocrazia. È armol1ia e
perfezione. Serve chi sappia catturare il sogno degli altri e aiutarlo a rea lizza rlo. Chi dica: ';Pa rlami
del tuo sogno". Così nasce UI1 vissuto piel1o, ricco, gioioso, elevato e produttivo.
Gwrrfio Albenazzi
di Romolo Paradiso
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Il teatro è coinvolgimento immediato.
È stimolo all'immedesimazione, alla
riflessione, all'analisi, all'introspezione.
È, eli tutte le arti, quella che più cattura
l'attenzione dell'uomo, per la "vicinanza"
della scena, per il contatto con gli artisti ,
per la palpabilità di un'atmosfera di
realtà. Per la comunicazione verbale
diretta, che ci fa partecipi di un
momento, eli una situazione, e più
ancora, delle sensazioni, delle emozioi"i,
delle logiche di pensiero che attraversano
i personaggi e la storia.
Come allora non pensare al teatro quale
luogo e "strumento" importante per l'arte
del comunicare. Per accrescere la
sensibilità di chi questa professione
svolge in tutti gli ambiti , soprattutto in
quelli aziendali, dove più complesse oggi
sono le dinamiche del relazionarsi, del
ricercare quel dialogo costruttivo che
porti alla comprension e vera, alla
conoscenza, all'immedesimazione, ad
un'osmosi d'idee e di notizie. Alla
partecipazione attiva ad un lavoro di
squadra in cui forte sia lo stimolo al
pensiero, alla creatività, ati raverso la
lealtà e l'autenticità degli individui.
Giorgio Albertazzi, artista di rilievo,
maestro di teatro, regista raffinato e
sempre al passo coi tempi, ha voluto
dialogare con noi su questi temi,
offrendoci una mappa eli percorsi
attraverso i quali ben s'individua la
stretta simbiosi esistente tra l'arte del fare
teatro e quella del comunjcare.
I più sbag liano perché si esercitano
nell'arte del dire, pri ma di aver imparato
l'arte dell 'ascolta re
(Plutarco]
Maestro, vorrei parlare con lei
dell'importanza del teatro per m eglio
comprendere l'arte del comunicare.
Sulla scia anche di quanto avviene da
tempo in Canada, con il théatre a la
carte, o in Francia, con il théatre
d'entreprise. Scuole di
rappresentazioni teatrali per le
aziende.
Il leatro pu ò aiut are senz'altro a
comprendere meglio le dinamiche di
compo rtamento, di relazione, d'intesa
tra gli individui in am bito aziendale.
Bisogna però ben scegliere la
rappresentazione che si vuole mettere
in scena. Perché questa deve calzare
perfettamente con la vita , le logiche, le
culture esisten ti in un'impresa.
Altrim en ti non serve a nulla. Poi
occo rre che siano gli stessi di pendenti a
svo lgere il ruolo di attori. Perché il
tea tro è come l'amore, si fa. Questo non
solo permette loro di immedesimarsi
nelle parti e quindi meglio capire le
pulsion i interiori che spingono un
indiv idu o a pensare e ad agire, ma è
utile anche a chi assiste allJ
rappresentazione, cioè al resto della
comunità aziendale, )1~rché permette
loro di vedere rappresentati in sc ena
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Il
Giorgio Albertazzi
soggetti familiari nella quotidiarrità lavorativa_Quindi la comunità aziendale vive
quasi direttamente e con coinvolgimento una situazione. Allora si produce
l'effetto. L'e ffetto cercato attraverso lo strumento teatrale: la condivisione della
morale propria della commedia. Perché il teatro è partecipazione corporea, è
un'arte corporea. C'è bisogno di qu esto rapporto vivo tra intelligenza e fisicità, tra
l'esp ressione e i contenuti_
Il teatro, inolt;-e, è un armonioso connubio fra scienza e poesia, fra istinto e
ragione: in questa sintesi c'è il teatro. Perché tutto vada per il verso giusto, però,
occorre una guida adatta. Questa non può che essere una persona che conosce il
teatro , che lo ha vissuto, sia nell'inte rpretazione che nella regia. Qualcuno che
sappia muovere gli individui nei percorsi della commedia, in grado di tirar fuori
da loro, l'attore di tutti i giorni_
Saper cog li ere
le em ozion i
Shakespeare è uno degli autori più rappresentati in questo tipo di teatro.
Perch é le su e commedie, i suoi drammi, ben si addicono alle situazioni
vissute in un'azienda. Per i processi decisionali, per le relazioni
interpersonali, la guida di un gruppo, la capacit à di migliorare le prestazioni
dei singoli e delIa squadra. Cosa rende Enrico IV un grande leader? Come
riesce a convincere i suoi uomini a seguirlo quando tutto sembra perduto?
Oppure Falstaff e il buffone di re Lear, perché mostrano l'importanza di tener
conto delle opinioni altrui...
Se è per questo anche "Le memorie di Adriano", che io porto in scena da anni, calza
perfettamente COll le realtà aziendali. Adriano, sulla scena è una presenza molto
educativa, sia dal punto di vista del parlare, sia dal punto di vista dei co ntenuti_ È
uno che riesce ad esprimersi attraverso un linguaggio corretto, estremamente
controllato, ma anche fortemente motivato sal pi ono etico, emotivo e poetico.
Riesce a trasmettere un senso eli serer;it~. di lea ltà, di fiducia nel futuro
Rappresenta un modello di comportamento umano. È uomo ricco di idee, dotato
soprattutto di senso di umiltà e di umanità_ Pur essendo un uomo di grande
potere, non lo esibisce mai, si ra pporta agli altri come uno qualunque,
trasmettendo fiducia nella vi ta.
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Questo per parlare dei grandi autori e delle grandi opere, ma lei non crede che
a volte sia di maggiore efficacia portare in scena una situazione che prenda
spunto da realtà tipiche ad un gruppo di persone accomunate da interessi,
scopi, luoghi e soprattutto relazioni?
Sì, sarebbe oltremodo effi cace_Ma è più diffi cile. Occorre u n a regia interna, qualcuno che sia ben a conoscenza del vissuto aziendale, che conosca gli uomini, le situazioni, i punti di forza e di debolezza della comunità. Che abbia compreso le spinte interiori che guidano i comportamenti. Ch e abbia saputo cogli ere le emozioni che attraversano gli animi delle persone_ Allora sì, si può l Poi si deve consegnare tutto questo ad un bravo regista . Lavorare accanto a lui . Essere la sua guida, la sua mano sinistra. E coinvolgere i colleghi a r ecitar se stessi. '..,"" 33 '------.­
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Giorgi o Albertazzi
Quali considera i modi migliori per guidare un gruppo,
in teatro, come nella vita e nelle aziende?
Un pò di mai euti ca
socratica
Intanto ci vuole un leader. Il leader è tale, e vince, se è convinc ente. Ed è convincente se
le idee che comunica sono chiare per lui e le esprime dando l'imp ressione agli altri di
"fare la scoperta". Far intendere cioè, che si è arrivati ad una decisione, ad un pensiero,
ad un comportamento, ;1d usare una strategia, grazie ad un'osmosi di pensiero, ad una
collegialità di espressioni, di idee. Il vero leader è colui che cerca insieme agli altri, o
che lascia intendere di cercare con gli altri. Deve dire: "cerchiamo insieme", anche se
già sa cosa cercare e dove andare. Ci vuole però quel segreto di eloquio, ma anche di
fraseggio, per cui la persona parla, pronuncia e propone, senza perentorietà, le
questioni, in modo che l'altro, facendo la scoperta di cui sopra, dica, tra sé e sé: "Certo,
anch'io pensavo cosÌ". Allora la comunicazione è avvenuta.
Il segreto è qui. Occorre un po' di maieutica socratica per anivare a questo.
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Lei mi fa ricordare un mio ex direttore della comunicazione, Giorgio Tamberlani,
figlio di un importante attore di ·teatro, Carlo Tamberlani Giorgio Tamberlani è
stato un grande comunicatore, e soprattutto un grande maestro di relazioni e di
vita. Il suo atteggiamento, quando interloquiva con qualcuno, collaboratori e
non, era proprio quello di mettersi nelle condizioni di chi prima ascolta, e poi
dice la sua. Anche quando conosceva già le motivazioni delle cose, o le scelte da
prendere. Accettando di m odificare o di abbandonare il suo pensiero, la sua idea,
se quelli altrui fossero risultati più giusti o efficaci allo scopo o al prodotto da
realizzare. Una lezione di umanità e di umiltà che non scorderò.
Ho conosciuto Carlo Tamberlani. Un grande attore e un gunde signore, che evidentemente ha saputo trasmettere queste sue qualità. ,Quindi, tornando al tema, quando le aziende scelgono colui che deve guidare un gruppo, devono farlo avendo intuito che nell'individuo prescelto esistono capacità umane, di relazione, di comunicazione con gli altri . E una volta scelto, seguirlo nella sua opera, e, se occorre, aiutarlo a migliorare queste caratteristiche. Altrimenti si rischia di depauperare un capitale umano, quello sottoposto alla leadership, che invece va continuamente capito, stimolato e arricch ito culturalmente. Non delegare la creatività
ad aziend e esterne
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Ch e peso hanno la cultura, la sensibilità, la concezione artistica, quindi la
creatività, nelle imprese moderne? Non solo al fine del raggiungimento del
risultato economico, ma anche per formare una comunità di lavoro in cui sia
palpabile e viva l'intesa, la comunicazione, l'osmosi di pensiero, la mutualità, la
crescita personale e lavorativa degli individui?
Prendendo ad esempio una comunità tipica della Grecia antica, potremmo dire che c'è
bisogno che Apollo si sposi con Orfeo e con Mercurio. Mercurio è il postino, il
portatore di messaggi. Orfeo è il cantore, il poeta, quello che riesce ad incantare gli
altri. Apollo è l'intelligenza, lJ logica, la bellezza. Ecco, bisogna mescolare questi tre
ingredienti per portare un gruppo ad accrescere la sensibilità sulle cose, per migliorare
l'adattamento ai rapporti interpersonali, alla creatività. Oggi si parla tanto di creatività,
ma poi, se si va a vedere, si scopre che nelle aziende poco si fa per arrivare alla vera
creatività. Manca lo stimolo. Man cano soprattutto le guide. Gli uomini della
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Giorg io Albertazzi
In punla di penna
di Paolo Bustaffa
comunicazione hanno troppa fretta, hanno il cervello
bloccato dalle ansie del fare spasmodico, del
raggiungimento del risultato, dell'obiettivo. Non hanno
tempo. Per pensare, per leggere, per scrivere, per andare
al cinema, al teatro, per stare con la famiglia, per
osservare il mondo e le cose. Sono immobili. Non
subiscono il pungolo degli agenti creativi. Quindi non
creano e, anche se posseggono il dono della creatività, lo
perdono perché non la alimentano. Allora le aziende
delegano la creatività a società esterne, composte spesso
da freddi e stereotipati rappresentanti dell a creatività.
Che invece ha bisogno di anime interne all'azienda per
dar vita ad un prodotto di comunicazione che abbia i
caratteri idonei al messaggio che si vuole veicolare.
La vita che divent a vi ta
Saper favorire il sogno. Saper infondere nelle
persone che lavorano in un gruppo più o meno
vasto, il proposito di riuscire a realizzare qualcosa
che si è sempre desiderato fare. Quanto è
importante per gli individui e per le aziende di cui
questi fanno parte?
In un mondo come l'attuale, dove la scienza della
comunicazione è in terpolata di tecniche, bisogna
pensare di dare alle persone la capacità di uscire dall,)
burocrazia. Il sogno è l'uscire dal fare burocrJtico,
dallo schema prefissato, dalle regole rigide e fesse.
I! sogno ha una forza produttiva e trainante enorme.
Esso non è sempre utopia, è qualcosa di armonioso e di
perfetto. Allora occorre qualcuno che sappia intuire,
catturare i sogni degli altri, di chi vive e opera accanto
a lui, di chi fa parte della sua squadra, piccola o grande
che sia. E alla volte, avere l'accortezza, e ancora di più,
il desiderio , di avvicinarsi ai singoli e chiedergli:
"parlami del tuo sogno". Perché la fantasia deve essere
ascoltata. Può integrare la conoscenza e il sapere.
Poi, cercare di lavorare insieme per riuscirlo a
realizzare. Se ciò avviene, si raggiunge quello stato di
grazia tra le persone che facilita il cammino umano e
lavorativo, rendendolo, pieno, ricco, entus lasman te e
fortemente produttivo.
Un po' la vita che diventa vita ...
Certo. La vita che si esprime nella sua forma migliore, la
più vera, la più significativa: la creazione.
Persona e lavoro
Il lavoro è uno dei lu oghi in cui si è posti difronte al
dilemma fondamentale rigua rdail te ilfu tu ro
dell'uomo: ofar sì che la persoila, con il suo operare,
ritrovi se stessa, o lasciare che l'operare finisca con il
consumare la persona. È questo un pensiero da far
uscire dall'oblio che sottilmente, due culture diverse, da
tempo hanno diffuso, riducendo l'uomo a soggetto che
meccanicamente produce, consuma, guadagna.
Forse oggi si sta riscoprendo che il rapporto
persona-lavoro è di estrema delicatezza e importanza,
perché;'1 esso l'uomo, nel produrre beni e servizi, si
realizza, oppure si sman1sce.
Per questo, nell'affermare la priorità dell'esse l' e nei
confronti del lavoro, si vuoi dire che è la persona a
decidere la qualità del suo operare. Esiste l'io della
pel'sona, la sua interiorità, che non è il risultato
casuale o necessario di forze impersonali che la
p,'ecedono e la costituiscono.
Il costruire se stessa nei significati, nei progetti, nelle
attese mediante il lavoro èfrutto della Iibe/1à
individllale.
E quando il lavoro non è più realizzazione della
persona, ma strumento per ottenere un risultato
economico personale efamiliare é inevitabile che esso
sia vissuto come una schiavitù., un tunnel senza luce.
L'uomo perde il suo primato e viene come svuotato di se
stesso. È un processo di degradazione sottile e
inarrestabile con gravi 11percussioni sulla vita
personale,familiare e sociale.
Non solo. Lo sVllotamento di significato del lavoro si
riflette inesorabilmente anche sull'attività produttiva
nel suo insieme e di questofenomeno si sono resi conto
gli stessi economisti che, negli Usa, sono corsi ai ripari
aprmdo le porte delle imprese all'etica.
Ma l'etica invita alla libertà e al/a dignità degli
uomini, non si piega ai calcoli e ai tornaconti.
Scuote le coscienze e propone il lavoro come cultura,
cioè come occasione in cui la persona può coltivare e
realizzare la sua umanità.
Quando ciò nOI1 accade, l'uomo mette seriamente in
p~I-jcolo se stesso nel confronto tra essere e avere.
L'ipl10si del/'avere lo anestetizza dalla sofferenza
del/a perdita dell'essere.
Si può svegliare l'uomo da quest'ipnosi?
(
La fiducia nel/'intelligenza umana cifa dire di
sì, purché si vincano due insidie: il lavoro
(
individualisticamente inteso come pu.ro
scambio di beni in vista del proprio interesse, e \.
quello Ù"lieso come un semplice ingranaggio
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all'interno di W1 meccanismofi'eddo e distante.
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